Cuba, emozioni e lezioni di vita
Day 1, Aeroporto Marconi, Bologna
Ci siamo, check in fatto, controlli fatti, al gate c’e’ aria di festa, gli amici di sempre a fianco, il sogno, la meta da sempre sognata e desiderata adesso e’ distante soltanto 16 ore, stasera ci addormenteremo a l’Havana. Cuba ci aspetta, buon Natale. Adelante! Day 1, Volo I8387 – Sopra l’oceano Atlantico ore 19.49 -49°C e a 772 Km/h, dopo una cena a base di pollo, riso e verdure, siamo in avvicinamento alla meta, mancano ancora 7 ore. Proviamo a dormire. ore 21.30 (local time) Atterriamo al Jose Marti dopo 14 ore di massacrante volo. Non ho dormito un secondo, accanto avevo una mamma cubana che mi ha letteralmente massacrato su l’havana e ha voluto sapere per filo e per segno il nostro itinerario. Mi ha fatto conoscere una sua amica, una signora di 90 anni il cui padre era il dueno della maggiore casa di produzione di sigari. Atterriamo e il caldo e l’umidità ci avvolgono. Andiamo diretti all’immigrazione, controllo passaporti e siamo fuori. Il nostro taxista ci attende con un cartello con il mio nome, e dopo aver cambiato i soldi alla cadeca siamo in auto. Ha 32 anni e parla un inglese perfetto, ci accompagna alla nostra casa al Vedado (30 CUC per notte in tre, più o meno 25 Euro) e ci diamo appuntamento per le 24:30 sotto casa. Per noi sono le 6:30 della mattina di martedì, non abbiamo praticamente dormito; ma siamo all’Havana, non possiamo andare a dormire! Il dueno ci consegna le camere, una singola e una doppia. Decidiamo di andare io e Micio nella doppia e Sonny da solo. La casa è bela e pulita e le camere altrettanto. Doccia veloce e in un’ora siamo fuori, camicia e shorts di Jeans, ci sono 25°C e stento a crederci! Il nostro taxista, come d’accordo, ci porta al Capri (8 CUC)che però ha dei problemi con l’acqua e quindi per stasera rimane chiuso. Decidiamo allora di andare alla casa della musica di Miramar, c’è un gruppo a suonare e per 10 CUC decidiamo dientrare. Entriamo e tutto il locale si gira a guardarci, sembra sia entrato il Real Madrid, da non crederci; ci guardano tutti/e come se fossimo alieni. L’atmosfera è super e il rhum scorre a fiumi. Prendiamo un tavolo e una bottiglia di Havana 7 e Cola. La serata trascorre tra balli e tante risate e alle 4 tutti sul taxi per rientrare a casa, con qualche problema dovuto all’H7. Per noi, che siamo partiti da Bologna, sono le 10:00 di mattina ma come mi metto a letto inizio a pensare e a realizzare di essere veramente a Cuba e dall’alltra parte del mondo, con due amici veri e con 15 giorni davanti. Il tempo sembra esseresi fermato all’Havana. Dopo un’oretta cado in un sonno profondo…
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Day 2, Direcion de Marisela – Vedado
L’Havana ore 8.30 la sveglia del mio Blackberry (provvisorio :D) suona puntuale e per un momento mi fa dimenticare di essere in vacanza. Siamo in una casa particular, ovvero una casa privata residenziale, in cui vive anche il/la proprietario con la propria famiglia; abbiamo scelto questa soluzione proprio per vivere in pieno la magia di un popolo così diverso dal nostro, decisamente meglio dei soliti all-inclusive. Sveglio Micio e Sonny e ci spostiamo in cucina, dove Marisela ci ha preparato un’abbondante colazione, per 4 CUC, a base di papaya, ananas, banana, frutti tropicali, prosciutto, formaggio, succhi vari e caffè. Ci chiede poi come vogliamo l’uovo (?!). Un po’ colti di sorpresa ne ordiniamo due “tortilla” (frittata) per Sonny e Micio e uno “frito” per me. Diventeranno un must have per tutta la vacanza. Mi viene un po’ da sorridere e ripenso ad un mio amico italiano che tutte le mattine mangia un uovo ricco di proteine per potersi pompare in palestra. E pensare che lo prendevo sempre in giro! Finiamo di fare colazione, torno in camera apro la finestra e un sole abbagliante mi colpisce. E’ il 18 Dicembre e ancora non mi rendo conto che ci sono 28°C. Fantastico. Facciamo una doccia, costume, infradito, pareo e siamo fuori. Scendiamo a piedi fino al Malecon (il bellissimo lungomare di L’Havana) e dopo poco un cocotaxi guidato da una ragazza ci affianca. Gli dico che non ci interessa perchè Playa de l’Este, la nostra meta, dista 27 km e con quel mezzo che sarà motorizzato con un 125cc al massimo, in tre più lei, penso sia impossibile arrivarci; lei:” Chico, tranquillo!”. Se lo dice lei! Saliamo e per 15 CUC ci accordiamo per il viaggio. Parte e inizia una delle esperienze più terrificanti della mia vita. Il cocotaxi tende a ribaltarsi ad ogni cuva. Dopo un po’ ci abituiamo e dopo un viaggio di un ora (27 km!) e dopo aver visto delle macchine allucinanti, tipo una FIAT 126 arancio pompata a dismisura, e dopo che la tipa si ferma a mettersi un golf esclamando: “tengo frio” (28°C e sole), arriviamo a Tararà, di fronte al Tropicoco. Andiamo in spiaggia e non credo ai miei occhi. Questa è la Playa più vicina alla capitale e quindi, per sentito dire, con il mare un po’ peggio di tutta l’isola e comunque neanche avvicinabile a Varadero o a quello di un qualsiasi Cayo. Bene, è uno dei posti migliori in cui abbia mai fatto il bagno. La giornata va via tranquilla tra bagni e sole, pranziamo con una grigliata mista di pesce, 3 CubaLibre (saliranno a sei) e poi facciamo la conoscenza della Cerveza Nacional e che diventerà un autentico mito per tutta la vacanza: La Cristal. Ne ordiniamo 3. Il sole cala abbastanza presto, è “inverno” qua, e andiamo a pagare. 3 lettini, un ombrello-palma per tutto il giorno pranzo e tutto quanto sopra scritto, 17 CUC! Il dueno del “lido” ci propone di tornare a l’Havana con una Chrysler del ’47 verde e ovviamente accettiamo. Passiamo davanti allo stadio del baseball della capitale dove la squadra locale (Industriales) domani disputerà il Clasico contro Santiago, un po’ come Barcelona – Real Madrid del calcio. Il taxista ci dice che è uno spettacolo imperdibile e che lo stadio si riempirà in ogni ordine di posto per un totale di 40.000 persone! Ci facciamo un pensierino. Rientriamo in casa che sono le cinque di pomeriggio, doccia e come mi metto sul letto crollo. Alle 8 ci chiama Marisela dicendoci che la cena è pronta. Riso con fagioli neri, insalata, 7 aragoste, patate e banane fritte, acqua, dolce e caffè, 10 CUC. Torniamo in camera, ci cambiamo e siamo fuori, destinazione Salon Rojo al Capri. Arriviamo e troviamo due ragazzi Cubani e ci dicono che la disco stasera non è un granchè. Andiamo con loro in un pub e iniziamo a bere e a parlare. Si aggiungono altre persone. Dopo poco perdiamo il conto di quanti tra mojito, cuba libre, daiquiri e pina colada ci portano; alle due e mezzo paghiamo un conto incredibile, 171 CUC, e senza andare proprio al Capri, per la seconda volta di fila, andiamo a dormire e fissiamo con i ragazzi per il giorno dopo per andare a vedere il Clasico.
Day 3, L’Havana Ore 9.00
Mi sveglio e mi gira un po’ la testa, do la colpa al jet lag ma forse il colpevole e’ l’h7 anche se non ho particolarmente esagerato. Solita colazione, stamani c’è un’altra ragazza, e siamo pronti per la Capitale. Vogliamo arrivare fino all’Habana Vieja a piedi da casa nostra (Vedado). Ci sono circa 5 km, e sole a picco, ma siamo convinti di poterci gustare in pieno la città proprio vivendola nei suoi quartieri e spostandoci come farebbe un a abitante locale invece che dei soliti taxi. Attraversiamo in sequenza il Vedado, Habana Centro, Barrio Chino e finalmente Habana Vieja. L’odore che qualsiasi persona che visita l’Havan portera’ sempre impresso nella mente e’ sicuramente quello pungente del carburante. All’inizio puo’ essere fastidioso ma poi, tutti i giorni, sembra quasi far da naturale contorno alla stupenda decadenza della città. Qui non esistono motori euro 2, 3 o 4 (tranne i pochi delle auto delle compagnie di noleggio) e le auto ad ogni scalata di marcia sbuffano con una nuvola nera. In centro conosciamo Angelo un Cuba-Napoletanto, sua sorella ha sposato un campano, che ci indirizza un po’ sulla città e sulle cose migliori da visitare. In realtà tutti hanno un secondo fine all’havana, anche se non sono mai troppo molesti con i turisti, e tra le righe ci propone in sequenza di: acquistare sigari, andare al suo ristorante, andare a casa sua per una festa (?!) farsi portare in giro da un suo tassista. Ringraziamo, rifiutiamo e andiamo avanti!! Visitiamo le 3 piazze principali della città vecchia, bellissime, e in una di queste ci fermiamo a bere 3 Cristal ad un barrettino dove un’orchestra suona musica tipica cubana. Facciamo un salto alla bodeguita del medio, locale storico de l’Havana, dove Ernest Emingway era solito prendere il Mojito. Per 2 euro ne prendiamo 3. Il locale e’ strapieno e beviamo in strada, qui un musicista cieco suona una versione in spagnolo di Destinazione Paradiso da lacrime, forse più per la sua passione che per la canzone in se. Mi avvicino e butto nel suo cappello qualche CUC. Su una colonna scrivo i nostri nomi e la nostra citta’, non perché in questa fase ne senta particolarmente la mancanza ma perché la porto sempre con me nel cuore e la amo. Dopo essere ripartiti ci abbordano due soggetti con una scusa che non ricordo neanche bene quale sia. Facciamo amicizia e andiamo a bere qualcosa. Sono due ragazzi distinti, che lavorano e che dicono di non aver nessun interesse come al solito. Uno e’ la brutta copia di Ronaldo (come se l’originale fosse bello) l’altro suo fratello. Ci portano a bere il Guarapo, una bibita che deriva direttamente dalla spremitura della canna da zucchero da un macchinario, con l’immancabile aggiunta di rhum. Entriamo subito in confidenza, gli dico che e’ uguale a Ronaldo e lui sembra divertito dicendoci che in tanti notano questa somiglianza, un po’ per scherzo dice a Sonny che invece lui sembra uno squalo per il suo naso (d’ora in poi diventera’ lo squalo) a Micio che sembra un habanero e a me un tedesco, forse per gli occhi azzurri e i capelli schiariti dal primo sole. Passiamo un bel pomeriggio e alla fine ci dice che se vogliamo, possiamo acquistare dei sigari da una sua amica che ha una cooperativa. Accettiamo e compriamo qualche Cohiba. Mentre torniamo verso casa mi giro per caso e penso di essere finito davanti alla vetrina di Abercrombie. Un ragazzo con un fisico incredibile, mai visto, sta davanti ad un portone senza maglia, gli chiedo cosa ci sia dentro e lui mi risponde che c’e’ semplicemente un cantiere edile e lui e’ un muratore e si sta momentaneamente riposando. Gli chiedo se posso farmi una foto (per le mie amiche italiane eh) e lui sembra un po’ sorpreso, comunque accetta. Non mi tolgo la maglia per rispetto 😀 :D. Alla fine gli do 5 CUC e sembra che sia il messia, non crede ai propri occhi (praticamente 1/3 del suo stipendio) come se ad un operaio normale un giorno per la strada dessero 400 euro, così! Dopo essere rientrati in casa, riposati e docciati, usciamo verso le 18.00 per andare a vedere la gara di Baseball. Sotto casa ci sono i ragazzi,cubani della sera prima conosciuti al Capri, dopo i saluti uno di loro, Juan o Giovanni, si butta in mezzo alla strada fermando una Jeep a caso urlando :” Italiani, Italiani !!!”. In un secondo siamo tutti e 5 nel cassone e per 6 CUC in tutto ci porta allo stadio. Arriviamo che e’ ancora presto, compriamo un paio di Cristal. Un’enorme edificio residenziale completamente dipinto di blu e con la I di Industriales, la squadra de L’Havana, giganteggia davanti alla tribuna. Ci avviamo verso il botteghino, i biglietti costano 1 CUC e i nostri amici ci dicono che con 5 CUC (3,50 €) possiamo prenderli nel palco Vip in prima fila. Un po’ scettici, accettiamo. Prima di entrare Giovanni sembra conoscere tutti i giocatori e ad un certo punto ci fa fare la foto con due campioni Cubani, entrambi giocatori della nazionale, così come se niente fosse. Entriamo e siamo praticamente in prima fila, se allungo la mano riesco a toccare i giocatori. Incredibile e bellissimo. Lo stadio si riempie piano piano fino ad arrivare a 25.000 spettatori, compresi 500 poliziotti circa. Non ci sono settori a dividere le tifoserie e a meta’ della partita scoppiano dei tafferugli per fortuna ad un centinaio di metri da noi. La partita e’ splendida, soprattutto per me e per i ragazzi che non ne avevamo mai vista una dal vivo. Alla fine i locali si impongono per 2 a 0 su Santiago, per la seconda volta in due giorni. (fanno 3 partite di fila in altrettanti giorni). Usciamo e con la solita scusa i ragazzi fermano una macchina civile a caso e per pochi CUC ci riportano al Vedado a casa. Ci dicono se vogliamo andare a bere, e a pagargli qualcosa, ma siamo troppo stanchi. Uno di loro dona allo squalo il cappellino della squadra locale. Mi tolgo la maglia che indosso, una delle mie preferite, e la regalo a Giovanni. Vado a letto nudo ma contento, pensando a quanto una persona possa imparare in 24ore semplicemente frequentandone altre o altri luoghi del mondo!
Day 4, Road to Vinales Ore 9.00
Ci sveglia Marisela. Sonny deve fare i bagagli e portarli nella nostra camera perché ci sono nuovi ospiti. Solita colazione abbondante e siamo fuori. Fermo una macchina al volo (ormai sono un habanero) e ci facciamo portare al terminal dei bus, solo per turisti, Viazul. Dobbiamo raggiungere in giornata la nostra seconda meta, Vinales, uno splendido paese nella regione di Pinar del Rio nelle quale si coltiva il miglior tabacco del mondo. Il pullman parte alle 15.00 ma appena arrivati al terminal ci dicono che e’ tutto esurito, e che per oggi non ci saranno più corse. Usciamo un po’ preoccupati e pronti a cercare un mezzo alternativo ma in quel mentre, un uomo ci fa un cenno e ci chiama a se. Sembra il boss dei carri particular. Questi carri non sono altro che auto di privati, vecchie auto anni 50 americane che sembrano andare a carbone, che si offrono di fare da taxisti per un prezzo nettamente inferiore a quelli ufficiali. Non avendo tante alternative accettiamo, e per 50 CUC in tre decidiamo di farci portare a Vinales. Fissiamo dopo un’ora al Vedado, a casa nostra. Dal taxista che ci aveva accompagnato al terminal, ci facciamo portare in Piazza della Rivoluzione, forse la più fotografata e la più commerciale di tutta Cuba. Qui giganteggia il monumento di Jose Marti da cui parla Fidel ai cittadini e il ministero delle finanze e delle telecomunicazioni con le enormi effigi di Camilo Cienfuegos e del Che. La piazza e’ enorme, una delle più grandi che abbia mai visto, e facciamo qualche immancabile foto ricordo. Prendiamo un coco taxi e ci facciamo portare all’hotel Habana Libre, altro simbolo della città, in cui Fidel e i guerriglieri subito dopo la vittoria della rivoluzione, formarono il primo governo. Oggi e’ un albergo di lusso, nella hall un giardino pensile, un internet point, tre cafe’, uno shop di sigari. Ne compriamo tre, andiamo ad un bar e prendiamo tre daiquiri, fumiamo e beviamo in attesa del nostro transfert e ci rilassiamo in questo posto magico e ricco di storia. Chiudo gli occhi e mi vedo passare Fidel, il Che e tutta la colonna di guerriglieri nel corridoio, proprio li davanti a me, e sto fumando solo un sigaro. La mia mente viaggia indietro di 60 anni. Torniamo a casa, salutiamo Marisela con l’immancavile foto e scendiamo. Una Cadillac blu del 46 con motore cecoslovacco ci attende, e penso che sia praticamente impossibile percorrere 170 km con questo carro, ma dall’altra parte sono contentissimo di viaggiare da vero cubano anziché dei soliti bus ultramoderni da turisti pensionati. Partiamo e il nostro simpaticissimo autista (si fa chiamare El Gato) ci chiede se possiamo portare con noi altri due turisti (e non saranno i soli). Accettiamo. Sono una ragazza serba e il suo fidanzato norvegese. Prendiamo l’autopistas (qualcosa che si avvicina lontanamente alle nostre autostrade) e ai lati della carreggiata centinaia di persone con i soldi in mano chiedono un passaggio a qualsiasi mezzo che abbia le ruote e si muova. Siamo pieni, senno’ avrei detto sicuramente al Gato di accostare e di farne salire qualcuno. Dopo una sosta in una specie di area di servizio dove mangiamo qualcosa, ripartiamo e 6 o 7 mucche ci attraversano la strada; le scansiamo per un pelo. Il Gato ci dice che deve passare da casa di suo fratello a Pinar del Rio, per fare rifornimento di carburante. A tutti i carri particular di Cuba non funziona nessun tipo di indicatore nell’auto, ne velocità, ne giri e quindi neanche benzina. A 300 metri da casa la macchina si spegne e arriviamo al suo garage per forza d’inerzia, incredibile. Scende, saluta la famiglia, ed esce dal garage con una stagna di benzina. Apre il bagagliaio, con i nostri zaini dentro, svita un tappo e a bocca pompa la benzina nel serbatoio. Poi da un secchio d’acqua a Micio, apre il cofano e gli dice letteralmente di buttarla sul motore per raffreddarlo! La macchina non riparte perché era troppo scarica e quindi siamo costretti a spingerla, scende anche il Norvegese. Quando la Cadillac sbuffa con una fumata nera, tutto il paese, che nel frattempo ci guarda, esplode in un applauso. Ripartiamo e durante il tragitto incontriamo un suo cugino, ci chiede se può caricarlo (deve fare 5 km), accettiamo. Arriviamo a Vinales (4 ore per fare 170 km), prendiamo posto dalla nostra nuova famiglia Papo e Nyulvis, e andiamo a prenotare l’escursione a Cayo Levisa per il giorno dopo. Ci sediamo in un bar e ordiniamo banane fritte e 3 Cristal ghiacciate. E’ ormai ora di cena, torniamo a casa dove la stupenda Nyulvis ci ha preparato un succulento maiale al forno per 10 CUC. Parliamo con lei del nostro viaggio e della sua famiglia, e’ laureata in pedagogia e ha due ninos, vado in camera a prendere una scatola di baci Perugina dal mio zaino e li regalo ad Alejandro, ha 7 anni e adesso sembra il bambino più felice della terra. Scarta il primo cioccolatino e legge in un italo spagnolo il bigliettino:” Se non porti pazienza, ti dovrai soltanto accontentare”. La frase mi rimane impressa per tutta la durata del viaggio. Sembra divertito e vederlo felice mi riempie il cuore. Doccia, mi butto sul letto e il sogno mi coglie mentre osservo incantato uno stupendo cielo stellato caraibico.
Day 5, Vinales
Ore 8.30 Nyulvis ci viene a svegliare chiedendoci se siamo vivi. E’ il 21/12 e oggi, secondo i maya, sembra che debba finire il mondo. Ci affacciamo alla finestra e la predizione sembra essere vera. Il cielo e’ di un nero pauroso, acqua a catinelle e per la prima volta anche un accenno di freddo (12 gradi) che sembra ricordarci di essere in inverno. Andiamo all’Agenzia e convertiamo l’escuraione a Cayo Levisa con il transfert per Trinidad, nostra terza tappa sull’isola. Anticipiamo la partenza di un giorno dato che un anziano appoggiato alle scale della chiesa ci dice che anche domani sarà così. Decidiamo tuttavia di fermarci a Cienfuegos, a meta’ strada tra l’havana e Trinidad. Appena smette di piovere andiamo vicino alla chiesa e noleggino tre bici (8 CUC per 4 ore) e decidiamo di spostarci fino alla cueva de l’indio per visitarla. Pedaliamo 15 km letteralmente immersi in mezzo alla campagna, potendo così respirare e vivere la vera Cuba. La strada e la giornata risultano quasi totalmente prive di turisti. La Cueva e’ una stupenda grotta naturale riscoperta negli anni 20 e al suo interno scorre un fiume naturale navigabile che finisce nei pressi di una cascatella artificiale. La visitamo e dopo ci tratteniamo al barrettino per un refrescos e per fumarci un ottimo sigaro. Mentre torniamo verso casa, ci fermiamo al ristorante Estanco II, poco fuori Trinidad per chi viene da sud dove mangiamo un pollo. E’ la prima volta da quando siamo arrivati che mangiamo fuori da una casa particular. Lasciamo le bici e torniamo in casa. Sonny e’ stanco e si butta sull’amaca di Papo in giardino, nel pomeriggio riceverà l’incarico di andare alla Cadeca per cambiare i soldi visto che siamo corti. Io e Micio decidiamo di prenotare direttamente da Nyulvis l’escursione privata con un campesino per tutta la valle di Vinales a cavallo. Alle 3 partiamo, io Micio il contadino e 3 cavalli. Dopo circa un’ora e mezzo, completamente immersi e circondati da piantagioni di tabacco e caffè, raggiungiamo la casa di un altro campesino. Sale su un albero, prende due noci di cocco le lavora con il suo machete, le carica di rhum bianco e ce le da. Meno male che per il cavallo non serve la patente! Ci fa entrare a casa sua, ci sistema su delle sedie a dondolo in salotto. Ci fa conoscere la sua famiglia, suo padre e sua madre, e ci spiega tutto il procedimento per la coltivazione del tabacco. Possiede 26 ettari ma può tenere per se soltanto il 10% del prodotto, la restante parte va alle maggiori case di produzione di sigari (Cohiba, Montecristo etc.). In questa regione infatti viene coltivato il miglior tabacco dell’isola, e quindi del mondo, e noi siamo li’ nel suo salotto a bere, parlare della fine del mondo e fumare con lui. Ci dice che oggi si trova qui perché se il mondo deve finire vuole morire tra la sua terra. Incredibile. Dopo poco prende 4 foglie di tabacco, arrotola due sigari e ce li passa. Sono fantastici, mai sentito niente di simile. Ne compro 25. Proseguiamo per una grotta che entra per 250 metri dentro la montagna e termina in una piscina naturale dove e’ possibile fare il bagno. Il viaggio di ritorno e’ un’autentica avventura che ricorderò tutta la vita. Partiamo alle 18.00 che il sole sta tramontando. Io, Micio e il campesino cavalchiamo i tre cavalli per due ore nel buio più totale e senza nessun rumore se non quello della natura che ci circonda. Viaggiamo guidati dalla luna che illumina il sentiero e ci fa strada, nessuno parla e la mia mente vaga ancora di più di quanto non stia facendo io, emozionandomi e rendendomi vivo come non mai. La serata prosegue con la fantastica cena da Nyulvis e poi al Pollo Montanez, accanto alla chiesa, dove ci divertiamo da pazzi ma niente potrà mai cancellare e sovrastare la magia della valle di Vinales.
Day 6, Road to Cienfuegos
Ore 6:00 am. Ci svegliamo prestissimo, alle 7.00 abbiamo il bus per Cienfuegos. Siamo tornati tardissimo dalla discoteca e dormiamo 3 ore. Andiamo vicino alla chiesa dove c’è il terminal Viazul. Arriva puntuale e alle 7.05 succede l’impossibile. Nel fare retromarcia per parcheggiare, il nostro autista con il pullman, non guarda lo specchietto e prende in pieno un carro ambulante di ferro che vende uova e ortaggi accartocciandolo completamente su se stesso, trascinandolo ulteriormente per qualche metro dato che non l’aveva ancora ne visto ne sentito. Il venditore con uno scatto felino riesce letteralmente a salvarsi la vita saltando sul marciapiede un attimo prima dell’impatto. Dopo un’accesa discussione arriva la polizia (40 minuti) li carica entrambi sulla pattuglia e li porta in caserma; tornano dopo un’ora e sembra che la situazione si sia tranquillizzata e che in qualche maniera si siano accordati per i rimborsi. Il nostro pullman, comunque, non ha subito danni importanti e con due ore e mezzo di ritardo partiamo. Viaggiano con noi: due fidanzatini di Pordenone con cui facciamo amicizia e mi scambiano per un agente di viaggio dalla quantità di informazioni che gli do, due lesbiche, due donne inglesi cinquantenni sovrappeso, una coppia di norvegesi che festeggiano i 25 anni di matrimonio, e una coppia americana di 70 anni con lui che e’ veramente uguale al cantante dei Rolling Stones. Appena monta sopra al bus dico ai ragazzi: “vai, c’è anche Mick Jagger, siamo tutti, possiamo partire”. Tutto il pullman si mette a ridere. Il personaggio che animerà il viaggio e non solo questo (7 ore per arrivare a Cienfuegos) e’ sicuramente il Norvegese. Una montagna di 150 kg che riesce a mangiare un doppio hamburger e un panino al formaggio alle 6 di mattina, a bere due Cristal e a comprare altrettanta roba per il viaggio; pero’ e’ simpaticissimo e ci avevo già scambiato qualche parola all’agenzia il giorno prima mentre prenotavo il viaggio. Ha un cappellino militare del Che e si mette nei primi sedili occupando con la sua stazza anche meta’ corridoio. Dormiamo praticamente tutto il viaggio, eccezion fatta per una sosta vicino a l’Havana (il norvegese ribeve e rimangia) e per la pausa pranzo in un rancho lungo la carreggiata per 6 CUC. Inutile dire che il Norvegese riebeve Cristal come se niente fosse, rimontiamo in bus e a questo punto e’ definitivamente ubriaco. Arriviamo a Cienfuegos alle 4, con due ore di ritardo per l’incidente. Salutiamo tutti gli altri passeggeri, proseguono tutti per Trinidad, e con particolare calore il Norvegese che sono convinto, sbagliandomi, di non rivedere mai più in tutta la mia vita. Ad accoglierci c’è Reinaldo, il proprietario di casa, che per due ore e’ stato letteralmente ad aspettarci alla stazione dei bus, ed invece che essere arrabbiato o scocciato ci accoglie con un sorriso a 32 denti ed un caloroso abbraccio. Si, questa e’ Cuba!. Lo soprannomino Roncaglia per l’evidente somiglianza con il calciatore. Ci porta in casa sua e ci sistemiamo; e e’ una graziosa casetta indipendente con un patio che divide il soggiorno dalla zona notte, questa volta sta a Micio dormire da solo, io e Sonny condividiamo un matrimoniale. Ordiniamo delle aragoste per cena, è il 22/12, e oggi è compleanno di Sonny; usciamo per comprare una bottiglia di vino per festeggiare. Andiamo a cambiare anche i soldi alla Cadeca, Micio mi da i suoi ed entro io soltanto. C’è una gran coda, cambio 1250 CUC (1000 Euro) e me li danno tutti in pezzi da 20. Equivalgono a 65 stipendi mensili di un dottore qua a Cuba, 5 anni e mezzo di lavoro, un po’ come se qua in Italia un dottore andasse a ritirare in banca 160.000 euro e li mettesse tutti nel portafoglio. Tutta la banca si gira a guardarmi, mi sento uno stupido, ma la mia colpa è soltanto quella di essere nato dalla parte giusta del mondo (o forse realmente no!) e non ci posso fare niente. Facciamo un giro a Cienfuegos, conosciamo un po’ di ragazzi e ci facciamo indirizzare per la sera. Ceniamo e festeggiamo Sonny, riposino, ci cambiamo e andiamo al Benny di Cienfuegos, entriamo con 3 CUC compresa la consumazione. La discoteca è bellissima e piena zeppa, ci saranno 500 persone. Iniziamo a bere e non tengo più il conto dei H7 e Cola che ordiniamo e paghiamo per noi e per qualsiasi persona che si trova al bancone al momento che ci siamo noi. Conosco un ragazzo di Domodossola e uno di Osimo che viaggerà poi per Panama, santo Domingo per tornare in Italia ad Aprile! Incontro un ragazzo Cubano che dice di vivere a Scandicci, in Via Baccio da Montelupo 23 e lavora davanti allo Stavini alla Stazione Santa Maria Novella!!! Ovviamente non ci credo e allora lui, un po’ scocciato, mi indica incrocio dopo incrocio e semaforo dopo semaforo la strada da casa sua a lavoro. Rimango sbalordito. Incontro un ragazzetto di 18 anni, che tra l’altro ci aveva abbordato il pomeriggio, e parliamo un po’ di tutto. Ci scambiamo l’email in quanto vuole migliorare il suo italiano. Usciamo e ci segue fino a casa, vedo che guarda la mia maglia con insistenza e in generale come siamo vestiti; non appena arriviamo al portone me la tolgo e gliela regalo. Mi guarda incredulo, mi stringe in un abbraccio fortissimo e ci promettiamo di scriverci. Andiamo a dormire.
Day 7, El Nicho – Trinidad
Ore 8:30 Ci svegliamo e la colazione e’ già pronta. Oggi partiamo alla volta di Trinidad ma la giornata prevede un’escursione ad oltranza al parco naturale El Nicho, dove un torrente genera una cascata naturale di 30 metri di altezza e diverse pozze in cui fare il bagno. Salutiamo la famiglia di Cienfuegos che ci ha ospitato, facciamo la solita foto di rito ed usciamo in strada dove ad attenderci c’è il nostro tassista. Ha 26 anni, una Peugeot bianca anni 90 di un modello mai visto prima e lo stereo suona a palla il solito Reggaeton del “Magnifico”. Ci accordiamo e per 80 CUC ci porta al Nicho (90 km), ci aspetta tutto il giorno, alle 16:00 ci porta a Trinidad (120 km) e torna a casa. Il taxista e’ simpaticissimo anche se non e’ possibile dire altrettanto della sua macchina che a tutte le salite ci costringe a fermarci e ad aprire il cofano per farla raffreddare. Durante il tragitto, ad un certo punto, inchioda bruscamente perché vede una ragazza che si allunga dalla banchina. Si ferma e ci chiede se può farla salire, dicendoci che e’ stata a dormire dal suo ragazzo, accettiamo e si mette dietro, in mezzo a me e a Sonny, mettendo in discussione qualsiasi teoria sul proprio ragazzo! Micio e’ davanti e riesce nella fantastica impresa di stare zitto per tutto il viaggio. Arriviamo al parco, paghiamo 5 CUC e iniziamo a camminare. Arriviamo alla cascata, fantastica, e facciamo qualche foto per poi proseguire per la pozza che la precede in modo da poter fare il bagno e rilassarci. Io mi metto su una penisoletta rialzata in mezzo alla piscina naturale perché l’acqua e’ veramente fredda, i ragazzi in due secondi sono in costume e si tuffano. Nonostante sia un torrente in mezzo alla foresta, si riescono a vedere i piedi a conferma di quanto l’acqua sia trasparente. Dopo un’oretta faccio amicizia con il bagnino, o guardiano che dir si voglia, e ci propone di seguirlo oltre la recinzione che delimita il parco da una zona interdetta ai turisti, dove si trova una grotta e la sorgente del fiume. Oggi non ci sono molti turisti e ci dice che ci può portare, a patto che non se ne faccia parola con nessuno. Cosa gli avremo risposto? Certo! Ci mettiamo in marcia e dopo poco si ferma raccattando tre frutti da terra provenienti dall’albero soprastante e ce li dona; sono molto simili alle nostre castagne e ci dice che portano fortuna. Proseguiamo e il fiume si fa sempre più piccolo, fino ad un certo punto dove l’acqua viene direttamente da una crepa sotto il suolo. E’ la sorgente, non ne avevo mai vista una in vita mia di persona e sembra letteralmente di toccare la vita con le mani. Soprattutto rimane un po’ inspiegabile come da quel poco gorgoglio, pochi metri più avanti possa formarsi una cascata con un fronte di 6 metri e alta 30! Torniamo verso le piscine, fermandoci prima nel punto più alto del parco dove possiamo ammirare tutta la foresta e la vallata ricca di palme e vegetazione, e scorgere in lontananza il lago Hanabanilla. Micio esclama che quando Rambo osservava la giungla per scovare i nemici, doveva sentirsi più o meno così !! Il bagnino ha una fantastica maglia completamente bianca con due grosse croci rosse, una davanti e l’altra dietro, e la scritta CRUZ ROJA CUBANA. Mi piace da impazzire, gli chiedo se può regalarmela. Mi dice di aspettare un attimo. Dopo venti minuti torna con una busta e all’interno c’è la maglia e il cappellino ufficiale sempre della CRUZ ROJA. Fantastico! Anche in questa occasione ci dice di non parlarne con nessuno dato che è ovviamente vietato. Prendo il portafogli e gli do’ 20 CUC (una volta e mezzo il suo stipendio mensile), li mette in tasca, sparisce, e non lo rivedremo più per tutto il giorno. Dopo un ricco pranzo a base di pollo ripartiamo alle 15:30 con il nostro tassista per Trinidad. Durante il tragitto ci ferma una pattuglia. I carri particolar non possono trasportare turisti (pena multa di 30 CUC) che possono viaggiare soltanto su taxi statali autorizzati. Fortunatamente il poliziotto è dello stesso villaggio del nostro conducente e tutto si risolve con una bottiglia di rhum. Appena ripartiamo ci dice “A Cuba è così, se mi aiuti ti aiuto, se non mi aiuti non mi aiuto”. Gli volevo dire che anche in Italia è la solita storia. Alle 17.30 arriviamo alla casa di Alberto a Trinidad. Stupenda, con un parco sul dietro. Prenotiamo la cena, maiale. Facciamo un rapido giro in paese dove acquistiamo qualche souvenir e ci informiamo per la sera. Dopo cena riposiamo e andiamo all’Ayala, una discoteca che per arrivarci dobbiamo praticamente scalare una montagna. La fatica viene però ripagata perché la discoteca è all’interno di una grotta naturale e la musica è amplificata fino all’impossibile, strepitosa. Entriamo, 3 CUC con consumazione. Beviamo il solito H7 e Cola e qualche Cristal, facciamo amicizia e balliamo persino il Gangam Style. Andiamo a letto esausti.
Day 8, Playa d’Ancon
Ore 9:00 Ci svegliamo e la splendida Osmar ciprepara una colazione succulenta. Facciamo chiamare un taxi per percorrere i 12 km. Che ci separano dalla penisola di Ancon. Arriviamo, e ci dirigiamo verso la spiaggia di un Hotel 5 stelle, e per 2 CUC ci danno 3 lettini e un ombrellone (in realtà una palma) per tutto il giorno. La spiaggia e il mare sono fantastici (anche se non i migliori che vedremo) e la tranquillità assoluta. Improvvisamente Micio vede il norvegese che avevamo conosciuto in bus e in costume fa ancora più impressione. Ha un paio di pinne gialle in mano, il braccialetto al polso che distingue i clienti dell’all-inclusive, e sta rientrando in albergo visto che è l’ora di pranzo e non può certo saltare il pasto. Purtroppo non ci vede e quindi non riusciamo a salutarlo. Ci spostiamo al baretto direttamente sulla spiaggia per pranzare, ordiniamo 3 cheeseburger e 3 Cristal. Micio ha fame e raddoppia. Al tavolo accanto al nostro conosco un ragazzo messicano, mi dice di essere stato 8 volte in Italia in vacanza e lo parla correttamente. Parliamo un po’ della politica di Cuba, dell’embargo che da anni la tormenta, all’impossibilità di viaggiare che hanno rispetto per esempio ai cittadini di paesi sviluppati. Iniziamo a parlare dell’america e di New York. Proseguirà il suo viaggio in Guatemala, per poi tornare a lavorare nella sua cittòà, vicino a città del Messico, dove ha un’agenzia di autonoleggio. Prendiamo altre tre Cristale torniamo sotto il sole e ci addormentiamo. MI sveglio e sono le 17:00, paghiamo il bagnino, e andiamo verso il parcheggio dove il nostro driver ci riporta a casa. Lasciamo la roba in camera, ci diamo una rinfrescata ed usciamo per Trinidad. Entriamo in un market per acquistare una bottiglia di vino, e quando usciamo ci imbattiamo in un homeless, abbastanza curato, che porta le valige ai turisti per le ripide strade della cittadina in modo da racimolare qualche spicciolo. Inizia ad elencarci tutte le regioni italiane, gli dico che sono Toscano e allora comincia con teutte le province, Firenze, Pistoia, Arezzo…, mi dice dove nasce l’Arno e dove sfocia. Penso allora che in passato debba aver viaggiato molto, mi dice in realtà che è soltanto un viaggiatore mentale, non è mai uscito da Cuba e che viaggia con l’immaginazione. Cerca di immaginarsi i luoghi così come i turisti glieli descrivono. Gli raccontiamo la nostra storia e, ci chiede se possiamo dargli un po’ d’informazioni su Firenze in modo da aggiornare il suo database personale!! Prima di ringraziarci prende un libro ridotto a brandelli e va, a memoria, alla pagina 50. “FIRENZE” è il titolo. Aggiorna con le nostre notizie e poi ci legge una poesia in spagnolo su Florencia. Incredibile. Mentre rientriamo in casa mi fermo ad un internet point e scopro di avere 429 mail non lette. Apprendo che la Fiorentina ha vinto 3 a 0 a Palermo con doppietta di Jovetic e goal di Gonzalo ed io e Micio esplodiamo in un urlo di gioia. Passiamo davanti ad un bar e Sonny nota 4 ragazze al banco. Decidiamo di entrare e ordiniamo H7 e Cola. Facciamo amicizia e ci dicono che 3 vengono dalla Nuova Zelanda e una da Londra, avrebbero proseguito la serata alla casa della Musica. Rientriamo a casa per cena e stasera è la vigilia di Natale. A casa di Alberto, che è decisamente un benestante, è festa grande. Ha radunato più o meno mezzo quartiere e ha cucinato 50 polli tutti assieme in un forno strepitoso. A cena un duetto di Camaguey, suona ottima musica tradizionale cubana, passando di tavolo in tavolo e deliziandoci talvolta anche con melodie europee. Dopo cena ci rilassiamo nel patio e colgo l’occasione di fumarmi un sigaro in pace e di scrivere il mio diario relativamente alla giornata appena trascorsa. Usciamo e andiamo alla casa della Musica per una serata danzante. Sony adocchi le Chica del pomeriggio e scambia due parole ma appena andiamo a bere e torniamo non ci sono più. La musica è assordante ma appena il DJ prova a mettere qualche HIT commerciale europea tipo David Guetta o Bob Sinclair, le persone si fermano di botto; a parte il fatto che non gli piace proprio come ritmo, il problema principaleè che non la sanno proprio ballare, non hanno nel sangue quel ritmo. Di conseguenza la serata prosegue con reggaeton a pall, fino alle prime luci del mattino…..continua…
Dìa 9, Road to Remedios
Ore 9:00 Ci alziamo e facciamo forse la miglior colazione della vacanza, solito uovo frito per me e tortilla per Micio e Sonny. Volevamo restare un giorno in più a Trinidad, ma Alberto ha tutte le camere occupate per stasera e quindi ci facciamo prenotare una casa a Remedios, in modo da poter raggiungere da la Cayo Santa Maria. Facciamo la solita foto con Alberto, Osmar e i ninos e salutiamo un po’ a malincuore questa fantastica casa, sia per la location che per le persone che abbiamo conosciuto. Ci facciamo chiamare un taxi, ovviamente amico di Alberto, e dopo 10 minuti partiamo. Prima di raggiungere Remedios, decidiamo di allungare la strada e di passare da Santa Clara, città che ha incoronato el Che come leader della rivoluzione e che ha visto ottenere qui una delle più importanti vittorie che hanno poi dato il la per la conquista dell’Havana. Santa Clara ha reso ceramente famoso il Che perchè qui, con un plotone 18 uomini armati soltanto di fucili, molotov e un ruspa, fece deragliare un treno che trasportava munizioni, armamenti e uomini dell’esercito regolare. Non appena tutti furono usciti dal treno deragliato, furono massacrati tutti dai rivoluzionari, indebolendo così i rifornimenti e l’esercito a l’Havana e aprendo la strada alla colonna di Fidel verso la Capitale. Purtroppo il museo oggi è chiuso per l’unico giorno dell’anno, è Natale, ma possiamo comunque passeggiare per i vagoni ancora deragliati accanto alla ferrovia. Mi faccio fotografare sui binari, nel punto esatto in vui il trno deragliò. Mi assale una strana sensazione, ho sempre letto molti libri, documenti e visto filmati e documentari su questo giorno storico della rivoluzione e su questa precisa azione di guerra, ma trovarsi nel punto esatto con le proprie gambe sembra quasi non sia reale. Mi rivedo passare tutti i soldati accanto e fischiare le pallottole, mi succede sempre quando vado in un posto ricco di storia. Un po’ come trovarsi nel punto esatto ad Hiroshima dove venne sganciata la bomba atomica, nel punto esatto in cui venne assassinato Kennedy. Rimango senza dire niente per 5 minuti buoni. Ci spostiamo, sempre con il nostro fidato autista, verso il mausoleo dove dopo qualche anno dalla morte, vennero riposti i resti del Che proveniente direttamente da una fossa comune in Bolivia dove venne giustiziato insieme ad altri rivoluzionari. Purtroppo anche questo è chiuso e facciamo soltanto le foto dall’esterno.
Dìa 10, Cayo St. Maria Ore 8:30
Mi sveglio e ho un mal di schiena atroce. Condivido il letto con Micio ed e’ veramente troppo morbido per le mie abitudini. Apro la finestra e un sole caldissimo entra nella nostra stanza, decidiamo di andare a Cayo Santa Maria come da programma. Il nostro taxi sta, Rene’, ci accompagna, ci aspetta tutto il giorno, e ci riporta per 45 CUC. Il Cayo e’ distante 42 km e ci si arriva dopo aver percorso una strada artificiale composta da 65 ponti a pelo d’acqua, costruita in 15 anni! Rene’ ci scarica e ai nostri occhi ci appare il paradiso. Una spiaggia bianchissima, mare cristallino con l’acqua alta 50 cm per 200 metri! Eccoci finalmente nelle classica spiaggia caraibica da cartolina, decisamente la migliore che abbia mai visto in vita mia. Ma il bello e’ che, in 3 km di spiaggia, ci sono in totale 10 persone e 3 siamo noi!! Scarico praticamente la batteria della mia reflex dalla quantità di foto che faccio (anche per le insistenti richieste di Micio che vuole le foto da profilo :D) e, per una volta nella vita (anche per la seconda o la terza), ci togliamo lo sfizio di fare i nudisti. Pranziamo a Las Brujas, un ristorantino su un promontorio che domina tutta la baia. Nel pomeriggio proviamo a giocare un po’, ma il pallone che abbiamo comprato la sera prima a Remedios, e’ decisamente il più duro che abbia mai calciato nonostante sia di gomma. Ci rilassiamo quindi sotto il sole e ci addormentiamo fino alle 17:00. C’è da dire che qua, come in Italia, e’ inverno ma per la sua particolare localizzazione, l’isola, gode di un clima particolarmente caldo e, anche nei mesi più freddi dell’anno, la temperatura di giorno non scende mai sotto i 28 C permettendo di stare sotto il sole senza mai sudare ma allo stesso tempo riscaldando. Mentre percorriamo il tratto di spiaggia che ci separa dal parcheggio, troviamo delle conchiglie bianchissime dalle dimesioni eccezionali. Rientriamo alle 17:30 con Renè e Cuba ci regala l’ennesimo tramonto indimenticabile. Lasciamo i bagagli in casa e andiamo a fare un giro in centro. Cena a base di aragosta e andiamo a dormire, domani ci aspettano 400 km per raggiungere Varadero!
Dìa 11, Road to Varadero Ore 8:30
Ci svegliamo e andiamo nel patio per la colazione, abbondante più del solito per affrontare il viaggio verso Varadero. Micio riesce a svuotare mezzo barattolo di miele sulla sua frittata Jambon e Queso. Torniamo in camera e rifacciamo il nostro zaino per l’ennesima volta, dopo aver firmato il guestbook della casa in cui siamo stati vermante bene. Zaino in spalla apriamo la porta di casa e ci troviamo davanti ad un incubo, sembra essersi scatenato il finimondo: piove in maniera dirompente. Ma qui è inverno, si sa, e Joaquin ci rassicura dicendoci che il maltampo durerà massimo mezza giornata e che, addirittura, a Varadero c’è già il sole. Ci fidiamo. Parcheggiata sul marciapiede di fronte a casa c’è la Nissan Almera grigia di Joaquin, sarà direttamente lui a traghettarci fino a Varadero. Joaquin vive, più o meno, nel lusso (per Cuba s’intende) e con la sua Nissan, interni in pelle, cambio automatico, e CD del Magnifico a palla, partiamo malinconicamente, esclusivamente per le condizioni meteo, verso Varadero. Joaquin è logorroico, così come ho avuto modo d’intuire nel soggiorno a casa sua, e quindi “obbligo” Sonny ad andare davanti perché non ho proprio voglia di stare 4 ore concentrato a capire in spagnolo i concetti che tenta di illustrarmi. Passiamo da un paesino che è completamente chiuso per una gara di moto che assomigliano molto a scooterini truccati che sfrecciano lungo un vialone con tutte le persone ai bordi della strada a fare il tifo e probabilmente a scommettere anche dei soldi. Il fumo nero che si alza dal tracciato di gara, il tifo delle persone e il rumore assordante delle marmitte forate, trasformano un tranquillo paese di campagna in un circuito maledettamente caotico. This is Cuba! Quando usciamo dai paesi, il paesaggio intorno è assolutamente selvaggio: cavalli, maiali, carri trainati da buoi, mucche e altre tipologie non identificate di animali sulla carreggiata che per qualsiasi abitante di un paese sviluppato risultano essere decisamente fuori luogo e assolutamente incredibili. Il bello è che, o per capacità degli autisti o per spiccato senso di urbanizzazione delle bestie, non succedono quasi mai incidenti. Dopo circa quattro ore arriviamo a Varadero e il tempo sembra ancora fare le bizze anche se ormai non piove più. Mi prende un po’ di sconforto, visto che volevamo fare gli ultimi tre giorni di sole, mare e relax. Varadero non è Cuba! E’ molto simile a Miami e tutto è a forma e misura di turisti. Se non vissuta nei villaggi turistici, che mi sento di sconsigliare vivamente, si riesce tuttavia ancora ad apprezzare quello spirito libero che contraddistingue tutta l’isola dato che qua a Varadero, anche se in netta minoranza, ci sono 20.000 cubani residenti. La penisola di Varadero è divisa in 4 Avenue e in una sessantina di calle perpendicolari. Andiamo in un centro commerciale, il primo e credo unico su suolo cubano, per pranzo. Ordinamo 4 Hamburger e 4 Cristal, paghiamo ovviamente anche per il nostro driver (tutto 15 CUC). Non è abituato a bere e la Cristal fa il suo effetto, dopo pranzo gli offriamo anche una sigaretta, a sua detta sono 12 anni che non fuma, ed è definitivamente fuori di se. Lo salutiamo e lo osserviamo mentre si avvia verso la sua macchina, attraversa la strada barcollando e senza guardare e una macchina lo schiva di un metro più per istinto dell’autista che non per altro. Lui non sembra neanche accorgersene e continua diritto. Ok, è ubriaco; il problema è che deve guidare per 450 chilometri per tornare a Remedios. Andiamo a casa e facciamo la conoscenza di Nancy, la signora che ci ospiterà per le ultime tre notti della nostra vacanza. E’ ancora molto nuvoloso, andiamo a letto e ci svegliamo alle 18:00. Doccia e siamo fuori, mi prende ancora peggio, il cielo è completamente nero. Micio e Sonny sembra non interessargli molto e dando molta fiducia ai metereologi locali mentre io, che sono un po’ pessimista per natura, sto’ iniziando a dubitare molto delle veridicità delle informazioni che ci danno. Facciamo un po’ di shopping e arriviamo velocemente all’ora di cena. Andiamo a piedi verso la Calle 36, noi siamo sulla 20, e individuiamo un ristorante crollo. Mentre stiamo per entrare scorgo un’insegna dal lato opposto della strada: “Trattoria Nonna Pina”. E’ un ristorante italiano. Quando sono all’estero li evito sempre, primo perché sicuramente il cibo non è all’altezza dell’equivalente italiano (anche se non sempre vero), secondo perché se sono all’estero voglio godermi in pieno il paese anche attraverso la cucina locale. Comunque, dopo 13 giorni di cucina cubana, di maiali, aragoste e polli, decidiamo di entrare. Apriamo il cancellino e un giardinetto funziona da sala d’attesa, c’è coda, molto insolito per Cuba. Sulla destra c’è un recinto dove ci sono 5 conigli e un po’ di criceti. Dopo poco ci sediamo e ordiniamo 3 H7 e Cola, 3 Cristal, 3 pizze, 2 bottiglie d’acqua, e due caffè. Chi mi conosce bene sa quanto ami la pizza. C’era il forno a legna, e questo posto sperduto nei caraibi, può davvero competere con le migliori pizzerie di Firenze (che ovviamente non sono eccelse)! Buonissima! Poi il conto, 13 CUC. Fosse in Italia ci sarebbe da prenotare con tre mesi d’anticipo. Usciamo e andiamo verso la 62, c’è l’Havana Club, un delle disco più in voga di Varadero. Ci fermiamo al The Beatles, un pub poco prima, dove c’è un gruppo rock che suona davvero bene. Solito tavolo in prima linea e solite 3 Cristal. Nela tavolo accanto al nostro ci sono un gruppo di canadesi che bevono tipo 50 Cristal in 6. Sono ubriachi fradici, anche se riescono a mantenere una certa compostezza prima di lanciarsi in un ballo sfrenato. Usciamo verso mezzanotte e il mio umore è sempre più a terra, il tempo non promette niente di buono. Andiamo alla casa della musica sulla 36, una brutta copia di quella dell’Havana e di Trinidad. C’è molta gente ma ci delude un po’. Andiamo a dormire, facendo la danza del sole!!!!
Dìa 12, Varadero
Ore 9:00 Mi sveglio un po’ depresso, esco di casa e non credo ai miei occhi. No cloud!! Il cielo è sereno come non mai, delle nuvole e del maltempo della sera prima non c’è traccia. Torno in camera eccitato, urlo e salto sul letto di Micio e Sonny che quasi muoiono d’infarto visto che sono ancora nel sonno. Ci alziamo e ci trasciniamo nel patio dove Nancy ci ha preparato un’approssimativa colazione, dato che non l’avevamo avvertita la sera prima. In un attimo mi metto il costume e il pareo di ordinanza e insieme ai ragazzi ci avviamo in spiaggia. Per oggi scegliamo quella sulla ventesima strada, ad un tiro di schioppo dalla nostra casa, praticamente la playa dell’hotel Tropical. La camminata è piacevole e sembra di essere, più che a Cuba, in una tranquilla località di villeggiatura toscana. Per 3 CUC noleggiamo dal bagnino 3 sdraio e la solita palma per tutto il giorno. Dalla voglia di mare e di sole che ho, e abbiamo, la palma rimane praticamente inutilizzata e noi addirittura ci ungiamo tutti con il mio fidato olio abbronzante al cocco. Il mare è bello anche se, a mio parere, non paragonabile con quello di Cayo Santa Maria; la spiaggia è molto grande e ricorda molto quella oceanica di Miami. Tira un po’ di vento, 28°C, e stiamo d’incanto, ci addormentiamo e arriviamo alle 17 senza accorgercene e senza mangiare! Andiamo verso il centro commerciale a fare un po’ di shopping e lungo la 2 Avenue a comprare dei souvenir per amici e parenti. Appena arriviamo sulla 36esima svoltiamo e andiamo verso l’autopista dove c’è il terminal dei Viazul, vogliamo prenotare il viaggio verso l’Havana dove tra 3 giorni dobbiamo prendere il volo per il rientro. Non riusciamo neanche ad entrare nel terminal che ci abborda il solito boss dei taxisti, una montagna di muscoli, e per 45 CUC ci offre di portarci in aeroporto ovviamente con una macchina americana ma soprattutto di partire a che ora più ci comoda a noi, risparmiandoci la tabella oraria del Viazul, permettendoci così di godere anche del terzo giorno pieno di mare (il volo decollerà alle 23). Accettiamo ovviamente! Rientriamo a casa e l’aria condizionata è regolata al massimo, ci saranno 18 gradi, ci buttiamo sul letto e ci addormentiamo praticamente subito. Dopo un paio di ore mi sveglio e sono mezzo malato, febbricitante. Prendo un’aspirina, mi infilo in doccia e ci prepariamo per udcire. Andiamo a piedi al Tina, ormai la nostra trattoria di fiducia ufficiale, e ceniamo con tre primi e tre pizze sempre di buona qualità. H7 e Cola per finire. Facciamo amicizia con il proprietario Veneto, che ha sposato una ragazza cubana e da cui hanno una splendida bimba che ogni tanto va a prendere in braccio i conigli nel giardinetto; diventerà il nostro mito per i seguenti giorni. E’ identico a Schumacher e ha la mascella talmente pronunciata che riesce inspiegabilmente a parlare senza muoverla. Dopo cena andiamo a piedi verso il Beatles, ci sarebbe una bella serata all’Havana Club, ma non mi sento davvero bene per fare qualsiasi cosa. Ci spostiamo alla 62 dove ci sono i locali migliori e la movida di Varadero, beviamo qualche drink e ascoltiamo l’ottima musica dal vivo di un gruppo cubano. Lasciamo il campo di battaglia verso le 2; Taxi, 5 CUC e a letto!! Continua
Dìa 13, Varadero
Ore 9:00 Ci svegliamo e anche oggi il tempo e’ sereno, anche se non ai livelli del primo giorno. Andiamo in spiaggia. Nancy non ci ha preparato la colazione quindi, appena lasciate le nostre cose sotto la palma, Sonny e Micio vanno sulla seconda a prendere qualcosa da mangiare e un refresco per pochi CUC. Dopo poco li raggiungo, e facciamo un giro per Varadero dato che e’ arrivata qualche nuvola. Facciamo un po’ di shopping, sempre sulla seconda, e compro un vestitino e gli ultimi souvenir. Alle 13 il cielo viene spazzato da una leggera brezza, regalandoci una giornata meravigliosa, torniamo in spiaggia e ci spaparanziamo al sole. E’ simpatico come io mi presenti in spiaggia con la maglietta dei bagnini cubani, Cruz Roja cubana, mentre il bagnino locale ha una canottiera con scritto Salvataggio-Marina di Massa. Ci guardiamo entrambi per lo stesso motivo, mi avvicino chiedendo spiegazioni e lui mi dice che un turista toscano che da 10 anni frequenta Varadero gliel’ha regalata. Alle 17 inizia a fare buio, anche se fa caldo e ci sono 31 gradi, e’ inverno e le giornate sono relativamente corte. Per la strada di casa fermo un carro trainato da un cavallo e per 10 CUC ci facciamo accompagnare; a turno ci docciamo, guardiamo un po’ di sano baseball in tv, prendo un’aspirina per la mia influenza e ci addormentiamo. Dopo due ore una stecca del letto si sfila e con un sordo tonfo sul pavimento mi sveglia, i ragazzi esplodono a ridere. C’è da dire che mi sento veramente meglio, e l’influenza è ormai ridotta ad un semplice raffreddore. Ci vestiamo in gran fretta e a piedi ci avviamo, come al solito, dalla nostra fidata Nonna Tina. Ormai siamo di casa e il proprietario ci accoglie con un grande abbraccio, ordino la mia solita pizza mentre Micio e Sonny optano per una scaloppina ai funghi. Mi sento decisamente meglio e di mia iniziativa ordino H7 e Cola per tutti. Dopo cena ci avviamo verso il Beatles, dove suonano i ragazzi della prima sera, e mentre camminiamo un Cadillac cabrio ci passa accanto a tutta velocità con a bordo il ragazzo canadese conosciuto qualche tempo prima in piedi sul sedile passeggero a petto nudo completamente ubriaco con in mano una Cristal. Deve aver scambiato Varadero per il paese dei balocchi, anche se tale associazione non è del tutto sbagliata. Proseguiamo sulla 62 dove ci sediamo in un bar e notiamo che una gran folla si dirige verso l’Havana Club, è venerdì sera e praticamente tutti i turisti della penisola di Varadero sono qui. Facciamo un H7 e cola di riscaldamento e siamo dentro. L’entrata costa 5 CUC con consumazione e le successive 2,5 CUC. Un po’ come all’Otel o.O! La discoteca è strapiena, al posto del consueto reggaeton il Dj suona musica commerciale ad un volume inaudito per i tanti canadesi ubriachi che si scatenano. Passiamo una piacevole serata, l’ultima per noi sull’isola. Usciamo prendiamo un taxi e andiamo a dormire.
Dia 14… Non lo scrivo, è l’ultimo giorno ed è troppo triste.