Cuba: L’Avana, il mare e…
Dopo alcune discussioni preliminari, perché ciascuna di noi aveva la sua Cuba “mentale” siamo giunte ad un compromesso.
Siamo partite con i rispettivi mariti in una piovosa mattina da Pisa per L’Avana via Parigi. Buona scelta per l’andata con breve sosta a Parigi, meno buona per il ritorno che ci è costato sei ore di sosta a Parigi fra un volo e l’ altro. Abbiamo volato con Air France, vettore discreto, ma i viaggi di questa lunghezza sono sempre faticosi.
Arrivati a L’Avana abbiamo perso un taxi a sei posti (alla partenza dei taxi c’è un’addetta che verifica che la cifra da pagare sia quella giusta: 25 Cuc taxi normale, 40 Cuc taxi da sei a otto persone). Piccolo consiglio: verificate sempre tutto, a noi appena arrivati, anche un po’ frastornati dal lungo viaggio, al cambio hanno dato 10 Cuc di meno, poco male, sono circa sette euro, ma indicativi del sistema dove molti in una economia poverissima cercano di arrangiarsi come possono.
Arrivati in città siamo scesi all’hotel Telégrafo, che si è rivelata una ottima scelta perché si trova fra Centro Habana, zona del Capitolium per intenderci, e la Habana Veja la parte più affascinante della città. L’albergo è un 4 stelle alla cubana, cioè meno di tre in Italia,ma affascinante e con una ottima prima colazione, cosa che non si può dire di altri.
Già la prima sera abbiamo scoperto che Cuba è afflitta da una cronica mancanza di carta: i tovaglioli sono sottilissimi, nei bagni pubblici c’è un’addetta che fornisce un piccolissimo pezzo di carta igienica. Anche il sapone è un problema, tra parentesi i cubani sono puliti e la strade del centro vengono spazzate con regolarità, ma tante volte per strada ci è capitato di sentirci chiedere un pezzo di sapone, e anche caramelle, penne e matite sono molto richieste.
Abbiamo visitato la città vecchia con splendidi palazzi già restaurati e con parti ancora fatiscenti. E’ una festa di suoni e colori. Abbiamo bevuto Mojto, Cubalibre , Cubata (cubalibre con limone) ,visitato chiese , palazzi, musei, e in particolare quello della Rivoluzione, che si trova,non a caso, nel palazzo che fu di Fulgenzio Batista, perché volevamo capire un po’ della storia di una rivoluzione attuata, ma i cui risultati non sono stati quelli voluti (la popolazione ha tuttora una tessera che da diritto a una saponetta al mese, due chili di riso e così via. Si sta un po’ meglio in campagna dove si integra l’ alimentazione con i prodotti dell’orto).
Abbiamo fatto una passeggiata sul Malecon, affascinate lungomare, dove, quando c’ è risacca gli spruzzi arrivano sulla strada, abbiamo anche visitato il museo del rum Havana Club, con degustazione finale, siamo saliti sulla torre del palazzo Bacardi per vedere la città dall’ alto. Abbiamo scoperto che a Cuba non ci sono le antenne paraboliche!
Un discorso a parte meritano le auto cubane. Insieme ad alcune vecchie Lada (124, 125…) vi sono numerose splendide auto americane anni 50 miracolosamente restaurate. Molte di queste auto sono utilizzate per portare in giro i turisti sopratutto le cabriolet, che però come tutte le altre (e come molti camion “d’epoca”) circolano allegramente producendo un fumo pestilenziale.
Poi abbiamo affittato un pulmino, e siamo partiti verso il mare, ma le indicazioni stradali sono inesistenti e un cubano, notata la nostra incertezza, dopo averci detto che avevamo sbagliato strada si è offerto di accompagnarci all’inizio dell’autopista, è salito a bordo, chiacchierando del più e del meno ci ha detto che era un insegnante di lotta libera , cosa forse vera viste le dimensioni, ci ha portato in giro per la periferia e quando finalmente è sceso e gli abbiamo chiesto quanto dovevamo pagare, dopo averci detto di dargli quello che volevamo ha preteso 60 Cuc, una cifra praticamente mostruosa, ma che vista la situazione abbiamo dovuto pagare. Abbiamo imparato la lezione, se ti offrono qualcosa spesso è meglio dire no grazie prima di trovarsi nei guai. Peccato. Presa comunque la strada giusta siamo andati a Cayo Santa Maria per fare un po’ di bagni e qualche immersione, in realtà niente immersioni perché c’era stato mare.
Lungo la strada, che attraversa una zona grandissima e non coltivata,non si sa perché ci siamo fermati a Remedios, paese povero ma con una bella cattedrale. Per arrivare al Cayo c’è una strada su ponti e terrapieni, si pagano due Cuc (peso convertibile che è la moneta che usano i turisti che può essere ricambiata alla partenza da Cuba, molto ambita dai cubani, che per la vita di tutti i giorni, si devono accontentare della moneda national che per noi non vale quasi niente e non è cambiabile, ma che per loro consente di vivere compatibilmente alle loro entrate e che si può avere nelle sedi del Cadeca, ma non negli uffici cambio). All’inizio del ponte c’è un controllo passaporti perché gli isolani non possono accedere al cayo che è riservato ai turisti! Abbiamo alloggiato all Hotel Las Brujas, che consiglio caldamente per i graziosi bungalow sulla scogliera; si dorme sentendo il rumore lieve del mare che “frange”, poco perché in zona protetta dalle onde, proprio sotto il bungalow. (chiedete il bungalow vista mare, costa un po’ di più ma è veramente affascinante).
Il punto dolente è il mangiare. Si fa colazione e cena al ristorante dell’albergo che è l’unico sull’ isola se non si vuole prendere la macchina, cosa altamente sconsigliabile la sera visto lo stato delle strade. Il mangiare, di media qualità come quasi dappertutto, può essere abbondante o scarso a seconda che i rifornimenti siano arrivati o no; noi la prima sera siamo andati a dormire con ancora un po’ di appetito, la seconda non siamo riusciti a finire tutto!
Il mare invece è molto bello, sembra di nuotare in un acquario tropicale, anche facendo solo snorkeling.
Un discorso a parte meritano la strade di Cuba. Per gli spostamenti calcolate molto più tempo di quello che sarebbe necessario da noi. Anche l’asfalto dell’autopista central, che attraversa Cuba da est a ovest, è malridotto: ci sono buche, carretti a cavallo che vanno contromano nella corsia di sorpasso, venditori di prodotti misteriosi sempre ai margini della corsia di sorpasso, persone che chiedono passaggi lungo la strada… visto la carenza di mezzi pubblici (pochi autobus decrepiti, in genere ex scuolabus, e camion riadattati al trasporto di persone). Poche aree di sosta che, se si trovano dall’altro lato si raggiungono attraversando le corsie e risalendo un poco contromano! La situazione è migliore nella zona occidentale dell’ isola turisticamente più sviluppata.
Al ritorno da Cayo Santa Maria abbiamo di nuovo fatto una sosta a L’Avana e questa volta abbiamo alloggiato all’ hotel Los Frailes, che si trova all’ estremo sud della città vecchia, comodo per la vista dellla cattedrale di San Cristobal, dalla chiesa e del convento di San Francesco della Piazza Vecchia, tutti nella zona meglio restaurata e molto interessanti.
L’albergo non ha ristorante interno e per la colazione si va in una caffetteria vicina; è molto affascinante, ma avendo riutilizzato la celle dei frati come camere, queste danno sul patio interno e sono senza finestra, hanno solo uno spioncino per guardare fuori!
Mangiare a Cuba non è il massimo, i prezzi sono bassi, ma i ristoranti propongono sempre le stesse cose, sembra quasi che abbiano una cucina centralizzata! Pollo con riso e fagioli neri, bistecchina di maiale, qualche volta spiedini, gamberi (buoni), aragosta a volte buona a volte stopposa.
I ristoranti son di due tipi: quelli statali e i paladares, cauta apertura all’imprenditoria privata, con pochi tavoli ma qualità in genere migliore. Io mi sento di consigliarne solo due: il paladar Casa Victor, vicino alla cattedrale, dove abbiamo mangiato una buona aragosta spendendo poco, e il paladar los Mercaderes, nella calle omonima dove abbiamo mangiato benissimo in una casa antica. La cena è stata allietata da una violinista e un chitarrista molto bravi, dove la musica non sovrastava le parole, spendendo di più (circa 20 Cuc a testa, ma ne valeva la pena).
Il giorno seguente siamo partiti per l’ovest di Cuba. Abbiamo attraversato il Vedado, quartiere commerciale, con poca personalità e il Miramar dove ci sono bellissime residenze (anche lì c’è qualcuno che può permettersele), ambasciate e poliziotti ad ogni incrocio. Abbiamo chiesto dove abitano i Castro, ma ci è stato risposto che non si sa!
Facendo la strada costiera e visitando alcuni paesi siamo arrivati a Vinales. Abbiamo alloggiato al Rancho San Vincente i cui bungalows sono sparsi nella foresta tropicale, addomesticata per la verità, e abbiamo visitato la zona dei mogotes, strane formazioni di roccia carsica sparse per la pianura che nascondono al loro interno grotte. Noi abbiamo visto la cueva de l’Indio, che si visita parte in barca, ma ce ne sono anche altre. Poi siamo andati a vedere un orto botanico privato e abbiamo assistito alla fabbricazione dei sigari. Infine aperitivo sulla terrazza dell’hotel los Jasmines da cui si ha una magnifica vista sulla valle.
Il giorno dopo, memori della coda infinita (due ore e mezza d’orologio) che avevamo fatto in entrata per il controllo dei passaporti, siamo andati in aeroporto con molto anticipo. Sorpresa! Niente coda, misteri della cubanità.
Abbiamo lasciato il clima caldo, la affabilità della gente, i suoni e i colori e ci siamo rituffati in questo freddo inverno!