Cuba libre 3

Non si preoccupi il lettore, cuba libre non è soltanto un inno alla libertà, questa è stata raggiunta ormai da tempo dopo due rivoluzioni, una contro gli Spagnoli, l’altra contro gli Americani. Cuba libre è anche e soprattutto il nome di una bevanda cubana a base di rum, ron come lo chiamano loro, i Cubani. Ciò che segue vuole essere un...
Scritto da: Adriano Tovo
cuba libre 3
Partenza il: 12/05/2002
Ritorno il: 19/05/2002
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
Non si preoccupi il lettore, cuba libre non è soltanto un inno alla libertà, questa è stata raggiunta ormai da tempo dopo due rivoluzioni, una contro gli Spagnoli, l’altra contro gli Americani. Cuba libre è anche e soprattutto il nome di una bevanda cubana a base di rum, ron come lo chiamano loro, i Cubani.

Ciò che segue vuole essere un semplice diario di una breve vacanza a Cuba con qualche riflessione mia su ciò che ho visto e sentito in quel mondo così diverso e così uguale al nostro, con tutte le sue realtà e le sue contraddizioni.

Dopo un volo di molte ore il boing 767 è atterrato all’aeroporto di Punta Cana sul territorio della Repubblica Dominicana sull’isola di Haiti, molto vicino alla capitale Santo Domingo, dove abbiamo fatto uno scalo tecnico ma soprattutto dove abbiamo fumato tre o quattro sigarette una dietro l’altra a causa dell’astinenza dovuta al divieto di fumare in aereo. Sotto ad una grande capanna di paglia ci sono gli uffici dell’aeroporto e il bar. Nel vedere un aeroporto di paglia ho pensato che forse quella doveva essere una zona sismica, poi invece a Cuba ho saputo che al contrario tutta quella zona è geologicamente molto assestata, infatti non si conoscono terremoti a memoria d’uomo ne a Cuba e neppure sull’isola di Haiti. Altre due ore di volo e finalmente a Cuba, all’aeroporto di Varadero.

Varadero è un posto turistico creato dal governo e affidato in gestione a compagnie straniere prevalentemente spagnole, una specie di costa smeralda cubana, un luogo per “ricchi” che vanno lì da tutto il mondo (tranne che dagli Stati Uniti ) a spendere moneta pregiata. Per l’esattezza dollari USA e soltanto quelli. Per una settimana anch’io ho fatto il “ricco”. Una vacanza “all inclusive” in cui oltre al sole, la spiaggia ed un albergo con tutte le comodità puoi bere e mangiare tutto quello che vuoi a tutte le ore, anche vino, buon vino spagnolo o cubano. ( da qualche tempo comprano l’uva in Spagna e fanno il vino anche a Cuba ).

Giunto in albergo alle ventitré ora locale, sono in effetti le cinque del mattino ora italiana, lo sfasamento dovuto al fuso orario fa si che non riesci a dormire, di conseguenza io ed il mio amico Aldo, un arzillo settantaduenne di Bergamo conosciuto in aereo, mangiamo uova fritte e cipolle in uno dei ristoranti dell’albergo, poi un caffè in uno dei bar chiamato tea corner (l’angolo del the) e così giunge l’alba. Ci rechiamo sulla spiaggia percorrendo un lungo viale fiancheggiato da tante palme stracariche di noci di cocco ed attraversato da una moltitudine di iguane che velocissime scappano in tutte le direzioni. La spiaggia è ancora fresca perché il sole è ancora basso, e dall’oceano Atlantico giunge un leggero vento che ci accarezza il volto. E’ assai gradevole, è l’aliseo che nel 1492 ha spinto sin qui Cristoforo Colombo.

SU I CUBANI I Cubani si dividono in Bianchi, Creoli e Neri.

I Bianchi sembrano molti ma in effetti sono pochi perché in quasi tutti scorre sangue di Nero Africano o di Pellerossa Tainos. Anche i Neri, quelli molto scuri sono prevalentemente Creoli.

Un vero miscuglio di tre colori.

Sono quasi tutti statali e lavorano nei campi dove si coltiva la canna da zucchero o le piante di banane o di noccioline o di tabacco, o ancora nelle coltivazioni di agave dalla quale si estrae la canapa per la costruzione di cordami, ma può essere distillata per estrarne non so bene quale bevanda (penso che sia la tequila). Ma il grosso dell’economia cubana si basa sul turismo. Infatti il turismo costituisce la più grande industria presente su Cuba, tutto è finalizzato a spillare dollari ai turisti, persino la loro miseria, te la presentano come una curiosità turistica e senza nessuna vergogna. “Il nostro, è sicuramente il più ricco tra i paesi del terzo mondo, può vantare di avere il lavoro, l’assistenza sanitaria e la scuola, garantita per tutti!” Esclama con orgoglio la nostra guida. Ed è la verità. Gli altri se non sono militari, sono poliziotti, questi ultimi sono moltissimi.

Il reddito dei Cubani è piuttosto basso, si aggira intorno alle quarantamila lire al mese, molti di loro per arrotondare fanno un secondo lavoro e sono sempre allegri, sorridono sempre e salutano chiunque incontrano, anche gli sconosciuti.

La loro cultura media è piuttosto alta, per chi ha voglia di studiare lo stato paga l’istruzione fino alla laurea. E’ facile incontrare un medico che vende noccioline o fa il giardiniere perché queste attività sono un po’più redditizie che non fare il medico. Qualcosa che assomiglia a mio figlio che con la laurea in filosofia, fa la guida turistica per quattro mesi l’anno. A Cuba invece le noccioline si vendono tutto l’anno. Forse anche il nostro sta diventando un paese del terzo mondo? Molti si dedicano all’artigianato locale ed alla vendita diretta dei propri prodotti. Altri ancora lavorano presso i pozzi di petrolio che sono gestiti da compagnie straniere e molti altri fanno i tassisti, alcuni con macchine moderne europee, altri con carrozze col cavallo. Le auto private sono pochissime e molto vecchie anche di quaranta anni ed anche più. Tra la gente di Cuba è molto diffuso l’autostop, anche questa pratica è regolamentata da un poliziotto coi pantaloni gialli che controlla e si accerta che un passeggero sia trasportato regolarmente e paghi il trasporto, sia esso un Cubano oppure uno straniero.

Dal punto di vista politico alcuni sono comunisti castristi, altri sono comunisti contrari a Fidel ed altri ancora sono anticomunisti ma questi ultimi difficilmente te lo dicono, lo capisci dal loro sguardo deluso e sorpreso se per caso ti dichiari comunista. Inoltre non si lasciano coinvolgere in discussioni di politica, cambiano discorso e ti guardano con sospetto: un “ricco” Occidentale che spende dollari non può essere comunista, a meno che non sia pazzo! Resta il fatto che uno come me, convinto che il comunismo, purtroppo, non è realizzabile con l’uomo, a Cuba invece esiste ed esiste veramente. Tutto là è diviso in parti uguali tra tutti: il bene ed il male, la poca ricchezza e la tanta miseria, l’allegria ed il dolore, la rassegnazione e la rivoluzione, insomma proprio tutto. Tra i Cubani è abbastanza diffuso il contrabbando dei sigari che viene praticato col rischio di finire in galera. Anche da loro, come da noi si pratica l’accattonaggio, ma con uno stile diverso e con molta dignità, ti può capitare di essere avvicinato da qualcuno che ti chiede se hai da regalare una saponetta o un pantalone che non usi più, anche un dentifricio è assai gradito, per il mio orologio da quindici dollari mi è stato proposto di fare cambio con il loro di pari valore soltanto perché si pensa che il mio valga molto di più,essendo l’orologio di un “ricco” turista occidentale.

Al mercato scoperto di Havana una signora di colore dall’aspetto molto pulito e con le unghie ben curate e smaltate come tutte le donne di Cuba, mi ha chiesto se potevo regalarle un dollaro, io le feci vedere una moneta da venti e le dissi che avrei dovuto cambiare, mi accompagnò presso un negozietto a pochi metri e là mi chiese se potevo al posto di un dollaro, acquistare una boccetta di sapone liquido per lavare il suo piccolo, accettai, pagai due dollari e mezzo e glielo regalai, mi ringraziò con quel paio d’occhi bellissimi e profondi pieni di gioia e di tristezza insieme, mi diede un bacio su una guancia e scomparve nel nulla, così come dal nulla era apparsa, come il coniglietto di un prestigiatore. Credo che quegli occhi così diversi da tutte le persone che ho conosciuto nella mia vita, li avrò sempre presenti.

Una signora che abita a Cardenas, un paese in provincia di Mattanza, poco distante da Varadero e che fà due lavori, si è dichiarata dalla parte di Fidel Castro e mi ha detto che se certi suoi concittadini avessero più voglia di lavorare, avrebbero certamente meno miseria, ho di che nutrirmi, ho un tetto sulla testa, ho l’assistenza sanitaria e posso andare a divertirmi tutti i fine settimana, non m’importa di non avere l’auto, mi sono laureata a spese dello Stato e sono felice così. Questo modo di pensare è talmente diffuso che credo di poter dire che la maggior parte dei Cubani la pensa in questo modo.

Un signore che fa la guida turistica e che è vissuto in Italia mi ha detto che non lascerebbe mai la sua Patria, sta bene a Cuba, mi farà sapere esattamente il nome del farmaco che servirà a curare suo figlio da una allergia, ma non me lo ha chiesto lui, l’idea è partita da me quando gli ho domandato se aveva bisogno di qualcosa che lì non si trova. Un signore molto giocherellone che fa il barista sull’isoletta dei Tainos, mi ha fatto alcuni piccoli scherzi e avendo notato che a me sono piaciuti ed io stesso li ho fatti a lui, mi ha offerto una bevuta di cubalibre e mi anche detto che se avessi voluto avrei potuto bere qualsiasi cosa, gli ero simpatico ed ho avuto la sensazione di conoscerlo da sempre. Un altro che mi ha venduto dei sigari di contrabbando ad un prezzo molto basso, mi ha trascinato nella foresta per consegnarmeli non visto. Avrei giurato che in quell’involto di plastica non ci fossero neppure i sigari, un po’ come avviene da noi specialmente in alcune città del sud, invece no, sorpresa: i sigari c’erano tutti! Un giovane dalla pelle color cioccolato al latte con occhi verdi mi ha regalato prima della partenza un peso cubano dicendomi che non valeva praticamente nulla ma che a me sarebbe servito per ricordarmi di lui. Per lui era importante perché era fidanzato con una ragazza di Brescia di cui era molto innamorato ed io rappresentavo l’Italia e con essa il suo grande amore.

La signora che vende schede telefoniche fuori dall’hotel subito dopo la strada, quando ha capito che ero un Italiano si è complimentata dicendo che gli Italiani sono persone che lei stima in modo particolare, ha voluto sapere se ero sposato ed è rimasta molto contenta nel sentire che la mia prima moglie era sempre la stessa dopo oltre trenta anni di matrimonio. Lo stesso tipo di complimento mi è stato fatto da un’altra signora che lavora al bar dell’hotel, e quando sono partito mi ha detto: ritorna quando puoi e porta anche tua moglie, io credo che sia seria come lo sei tu, mi piacerebbe conoscerla.

A Cuba le religioni sono tutte presenti ma la maggior parte di loro si dichiara di religione Cattolica, anche se poi i veri praticanti sono molto pochi, a Cuba volendo ci si sposa e si divorzia, tutto in una settimana, alla faccia delle regole volute dal Cattolicesimo. Almeno da quel lato, diciamo che la burocrazia non esige tempi lunghi e la libertà individuale di operare alcune scelte è garantita.

SULLA PROSTITUZIONE Dopo la caduta del muro di Berlino, quando l’Unione Sovietica ha cessato di esistere, i Cubani hanno attraversato il “periodo special” un momento terribile di grande miseria legato alle mancate sovvenzioni da parte della grande potenza comunista che li aveva sostenuti sino a quel momento. Fu a quel punto che per la disperazione molte giovani donne si votarono alla prostituzione. Questo nuovo mestiere, che nel resto del mondo è tutt’altro che nuovo, ha diffuso la credenza che tutte le donne Cubane siano donnacce e sembra che molti Occidentali si rechino a Cuba solo per questo. Oggi si può dire che non vi è nulla di più falso, infatti il governo é prontamente intervenuto per arginare il fenomeno, difatti la prostituzione è a Cuba un reato e la polizia arresta quelle donne che tentano di adescare gli uomini, siano essi Cubani o stranieri. Alcune non demordono, soprattutto le minorenni perché sanno che per loro non è previsto l’arresto ma soltanto una serrata campagna di rieducazione attraverso tutti mezzi di comunicazione di massa a loro disposizione: radio, televisione, volantini e assistenti sociali. A queste giovani viene offerto un lavoro dignitoso ma certamente meno redditizio. Insomma l’idea di ghettizzare le prostitute in quartieri appositi come è stata proposta non so bene da quale parlamentare Italiano, a Cuba neppure gli passa per la testa, eppure potrebbe essere un’ottima soluzione economica per un paese che ricco certo non é. La dignità di un popolo si vede anche da queste piccole cose! SULLA CAPITALE Il giorno dopo l’arrivo a Varadero ho aderito ad una escursione guidata presso l’Havana distante centoquaranta chilometri in direzione ovest. Questa è una città estremamente interessante sotto tutti i punti di vista. Se si vuole toccare con mano la storia di Cuba e delle sue due rivoluzioni, una capatina all’Havana diviene una tappa obbligata. L’Havana conta due milioni e mezzo di abitanti e meno di centomila automobili. Le strade, le piazze, i mille musei, la fortezza, i monumenti, il tunnel sotto il mare, le case, i palazzi in stile coloniale, il bar dove andava Hemingway e in cui sul sedile dove sedeva lui, in un angolino, non siede nessuno per rispetto, il cimitero monumentale, le mille fotografie dei personaggi dell’ultima rivoluzione, la statua di Cristoforo Colombo, la lapide dedicata a Garibaldi e i monumenti, ogni cosa che vedi racconta con semplicità e chiarezza la storia di quel popolo incredibile. Ogni immagine mi torna alla mente come una ignigrafia. Un albero che rassomiglia vagamente al baobab, pianta sacra per certe tribù Africane giunte a Cuba in schiavitù trascinate dagli Spagnoli, in mancanza d’altro è stata eletta sacra…Meglio quella che niente! Un’altra pianta dalle radici aeree cammina piano, piano e nell’arco della sua esistenza percorre una decina di metri. L’albero del fuoco coi suoi fantasmagorici fiori di colore rosso sembra voler dichiarare di essere comunista. I cannoni ad avancarica che hanno combattuto con onore sono rivolti verso l’alto, quelli che non hanno mai sparato un colpo sono piantati in terra con la bocca in giù. La gran parte dei bellissimi palazzi in stile coloniale sono cadenti e mal tenuti, qua e là qualche ponteggio tradisce l’intenzione di ristrutturare una facciata ma non si vede nessuno a lavoraci. Il cartello indica che i lavori sona appaltati da ditte italiane. Ho detto alla guida che forse costerebbe meno fare le ristrutturazioni senza l’intermediazione di una ditta straniera, dopotutto basta un po’ di calce. La risposta è stata: ma qui da noi se c’è la calce manca il pennello, inoltre non abbiamo i tecnici per progettare e seguirne i lavori. SUI MONUMENTI I Cubani hanno un hobby: erigere monumenti, monumenti ad ogni cosa, a tutto.

Ho visto in ogni dove il monumento al naso, alla bicicletta, al granchio, alla carrozza con cavallo, al cactus, alla noce di cocco, all’auto che non hanno, all’avvoltoio, al coccodrillo e a qualunque cosa ti capiti di pensare. In una piazza di Havana ci sono tanti monumenti ai leoni realizzati col bronzo dei cannoni spagnoli dopo la prima rivoluzione. In un’altra piazza dell’Havana il monumento ad un pazzo soprannominato el Cavalier de Paris. A Varadero ho visto un monumento alla vela ed uno a Don Chisciotte. A Cuba le palme crescono dappertutto e c’è anche il monumento alla palma. Soprattutto la palma reale quella con un ramo dritto sulla cima che funge da attira fulmini, infatti non sono pochi quelli che muoiono folgorati perché vanno a ripararsi dalla pioggia sotto una di quelle palme. Questa varietà di palma è il simbolo di Cuba. Poi c’è la palma incinta, quella da dattero, quella da cocco e quelle altre semplicemente ornamentali. Con le foglie di palma si fa di tutto. In una tabaccheria all’interno della fortezza dell’Havana mi hanno mostrato con orgoglio il sigaro più lungo del mondo: undici metri, affiancato da un altro di dieci metri. Qualche tempo fa ne avevano uno ancora più lungo ma è stato venduto ad un collezionista straniero per una cifra esorbitatnte. Anche questi sigari hanno l’aria di essere dei monumenti.Ma i monumenti più significativi sono quelli dedicati agli Eroi Nazionali sopratutto all’Avana. Si tratta di Eroi a cavallo e, asseconda della posizione dei piedi del cavallo si riconoscono quegli eroi che sono morti uccisi, di vecchiaia, di malattia od in combattimento. Sono tutti molto belli ed imponenti.

SULLE ESCURSIONI TURISTICHE Se hai dei dollari da spendere non hai che l’imbarazzo della scelta, puoi andare a visitare l’Havana, la baia dei porci, il giro con una barca dal fondo trasparente per vedere la barriera corallina oppure prendere in affitto maschera e pinne e fare il bagno per ammirare il silenzioso straordinario fondale sottomarino, puoi fare un volo in aereo sugli atolli distanti quale ad esempio il famoso Cayo Largo, una gita in catamarano sempre sugli atolli, il bagno con i delfini che giocano con te, vedere la migrazione dei granchi che attraversano la strada asfaltata per ritornare nelle paludi della jungla e che te li trovi dentro le pinne o dentro le scarpe, visitare il più grande allevamento del mondo di coccodrilli e farti fotografare con un piccolo coccodrillo sulle spalle con la bocca legata a spago, puoi mangiare aragosta in case private o bistecca di coccodrillo al ristorante, puoi fare compere nei diecimila mercatini sparsi per tutta l’isola, un giro con un vecchio elicottero militare russo per vedere e fotografare una baia costiera dai colori incommensurabili, la gita con l’autorespiratore per vedere da vicino un’altra barriera corallina ( per quest’ultima attività occorre la patente internazionale di snoker ), una escursione dall’altra parte dell’isola per visitare Santiago. Tra le cose che ho visto una mi è rimasta impressa in modo particolare: Percorrendo un fiume in motoscafo si giunge nella laguna del tesoro, la chiamano così perché pare che al tempo della dominazione spagnola ci fosse un tesoro sommerso. Al centro della laguna ci sono alcuni isolotti rivestiti di palme e su uno di questa vi è la ricostruzione di un villaggio Tainos completo di capanne e statue riproducenti i Tainos nelle loro caratteristiche attività, sia quelle religiose, sia quelle di vita quotidiana. Le statue realizzate da una scultrice Cubana sono grandi come noi per mostrare meglio ogni particolare, in realtà gli indigeni veri erano grandi la metà, infatti erano molto bassi di statura, circa un metro, i più alti potevano arrivare ad un metro e venti. In grandezza naturale è invece la statua di un roditore che somiglia molto ad un cane, Cristoforo Colombo aveva detto: non può essere, i cani muti non esistono! Questo popolo si è estinto perché non ha sopportato le privazioni imposte dalla schiavitù voluta dagli Spagnoli. Erano giunti in quel paradiso terrestre attraverso molte generazioni, provenienti dalla “vicina” costa sudamericana. Una di quelle statue mostra due maschi Tainos con i gomiti puntati uno contro l’altro, chi cedeva per primo perdeva e veniva sacrificato al loro Dio insieme a tutta la famiglia. Al rientro lungo il fiume ho potuto vedere la giungla semidistrutta da un tornado scoppiato sei mesi prima, il vento che soffiava alla velocità di duecentoquaranta chilometri l’ora aveva spazzato ogni cosa ed ogni casa, il livello dell’acqua era salito fino al punto che molti coccodrilli del vicino allevamento erano usciti e avevano imboccato la via dell’esistenza brada, furono cercati e tutti rimpatriati (si spera) .

Uno spettacolo difficile da dimenticare è stato quello dell’emigrazione dei granchi dal mare verso le paludi d’acqua dolce situate nella jungla, una miriade di granchietti non più grandi di due o tre millimetri insieme a quelli più grandi sino ad un massimo di quindici centimetri che quando attraversano la strada asfaltata, sentendo il rumore di una macchina in arrivo alzano la chela sinistra, quella più corta e quindi più resistente e forano in questo modo le gomme delle auto, per questo motivo i conducenti di auto, camions e pullman in quel tratto di strada corrono come pazzi per non dar tempo ai granchi di accorgersi del pericolo. In quella occasione mi capitò di pensare ai nostri conducenti che vanno molto più forte senza il pericolo delle chele dei granchi, questa piccola riflessione mi strappò un involontaria smorfia di sorriso dalle labbra. I granchi comunque vengono schiacciati ed il loro tentativo di difesa è sempre inutile, inoltre nessuno li mangia. Al ristorante il pranzo è incluso tranne l’aragosta (abbastanza insipida) o la bistecca di coccodrillo che ha un sapore completamente nuovo per il palato dell’ Italiano medio. Si tratta di un sapore che è una via di mezzo tra la carne ed il pesce. La baia dei porci viene chiamata così perché fu teatro di un attacco militare nel 1961 da parte Americana e per i Cubani i porci sarebbero per l’appunto gli Americani. Da molto tempo prima però si chiamava già con quel nome, questo perché nel mare della baia sono presenti da sempre molti esemplari di pesce porco, un pesce che vive pure nel mediterraneo. Si dice che gli Americani avessero in mente di catturare Fidel Castro con il solo scopo di tagliargli la barba per far si che perdesse il suo carisma sui Cubani. Sarà vero? Durante le escursioni era sempre presente un coppia giovanissima, due ragazzi in viaggio di laurea, comunisti accaniti e adoratori di Che Ghevara, avevano acquistato subito berretto e maglietta con l’effige dell’eroe e se li erano incollati addosso come tatuaggi, erano molto carini e simpatici e anche molto teneri, evidentemente il mio istinto paterno ne era stato colpito. Alberto per non smentirsi aveva chiesto a lei se il ragazzo la soddisfaceva sessualmente, lei senza scomporsi aveva risposto di si.

SULL’ECONOMIA Il giorno che visitai Havana la visitò anche Carter l’ex presidente degli Stati Uniti, era in visita ufficiale, il palazzo che lo ospitava era circondato di poliziotti e la via era interdetta al traffico (chiamiamolo traffico ). Questa visita ha rotto gli argini di un fiume di parole da parte dei Cubani. Non si parlava d’altro, la gente spera che sia iniziata una nuova era, l’era della fine dell’embargo. Da molto tempo ormai molti dollari USA i cosiddetti USD, stanno lentamente ma inesorabilmente scivolando dentro Cuba senza più rientrare e questo fatto non è certamente positivo per gli Americani che hanno una economia basata sul principio che il denaro deve circolare perché circolando la ossigena, quindi devono rientrare ed il solo modo per farli rientrare è quello di riaprire i commerci per goderne tutti. I Cubani ci sperano molto soprattutto quelli che non sono d’accordo con la politica di Castro. Per gli altri invece questo fatto rappresenta un pericolo, il pericolo che potrebbe derivare dall’eventuale avvento del capitalismo. Ci sarebbero certamente più soldi per tutti ma non proprio per tutti, il livello medio di vita salirebbe sicuramente ma il fenomeno delle differenze sociali ne subirebbe una scossa, ci sarebbero i ricchi, la borghesia ed i poverissimi, cosa che al momento non esiste perché tutti hanno poco ma ce l’hanno. Il concetto di comunismo in molti Cubani è così radicato che per molti non è facile distaccarsene. Ad alcuni di loro coi quali ho parlato ho detto di non preoccuparsi più di tanto perché un popolo che ha già fatto due rivoluzioni non è un popolo di fessi, mi sono sentito rispondere: speriamo bene. Al mio rientro in Italia ho saputo che il governo Americano ha posto la condizione che a Cuba devono essere fatte le elezioni democratiche, sicché, almeno per ora, di togliere l’embargo non se parla nemmeno.

SULLA VITA IN ALBERGO Come ho già detto all’inizio, sull’aereo ho conosciuto un settantaduenne di Bergamo, siamo diventati subito amici e per tutto il tempo sono stato in sua compagnia. Aldo, questo è il suo nome è diventato il mio compagno costante per tutto il tempo, abbiamo condiviso ogni avventura, ogni emozione, ogni bagno di mare, insomma tutto. Si tratta di una figura non comune, un uomo che ha viaggiato molto e ha visto tutto il mondo, un uomo che attaccava tutti, gli uomini ma soprattutto le donne ed il suo pensiero fisso era “rimorchiare”. Lui sosteneva che le donne che vanno in vacanza hanno gli stessi suoi desideri e così spesso si buttava in avventure senza frutto. “Non fa nulla, diceva, su mille ci può essere quella che ci sta” e così a tutte le donne che vedeva baciava la mano ma anche tutto il braccio sino al collo. La reazione normalmente era un sorriso di circostanza, la buona educazione prevaleva sempre e non è mai successo il minimo inconveniente. Quest’uomo era un osservatore eccezionale, notava ogni particolare su tutto, una mente moderna , aperta. Un gran simpaticone con una perenne voglia di scherzare, un carattere incredibile, un personaggio complessivamente positivo. Quando era euforico si metteva a recitare il passo dantesco relativo al Conte Ugolino e lo sapeva tutto a memoria. Appena ho capito con che tipo di personaggio avevo a che fare gli ho detto che lo avrei eletto “lo duca mio” la cosa gli piacque molto. Fu lui a definire i bagnanti della piscina “gli ippopotami” poiché dovete sapere che anche in piscina si possono bere bevande a volontà senza pagare un centesimo, di conseguenza si stava immersi con solo la testa fuori dall’acqua al sole o all’ombra di una palma con un bicchiere sempre in mano. Beviamo un cuba libre all’aqua bar? O preferisci una pigna colada? Offro io non ti preoccupare, tanto non si paga nulla e rideva a crepapelle e si beveva e si pisciava in continuazione e non era un problema perché l’acqua era acqua corrente, e poi entrava rum e usciva rum, non penso che l’organismo avesse il tempo di metabolizzare ed espellere ammoniaca, era rum, solo rum. Aldo era un esperto di miscugli per bocca, lui conosceva tutti i nomi delle bevande: Il dai kiri, il bladi mary, lemon ciuss oran, il paine pol con ananas, il grepfruit con pompelmo, il palma, la tequila con sale end ice e l’intruglio chiamato mexico che era la passione di Rodrigo, il Messicano al quale era piaciuta molto la storia degli ippopotami che lo aveva divertito moltissimo. La stessa cosa succedeva ad un giovane Svizzero di Zurigo che era lì in vacanza per bere sino alla sbronza e fumare sigari cubani acquistati di contrabbando. Lo stesso per un gruppo di giovani canadesi del Quebek, quindi bilingue con uno dei quali ebbi finalmente la soddisfazione di parlare in lingua Francese e di essere capito, perché dovete sapere che in un ambiente così cosmopolita la lingua ufficiale è un misto di “spagnolese”, “americanese”, “italianese”e “tedeschese”. Il Francese non lo parla nessuno, neppure i canadesi che tra loro preferiscono parlare Inglese. Lo Svizzerotto, il cui nome di battesimo era Rolando, aveva rimorchiato Stefania, una ragazza di Varese che aveva fatto tredici ore di volo seduta al mio fianco e con la quale non avevo scambiato neppure una parola perché ha dormito per tutto il tempo. In pratica ce l’ha presentata lui, così come ci ha presentato una signora sulla cinquantina, una Ceca che viveva in Austria, si chiamava Mila e tra loro parlavano in Tedesco. Aldo mi diceva che quando qualcuno mi parlava, dovevo fare sempre si con la testa e sorridere e fare smorfie di meraviglia per far credere di aver capito tutto, tanto, mi diceva anche loro non capiscono te e fanno la stessa cosa. Credo che sia proprio così, almeno al cinquanta per cento. Comunque le speranze di Rolando svanirono in breve perché le due donne si erano fidanzate tra loro e lui aveva subito ripiegato sul ron.

Vedi, diceva Aldo, a Rolando è capitata la fregatura perché non ha esperienza, e poi beve troppo.

Tutte le volte che mi vedeva Rolando mi diceva: Adriano! Sardo! Tula! Ozieri! Era stato in Sardegna e aveva conosciuto persone di Tula e di Ozieri.Una sera che era rimasto senza sigarette e la boutique dell’hotel era già chiusa, gli ho regalato mezza stecca di MS, lui colpito dalla gentilezza è andato subito in camera sua ed è tornato con un pacco di sigari cubani puri avuti rigorosamente di contrabbando, era un regalo per me, tieni bravo Sardo! Ozieri! Tula! Ho cercato in tutti i modi di spiegargli che venivo da La Maddalena e lo ha anche capito, però per lui le parole: Sardo, Ozieri, Tula erano una sola cosa. Come un padre non si stancava mai di raccomandarmi la crema solare per evitare le scottature ma io che vengo da un posto di mare non l’ho mai usata mi limitavo ad entrare ed uscire dal mare in continuazione asciugandomi all’ombra di un capanno di foglie di palma, fu così che rientrai dalla vacanza abbronzato e senza la minima scottatura, lui invece aveva assunto il colore delle aragoste e la crema che lo rivestiva sembrava maionese tant’è che proposi ad Aldo di mangiarcelo cucinato alla griglia. La battuta piacque ad Aldo il quale mi offrì subito una bibita al ron sottolineando che tanto non si pagava.

SULL’ULTIMO GIORNO Il penultimo giorno, nel pomeriggio ero finalmente a posto con i problemi del fuso orario e così ho preso sonno e ho dormito alcune ore. Durante il sonno c’è stato un acquazzone tropicale. I tuoni erano tanti e tutti insieme che sembrava una guerra mi ha raccontato il mio amico Aldo. Si, me lo ha raccontato perché io dormivo e non ho sentito nulla. La cosa mi è dispiaciuta, accidenti sono nei Carabi, c’è stato un temporale tropicale e me lo sono perso! Niente paura il giorno dopo, l’ultimo, quello della partenza ne ha fatto un altro ed è piovuto quasi tutto il giorno, ne fui felice per i Cubani che stavano subendo una terribile siccità, così almeno la campagna avrebbe ripreso a vivere. Finito ch’ebbe di piovere feci una passeggiata verso la spiaggia per dare un’ultima occhiata al mare e per vedere se potevo raccogliere qualche conchiglia. Lungo il viale vidi delle grosse formiche con le ali lunghissime, mi colpirono. Associai quelle bestiole all’idea del grosso aereo che mi avrebbe riportato in Italia da qui a poche ore ed il viale mi apparve come la pista dell’aeroporto.

Alle undici della sera l’aereo decollò con me dentro e Cuba dentro di me. fine



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