Cuba, Disfrute!
I più pensano che andare a Cuba significhi abbandonarsi alle risorse danzerine del popolo cubano, alla movida notturna, ai muchachi e alle muchache isolane… Mentre gli lasciamo credere questo noi ci addentriamo nel mondo della Rivoluzione Cubana, nei vicoli de L’Avana Vieja (che somigliano incredibilmente ai Quartieri Spagnoli di Napoli) e ci sembra di rivivere le vicende dei protagonisti di numerosi libri d’avventura letti durante l’adolescenza.
Il mio viaggio a Cuba risale a Giugno del 2010: dieci giorni sono pochi per visitare l’isola, tuttavia possono bastare per capirne i meccanismi. Se si vuole avere una visione ampia della sua cultura non bisogna restare ancorati al villaggio turistico (ma questo anche i più lo sanno) per cui zaino in spalla e via. E’ comodo viaggiare utilizzando i bus di linea Viazul: noleggiare l’auto non è il massimo del comfort dato che le strade non sono asfaltate, non ci sono luci, non c’è segnaletica e ogni tanto vi attraversano mucche, capre, cavalli, per non parlare dei calessi di legno che sfrecciano ad alta velocità contromano guidati da vecchietti evidentemente provati dal Rhum casareccio. La moneta turistica è il CUC ossia Peso Convertible (che vale più o meno quanto l’Euro), differente dal Peso Cubano che è la moneta ufficiale; vale la pena cambiarla negli uffici di cambio delle città dove il cambio è più vantaggioso, non nei villaggi turistici o negli aeroporti. Durante gli spostamenti consiglio vivamente di soggiornare nelle case particulares ossia in appartamenti e case private nei quali i turisti soggiornano assieme alle famiglie locali (stile Bed &Breakfast): costano poco, sono pulitissime e permettono di vivere a stretto contatto con i cubani, inoltre le padrone di casa deliziano il palato dei loro ospiti con dei manicaretti favolosi preparati per pochi soldi. Fatte le ragionevoli raccomandazioni, ora siamo pronti per abbandonare il villaggio turistico (necessario per trastullarsi dopo il lungo viaggio in aereo) e dirigerci verso L’Avana dove facciamo amicizia con Hubel, un ragazzo cubano che si offre di farci da guida per 2 giorni in cambio di 40 CUC. E’ molto frequente essere avvicinati da ragazzi come Hubel a Cuba: si improvvisano guide in cambio di pochi soldi. Sui blog di viaggio ho letto di persone che trovavano questi ragazzi estremamente irritanti, ma noi piuttosto che acquistare una guida e fare “beneficenza” ai colossi dell’editoria, preferiamo farla a un ragazzo qualsiasi che conosce i posti giusti da visitare e ci diletta con racconti e aneddoti sulla vita cubana. Dopo vari giri, Hubel ci ha portati a casa di Jamay, la proprietaria di una delle tante case particulares situata nel cuore de L’Avana Vieja. Nemmeno il tempo di pattuire il prezzo di pernottamento e prima colazione (una delle principali regole di questi paesi è: contrattare!) che già ci riversiamo in strada, pronti per assaggiare i famosi piatti locali a base di arroz y frijoles (riso e fagioli) e ovviamente di aragosta. Affamati, ci ritroviamo in un ristorantino tipico molto famoso e ben frequentato: accanto al nostro tavolo c’era una coppia che litigava animatamente su cosa ordinare. Dopo che il maschio della coppia inizia a far cadere il primo santo dal calendario, ci rendiamo conto di essere alle prese con una simpatica coppia napoletana… L’allegria e il folklore napoletano ci accompagnano anche a Cuba! Di nuovo in strada, passiamo due giorni assieme a Hubel in giro per L’Avana: Plaza Vieja, Plaza de La Catedral, Calle Obispo, Floridita, La Bodeguita del Medio, Paseo del Campo, Monumento a Josè Martí, Il Faro del Morro, Plaza de la Revoluciòn sono solo alcuni dei fantastici posti che vale la pena visitare. La lista è molto lunga, tuttavia il tempo come sempre è tiranno e ci costringe a ritornare nel nostro villaggio e a pianificare le prossime tappe da fare. Ma L’Avana non è la sola città che necessita visita: nel raggio di poche centinaia di Kilometri riusciamo a visitare Matanzas, città dei ponti; Varadero, città turistica dal mare turchese (dove tra l’altro è situato il nostro villaggio turistico); Cardenas la città del proletariato urbano; Santa Clara città della Rivoluzione e di Che Guevara e Trinidad città dall’architettura coloniale patrimonio dell’UNESCO. Ce ne sarebbero tante altre da conoscere ma i pochi giorni a disposizione ci limitano alla zona Nord-Ovest dell’isola e ci fanno tanto desiderare una visita anche a Santiago, Holguín, Cayo Largo…
Vale la pena spendere due parole su Santa Clara e Trinidad. Nella prima città è possibile visitare il Mausoleo di Che Guevara e dei suoi compagni caduti in Bolivia e in Guatemala, il Museo della Rivoluzione e il treno deragliato durante la rivoluzione con tanto di mappe, fotografie, armi che ricostruiscono i momenti salienti del deragliamento. Invece Trinidad è una città perfetta per gli amanti dell’architettura coloniale in quanto tutti gli edifici conservano intatte le caratteristiche di quell’epoca. Se si ha l’occasione di salire sul campanile del Museo De Lucha Contra Bandidos, il punto più alto della città, si può godere di un’incredibile vista: i tetti degli edifici della città, formati da tante piccole tegole di un colore rosato, e la moltitudine di colori che ne dipingono le facciate danno la sensazione di essere in presenza di un quadro impressionista di Cezanne, dove le pennellate brevi e corpose testimoniano con brevi tocchi l’eternità del colore. Allo stesso tempo, però, si viene inevitabilmente a conoscenza con l’altra faccia di Cuba, quella che ne rattrista i ricordi: la povertà. Centinaia di persone riversate in strada a chiedere l’elemosina, a pedinare i turisti per un singolo CUC, un piccolo pezzo di pane, un banale braccialetto di plastica o un “Labello” mezzo finito. Questa è la parte tragica della storia che getta su questo viaggio un velo di tristezza e ne rende sbiaditi i colori. Ma anche questo fa parte di Cuba; questo come anche le miriadi di telecamere poste nei vicoli dell’Avana Vieja che sorvegliano ogni singolo movimento, come i numerosi poliziotti in giro per la città istruiti in modo da garantire il rispetto per il regime e la soppressione di ogni minimo pensiero “scomodo”, come l’impossibilita di manifestare la propria libertà di parola, di stampa. Ma questa è tutta un’altra storia. Non facciamo nemmeno in tempo a metabolizzare tutto ciò che torniamo in Italia con davanti agli occhi ancora quella vita e quei colori, con la salsa che riecheggia nelle nostre orecchie, il sapor di aragosta che persiste nella nostra bocca e un forte pensiero che arde nel nostro cuore e ci ricorda che Hemingway aveva ragione: i cubani possono essere sconfitti ma mai distrutti.