Cuba: l’isola dei mille colori

La isla de los miles colores Premessa: Siamo partiti nel febbraio del 2006 e siamo tornati dopo 2 settimane, di cui una passata sull’Isla Grande e l’altra a Cayo Largo. Per Cayo Largo abbiamo optato per una formula all inclusive presso l’Hotel Barcelò mentre per le notti passate all’Habana e Trinidad abbiamo scelto casas particulares...
Scritto da: Ultimoelfo
cuba: l'isola dei mille colori
Partenza il: 20/02/2006
Ritorno il: 07/03/2006
Viaggiatori: in coppia
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La isla de los miles colores Premessa: Siamo partiti nel febbraio del 2006 e siamo tornati dopo 2 settimane, di cui una passata sull’Isla Grande e l’altra a Cayo Largo. Per Cayo Largo abbiamo optato per una formula all inclusive presso l’Hotel Barcelò mentre per le notti passate all’Habana e Trinidad abbiamo scelto casas particulares (case private) trovate e prenotate attraverso un sito chiaro e ben fatto http://www.Casaparticularcuba.Org. I responsabili hanno risposto rapidamente ed efficacemente alle nostre richieste. Ve lo consigliamo se pensate di scegliere questo tipo di sistemazione che permette il duplice vantaggio di vedere più da vicino la realtà cubana e di risparmiare sulle spese di pernottamento.

Come potete vedere anche dalle foto (http://picasaweb.Google.Com/giuseppe1610), molti sono gli aggettivi che potrebbero descrivere il nostro soggiorno a Cuba, a partire da blu, azzurro, celeste etc. Ossia le mille sfumature che caratterizzano il mare dei carabi, passando a giallo, verde, rosso ossia l’arcobaleno creato dalle facciate delle case coloniali per finire con nero, ebano, bianco ossia il mestizaje di pigmenti/carnagioni che identifica la gente di Cuba. Ad ogni modo, memorabile pare l’aggettivo più adatto per definire quest’esperienza, valsa ogni centesimo speso, e dire che non sono stati pochi! Abbiamo lasciato l’inverno italiano il 20 di febbraio da Roma con un volo della Blu Panorama che è partito con 7 ore di ritardo (al ritorno invece le ore di ritardo sono state solo 3) Siamo dunque giunti all’Habana alle 23 ora locale.

Rispetto al nostro inverno, ciò che subito ci ha colpito è che faceva caldo, il maglione di lana non serviva, la gente indossava magliette a maniche corte anche a febbraio! La prima notte cubana l’abbiamo passata all’Hotel Panorama nel quartiere Miramar dell’Habana, sistemazione prenotata dall’agenzia. Si tratta di un grande albergo con affaccio sul mare che non avremmo mai scelto data la posizione dislocata dal centro, ma dato che dovevamo passarci una sola notte è stata una soluzione accettabile.

Il mattino seguente alle 10 abbiamo preso un taxi per raggiungere la stazione della compagnia di autobus Viazul. Se non avete una prenotazione o il biglietto già in tasca, conviene farsi portare non al Terminal de Omnibus vicino a Plaza de la Revolucion bensì alla sede della Viazul (Calle 26 e Zoologico). Attraverso internet avevamo visto che il pullman per Trinidad sarebbe partito alle 13 ma non c’era modo di prenotare; ci siamo dunque affidati alla buona sorte. Giunti in stazione, c’è stato inizialmente detto che non c’erano più posti sul pullman delle 13 ma dato che in molti poi non confermano le prenotazioni, c’è stato suggerito di aspettare fino alle 12.30 perché i posti prenotati ma non reclamati sarebbero stati messi in vendita. Armati di pazienza, abbiamo aspettato due ore e poi abbiamo ottenuto i nostri biglietti, fidandoci dunque delle parole dell’addetta alle vendite. Altri turisti nella nostra situazione non hanno avuto pazienza ma hanno raggiunto ugualmente la loro meta ricorrendo a taxi o auto private. Se scegliete questa soluzione, preparatevi a sborsare almeno il doppio del prezzo del passaggio via pullman. Altro consiglio: se avete tempi contingentati e prenotazioni/impegni da rispettare, conviene reservar con anticipo i biglietti per la Viazul, compagnia su cui viaggiano turisti o cubani ricchi. Sarà poco folclorica, ma ha il pregio di partire e arrivare puntuale, offrendo un viaggio tutto sommato comodo. Astro è l’altra compagnia che si può usare, risparmiando ed entrando in contatto coi locali. I mezzi sono in parte nuovi, in parte un po’ trasandati ma se si ha tempo e libertà ci si può viaggiare tranquillamente.

Il viaggio per Trinidad dura tra le 5 e le 6 ore sebbene i chilometri da percorre non siano moltissimi (poco meno di 350 km). Ciò che rallenta il percorso sono le strade: fino a metà un’ampia autopista poco frequentata e sulla quale bisogna far attenzione a coloro che aspettano un autobus, un amico, un passaggio etc. All’ombra dei cavalcavia e che talvolta attraversano le carreggiate; l’altra metà una strada provinciale in cui due macchine si scambiano a fatica. Il viaggio in autobus da modo di godere in tranquillità di un paesaggio che varia dalla monocoltura della canna da zucchero delle province centrali dell’isola al mare su cui incombono le montagne nella zona di Trinidad. Si ha anche maniera di cogliere qualche spaccato di vita reale cubana attraversando cittadine e paeselli dove mai mancheranno una scuola con i bambini in divisa che giocano o persone a bordo di vari mezzi di locomozione: dalle Pontiac anni ’50, ai carretti trainati da cavalli o ciuchi.

Alla stazione di Trinidad abbiamo trovato José, il padrone della casa privata prenotata (José e Fatima, tel. 0053 01 419 6682, email angelalexis@escambray.Ssp.Sid.Cu oppure prenotabile attraverso il sito indicato in premessa), che c’aspettava con un cartello in mano pronto a accompagnarci a destinazione con uno splendido sidecar rosso stile I Diari della Motocicletta.

Trinidad è una città piccola, di circa 40000 abitanti, e per raggiungere la sistemazione non c’è voluto troppo tempo. La casa di José e Fatima è veramente bella, una vera casa coloniale, con tanto di salone con colonne a vista, patio con piante e uccellini. Le due camere che i padroni affittano si trovano al primo piano, hanno un bagno privato e affacciano su di un balcone dal quale si ha un bel panorama della città. Vi consigliamo vivamente la casa di José e Fatima perché i due proprietari insieme al Tio Manolo sono molto disponibili, socievoli e attenti nei confronti di noi visitatori. Inoltre sono degli ottimi cuochi. Per soli 8 CUC offrono una cena a base di carne o pesce, riso, fagioli, banane cucinate in vario modo, insalata, frutta, dessert; anche la colazione vale tutti i 4 CUC spesi, fosse anche solo per la location in cui si desina.

I quasi tre giorni che abbiamo passato a Trinidad ci sono serviti a percorrerne in lungo e largo tutte le strade e i vicoli, a visitarne le case storiche e i piccoli musei, ad apprezzarne colori e sfumature a tutte le ore del giorno, a sederci sulle panchine di Plaza Mayor e chiacchierare con qualche locale, bambini come ragazzi e vecchietti. Il sole che tramonta en los cielos despejados del mar del Caribe infiammando i colori delle case è un’immagine da regalare alla libido degli occhi. Da Trinidad si possono fare molte escursioni, tra le quali abbiamo scelto la passeggiata nella sierra di Topes de Collantes; abbiamo così potuto cogliere un altro elemento del paesaggio cubano, ovvero la sua natura rigogliosa. La camminata richiede un po’ di impegno, ma si giunge ad una bella cascata nelle cui fresche acque è possibile farsi un bagno godendo delle tante piscine naturali che questa crea. E’ bene portarsi un costume da bagno e delle scarpe antiscivolo! A Trinidad verrebbe voglia di fermarsi un po’ di più ma ci aspetta la capitale. Il viaggio di ritorno è un po’ più breve ma anche più scomodo. Difatti, il normale pullman granturismo è tutto pieno, ma l’incredibile impiegato della Viazul di Trinidad (che all’occorrenza cambia anche gli Euro in CUC) ci offre una soluzione alternativa: un pulmino da 8 che ci viene a prendere presso la casa privata in cui alloggiamo e ci lascerà in quella da noi prenotata nella capitale pagando lo stesso prezzo (25 CUC) del mezzo di linea. È quanto fa per noi! Terza alternativa sarebbe stato prendere un taxi (o sedicente tale), stavolta allo stesso prezzo del bus (quindi meno della metà di quanto chiedono i tassisti de l’Havana per il percorso in direzione opposta).

Riattraversando da sud a nord l’isola notiamo come la presenza della propaganda del governo si intensifichi mentre ci s’avvicina all’Habana. I cartelloni con le classiche scritte come “¡Viva Cuba libre!”, “¡Hasta la victoria siempre!”, “Fieles a tus ideas” – dedicato al padre fondatore della nazione cubana José Martí – sono quasi assenti a Trinidad; sono invece parte essenziale dell’arredo urbano della capitale. Il più bello visto recitava “No al fascismo”, accompagnato dalla faccia di Bush su cui erano volutamente comparsi baffetti hitleriani, splendido esempio di arte al servizio di apprezzabile e fantasiosa demagogia.

I quartieri periferici della capitale, attraversati col pulmino, paiono assolutamente ordinati e dignitosi. Potrebbero ricordare scenari urbani di una Puglia anni ’70. A mano a mano che ci si avvicina al centro, il paesaggio cambia: i palazzi crescono di dimensioni così come le buche nelle strade. Percorrere il Malecón – il lungomare avanense – significa passare da un’incomprensibile architettura russa anni ’70 ad un dimenticato colonialismo di fine ‘800 a resti di una palazzina di un qualsivoglia passato che fu. L’autista di Viazul ci porta come previsto fino al 19 di Calle Consulado, strada a due minuti a piedi dal lungomare e dal Prado, il lungo viale alberato che conduce al Capitolio. Se il Malecón suscita un’atmosfera di decadenza, la strada dove si trova la casa privata di Miriam Marabel così come le strade e i vicoli che la circondano e buona parte dell’Havana Centro e del Vedado hanno già superato il limite della decadenza, sono infatti già decadute. E forse in questo dettaglio, non la fase di decadenza bensì quella di decadimento, che sta il fascino della città e la sua unicità.

La casa di Miriam corrisponde alla descrizione trovata sul sito: le camere sono spaziose (ma senza finestra!) e con bagno privato ed è ubicata in un’ottima posizione per scoprire la città. Benché onesta, la struttura per sé è però modesta, manca del decoro al limite del kitch cui c’eravamo abituati a Trinidad. Crediamo tuttavia che questa casa rappresenti la condizione di molti habanensi per i quali il superfluo non è condizione necessaria per un dignitoso vivere. L’appunto che si può fare riguardo a questa sistemazione, è che la padrona non prepara né colazione né cene quindi si deve pensare a soluzioni alternative, che comunque nella capitale non sono difficili da trovare. Inoltre riteniamo che gli abitanti/frequentatori di questa casa – a parte i pittoreschi vecchietti seduti sulla porta – avrebbero potuto essere più comunicativi, ma come non tutti gli italiani sanno preparare una buona pizza, così non tutti i cubani sono socievoli allo stesso modo. A proposito di pasti, suggeriamo il Centro Andaluz e il ristorante Hanoi ma sconsigliamo vivamente il paladar Amistad de Lanzarote. In questo ristorante privato siamo arrivati a spendere cifre da Enoteca Pinchiorri/Gambero Rosso (ossia 18 CUC a testa), in parte a causa della nostra ingenuità perché non abbiamo chiesto i prezzi non riportati nel menù – ci siamo fidati delle indicazioni della guida Lonely Planet secondo cui non avremmo dovuto spendere più di 6 CUC a testa – in parte per la malafede dei gestori che prima ci hanno detto che i contorni erano compresi ma poi ce li hanno fatti pagare. La lezione appresa è dunque che sempre conviene chiedere i costi di un piatto, come di una corsa in taxi a Cuba come a Firenze.

E’ doveroso comunque sottolineare che questa è l’unico “inconveniente” nel quale siamo incappati a Cuba; commercianti, tassisti, ristoratori sono sempre stati onesti, ci hanno sempre dato il resto giusto (anche quando avrebbero potuto equivocare tra CUC e pesi cubani) e fatto pagare quanto previsto, a parte il caso sopraccitato. Per avvalorare quanto scritto, riporto questo aneddoto: durante una passeggiata nel cuore della città vecchia, abbiamo comprato 2 arance sbucciate con un ingegnoso attrezzo da un signore seduto ad un banchino di legno. Ognuna costava 1 peso moneda nacional. Abbiamo pagato con 1 peso convertible – che vale 24 pesos nacionales – e il venditore ci ha reso 22 pesos nacionales.

L’Havana stupisce per la sua varietà, per il suo continuo cangiare nell’aspetto e nelle atmosfere che crea. Per visitarla abbiamo seguito le indicazioni e i percorsi della Lonely Planet, senza però precluderci improvvise divagazioni suscitate dall’originalità di uno scorcio, dall’animata discussione di giocatori di domino o dalla curiosità di mangiare una pizzetta venduta per pochi spiccioli da una signora affacciata alla finestra di casa sua. Ogni buon turista non può farsi mancare alcune tappe a dire poco obbligatorie: il reticolo di strade e piazze ben conservate e ristrutturate dell’Havana Vieja, la splendida Cattedrale, il Museo della Rivoluzione intriso di superba retorica fidel-guevariana, lo scenografico Capitolio, l’immaginifica Piazza della Rivoluzione che – se si ha tempo – suggeriamo di raggiungere a piedi percorrendo l’Avenida Simon Bolivar e l’Avenida de la Independencia, attraversando così i quartieri di una città che ieri ha trionfato, e oggi pacificamente decade.

Chiunque sia stato a Cuba racconta che non si ha uno spaccato di vita vera fin tanto non si esce dai percorsi prestabiliti – quelli dei forzati dei tour gestiti da una guida nei panni di lider maximo– e non si conversa con qualche vecchietto o qualche sciuscià locale. Potevamo dunque farci mancare tale esperienza? E’ indubbiamente affascinante divagare dai percorsi stabiliti per infilarsi in un mercato, guardare un po’ di tv alla stazione mentre s’aspetta il treno, vedere lo scambio di merci nella tiendas experimentales (negozi sperimentali), farsi assalire da bambini che sospendono i loro giochi tra le macerie d’una palazzina o tra le acque d’una pozzanghera per chiederti una caramella o una penna.

Tra i must di una visita completa all’Havana non si può poi dimenticare uno struggente tramonto sul Malecon e una visita a Coppelia: vi stupirà l’incredibile numero di persone che aspettano in fila più di un’ora per poter sedere in questa gelateria e gustare una coppa di fresa y chocolate.

Da bravi turisti, inoltre, è bene non perdere il mercatino che si tiene dal giovedì al sabato nei pressi della Feria de la Artesania dove è possibile trovare souvenir di artigianato locale a ottimi prezzi (soprattutto rispetto a quelli che avremo trovato a Cayo Largo) spesso di buona fattura. Negli altri giorni si può comunque fare una visita alla citata Fiera dell’artigianato.

La seconda settimana di vacanza l’abbiamo dedicata al mare, nello specifico l’incredibile mare di Cayo Largo del Sur. Qualche anima bella amica della rivoluzione, figlia di fiori oramai appassiti o ritrovati per caso tra le pagine di un libro di Marx a indicare che non si è riusciti a terminarne l’opera Capitale, dirà che Cayo Largo non è Cuba, che lo spirito di un viaggio a Cuba è altrove. Siamo d’accordo: anche noi, ragionando con l’improrogabile senno di poi, dopo una settimana nell’Isla Grande abbiamo pensato che sarebbe valsa la pena viverla di più, ma quando si vedono i colori del mare di Cayo Largo è impossibile rimanere indifferenti. Andare ai Carabi – perché è lì che si trova Cuba, non in Siberia – e non vederne, toccarne il mare è come andare a Roma e non visitare il Colosseo. Cuba è un paese unico per le note ragioni; la sua è una gente dignitosa e orgogliosa di conquiste talvolta impensabili persino nei Paesi dell’occidente; la bellezza etica ed estetica dei cubani deriva dalla cultura dell’accoglienza e dalla confusa convivenza di genti di colori e origini diverse il cui sincero temperamento è riscaldato dal sole e lenito dal mare: cogliere, seppure per un attimo, la cubania – ossia la cubanità – significa unire la sierra y el mar, el son y la salsa, el bloqueo y el libre mercado. Se questi sono tra gli elementi che costruiscono la cubania, a Cayo Largo si privilegia il mare e se ne capisce il senso. A dire di guide, camerieri, pescatori (tutti cubani) il mare di Cayo è il più bello del paese ma altre località lo seguono da vicino. I locali consigliano Cayo Coco, Playa Maria, Playa Ancon dove al mare si unisce l’interesse culturale e la fauna umana, con il pittoresco dei modi e dei colori. Difatti, è proprio questo che manca a Cayo Largo. Ma lamentarsi non pare il caso: è la meta appropriata per rilassarsi abbandonandosi all’incanto del mare.

Abbiamo soggiornato all’Hotel Barcelò, una bel resort costruito 3 anni fa. Nell’autunno scorso un uragano abbattutosi sull’isola – i cui segni si possono tuttora osservare – ne ha cambiato le forme e la geografia. L’hotel Barcelò, a causa della sua posizione più esposta, ci ha rimesso la spiaggia che è stata quasi completamente erosa dall’uragano. Per rimediare a questa mancanza, si offre oltre ad uno sconto che c’è sembrato interessante sul prezzo del pacchetto (quantificabile in 300 € a persona ma comunque tutto da verificare per il futuro) anche l’utilizzo gratuito della navetta per le principali spiagge ossia Playa Sirena e Playa Paraiso. Si tratta di due luoghi a dir poco splendidi, in cui si perdono le dimensioni del cielo e del mare che si fanno tutt’uno. Si rimane quasi imbarazzati dal rischio di contaminare la bellezza di questi scenari creati dalle mutevoli sfumature del blu e dalla sabbia bianca e fine come la cipria. Lo stesso imbarazzo lo si prova nell’immergersi in così dette piscine naturali (che in realtà sono delle secche tra un isolotto e l’altro): è come se una via lattea diurna si riflettesse nell’azzurro di un mare i cui astri sono placide stelle marine. Si ha modo di vedere questi eden facendo delle escursioni in catamarano. Lo spirito d’avventura e di viaggiatore solitario si riduce al minimo ma vale la pena di partecipare a queste “gite di gruppo” perché quegli scenari rimangono impressi negli occhi e appagano il senso estetico anche dei più esigenti. Di solito le escursioni proposte prevedono la visita all’isolotto dove vivono le iguane, la sosta alla barriera corallina, qualche altro cayo deserto e le piscine naturali (oltre naturalmente al pranzo a bordo a base di aragosta). A quanto ci hanno raccontato, per coloro che hanno visto le barriere coralline del Mar Rosso o delle Maldive, quella di Cayo Largo non parrà un gran che, ma per noi che mai ne avevamo vista una c’è sembrata una sinfonia di specie, striature, forme, dimensioni di pesci che avevamo creduto frutto della fantasia dei disegnatori del pesciolino Nemo. Altro che quelle stitiche castagnole o quelle insulse sogliole dei nostri mari! Per ovviare alla mancanza della cubania a Cayo, abbiamo pensato che un’escursione di un giorno all’Isla de la Juventud avrebbe riportato un po’ di realtà, un po’ di ron puro nel nostro soggiorno. Ci siamo dunque concessi una gita in aereo all’isola dove nel ’73 furono richiamati da Castro migliaia di giovani – da qui il nome – per costruire strade, ponti, reti elettriche. Il mezzo di trasporto merita una menzione speciale: si trattava infatti di un mini velivolo a 18 posti – stando in piedi si sbatteva la capoccia sul soffitto – senza stiva, ma con 2 piloti e uno steward baffuto e paffuto che a stento passava tra le 2 file di sedili per offrire caramelle e bibite.

L’escursione comprendeva la visita ad un centro di riproduzione dei coccodrilli, ad una foresta giardino botanico, al carcere modello dove fu prigioniero Fidel e alla capitale della provincia Nueva Gerona. Se la vostra vacanza prevede una settimana di soggiorno a Cayo, piuttosto che quest’escursione è preferibile quella nella capitale sebbene poche ore di visita non rendano al meglio lo spessore culturale di questa città, oppure l’escursione a Trinidad sempre in giornata. Se invece riuscite ad avere due settimane come nel nostro caso, conviene investire qualche euro in più per conoscere quest’isola, pur se superficialmente. Quello che stupisce è la pura accoglienza della gente. Alla gita abbiamo partecipato in 7 (3 italiani, 2 russi, 2 canadesi) e c’erano ben 10 accompagnatori, tra responsabili, guide/interpreti e autisti. Un’impeccabile attenzione nei nostri confronti unita alla genuinità dei modi. Si percepiva il valore che queste persone attribuivano alla nostra presenza per promuovere l’immagine dell’isola e incrementare l’afflusso turistico pur trattandosi di incursioni di un giorno di visitatori provenienti dal giardino incantato di Cayo Largo che si trova a soli 30 minuti di volo.

La Isla de la Juventud, per ciò che abbiamo potuto assaporare, vale un soggiorno più lungo, per la natura e le spiagge ancora vergini dall’impronta commerciale e per la gente. I pochi contatti avuti sono stati piacevoli, alieni dalla logica do ut des sia da parte dei forestieri che degli autoctoni che sono parsi amabili e genuinamente ideologizzati. Un esempio per tutti: il responsabile della foresta giardino botanico, nel decantare le vere bellezze e stranezze della natura, richiamava il concetto di solidarietà per un albero che si appoggia ad un altro per non soccombere, di perseveranza per un albero che muore per poi rinascere dalle proprie radici e convivenza pacifica per due alberi che innestatesi vivono l’uno con l’altro, così come in tutto il mondo si dovrebbe fare. Se la natura insegna così alti principi, i cubani li sanno interpretare e spesso applicarli.

La breve immersione in una cubanità ancora più sincera autentica solida ha ravvivato la voglia di tornare in questo paese il prima possibile per meglio comprenderlo. Gli ultimi giorni a Cayo Largo sono trascorsi a mollo nelle acque delle spiagge da cartolina, all’ombra di una palma o bevendo un mojito nel chiringuito dei sogni di tutti coloro che vogliono scappare dalla frenesia della città e dal lavoro che inesorabilmente stanca. E inesorabile è giunto pure il pulmino che dall’hotel ci conduce all’aeroporto. Ogni cosa che mantenga sempre più forte e intatto il ricordo di questo viaggio pare bello anche se in realtà al limite del buon gusto vale gli ultimi pesos da spendere, per non parlare delle bottiglie di ron/rum per riassaporare l’essenza e rievocare il fascino di un’isola lontana. L’aereo della Blu Panorama ha 3 ore di ritardo, ma ormai l’Italia è dietro l’angolo e non c’è fretta di tornare a casa.

Hasta pronto Cuba!



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