Cuba che ci ha scaldato il cuore

Arriviamo all’Habana la sera di Natale del 1999 alle ore 22.00 con un volo Air France proveniente da Parigi. L’aereo è in ritardo, a Parigi abbiamo aspettato circa 1 ora che rintracciassero e scaricassero il bagaglio di un passeggero che non risulta imbarcato (scopriremo poi che si era tolto la vita nei bagni dell’aeroporto), alla dogana...
Scritto da: David Marcacci
cuba che ci ha scaldato il cuore
Partenza il: 25/12/1999
Ritorno il: 07/01/2000
Viaggiatori: in coppia
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Arriviamo all’Habana la sera di Natale del 1999 alle ore 22.00 con un volo Air France proveniente da Parigi. L’aereo è in ritardo, a Parigi abbiamo aspettato circa 1 ora che rintracciassero e scaricassero il bagaglio di un passeggero che non risulta imbarcato (scopriremo poi che si era tolto la vita nei bagni dell’aeroporto), alla dogana facciamo più di un ora di coda, è il nostro assaggio alla burocrazia cubana. Come consigliato abbiamo una finta prenotazione per l’Hotel “El Morro” che scopriremo essere chiuso da due anni, ma tanto è la prassi da rispettare. Prendiamo un taxi e chiediamo di essere portati in avenida 20 de Mayo dove abita Enrique, l’amico di Irene che ci ospiterà per la notte e poi al nostro ritorno all’Havana. Percorriamo i circa 25Km che separano l’aeroporto dalla città molto incuriositi, è molto buio, le strade sono rattoppate alla belle e meglio, non ci sono indicazioni, ci accolgono i cartelloni propagandistici di Fidel tipo “patria o muerte” o “socialismo o muerte”. Arriviamo a casa di Enrique, un posto molto buio, un palazzone stile sovietico con decine di appartamenti in calcestruzzo prefabbricato. Troviamo Maria Grazia e il suo fidanzato ad attenderci, siamo stanchi, facciamo due chiacchere e andiamo a dormire, fortunatamente la deliziosa Signora Maria dell’agenzia Easy Travel è stata di parola e ha consegnato a casa di Enrique i biglietti per il volo del mattino successivo Havana-Holguin che abbiamo prenotato tramite e-mail. La mattina presto (26/12) ci alziamo e chiamiamo un taxi per l’aeroporto Wajey (vicino al Josè Marty). Attendiamo circa 1 ora per imbarcarci, l’aereo è meglio di quanto ci aspettavamo, è un ATR42 di fabbricazione 1988, poteva andare peggio visto che di fianco al nostro ne vediamo uno identico ma con sicuramente dieci anni di più e le gomme con le tele fuori dall’usura. Il volo per Holguin dura circa 1 ora, il tempo è bello, arriviamo che fa molto caldo , l’aeroporto non è male anche se e molto isolato. All’uscita troviamo un passaggio per Guardalavaca da un minibus che fa servizio per i grandi club all inclusive. Percorriamo circa 40 km ed arriviamo a destinazione, chiediamo all’autista di portarci in centro e subito ci accorgiamo che a Guardalavaca non esiste un paese, solo grandi alberghi e poco altro, non ci sono neanche case di cubani, ma dove vivono quelli che lavorano qui? Purtroppo le uniche cabanas presenti a G. Sono tutte occupate e questo fa sfumare l’unica nostra opportunità di dormire ad un prezzo ragionevole. Ci tocca scegliere il club che costa meno (si fa per dire) e giocoforza accettare un tipo di sistemazione che non prevedevamo e non ci piace anche perché spendiamo la bellezza di $ 130 per una doppia all inclusive. Andiamo a mangiare e ci accorgiamo che sia la camera che il cibo non valgono tutti questi soldi, il buffet è abbondante ma la varietà di cibo è molto scarsa. Trascorriamo il pomeriggio in spiaggia, questa si che è davvero bella anche se il tempo non è dei migliori. Il giorno dopo (27/12) cerchiamo di ripartire alla volta di Holguin per proseguire per Camaguey. Non troviamo bus e così siamo costretti a prendere un taxi. Durante il tragitto vediamo molta gente per la strada che forma dei capannelli, chiedo al nostro autista che cosa stanno facendo, mi risponde che aspettano il bus ma il bus non passerà e quindi aspettano qualunque cosa possa dare loro un passaggio, una bici, un camion o qualcos’altro. Alla stazione dei treni di Holguin abbiamo un’altra sorpresa, il treno per Camaguey non c’è da diversi giorni, andiamo alla stazione degli autobus dove ci dicono che il bus del mattino è già partito e quello della sera forse non partirà; sono le dieci del mattino, non sappiamo cosa fare, facciamo due conti con il nostro autista di taxi e decidiamo di farci portare a Camaguey per la cifra di 35 centesimi di dollaro al km per 200 km. Meno male che a Cuba pensavamo di spendere poco e di riuscire a muoverci in libertà, siamo qui da due giorni e siamo completamente fuori budget e in balia degli eventi. Durante il viaggio in taxi conversiamo con l’autista e ci facciamo una piccola idea della vita dei cubani, per strada vediamo poche auto, la maggior parte delle quali stanno insieme per miracolo ed emettono un fumo acre e denso, qualche camion molto vecchio adibito a bus e molti carri trainati da animali e molte bici. All’arrivo a Camaguey chiediamo di essere portati ad un Hotel che troviamo sulla LP dove dovremmo trovare una stanza abbastanza economica e decente. Alla richiesta di 60 $ per una doppia non cediamo, cediamo invece ad un procacciatore di case particular che ci avvicina e ci conduce in una casa molto bella e pulita dove la senõra Noemi ci affitta una stanza con bagno per 20$ a notte. Facciamo un giro per C. E alla sera andiamo a mangiare al Paladar de los Tres Reies, un ristorante discreto con la solita penuria di pietanze. La mattina dopo (28/12) andiamo alla stazione dei treni per informarci sugli orari per Moron che sarà la nostra prossima destinazione dopo due giorni in questa cittadina. Alla stazione ci dicono che l’unico treno per Moron è al mattino ma che questa mattina non c’è stato, forse domani si, ringraziamo e ritorneremo domattina di buonora visto che il treno è alle otto. Dedichiamo la giornata alla visita di Camaguey che è una bella cittadina non molto turistica, ci sono diverse chiese, parchi e monumenti che meritano una visita. Nella cattedrale vediamo il presepe, ma non erano tutti bolscevichi? La sera mangiamo a casa di Noemi e dopo cena ci tratteniamo a chiacchierare con suo figlio e sua nuora Angelina, sono dei ragazzi giovani che vogliono sapere molto della vita in Italia e noi chiediamo molto a loro della vita a Cuba. Lavora con il computer ma dice che non se ne potrebbe permettere uno e anche se avesse i soldi necessari non saprebbe dove comperarlo, poi ci ripensa e ci dice che forse all’Havana c’è un negozio che li vende (distanza 800 km!). La sera parliamo anche con un amico di Noemi che ci porterebbe in macchina fino a Moron per 50$, non sappiamo cosa fare, abbiamo un brutto presentimento per il treno e abbiamo paura che una volta a Moron non riusciremo a raggiungere Cayo Coco come vogliamo fare: ci sta venendo voglia di affittare una macchina, ma non e facile ed è costoso. La mattina dopo (29/12) salutiamo la squisita Noemi che ci da un sacchetto con la colazione da portarci dietro, se non troveremo il treno forse torneremo da lei per una notte. Alla stazione facciamo i biglietti in dollari pagando venti volte di più la tariffa dei cubani per il medesimo trattamento, per i treni a breve raggio non c’è distinzione tra turisti e cubani. Aspettiamo il treno immersi in una umanità molto varia e poco rassicurante; attendiamo più di 1 ora e mezza che arrivi il treno, siamo gli unici turisti e ci notano tutti, compresi i malintenzionati. Arriva il treno, indescrivibilmente sporco e fatiscente, senza finestrini e panche, abbiamo un rifiuto ma cerchiamo di salire. Stipati all’inverosimile sentiamo aprirsi le cerniere dei nostri zaini e mani che entrano nelle nostra tasche, ci mettiamo due secondi a ridiscendere. Cosa facciamo? Monica ha una crisi di pianto, bisogna trovare una soluzione. Andiamo in un Hotel e cominciamo a telefonare ai noleggiatori di auto di Camaguey, anche senza conoscere bene lo spagnolo ci intendiamo a meraviglia; per nostra fortuna l’ultimo ci dice che ha una vettura disponibile anche se si tratta di una macchina piccola, accettiamo tanto per due è più che sufficiente. Ci facciamo portare all’agenzia da un bici-taxi, il tragitto è lungo e fa caldo, ci sentiamo dei vermi nel vedere lo sforzo e la fatica del ragazzo che pedala, all’arrivo oltre a pagarlo di più di quanto richiesto gli regaliamo una maglietta e un cappellino. La macchina è una Fiat 600 azzurra che ci sembra una Ferrari, quasi un miraggio. Ci vogliono quasi due ore perché uno svogliato quanto inconcludente funzionario (il burocrate per antonomasia) riempia tutti i documenti e ci dia le chiavi: ora siamo ridiventati padroni della nostra vacanza. La macchina ci costa 55$ al giorno più la benzina che costa circa un dollaro al litro, ma ne vale davvero al pena. Facciamo rotta verso Moron, la guida è piacevole anche se bisogna guidare con otto occhi, fare attenzione alle buche, agli animali, alle bici, avere sempre il pieno e pregare di non avere un guasto. Arriviamo a Moron nel pomeriggio e ci dirigiamo all’unico Hotel disponibile, siamo stremati psicologicamente dalla giornata e non ce la sentiamo di cercare una casa particular, poi c’è il problema di parcheggiare l’auto al sicuro, non le rubano ma rubano le gomme, gli specchietti, le parti di ricambio. L’hotel Moron non è brutto, per 45 USD a notte ci danno una bella camera con aria condizionata (che noi non usiamo!), c’è anche la piscina, la discoteca e l’American bar, oltre ad una grande sala da pranzo e una piccolo negozietto interno. Il posto crediamo abbia conosciuto i fasti degli anni ’70. Ci riposiamo un poco e decidiamo di fare un giro in macchina fino a Cayo Coco per cercare una spiaggetta per l’indomani. Il viaggio in macchina è piacevole, si snoda lungo la striscia di terra in parte naturale e in parte no che unisce Cayo Coco con la terraferma. La strada e il posto sono interdetti ai cubani (esclusi coloro che vi lavorano), si paga un pedaggio e non esiste insediamento se non i grandi Resort con intorno il nulla. Il posto è molto bello, spostandosi dai grandi Club la natura è selvaggia ed incontaminata, ci sono un sacco di splendide calette e spiaggette da sogno con l’acqua molto calda. Troviamo un bel posticino per il giorno dopo, nei pressi di un cantiere per la realizzazione di un nuovo Club c’è una spiaggetta molto carina e un posto dove lasciare la macchina che sarà custodita dal guardiano del cantiere che per un dollaro diventa il nostro migliore amico e ci esorta a tornare domani. Torniamo a Moron, giusto il tempo per un tuffo in piscina e andiamo a cena in città. Mangiamo in un ristorante statale che ci dicono il migliore della città. In effetti, per essere uno statale questa volta non ci va male. Torniamo in Hotel e andiamo a nanna. La mattina (30/8), dopo una veloce colazione in Hotel facciamo rotta per Cayo Coco. Torniamo dal nostro amico che è contentissimo di vedere un po’ di turisti e guadagnare qualcosa. Non abbiamo che l’imbarazzo della scelta per la spiaggia ma ci dirigiamo verso quelle più grandi e ospitali dei Club. Un po’ timorosi chiediamo ad un guardiano munito di ricetrasmittente (controlla che dal mare nessuno si imbuchi nel villaggio) se possiamo stare in spiaggia li, ci risponde che nel Club non si può entrare ma la spiaggia è libera e a disposizione di tutti, quasi come da noi in Liguria!. Passiamo la giornata allo svacco totale tra bagni, sonnellini al sole e passeggiate sulla spiaggia. Alla sera torniamo in Hotel che siamo abbrustoliti e stanchi morti. Ci alziamo e ci accorgiamo di essere nel tanto decantato ultimo giorno del 1999 anche se ufficialmente non l’ultimo del millennio. Partiamo alla volta di Trinidad. Il viaggio è piacevole, ormai siamo abituati a scansare buche, biciclette, animali, “camiones” ecc. Il paesaggio muta rispetto a quanto visto finora (pianure coltivate a canna o adibite a pascolo), qui è più collinare e le colture un po’ più differenziate, si coltiva anche il caffè anche se la canna continua ad essere la vera padrona. Già in lontananza la cittadina è un vero splendore, ci dirigiamo verso il Motel Las Cuevas (segnalato dalla guida) che però è completo. All’uscita del motel veniamo avvicinati da un cubano che ci indica poco distante una casa particular che dice di suo fratello (guarda caso!). Andiamo a vedere, non è niente bella ma la fissiamo per paura di non trovare altro. Andiamo verso il centro e siamo sempre meno convinti della sistemazione, ovunque vediamo gente che trasporta maialini o parti di essi, è l’ultimo dell’anno e la gente prepara il “lechón”, il maialino arrosto. Andiamo a casa della signora Lemes, abbiamo letto sulla guida che affitta camere e se non ha posto come ci dice, può trovare altre famiglie che ne hanno. Ha una casa coloniale bellissima ed è di una gentilezza estrema, Fa un paio di telefonate e ci dice che ha trovato un posto presso un amico che sta arrivando a prenderci. Lo seguiamo e arriviamo in un’altra bella casa coloniale molto centrale, la sistemazione è molto meglio della prima infatti la fissiamo e con una scusa andiamo a riprenderci i bagagli e la macchina nell’altro posto. Ci sistemiamo da Franc (Hostal Fraida Urquiza Martinez, Calle Antonio Maceo 457 entre F. Javier Zerquera y S. Bolivar – 62600 Trinidad ; Tel. 4286 ) che è un ometto di poche parole ma molto gentile, ci da le chiavi di casa e ci dice di fare come vogliamo. Ora non ci resta che organizzare qualche cosa per questa fantomatica sera ma cosa? Abbiamo un idea e torniamo dalla signora Lemes che con la sua gentilezza ci indica un paladar poco distante dove dice si mangia molto bene. Andiamo a vedere Il “Sol y Son”, il posto è molto bello, parliamo con il proprietario e prenotiamo un tavolino per due. Il pomeriggio visitiamo Trinidad che si rivela molto bella e molto vivibile per un turista come noi, non è un posto commerciale ma ci sono molti servizi che da altre parti non abbiamo trovato. La sera ci prepariamo e arriviamo al Sol y Son. È ancora presto per mangiare, ci sediamo al bancone del bar decisi ad assaggiare un aperitivo e perché non il famoso Mojito. Eccezionale veramente! Il posto è molto piccolo e man mano si riempie quasi tutto di turisti, di fianco al nostro tavolo siedono due ragazzi italiani, due ragazze italiane e un po’ più distante, nel tavolo più grande del locale, una compagnia di ragazzi che penso essere olandesi. Cominciamo a mangiare e attacchiamo discorso con i ragazzi (un po’ cresciuti) e le ragazze. Naturalmente è un confrontarsi sulle ragioni che spingono a Cuba, sul tipo di viaggio, sui trucchi per “sopravvivere” sull’isola, la compagnia è piacevole e la serata anche. Mangiamo bene anche se le pietanze sono molto semplici. Poco prima di mezzanotte arriva l’attesissimo lechón che a noi non fa impazzire. Brindiamo alla mezzanotte tutti insieme a Havana Club offerto dagli olandesi e cantiamo e balliamo accompagnati dal chitarrista che ci aveva fatto compagnia per buona parte della cena facendoci conoscere un po’ del repertorio cubano. Poi paghiamo (30 USD in due tutto compreso) e con gli altri ci dirigiamo alla casa della musica, una specie di discoteca all’aperto dove fanno una festa. Il posto è bello, pieno di cubani, la musica è suonata dal vivo e l’atmosfera molto bella sotto un cielo pieno di stelle all’inverosimile. Eccoci nel 2000, ci fa un po’ effetto sapere che le nostre famiglie e i nostri amici hanno già festeggiato il capodanno da 6 ore. Rientriamo a casa di Franc che sono da poco passate le due di notte e ce ne andiamo a dormire. La mattina (1/1) ci alziamo con tutto comodo e andiamo in macchina fino alla spiaggia di Playa Ancon: un vero paradiso. La spiaggia è meravigliosa, il mare caldo e calmissimo, c’è pochissima gente, un po’ di turisti e un po’ di cubani reduci dalla festa, poi arriva anche il proprietario del Sol y Son a bordo di una fantastica auto americana anni ’50 di un rosso sgargiante. Ci crogioliamo al sole e facciamo dei bagni interminabili, io per poco non metto un piede sopra una razza che nuota molto a riva, ci sono molte stelle marine e un italiano stupido che ne vuole portare una a casa. Incontriamo un ragazzo di Genova che riconosciamo dalla parlata, ci scambiamo un po’ di esperienze, ci da un indirizzo di casa particular a Santa Clara. Trascorriamo il pomeriggio in spiaggia e rientrando a casa cerchiamo un modo per tenere la macchina ancora qualche giorno, non ci dispiacerebbe restare ancora un poco a Trinidad e andare al mare. Alla stazione di servizio non sanno dirci niente di preciso (quando mai!!!!) così pensiamo di telefonare da casa di Franc. Purtroppo anche a Cuba è festa il 1° gennaio visto che è l’anniversario della rivoluzione. Ceniamo a da Franc con un piatto di aragosta che la mattina ci aveva proposto “mui segretamente” con contorno di riso, banane fritte e le solite altre cose. La mattina (2/1) ripartiamo controvoglia alla volta di Santa Clara. Arriviamo al noleggio macchine ma invece di consegnarla la affittiamo per un altro giorno, abbiamo deciso di trascorrere la notte qui e di andare direttamente all’Havana domattina in macchina, non sia mai che abbiamo altre sorprese con i mezzi locali. Cerchiamo la casa che ci ha indicato il genovese, la troviamo e la fissiamo, non è una reggia ma abbiamo visto di peggio, al signora è molto gentile e non ci sembra che a Santa Clara possiamo ambire ad un altro tipo di sistemazione. Usciamo da casa di fretta perché è domenica, è quasi mezzogiorno e noi non abbiamo più dollari, non vorremmo doverci fermare anche lunedì per cambiare e pagare la signora. Andiamo all’Hotel Santa Clara Libre che ha la facciata ancora sforacchiata dalle pallottole dei rivoluzionari, qui ci scontriamo con il classico impiegato statale nella sua peggiore eccezione: ci dice che non può anticiparci dei soldi con la Visa, ci dice che non c’è posto in città dove cambiare Travel Ch., insomma ci manda a stendere con fare molto annoiato. Per fortuna che siamo testardi e non ci arrendiamo, usciamo dall’Hotel e neanche a farlo apposta appena attraversata la strada (in faccia all’Hotel) vediamo una Cassa de Cambio ancora aperta, ci infiliamo e cambiamo i famosi dollari, mi danno 200 verdoni tutti in biglietti da uno perché non ne hanno altri. All’uscita della Cadeca veniamo seguiti con fare insistente da un ragazzino che ci ispira veramente poca fiducia, gironzoliamo un po’ allarmati per la piazza principale finché non desiste. Cerchiamo qualcosa da mangiare ma la città non offre molto, il caffè della piazza è molto sporco, non hanno niente da mettere sotto i denti, beviamo qualcosa un po’ infastiditi da un gruppetto di “maricones” che mi guardano con insistenza. Ce ne andiamo e cerchiamo da mangiare in una specie di pizzeria in una stradina vicino alla piazza, è gremita di cubani e quello che servono non è molto invitante; decidiamo di andare a visitare il monumento al treno blindato di Batista che fu assaltato dai rivoluzionari e catturato in una delle battaglie che favorirono la riuscita della rivoluzione. Per Cuba è molto importante ma non è quello che si dice uno spettacolo: c’è un treno in parte deragliato, la ruspa usata per fermarlo, il tutto ben tenuto e pitturato ma non è molto spettacolare. Facciamo ritorno a casa, la fame ci attanaglia, decido ti tornare all’Hotel dove ci hanno maltrattato a procurare del cibo, ritorno con una tavoletta di cioccolata anche e dei biscotti. Certo che come pranzo non è un granché, speriamo che questa sera il pollo che ci preparerà, con la quale abbiamo preso accordi per la cena, sia migliore. Passiamo la giornata a giocare a domino e a carte con i nipoti della signora che sono molto simpatici ed ansiosi di conoscere particolari della vita in Italia, si interessano anche molto alla carte e cerchiamo di insegnare loro Machiavelli. La sera ci sediamo a tavola e consumiamo una splendida cena a base di pollo delizioso, fagioli, riso ecc. Non ci va di fare completamente gli ospiti e chiediamo alla signora e ai nipoti di sedere a tavola con noi. Dopo qualche chiacchiera sul nostro viaggio e sulla vita che si conduce a Cuba, noto che la signora la deve sapere lunga sulla Rivoluzione e cerco di intavolare la discussione. Scopriamo che la padrona di casa è stata una fiancheggiatrice del Che e che lo ha anche conosciuto ed ha cucinato per lui. Passiamo una irripetibile e grandiosa serata a parlare di Rivoluzione, lei ci racconta come nascondeva gli esplosivi nel suo orto, di come portava i viveri ai Barbudos, delle rappresaglie dell’esercito di Batista. Santa Clara non è il massimo di bellezza ma sicuramente la compagnia di è valsa veramente la pena. Andiamo a dormire dopo avere comunicato alla signora che partiremo verso le sei di mattina, dobbiamo fare 350 Km ed arrivare all’Habana entro le ore 11. Ci alziamo alle 5.30 (3/1) e partiamo nel buio e nella desolazione più assoluta, non c’è anima viva in giro ed è un problema visto che per trovare la strada non ci sono indicazioni. Percorriamo almeno due volte la stessa strada e finalmente troviamo qualcuno che ci dice dove andare, sta schiarendo e cominciano a vedersi un po’ di persone, bici, carretti ed altro. Quando prendiamo la Carrettera Central andiamo meglio anche se pur essendo una sorta di autostrada deserta (4 corsie per senso di marcia con una macchina ogni dieci minuti) si incontrano cavalli, biciclette, persone che fanno autostop e mezzi che fanno impossibili inversioni di marcia e attraversamenti. Finalmente giungiamo all’Habana e raggiungere casa di Enrique non è molto facile, giriamo un po’ e finalmente arriviamo; sono solo le 9.30, la strada è stata meglio del previsto. Enrique è a casa e ha posto per dormire anche se siamo arrivati con un giorno di anticipo. Prima di riconsegnare la macchina sul Malecon mi chiede di accompagnare lui e i suoi ospiti della sera prima a Miramar e così partiamo in cinque e con due valige enormi sulla nostra scatoletta. Lasciati i belgi mi chiede di andare da sua sorella a controllare la casella di posta elettronica e poi facciamo altre commissioni, stanno arrivando le 11 e dobbiamo affrettarci ma lui non se ne cura troppo. Arriviamo alla Micar e, dopo oltre mezz’ora di attesa riesco a riconsegnare l’auto, la ispezionano, pago e prendiamo un taxi per andare a casa. Dopo mangiato usciamo a fare un giro per l’Habana, ci dirigiamo verso Plaza della Revolucion e poi verso il Vedado; vediamo l’ospedale Garcia (fantastica la targa sull’ingresso che recita: “vale milioni di volte di più la vita di un uomo che tutte le ricchezze dell’uomo più ricco della terra”), lo stadio universitario, l’Università dell’Habana e facciamo un giro per il Vedado fino al Malecon. Torniamo a casa molto stanchi con un taxi, una vecchia macchina tipo 124 Fiat condotta da un nero (Enrique ci ha detto che sono i più economici). Ceniamo in casa con ravioli al pesto trovati da Enrique tramite un suo amico che lavora in un posto dove li producono per i ristoranti, non sono speciali ma vanno giù. Dopo cena un po’ di chiacchiere, raccontiamo a Enrique il nostro viaggio e andiamo a letto. La mattina dopo (4/1) vogliamo visitare Habana Centro ma prima passiamo dal “mercato dello quatros caminos”, siamo curiosi. La vista è desolante, ci sono pochissime merci, solo pochi pomodori, un po’ di insalata, qualche pezzo di carne di maiale e qualche pollo, ma dove compreranno la roba i cubani? Arriviamo poi al Parque della Fraternidad e visitiamo il Capitolio Nacional, la copia della Casa Bianca USA. Non c’è che dire, è molto bello come è bellissimo il Teatro Nacional e la fabbrica Partagas dove vediamo fare i sigari, il Floridita. Facciamo una bella passeggiata lungo la Agramonte e vediamo il museo della Revolucion con il Granma, arriviamo fino al Malecon e poi torniamo indietro e andiamo a vedere la Stazione Centrale, poi siamo di nuovo in P. Fraternidad dove entriamo in un grande supermercato. Desolazione totale: un enorme supermercato pieno di non più di dieci articoli tra i quali birra, pollo surgelato, biscotti, pasta e conserva di pomodoro. Compro diverse bottigliette di birra e poi ci dirigiamo a casa con un taxi. Finalmente è arrivato il turno dell’Habana Vieja (5/1), ce la siamo lasciata per ultima perché vogliamo proprio gustarcela. La giriamo in lungo e in largo, è proprio bellissima con quella sua aria decadente e sorniona, alcuni palazzi sono stati ristrutturati finemente, altri sono in corso di restauro anche se molti sono in condizioni pessime ma tutto è affascinante. Visitiamo la cattedrale, il Castillo con la Girardilla, Plaza s. Francesco, la Lonja del Comercio, entriamo in diversi cortili di case coloniali bellissimi, vediamo la Bodeguita da fuori (tanto ci torniamo a bere), vediamo il Seminario e gironzoliamo nel mercato dell’artigianato dietro la Cattedrale. È tutto veramente carico di fascino e di storia, ci sono degli hotel veramente belli (Sevilla, Ambos Mundos dove c’è ancora la camera di Hemingway), proprio una bella giornata. Torniamo a casa e alla sera siamo di nuovo alla Vieja per mangiare, siamo ispirati da un ristorante arabo dove amngiamo discretamente e poi tappa obbligata per un Mojito alla Bodeguita. Il posto è molto bello con tutte le scritte sui muri, il complessino e la gente ma il mojito era milgiore a Trinidad e costava anche meno. Ascoltiamo un po’ di musica in compagnia di altri turisti e poi torniamo a casa in taxi. Enrique ci dice che l’indomani arriva la truppa da Colon (Irene e suo marito, Maria Grazie e il fidanzato) e non ci sara posto a sufficienza per tutti, così noi dovremo traslocare in una casa vicino per la nostra ultima notte. La mattina (6/1) chiamiamo un taxi e ci facciamo portare a Playa Santa Maria del Mar, una località balneare a circa 20 Km. Andiamo in spiaggia ed affittiamo due lettini; la spiaggia è bellissima e il mare altrettanto anche se è un po’ mosso. Passiamo la giornata in puro relax tra bagni e arrostimenti al sole. Verso sera ci facciamo portare da un taxi nuovamente a casa di Enrique. Traslochiamo nella casa vicino, la sistemazione è anche meglio di quella da Vicky (soprannome di E.) e la padrona di casa ha parenti in Italia a Milano. Mangiamo a casa anche perché siamo in ristrettezze economiche, abbiamo i soldi per il visto di uscita e poco più. (7/1) è arrivata la fine della vacanza, gironzoliamo per Centro e Vedado per quasi tutto il giorno e nel pomeriggio torniamo a casa a preparare gli zaini. Verso le 18 chiamiamo un taxi e andiamo al Jose Marti. C’è un casino bestiale, due aerei che imbarcano e il nastro dei bagagli è rotto. Dopo due ore di coda durante le quali vediamo addii struggenti di europei “fidanzati” con cubane ma anche di tardone con cubani, facciamo il check-in e andiamo all’imbarco.

Partiamo con un’altra ora di ritardo perché c’è il solito bagaglio senza passeggero, poi finalmente si decolla. Arriviamo a Parigi con due ore di ritardo e una nebbia che ci accorgiamo dell’atterraggio dal rumore delle ruote, abbiamo perso il volo per Nizza e il successivo è già pieno. Poi finalmente arriva il nostro volo, nel frattempo scambiamo parole ed impressioni con una coppia di Genova molto simpatica che era con noi sul volo. Il ragazzo ha il fratello che vive ed ha un’attività a Cuba, memorabile la sua massima: “Cuba è Napoli grande come un’isola…”. Arriviamo a Nizza in serata …. Arrivederci Cuba, Isola delle grandi conquiste, dei grandi errori e delle contraddizioni, ci hai fatto arrabbiare e stare bene, ci hai mostrato che un altro mondo è possibile e sicuramente ci hai fatto innamorare di te…Ci rivedremo.



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