Cuba:il rum, la musica e la Revolution!

Era il viaggio desiderato da anni per tutti i libri letti su Ernesto "Che" Guevara, ma avevo sempre avuto paura della delusione che potevo avere della Revolution per tutto quello che raccontava chi ci era già stato (fame, povertà, dittatura, prostituzione). Poi lo scetticismo è diventata necessità di affrontare l'eventuale verità e con...
Scritto da: Manuela Di cola
cuba:il rum, la musica e la revolution!
Partenza il: 21/11/2004
Ritorno il: 07/12/2004
Viaggiatori: in coppia
Era il viaggio desiderato da anni per tutti i libri letti su Ernesto “Che” Guevara, ma avevo sempre avuto paura della delusione che potevo avere della Revolution per tutto quello che raccontava chi ci era già stato (fame, povertà, dittatura, prostituzione). Poi lo scetticismo è diventata necessità di affrontare l’eventuale verità e con Alessio abbiamo deciso di partire: pacchetto di 15 gg. Volo A/R+prima settimana Ventaclub a Varadero all inclusive+seconda settimana libera all’avventura con la guida Lonely Planet (utilissima e veritiera).

Il viaggio è iniziato male perchè abbiamo beccato il fallimento della Air Europe e quindi partenza: Roma-Bologna-Avana-Varadero = 23 ore di viaggio! Arrivati al villaggio a Varadero ci accoglie un odore nauseante di combustibile, l’aria è irrespirabile e speriamo con nessuna conseguenza futura (nessun tour operator avvisa di questo spiacevole inconveniente che è dovuto all’emissione di gas che bruciano per 24 ore al giorno provenienti dai vicini pozzi petroliferi). Scopriamo che anche le stanze ne sono intrise quindi dopo averne cambiate tre ce ne andiamo a dormire.

La mattina al risveglio l’odore nauseante continua ma la gente del posto ci dice che dopo un paio di giorni il naso si abitua e non lo si sente più, cosa che riscontriamo essere vera.

Il panorama che ci si presenta dal terrazzino davanti alla nostra stanza è a dir poco mozzafiato: sole caldo, spiaggia bianca, mare piatto e in tutte le sfumature di colore dal trasparente al blu.

Ci godiamo il primo giorno al villaggio per riposarci dal viaggio estenuante: ed è un paradiso d’estate a novembre! Noi come al solito andiamo a cercarci il posto più lontano dalla massa di turisti e dall’animazione poiché entrambi non amiamo particolarmente la tipica vita da villaggio e già pensiamo a quali escursioni fare per conto nostro alla scoperta dei dintorni, e poi è il compleanno di Alessio e decidiamo di fare qualcosa di speciale la sera.

E come per magia si manifesta il primo Jinitero della nostra vacanza (ce ne saranno tanti)! Nota: i Jiniteros sono ragazzi cubani che cercano di guadagnare qualche pesos dai turisti sprovveduti (offrendosi come guida improvvisata) e dai proprietari di case particulares e paladar (case private autorizzate dal governo dove è possibile dormire e mangiare per pochi pesos) procurando come clienti gli stessi turisti. Questo ragazzo del posto ci chiede se vogliamo mangiare l’aragosta a casa di un suo amico per 10 pesos convertibili a persona, noi accettiamo anche se io ho un pò di remore (è illegale e mi spaventa un pò, poi mi renderò conto che lì è normale cercare di arrotondare lo stipendio in questo e in altri modi). Del resto abbiamo già potuto verificare che nel villaggio si mangia poco e male quindi andiamo e facciamo la conoscenza di questa famiglia che oltre a noi ha anche altri dieci turisti tedeschi. La casa è fatiscente ma non manca nulla dal televisore a colori al telefono cordless e lì iniziano i primi dubbi. Mangiamo banane fritte, aragosta, insalata, riso e frutta, tutto abbastanza buono, e comunque è la prima occasione per poter parlare con la gente del posto e sapere qualcosa di più della loro vita e del loro paese. Ovviamente si lamentano della mancanza di libertà, dello stipendio che non basta insomma le solite cose e scusate il sarcasmo ma credetemi esagerano e al solo scopo di spillarti soldi. Naturalmente questo lo dico oggi dopo 15 gg. Ma in quel momento eravamo entrambi ingenui e gli abbiamo lasciato 5 pesos in più di quello che dovevamo. Dopo cena siamo andati in un bar sulla Prima Avenida angolo Calle 18 dove abbiamo bevuto il primo Mohito e abbiamo ascoltato musica cubana traditional dal vivo, poco dopo ci ha raggiunto la famiglia di cui sopra che abbiamo scoperto essere degli abituèè del posto, e siccome era il compleanno di Alessio ci hanno scroccato tutte le loro consumazioni e pure quelle del gruppo che suonava! Comunque è stata una bella serata.

Il giorno dopo mare e sole.

Il terzo giorno il tempo è incerto quindi decidiamo di fare una lunga passeggiata a Varadero e con l’occasione ci informiamo per noleggiare un auto per la seconda settimana itinerante, le cifre che ci chiedono oscillano tra i 400 e i 500 euro e per noi sono troppo alte quindi optiamo per lo spostamento in pulman anche se per questo dovremo rinunciare ad alcune tappe. Andiamo a trovare la famiglia della sera prima per portargli un pò di maglie che avevamo intenzione di regalare e poi ci dirigiamo al Banco National per cambiare un pò di valuta perché ovviamente conviene, quindi con i pesos convertibili in tasca ci dirigiamo alla scoperta di questa cittadina prettamente turistica. Ci sono molti mercatini dove poter acquistare dei souvenirs e artigianato locale tra cui degli splendidi quadretti su tela. Noi decidiamo di rimandare gli acquisti pensando di spendere meno in tappe successive ma ci siamo poi accorti che i prezzi sono dappertutto uguali, anche in altre città. Ovunque ci sono immagini di Che Guevara e l’emozione è forte. Con il trenino turistico per 4 pesos arriviamo fino a Plaza America attraversando tutta la striscia di terra della penisola di Varadero e più andiamo avanti e meno ci piace: a destra il mare scuro e a sinistra resort lussuosissimi a non finire e perfino un campo da golf, il tutto si conclude in un centro commerciale tipicamente globalizzato e con negozi proibitivi anche per noi turisti figuriamoci per la gente del posto. Acquistiamo qualche cartolina e scappiamo letteralmente da quel posto a bordo di un taxi (per fare prima) 6 pesos per la metà della strada percorsa all’andata. Ci facciamo lasciare al mercato artigianale di Calle 36, facciamo un giro e poi ci dirigiamo alla spiaggia, qualche foto e poi torniamo al villaggio dove ci godiamo un pò di riposo in riva al mare con il sole che va e viene.

Il quarto giorno il cielo è nuvoloso e il mare è agitato quindi decidiamo di andare a vedere Matanzas una città a 30 km circa da Varadero citata nella guida come interessante. Ci dirigiamo con un taxi per 4 pesos alla stazione dei pulmann ma per Matanzas c’è una sola partenza al giorno e noi l’abbiamo persa, quindi un simpatico ragazzo ci propone di accompagnarci con la sua auto per 35 pesos (siamo partiti da 40 e abbiamo tirato sul prezzo). Saliamo su una piccola utilitaria tipo Fiat 600 con i vetri oscurati perché anche questo è illegale! Arrivati in prossimità di un ponte ci fa scendere e attraversare a piedi perché c’è la polizia e se lo fermano con noi in macchina gli fanno una multa, oltrepassato il ponte risaliamo sul trabiccolo. La strada più veloce per Matanzas è l’autopista ma il nostro autista prende una strada alternativa più lunga ma molto più bella. Ci troviamo così ad attraversare la campagna cubana con piccoli villaggi pittoreschi, la gente che ci saluta e una vegetazione straordinaria: finalmente abbiamo visto qualcosa di non turistico e sicuramente più vero. Lungo la strada ci sono dei murales e cartelloni con immagini e frasi patriottiche legate alla rivoluzione, molto emozionante ma il nostro autista non parla molto volentieri di questo argomento, come la maggior parte delle persone che abbiamo conosciuto in questa vacanza. In prossimità di Matanzas andiamo a visitare la cueva di non ricordo bene cosa, 5 pesos a persona per una grotta con stalattiti di qualche secolo fa che sinceramente se non siete appassionati speleologi ve la potete risparmiare. Finalmente arriviamo in città che ci appare subito molto movimentata, non facciamo in tempo a scendere dall’auto che ci si appiccica un jinitero con la maglia dell’inter che ci riconosce subito: italiani! Ci racconta in spagnolo molte cose e ci illustra i vari palazzi in modo molto dettagliato, tutto sommato c’è simpatico e lo invitiamo a mangiare qualcosa con noi in una specie di trattoria. Dopo pranzo si continua a camminare sotto una pioggerellina un pò fastidiosa e per le strade è pieno di gente e di musica sembra una festa ma in realtà ci dicono che è la normalità. Si avvicina un altro ragazzo amico del jinitero molto più simpatico di quest’ultimo e poi parla italiano quindi finalmente capiamo qualcosa di più, ma soprattutto comprendiamo che non ha secondi fini economici. A questo punto dobbiamo fare ritorno al nostro “taxi”, salutiamo il jinitero che ovviamente ci chiede qualcosa e noi 5 pesos! L’amico cubano che parla italiano ci dice chiaramente che quei cinque pesos convertibili (valuta che sostituisce i dollari americani per i turisti) equivalgono a 130 pesos cubani (valuta utilizzata dai cubani) e quindi corrispondono a un mese di stipendio e a questo punto iniziamo a capire qualcosa di più, anche perché ci accorgiamo che i prezzi per i turisti non sono uguali ai prezzi per i cubani (esempio: se una bottiglia di acqua al turista costa 1 pesos convertibile (ossia 26 pesos cubani) al cubano costa 1 peso cubano, quindi è tutto rapportato). E con questa notizia in più facciamo ritorno a Varadero con il nostro autista che parla poco e corre molto con l’auto. I giorni seguenti ci godiamo il mare e il sole e pianifichiamo la partenza della settimana successiva all’insegna del fai da te.

L’ultimo giorno al villaggio facciamo una lunga passeggiata sulla spiaggia e ci ritroviamo davanti la casa di Al Capone. Oggi è un ristorante “La Casa di Al” di proprietà del governo, è molto bello e per la sera decidiamo di cenare lì. Così finalmente dopo una settimana facciamo un pasto a dir poco delizioso a base di pesce gamberoni e aragosta (qui non è illegale) il tutto accompagnato da un gruppo musicale, molto bravi e molto simpatici, 51 pesos la cena e 5 pesos i musicisti.

L’indomani mattina sveglia alle cinque, taxi per la stazione dei pulmann e alle sette partenza per Trinidad. Il viaggio in pulmann è durato sei ore e mezza ma ne è valsa la pena, abbiamo attraversato molti paesi e anche qualche cittadina come Santa Clara e Sancti Spirictus dove però ci siamo fermati solo cinque minuti quindi neanche il tempo di vedere il monumento e il museo del Che che tanto desideravo visitare. Attraversiamo la Valle del los Ingenios patrimonio dell’umanità, campi di canne da zucchero a perdita d’occhio e un paesaggio mozzafiato. Finalmente arriviamo a Trinidad e alla stazione veniamo a colti da una folla di jiniteros che propinano case particular ai turisti, noi siamo un pò storditi dal viaggio e da tutta quella confusione quindi ci allontaniamo un pò ma ci si avvicina una signora distinta che dice di essere proprietaria di una casa particulare legale e ci mostra le foto: camera con bagno privato 20 pesos a notte. Manuel Herrera e Eneida Gonzales Borrel casa de hospedaje “El Fausto” calle Simon Bolivar 220 e/ Clemente Pereira y Frank Pais La casa è vicino al centro quindi accettiamo e la seguiamo per le vie colorate e piene di gente, quando arriviamo restiamo incantati è molto meglio del villaggio a quattro stelle e costa molto meno, pulita grande e con l’acqua calda, in più cucinano quindi si può cenare lì. Conosciamo il resto della famiglia marito, figli, nonni, zii, finalmente siamo in una vera casa cubana! Usciamo subito e andiamo a fare un giro è tutto molto meno turistico, poche automobili molta gente e troppi venditori di sigari e ovviamente i soliti jiniteros, ma ormai abbiamo imparato a tenerli a distanza. Il centro della cittadina è veramente molto bella con le case coloniali perfettamente restaurate, la piazza della cattedrale, e tanti locali dove bere la famosa canchanchara (un cocktail a base di rum succo di lime e miele) la bevanda alcolica più buona che ho bevuto. E poi musica musica e ancora musica traditional ovunque. Restiamo talmente incantati da questo posto che decidiamo di restarci cinque notti. La sera abbiamo cenato in casa in un patio carinissimo (zuppa riso pesce insalata abilmente cucinati da Manuel). Dopo cena siamo andati al Teatro Ruinas de Brunet ad ascoltare musica e a bere canchachara e poi a nanna.

Il secondo giorno visitiamo in largo e in lungo Trinidad che in realtà offre scorci bellissimi per le foto da ogni angolazione e personaggi molto pittoreschi da fotografare. Visitiamo il museo Historico National che custodisce mobili dell’epoca spagnola e dalla cui torre si gode una splendido panorama. Ci fermiamo a mangiare un panino alla Casa della Musica e poi a bere una canchanchara alla Casa della Trova. Sulla via del ritorno a casa, una ragazza molto giovane ci chiede del sapone parlandoci di due figli piccoli che hanno bisogno, e noi prontamente c’eravamo portati anche quello ma quando glielo abbiamo regalato l’ha preso e si è voltata andando via senza neanche dirci grazie. E i dubbi sulla veridicità di quello che dicono queste persone che elemosinano, iniziano ad essere sempre più concreti. Torniamo a casa doccia, cena, e dopo un salto al Teatro Ruinas de Brunet.

Il giorno dopo decidiamo di andare al mare, la splendida Playa Ancon e a soli dodici km da Trinidad e con un taxi e 4 pesos la raggiungiamo. Il taxi ci lascia davanti ad un albergo nel tratto più bello della spiaggia: sabbia bianca, palme, mar dei caraibi, caldo come ad agosto a Roma e pochissimi turisti; un vero paradiso. Sulla spiaggia ci sono ragazzi cubani che vendono pizza, ananas e cocco quindi il pranzo è assicurato. Nel tardo pomeriggio ritorno a Trinidad e con nostra grande sorpresa manca la corrente in tutta la città, all’ora di cena fuori è tutto al buio, si sentono soltanto le voci della gente in strada e non capiamo come facciano ad orientarsi. Nella casa particular che ci ospita c’è un generatore di corrente quindi ceniamo con la luce e poi Manuel ci insegna a giocare a domino (il gioco nazionale). Quando torna la luce possiamo uscire per andare al Palenque dove assistiamo ad un assolo del maestro di percussioni David Lopez Garabito (dal quale Alessio la mattina alle nove prende lezioni di gongas per 5 pesos al Teatro Ruines de Brunet), a seguire spettacolo e musica afro cubana.

La mattina dopo decidiamo di fare la famosa escursione a cavallo alla cascata del cubano, ma dopo cinque minuti di passeggiata il mio cavallo si imbizzarrisce e nonostante la guida cerchi di rassicurarmi io mi sono spaventata troppo e decidiamo di rinunciare. Questa disavventura non ci ferma e dopo aver pattuito il prezzo con un taxi, alla cifra di 25 pesos ci facciamo portare al parco naturale di Topes de Collantes, la montagna che sovrasta la zona della Valle de Los Ingenos e Trinidad. Il taxi ci lascia all’entrata del parco dove paghiamo altri 6 pesos. Il percorso da fare a piedi è di 3.500 mt in discesa nel mezzo della boscaglia su sentieri appositamente battuti e sporadiche indicazioni per arrivare alla cascate del Caburnì. Noi arriviamo circa alla metà e torniamo indietro perché veramente faticoso. Molto bella la vegetazione anche se in alcuni tratti talmente fitta da sembrare buio e non vediamo l’ora di raggiungere il chiosco all’entrata per rifocillarci. Arrivano le cinque del pomeriggio che neanche ce ne accorgiamo e andiamo all’appuntamento con il nostro taxi, che sulla strada del ritorno ci ferma al Mirador, un bar situato in un punto strategico da dove si vede tutta la baia di Playa Ancon: suggestivo. Quando torniamo a casa troviamo tutti in fermento per la festa del giorno dopo, la santeria di Santa Barbara: hanno preparato un piccolo altarino con cesti di frutta e candele dove tutti i parenti pregheranno.

Il giorno dopo ancora mare a Playa Ancon, ma questa volta prendiamo il bus turistico a due piani panoramico, e ci ritroviamo praticamente ad abbassare la testa più volte per non essere colpiti dai fili elettrici che penzolano per tutta la città, ma superato questo il viaggio merita. Al ritorno la festa è cominciata in molte case e nella nostra c’è il via vai di gente e una musica tribale continua. Ceniamo e usciamo, è la nostra ultima sera a Trinidad e ce la vogliamo godere. Mentre cerchiamo un locale indicato dalla Lonely Planet, ma che praticamente non conosce nessuno, arriviamo davanti ad un cancello da dove proviene della buona musica traditional e alcune persone ci invitano ad entrare. Superata la normale diffidenza che ci assale, varchiamo il cancello e ci troviamo in un campo di terra con un nutrito gruppo di gente che suona e balla. Ci sono anche altri turisti e all’improvviso ci ritroviamo anche noi a bere ridere e ballare insieme a questi campesinos davvero molto simpatici. Un ragazza ci insegna qualche passo di salsa e un signore anziano ci racconta la sua vita, ma in tutto questo nessuno ci chiede dei soldi! Quando torniamo a casa la famiglia è nel pieno della festa alla quale veniamo invitati, e si ricomincia a bere e mangiare, quando andiamo a dormire è tardi ma siamo veramente entusiasti della serata.

La vacanza sta quasi finendo e noi dobbiamo partire per l’Avana, con l’aiuto di Manuel abbiamo trovato un taxi privato che per 70 pesos ci porta nella capitale passando per Boca de Guamà a vedere i coccodrilli. Al momento dei saluti tra abbracci e baci ci commuoviamo tutti.

Partiamo alla volta dell’autopista passando per Cienfuegos e per un piccolo villaggio, Abreus, che sembra uscito dal far west, qui vive il nostro autista che passa a casa a prendere la benzina per il lungo viaggio e con l’occasione da un passaggio a un amico e ci fa conoscere la sua famiglia. Finalmente si parte davvero e dopo un paio d’ore arriviamo. In questo parco turistico, voluto dal governo, ci sono numerosi esemplari di coccodrilli nel loro habitat naturale salvati da estinzione certa. La visita è un pò lunga anche perché non capita tutti i giorni di vedere dei coccodrilli e noi andiamo a vedere anche l’allevamento dall’altra parte della strada. Poi è arrivata l’ora di pranzo e indovinate qual’è la specialità del ristorante del posto? Ebbene si carne di coccodrillo, che solo Alessio ha avuto il coraggio di mangiare. Ripartiamo per l’Avana dove arriviamo alle cinque del pomeriggio. Il nostro scaltro autista di taxi insiste per accompagnarci nella casa particular di un suo amico nel centro Avana. Noi accettiamo perché strategicamente vicino a tutto ciò che ci interessava, ma non ci rendiamo conto di trovarci nella peggiore via dell’Avana: San Miguel. Per 25 pesos a notte accettiamo, la casa è legale, pulita e con due signori e una vecchietta molto educati e gentili. Siamo usciti quasi subito e al tramonto la strada metteva paura, quindi abbiamo rinunciato ai nostri propositi di andare a piedi per raggiungere il ristorante italiano nel quartiere del Vedado. Con nostra grande sorpresa una famiglia cubana che era in visita in questa casa particulares ci ha offerto un passaggio GRATUITO! La cena al ristorante italiano (vero) a base di pasta e pizza era ottima e la spesa modica (20 pesos). Dopo cena gelato da Coppelia, molto famoso ma per il nostro gusto niente di eccezionale. Frastornati dall’enorme traffico, dal rumore e dallo smog decidiamo di tornare alla casa particulares. Optiamo per un coco taxi (tipico di cuba copre brevi distanze e costa poco) ma quando comunichiamo l’indirizzo nessuno ci vuole accompagnare perché è un posto pericoloso. Finalmente con 3 pesos ne convinciamo uno che si perde pure. Il morale è sottoterra e andiamo a dormire con il proposito di cercare un albergo l’indomani. Il risveglio non è dei migliori, fuori della nostra stanza troviamo tutti i cancelli e le porte barricati, praticamente non c’è via di uscita e non si vede nessuno. Cominciamo a bussare e chiamare e dopo un pò arriva uno dei due proprietari ad aprirci e ancora tutto assonnato si scusa e si giustifica con le stesse motivazioni: è per sicurezza. Dopo questo brutto risveglio usciamo alla scoperta della città ma soprattutto di un albergo dove passare l’ultima notte all’Havana. Seguendo le indicazioni dei proprietari della casa particolare da Calle San Miguel ci dirigiamo subito su Calle San Rafael e percorrendola a piedi arriviamo sulla piazza del Parque National e qui ci concediamo una mega colazione nella pasticceria che si trova sotto i portici accanto all’albergo Inglaterra. Attraversata la piazza ci dirigiamo verso la Habana vieja camminando per Calle Obipso, è domenica e le strade sono piene di gente che passeggia, turisti ma anche famiglie cubane vestite a festa. La ricerca di una albergo inizia dal Floridita (180 pesos a notte) e termina al Seviglia (200 pesos a notte) passando per altri alberghi più o meno carini e costosi, e in quasi nessuno si può pagare con carta di credito (abbiamo quasi finito i soldi!). Nel frattempo visitiamo tutta la Habana vieja in largo e lungo e scopriamo che è deliziosa, poi è area pedonale quindi molto più tranquilla. Visitiamo l’Ambos Mundo e la Bodeguita del Medio (rispettivamente l’albergo e il bar resi famosi da Hemingway), la cattedrale, il convento di San Francesco, la Plaza Vieja e in quest’ultima ci fermiamo a mangiare carne alla brace in un ristorante sotto i portici: pranzo buonissimo ed economico anche se con troppe mosche, ma questo è tipico di Cuba. Decidiamo di tornare alla casa particulares e, visti i prezzi degli alberghi, anche di fermarci a dormire un’altra notte. Sul cammino del ritorno, alla fine di calle Obipso e prima della piazza del Parque National c’è un negozio di rum e sigari molto fornito e con prezzi equi, sarà la nostra ultima tappa prima di tornare in Italia.

Arrivati in camera ci tocca aspettare venti minuti per l’acqua calda e nonostante ciò, doccia fredda e di nuovo fuori verso le 18.00, è ancora giorno e si può evitare di prendere il taxi facendo così due passi fino alla Habana vieja (ci è proprio piaciuta). Visto che abbiamo risparmiato sulla camera decidiamo di regalarci una serata speciale: cena nel ristorante più caro dell’Habana. Ci dirigiamo senza indugio al ristorante Cafè del Oriente davanti la chiesa di San Francesco, chiediamo se si può pagare con carta di credito e ci dicono di si quindi si mangia! Cena deliziosa servizio impeccabile il tutto accompagnato da un terzetto musicale raffinatissimo: molto romantico. Sembra andare tutto per il meglio quando arriva il conto: 85 pesos cubani (a Roma avremmo speso il triplo). Consegniamo la carta di credito ma ci comunicano che è stata rifiutata: PANICO. Chiediamo spiegazioni ma in uno spagnolo sgarbato ci rispondono di non sapere il motivo, facciamo altri tentativi ma il terminale pos non accetta la transazione, alla fine ci vediamo costretti a pagare con i pochi euro rimasti (65,00) e ce ne andiamo disperati: ci rimangono 13 pesos convertibili, le banche sono chiuse e gli sportelli bancomat non funzionano, la serata è finita.

Ce ne andiamo a dormire con il pensiero dell’indomani, ultimo giorno a Cuba: tanti posti ancora da vedere, cose da comprare, mangiare, e non abbiamo neanche i soldi per il taxi che ci deve portare all’aeroporto, è ovvio che la nottata la passiamo in bianco a scervellarci sul come fare.

Alle otto di mattina usciamo e ci dirigiamo al Banco National, l’ultima speranza è il prelevamento in banca con la carta di credito. Sono stati minuti interminabili poi finalmente il cassiere ci dice todo bien e ci da l’equivalente di 100 euro in pesos convertibili (circa 130). Potete solo immaginare il sollievo (mi sono messa a piangere dalla contentezza, davvero!). La voglia di tornare nel ristorante della sera prima e dirgliene quattro è forte, ma decidiamo di andare a fare colazione nella pasticceria di Plaza Parque National. Mentre siamo seduti fuori e ci gustiamo la nostra colazione si avvicinano prima una vecchietta e subito dopo una mamma con due bambini piccoli, entrambe vorrebbero qualche spicciolo ma siccome stiamo mangiando mi alzo entro nel bar e compro a tutti alcuni panini perché se hanno fame e giusto che mangino e non che gli si diano dei soldi. Mi ringraziano caldamente, ma mentre io sono felice del gesto che ho fatto, un poliziotto che è nei paraggi e ha notato tutto si avvicina scacciando le suddette e guardandomi male. Beh sono preparata ad uno scontro, quindi lo fisso negli occhi e aspetto che dica qualcosa anche perché avrebbe dovuto notare qualcosa di peggio che stava accadendo ai tavoli vicini piuttosto che noi: ad uno si trovava il tipico italiano schifoso di almeno 45 anni che amoreggiava con una ragazzina di non più di dodici anni, ad un altro il tipico vecchio commendatore italiano che mercanteggiava con un ragazzo cubano l’acquisto di un crocifisso visibilmente di provenienza sospetta e infine ad un altro due ragazzi, anch’essi italiani, che dopo aver preso il caffè si sono allontanati senza pagare il conto. Che dite quale italiano si è comportato peggio??? Comunque il poliziotto si allontana e noi disgustati da tutto quello spettacolo ce ne andiamo verso il Prado alla volta del mitico Museo della Revolution. Ritrovarsi davanti al Gramna (la famosa imbarcazione con cui il Che, Fidel ed altri rivoluzionari approdarono sulla costa cubana per dare inizio alla Revolution), è un emozione senza pari, solo chi ha letto tutto a riguardo può capire quello che si prova. Entriamo al museo e percorriamo tutto il tragitto della prima revolution (quella di Josè Martì contro gli spagnoli), della seconda revolution (quella del Che e di Fidel contro il dittatore Battista) per concludere con la sala al piano terra interamente dedicata al Che con dettagli dell’ultima esperienza in Bolivia. Usciti dal museo ci dirigiamo al Malecon da dove si può godere la vista della città che si affaccia sulla baia: bellissimo! Percorriamo il Malecon fino al Vedado (qualche chilometro a piedi). Purtroppo il mare è calmo e non possiamo vedere le famose onde che si infrangono sulla strada. Saliamo per Calle 19 dove ci fermiamo a curiosare in un mercatino locale. Si è fatta l’ora di pranzo e decidiamo di tornare nel ristorante italiano a mangiarci un piatto di pasta. Subito dopo ci concediamo un ultimo gelato cubano in una gelateria all’angolo di Calle 19 nei pressi del Malecon e poi coco taxi fino a Plaza Parque National dove facciamo gli ultimi acquisti alla bottega del tabacco e del rum. Acquistiamo tre bottiglie ciascuno e dei sigari poi ritorno a piedi alla casa particulares. Sono le quattro del pomeriggio e abbiamo tutto il tempo per una doccia (quasi calda), chiudere le valigie e prenotare un taxi per l’aeroporto. Pagato il conto e salutato i proprietari della casa particulares prendiamo il taxi, chiediamo all’autista se sulla strada per l’aeroporto fa una breve sosta in Plaza della Revolution, il tutto per 12 pesos (ne voleva 15). Mentre lasciamo il centro Habana con i finestrini aperti per le ultime foto, ci arriva una secchiata di acqua (?) dall’alto, molto spavento soprattutto per le macchine fotografiche (quella di Alessio si è bagnata un po’ ma per fortuna nulla di grave). Proseguiamo per strade decisamente più pulite di quelle che abbiamo lasciato e constatiamo che l’Avana è veramente una città grande. Arrivati a Plaza della Revolution restiamo un po’ delusi da questa enorme distesa di cemento che se non fosse per il monumento a Josè Martì che guarda quello del Che, ci ricorda il quartiere dell’Eur a Roma. Un consiglio: visitatela di mattina perché a quell’ora la luce crea sicuramente una luce migliore di quella del pomeriggio. Risaliamo sul taxi e ci dirigiamo all’aeroporto che sembra lontanissimo. La strada che si percorre sembra la Via Cristoforo Colombo (zona Eur a Roma) ed molto lontana dalla Cuba vissuta per quindici giorni, per fortuna ai lati della strada sfilano cartelloni con propaganda rivoluzionaria e questo ci fa sentire ancora in terra cubana. Arrivati all’aeroporto ci accorgiamo che il tassametro segna meno di 4 pesos quindi decidiamo di pagare con 10 pesos convertibili e gli ultimi 3 pesos cubani, l’autista ci fa un po’ di storie perché non vuole i pesos cubani, ma quando facciamo riferimento al tassametro li prende e se ne va. Raggiunto il check in della Veratour scopriamo che il nostro volo è Blue Panorama per Milano Malpensa via Cayo Largo e poi Alitalia da Malpensa per Fiumicino. C’è andata bene alcuni fanno scalo a Cancun! Il fallimento dell’Air Europe ha creato notevoli disagi. Al momento di passare il check in ci fanno storie per il peso dei bagagli: sono consentiti cinque chili per quello a mano e venti per quello da imbarcare (diversamente dal check in in Italia), i nostri sono dieci a mano e quindici da imbarcare. Quindi ci armiamo di pazienza (ormai ne è rimasta poca) e lì davanti a tutti ci rimettiamo a fare i bagagli. Finalmente li accettano, quindi tassa di uscita e duty free. Cerchiamo di comprare le sigarette ma al momento di pagare il conto con la carta di credito il pos rifiuta la transazione. Non ci preoccupiamo più di tanto, ormai abbiamo capito come funziona: ti fanno credere che puoi usare la carta, tu compri e al momento di pagare…Ops…La carta non funziona e devi pagare contanti. Naturalmente rinunciamo al nostro acquisto con grande disappunto dei commessi che ormai hanno battuto lo scontrino, la nostra risposta è stata: è un vostro problema!!! Non dimenticheremo mai lo scherzetto del ristorante che ci ha rovinato l’ultima notte all’Avana. Il nostro volo è alle 21.30, c’è il tempo di un panino e di due chiacchiere con dei turisti conosciuti al villaggio, le ultime foto e poi finalmente l’imbarco. Una volta entrati nell’aereo ci accorgiamo che è pieno di turisti provenienti dall’Italia che scendono a Cayo Largo. Qualche scambio di domande e poi il comandante (cubano) ci da il benvenuto spiegandoci che dopo lo scalo a Cayo Largo ci dirigeremo a Santiago de Cuba. PANICO!!! Si decolla e non riusciamo a sapere se è stato un errore del comandante o un cambiamento di programma improvviso. Dopo circa venti minuti incappiamo in una turbolenza piuttosto violenta con tanto di vuoto d’aria da urlo collettivo: sembrava di precipitare e non abbiamo mai desiderato tanto tornare a casa! Quando l’aereo riprende quota ci scappa la tipica risata isterica del tipo CHE PAURA! Ma c’è anche chi piange per il grande spavento. L’atterraggio su Cayo Largo è stato da schianto (nel senso che sembrava ci stessimo schiantando). Cambio di turisti, rifornimento di carburante e scuse del comandante che nel poco italiano che riesce a parlare ci spiega che siamo diretti a Milano Malpensa. A questo punto si rende necessaria la valeriana che almeno ci permette di sonnecchiare per le restanti dieci ore di volo. Arrivo a Malpensa alle 15.10, prendiamo i bagagli e corriamo verso il terminal per Fiumicino ma scopriamo che bisogna prendere un pulman che ci impiega venti minuti, e quando arriviamo al terminal Alitalia il nostro aereo sta imbarcando e la scortesissima hostess di terra ci dice: l’avete perso! A quel punto l’esplosione è inevitabile minacciamo di chiamare la polizia e denunciarli, la scorbutica ci risponde: fate pure! Ci dirigiamo dai primi due poliziotti che incontriamo e raccontiamo il fatto, loro comprendendo subito il nostro problema ci accompagnano al banco Alitalia e chiedono spiegazioni, scopriamo così che la nostra prenotazione era stata cancellata già prima del nostro arrivo, io scoppio in lacrime perché voglio tornare a casa e i poliziotti gentilissimi ed efficienti si prendono a cuore la questione. Andiamo tutti al banco della Veratour dove con nostra grande sorpresa ci sono altri otto turisti romani nella nostra stessa condizione. I poliziotti chiedono spiegazioni anche all’hostess della Veratour che è presa dal panico perché non sa cosa fare. Insomma dopo altri venti minuti di attesa ci comunicano che prenderemo il prossimo volo per Fiumicino alle 20.30. Questo significa altre cinque ore circa in aeroporto. Siamo sfiniti ma almeno torniamo a casa. Il tempo non passa più e alle sei facciamo il check in (fila chilometrica) per poi imbarcarci. Volo tranquillo a atterraggio a Roma perfetto (almeno quello). Ma non è finita: infatti aspettiamo circa un ora per prendere i bagagli e alla fine alle 23.00 circa usciamo dall’aeroporto per andare a casa. Totale viaggio del ritorno: 20 ORE!!! Comunque nonostante tutte le disavventure ne è valsa la pena: per la bellezza della natura, per la simpatia della gente, per il clima estivo, per la musica meravigliosa, e naturalmente per le emozioni legate alla Revolution.

Un buon viaggio a tutti quelli che dopo aver letto questo racconto avranno il desiderio di andare a scoprire Cuba.

Manuela.



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