Cuba in pullman… Zaino in spalle!

Erano già alcuni anni che desideravo vedere Cuba e quest’anno - complici i racconti di un’amica che l’ha visitata l’anno scorso e tanto desiderio di riempirmi gli occhi dei colori dei Carabi - si è realizzato un sogno, che ancora non posso scordare. Siamo partiti da Milano Malpensa alle ore 8.30 del 16 luglio, data che stenterò a...
Scritto da: Gisella Novello
cuba in pullman... zaino in spalle!
Partenza il: 16/07/2004
Ritorno il: 30/07/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Erano già alcuni anni che desideravo vedere Cuba e quest’anno – complici i racconti di un’amica che l’ha visitata l’anno scorso e tanto desiderio di riempirmi gli occhi dei colori dei Carabi – si è realizzato un sogno, che ancora non posso scordare.

Siamo partiti da Milano Malpensa alle ore 8.30 del 16 luglio, data che stenterò a scordare. Dopo aver effettuato lo scalo a Roma Fiumicino, difatti, uno dei motori del nostro aereo ha preso fuoco e siamo stati costretti a un atterraggio di emergenza, con tanto di testa alle ginocchia e mani alle caviglie e ruzzolata giù per lo scivolo. Solo col senno di poi posso pensarci spiritosamente, ma viverlo sulla propria pelle equivale a non dimenticare per la vita intera quel cristallo di angoscia, adrenalina e strazio che ti fa pesare lo stomaco.

Considerando che ci abbiamo quasi rimesso la pelle e che buona parte dei nostri compagni di volo è alla fine rimasta a terra dalla paura, il viaggio di andata non è stato dei migliori e, fra incidente, attesa, fuso orario e ore passate sull’aereo, siamo arrivati all’Avana alle 13 – ora locale – del 17 luglio. Un vero supplizio, ma ciò che ci apprestavamo a sperimentare ci avrebbe ripagato alla lunga dei vari disagi. L’Avana e i cubani ci hanno stupiti fin dal primo istante. Abbiamo condiviso i primi quattro giorni del viaggio con due ragazzi romani conosciuti sull’aereo, Paco e Angelo. Dall’aeroporto a Nuevo Vedano il viaggio in taxi ci costa 15 dollari.

Siamo stati accolti da Elsy ed Alberto, i genitori di un’amica cubana che oggi vive a Milano, nel migliore dei modi: erano preoccupati per quello che ci era capitato durante il viaggio, ma anche desiderosi di mostrarci la loro terra. Abbiamo preferito non riposarci, nonostante la gran stanchezza accumulata e tuffarci subito nell’atmosfera cubana. Il succo di mango zuccherato di Elsy ci aiuta a recuperare le energie ed iniziamo una lunga quanto improbabile conversazione (non parliamo spagnolo!) coni nostri nuovi amici.

Poco dopo, ammirando la graziosa Liz che ci mostra passi di danza così sublimi da farci dubitare che avesse solo 12 anni, abbiamo gustato pollo fritto, riso bianco con fagioli neri, la malanga – …Mh che delizia! – avocado e cetrioli.

Rifocillati, ci dirigiamo tutti insieme a fare la spesa. Intendevamo preparare una bella pentola di spaghetti per quella sera. Siamo rimasti stupiti di come i prodotti “superflui” acquistati al supermercato siano cari: per un kg di spaghetti, salsa di pomodori, olio (non di oliva, bensì di semi) e olive abbiamo speso attorno ai 10 dollari! Uno sproposito, considerando che un impiegato cubano guadagna una media di 100 pesos (ovvero tre/quattro dollari) al mese. Al rientro a casa veniamo sorpresi da un violento acquazzone e siamo costretti a ripararci sotto il tetto di una scuola per un buon quarto d’ora… Vediamo delle ragazze che si rotolano ridendo in una pozzanghera! Decidiamo di fare un giro per il centro dell’Avana e, aspettando la gua gua, ci incamminiamo. Fermata dopo fermata, arriviamo a piedi fino al Capitolio Nacional, un imponente struttura in marmo. Della gua gua… neanche l’ombra! Camminiamo imperterriti, insieme a Maira, Liz e Luisito (rispettivamente la nuora e i nipotini di Elsy) che ci fanno da guida, superando il Parque Central, il Museo di Arte Moderna, il Museo de la Revolucion, fino al Malecon, dal quale possiamo ammirare – ormai è sera e la città di illumina lentamente – il maestoso Morro. Siamo stanchi morti, abbiamo camminato per ore stupendoci delle bellezze e bizzarrie che incontriamo ad ogni angolo: le case coloniali di colori pastello o accesi che cadono a pezzi, le buche nei marciapiedi, i sorrisi dei bambini, i coco taxi, l’odore di fritto e di smog, le macchine d’epoca americane, gli anziani che vendono manì (piccoli coni di carta bianca contenenti arachidi)… Non riusciremmo a ripercorrere il lungo tragitto a piedi nuovamente. Ci fermiamo stremati ad attendere la gua gua che anche alle 22 è strapiena, tanto che la prima dobbiamo lasciarla passare: non riusciamo a salire! La seconda volta ci va meglio: con qualche peso ci assicuriamo il rientro a casa, stipati come sardine. Io sono stremata; dormo in piedi. Arrivati a casa ci addormentiamo subito, con gli occhi colmi di bellezze e, forse, con il sorriso. Abbiamo conosciuto delle persone speciali.

Il secondo giorno a Cuba si rivela una vera sorpresa. Ci svegliamo non troppo tardi e notiamo che la strada pullula di persone che spazzano via la sporcizia dal marciapiede e strappano le erbacce. Ci spiegano che periodicamente gli abitanti della zona si dedicano alla pulizia della strada in cui risiedono. Ci sembra un’ottima idea, potremmo prenderne spunto anche in Italia. I nostri amici cubani ci propongono di andare al mare, alla Playa del Este, esattamente al tratto di spiaggia denominato Santa Maria. Sinceramente ero un po’ riluttante: la guida turistica segnalava quella spiaggia, ma mi chiedevo che razza di spiaggia potesse esserci appena fuori l’Avana… Uno spettacolo: acqua trasparente e cristallina, dalle sfumature color smeraldo, davvero indescrivibile. Soffice sabbia bianca… Ma il vero spettacolo lo fanno gli habaneros: non abbiamo visto una sola persona annoiata a prendere il sole; tutti nuotavano o giocavano gioiosamente nell’acqua o sulla spiaggia, mangiando e bevendo rum e bibite dolciastre a volontà.

Siamo rimasti colpiti nel vedere le guardie di sicurezza in uniforme sulla spiaggia.

Trascorriamo mezza giornata al mare, dopodiché torniamo in città. Facciamo un giro per l’Avana Vieja, davvero spettacolare. Ammiriamo Plaza de la Cathedral e facciamo una capatina alla Bodeguita del Medio. L’ideale è andarci nel pomeriggio, quando non è sovraffollata come di sera, si può chiacchierare tranquillamente e ascoltare buona musica. Abbiamo lasciato la nostra firma sul muro e ci siamo diretti verso casa. Se nonché, nei pressi di Plaza de la Revolucion, immensa e suggestiva e simbolo della rivoluzione cubana, ci siamo persi! I passanti gentili ci hanno aiutato a ritrovare la bussola e, dopo varie peripezie, abbiamo ritrovato la via di casa, dove gli altri ci aspettavano per gustare gli spaghetti a cui avevano dovuto rinunciare già la sera prima.

Cucinare per loro è stata una festa e sapere che persino il piccolo Luisito per la prima volta accettava di mangiare spaghetti, una vera soddisfazione.

La serata termina fra chiacchiere e risate, e nonostante azzardiamo uno spagnolo “zoppicante”… riusciamo a capirci! Ci colpisce tanto la curiosità nei nostri confronti, nel chiederci come si vive lontano da Cuba e, per tutta la durata del nostro viaggio, non ci stancheremo mai di dire loro che noi non siamo poi tanto più fortunati di loro. E’ bello stare in questo paese. Pare che la gente si accontenti di poco e la nostra abbondanza già mi sembra insignificante e futile rispetto ai bei gesti incondizionati che riconosco nei piccoli gesti delle persone che ci circondano.

Il terzo giorno trascorre velocemente.

Elsy ci prepara una abbondante colazione. Anche Alberto, suo marito, ne approfitta per mangiare insieme a noi. Nonostante sia pilota aeronautico e abbia un guadagno nettamente superiore alla media della popolazione (comunque non paragonabile al nostro), ammette che una colazione abbondante e a base di uova non è cosa da tutti i giorni. I frullati (di mango e guajaba, altro frutto di cui ignoravo l’esistenza e che da allora adoro!) di Elsy sono una favola, un vero momento di refrigerio dalla calura che, nonostante sia ancora mattina, già ci fa sudare copiosamente… Ci congediamo; è una famiglia amorevole e ci stanno trattando come dei figli. Ogni giorno si offrono di accompagnarci in macchina fino in centro, ma ci sembra davvero troppo e ci incamminiamo a piedi. Ci confrontiamo con Paco e Angelo sulla percezione che abbiamo di questa terra e sembriamo notare le stesse particolarità, anche se forse da punti di vista diversi. Notiamo che,a differenza di altri paesi dell’America Latina, in fondo a Cuba nessuno muore di fame o di stenti, ci sorprendiamo del fatto che l’istruzione sia gratuita e l’assistenza sanitaria pure. Ma l’embargo crea notevoli disagi e le contraddizioni fra l’ideologia e la realtà sono anche stridenti.

Arriviamo all’Habana Vieja , l’antico quartiere coloniale dell’Avana, denso di musei, monumenti commemorativi e chiese.

Mi ha colpito tanto Plaza Vieja, attorniata da costruzioni dai colori accesi e indescrivibili. Faceva molto caldo e, dopo aver scattato qualche foto, abbiamo deciso di sederci placidamente in uno dei locali sotto i portici – denominato la Taverna de la Muralla – a rifocillarci bevendo una cerveza ghiacciata e gustando croqueticas, mariquitas e dados de queso. Con pochi strumenti un quartetto improvvisava canzoni popolari davvero emozionanti.

Ci addentriamo nei vicoli dell’Avana Vieja. Sicuramente non stiamo seguendo un itinerario turistico, eppure quello che i nostri occhi vedono in questi attimi è altrettanto suggestivo e assai realistico: qui i soffitti delle case crollano sotto lo sguardo pigro della gente che, seduta agli angoli delle strade, sembra non accorgersene nemmeno. Nidiate di bambini ci guardano incuriositi e ogni tanto notiamo un piccolo dalla carnagione scura e i capelli biondi. Mucchi di spazzatura maleodorante regnano qua e là. Eppure anche questa, o forse soprattutto questa, è Cuba e spesso la realtà viene celata nei depliants turistici. Siamo contenti di non esserci risparmiati questi scorci, e ci sediamo a leccare un gelato al caramella seduti su una panchina, accanto a una vecchietta che forse ascolta le nostre voci.

Ci spingiamo verso il Malecon, ma fa davvero troppo caldo, e rischiamo un’insolazione. Siamo costretti a fermarci a bere e a riposarci.

Percorriamo il Paseo de Marti ed arriviamo nuovamente al Capitolio. Ma siamo davvero troppo stanchi, soprattutto a causa del caldo umido. Siamo costretti a prendere un taxi.

Notiamo che, ogni sera nel tardi pomeriggio si scatena un gran temporale: i tuoni che giungono alle nostre orecchie sono indescrivibili e capisco perché Liz ogni volta che vede un fulmine si tappa le orecchie! Ceniamo con la nostra famiglia cubana. Domani è un giorno importante: lasciamo l’Avana alla volta di Trinidad. Viaggeremo con l’autobus Viazul che parte dall’Avana alle 8 di mattina, pertanto dobbiamo trovarci alla fermata, come ci dicono al momento della prenotazione del posto, un’ora prima.

Trascorriamo l’ultima serata in compagnia di Elsy e gli altri, ma ci rivedremo presto perché ci invitano a trascorrere da loro anche la notte prima del rientro in Italia. Così, il nostro è solo un arrivederci.

Ci siamo trovati davvero bene.

E’ il 20 luglio, nostro quarto giorno a Cuba.

Alberto, con la sua vecchia Golf, ci accompagna alla stazione dei pullman Viazul che è situata in Nuevo Vedano. E’ presto e siamo ancora assonnati… Bisogna essere alla stazione dei pullman un’ora prima della partenza, ce l’ha raccomandato bene la ragazza che ci ha prenotato i biglietti. In questo lasso di tempo si ritirano i biglietti e si depositano i bagagli, ai quali viene apposto il cartellino indicante la destinazione (il pullman per Trinidad ferma anche a Cienfuegos) e che vengono poi issati sul pullman.

Raccomandiamo di portare sempre con sé una felpa, poiché l’uso dell’aria condizionata è davvero scriteriato: si rischia veramente di congelare! Troviamo il servizio della Viazul impeccabile. I pullman sono puliti e puntuali. A metà viaggio si effettua una sosta per rifocillarsi e poi si riparte.

Arriviamo a Trinidad nel primo pomeriggio, stanchi e affamati. Appena scesi dal pullman un’orda di persone ci travolge. Ognuno vuole proporci la sua casa come alloggio e alla fine siamo costretti a scappare! Notiamo che le case particolar hanno prezzi stracciatissimi e pensiamo che, per qualche notte, possiamo anche permetterci un hotel. Camminando sotto il sole cocente con i nostri zaini sulle spalle arriviamo all’hotel La Ronda; troviamo refrigerio nella piccola ma dignitosissima hall.

Peccato, alla Ronda non c’è posto, ma la stessa receptionist ci indica una casa particolar poco distante, in Calle Camino Cienfuegos. Non riportiamo l’indirizzo di questa casa perché il proprietario non ci è piaciuto granché… Segnaliamo, però, di prestare attenzione ai nomi delle strade. Leggiamo sulla guida, difatti, che a Trinidad, come all’Avana, alcune strade hanno due nomi, uno nuovo e l’altro vecchio. Ce ne accorgiamo la sera quando, ormai persi, chiediamo a degli anziani dove si trovi Calle Camilo Cienfuegos… Loro capiscono solo quando noi, ormai disperati (capiamo di essere nei pressi della casa, e ci sembra buffo che nessuno conosca il nome di una strada vicina!) senza neanche pensarci, pronunciamo l’antico nome della strada, ovvero Calle Santo Domingo. Quasi non ci credevamo: in un attimo troviamo la casa.

Ma torniamo a noi; arriviamo a casa di Mario e ci riposiamo un po’… Per la prima volta da quando siamo arrivati a Cuba! Nella nostra casa sono ospiti anche altri due ragazzi di Ginevra, con cui facciamo amicizia.

E’ un pomeriggio rilassante e, nonostante l’afa, usciamo a girovagare per le splendide strade di acciottolato, ammirando le case coloniali dentro alle quali lanciamo lo sguardo e le belle sedie di legno a dondolo.

Saliamo a Plaza Major, sempre attorniati da chi ci offre sigari, rhum, e altri oggetti. Entriamo nell’Iglesia Parroquial de la Santissima Trinidad e c’è un particolare “profano” che mi colpisce e ci fa sorridere: accanto ad ogni banco c’è un ventilatore e anche sull’altare! Facile immaginare il motivo: l’afa è tale da richiedere un ventaglio o non so che per farsi aria! Usciamo, e siamo ancora sorpresi da chi ci offre la propria casa dove cenare, un paladar. Abbiamo già detto a Mario, che ci ospita, che ceneremo a casa stasera. Un mohito alla Casa de la Musica, dalla quale si ammira la cittadina, e ci dirigiamo a casa, dove con soli 6 dollari a testa ci assicuriamo la cena (peccato che le bevande e il caffè siano a parte e… il furbo Mario ci fa la cresta!).

Dopo cena gironzoliamo ancora per la città, gustando i profumi e gli odori che lei gratuitamente ci regala e, dopo esserci persi, rientriamo da Mario.

Quinto giorno. Trinidad.

Abbiamo chiesto a Mario se ci affitta le biciclette. Sulla guida c’è scritto che agevolmente da Trinidad si raggiunge Playa de Ancon: desistete! Almeno nel periodo in cui eravamo noi a Trinidad l’afa era tale da tramutare quei tre quarti d’ora per raggiungere il mare in un’agonia! Faceva veramente caldo, il sole ci bruciava la pelle e la strada corre fra acquitrini popolati da ogni specie di insetti ma, soprattutto, zanzare.

Playa de Ancon è un nastro di sabbia bianca, 12 km a sud di Trinidad. E’ il vero Mare dei Carabi, caldo come brodo, ma pulito. Nelle acque vivono strane specie di alghe che… pungono! Me ne accorgo subito e mi dà conferma un cubano che fa il bagno indossando una t-shirt.

Ci sdraiamo all’ombra sotto un ombrellone di quelli che si ammirano nei depliants, fatti in paglia. E’ bellissimo e si respira pace e tranquillità. Solo ogni tanto passa un venditore itinerante con un cesto pieno di pizzette che urla “Pizza de cuba”. E’ il colmo per degli italiani, ma la compriamo (un dollaro): la fame è troppa.

Abbiamo fatto amicizia con un signore che custodisce le biciclette e sta guardando anche le nostre. Ci offre di mangiare l’aragosta sulla spiaggia. Non possiamo tirarci indietro, era proprio quello che aspettavamo! Sappiamo che è illegale per il cubano pescare e vendere aragoste, per cui non ci stupiamo quando il nostro “procacciatore” ci dice di seguirlo per centinaia di passi sulla spiaggia (Da notare: in realtà i vicini hotels propongono aragoste ai turisti a 20-25 dollari e in questo caso la pesca non è considerata illegale – un’ingiustizia che potevano risparmiarsi…). Ci fa fermare sotto un albero ai margini della spiaggia e ci ordina di attendere. Dopo un quarto d’ora vediamo tornare il ragazzo con due piatti di plastica contenenti due aragoste, riso bianco, cetrioli e fagioli. Divine! Succhiamo le chele per gustare la polpa… Tutto per la modica cifra di 6 dollari a testa. Ci ricordiamo che anche stasera mangeremo aragosta: ieri abbiamo preso impegno con Thomas, un cubano nero come la pece conosciuto in Plaza Major che ci ha offerto di cucinare l’aragosta a la plancha per noi. Due aragoste a testa al giorno? Ce ne freghiamo, e ci tuffiamo in mare a cercare conchiglie e a ridere per la temperatura di quell’acqua. Torniamo ad abbrustolirci sotto il sole, ma ben presto è ora di rincasare. Notiamo delle nuvole nere e gonfie di acqua… Dobbiamo fare in fretta o il temporale ci sorprenderà. Pedaliamo in fretta e superiamo persino i carretti trainati da cavalli che trasportano fino a una decina di persone. Arriviamo a Trinidad spompati e ci fermiamo all’ingresso della città a un baracchino per bere un’aranciata. Facciamo amicizia con il cassiere, Jorges, che ci dà il biglietto da visita dove è riportato l’indirizzo della sua casa particolar… Peccato, noi stiamo da Mario, abbiamo già una sistemazione.

Furbo Mario, glielo dico, non era una pedalata di un quarto d’ora come aveva detto lui pur di farci noleggiare le bici, ma di un’ora! Ride e mi dice che pedalo troppo lentamente! Una doccia e ci fiondiamo in strada: ci aspetta Thomas, alle 20 in Plaza Mayor.

Ci conduce al paladar dove ci attendono le due aragoste più grandi che abbiamo mai visto: splendide, deliziose e sostanziose da far fatica a finirle. Il tutto, come sempre, accompagnato da malanga, banane fritte, fagiolini e cetrioli, fagioli neri e riso bianco.

Una vera squisitezza, per otto dollari a testa. Solitamente il cubano non cena con i turisti che ospita, ce l’avevano detto e ce ne rendiamo conto; ma chiediamo a Thomas, Pipi per gli amici, di farci compagnia, ed è in quel momento che capiamo di aver conosciuto delle persone speciali. Lui e sua moglie godono del piacere di parlare con noi, hanno mille curiosità e ridono con tutti i denti, felici.

E’ il compleanno del papà di Pipi e ci invitano alla festa. Conosciamo la madre e rimaniamo incantati entrando in un bar dove non c’è neanche l’ombra di un turista, ma solo cubani di ogni età che si scatenano in sinuose danze. Cercano di farci ballare, ma noi in confronto a loro sembriamo dei pezzi di legno! Che gioia vedere le bimbe di tre anni ballare felici… Si accontentano con niente, con i loro vestiti di tre misure più grandi… Ma ti guardano con uno sguardo fiero e sereno e pensi che baratteresti i tuoi vestiti più belli e il telefonino, per vedere i tuoi bambini che nasceranno con lo stesso sorriso dignitoso. Qui ballano tutti, dagli anziani ai bambini. Mi ritrovo con una birra in mano; Sergio beve rhum, ci offrono tutto loro.

Beviamo e balliamo e ci sembra di stare fuori dal mondo, e quando torniamo in Plaza Major da Paco e Angelo, ci sembra di aver vissuto per qualche ora in un mondo parallelo. Siamo intontiti dalla serenità e dalla disponibilità incondizionata della gente.

Andate a trovare Thomas e Regla quando siete a Trinidad e portate loro i saluti di Sergio e Gisella. Il loro indirizzo è: calle Simon Bolivar 561. Ci stanno insegnando tanto questi cubani… Anche Mario che, l’indomani, ci farà una bella sorpresa.

22 luglio – 6° giorno a Cuba Avevamo detto a Mario che ci saremmo fermati da lui sicuramente due notti, ma che forse avremmo prolungato il soggiorno.

Questa mattina non facciamo in tempo a scendere le scale e lui ci informa che ha già prenotato la nostra camera per questa notte. Ma come? Senza neanche chiederci cosa avevamo deciso di fare? Poco male, Mario ci era pure antipatico, e abbiamo in tasca l’indirizzo del gentile ragazzo del baracchino alle porte di Trinidad conosciuto ieri. Tempo di ricomporre gli zaini – che fatica… io che non l’avrei mai detto, nel frattempo, sono stata colta da un attacco di dissenteria!- e siamo già in strada. Il nostro amico non ha posto in casa, ma ci segnala un’altra casa particolar presso la quale ci troveremo come a casa nostra e di cui – stavolta sì – lasciamo l’indirizzo. Si tratta di Beatriz Sotolongo, sposata a Angel, e vivono in Calle Antonio Maceo n. 305. Il loro numero di telefono è 01419.6796.

Beatriz ci spiega che affittare la camera è conveniente se i turisti consumano anche i pasti da lei. Così, contrattiamo per pernottamento (15 dollari in due), prima colazione (3 dollari a testa) e cena (6 dollari a testa).

E’ una giornata persa, perché io faccio avanti e indietro dal bagno e non posso concedermi lunghe camminate, e ne approfittiamo per chiacchierare con Beatriz, sua figlia e suo marito, Angel, piacevole insegnante di matematica. Notiamo che la frase più ricorrente nei discorsi dei cubani è “No es facil”, non è facile, per l’appunto. Lo dicono sempre in rapporto alla loro condizione di vita, ma non sanno che anche da noi non è facile sopravvivere allo stress, alla prepotenza, ai ritmi sfrenati della città. Eppure noi sembriamo non accorgercene… Finchè non siamo a contatto con un’altra realtà e possiamo fare un paragone. Chi sta meglio? Ci informiamo per organizzare un’escursione in catamarano per domani a Cayo Blanco e prenotiamo. Con 40 dollari a testa ci assicuriamo il viaggio in catamarano, il pranzo e lo snorkelling a largo del cayo.

Verso le 16 decidiamo di fare una capatina a Playa de Ancon, ma stavolta in coco taxi (li abbiamo visti anche a l’Avana: sono una sorta di ape-car a forma di uovo).

Stasera abbiamo appuntamento con Angelo e Paco, i nostri amici di Roma conosciuti sull’aereo che domani partiranno alla volta di Santiago.

Ceniamo da loro, che alloggiano in una casa particolar oltre Calle Cienfuegos ed è proprio una bella serata. Anche loro sono ospiti di una famiglia squisita che sembra conoscerli da sempre. Noi ci stanchiamo mai di ascoltare le storie dei cubani.

23 luglio – 7° giorno a Cuba Ci svegliamo presto e, dopo aver gustato la succulenta colazione di Beatriz, ci dirigiamo verso Playa de Ancon, dal quale porticciolo parte il catamarano per Cayo Blanco, un isolotto a circa 25 km di distanza.

Fa molto caldo oggi e ci siamo spalmati un bel po’ di crema protettiva sul viso. Sentiamo che sarà una bella giornata.

I nostri compagni di viaggio sono tutti europei: c’è qualche francese, qualche spagnolo, inglese, tedesco. Siamo gli unici italiani e questa cosa già ci piace. Ci colpisce l’atmosfera pacifica che si respira sul catamarano, il silenzio, la luce del sole ancora pallido che si specchia sull’acqua calma… A un certo punto notiamo un puntino nel mare e pian piano ne distinguiamo le rive di sabbia bianca: è il nostro cayo! Ci fermiamo a qualche centinaio di metri dalla costa . Ci vengono fornite pinne e maschera e in un attimo ci immergiamo. La barriera corallina è discreta e rimaniamo sorpresi sott’acqua con un barracuda davanti agli occhi… Ognuno preso dai suoi pensieri e concentrato sul proprio respiro.

Dopo circa un’ora ci richiamano al catamarano e ci dirigiamo verso il cayo su una piccola barca.

Approdiamo al moletto che si spinge nell’acqua e di corsa siamo sulla spiaggia dalla sabbia soffice e fina. Fa molto, molto caldo e non troviamo refrigerio neanche nell’acqua del mare che bolle! Sembra brodo da quanto è calda… C’è una capanna sulla spiaggia e qui ci viene offerto il pranzo a base di riso con code di aragosta e pesce freschissimo. Uno spettacolo.

Ci fanno compagnia… Le iguane! Era la prima volta che le vedevamo dal vivo ed è stato un vero spettacolo. Ogni tanto ne scoprivamo una che alzava il capo e ci spiava mentre mangiavamo… Centinaia di paguri popolavano il retro della capanna, dove c’era un po’ d’ombra.

Dopo aver pranzato ci siamo distesi sulla battigia a sollazzarci… E in un attimo è arrivato il momento di ripartire. Abbiamo fatto conoscenza con una natura selvaggia che non ci aspettavamo di trovare! E’ stato splendido ascoltare i rumori misteriosi della natura; chiederci cosa fosse quello strano brusio e scoprire che erano le centinaia di paguri che si muovevano lentamente sulla sabbia… Torniamo a casa abbrustoliti: ci aspetta la cena di Beatriz, neanche a dirlo, a base di pesce. Per caso oggi pomeriggio abbiamo incontrato Marco e Antonella, altri due “sopravvissuti” che avevamo lasciato il primo giorno all’Avana. E’ bizzarro incontrarli a questo punto del viaggio e ci sembra un segno del destino. Ci siamo dati appuntamento in Plaza Major questa sera e andiamo in un localino dove rimaniamo estasiati nell’ammirare le dolci movenze delle ballerine cubane.

Beviamo mohito e rum, parliamo di comunismo, di ideali e ideologie, di Fidel, del fratello Raul, della strana fine di Cienfuegos e mettiamo insieme le nostre conoscenze acquisite sui libri e i racconti ascoltati dai cubani, che quando parlano di politica sussurrano sempre. Siamo tutti convinti che sia un viaggio che un po’ ci stia già cambiando la vita… Ci salutiamo su Calle Maceo, promettendoci che ci rivedremo in Italia.

24 luglio Abbiamo deciso di visitare la parte ovest di Cuba; in due settimane è inutile fare le corse. Tanto vale vedere poco, ma vedere bene. E’ così che, per pura curiosità, partiamo alla volta di Varadero. Siamo solo curiosi di vdre la sua spiaggia e il suo mare che ci hanno detto essere splendidi. Sappiamo già che è il sito più turistico dell’isola e che ci deluderà… Da Trinidad il pullman Viazul per Varadero parte alle 14 e, mentre vaghiamo per le strade con i nostri zaini in spalla… Pensiamo che potremmo anche prendere un taxi, un taxi non autorizzato di quelli per i quali devi contrattare il prezzo con il conducente. Ci lasciamo invogliare. Il nostro amico taxista si chiama Freddy.

Ma prima abbiamo un dovere da compiere: andiamo su per Plaza Mayor e Calle Simon Bolivar, con i loro ciottoli nei quali alle volte inciampi e le case un po’ più modeste rispetto a quelle del centro. Vediamo la corpulenta Regla sulla soglia di casa e ci salutiamo calorosamente. Abbiamo lasciato loro dei vestiti, un costume per il bambino, delle penne e ci siamo impegnati a mandare loro un collirio (Thomas soffre di un glaucoma all’occhio) dall’Italia. Ci sorprende il fatto che ci dicano di aspettar Thomas che è uscito un attimo. Lo vediamo arrivare con una bottiglia di rum sotto i braccio. Per noi? Non ci possiamo credere, e lo accettiamo come un vero dono. Ci dicono di pensare a loro quando lo berremo. E così faremo, in Italia. Promettiamo di scrivere loro, e mandare le foto che abbiamo fatto insieme.

Freddy ci aspetta, è or a di partire. Spendiamo poco più che prendere il Viazul, ma guadagnamo qualche ora di viaggio e più comodità. Freddy è simpatico, chiacchiera amabilmente e a metà viaggio ci fermiamo a mangiare un panino al… lui dice maiale… per me è pollo.

E’ gentile Freddy, Ci aiuta a cercare una casa particolar fuori Varadero, ma è dura. Alla fine troviamo posto in un piccolo hotel, l’Hotel Pullman in elegante stile spagnolo e situato in una zona poco frequentata dai turisti. Sulla spiaggia antistante, infatti, troviamo tanti, tanti cubani. Ci fermiamo due notti, per un totale di 106 dollari in due, colazione inclusa. Non è male e la camera è fornita di aria condizionata e cassetta di sicurezza. L’indirizzo è: Ave 1, fra Calle 49 e 50. Tel. 667161(www.Horizontes.Cu). Ci riposiamo un po’ e andiamo n spiaggia, ma… Mentre facciamo il bagno, siamo colti da un violento acquazzone che ci costringe a rincasare di corsa, inzuppati da capo a piedi e di corsa! Al di fuori della “colonia turistica” Varadero è asettica, ci appare come un non luogo… Non ha un’identità. Si stenta persino a credere di essere a Cuba, tutto è costruito, finto e triste. Ci fermeremmo anche solo una notte, ma siamo curiosi di vederla di giorno… Ma la nostra opinione purtroppo non cambia.

25 luglio Siamo a Varadero, ma c’è ben poco da dire. Il mare è splendido e la spiaggia pure, ma non basta. Non avvertiamo l’atmosfera frizzante che abbiamo trovato altrove. Non troviamo neanche un cubano che abbia voglia di parlare; neanche il signore che ci fa fare il giro in carrozza. Siamo annoiati, questo non-luogo non ci emoziona. Ci godiamo almeno il mare trasparente.

Anche l’aragosta non ha il sapore di quelle gustate a Trinidad… Andremmo subito via, ma il nostro Viazul per la prossima destinazione parte alle 7 di domattina. Arriveremo all’Avana e poi (non c’è la coincidenza, maledizione!) prenderemo un taxi per Vinales, dove speriamo di cuore di ritrovare l’atmosfera di Cuba che ormai conosciamo e qui ci manca. Se partissimo domani, dopo questa sosta, ci rimarrebbe l’amaro in bocca… Invece abbiamo ancora qualche giorno a disposizione per gioire.

26 luglio – 9° giorno a Cuba “Siempre 26, siempre 26” Ieri sera abbiamo chiesto al custode dell’hotel di svegliarci alle 6.30 e lui è puntualissimo. Ci preparano la colazione in anticipo e in un attimo siamo in strada, con i nostri zaini sulle spalle. Il pullman Viazul parte alle 7 alla volta dell’Avana. Da lì prenderemo un taxi per Vinales.

La gentilissima Beatriz ci ha lasciato l’indirizzo di una sua conoscente che abita a Vinales, pertanto non abbiamo neanche l’incombenza di cercarci una casa particolar.

Il taxista (per quanto ci riguarda poteva anche essere muto, non ha detto una parola per tutto il tragitto, ma ci teneva svegli con la sua guida scatenata… A un certo punto abbiamo chiesto aiuto al cielo!) ci porta direttamente davanti all’abitazione di Mery Echevarria, una donnina piccola e sorridente che fin da subito si dimostra premurosa e gentile.

Il marito, Jesus, fin dalla prima sera ci ha preparato i migliori mohito che abbiamo gustato sull’isola. Coglieva l’herbabuena direttamente dal suo giardino per metterla nei nostri bicchieri. L’indirizzo di Mery e Jesus è: Calle Orlando Nodarse n. 3 – Carretera la Hermita. Tel. 793214. I prezzi sono tali e quali a quelli di Beatriz a Trinidad.

L’aspetto meraviglioso di Vinales è dettato dalla libertà delle bestie che scorrazzano per le strade, subito dietro alla via principale: piccoli maialini, galline e cavalli. La vegetazione rigogliosa la fa da padrona; la vista è annebbiata dal colore verde. Vinales è un’area naturale incantevole: dalla fertile pianura “spuntano” delle singolari colline a forma di puntaspilli, i cosiddetti Mogotes.

Facciamo una passeggiata per il paese, piuttosto piccolo, si sviluppa tutto lungo un’unica strada, e ci fermiamo a mangiare al bar “Las Brisas”, un paladar in pesos dove si mangia per meno di 4 dollari (riso e fagioli, omelette, verdure e bibita).

Siamo un po’ stanchi e decidiamo di tornare a casa per un pisolino.

Siamo ignari che la spettacolare cuoca, Mery, sta cucinando per noi. Nelle case particolar presso le quali abbiamo cenato, abbiamo sempre chiesto pesce.

Mery ci prepara il parco, una sorta di orata in umido, con peperoncino e herbabuena all’interno; una vera delizia, il tutto accompagnato dai soliti contorni: cetrioli, fagiolini, fagioli neri, banane fritte e malanga, yucca e riso bianco. Mangiamo fino a saziarci e rimaniamo un po’ con loro a chiacchierare. Oggi è il 26 luglio, commemorazione nazionale molto sentita. In televisione passa il discorso di Fidel, che contemporaneamente viene trasmesso nella piazza del paese con gli altoparlanti, che quest’anno di trova a Santa Clara.

Il 26 luglio del 1953 Castro guidò 119 ribelli in un attacco alla caserma Moncada di Santiago. L’assalto fallì e la maggior parte dei ribelli fu giustiziata o torturata. Castro la scampò, ma fu condannato a 15 anni di prigione.

A noi sembra bizzarro che venga celebrata con tanta enfasi questa data: in effetti richiama una sconfitta. Ma questo è il bello del popolo cubano: si festeggia la prima volta che il popolo ha alzato la testa, indipendentemente dall’esito dell’offensiva.

Ancora una passeggiata per le vie di Vinales e poi finalmente a letto. Siamo estenuati, ma le zanzare non ci daranno pace… 27 luglio – 10° giorno Ieri pomeriggio abbiamo pensato di goderci ancora il mare di Cuba e abbiamo prenotato l’escursione a Cayo Levisa. Alle 8.20 ci dobbiamo trovare davanti alla Cubanacan (abbiamo notato che l’agente di viaggi lavora fino a 14 ore al giorno!).

Mery ci sta viziando alla grande e anche la colazione da lei è superba. Oltre al solito, troviamo succo di papaia, ananas fresca, maionese da spalmare sul pane e frittata.

In pullman arriviamo, dopo circa un’ora di strada, all’imbarcadero. Proseguiamo in battello e quello che ci attende è un autentico paradiso. Abbiamo un assaggio della bellezza fin dal battello: i colori dell’acqua ci lasciano senza parole. Riusciamo a distinguere tutte le sfumature del blu, dal turchese allo zaffiro.

Appena si approda all’isola non si ha modo di rendersi conto della sua bellezza: si vedono solo mangrovie e si sente il ronzio delle zanzare. Attraverso una passerella fra le acque paludose si giunge a piedi sull’isola che si rivela un incanto: sabbia bianchissima e fine tipo farina e acqua cristallina.

Così come a Cayo Blanco, affittiamo maschere e pinne, ma lo snorkelling non è un granché. Ne approfittiamo per nuotare e nuotare, attorno al battello.

Dopo circa un’ora riapprodiamo sull’isola e, dopo aver pranzato, ci crogioliamo un po’ al sole e poi restiamo a mollo il quell’acqua che difficilmente dimenticheremo. Questo posto ci sembra un miracolo della natura, è meno selvaggio di Cayo Blanco, ma altrettanto suggestivo. La spiaggia e l’acqua cristallina sono superiori.

In silenzio, sdraiati sotto una palma, godiamo dell’incredibile panorama.

Con una trentina di dollari a testa ci siamo assicurati una giornata da sogno, non potevamo rinunciare a vedere una tale bellezza! Rientriamo a Vinales verso le 19; ci attendono il solito mohito di Jesus (non ce ne farà pagare neanche uno, al momento del conto finale) e la cena suprema di Mery.

Abbiamo la pelle bruciata dal sole, ma siamo felici di essere qui.

La sera ci spingiamo sino alla via principale e in un baretto, ascoltiamo i due musicisti che più ci hanno colpito. Passo la penna a Sergio per le “impressioni musicali” Gisella mi chiede di scrivere qualcosa sui suoni che abbiamo incontrato a Cuba. Bene , lo faccio volentieri regalandovi una “fotografia”. Chi vorrà approfondire la storia de la Trova , del Son e dei generi musicali di Cuba lo potrà fare benissimo da solo leggendo liberi autorevoli. Quello che ho visto io non ha nulla a che vedere con la musica scritta e spiegata. Abbiamo incontrato tanta musica a Cuba. A Cuba ci sono tantissimi musicisti , là… La musica ha ancora un valore sociale . Non è come da noi dove la musica è diventata tappezzeria negli spostamenti in auto o delle attese dal dentista. La fotografia : una sera ci trovavamo in un baretto di Vinales . Ordino un Mohito e mi accorgo che sul retro del bar ci sono due vecchietti che stanno provando gli strumenti per la serata . Chitarra classica , marakas e voce. Chiedo se, poi , mi avrebbero suonato Guantamera. Volevo che quel suono accompagnasse la mia sigaretta perché qualche giorno prima avevo letto la traduzione di quella canzone. Una canzone “serena” in apparenza. Le prime strofe sono del Poeta Josè Martì. La canzone parla di una donna di Guantanamo e la canzone, parole e musica, non è proprio un sereno tormentone estivo dei nostri che mentre lo ascolti pensi ai fatti tuoi sfogliando una rivista che non leggi. C’è dolore e pathos in quel testo ma io non l’avevo percepita mai così. Almeno quando l’avevo sentita eseguire qui da noi. Noi, forse , quella canzone non la conosciamo bene, non sappiamo da dove viene. Comunque i due vecchietti arrivano fra i tavoli imbracciando gli strumenti. Iniziano a suonare. Nessun impianto, nessuna elettrificazione. Inizialmente il chiacchierio della gente non fa percepire il suono della chitarra . Si avverte a malapena la voce. Ma è una voce eloquente e poco alla volta gli avventori del bar si zittiscono. I due non hanno alzato il volume , non ce l’hanno il volume ..Eppure dopo qualche secondo tutto è muro di suono. Silenziosamente assordante. Si percepisce tutto : voce , chitarra, maracas, controcanti ed occhi lucidi. Quei due ne sanno qualcosa delle donne di Guantanamo. Si emozionano e non gli frega molto dello spettacolo. Si emozionano e mi emozionano. Non ho mai sentito quel dolore in quella canzone prima di allora. E’ quasi fastidioso sentire il nodo in gola. Io sono in vacanza… Perché devo sforzarmi per non fare inumidire gli occhi? Perché devo avvertire questa sensazione di sopruso e di ingiustizia? Perché questa canzone ha lo stesso impatto di una Sunday Bloody Sunday cantata dagli U2 ? La lama nel cuore che ti può regalare il blues giusto nel giorno sbagliato e lo sguardo serenamente malinconico di chi sa che la vita non sempre le spiega le sue scelte. A volte va così. Quei due sono dei killer. Senza pietà. Quello che provo io, mi accorgo, lo provano tutti nel bar. Subito dopo attaccano la Canzone del Comandante Che Guevara . Io la chiamo così perché sono un ignorante e non conosco il titolo. Ricevo tutto in faccia . Come incontrare per strada un Mohamed Alì che ti dice “Buonasera” e poi ti sferra un “uno-due” che sa di “. E svegliati bello, che adesso te la racconto io la vita…‘’ Questa è la fotografia che Vi regalo. Non tutta la musica che ho sentito a Cuba ha un lignaggio così nobile e profondo, ma questi colori capita spesso di incontrarli .

Boh, non so se Gisella volesse questo quando mi ha chiesto di scrivergli due righe sulla musica incontrata ai Carabi. Questo è quello che mi porto nel cuore e che Vi auguro di incontrare se a Cuba ci andrete con la mente libera da pregiudizi (da una parte e dall’altra). Non esistono tante categorie nella musica . Ce ne sono fondamentalmente due, almeno per me. Musica buona e Musica cattiva. Il mio mohito et sigaretta ancora ringraziano quei due vecchietti per le cose che mi hanno saputo regalare serenamente e senza volerle imporre a tutti i costi. Questa credo sia la Musica della miglior specie. Questo penso. Lo zio Fiesta 28 luglio Per 10 dollari a testa abbiamo prenotato una gita a cavallo. Che bello! Personalmente era la prima volta che ci salivo e devo dire che il mio cavallo – Dorado – ha percepito perfettamente la mia titubanza all’inizio, e pian piano la mia sicurezza, tanto che alla fine andavamo allegramente al trotto. Il cavallo di Sergio – Pistolo, e già il nome diceva tutto – era un indisciplinato maschietto cagone! Abbiamo attraversato la pianura verso nord, ammirando le distese di piante di malanga, di yucca, di mais e – poche – di tabacco. Abbiamo fatto amicizia con un campesino di si e no sette anni che faceva da guardiano a una di quelle grosse capanne dove si fa essiccare il tabacco.

Il giro è durato circa due ore e ci siamo riempiti gli occhi del colore rosso della terra, blu limpido del cielo e verde delle vegetazione rigogliosa. Ci abbiamo provato gusto e la nostra guida ne era contenta.

Abbiamo passato l’unico pomeriggio rilassante da quando siamo a cuba, a bighellonare per le strade e facendo un tuffo in piscina, precisamente all’interno della Hermita un hotel di media categoria sulla collina (www.Horizontes.Cu) dove con 3 dollari si può usufruire della piscina per tutto il giorno. Come sempre, però, i nuvolosi neri fanno capolino e si avvicinano… Siamo costretti a rincasare a gambe levate! La malinconia già si fa sentire… Si avvicina il momento della partenza e per l’ultima volta possiamo gustare i manicaretti di Mery! 29 luglio – 12° giorno Pagando solo un paio di dollari in più usufruiamo di un pulmino da 10 posti che ci permette di partire la mattina, anziché attendere il Viazul delle 14.

Così, in tarda mattinata siamo di nuovo all’Avana dove Elsy, Alberto e i piccoli Liz e Luisito ci attendono. Maira è andata qualche giorno a Santiago.

Ci prenotano nuovamente la cena a base di spaghetti – e loro ricambiano con le ormai adorate malangas . Ma abbiamo ancora il pomeriggio a nostra disposizione; abbiamo intenzione di acquistare qualche souvenir da portare a parenti e amici e allora… Ci incamminiamo per l’ennesima volta verso il centro della città. A metà strada vediamo arrivare la gua-gua che tanto abbiamo aspettato le altre volte. Decidiamo di salire e, siccome ci ha colti un po’ alla sprovvista, abbiamo difficoltà a trovare i centesimi di peso che ci chiedono. Una ragazza cubana ci porge un peso. Lì per lì lo accettiamo (è il colmo!) e appena troviamo i nostri spiccioli glielo rendiamo. E’ un’esperienza salire sulla gua gua: si sta così stipati che le braccia nude ti si appiccicano alle altre e dal punto di vista olfattivo non è proprio una meraviglia. Ma ci si accorge come noi italiani non siamo più abituati a sostenere un minimo sacrificio come stare su un bus affollato. Qui nessuno si lamenta, forse si è un po’ strattonati, ma capisci subito che… funziona così.

Ci ha detto Elsy che in Habana Vieja c’è un mercato dell’artigianato. Lo cerchiamo e lo troviamo in Plaza de Armas. Onestamente era un vero e proprio mercato per turisti, dove trovi i soliti sgabelli, braccialetti e collane. Ci siamo accontentati di comprare qualche scatoletta di legno e posacenere per gli amici.

Fa ancora molto caldo, bighelloniamo per le strade della città vecchia e andiamo a rifocillarci – ancora – in Plaza Vieja, nello stesso locale dove ci eravamo fermati uno dei primi giorni.

Gironzoliamo ancora un po’ e andiamo a visitare il Museo de la Revolution. Stiamo dentro le ore e l’ammirazione per il popolo cubano non cala.

Si sta facendo sera e i nostri amici ci aspettano. Cuciniamo per loro e rimaniamo a chiacchierare fino a tardi, di Cuba, dell’Italia, del comunismo e del consumismo. Due mondi a confronto, ma all’interno dei quali persistono contraddizioni e complessità differenti.

Lasciamo loro le medicine che avevamo con noi, spiegando bene la posologia e le avvertenze. Elsy ci racconta di quella volta che le avevano mandato dall’Italia un flacone di crema per lavare i sanitari e lei la usava come crema per il viso! Ridiamo di gusto e constatare che si ride tutti allo stesso modo e che nonostante la ristrettezza economica non sono affatto più tristi di noi ci rinfranca e ci fa riflettere.

E’ tardi e andiamo tutti a riposare. Per domani hanno organizzato per noi la gita alla casa di Hemingway! Ma domani è anche il giorno della nostra partenza… 30 luglio – ultimo giorno Ieri sera abbiamo preparato gli zaini. Sono più leggeri che all’andata, perché abbiamo regalato un sacco di vestiti. Stamattina abbiamo in programma la gita alla casa-museo di Hemingway. Alberto guida la sua Golf e scopriamo un quartiere a sud est di Centro Avana che da soli sarebbe stato difficile raggiungere. Si tratta di una collina a una quindicina di km di distanza dal centro, sulla quale lo scrittore americano visse diversi anni. La casa è splendida e ricca di libri, trofei di caccia e chincaglieria. Non vi si può accedere direttamente, ma solo sbirciare attraverso le porte e le finestre. Tutt’intorno, palme, bambù e una vegetazione fittissima. Il posto è bellissimo e surreale.

Come sempre i nuvolosi neri e carichi di acqua si avvicinano. Tempo di salire in macchina e giù comincia a piovere. Una pioggia sempre più fitta che si rivela nell’arco di qualche minuto… un ciclone! Le strade diventano letti di fiumi marroni… Ci saranno 50 cm di acqua e il motore dell’auto fatica a rimanere acceso. Vediamo un sacco di gente intenta a spingere la sua auto completamente inzuppati di acqua dalla testa ai piedi e con le scarpe sotto il braccio. Un signore addirittura ha abbandonato l’acqua che pian piano – siamo in salita – viene trasportata dalla corrente. Una scena da film… L’acqua entra addirittura dalla portiera nell’abitacolo e noi siamo un po’ perplessi ma facciamo finta di niente.

Il progetto di fermarsi tutti insieme a mangiare la pizza va all’aria e Liz e Luisito sono abbastanza rammaricati. Noi preghiamo il cielo di non rimanere a piedi perché dobbiamo essere in aeroporto fra due ore e siamo molto distanti da casa. Fortunatamente la fortuna ci assiste (anche se dobbiamo ammettere di avere qualche problema con tutti i mezzi di trasporto) e giungiamo a casa sani e salvi. E’ arrivato il momento dei saluti: chiamiamo un taxi per raggiungere l’aeroporto e abbracciamo i nostri amici con affetto. La promessa è quella di rivederci, in Italia oppure la prossima volta a Cuba. Abbiamo assolutamente intenzione di tornare e viaggiare nell’altra metà dell’isola. Chissà… Dirigendoci verso l’aeroporto, ancora sotto alla pioggia meno torrenziale di prima, ci rendiamo conto che il viaggio è davvero finito e siamo colti dalla malinconia. Siamo contenti, ci ha stupito l’orgoglio e la dignità del popolo cubano e stenteremo a dimenticare la famiglia di Elsy, ma anche Thomas e Regla, il loro amico Julio, Beatriz e Angel, Mery e Jesus e la loro figlia dalle braccia più pelose che abbiamo mai visto, il ragazzino che dall’esterno del supermarket ci indica i biscotti che desidera, il taxista Freddy, il parcheggiatore di biciclette di Playa de Ancon e… perché no, anche il furbo Mario, l’affarista.



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