Da Aviano al Texas con i Comandanti onorari USAF
Sveglia prima dell’alba di sabato 21 marzo 2009, perché un blue bird alle h 4 ci preleva dalla Base di Aviano e ci porta all’aeroporto di Venezia, dove arriviamo gelati: è una annotazione superflua perché eravamo così caricati che era come andare in missione speciale.
Il gruppo è costituito da 31 persone, compresi un ufficiale della Base di Aviano,che fa da collegamento con le strutture militari, un altro sottufficiale che si presta a fare anche da fotografo e una addetta civile alle pubbliche relazioni della Base.
Il volo prevede la partenza da Venezia con Lufhansa, scalo a Francoforte e grande transvolo atlantico con arrivo a Dallas: totale 14 ore ‘scomode’ dove eravamo compressi in sedili stretti e ravvicinati. Io ho dormito mezz’ora. Alle 15.30 tocchiamo terra americana, ritiriamo i bagagli, prendiamo il bus per ritirare i 7 van a noleggio che utilizzeremo per tutto il viaggio.
Il mio gruppo è costituito da 5 persone, io solo donna. L’auto è molto comoda: una Chrisler Voyager da 7 posti con cambio automatico, con porte scorrevole, che si dimostrerà un buon mezzo per tutto il viaggio.
Raggiungiamo Fort Worth (vicino a Dallas) all’Hotel del Gruppo Mariott (tutti gli alberghi sono del Gruppo Mariott con camere comode e letti king). Andiamo in centro dove è stata organizzata una cena in ambiente country accompagnati dal Generale F. Di stanza ad Aviano, ma che verrà sostituito a breve: è d’obbligo assaporare la carne ai ferri, le patate e la cipolla fritte. Alla fine, stanchi, andiamo a letto dopo ben 26 ore.
Un breve accenno allo stato del Texas, recuperato in Wikipedia.
Il Texas è uno dei cinquanta Stati degli Stati Uniti d’America. Si trova nella parte meridionale del Paese, ed è il più grande Stato dopo l’Alaska (con 696.241 km²), ed è il secondo più popoloso dopo la California (con 23,9 milioni di abitanti). Il Texas, con una superficie più che doppia rispetto a quella dell’Italia, annovera una grande varietà di paesaggi spostandosi da est a ovest, dalle pianure fluviali dell’est, ai deserti del sud-ovest, e ambienti naturali che vanno dalle paludi costiere, alle foreste subtropicali, alle praterie, alle regioni semi-aride e aride, alle montagne. Situato a nord del Rio Grande il Texas fu una colonia spagnola, e in seguito parte del Messico. Dopo una breve periodo di indipendenza come Repubblica del Texas, entrò a far parte degli Stati Uniti nel 1845. Stato schiavista, il Texas partecipò alla guerra di secessione americana al fianco dei confederati. Oggi, attrae molti immigrati latino-americani e fa parte degli stati conservatori dominati dal Partito Repubblicano. La sua dinamicità economia si basa sull’allevamento del bestiame, sull’industria petrolifera e petrolchimica, e sull’ alta tecnologia (aerospaziale, biotecnologie) sostenuta dalla ricerca universitaria. La cultura del Texas riflette influenze ed eredità molteplici. L’identità dello Stato si basa su un folklore vivo (rodeo, western, country), associato alla mitica immagine del cowboy.
Stupendo: ho dormito 10 ore ed ho superato il jet lag. E’ Domenica 22.3.2009 siamo tutti pronti per l’assaggio del Texas. Colazione all’americana con uova e bacon – ma non per me – e andiamo in centro a Dallas: la città è deserta, il tempo è bello ma la temperatura ancora fresca. Primo appuntamento con la storia: la strada dove è stato ucciso JFKennedy. L’avremo visto 1000 volte in televisione e mi sembrava un grande piazza, invece è una semplice strada di scorrimento, con a lato due marciapiedi ed uno spazio erboso con un ballatoio. Arrivando si riconosce subito il palazzo, nel 1963 deposito di libri, dal quale sparò Lee Oswald, ora uno splendido museo alla memoria. Si entra già provvisti dell’auricolare parlante italiano e si gira sul piano dove vengono raccolte le memorie sulla famiglia, sulla storia politica, sull’evento di quel 22 novembre, rappresentato da foto e filmati e da quell’angolo, indicato da uno spazio racchiuso da un vetro, dove sembra non sia passato il tempo. Mi immedesimo nella parte e miro al punto in cui è passata l’auto: no, sono passati troppi anni, gli alberi sono cresciuti e non c’è abbastanza visibilità.
Negativo, invece, per me l’altro Museo sulla storia di Dallas: poco materiale, mal utilizzato. Andiamo poi a pranzo in un locale poco lontano: fa caldo ora e si mangia all’aperto. Poi le nostre auto si dividono: noi decidiamo di andare a vedere il parco giochi Six Flags over Texas intravisto lungo il percorso da Fort Worth, l’altro gruppo va a vedere l’acquario. Mai viste montagne russe così alte e colonne così alte da dove ti lanciano in una cabina a 4G. La nostra era solo curiosità di vedere, non di provare. Solo per entrare al parcheggio si paga 3 dollari a testa, ma l’entrata al parco costa 54 dollari! No grazie. Decidiamo di tornare a Forth Worth dove avevamo cenato la sera: giovani e vecchi seduti nei saloon a bere birra e fuori le Harley Davidson lucide posteggiate. Entriamo in un locale molto caratteristico: 4 chitarristi suonano country live e a tutte le pareti, compreso il soffitto, sono attaccati i cappelli bianchi dei cowboy, oltre ad una parete intera dove, come in una bacheca, c’è una collezione di centinaia di elefantini di tutti i materiali e grandezze. Siamo rimasti all’interno del locale un bel po’ perché erano veramente bravi.
La cena è stata organizzata in un locale messicano caratteristico dove molta gente mangia all’aperto nei giardini in mezzo ad una flora che sembra subtropicale. Possono fare sino a un massimo di 1.500 coperti. Agli americani piace moltissimo mangiare questo tipo di pietanza piccante con tortillas. Le tortillas sono il cibo base della cucina messicana, usato per accompagnare i cibi, come una sorta di pane, ma anche in cucina, per esempio per preparare burritos, nachos, o per addensare delle zuppe, ma anche per degli snak. Le tortillas si fanno con la farina di grano, sono molto simili alle nostre piadine, oppure con il mais. Stuzzichini e antipasti sono l’enchilada ed il guacamole e dominante in questa cucina sono i fagioli ed il peperone.
Va evidenziato che i camerieri non vengono pagati, la maggior parte delle volte sono giovani studenti che vivono con le mance. Abbiamo speso 21 $ a testa e potevano scegliere tra due menu: tortillas con carne o con formaggio, oltre alla verdura e birra.
Lunedì 23.3.2009 accompagnati dal Generale F. Alle h 8 entriamo alla fabbrica della Lockheed Martin, la fabbrica che da 106 anni ha prodotto 216 tipi di velivoli è un’azienda attiva nei settori dell’ingegneria aerospaziale e della difesa. I servizi, altamente tecnologici, vengono offerti al Governo americano (principalmente alla Nasa), ma lavora anche per 67 paesi nel mondo. Al breefing, al quale partecipiamo, ci viene spiegato che sino ad oggi la Lockheed ha prodotto 4 generazioni di aerei, ma ora la grande sfida è l’F35, un aereo di 5^ generazione completamente diverso che sostituirà ben 13 velivoli. Ma ci vorranno 30 anni per la sostituzione degli aerei di 4^ generazione. Il Lockheed Martin F-35 è un caccia multiruolo di 5^ generazione monoposto, a singolo propulsore, con capacità stealth (invisibilità), che può essere utilizzato per supporto aereo ravvicinato, bombardamento tattico e missioni di superiorità aerea L’aereo di 5^ generazione sembra un extra-terrestre: il pilota, nel suo casco, girando semplicemente la testa, ha la visione notturna e vede attraverso i sensori come non avesse nulla attorno. Tutte le apparecchiature sono interne al velivolo. In questa fase di cooperazione internazionale, gli aerei vengono forniti agli 8 partner. Dopo l’Inghilterra, l’Italia è la seconda partner: l’F35 è progettato con la collaborazione di Alenia. La Lockheed Martin si è aggiudicata l’appalto per la costruzione del veicolo spaziale Orione, con il quale la NASA ha intenzione di riportare l’uomo sulla Luna.
Abbiamo passato tutta la mattinata con 4 dirigenti della società, poi – dopo il pranzo – ci siamo divisi in due gruppi. Il mio prima ha prima visto il simulatore di volo, nel quale si sono cimentati alcuni presenti e poi siamo saliti in un vagoncino elettrico e ci hanno fatto fare un giro nei vari reparti della fabbrica. Il capannone è lungo un miglio e largo mezzo: vuol dire quasi 1.300.000 metri quadrati! Peccato non aver potuto fotografare (erano vietati cellulari e macchine fotografiche). Il servizio di sicurezza, giustamente, è stato molto stretto, ma abbiamo potuto vedere ed ottenere informazioni a tutte le nostre richieste.
Rientrati a metà pomeriggio in albergo, siamo poi riusciti per andare ad un grande centro commerciale delle vicinanze: niente di nuovo e particolare, per cui sono rientrata all’hotel in breve.
La cena, sempre a Fort Worth, al Billy Bob’s, un country club in un grande capannone, dove si accede con 3 $ e dentro ci sono negozi, biliardi, slot machines, ristoranti ed una pista da ballo con molte coppie che ballano un rock lento scandito dal tempo di un conduttore che insegna i passi di danza. E’ intrattenimento vecchio stile, ma sembra che persone di tutte le età si divertano. Noi mangiamo hot dog e hamburger. Quello che mi piace di più sono le Onion ring (cerchi di cipolla fritte), certamente non proprio leggera! Lasciamo gli altri amici e giocare a biliardo e rientriamo presto in hotel.
Una curiosità: in questi paesi, quando parcheggi a pagamento, devi inserire in un tabellone il costo indicato, inserendo i soldi in una fessura corrispondente al numero del posto dove hai parcheggiato (sia moneta che carta): non lo avevo mai visto! Martedì 24.3.2009 Partenza per la capitale del Texas: Austin. E’ piovuto per tutta la mattina. La statale 35, che abbiamo percorso, non è a pagamento, è a 4 corsie ed è scorrevole. Facciamo solo due tappe: una per la benzina ed una ad un piccolo museo dei Texas Rangers: una istituzione americana. Il significato culturale tra i Texani è quello di tutori della legge contro gli sbandati. Il museo propone allestimenti e raccolta di pistole.
A proposito di carburante: la benzina ed il gasolio si pagano nei distributori a gallone (litri 3,79): la super a 2,15 $ ed il gasolio 2,39 $. La super, pertanto, costa 0,57 $ al litro, pari a € 0,43 (gli americani si lamentano degli aumenti di questi anni, e noi cosa dovremmo dire?!!). Quando si arriva alla pompa, dove ci si serve da soli, si va prima alla cassa per depositare la carta di credito o contanti, dando il numero di riferimento. Ci si serve e poi si paga.
Si arriva ad Austin alle 13 e un’ora dopo siamo già in centro, perché 3 giovani cadetti ci fanno da guida per la città. Per centinaia di anni, prima dell’arrivo dei coloni europei, la zona dell’attuale città di Austin fu abitata da un miscuglio di indiani Tonkawa, Comanche e Apache Lipan, che vivevano di caccia e pesca lungo i corsi d’acqua della zona.
Austin è situata sul fiume Colorado, con tre laghi artificiali all’interno della cerchia urbana. Percorriamo a piedi bei viali della zona universitaria. Per fortuna il tempo è migliorato: ora però è caldo e umido. Arriviamo così, tra palazzi nuovi e silos per parcheggi auto in mezzo al verde, al Campidoglio. Il Campidoglio fu completato nel 1888 e al tempo si riteneva essere il settimo edificio più grande del mondo. Interno bello in granito rosa e la sua cupola di ferro è più grande di quella del Parlamento Nazionale di Washington DC. I texani ne sono fieri! Sede del Parlamento texano, visitiamo in silenzio, dopo aver passato il metal detector, l’aula dei senatori in quel momento in sessione. I parlamentari in Texas hanno un compenso annuo di 7.000 $ (non come da noi!), sono molto impegnati, ma anche loro hanno il problema dei ‘pianisti’.
Ripartiti dalla capitale, ripercorriamo a ritroso la statale 35 e all’uscita 57, meraviglia delle meraviglie, c’è un outlet stupendo: le migliori marche del mondo a prezzi molto favorevoli (vestiario, scarpe, borsette, valigie, oggettistica, profumi e creme), con sconti medi del 50%. Avevamo solo, dico solo, due ore: tutti abbiamo comperato perché i prezzi erano veramente vantaggiosi: una giacca per mio marito, un paio di scarpe per me, oggettistica particolare per la cucina, ecc.
Erano le 20.30 quando siamo arrivati ad un altro ristorante caratteristico, il Salt Link: cucina a vista per carne ai ferri e tanti tavoli e panche in legno, birra scura e chiara leggera in caraffa, fagioli, cappucci e patate. Al termine prove di canto per la serata successiva, quando saremo ospiti a cena del Colonnello B. (già vice comandante di stanza ad Aviano sino a luglio scorso). Fa un po’ ridere ‘canto’, perché sono frasi spaccate che in gruppo si declamano alternandosi (come quella del campanaro..), ma fa ridere nel complesso. Il maestro della cerimonie è persona simpatica, grande intrattenitore e tutti apprezzano.
A letto alle 23, perché domani partiamo alle 7.
Mercoledì 25 marzo 2009 verso San Antonio: cielo grigio. Percorriamo la 35 e arriviamo a Randolph, sede dal 1930 del 12th Flying Training Wing (scuola addestramento al volo). La gente vive volentieri intorno a San Antonio e ritorna anche al momento della pensione. Nella base, con i famigliari, ci sono circa 60.000 persone.
Solo nel 2008 sono stati formati 1.000 piloti. Gli aerei utilizzati sono il T6A, il 71A e il T38C. L’addestramento normale di un pilota costa allo stato circa 1 milione di dollari, cui vanno aggiunti altri 2, se deve essere formato un pilota da caccia, ma è obbligato a restare in forza per almeno 10 anni. Dopo il breefing, ci accompagnano a visitare alcuni aerei statici a bordo pista e si visita anche un aereo per l’istruzione dei piloti in volo. Piove il resto della mattinata.
Dopo il pranzo a buffet dentro la Base, visitiamo un piccolo museo sulla guerra del Vietnam con raccolta di memorie. Visitiamo, inoltre, la chiesa del 1931 in stile messicano.
Finale travolgente (si capisce che sono donna?): ci lasciano entrare nel loro supermercato, sia quello dell’abbigliamento, che quello delle divise militari. In Italia ciò non è possibile.
Alle 17.15 siamo ospiti a casa del Colonnello B.. La casa è all’interno della base ed abbiamo passato due ore stupende con una ospitalità straordinaria, mangiando pietanze messicane. Seguono auguri e regali da parte degli esponenti politici presenti del Friuli e dell’Associazione Comandanti Onorari Usaf. Tra l’altro, dentro una scatola d’argento, è stata consegnata la bandiera del Friuli VG. E prima di andar via … Canto allegro preparato nella serata precedente, con finale… la marcia dell’Aida. E’ stato simpatico! Alle 20 rientriamo in hotel stanchi. Noi, quello del van n. 4, restiamo in albergo, altri vanno in centro a San Antonio.
Giovedì 26 marzo 2009 a pochi chilometri visitiamo la Base di Lackland il 37° stormo di addestramento: è “La porta all’air force”. E’ una base enorme, che ha assorbito, intorno al 2000, altre due basi ed un aeroporto.
E’ l’addestramento base: da civile a militare in 8,5 settimane. E’ una scuola per la lotta contro il terrorismo, per l’addestramento sicurezza convogli, scuola di sopravvivenza, scuola addestramento cani, insegna inoltre ad approfondire la lingua inglese, ospitando anche gli alleati. Hanno poi un settore medico per ben 190.000 pazienti ed il supporto è per tutto il mondo.
Le reclute sono 39.000 l’anno e lavorano dalle h 4.45 alle 21 per un totale di 1.440 ore. Alcune statistiche: le donne rappresentano ¼ dei presenti, il 22% ha fatto corsi universitari, 12% sono sposati, 1 su 3 è una minoranza etnica, il 15,9% sono di origine africana ed il 13,1 di origine ispanica. Predispongono 17.000 pasti al giorno.
Dopo il breefing ci accompagnano all’esterno per la prova di due cani addestrati: uno a ricercare l’esplosivo dentro una valigia e l’altro attaccando un fuggitivo. Attualmente sono addestrati 800 cani.
Segue un ulteriore incontro dove ci spiegano che nella Base del 37° formano, oltre all’aeronautica, anche la Guardia Nazionale, il Soccorso e la Riserva. Ci tengono a puntualizzare che con questi corsi intendono trasformare le persone, forti nel fisico, nell’etica e nei valori del guerriero. Nello stesso tempo questi militari devono essere disponibili agli spostamenti e devono conoscere la storia.
Per essere istruttori si devono fare 4 anni di corsi.
Ci fanno visitare anche le camerate, dove tutto ha un suo preciso ordine, secondo dettami scritti. Siamo andati quindi a pranzo e poi ai loro 2 negozi in deroga speciale. I costi sono più bassi che da noi: io ho comperato una valigia, lasciando la mia (scassata) in albergo. Ho comperato ancora creme e belletti di marca ad un prezzo straordinario.
Alle 16 siamo rientrati in hotel e subito dopo siamo usciti a piedi per andare in centro di San Antonio : fa caldo ed il tempo è bello. Vicinissimo all’hotel ‘El Mercado’, il più grande mercato messicano fuori dal Messico. Facciamo solo un giro perché vogliamo arrivare alla piazza principale: è Fort Alamo (io pensavo fosse un villaggetto), costituito dalla antica missione spagnola di San Antonio de Valero, che ai tempi della battaglia era un rudere utilizzato come fortino ed ora è un sacrario della memoria americana. Nella penombra della chiesa sconsacrata con i muri di pietra ruvida, sono incisi i nomi di coloro che presero parte alla resistenza di Fort Alamo dal 23 febbraio al 6 marzo 1836. E’ qui che si è consumato, infatti, il massacro di Fort Alamo e si sono combattute sanguinose battaglie tra Texani e Messicani per l’indipendenza. Poi camminiamo perché San Antonio è la città più bella del Texas (anche a detta dei texani): sembra più europea, mezza Venezia, mezza Amsterdam. Il centro città è costituito dal River Walk, una serie di canali artificiali lunghi 7 km, lungo il San Antonio River; costruito negli anni cinquanta per arginare le piene del fiume Guadalupe, che nel corso degli anni si è trasformato in attrazione turistica, con tanto di barche per turisti, ristoranti e negozi: si trova 6 metri sotto il livello stradale. Questi canali creano una zona pedonale dove si svolge gran parte della vita notturna della città, essendo piena di negozi e ristoranti. Abbiamo camminato veramente tanto e ci siamo goduti la passeggiata lungo il canale tra cascatelle, alberi secolari, ponticelli e fiori.
Abbiamo cenato in un ristorante tipico mangiando la steak con una grande birra scura e poi in hotel. Un altro gruppo, invece è andato a Bandera, tipico paese texano con i saloon, occasione di ritrovo di 3.000 Harley Davidson.
Venerdì 27 marzo 2009 verso Houston. Completamente grigio, pioggerellina ed io sono senza voce! L’autostrada che percorriamo è scorrevole, a 5 corsie, gratuita, con le uscite indicate dai numeri (bisogna stare attenti).
Lasciamo i bagagli all’hotel e andiamo subito alla NASA Johnson Space Center: è l’agenzia governativa civile responsabile per il programma spaziale degli Stati Uniti d’America e per la ricerca aerospaziale civile. La Nasa è un ente autonomo, non fa parte della Difesa, ed il suo budget rappresenta 1/1000 dei costi preventivati a livello nazionale. Occupa 640.000 ettari e vi lavorano 10.000 persone.
Veniamo ricevuti come ospiti d’onore e portati in due sale operative, oltre ad una dismessa: si ritorna indietro nel tempo e si vive ‘la storia’. Nel momento che entriamo nel Centro controllo ci viene mostrato un grande tabellone luminoso: proprio in quel momento lo shuttle (occupato da un americano, un russo ed un giapponese) sta orbitando sopra l’Italia a 200 km. Sopra la testa e a 25.000 km all’ora. Un’orbita viene fatta in 90 minuti. Un gruppo di tecnici, forse 40, sta verificando i dati. Ognuno segue l’orbita ed ha davanti 4 schermi e sono sempre collegati tra loro con gli auricolari. Alla stazione spaziale il giorno dopo arriverà anche lo Soyuz che viene indicato nel tabellone luminoso. Si può fotografare senza flash.
Su una parete c’è scritto “Good luck on mission STS-119” La STS-119 è una missione spaziale del Programma Space Shuttle che abbiamo vissuto, quasi in finale, in quel momento, la 28° verso la Stazione Spaziale Internazionale e il volo di assemblaggio. Il lancio dello Discovery era inizialmente previsto il 4 dicembre 2008, ma rinviato a causa di ritardi nelle missioni precedenti e successivamente per controlli a tre valvole. Lo Space Shuttle Discovery è regolarmente decollato il 15 marzo ed è atterrato il giorno dopo della nostra visita, il 28 marzo alle 19:14.
Le missioni attualmente hanno una durata dai 12 ai 16 giorni.
Dopo l’iniziale attenzione all’esplorazione della Luna, successivamente l’attività della NASA si è incentrata negli ultimi anni sull’esplorazione di Marte. A tal scopo sono state lanciate molte missioni verso il pianeta rosso. Parallelamente la NASA si è occupata anche di migliorare le misure di sicurezza dello Shuttle dopo il disastro dello Space Shuttle Columbia per poter completare al più presto la costruzione della Stazione Spaziale Internazionale. Attualmente mancano ancora solo tre pezzi per terminare la stazione. 15 paesi lavorano insieme per la realizzazione. Lo shuttle verrà sostituito dal veicolo spaziale Orion con equipaggio, che intorno al 2015 sostituirà completamente il Programma Space Shuttle. Il modulo Orion permetterà di raggiungere la Stazione Spaziale, la superficie lunare e, in futuro, anche la superficie di Marte. I primi programmi della NASA erano incentrati sulla possibilità di missioni umane nello spazio, sotto la spinta della competizione tra USA e URSS dovuta alla guerra fredda. Il programma Mercury fu il primo programma della NASA volto a stabilire se l’uomo poteva viaggiare nello spazio. Il 5 maggio 1961 l’astronauta Alan Shepard fu il primo americano nello spazio, pilotando il Mercury 3 in un volo di 15 minuti. John Glenn fu invece il primo americano a compiere un’orbita attorno alla Terra nel 1962, durante la missione Mercury 6.
Una volta dimostrata la possibilità di voli spaziali umani con il programma Mercury, fu lanciato il Programma Apollo allo scopo di arrivare in orbita lunare. Nel 1961, il presidente John F. Kennedy cambiò il programma affermando che gli Stati Uniti avrebbero dovuto far “atterrare un uomo sulla luna e riportarlo sano e salvo sulla terra” entro il 1970. Il programma Gemini partì subito dopo per sperimentare le tecniche necessarie a quest’ambiziosa missione.
Dopo otto anni di missioni preliminari e la perdita dell’equipaggio dell’Apollo 1, il programma Apollo raggiunse la sua meta il 20 luglio 1969, con allunaggio dell’Apollo 11 sulla Luna. Neil Armstrong, primo uomo a toccare il suolo lunare pronunciò la celebre frase “un piccolo passo per un uomo, un salto enorme per l’umanità”. Altri dieci astronauti misero piede sul suolo lunare nelle successive missioni Apollo che terminarono nel dicembre 1972.
Ci hanno portati, successivamente, in un fabbricato dove l’addestramento viene fatto per le esercitazioni in assenza di peso in una piscina contenente 24 milioni di litri d’acqua, lunghezza 70 metri, profondità 12 e acqua a 27°. Per ogni ora di uscita nello spazio devono essere fatte 22 ore di addestramento in acqua. Vengono studiati e seguiti tutti i processi biologici senza gravità per tutte le prospettive future. Una curiosità: lo sforzo gravitazionale è assente nello spazio e il calcio e il fosforo delle ossa viene eccessivamente rimosso attraverso i rifiuti organici umani. Pertanto si rendono necessarie contromisure. Una di questa, oltre al reintegro, è di prevenire la perdita ossea con l’esercizio fisico che viene effettuato periodicamente a bordo con un tapis roulant. In assenza di peso, inoltre, gli astronauti possono soffrire di “mal di spazio”, caratterizzato da mal di testa, nausea e vomito. Quasi il 70% degli astronauti soffre di questi sintomi. Poiché la cosa mi incuriosisce, ho trovato in internet questo interessante articolo: Le necessità degli astronauti nello spazio Scritto da Alessandro Golkar (www.Astronauti.Com) lunedì 17 luglio 2006 Tutte le missioni spaziali con uomini a bordo richiedono i requisiti minimi per la sopravvivenza degli astronauti, i quali si trovano a vivere in un ambiente ostile come lo spazio. Per questo motivo al fine di dare agli astronauti la possibilità di lavorare in un ambiente simile a quello della terra, devono essere soddisfatte le loro esigenze primarie.
Queste includono: • Respirazione – lo spazio è un vuoto, dove non c’è aria. Per la sopravvivenza degli esseri umani invece è necessaria la presenza di aria, inoltre è necessario un continuo apporto di ossigeno per la respirazione. Una navicella spaziale (spacecraft) che trasporta persone utilizza un gas, ovvero una miscela di azoto e ossigeno. Questo gas viene fatto circolare in cabina grazie all’ausilio di ventole. Una sostanza chimica denominata litio-idrossido assorbe l’anidride carbonica, che è prodotta dalla respirazione. • Pressione – il corpo umano deve trovarsi alla giusta pressione. L’assenza di pressione causa delle alterazioni del sistema cardiovascolare, del sistema scheletrico e del sistema nervoso. Per risolvere questo problema le capsule sono propriamente pressurizzate, e gli astronauti devono trovarsi necessariamente in queste aree. • Controllo della temperatura – la temperatura dello spazio esterno varia drasticamente. Per questo motivo il veicolo spaziale è dotato di un sistema di controllo temperatura per mantenere la temperatura adatta alla sopravvivenza. Le funzioni che vengono svolte da questo sistema sono le seguenti: Distribuire equamente il calore e Disperdere gli eccessi di calore. La temperatura nello spacecraft è controllabile con sistemi attivi e passivi. I primi prevedono un sistema di refrigerazione liquida dell’ambiente, il secondo sfrutta l’isolamento termico di alcuni materiali e il riscaldamento elettrico. • Alimentazione – gli alimenti dati agli astronauti devono essere nutrienti, semplici da preparare e non devono essere deperibili. Gli spacecraft moderni sono equipaggiati con le attrezzature necessarie per riscaldare e congelare i cibi. Questi sono disponibili in varie forme (disidratati, naturali, liofilizzati o freschi). L’orbiter ha un modulo cucine nello stile di un galley di un aereo, equipaggiato con Compartimenti per l’immagazzinamento degli alimenti, Strumenti per il riscaldamento del cibo, Un’area di preparazione con rubinetti di acqua calda e fredda, Vassoi in metallo per non far fluttuare i pacchetti di cibo e le posate in giro per la cabina.
L’acqua è un requisito essenziale. Questa è composta da ossigeno liquido e idrogeno. Nello space shuttle ci sono delle cellule apposite, in grado di erogare 11 litri di acqua all’ora. L’acqua di queste celle passa per un separatore di idrogeno per eliminare l’idrogeno intrappolato all’interno: l’eccesso viene scaricato fuori dalla navetta. L’acqua è quindi immagazzinata in quattro taniche. In una missione a lungo raggio, l’acqua deve essere riciclata e riutilizzata. Vengono usati deumidificatori per estrarre l’umidità dall’aria. L’acqua riciclata è principalmente utilizzata per motivi igienici. • Smaltimenti dei rifiuti organici – a causa della microgravità, la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti è un grande problema. Una attrezzatura simile a una normale toilet deve essere dotata di contenitori per la raccolta dei rifiuti liquidi, e sacchetti di plastica per i rifiuti solidi. Quando si lavora nello spazio, degli equipaggiamenti speciali vengono indossati, al fine di consentire una agevole raccolta dei rifiuti. • L’igiene personale – la maniera più semplice per consentire agli astronauti di lavarsi è con una spugna e degli asciugamani umidi. C’è anche una sorta di doccia che può spruzzare l’acqua sotto forma di spray. La doccia viene poi asciugata da degli appositi aspiratoi. • Dormire – vengono usati dei sacchi a pelo con dei cuscini, che vengono legati a delle superfici morbide. Gli astronauti possono indossare delle mascherine per ovviare al problema della luce del sole. Alcuni astronauti invece preferiscono galleggiare in aria con alcuni legacci per evitare di rimbalzare qua e là per la cabina. • Divertimenti – per distrarre gli astronauti nella stazione spaziale ci sono dei libri, giochi per computer e film. L’esercizio fisico inoltre aiuta questi ragazzi a rilassarsi. • Organizzazione – per ordinare e organizzare tutti gli oggetti, vengono disposte delle cassettiere ai muri. Nel computer di bordo è disponibile una lista per tenere traccia di tutti gli oggetti a bordo.
La visita della Nasa termina alle 16. Rientrati all’Hotel, ci siamo preparati in ‘pompa magna’ perché eravamo ospiti per un cocktail a casa del Console generale d’Italia a Houston Cristiano Maggipinto, persona che si è dimostrata all’altezza del proprio ruolo, portando alto il nome dell’Italia nel mondo (prima a Tel Aviv, poi a Bonn e Berlino e infine dal 2006 a Houston). Ospiti anche il Presidente della locale Camera di Commercio ed un medico/ricercatore di Udine trapiantato a Houston da 25 anni che sta portando avanti la ricerca sul cancro con lusinghieri risultati. Bella casa, elegante ed essenziale, con pareti di libri, in quartiere residenziale, tra alberi secolari.
Alle 20.30, dopo i ringraziamenti per l’ospitalità e la consegna di una targa ricordo, siamo andati al Ristorante italiano La trattoria, amico di uno del nostro gruppo e alle 23 rientro in hotel per l’ultima notte negli USA.
Sabato 28 marzo 2009 sveglia alle 7 e partenza per il centro di Houston. La giornata è fredda, ventosa, ma limpida. Parcheggiamo in centro e poiché i van hanno già le valigie in bagagliaio, si decide che 1 o 2 persone restino a fare la guardia. Si concordano pertanto i turni. Le persone si dividono: abbiamo a disposizione 4 ore. Si parte dal centro per l’aeroporto alle 14. Ognuno pertanto fa la sua scelta, ma c’è poco da scegliere: è sabato ed il centro è deserto e offre pochi negozi ed acquisti. Ne approfitto per fare un po’ di foto a questi grattacieli avveniristici, compero qualche cappellino come ultimo gift per gli amici e poi passo il resto del tempo da Macy’s: un grande magazzino di livello medio-alto dove si trova abbigliamento, arredi, gioielli anche con svendite rilevanti. Ho comperato una borsetta, giusto per finire in gloria.
Arrivati in tempo utile in aeroporto, restituiti i van, ceck in e partenza con mezz’ora di ritardo alle 18 (ma poi abbiamo recuperato). Anche questa volta ho dormito forse un’ora e anche questa volta ero schiacciata tra due americani. Cambio aereo e breve attesa a Francoforte ed arrivo puntuali a Venezia. Ci aspettava il blu bird che ci ha riportato dentro la Base di Aviano. Piove, piove tanto, le campagne sono tutte allagate e noi torniamo a casa.
Alla prossima, grazie…
Un plauso a tutti coloro che hanno lavorato per questo viaggio: tutto è stato perfetto, a parte il volo con Lufthansa !