Da Cape Town, in cerca del Leone

13-4-07 Primo giorno a Cape Town. Siamo arrivati stamattina alle 8.30, minuto più, minuto meno; il volo è andato bene, solo qualche ritardo e qualche coda all'aeroporto di Londra per le formalità di rito, ma tutto nella norma e pochi vuoti d'aria e turbolenze. Un taxi ci ha portati in albergo, dove ci siamo rinfrescati e riposati un attimo....
Scritto da: grazia62
da cape town, in cerca del leone
Partenza il: 13/04/2007
Ritorno il: 29/04/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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13-4-07 Primo giorno a Cape Town. Siamo arrivati stamattina alle 8.30, minuto più, minuto meno; il volo è andato bene, solo qualche ritardo e qualche coda all’aeroporto di Londra per le formalità di rito, ma tutto nella norma e pochi vuoti d’aria e turbolenze.

Un taxi ci ha portati in albergo, dove ci siamo rinfrescati e riposati un attimo. Poi via…Alla scoperta di questa bellissima e affascinante città! Prima meta della mattina: Table Montain. Per andare a Table Montain abbiamo preso un “rikki”, cioè un taxi collettivo (se taxi si può chiamare un cassone sganghero), in cui ti rimorchiano fermandosi in qualunque punto della strada al solo cenno di mano (a volte ti rimorchiamo anche senza fare cenni: ti prelevano direttamente dal marciapiede e ti stampano contro il sedile!) e ti mollano fuori appena gridi STOP! In Turchia, questi mezzi di trasporto si chiamano Dolmush e funzionano pressoché allo stesso modo.

Grazie a questo cassone, ci siamo fatti un giro panoramico per Cape, fino alla zona della spiaggia, con le meravigliose onde dell’oceano che si infrangono contro gli scogli dalle forme squadrate.

Dall’oceano siano poi arrivati a Table Mountain. Si tratta di una montagna dalla cima piatta (da qui il nome “tavola”). Vi si arriva a piedi, dopo una bella scalata o, più comodamente, con la funivia. Noi siamo saliti con la funivia, ovviamente, anche perché dopo un volo di 14 ore e poche ore di sonno non ci sembrava bello ammazzarci di fatica già il primo giorno.

Comunque, da Table Mountain si gode una vista splendida sulla città e sull’oceano. Si possono vedere Robben Island, la Lion’s head e Signal Hill; queste due ultime sono colline proprio davanti alla Table Mountain, Robben Island è, invece, una piccola isola tristemente famosa per essere stata la sede di un carcere di massima sicurezza.

Nel pomeriggio visita ad un piccolo, ma graziosissimo mercato di tessuti, quadri e lavori di artigianato in legno. Ovviamente, i primi souvenirs sono stati già comprati.

14-4-07 Finalmente una bella dormita. Sveglia quasi alle 9, un’abbondante colazione e poi in giro per Cape Town. Stamattina ci dedichiamo al District Six Museum. Si tratta di un piccolo e trasandato museo in un edificio sito in una strada non particolarmente affascinante e difficile da trovare (non andateci di sera e non portatevi molti soldi appresso), ma che vale davvero la pena di visitare, poiché dà una reale immagine di quello che era quel posto prima dell’Apartheid. E’ stato decisamente interessante ed emozionante.

Quindi, ci siamo diretti verso i “gardens”. Sono giardini molto belli, con altissime piante e fiori colorati, uccelli strani con un buffo becco lungo e sottile, scoiattoli grigi ed enormi farfalle. Sono frequentati da famiglie, bambini e “joggers”. La temperatura non è eccessivamente alta anzi, al mattino fa freddo e questo rende estremamente piacevole andare in giro a piedi per la città. Anzi, ci stiamo proprio girando tutta la città.

I Capetonians sono generalmente simpatici e ospitali e sono anche decisamente belli fisicamente; i bambini e le bambine, poi, sono deliziosi con quei loro occhi vispi e attenti da cerbiatti e i capelli neri neri tutti intrecciati. Devo dire che Cape Town mi piace. E’ una città moderna, ma con tanti angoli ancora “d’epoca”. Vecchie case, piccoli negozi. Ricorda molto l’Inghilterra. L’unico problema è che non ci siamo ancora abituati a guardare prima a sinistra e poi a destra, o viceversa, quando attraversiamo la strada, quindi rischiamo di essere arrotati tutte le volte che passiamo da un marciapiede all’altro. Se non ci ammazzano gli squali bianchi o la malaria, abbiamo qualche chance con l’attraversamento della strada. Oggi abbiamo fatto anche la nostra prima esperienza di guida. Per me…Terrificante. Per Marcello meglio anche se ancora aziona i tergicristallo al posto delle frecce! Poco male…Tanto qui i tergicristallo non servono. Nel pomeriggio altri acquisti al mercato artigianale e visita alla spiaggia. Ci siamo rilassati sulla spiaggia, tranquilli ad osservare le onde dell’oceano. Qui Irma, il nostro cane, sarebbe stata felicissima: poca gente, nessuno rompe le palle, tanto spazio per correre. Sea point, la spiaggia più lunga, o almeno una delle più lunghe, è molto carina. E’ circondata dalla catena montuosa dei 12 Apostoli. Ovunque palme altissime e bellissimi fiori rossi. Devo dire che qui la natura è generosa, probabilmente la pioggia cade in quantità sufficiente perché c’è molto verde.

Al ritorno dalla gita al mare, ci siamo fermati al quartiere musulmano. E’ un quartiere molto carino, con case basse e coloratissime. Purtroppo alle 18 quando siamo passati noi non c’era nessuno in giro e questo l’ha reso un po’…Terra di nessuno. A Cape, già dopo le 16 non c’è quasi più nessuno per la strada. Dopo cena, vuoto totale, solo qualche “randa”. E’ consigliato, di sera, non girare da soli, ma devo dire che grossi pericoli, qui, non ne abbiamo visti. Questa sera cena al ristorante africano.

15-4-07 Oggi ho provato l’emozione di accarezzare un cucciolo di foca. La pallotta di pelo e ciccia stava dormendo vicino alla sua mamma sul molo del waterfront. Che bello! E’ stata davvero una bellissima esperienza. Mattina passata alla prigione di Robben Island. Questa è la prigione dove è stato detenuto Mandela. La costruzione si trova appunto sull’isola. Durante la visita alla parte esterna del carcere, abbiamo potuto vedere la ricca vegetazione africana ed abbiamo incontrato le piccole antilopi dal pelo marrone chiaro e le corna lunghe, i pinguini africani, piccolotti e simpatici e una tartaruga di terra che ci ha attraversato, mooolto lentamente, la strada.

Poi siamo entrati nella prigione. Che strazio, celle piccolissime…Un luogo dove hanno vissuto per anni i prigionieri politici. Io non potrei resisterci mezza giornata. La visita è stata guidata da un ex prigioniero che ha conosciuto Mandela e ci ha raccontato la non rosea vita nel carcere. E’ stata decisamente un’esperienza fuori dal comune e interessante, non priva di qualche (non raro) momento di commozione.

Pomeriggio all’acquario. Non un gran che, ma mi sa che gli unici quali che vedrò in Sudafrica, se continua a fare mare mosso, sono proprio quelli che ho visto all’acquario.

16-4-07 Giornata scozzese, più che sudafricana, quella di oggi. Abbiamo lasciato Cape per dirigerci verso la nostra meta successiva. Visto che, a causa del brutto tempo e del mare mosso è saltata l’immersione con gli squali Mako (il mio primo motivo del viaggio in Sudafrica), siamo andati a visitare Cape of Good Hope (Capo di Buona Speranza).

Ci siamo fermati a Simon’s Town per un caffè. Il cielo non prometteva niente di buono, ma fino all’ultimo abbiamo sperato che non piovesse…Le ultime parole famose! Comunque, Simon’s Town è una cittadina molto carina e colorata. Non è però tipica africana anzi, sembra di essere in Scozia, con le casette in legno basse e colorate, disposte lungo la strada principale. Si trova sull’oceano, quindi è ventilata e si respira aria salmastra. Da qui abbiamo visto le onde impetuose dell’oceano in tempesta. Effettivamente, sono stata contenta di non essere andata in mare, oggi. Forse sarei stata un buon pasto per gli squali!! Dopo Simon’s Town siamo andati alla spiaggia dei pinguini. Qui vive una numerosa colonia di pinguini africani. Sono simpatici animaletti grigi e bianchi, che vivono in libertà sulla spiaggia, per niente disturbati dai visitatori. Abbiamo visto alcune mamme con i loro piccoli o addirittura alla cova delle loro uova. Che teneri! Quindi ci siamo avviati verso il Cape. Qui ci ha colto la pioggia, accidenti! Lungo la strada abbiamo incontrato la nostra prima colonia di babbuini. Molti piccoli, una mamma col piccolo sulla schiena e alcuni grossi maschi. Che esperienza! In Africa bisogna guidare sempre facendo molta attenzione, anche in città, perché gli animali selvatici possono essere ovunque. Noi abbiamo ancora un po’ di problemi con la guida a destra, quindi facciamo doppiamente attenzione per non farci venire nel sedere per colpa di una frenata brusca o per evitare un frontale per aver sbagliato corsia. Comunque sia, dopo aver fotografato i babbuini, abbiamo ripreso il viaggio. Lungo la strada, che è quasi a strapiombo sull’oceano, abbiamo ammirato le meravigliose onde che si infrangevano contro le alte scogliere. In questo punto, precisamente a False Bay, l’acqua è incredibilmente verde, un meraviglioso colore verde smeraldo, con una schiuma di un bianco candido. Anche la vegetazione è straordinaria, con arbusti spinosi e fiori gialli e azzurri. Insomma, la varietà di colori non manca e non stanca mai gli occhi. Verso il Cape of Good Hope la pioggia è aumentata, ma questo non ci ha impedito di vedere gli struzzi (hanno proprio la faccia da struzzo e sono davvero ridicoli!!) che se ne andavano a zonzo che per la strada chi per il prato.

Cape of Good Hope è un promontorio davvero stupendo, circondato da scogli contro cui si infrangono le onde. Ha coste frastagliate e alte. Purtroppo, a causa della forte pioggia, non abbiamo potuto girarlo bene, ma comunque abbiamo potuto godere del suo fascino.

Dopo il Cape, siamo ritornati verso Simon’s Town per proseguire fino alla meta di oggi: Hermanus.

Siamo arrivati al nostro alloggio quasi alle 17. Il B&B è carino e la cittadina anche: è una cittadina che potrebbe essere benissimo un cittadina di mare americana, con prati ben curati, fiori e piante e villette basse. Direi, a prima vista, che qui vivono prevalentemente bianchi, anche perché le case sono decisamente case di Afrikaners.

Il nostro alloggio si trova vicino alla scogliera. E’ un B&B senza troppe pretese ma molto pulito e decoroso, gestito da una simpatica coppietta di Afrikaners molto gentili e ospitali, con un simpatico cagnetto di guardia. Siamo abbastanza stanchi, io poi ho guidato in autostrada con pioggia, nebbia, guida a destra e camion da superare. Questo è l’unico neo dell’Africa! 17-4-09 Lo squalo si è fatto attendere un po’, ma poi si è fatto vedere! Prima con un grande balzo fuori dall’acqua, come per salutare, poi vicino alla barca, attirato dai giganteschi pezzi di tonno che piovevano in mare e dalla sagoma di legno di una foca.

Ci troviamo a Gaansbai, precisamente a Dyer Island. Siamo arrivati verso le 9.30, il tempo di salutare Dave, l’organizzatore del tour che ci avrebbe portato a vedere lo squalo bianco, e poi via, verso il porto da cui siamo salpati verso l’isola.

Dopo anni, ho pensato, realizzo il mio sogno di immergermi con il Grande Squalo Bianco! E’ emozionante anche solo vedere la gabbia di metallo a bordo della barca, pronta ad accogliere chi, come me, ha voglia di vivere questa grande emozione. Salpiamo per Dyer Island un po’ più tardi del previsto perché c’è bassa marea, però la giornata è bella, un po’ nuvolosa, ma calda; quindi ci rilassiamo un po’ prima di partire.

Assistiamo alla messa in acqua della barca, saliamo tutti e si parte. Il mare è un po’ (per Marcello, molto) mosso, ma niente rispetto a quello che ho trovato quando mi sono immersa a Elphinston, a Marsa Alam. Marcello ha sofferto un po’ di mal di mare, ma gli ho infilato delle cose omeopatiche sotto la lingua, così ha potuto affrontare il mare. A me, invece, ormai vecchia lupa di mare, non mi ammazza più niente!! Comunque, dopo una traversata non priva di intoppi, non ultimo il Kelp che si attorcigliava intorno all’elica impedendo così una navigazione regolare, siamo arrivati all’isola. Un posto meraviglioso con alte rocce frastagliate abitate da migliaia di foche. Abbiamo ancorato e l’equipaggio, agli ordini del simpatico skipper Brian, ha iniziato a pasturare con del puzzolente (di più) misto di pezzi di tonno e sangue. Niente per 15 minuti. Sembrava che gli squali fossero impegnati altrove. Poi, improvvisamente, un’enorme massa bianco-grigia ha fatto un balzo fuori dall’acqua, per poi sparire. Brian si è meravigliato per questo comportamento dello squalo e se si è meravigliato lui, che sono 11 anni che porta gente a vedere gli squali…Figuriamoci noi! Ci ha spiegato, infatti, che di solito gli squali arrivano lenti, girano intorno all’esca, annusano e assaggiano la gabbia, ma quasi mai saltano. Il nostro squalo, però, l’ha fatto. Abbiamo aspettato un bel po’, prima che si rifacesse vedere; nel frattempo l’equipaggio calava la gabbia in acqua e pasturava e lo skipper ci raccontava cose interessanti sul grande squalo bianco. Il punto dove ci trovavamo noi era il corridoio di passaggio degli squali, per l’abbondanza di cibo che vi trovano. Calma piatta. Io fissavo il mare chiamando mentalmente lo squalo. Ancora niente e ancora chiamavo. Poi, finalmente, 2 pinne, un piccolo (circa 3 m) squalo bianco ha addentato la foca finta e ha cercato di afferrare il trancio di tonno. Lo skipper lo ha attirato vicino alla barca e l’abbiamo visto da vicino. Meraviglioso, che emozione! Si rimane a bocca aperta, a vedere un animale del genere. Una bocca davvero enorme ed impressionante, un muso a punta e un corpo massiccio. Non è bellissimo, lo squalo bianco, ma è sicuramente affascinante.

Subito dopo, un altro squalo appare, questo decisamente più grande: circa 3,5 m. Quindi Brian chiama i primi 5 sub che vogliono calarsi nella gabbia. Io, ovviamente, sono fra questi. Ci siamo vestiti in fretta all’interno della barca, non perdendo però di vista le evoluzioni degli squali fuori dalla gabbia, e zavorrati, quindi l’equipaggio ci ha aiutato a scendere nella gabbia. Cuore a mille; ero così emozionata ed ansiosa di entrare nella barca, che per poco non ci entravo con la testa! Avrei fatto una figura veramente misera!! L’acqua gelida dell’oceano mi ha fatto trasalire (non mi aspettavo un temperatura così bassa (12 gradi o poco più)) ma tempo 2 minuti, mi ha fatto trasalire il muso del grande squalo bianco a meno di 10 cm dal mio naso!! E posso assicurare che questo incontro produce una bella scarica di adrenalina, anche se si è dentro ad una gabbia. Io, poi, ero proprio a lato della gabbia, vicino alla griglia: la mia parte destra del corpo era a contatto con il metallo e dalla mia parte la gabbia presentava un’apertura laterale. Certo l’apertura non consente allo squalo di entrare nella gabbia, ma di metterci il muso, si. Se lo squalo avesse infilato il muso fra le sbarre, come spesso fanno, mi avrebbe sicuramente toccato il braccio. Dalla barca ci urlano la direzione da cui proviene lo squalo, in modo che ci si possa immergere e fotografarlo.

Molte volte si è avvicinato alla gabbia, è anche passato davanti, grattandosi il fianco. La bocca aperta, le file di denti, l’occhio vitreo..Che animale stupendo! Stupendo, perfetto. A volte balzava fuori dall’acqua, attratto dalla foca finta. Marcello è riuscito a fotografarlo e a riprenderlo con la grande bocca aperta (lo squalo aveva la bocca aperta, ma forse anche Marcello). Siamo stati in acqua nella gabbia per più di mezz’ora, con gli squali che ci giravano intorno e a volte, con le loro codate ed i loro colpi, facevano ondeggiare paurosamente la gabbia. Uno si è diretto verso di me e l’ho fotografato, vicino non più di 15 cm. Potevamo quasi baciarci. Sono contenta che la gente stia iniziando a conoscere questi animali meravigliosi, perché conoscere significa tutelare.

Una volta fuori dalla gabbia, ho continuato a godermi lo spettacolo al caldo sole. Siamo stati ore in mezzo all’oceano, su è giù con le onde, ad ammirare queste creature, i loro attacchi al cibo, i loro balzi e la loro forza.

Abbiamo anche assistito all’attacco di un grosso squalo ad un albatro. L’ha inseguito e circondato per lunghi tratti, poi è riuscito ad attaccarlo e colpirlo. E’ stato uno spettacolo molto crudo, ma questa è la natura! E la selezione naturale.

Tornando verso il porto, siamo passati vicino all’isola. Migliaia di foche stese a prendere il calore del sole oppure le mamme a curare i loro piccoli e tanti piccoli in acqua, che saltavano e giocavano, guardandoci incuriositi con i loro musini dolci. Che esperienza straordinaria, che meraviglia essere a contatto con una natura così selvaggia. Se non ci fosse sempre la mano distruttrice dell’uomo, sarebbe davvero perfetta. Il fragore delle alte onde verdi e bianche stagliate contro gli scogli e le urla e i forti richiami delle foche hanno fatto da colonna sonora a questa giornata meravigliosa, unica e impareggiabile.

Ho aspettato tanto, ma sono davvero fortunata per aver avuto la possibilità di realizzare questo sogno.

18-4-07 Abbiamo lasciato Westcliff House di buonora per proseguire il viaggio verso Port Elisabeth, facendo una tappa a Knysna. Lasciando Hermanus, si prende la strada per Gaansbai e poi si gira in direzione George. Qui il paesaggio cambia decisamente: si passa dalla township più misera alle distese di terra e boscaglia. Sconfinati terreni, tenuti a volte a pascolo per pecore e mucche e a volte a coltivazioni, grano, di terra rossa e fine, a volte a perdita d’occhio a volte circondati dalle verdi colline d’Africa. Passano chilometri prima di vedere una fattoria, però le pecore sono frequenti nei prati. A tratti, la boscaglia ed i bassi arbusti lasciano il posto a campi spogli, incolti, ma forse pronti per la semina o il pascolo. Il cielo è azzurro e terso, il sole splende caldo. La strada che percorriamo è l’unica strada qui, e taglia la distesa di terra. Non c’è traffico, solo qualche camion o poche macchine. Ogni tanto si incontra qualche locale, per lo più operai addetti alla manutenzione stradale. Incontriamo ancora struzzi, ma questa volta in allevamento. Poi ancora pecore e mucche.

A tratti, il paesaggio si diversifica per un fiume che l’attraversa o per le alte piante e le palme che fanno la loro comparsa. Ci sono parecchi fiumi verso Knysna, e pieni d’acqua. Si snodano nella foresta o nei prati e formano larghe pozze d’acqua a cui si spingono gli animali per bere.

Dopo qualche ora di macchina ci fermiamo a fare uno spuntino veloce per poi riprendere il viaggio: abbiamo ancora 70 km prima di arrivare a Knysna e vogliamo arrivarci prima di sera. Infatti ci arriviamo quasi alle 3. Un rapido giro per il paese e poi a cercare un B&B per la notte.

Knysna è una cittadina caratteristica sull’oceano indiano. La nostra camera dà sulla laguna, circondata dalle colline. Abbiamo fatto in tempo a visitare il piccolo mercato locale e a comprare gli ultimi (forse) regali.

Stasera andiamo a mangiare le ostriche e forse anche la carne di coccodrillo, anche se la cosa non mi attira. Devo dire che la cucina africana non è niente male e le colazioni preparate dai nostri ospiti sono deliziose e abbondanti.

Sul tetto della casa vicina al B&B si sono appena appollaiati due gufi! Non avevo mai visto un gufo in libertà, prima di allora. Dovevo proprio venire in Africa per vederli!!

19-4-07 Anche oggi sveglia di buonora. Alle 7.30 siamo già pronti per la colazione. Ci aspettano frutta, toast, marmellata, yogurt, prosciutto, insomma non ci fanno mancare niente! Con una colazione così, il risveglio è un piacere. Ieri sera siamo andati a letto tardi: siamo stati piacevolmente intrattenuti al pub da due bikers, marito e moglie, piuttosto alticci (leggi ubriachi persi) che si sono messi a parlare con noi. Non so se sono poi sono arrivati a casa sani e salvi. Non si reggevano in piedi, comunque la serata è stata carina.

Dicevo: sveglia, colazione e via, verso l’Addo National Park. 4 ore di auto in mezzo a paesaggi diversi tra loro e tutti affascinanti.

Colline verdi, bush, palme, fiori e arbusti, fiumi e spaccature nelle rocce…Non si sa dove guardare..Tutto è fantastico. E’ piacevole guidare in questo posto, anche perché non ci sono molte auto sulla Garden Route. Ogni tanto, per strada, qualche abitante delle capanne circostanti si apposta sul ciglio della strada e chiede un passaggio con i soldi in mano per pagare “lo strappo” in città da parte degli automobilisti. Purtroppo la nostra auto è piccola e strapiena di bagagli e non possiamo caricare nessuno. Nei pressi dei paesi si vedono spesso le township. Per lo più di lamiera le piccole “case”; alcuni, i più “ricchi” se le sono costruite in calce e muratura. All’interno si vedono bimbetti sgambettanti, magri, mal vestiti e a piedi nudi, che ispirano un’immediata simpatia e tenerezza. E pensare che a 10 km da qui si vede una ricchezza smodata. Dopo le township si arriva nel paese: di solito poche case, un distributore di benzina e un Wempy o simile per mangiare hamburger o altre schifezze.

Seguiamo il cartello per Addo e ancora il paesaggio cambia. Adesso siamo davvero nell’Africa che abbiamo sognato, la nostra Africa.

Ormai stiamo entrando nel bush, la vegetazione è fitta, di un verde intenso. Purtroppo si è messo a piovere e questo non ci fa sperare niente di buono. Ma penso positivo e faccio bene. Arriviamo al parco e smette di piovere. Ci assegnano l’alloggio, uno chalet rustico, molto carino e situato proprio nella boscaglia. Da lontano si vedono gli struzzi e le colline. Scarichiamo i bagagli, ci armiamo di telecamera e macchina fotografica e andiamo a “caccia” di elefanti.

L’Addo N.P. È, infatti, il parco dove vive il maggior numero di elefanti, ma non solo loro. Lo si può girare in auto per conto proprio o con le guide. Per il pomeriggio decidiamo di andarci da soli. Bisogna sempre seguire le indicazioni e non scendere mai dalla macchina. Siamo pronti con le macchine fotografiche, ora mancano gli animali.

Come prima apparizione, una tartaruga ci attraversa la strada. Dobbiamo stare attenti, ieri abbiamo seccato un uccellino in autostrada. Si procede al limite max di 40 km ed incontriamo una famiglia di facoceri: Graziosissimi mammiferi simili a maiali, mangiano in ginocchio e non sono intimoriti dall’uomo. Li osserviamo proprio da vicino. Incredibile, mi sembra tutto surreale: mi sembra di vivere nel film “Nata libera”. Qui gli animali sono proprio liberi. Non hanno recinti se non le colline, le verdi colline d’Africa.

Da lontano, Marcello vede qualche cosa ed esclama “Guarda! Cosa sono, zebre?” Mi catapulto fuori dal finestrino , se non fosse che non si può uscire dalla macchina, sarei già dove sono le strisce, prendo il piccolo binocolo e urlo dell’orecchio di Marcello “si, sono zebre! sono zebre! sono tutte a righe! Ma le zebre non sono a pois?!? Ci avviciniamo piano, in modo da riuscire a vederle meglio. Come per lo squalo bianco, questo incontro mi fa battere il cuore a mille. Siamo nel loro mondo e siamo vulnerabili. Un colpo del loro zoccolo ci farebbe sicuramente male o potrebbe danneggiare la macchina, ma sono tranquille e noi non le disturbiamo. Le osserviamo. Come sono belle, eleganti. Sono 4 e c’è anche un piccolo che segue la mamma. Gli uccelli cantano, mi sembra di averli sul tetto della macchina. Che emozione, non avrei mai immaginato un’emozione simile. Il cielo è nuvolo e questo rende il bush di un colore verde scuro. Lasciamo le zebre e proseguiamo. Vediamo delle macchie ferme a quasi 300 m davanti a noi. Ci affrettiamo a raggiungerle ancora increduli. Elefanti! Sono così emozionata che riesco solo a dire a Marcello “Guarda gli elefanti”, quasi come se fosse una cosa a cui sono abituata, poi, ma molto poi, richiudo la bocca (era spalancata!) e mi sento ancora il cuore battere a mille. Sono bellissimi, teneri. C’è un piccolo che avrà poco più di un mese e corre dietro alla mamma per potersi attaccare alla tetta; sono circa 12 esemplari, un bel maschio agita le orecchie e guarda verso di noi per poi rimettersi a mangiare. Una femmina dietro a lui raccoglie un po’ di terra con la proboscide e se la butta addosso. Anche lei ha vicino un cucciolo, ma è molto più grande dell’altro. Sono fantastici, stiamo a guardarli e spegniamo il motore per non disturbarli. C’è un silenzio, intorno a noi, che è un peccato parlare. Si sentono solo i passi pesanti di questi pachidermi nell’erba. Vediamo un altro maschio più indietro rispetto al gruppo, se ne sta in disparte. E’ incredibile l’emozione che si prova a stare a pochi metri da loro.

Mi piacerebbe scendere dalla macchina, ma sarebbe pericoloso: anche se sono tranquilli, potrebbero agitarsi improvvisamente, magari la mamma col piccolo, e caricare. Quindi rimango in macchina …E li osservo.

Decidiamo poi di proseguire e salutiamo i nostri amici. Sulla strada incontriamo una coppia di struzzi e qualche famiglia di facoceri. Poi Marcello inchioda …2 kudu ci stanno passando davanti. Sono bellissimi, ma timidi e spariscono nel bush. Rallentiamo, uno di loro, il maschio credo, perché ha le corna, compare da dietro nel cespuglio e ci guarda. Nuove le orecchie, pronto a scappare ancora. Riusciamo a fotografarlo, ma poi scappa e sparisce. La vegetazione qui è più alta e fitta e poi il kudu è molto veloce.

Comunque, ne vedremo altri, penso. Continuiamo la nostra avventura nel parco; ogni tanto il sole esce dalle nubi e ci scalda. Con la luce, la vegetazione assume un’altra colorazione, la terra rossa, le foglie verde brillante, i fiori gialli e azzurri, probabilmente appena sbocciati per la recente pioggia. E’ un caleidoscopio, la tavolozza di un pittore famoso e, purtroppo, poco rispettato: Madre Natura. Intorno a noi, meravigliosi uccelli colorati: uno verde con la pancia gialla e il muso nero, uno blu con gli occhi gialli, uno nero e rosso con un becco lungo, sottile e ricurvo. Dal canto melodioso, che ci accompagna per tutto il viaggio.

Poi incontriamo i cani della prateria: simpatiche bestioline che fanno un gran casino quando c’è un pericolo. Poi una donnola, o qualcosa del genere ci attraversa la strada. Andiamo verso una pozza d’acqua: una famiglia di facoceri si sta abbeverando, poi arrivano degli struzzi.

Ci immettiamo in una strada sterrata. Guido io, ho dato il cambio a Marcello affinché possa anche lui godersi tranquillamente queste bellezze. Freno: c’è una tartaruga piuttosto grossa tutta intenta a brucare. Mi viene voglia di andare a bussarle sul guscio! Si sta facendo tardi e decidiamo di tornare alla nostra “casetta”.

Al ritorno ancora zebre, questa volta vicine a noi, così che le possiamo vedere bene, poi troviamo un elefante per strada e il branco nel prato. Il piccolo è sempre alla disperata ricerca di una tetta! La famiglia di facoceri sta entrando nel bush: si prepara per la notte. Questa notte usciranno i predatori. E noi domani all’alba andremo a vedere i resti dei loro pasti. Ma questa è la natura.

20-4-07 Sveglia presto, ma presto di brutto! Alle 5.45 eravamo già pronti per la visita al parco con guida. Umidità 100% e freddo come fa in Africa all’alba in aprile. Il cielo si sta schiarendo, ci sono poche nubi e c’è un silenzio irreale. Siamo immersi nel verde. La natura si sta svegliando e noi siamo pronti per il nostro giro. Saliamo sul camioncino scoperto che ci porterà nel parco; per fortuna, ci vengono forniti dei ponchos pesanti e caldi, altrimenti torneremmo a terra duri come ghiaccioli. L’aria presa da un camioncino, anche se a 40 km all’ora, all’alba in Africa non è proprio il massimo. Poi, con l’umidità, ci si potrebbero arrugginire le giunture. Comunque, l’avventura ha inizio. Pochi km nel parco, proprio sul margine della strada, facciamo il primo incontro della mattina: il secondo dei “big five”, il bufalo africano. E’ un animale stupendo, non molto alto, ma largo come un tavolo da 10! Sta mangiando tranquillo. Il camioncino si ferma proprio davanti a lui per permetterci di osservare meglio questo bestione. Ci guarda, si mette in mostra , ci fa vedere i suoi bei cornoni, si nasconde dietro un cespuglio per poi riapparire. E’ un animale enorme; ha la schiena coperta di fango per proteggersi dal sole, che sta iniziando a salire e che fra qualche ora scotterà. Il bufalo passa quasi tutto il suo tempo in acqua. Ci fermiamo un po’ a guardarlo e poi riprendiamo il percorso. Intanto sta albeggiando; le colline sono avvolte dalla nebbia e il cielo sta assumendo i colori dell’alba, le nuvole rosse. Sembra di essere in un sogno: tutto è ancora ovattato. Si sentono solo i primi uccellini che si svegliano Poi vediamo dei kudu correre via, attenti e guardinghi: sono inseguiti dai black-backed jackal, sciacalli dalla schiena nera, delle dimensioni di una volpe o poco più grandi. I kudu scappano per paura che possano prendere i loro piccoli. In lontananza si scorge un branco di zebre e alcuni facoceri coi piccoli.

Nell’intrico dei rami, i ragni hanno costruito le loro tele. Ci sono tele enormi, bellissime, luccicanti per la rugiada. Non le nota nessuno, a parte me: sono tutti presi da grandi animali. Eppure queste tele sono un’opera d’arte, perfette. Vale la pena fermarsi per vederle da vicino ma, come ho detto, a nessuno interessa.

Facciamo un lungo giro del parco; la nostra guida vuole portarci dove ieri è stato visto un leone, giriamo per un po’ ma niente leoni. Ci dirigiamo, allora, verso la pozza d’acqua. E’ da un po’ che non vediamo animali e c’è chi, come Marcello, che s’addormenta o si annoia.

Alla pozza ci attende uno spettacolo straordinario. Almeno 50 elefanti che si abbeverano; la matriarca li chiama e si mettono tutti a camminare intorno alla pozza. Si sentono dei barriti impressionanti, anche perché gli animali sono a pochi metri da noi. C’è un cucciolo piccolissimo, non ha nemmeno 2 mesi, che cammina dietro la mamma e si prende pure qualche calcio in faccia: non ha ancora imparato a tenere le distanze, ma a furia di calci imparerà presto! Si mette a correre e raggiunge le tette della mamma. Dietro a lui, un’altra mamma e un cucciolo un po’ più grande le cammina sotto la pancia, tra le gambe e si prende un po’ di calci anche lui. Due elefanti maschi rimangono un po’ indietro e si fermano l’uno davanti all’altro, testa contro testa, immobili. Rimangono così per un po’, quindi si mettono a seguire il branco. La matriarca emette un’altra serie di barriti e dalla parte opposta della pozza, praticamente a pochi metri dal camioncino, dal bush sbuca un giovane elefante a tutta corsa: risponde al richiamo della matriarca e sembra dire: “aspettate, ci sono anch’io, pant, pant, sto arrivando …Eccomi”. Mi metto a ridere e riprendo la scena… è troppo bella. La matriarca è a capo del gruppo e tutti le ubbidiscono, anche i grandi maschi.

Rimaniamo a vedere questo branco per parecchio tempo in perfetto silenzio. Una scena così non si può perdere.

Però si riparte e dobbiamo tornare al campo. Il tempo di chiudere le valigie e via, verso Port Elisabeth. Qui dobbiamo consegnare la macchina e prendere l’aereo per Durban.

Se siamo fortunati, troveremo caldo e bel tempo; speriamo, perché fin’ora non ci è andata molto bene con il tempo! L’aereo che ci porterà a Durban è piccolo, d’altra parte il volo durerà circa un’ora. Durante il volo, i 2 steward ci ingozzano con succhi di frutta, snack, caffè, acqua e quant’altro. Alla fine questo viaggio ci risulta stressante! Arriviamo a Durban alle 16, prendiamo l’auto a nolo e andiamo a cercare il nostro albergo.

Appena dentro la città, il traffico ci avvolge. I “rikki” sfrecciano da tutte le parti, fanno casino, si fermano praticamente in mezzo alla strada a caricare o scaricare gente e strombazzano come pazzi se non ti togli da davanti. La gente che si incontra in strada sembra poco raccomandabile. D’altra parte lo dice anche la guida che a Durban il tasso di criminalità è molto alto. Arriviamo all’albergo dopo non poco stress.

Come prima cosa ci avvisano che passeggiare nelle vie dietro l’albergo è pericoloso e ci consigliano di andare sempre dalla parte del lungo mare, che è più controllata. Ci riposiamo un po’ e poi andiamo alla scoperta della città. Il nostro albergo è proprio davanti alla spiaggia. Il mare è calmo, ma le onde arrivano sulla battigia spumeggianti e alte. Durban è il paradiso dei surfisti.

21-4-07 Il nostro primo giorno a Durban comincia con una buona colazione. Fa caldo, finalmente. Mi sa che possiamo usare gli abiti leggeri: pantaloncini, canotte, ecc. Non li abbiamo certo portati per far loro prendere aria!! Il mattino è dedicato alla visita del Phezulu Safari Park. E’ un parco in cui è riprodotto un tipico villaggio zulu, con capanne circolari. E’ molto carino e vi fanno anche le rappresentazioni delle danze tribali. Il tutto in un vegetazione rigogliosa: è la vegetazione subtropicale, piante di banane, orchidee, palme. Siamo nella terra delle “1000 colline” ed è effettivamente così. Dopo lo spettacolo dei danzatori zulu, andiamo a visitare la “fattoria dei coccodrilli” che si trova nello stesso parco. Con una guida, andiamo a vedere i recinti con i coccodrilli. Ci sono i cuccioli, lunghi una ventina di cm, ma già ben dotati di una bella bocca piena di dentini! Poi ci sono i giovani crocchi e i grandi crocchi. Siamo arrivati all’ora della pappa. I guardiani chiamano i loro “ragazzi” e questi accorrono ai loro fischi. Mi sembra di vedere la Irma quando la pappa è pronta!.

Enormi pezzi di carne e polli interi vengono sbranati in men che non si dica da famelici bestioni che si accalcano uno sull’altro. E’ molto facile, in questi frangenti, che qualche pezzo di carne finisca sul groppone di un crocco ed il compagno lo assalga per fregarglielo; spesso ne nasce un parapiglia che funge da diversivo allo spettacolo del pasto!.

Nel pomeriggio, giro per i mercatini della città. Il centro di Durban è caotico, gente ovunque e bisogna fare molta attenzione alle borse: qui, infatti, la criminalità è piuttosto alta, anche se onestamente non abbiamo mai assistito ad episodi di violenza né ci siamo mai trovati in situazioni di pericolo.

Ci sono tanti mercatini di artigianato, per lo più indiani e malesi, di frutta e verdura e fiori. I mercati di Cape Town, però, sono più belli. C’è da dire che Durban, rispetto ad altri luoghi che abbiamo visitato, è decisamente più vivace. Dopo cena, decidiamo di fare un giro notturno per il quartiere dietro il nostro albergo. Ci sono molti ragazzi sbandati o mezzi ubriachi seduti per terra o sui gradini fuori dalle case che ci guardano con un certo “interesse”. Ad un certo punto, il simpatico gestore di un Internet Point ci raggiunge e, prendendomi sotto braccio, molto calmo, ci invita ad attraversare la strada ed a cambiare zona perché quella in cui siamo non è, per così dire, raccomandabile. A Durban, tutti vi mettono in guardia da scippatori. E’ meglio frequentare la zona sul lungomare, in quanto è piena di alberghi e ristoranti e quindi più controllata.

22-4-07 Abbiamo lasciato Durban stamattina con non poca fatica. Ormai abbiamo appurato che le indicazioni stradali in Sudafrica a volte lasciano a desiderare, se poi chiudono l’autostrada che dobbiamo prendere noi, allora il caos è totale. Comunque, dopo giri e giri, troviamo una strada alternativa e ci dirigiamo a nord, verso St. Lucia.

Il paesaggio è dapprima caratterizzato dalle township alla periferia di Durban. Oggi è domenica e c’è un po’ di movimento: donne e bambini, uomini, vecchi e giovani, tutti ben vestiti, escono dalle loro case di latta in fila ordinata per andare in chiesa. Donne grasse, con i loro abiti colorati e un bimbo infagottato sulla schiena, bambini saltellanti, tirati a lucido e a piedi nudi, bimbe con le treccine tipiche africane. I bambini sono davvero stupendi, belli, vivaci, simpatici. Gli adulti indossano tradizionali tuniche verdi e pantaloni bianchi, altri invece, delle tuniche blu molto belle. Li vediamo anche per strada, tutti in fila.

Lasciamo le township e troviamo un paesaggio stupendo, colline verdi, distese di prati coltivati, piante di banane buonissime. Sul ciglio della strada ci sono i mercatini di frutta; vale la pena di fermarsi ed acquistare, perché la frutta è squisita e poi si ha la possibilità di fare qualche chiacchiera con la gente, almeno chi sa l’inglese. Mi piace parlare con il popolo che qui è prevalentemente zulu. Sono estremamente simpatici e cortesi e piacevolmente curiosi: in questa zona, infatti, non sono molto abituati ai turisti, in particolare agli europei e si meravigliano quando gli diciamo che veniamo dall’Italia.

A tratti, le distese verdi sono attraversate da ampi fiumi. Ci troviamo sulla North Coast. La vegetazione è sempre più su tropicale. Il cielo è nuvoloso, solo ogni tanto uno sprazzo di sole.

Sull’autostrada è facile vedere gente che cammina nella corsia d’emergenza. Donne e uomini, e spesso anche bambine piccolissime, che vanno a prendere l’acqua al pozzo più vicino, oppure hanno cesti sulla testa con frutta da vendere. Verso le 13 arriviamo a St. Lucia. Questo delizioso paesino si trova sull’estuario del fiume omonimo. E’ proprio un buco di paese, ma è bellissimo perché tutto immerso nella natura. Strada facendo, non è difficile incontrare uccelli colorati, grossi aironi e scimmiette grigie che si rincorrono e saltano sui rami degli alberi. Si trovano anche molti cartelli che indicano di prestare attenzione agli ippopotami, che di sera escono dal fiume per muoversi nella vegetazione. Cerchiamo un B&B per la notte. Le strade di St. Lucia sono un labirinto. Il nome delle vie non è indicato e non possiamo fare altro che andare a caso, cercando di prendere dei punti di riferimento. Il cielo è coperto di nuvoloni neri, che non promettono niente di buono. E io che mi sono portata le protezioni solari!! Se va avanti così, dovrò farmi la lampada per abbronzarmi!.

Troviamo un B%B che sembra (e lo è) carino e ci fermiamo. Il nostro ospite è un simpatico signore inglese che ci accoglie con un gran sorriso. La casa è arredata in stile africano ed è molto particoalre. Nonostante il nome del B&B sia italiano, Anna’s B&B, la famiglia che lo gestisce viene dall’Inghilterra. Ivan, il proprietario, ci dà subito delle indicazioni su ristoranti e pub e ci dice di fare attenzione, di sera, perché spesso si incontrano ippopotami e leopardi liberi per strada. La cosa non ci meraviglia più di tanto: qui gli animali sono liberi e selvaggi. Nel giardino della casa/B&B si vedono scimmie e manguste. Non mi stupirei di vederci anche un crocco o un ippo.

Nel pomeriggio mangiamo uno spuntino in un pub delizioso proprio sull’estuario del fiume. Da qui si vedono coccodrilli e ippopotami placidamente immersi nell’acqua, una grande varietà di uccelli acquatici, aironi rossi e grigi, martin pescatore coloratissimi, uccellini scuri con le ali chiare..Insomma, non manca niente! Ci godiamo questa scena meravigliosa, l’estuario è incredibilmente vivo e affascinante, se non fosse per quei nuvoloni neri e per i tuoni: minaccia proprio una bella pioggia. Cadono 4 gocce poi più niente. Sorseggio il mio sidro e intanto mi godo la scena di 4 ippopotami immersi fino alle orecchie. Sono animali enormi, con un culo grosso così, una grossa testa e piccole orecchie rosa. Sembrano mansueti, ma sono forse gli animali più pericolosi in Africa. Vicino a loro, un grosso cocco; se gli camminassero sulla schiena, lo spetascerebbero sul fondo.

E emozionante vedere questi animali, anche perché qui li vediamo proprio nel loro ambiente. Ogni tanto un ippo sbadiglia emettendo suoni irripetibili. A volte mandano richiami alle femmine ed emettono note di trombone. Fanno tremare l’aria.

Finiamo di mangiare e ci avviamo verso l’imbarcadero: abbiamo prenotato il “croco and hyppo tour”. In barca incontriamo i primi italiani dopo 10 giorni. Incredibile, bisogna proprio andare in Sudafrica per non trovare altri italiani! Risaliamo l’estuario, l’acqua è di un colore marrone poco invitante al bagno, ma la vegetazione è di un verde brillante alternato qua e là grossi da fiori gialli, blu e viola. All’inizio del percorso, vediamo un crocco in acqua. A riva, invece, un gruppo di manguste. Purtroppo erano un po’ lontane e non siamo riuscite a vederle bene. Sugli alberi, grossi aironi bianchi e grigi, un’aquila africana, una femmina bianca e nera molto grande, appollaiata su un ramo con gli occhi fissi sull’acqua, alla ricerca di pesce. Finalmente un grosso gruppo di ippopotami. Questi sono proprio vicini e dobbiamo stare attenti a non disturbarli. Stanno dormendo uno sopra l’altro. Sono deliziosi. Poi uno si muove, sbadiglia, strombazza e va a rompere le palle ad una femmina che subito gli fa capire che non è aria. Quindi si rimette a dormire fra le canne.

Su una spiaggetta un po’ più avanti, un bel crocco prende il sole a bocca aperta. Si vedono i “dentini”, non vorrei essere a presa di …Mandibole. Intano si è aperto il cielo ed il sole adesso è caldo. La navigazione è piacevole, ovunque si guardi ci sono animali e piante. Con la luce, poi, le piante assumono un colore splendido.

Incontriamo un altro gruppo di ippopotami e una femmina isolata. Il nostro comandante, che assomiglia a Tom Hanks, ci spiega che le femmine si isolano quando devono partorire e questa forse sta partorendo. Le ippopotame partoriscono in acqua. Il gruppo è formato da almeno 8 individui: c’è un maschio che lecca il sedere ad una femmina infastidita, la mordicchia e la stuzzica, ma questa si alza e si va a sdraiare in acqua da un’altra parte. Qualcuno si immerge e fa le bolle d’acqua col naso. Certo che non si sbattono molto, gli ippopotami, nella vita! La navigazione procede; tra le canne si vede un airone rosso, bellissimo, e un martin pescatore coloratissimo con un lungo becco ricurvo verde. Due femmine di ippo si stanno contendendo un maschio, un maschio che …Beh, insomma, almeno in questo posto c’è un po’ di vita! Finito il giro, si torna indietro, Alcuni uccellini bianchi e neri ci volano intorno. Gli ippo ci guardano e sbadigliano, i crocchi si buttano in acqua. Uno di questi ha appena catturato un pesce e se lo sta mangiando. Le scene di caccia non sono infrequenti, da queste parti e può capitare che vi si assista.

Dopo il giro in barca, una visita al paesino. E’ piccolo ma c’è di tutto e poi è vivace, rispetto a Cape Town. C’è un bel mercatino di frutta e prodotti dell’artigianato locale…Ovviamente non possiamo mancare! 23-4-07 Lasciamo St. Lucia e ci dirigiamo verso Sodwana. Ivan, prima di partire, ci suggerisce di non prendere l’autostrada, ma di passare per l’Umfolozi game park, nel KwaZulu Natal. E’ un’alternativa, dice, attraversare la riserva e si possono vedere un po’ di animali.

E’ un parco molto grande, più dell’Addo National e con un maggior numero di rinoceronti, inoltre è poco battuto dai turisti. Vi entriamo e subito incontriamo un bel branco di bufali. Saranno i soli animali che incontreremo per un bel po’: infatti percorriamo tanti e tanti km senza vedere niente, se non gli uccelli colorati e qualche grande, ma tanto grande, cacca! Dove c’è cacca grande, dico, io, c’è animale grande. Ed è così! Marcello, ad un tratto, inchioda. Ci sono le giraffe, anzi noi siamo circondati da altissime giraffe! e da zebre. Sono sulla strada (ma non sono le strisce pedonali), nell’erba, ovunque. Due giraffe si nascondono dietro un cespuglio, ma lasciano vedere il lungo collo. Sono stupende, molte portano a spasso l’immancabile bufaga o altri uccellini mangia-zecche. Vorremmo scendere dalla macchina e fotografarle, ma le regolo dei parchi lo impediscono, quindi ci limitiamo ad abbassare i finestrini mentre loro ci guardano curiose, con i loro occhioni dolci. Sono altissime e con le chiazze marrone scuro, ci passano davanti alla macchina come se sfilassero. Sono proprio eleganti. Ne abbiamo un’altra proprio dietro alla macchina.

Due zebre giocano in mezzo alla strada: una mi passa accanto al finestrino e potrei quasi accarezzarla. Se non si spostano, penso io, dovremo stare qui per un bel po’ di tempo! Poi loro si spostano e noi ripartiamo. Ci hanno detto che vicino al punto in cui abbiamo visto le giraffe, ieri è stato visto il black rhyno. Noi, purtroppo, non lo vediamo. Usciamo dal parco e ci dirigiamo verso Sodwana Bay.

Il paesaggio è caratterizzato da piantagioni di ananas e da piccoli villaggi zulu. Sono ancora i villaggi tradizionali con basse costruzioni circolari con tetti di paglia. Tanti ragazzini girano per strada sventolando fogli per chiedere soldi. Donne con grandi ceste sulla testa si dirigono verso il mercato. Piccoli mercati di frutta, colorati e animati.

Ci sono dei piccoli bar, lungo la strada: scattiamo alcune foto e la gente ci saluta sorridendo. Gli africani sono simpatici e ospitali. Ormai siamo vicini a Sodwana. Il cielo è nuvolo, ma mi rifiuto di pensare che verrà a piovere. Spero almeno qui sulla barriere più a sud del mondo di riuscire a prendere un po’ di sole.

Arriviamo a Sodwana. Il nostro alloggio è un piccolo, ma confortevole bungalow nella foresta. Abbiamo dei geki sulle pareti di legno che ci fanno compagnia e non escludo che ci possano essere anche dei ragni, da qualche parte, ma la cosa non mi preoccupa. Comunque il luogo è molto carino, con una bella spiaggia e le onde chiare dell’oceano indiano.

24-4-07 Oggi prima giornata di mare dopo 12 giorni di Africa. Stamattina snorkel sulla barriera. Avrei voluto immergermi con le bombole, purtroppo una perforazione del timpano non me lo permette. Ho provato tanta invidia per i sub che erano con me sul gommone. Mare caldo e calmo e visibilità da favola. Mi sono divertita comunque, anche perché sotto di me nuotava una gigantesca manta. Bellissima, le ho visto anche la tipica boccona aperta. Per un attimo sembrava che volesse venirmi vicina, quindi sono rimasta ferma in superficie: speravo si avvicinasse a me, ma ha preferito poi seguire i sub che la facevano giocare.

La barriera corallina di Sodwana è bella, ma non particolarmente ricca di pesce. La barriera del Mar Rosso è molto meglio. A Sodwana, tuttavia, è più facile vedere pesci grossi: mante, squali mako e di barriera sono abbastanza frequenti, ma oggi non ne abbiamo visti.

Nel pomeriggio ci concediamo un po’ di ozio in piscina a nuotare e bere sidro. Sodwana è un paesino microscopico e non ha molto da offrire se non la barriera. In centro, qualche mercatino di frutta e artigianato in legno. La spiaggia è bella, ma purtroppo deturpata dai fuoristrada degli americani o dei sudafricani bianchi che prendono la sabbia bianca per una lunga strada su cui correre. Ad una certa ora, verso il tramonto, sembra di essere in autostrada e corri il rischio che ti arrotino.

Ora sono sulla veranda del nostro lodge: scrivo e guardo i colori del cielo al tramonto. Qui siamo immersi nella natura! Si sentono solo i versi degli animali. Le scimmie se ne stanno andando a dormire e i primi pipistrelli iniziano la loro caccia notturna. Oggi abbiamo avuto la visita di un rospetto e ieri sera di un paio di geki. Qui ci sono anche zanzare, ma per fortuna, non quelle che portano la malaria. Domani mattina sveglia presto: ci aspettano un bel po’ di ore per arrivare al parco Kruger.

25-4-07 Sveglia presto perché ci attende un viaggio di 6 ore per arrivare al Kruger. La giornata promette bel tempo; il sole è già alto e caldo. Prendiamo l’autostrada, se così si può chiamare una strada a 2 corsie attraversate da mucche, capre, uomini, donne e bambini. Comunque attraversiamo distese infinite di prati e campi. Il paesaggio non finisce mai di sorprendermi: coltivazioni di ananas, piantagioni di canne da zucchero, casupole e capanne sparse! Mercatini di frutta e verdura, piante alte, banani. Donne che camminano scalze sul ciglio della strada con grandi pesi sulla testa. Scolaretti che giocano nei cortili della scuola. Distese di prati con mucche al pascolo. Poi iniziano le colline, i fiumi e le catene montuose e il paesaggio si fa montano. Per strada poche auto, solo qualche camion carico di canne da zucchero. Si vedono alcune raffinerie di zucchero lungo la strada, nei pressi dei centri abitati. Alcune donne camminano sotto parasole colorati.

Qualche villaggio con casette e capanne circolari. Io e Marcello ci alterniamo alla guida, si scattano un po’ di foto e finalmente si arriva al parco Kruger. Purtroppo è già abbastanza tardi e siamo troppo stanchi per fare il giro guidato. Comunque abbiamo già visto due rinoceronti e un po’ di gazzelle. Scimmiette grigie, le velvet monkeys, saltano da un ramo all’atro sopra le nostre teste. Uccellini colorati cantano e volano ovunque. E’ proprio un paradiso.

26-4-07 Dopo 160 km nel Kruger e un bel 4 ore di guida (all’interno del parco la velocità max consentita e di 50 km) siamo arrivati al Satara Camp. Oggi è stata una giornata movimentata per gli animali. Infatti abbiamo assistito a diversi combattimenti. Due giovani impala si sono presi a cornate (e che cornate!) per un harem di belle fanciulle dagli occhioni dolci. Il più giovane dei due contendenti, però, è stato allontanato in malo modo e se ne è andato via facendo versacci tipo pernacchie o scorregge per scherno. Il bello che alla lotta hanno assistito curiose le cause della contesa, le dolci fanciulle. Ci siamo divertiti anche noi ad assistere alla lotta.

Strada facendo abbiamo incontrato un elefante solitario sul ciglio della strada. Marcello è sceso dalla macchina (non si può fare, non fatelo! è pericoloso e le multe se ti scoprono sono salatissime!!) per fotografarlo, ma questo non sembrava gradire. Al rumore dello scatto della macchina fotografica, l’elefante si è avvicinato a noi, forse solo per curiosità, ma temevo che volesse caricarci. Marcello è salito di corsa in macchina e siamo partiti in tutta fretta (si fa per dire, perché per l’emozione non riuscivo ad ingranare la marcia). Devo dire che è stata una …Bella esperienza.

Proseguendo nel parco, abbiamo incontrato altri impala. Ce ne sono molti, bellissimi con un bel manto marrone, beige, bianco e un bel codino. Sono animali velocissimi e ottimi saltatori.

Il bush, in questa parte nord, è molto fitto e si fa fatica a vedere gli animali. Incontriamo alcune giraffe dal manto scuro. Con i loro colli lunghi riescono ad arrivare in cima alle piante per mangiare i germogli più teneri. Sono animali molto dolci ed eleganti, ma anche dotati di zoccoli duri e zampe forti, con le quali allontanano i leoni durante i loro attacchi.

Arriviamo al camp verso le 13. Ci rechiamo al nostro alloggio, una bella capanna circolare immersa nel verde e mangiamo tramezzini sulla veranda. Subito arrivano alcuni uccelletti: una pernice, una specie di tucano e una specie di corvo tutto blu con gli occhi gialli. Poi arrivano gli scoiattoli; uno di loro si infila nel radiatore della macchina per prendere gli insetti che abbiamo “pescato” durante il viaggio, tra questi, anche una grossa locusta che lo scoiattolo si mangia beato davanti a noi, con mio sommo disgusto. A pensarci bene, però, potrei portarmi la bestiola a casa e liberarmi così delle locuste che ho in giardino a Milano.

Finiamo di mangiare i nostri tramezzini e andiamo a farci un tuffo nella piscina del lodge. Una cosa veloce perché alle 16.30 abbiamo il sunset drive organizzato. Speriamo di vedere il leone; ormai ci mancano solo i felini per completare la “collezione di animali”.

Iniziamo il tour sul camioncino. La guida è armata, per ogni evenienza. Un bufalo solitario ci aspetta dietro ad un grosso cespuglio. Ci guarda con i suoi occhioni, sbatacchia le orecchie e annusa l’aria. Intanto il sole comincia a tramontare ed io sono affascinata dai colori del cielo.

Alcuni elefanti attraversano la strada davanti a noi seguendo la matriarca. Ci sono anche tanti cuccioli. Di elefanti ne abbiamo visti parecchi, ma sempre ci fermiamo a guardarli affascinati e con rispetto. Sono davvero bellissimi, i cuccioli poi …Sono da mangiare (non nel senso stretto del termine!).

Incontriamo poi una mandria di bufali, tantissimi. Alcuni lottano per le femmine o per il territorio, alcuni brucano e altri si grattano il fianco o il muso contro gli alberi. Ci sono anche dei conigli e le upupe sugli alberi.

Ad un tratto ci imbattiamo in due elefanti. La nostra guida ci dice che uno dei due è piuttosto nervoso: infatti sta per iniziare un combattimento. Ci fermiamo ed assistiamo allo spettacolo. In realtà, i due elefanti si guardano storto, barriscono, si avvicinano e si incrociano le zanne, ma poi fanno solo un gran polverone e niente più. E’ vero il proverbio africano “quando due elefanti lottano, chi soffre di più è l’erba”.

Il sole è ormai basso ed il cielo sembra incendiare. E’ di un rosso intenso, con sfumature viola. Nella savana è stupendo. Gli elefanti si spintonano un po’ e poi si allontanano, ognuno seguendo il proprio sentiero.

Ormai è quasi buio. Ora gli animali si possono vedere solo accendendo i fari sul camioncino, Il bush cambia aspetto. C’è un silenzio irreale, interrotto solo dal verso di qualche animale. Alcuni conigli attraversano la strada e saltellano nel bush. Ogni tanto due occhi si illuminano alla luce dei fari. Alcune giraffe dormono sdraiate nell’erba. Poi, ad un certo punto, illuminiamo qualcosa che si muove nell’erba. Sembra un gatto, un po’ più grosso. E’ un ocelot: raro a vedersi. E’ molto carino, con una bella pelliccia chiara a macchie marroncine. Se ne sta andando a caccia e non è per niente turbato dalle nostre luci. Riprendiamo la strada. Ad un tratto, il camioncino su cui ci muoviamo sterza bruscamente: c’è un serpente in mezzo alla strada. Ci fermiamo e lo illuminiamo: non è né grosso né lungo, circa 50 cm. A noi sembra un serpente velenoso, ma secondo la guida si tratta di un pitone cucciolo.

Continuiamo il nostro giro. Uno gnu, un impala .. Insomma, il bush è pieno di vita anche di notte! 27-4-07 Lasciamo presto il Satara Camp per andare più a nord, al Mopani Camp. Marcello si sente che vedremo i leoni! Facciamo colazione al bar del lodge. Davanti a noi un branco di giraffe e zebre all’abbeverata. Bevo il caffè fissando questi animali meravigliosi di fronte a me; a Milano berrò il caffè fissando il calendario sulla parete di fronte al mio posto!! Cerco di riempirmi gli occhi di queste scene, per ricordarmele per sempre.

Poi, non capita tutti i giorni di fare colazione con zebre e giraffe! Si riparte, la mattina è fresca, si sta bene. Incontriamo impala, gnu, un bel branco di bufali, questa volta sono tanti, poi alcuni rinoceronti ci attraversano la strada e una iena. Poi vediamo, in lontananza, alcune macchine ferme e qualcosa si muove in mezzo alla strada. “Il leone!!” esclama Marcello. Il cuore a mille, ci avviciniamo… effettivamente sembra un leone, o meglio una leonessa. Ma no, guardiamo meglio: è un leopardo!. Per niente spaventato, trotterella in mezzo alla strada tra le macchine, è bellissimo. Si ferma, annusa, sente l’aria e poi si rimette a camminare. Guarda in lontananza. Cosa cerca? Cosa vede? E’ tranquillo, ci passa vicino alla macchina. Si butta nell’erba e poi ritorna sulla strada. Lo seguiamo. Non sarà il leone, ma è comunque stupendo. Siamo stati fortunati a vederlo e poi per così tanto tempo e così da vicino. Stiamo con lui per un po’, poi lui se ne va e noi anche.

La strada da percorrere è tanta e noi dobbiamo essere a Mopani prima di mezzogiorno. La velocità max è 50 km o anche meno. Un babbuino si piazza seduto davanti alla macchina in mezzo alla strada. E’ buffissimo, seduto con i gomiti sulle ginocchia. Pensa e guarda lontano. Poi decide di spulciarsi, si guarda in giro distrattamente e si mangia i parassiti che riesce a trovarsi addosso. Sembra proprio che non abbia intenzione di levarsi da lì. Il problema è che il tempo passa e noi non possiamo disturbare l’animale. Marcello sta perdendo la pazienza e si mette a brontolare: se il babbuino non si muove potrebbe rischiare di prendersi un sasso sulla testa. Questi sono gli inconvenienti del parco. E’ assolutamente proibito (e pericoloso) disturbare gli animali. Puoi correre il rischio che ti si piazzi davanti un elefante, o nel nostro caso un babbuino, e tu debba stare lì fermo ad aspettare che sia lui ad andarsene.

Poi ci guarda, decide di arrampicarsi su una pianta, ma poi scende e si rimette seduto in mezzo alla strada.

Ormai siamo quasi a Mopani e niente leoni. Vabbè, li vedremo domani, o al limite andremo allo zoo! Arriviamo al camp e ci facciamo subito allettare da una proposta di giro a piedi guidato nella savana. Scena fantozziana che solo due italiani pirla potevano fare: io e Marcello ci presentiamo all’appuntamento vestiti con calzoncini beige chiaro, camicia beige chiaro (abbigliamento consigliato nelle zone dove c’è la malaria e il Kruger è una di queste) berrettino da baseball, calze tirate su fino alle ginocchia e scarponcini da trekking. Sono le 13 e 30 e fa un caldo porco. Ci accompagnano due ranger armati. Si parte col pulmino (siamo gli unici due a fare questo giro, poi capiremo il perché) fino al margine della savana. Qui ci fermiamo per proseguire a piedi. Si cammina per 2 ore sotto un sole cocente; sicuramente non vedremo grossi animali, ma gireremo per il bush.

Appena scesi dal pulmino, uno dei ranger ci indica 2 bufali: sono 2 grossi maschi. Abbiamo il vento a sfavore, quindi ci usmano e se ne vanno. Attraversiamo la boscaglia; grosse ragnatele sono costruite con una maestria eccezionale tra le piante. Grossi ragni si stanno mangiando le loro prede ed io, per poco, non finisco nella ragnatela.

Il ranger ci indica, quindi, delle impronte di zoccolo e ci dice che sono di impala; poi ci indica una cacca gigantesca e ci dice che è di elefante (ma va’?) e che è recente. Magari l’elefante sta camminando dietro di noi in punta dei piedi, pronto a farci ” cucusetteteee” sul più bello. Continuiamo la nostra avventura per il bush ancora per un’ora. Solo cacca, impronte, impronte e cacca, anche qualche teschio rinsecchito di bufalo, messo a terra per meravigliare i turisti. Poi il ranger ci indica delle piante: si tratta degli alberi di mopani, da cui prende nome questa zona. Mopani, in africano, significa farfalla e le foglie di questa pianta sono proprio a forma di farfalla.

Poi ci indica un’altra grossa pianta, dalle foglie molto morbide che, ci viene spiegato, sono usate dagli zulu come carta igienica. Assolutamente da non scambiare con l’acacia, dalle foglio molto simili ma con le spine!! Avrei voluto dire al ranger che uno si può sbagliare una volta, ma la seconda ci sta più attento, ma ho pensato che forse sarebbe stato meglio tacere: avrebbe potuto pensare che lo stavo prendendo in giro per le sue per altro molto interessanti lezioni di botanica.

Proseguiamo il tour e ancora cacca (ma quanta ne fanno questi animali, e poi ci si lamenta dei cani a Milano!) Poi una farfalla coloratissima e molto velenosa per gli uccelli. Poi impronte di elefante vicino ad una pozza d’acqua, uccelli coloratissimi, un’upupa. Fa un caldo da svenire, ma la passeggiata mi diverte (anche se mi sembra di essere Fantozzi nella macchia). Camminiamo in fila indiana, attaccati al culo delle guide armate per ogni precauzione: se ci fermiamo un attimo, si fermano anche lo e ci proteggono: sono proprio due angeli! Finiamo il nostro giro che siamo sudati come bufali dopo una sgarruppata (non so cosa significhi, se significa qualcosa, ma dà l’idea!).

Torniamo al nostro lodge, ci facciamo un tuffo in piscina, una doccia ed un giro per il campo. I camps del Kruger non offrono un gran che in fatto di divertimento serale, a parte vedere scimmiette che si arrampicano e si rincorrono sugli alberi. Quindi ci limitiamo ad un po’ di shopping nei piccoli negozi.

Il camp di Mopani si trova molto vicino ad un fiume ed è bellissimo passeggiare nei pressi, prima del tramonto per vedere i colori della natura nell’acqua alla luce del sole.

Per cena, dal momento che il lodge è provvisto di cucina elettrica, ci prepariamo una pasta e ceniamo in veranda. La serata è calda ed è piacevole stare fuori a godere le nostre “ultime ore” di Africa.

28-4-07 Sveglia presto, dobbiamo uscire dal Kruger e avvicinarci a Sabie ed abbiamo ancora un po’ di cose da vedere, strada facendo.

Il fatto di avere ancora 60 Km di parco ci fa ancora sperare di vedere un leone, ma niente.

Gli animali, stamattina, sono pochi: qualche impala, un kudu, tre giraffine curiose e un facocero… ah, anche un coccodrillo a bocca aperta su un’isoletta di sabbia in mezzo al fiume.

I fiumi che tagliano la savana offrono uno spettacolo davvero unico, con giochi di forme, di colori, di vita. Attorno ai fiumi la vegetazione è sempre verde e rigogliosa. Mi mancherà molto, l’Africa! Usciamo dal Kruger e ci dirigiamo verso il Blyde River Canyon. Il Blyde River Canyon è un canyon situato nella provincia di Mpumalanga, ed è il terzo canyon più grande del mondo con i suoi 26 km di lunghezza e 800 metri di profondità. Si trova nella parte settentrionale dei monti Drakensberg. La strada da percorrere per arrivarci è tanta, ma merita. Come al solito, quando andiamo a vedere qualcosa di spettacolare, piove. Il cielo è scuro e piove a dirotto; già immaginiamo che non usciremo dalla macchina. Per fortuna, quando arriviamo al canyon il sole è tornato a splendere e ci permette di godere di uno spettacolo che non ci saremmo mai immaginati: montagne ovunque intorno a noi, la catena del Pinnacle, una montagna dalle conformazioni pittoresche, un vegetazione folta e rigogliosa, e il Blyde River che taglia il piano sotto di noi. Le montagne hanno forme strane, alcune sono a forma di tette, altre a punta, altre ancora piatte sulla cima ma coi fianchi arrotondati. Il paesaggio mi ricorda il Gran Canyon, ma il territorio è molto più verde e morbido.

Lasciamo il canyon e ci dirigiamo verso le cascate. La prima, Berlin Falls, è altissima. Per veder bene, percorriamo un sentiero a strapiombo fino ad arrivare all’inizio della cascata. La massa d’acqua è imponente ed il salto è piuttosto alto. E’ bellissima e spettacolare, peccato che ci sia molta gente. Comunque ci godiamo questo spettacolo in silenzio, cercando di imprimerci nella mente quelle immagini ed impressioni che, piano piano, col tempo, saranno sparite dalle fotografie. Lasciamo Berlin Falls per dirigerci verso God’s Window, la finestra di Dio. Non abbiamo la più pallida idea di cosa si tratti anche se la parola “finestra” mi fa pensare ad un punto di osservazione della zona. Comunque è indicato da cartelloni lungo la strada e noi ci andiamo. God’s Window offre una vista spettacolare su una distesa di alti strapiombi; dal nostro punto di osservazione si vedono sconfinate distese di verde. Anche questo spettacolo, come le Berlin Falls, ci lascia senza fiato. Da qui, poi, ci addentriamo nella rain forest, la foresta pluviale. E’ molto bella, fitta di piante e liane e grossi fiori colorati. Purtroppo c’è molta gente: oggi è sabato di un week end lungo e non si riesce a godere appieno della bellezza del luogo.

Riprendiamo allora il nostro viaggio per andare a vedere le Lisbon Falls. Sono cascate meravigliose come le prime, anche se meno imponenti. Il salto è meno alto, ma il gioco di forme e di colori dell’acqua è insuperabile. Ci fermiamo qua un po’, in contemplazione di questa natura generosa e poi proseguiamo il viaggio. Ci aspetta il nostro ospite al Sabie Town House B&B.

Il B&B è delizioso, una bella villa in legno e pietra immersa in un bosco,ed è gestito da una simpatica copia di pensionati.

Questo è il nostro ultimo giorno. Ce lo siamo goduti fino in fondo e, per cena, piatti tipici della nostra Africa. Marcello e Grazia



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