Cronache andaluse

Vediamo se riesco ad imbastire uno pseudo-racconto di questi 10 giorni andalusi, facendo appello alla mia non sempre affidabile memoria. Partiti in 7, tornati in 7. Mariapina, Pasquina, Rosi, Francesca, Paolo, Bruno e me (Francesco), tutti da Bologna (ma nessuno di Bologna). È l’alba del 16 agosto quando la sveglia suona per ognuno di noi....
Scritto da: franz970
cronache andaluse
Partenza il: 16/08/2007
Ritorno il: 25/08/2007
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
Ascolta i podcast
 
Vediamo se riesco ad imbastire uno pseudo-racconto di questi 10 giorni andalusi, facendo appello alla mia non sempre affidabile memoria.

Partiti in 7, tornati in 7. Mariapina, Pasquina, Rosi, Francesca, Paolo, Bruno e me (Francesco), tutti da Bologna (ma nessuno di Bologna).

È l’alba del 16 agosto quando la sveglia suona per ognuno di noi. Abbiamo il volo alle 11.40 da Orio al Serio per cui tutti in stazione alle 6.30. Il primo “mannaggia, mi sono dimenticato di” è di Francesca, che ha lasciato a casa la guida…E vabbè, ne abbiamo in abbondanza (l.Planet, mondatori e touring). Il secondo “mannaggia, mi sono dimenticato di” è sempre di Francesca, che non ha messo in valigia il costume da bagno. Poco male, la manderemo nelle spiagge dei naturisti.

Ecco il treno. Mentre ci avviamo verso la carrozza n.9 sento una strana sensazione di mancamento…Ed effettivamente mi manca uno zaino! Ehm, vado a recuperarlo in mezzo alla folla, se non altro perché ci sono le prenotazioni del volo. Per fortuna è ancora lì… Perlomeno a Milano ci arriviamo. Tutto liscio anche fino ad Orio, le navette sono molto frequenti.

Anche questa volta come in passato, il check-in si rivela fatale per qualcuno, in questa occasione Francesca. Assistiamo dapprima (al momento dei controlli al peso) al travaso di tutti (…O quasi) i suoi liquidi (shampoo, creme e simili) dal bagaglio a mano alla valigia. Quando la stessa Francesca passa attraverso il metal detector, suona l’allarme, si azionano i dispositivi antincendio, gli agenti sfoderano le pistole e gli elicotteri si alzano in volo in assetto di guerra… Ho sempre avuto il sospetto che Francesca facesse parte di qualche associazione sovversiva o terroristica tipo Al-Qaeda… “ecco”, mi dico, “stavolta l’hanno presa”. Comincia la solita ricerca nelle tasche e nella borsa da cui emergono lime, forbici, liquidi non ben identificati ed altro materiale che, se ben amalgamato, pare fosse sufficiente per costruire la bomba atomica. Dopo i necessari chiarimenti e le conseguenti cessioni degli oggetti incriminati la Franci, un po’ frastornata, recupera tutto e viene verso di noi…Beh, non proprio tutto, visto che si dimentica di riprendere il cellulare. Dopo qualche minuto, prima dell’ingresso sull’aereo, quando dimenticherà di prendere una delle due borse che ha con sé, decideremo di sorvegliarla a turno…Comincia Paolo.

Mi rendo conto che ho gia scritto così tanto e non siamo neanche partiti…Proverò ad essere più sintetico…In Andalusia è andato tutto bene, siamo tornati il 25 agosto… Ma, forse così è troppo sintetico. Proviamo con una via di mezzo.

Dunque. Atterriamo a Granada, prima meta del nostro tour che via via ci porterà a Malaga, Tarifa, Siviglia e Cordova. È caldo, naturalmente, ma non troviamo i 40 gradi temuti. Questa condizione di sopportabilità climatica ci accompagnerà per tutto il viaggio, anche nelle notoriamente torride Siviglia e Cordova. Dall’aeroporto una navetta ci porta in centro in mezz’ora. Naturalmente non scendiamo alla nostra fermata e ci tocca fare un bel pezzo a piedi per tornare indietro…Ma siamo tutti giovani e forti…Beh, siamo tutti forti…Beh, siamo…Insomma, torniamo indietro verso Plaza del Principe, dove incontreremo Manuel, il ragazzo che ci accompagnerà nella nostra casetta.

Tutti gli alloggi sono stati prenotati dall’Italia via internet, per cui non dobbiamo sbatterci nella ricerca. In particolare, a Granada per due notti saremo in un appartamento (www.Granadainfo.Com/cervantes). È carino e poiché siamo in 7 (numero max consentito), viene a costarci solo 18 euro a notte (a testa). Nell’appartamento, centralissimo e strategico per raggiungere l’Alhambra, Manuel ci spiega tutto ciò che dobbiamo sapere (in spagnolo) e ci dice di chiamarlo in caso di problemi. I problemi li trovo nel mio letto, una brandina le cui doghe cedono proprio in corrispondenza del mio sedere, creando una voragine che rischia di risucchiarmi mentre dormo. Mentre più tardi passeggiamo per le vie di Granada, imbastiamo un sms per Manuel cercando di spiegargli il problema con le 15 parole in spagnolo che conosciamo. Il quale Manuel (ahimè) mi chiama subito dopo. Confidando nel vecchio convincimento che per parlare lo spagnolo basti aggiungere la “s” alle parole, mi avventuro in una spiegazione poco probabile il cui risultato è “..Uhm, no entiendo”.. Quando infatti mi accorgo che non c’è verso di far capire a Manuel cosa voglia dire per “dogas scassadas nel mi lietto” capisco che devo cambiare strategia. Mentre i vigliacchi se la ridono e mi riprendono in video provo a passare dallo spagnolo, all’italiano e all’inglese. Finalmente Manuel mi dirà “ahhhhh, ooooookey, entiendo, entiendo. Ahora voy y cambio”. Il commento di Paolo sarà “secondo me ci cambia gli asciugamani!” (in realtà l’efficiente Manuel ha capito benissimo, peccato che mi porti un altro letto scassados, come scoprirò più tardi…Ma ormai va bene così…).

Poiché dunque ci resta una buona mezza giornata, cominciamo l’esplorazione di questa città, cominciando a gironzolare nei pressi della cattedrale. Qui, una cosa che di sicuro non passa inosservata, è l’attività di gruppetti di zingare che cercano di donarti dei rametti di rosmarino o foglie di non so che, con delle parole che dovrebbero suonare così “accetta questo dono, non voglio soldi, ti porterà fortuna”. In realtà, al malcapitato che si ferma a prenderlo, la zingara apre subito la mano e comincia a leggergliela. Alla fine deve esserci un modo convincente per farsi pagare…Tipo: “se non mi dai dei soldi diventi impotente all’istante” o cose del genere. Comunque, questo aspetto folcloristico del posto ci ha dato lo spunto per un simpatico siparietto di fronte alla cattedrale di Siviglia. Ne parlerò più avanti.

Granada è carina, il centro storico si gira bene a piedi e l’Alhambra, dall’alto, accompagna il nostro cammino. Devo aprire una parentesi per questo palazzo dalle mille e una notte. Da bravi viaggiatori diligenti avremmo voluto mettere in pratica i consigli di chi ha scritto “mi raccomando!!!! Prenotate l’Alhambra su internet!!!!” Ed è ciò che avremmo fatto se non fosse cambiata la convenzione di chi gestisce gli acquisti dei biglietti on line, per cui a luglio non era ancora possibile prenotare per agosto. Naturalmente, ad agosto, avendo aspettato qualche giorno di troppo, al momento della prenotazione i posti erano tutti esauriti. Ci restava un’ultima possibilità, fare la fila e sperare di essere tra i 2.000 fortunati cui ogni giorno è concesso di entrare ai palazzi Nasridi senza prenotazione. Le guide suggerivano di presentarsi all’ingresso almeno intorno alle 7 ma, tra una cosa e l’altra (e considerando la levataccia del giorno prima), io, Paolo e Pasquina arriviamo sul posto intorno alle 7.40…Dei serpentoni umani si distribuivano lungo gli spazi antistanti alle casse, senza che si capisse dove diavolo cominciasse la coda. Devo dire che, superata la tentazione di andar via per ritentare il giorno dopo, la nostra pazienza è stata ripagata con un grande colpo di …Fortuna: dopo 4 ore esatte di fila siamo riusciti a prendere gli ultimissimi biglietti disponibili: ho dovuto lanciarmi verso una cassa bruciando sul tempo due anziane signore che erano in fila davanti a noi. Chissà se le poverine sono poi riuscite a trovare i biglietti…Ma, sapete com’è, mors tua vita mea…Mentre immortaliamo il momento con una foto che ci ritrae sorridenti con i sette biglietti in mano, veniamo circondati da alcune persone che ci scambiano per bagarini napoletani…Ovviamente non cediamo i biglietti nemmeno se pagati col sangue… Non mi soffermo nella descrizione dell’Alhambra, sicuramente val la pena di vederla. I giardini devono essere davvero spettacolari in primavera. I palazzi Nasridi valgono le 4 ore di fila, se non altro perché in Europa è difficile trovare esempi così alti di arte araba.

A Granada alterniamo visite culturali (cattedrale, cappella reale, bagnos arabes, casa de los tiros), a passeggiate notturne. Caratteristico il quartiere gitano di Sacromonte, dove da case ricavate nella roccia intravediamo i primi passi di flamenco. Decidiamo che nel corso del viaggio vedremo almeno uno spettacolo ma qui 25 euro ci sembrano davvero troppi, quindi desistiamo.

Girovagando qua e là, non possiamo non fermarci in una tipica teterìa …Siamo i classici turisti che si entusiasmano ad essere trattati dal gestore come i migliori clienti che abbia mai avuto. Il tizio fa un po’ di scena per rendersi simpatico (del tipo “ahhhhhhhh, italiaaaaaaaaaaniiiiiii”…Mentre si sfrega le mani), ci porta dei cappelli modello Totò nel Turco napoletano e, naturalmente, oltre al tè ci porta il narghilé, che nessuno di noi aveva mai fumato prima. Piuttosto folcloristico. Anche chi di noi non ha mai fumato, riesce ad inspirare e a catturare il sapore. Tuttavia il risultato non produce alcun effetto-sballo…In realtà non produce alcun effetto…E vabbè, andava fatto.

Un’esperienza culinaria che invece avrei volentieri evitato è quella del giorno dopo. Poiché infatti abbiamo una cucina a disposizione nell’appartamento, decidiamo di approfittarne. È il giorno della fila per l’Alhambra per cui, mentre io e Paolo godiamo del meritato riposo, gli altri si ingegnano nella preparazione di uno dei pranzi peggiori che io ricordi dai tempi della mensa universitaria. Dico solo che vengo risvegliato non da un rumore (anche perché mi son portato dietro dei tappi per le orecchie, ribattezzati per l’occorrenza “tapas per le orecchie”) ma dalla puzza di qualcosa di bruciato…Come quando – non so se avete presente – da bambini si bruciavano i copertoni in campagna. Ciò che mettiamo nello stomaco accompagnerà per sempre i nostri incubi da indigestione.

Prima di lasciare Granada abbiamo quindi voglia di concederci un pasto decente (…Per nulla togliere ai cuochi del giorno prima…). Alcuni di noi provano la prima paella, che si rivelerà la migliore del viaggio. Tuttavia, un momento da citare mentre siamo al ristorante non ha a che fare con il mangiare ma con la nostra dimestichezza con la lingua spagnola. Durante il pranzo Rosi va in bagno e…Vede qualcosa che la sconvolge… Più tardi, sdegnata, ci dirà “Oh, ragà, incredibile…Sapete come si dice “handicappato” in spagnolo? “avariado!”…Noi tutti restiamo scossi, pensando ai giri di parole che si fanno in Italia per esprimere il concetto nel modo più corretto e con la sensibilità che è dovuta…

Sarà solo dopo un paio di giorni che, poiché la mente tornava a ripetere “…Non può essere vero, non può essere vero…”, interrogando Rosi in modo più approfondito sulle fonti delle sue informazioni, capiamo che la scritta “avariado” appiccicata alla porta si riferiva al bagno del ristorante e non al simbolo dalla carrozzina che era posto al di sopra. Su questo episodio, abbiamo martoriato Rosi per tutto il viaggio.

Bene, è ora di lasciare Granada. Il pomeriggio del 18 ritiriamo le due Peugeot Partner in aeroporto (178 euro per 8 giorni + 121 di assicurazione kasko per ogni auto) e partiamo alla volta di Malaga. Da quanto ho letto negli altri racconti, Malaga non sembra tra le città andaluse più apprezzate da chi ci ha preceduto. Ma, non a caso, abbiamo scelto di andarci durante la cosiddetta Feria, curiosi di capire che atmosfera si respiri in questi 10 giorni di delirio collettivo. Ed effettivamente, mollate armi e bagagli all’hotel (www.Hotel-sur.Com, 39 euro a notte compreso il parcheggio dell’auto per due notti), ci addentriamo nel cuore del centro, dove la città è davvero in fermento. Tuttavia, il meglio deve ancora venire. La notte, infatti, la Feria si sposta in periferia, in un enorme spazio apposito. Quindi, verso le 23, prendiamo l’autobus e ci tuffiamo in un casino allucinante! Una specie di festa dell’Unità di Bologna moltiplicata per 10! Locali, ristoranti, discoteche, bancarelle, luoghi dove semplicemente parlare e naturalmente un immenso luna park. Cena a base di pesce e poi in giro per questo enorme baraccone. Cominciamo il giro dei locali, da cui si può entrare ed uscire senza obbligo di consumazione e…Questa devo raccontarvela, anche per mettere in evidenza le infallibili doti di noi tre conquistadores. È evidente che i locali più carini sono quelli dove c’è fila all’ingresso. Attraverso una finestra attacchiamo bottone con un paio di fanciulle…Ehm, un pochino più grandi di noi, che si trovavano all’interno del locale (tralascio il particolare osceno per il quale ci presentiamo come Pepè, Peppino e Pepìto…). Dopo qualche battuta nel solito italiano/spagnolo, ci dicono che all’interno ci sono delle altre amiche e ci invitano ad entrare. Abbandoniamo per qualche minuto le nostre donzelle per vivere il nostro momento goliardico e ci mettiamo in fila, sperando di fare quattro chiacchiere con delle nostre coetanee, magari carucce. All’interno comincia il giro delle presentazioni…E, ahimé, nel trasporto emozionale, facciamo l’errore di salutare con i classici bacini sulla guancia…In quel momento, le ragazze si fanno da parte e ci mostrano le loro amiche sedute al tavolo…Tataàààà, ecco venir fuori due attempate signorone massicce con i tratti che ricordano molto le zingare di Granada…Provo ad allungare semplicemente la mano ma vengo avvinghiato nella morsa delle due mantidi…Stessa sorte toccherà a Bruno e Paolo… Anche loro proveranno l’ebbrezza dei loro baffi sulle guance… Tuttavia, Paolo non si lascia prendere dal panico e prendendo la situazione di petto mi fa “io me ne vado” e ci molla lì. Dopo una chiacchierata un po’ imbarazzata da cui appare chiaro che anche io e Bruno vogliamo squagliarcela, finalmente prendiamo il coraggio a due mani e, scusandoci, tagliamo la corda dicendo che “impegni improrogabili…Gente che ci aspetta…Avremmo tanto voluto…”. Al ricongiungimento con il gruppo incassiamo i complimenti ironici da parte degli altri…E poiché non vogliamo farci mancare nulla, facciamo anche un giro nel lunapark, naturalmente sul trenino degli orrori…La cosa che mi farà più paura sarà il tizio che si avvicinerà per farci scendere alla fine del tour…Alle 4 del mattino la Feria è ancora piena di gente ma noi decidiamo che abbiamo visto abbastanza. Inoltre domani ci aspetta l’escursione a Ronda, quindi tutti a nanna.

Ronda. Caruccia e non male la passeggiata lungo le stradine della città vecchia, ovviamente attraversando l’altissimo ponte. Ma forse la stanchezza di ieri, la mancanza di sonno e le strade di montagna producono effetti soporiferi chiaramente visibili sui nostri volti. Come se non bastasse al ritorno, avendo previsto una sosta a Marbella dalla nostra amica Silvia (che da tre mesi ha deciso di abbandonare lo Stivale per trasferirsi lì), sbagliamo strada. Dopo giri vari e incazzatura in mezzo ad un traffico simil Rimini-Bologna una domenica sera di luglio, finalmente riusciamo a ricongiungerci. Marbella è un ammasso di palazzoni lungo la costa del Sol ma scopriamo, grazie a Silvia, un centro storico davvero moltoooooo bello…Quando le cose non te le aspetti…Ottima anche la cena in un ristorantino sulla spiaggia, con il rumore delle onde in sottofondo.

Rientro a notte fonda a Malaga, siamo davvero stanchi e domani il mare è proprio quello che ci vuole per rigenerarci. Dopo aver mollato i bagagli in un bell’hotel di Algeciras (www.Hotelesalboran.Com, 31 euro a notte) puntiamo dritti verso Tarifa. Che ci sia vento è indubbio, ma niente onde alte e surfisti modello Australia. Ma probabilmente è meglio così, visto che riusciamo a prendere il sole senza essere frustati dalla sabbia che si solleva ad ogni folata di vento. Con alcuni temerari faccio il bagno nell’Oceano…Esattamente a 30 metri dal mar Mediterraneo (…Ma vale lo stesso, o no?). Le giornate sono lunghe e il sole ci consente di vedere almeno un’altra di queste spiagge famose, per cui ci scrolliamo di dosso le due o tre dune di sabbia che nel frattempo si sono formate sui nostri corpi e ci dirigiamo verso Bolonia, a una decina di chilometri da lì. Di Bolonia colpisce l’enorme spiaggia, che si perde nel suo ondeggiare su una collina che, a poco a poco, risaliamo. Da lì la vista è suggestiva e stendersi al sole sprofondando dentro la sabbia calda ci da un piacere particolare, una sensazione nuova. Le foto si sprecano, anche quelle alle ombre allungate che riproduciamo sul terreno nelle forme più artistiche (…Posizioni varie del kamasutra, più che altro…).

Quando il sole comincia ad eclissarsi dietro questa specie di deserto in miniatura decidiamo di tornare a Tarifa, questa volta per fermarci a mangiare al riparo dal vento che, sarà pure caratteristico della zona, ma alla lunga è un rottura di balle…E io che m’ero portato anche le carte per una partitella in spiaggia…

Molti di noi si buttano ancora sul pesce, costa davvero poco. Anche il centro storico di Tarifa non ci dispiace. I locali si alternano ai ristoranti dunque la scelta è piuttosto ampia. E poi c’è il mare che, quando sarà agitato deve essere uno spettacolo. Ma ciò a noi non è dato di vedere. Purtroppo anche qui stanno costruendo in modo selvaggio ed il litorale è un susseguirsi di complessi turistici, di mega-ville e di palazzoni a ridosso dell’acqua. Peccato.

È tardi quando rientriamo all’hotel e non ci concediamo altri diversivi (tra l’altro, sbagliamo ancora strada – oggi non è giornata – e perdiamo una buona mezz’ora per ritrovare l’albergo).

Il televisore in camera manda in continuazione immagini di corride. Breve parentesi. Siamo partiti quasi tutti con la convinzione che la corrida sia una tradizione barbara che andrebbe abolita senza troppe riserve. In realtà, nel corso del viaggio, un po’ leggendo qualcosa in merito, un po’ sentendone parlare da qualcuno (il portiere dell’albergo di Malaga) e un po’ per quanto apprenderemo nel corso della visita guidata nella Plaza de Toros di Siviglia…Beh, l’interesse è aumentato molto ed i pareri sono diventati meno severi. Di sicuro sono molto affascinanti le storie dei toreros più famosi (Belmonte tra tutti), delle loro morti violente (Joselito e Manolete tra le altre) e dei tori che resteranno nella storia (Islero, ad esempio). Inoltre, la motivazione di chi sostiene questo tipo di spettacolo non è proprio campata in aria: i vitelli li mandano subito al macello; un toro allevato per la corrida fa una vita da re fino a quel giorno, in cui comunque muore combattendo (e alle volte prendendosi anche la soddisfazione di incornare il suo carnefice). Non abbiamo visto una corrida a causa del nostro poco tempo a disposizione per cercarne una a prezzi accessibili e poi perchè non è facile trovare posto (soprattutto quando il torero è di fama), nonostante Francesca si sia prodigata così tanto. La prossima volta.

Bene, continuando a macinare chilometri, dalla costa giungiamo a Siviglia. In realtà abbiamo prenotato un B&B poco fuori dalla città, a Torrepalma (www.Fincalaluz.Com, 26 euro compresa la colazione), confidando nel clima meno afoso e nel ristoro del verde e di una piscina. Ci accolgono molto calorosamente i due proprietari, trasferitisi dal Belgio qualche anno fa e la loro cagnetta, Tosca, che sembra abbia sniffato non so cosa per quanto abbai e corra saltando addosso ad ognuno di noi. Con loro (cane escluso) si parla l’inglese e ci intendiamo alla grande…O quasi, come spiegherò tra poco…L’unica sfiga è che dobbiamo rientrare entro l’una…E vabbè.

Siviglia. La voglia di vederla è tanta. Certo, arrivare in pieno pomeriggio non aiuta ma, confortati dai teli che proteggono le strade principali dai micidiali raggi del sole, cominciamo ad esplorarla. Il punto di riferimento, ovviamente, sarà la cattedrale. Da qui partono le strade principali, che percorriamo a seconda dell’ispirazione e di quanto letto sulle guide. Visitiamo l’Alcazàr, una specie di Alhambra in miniatura. Giungiamo poi alla Plaza de Toros e decidiamo di visitarla, un po’ per i discorsi fatti prima (è la seconda corrida di Spagna dopo Madrid ed ha un’antica tradizione) e un po’ per sottrarci al sole.

In serata, tra sangria e tapas consumiamo le nostre ultime energie nei localini del barrio di Santa Cruz. Tra l’altro, dato il rientro tassativo, come Cenerentola, prima di mezzanotte abbandoniamo la festa. Al rientro, i fumatori che si erano fermati in giardino per l’ultima sigaretta della giornata faranno i conti con il cane che, come un lampo, afferrerà il pacchetto appena comprato da Francesca e andrà a fumarselo chissà dove… Il mattino dopo, fatta colazione, ci apprestiamo ad affrontare il nostro secondo giorno sivigliano, accompagnati dai consigli del proprietario sulle cose da vedere. Ora, ho sempre pensato che quando qualcuno ti parla in inglese, l’importante sia capire almeno il 70% del discorso. Oggi mi rendo conto che anche l’altro 30% ha la sua importanza. Di fronte alla domanda “nel pomeriggio rientrate prima delle 16 o dopo le 18?”, io rispondo “credo prima”…Non facendo più caso al resto della domanda (…Che comprendeva i motivi della stessa, cioè le due ore sacre per la siesta dei proprietari…).

A Siviglia non possiamo non vedere la cattedrale e salire sulla torre della Giralda. Il giro è molto lungo, la chiesa è davvero grande (la terza più grande d’Europa, dopo San Pietro e quella di San Paolo a Londra). Quando ci si ritrova tutti all’uscita, assistiamo ad un abbordaggio di una zingara al babbeo di turno il quale, adeguatamente allontanato dalla moglie da una complice, ascolta con un sorriso da ebete tutte le ca…Volate che la fattucchiera gli racconta mentre legge la sua mano. Alla fine, dopo la fatidica frase spilla-soldi assistiamo increduli al gesto dell’allocco che prende 20 euro dal portafogli e li cede alla donna. Finalmente la moglie riesce a raggiungerlo e, incazzata come una iena, gliene dice di tutti i colori. I due vanno via litigando e alcuni di noi maturano il sospetto che una delle previsioni della zingara fosse la separazione dalla moglie… A questo punto la tentazione è stata troppo forte: Bruno stacca dei rametti da un albero e cerca di venderli ad una delle zingare, mentre noi (ed altri turisti che assistono alla scena) ci crepiamo dalle risate. Non so quante maledizioni la gitana ha mandato a Bruno, che per fortuna è ancora tra noi mortali.

Sono ormai le 15.30 e non tutti hanno voglia di rientrare al B&B per poi ritornare a Siviglia in serata. Lo faranno Paolo, Francesca e Rosi, ignari della tempesta che stanno per scatenare… I tre giovanotti, infatti, dimentichi dei tempi assegnatici da Lucas, giungono alla casetta di campagna alle 16.30 e, trovando come le altre volte il cancello chiuso, provano a suonare. Ma nessun trillo si ode all’interno…Forse il campanello si è rotto… Poco male, è appena arrivata Tosca che ha cominciato a fare il solito baccano …Ma ancora non si vede nessuno…Come mai? Mentre Francesca comincia a chiamare “Signora Martiiiiiiiiiiiiiiiinaaaaaaaaaaaaaaa!!!!”, Rosi incita il cane “su, vai Tosca, vai a chiamare la mamma” e Tosca non si fa pregare perché non smette un attimo di abbaiare. Quando ancora nulla sembra succedere, anche Paolo decide di dare il suo contributo attaccandosi al clacson …Squarciando del tutto la quiete dell’intero isolato. Dopo un po’, una figura con i capelli tipo Don King (ve lo ricordate il manager di Mike Tyson?) e la camicia da notte, si presenta al cancello e meccanicamente, senza dire una parola, apre ai tre che, ancora all’oscuro del danno, accolgono lo zombie con i soliti “holaaaaa!”. Sarà solo più tardi che l’uragano Lucas si abbatte forza 5 su Rosi (che bella come una rosa era andata a godersi la piscina) con una serie di improperi che la poverina riesce a decifrare solo in parte. Le poche parole captate e riferite agli altri due non lasciano dubbi: è evidente che Lucas è nero dalla rabbia perché ci aveva chiesto espressamente di non tornare dalle 16 alle 18 mentre, puntualmente, i soliti italiani hanno deciso di fare di testa loro. A nulla valgono le scuse di Francesca, che prima di uscire cerca di chiarire l’equivoco. Niente da fare, i due non sentono ragioni (“non siete stati gentili con noi, noi vi abbiamo accolto nella nostra casa, vi abbiamo preparato la colazione alle 7, vi abbiamo aspettato fino alle 1 ieri sera e bla bla bla…E poi Francesco aveva capito benissimo!”). I tre, ancora frastornati, abbandonano la casa con i due proprietari sull’orlo di una crisi di nervi. Quando ci incontreremo sotto la solita Giralda, Francesca fa “ragazzi, mi sa che è sorto un piccolo problema con i proprietari del B&B” e ci racconta i fatti.

Alla fine ci guardiamo non sapendo se ridere o preoccuparci. Fatto sta che l’abbiamo fatta grossa. L’unica speranza, visto che in quel posto dobbiamo ancora passarci due notti è che, nel frattempo, il focoso Lucas sbollisca un po’ la rabbia…Ma questo lo sapremo solo al rientro, stasera.

Tra l’altro, questa è la sera del flamenco. Abbiamo prenotato uno spettacolo nel patio di un bel palazzo per soli 13 euro. Purtroppo, quando ieri abbiamo prenotato, non c’erano più posti alle 21. Unica possibilità lo spettacolo delle 22.30, con durata di un’ora. Incrociamo le dita, sperando che lo spettacolo non subisca ritardi: se stasera arriviamo dopo le 1, non solo non ci apre ma ci prende a fucilate e ci da in pasto a Tosca.

Per fortuna, le abitudini spagnole di spostare tutti gli orari in avanti in questo caso non si rivelano tali. I due ballerini (un lui e una lei) prima si alternano e poi si esibiscono insieme nel crescendo dei canti lamentosi tipici di quest’arte, che mi riportano alla memoria la mitica scena di Lino Banfi in quel capolavoro che è “Vieni avanti cretino”, quando canta “Filumegnaaaaaaaaa!!!!”. Non posso non ricordare un altro tormentone che ci ha accompagnati in questi nove giorni e che ha visto me e Bruno ripetere all’infinito l’incontro di Banfi (alias Pasquale Zagaria, ‘u figl’ d’Rccàrd…) e don Peppino che si prendono a schiaffi, sempre estratto dal medesimo film (a chi non ha visto la scena consiglio di scaricarla da youtube). Comunque, molto bello lo spettacolo di flamenco.

Bene, dopo questa digressione, torniamo alle nostre pene notturne. La domanda è: come ci accoglieranno i nostri simpatici amici? Detto che, appena arriviamo, la tentazione di suonare il clacson è molto forte, ci accorgiamo subito che Lucas e la sua canottiera (che saranno una cosa sola durante tutto il nostro soggiorno…Sia quando ci preparerà la colazione che quando falcerà l’erba o andrà nei campi a dare il ramato) sono più tranquilli. Mi precipito naturalmente verso di lui con la faccia più mortificata possibile parlando dell’horrible misanderstunding dovuto alla nostra pessima conoscenza dell’inglese. Quando mi dirà “forget it” capisco che abbiamo ancora qualche speranza di concludere incolumi la nostra permanenza presso questa dimora che, tutto sommato, non è male (a parte la puzza di fogna che regna sovrana nel bagno di noi maschietti).

Che altro dire se non che le nostre passeggiate in lungo e in largo per Siviglia ormai ci hanno portati un po’ ovunque e che domani preferiamo anticipare la visita di Cordova? Faremo proprio così, infatti, e sarà una scelta azzeccata perché la sola visita della Mezquita ci porta via gran parte della giornata. Cordova fa a tutti un bell’effetto, davvero una bella città. Queste casette bianche ricordano alcuni paesini della nostra Puglia (dico “nostra” perché 5 di noi sette sono pugliesi). Prima di fare tappa verso Carmona dove passeremo la serata (per rientrare rigorosamente entro le 1…), un piccolo imprevisto: quando arriviamo al parcheggio ci rendiamo conto che qualcuno ha aperto entrambe le auto. Per fortuna non c’era nulla di importante all’interno, né i danni sono tali da non permetterci di proseguire: solo qualche ammaccatura e l’impossibilità di inserire la chiave nella portiera (il sistema automatico di apertura e chiusura però funziona perfettamente). Ora, per spiegare questo concetto alla operatrice telefonica della Hertz (che decidiamo di chiamare onde non avere rogne alla consegna), ci metto il tempo necessario per bruciare 23 euro di telefonata. Evidentemente il numero verde che ci hanno indicato per problemi di questo tipo non è tanto verde. In ogni caso, indirizzati presso l’agenzia Hertz di Cordova, ci sentiamo dire che possiamo tranquillamente continuare il viaggio con le stesse auto e di fare presente il problema alla riconsegna…Tutto ‘sto casino…

Come detto, in serata decidiamo di passare da Carmona, un paesello arroccato su una collinetta da cui si gode una bella vista (non di certo i panorami mozzafiato di cui parlano le guide). Uno dei consigli di Lucas dispensati quando eravamo ancora degni della sua stima, era stato quello di visitare il Parador, questo hotel a non so quante stelle che, a quanto pare, è un’istituzione da queste parti. Dapprima titubanti nel fare capolino nella hall (gli indumenti che indossiamo modello “tipi da spiaggia” non aiutano a darci sicurezza …) alla reception ci spiegano che ci sono delle aree dell’hotel che si possono tranquillamente visitare: un bellissimo patio con fontana e tante piante , splendide sale da tè e un terrazzino che da sulla valle dove si può bere o cenare. Ormai prendiamo il coraggio a due mani e chiediamo quanto ci costa una caraffa di sangria nell’ipotesi in cui osassimo sederci ad un tavolo. Quando ci rispondono “9 euro” abbandoniamo tutte le remore e, uniti due tavolini, ci sediamo gustandoci il momento (e la sangria) e benedicendo questa terra che non conosce ancora le speculazioni sulla pelle dei poveri turisti. Un’ottima cena in un ex mulino completerà una giornata nella quale ci resteranno impresse tante cose belle. Per far sì che questi ricordi non si affievoliscano nel tempo i giapponesi del gruppo faranno tante di quelle foto da rendere lunghissimo il lavoro di eliminazione di quelle venute male, quando arriverà il momento di guardarle al computer. Ho il sospetto che Rosi abbia messo anche la sveglia di notte per non far passare troppo tempo tra uno scatto e l’altro…

Olè, è il nostro ultimo giorno di vacanza. Salutiamo la coppia della siesta (…In quelle due ore dormiranno???? …Vai a vedere che…Eh eh…Forse per questo erano così incazzati…Vabbè…) e facciamo ritorno a Cordova dove, per una notte, ci fermeremo all’hotel San Miguel, davvero ottimo (22 euro a testa). Dopo l’ennesima visita ad un’Alcazàr (anche se Bruno e Francesca vi preferiranno il museo di Romero), come da tradizione, l’ultimo giorno lo dedichiamo allo shopping nelle stradine del quartiere ebraico e, in generale, passando da un negozio all’altro del centro storico.

Le ultime energie porteranno alcuni di noi a visitare le rovine di Medina Azahara ma ormai abbiamo nelle testa un unico obiettivo: il bagno arabo che abbiamo prenotato qualche giorno fa e che ci aspetta alle 20 in punto.

Rischiamo di far tardi a causa dei giri intorno al centro storico alla ricerca del parcheggio convenzionato con l’albergo. Decidiamo di mollare gli altri mentre io e Paolo, con l’auto, continuiamo la ricerca. Tra informazioni dubbie ricevute dai passanti e sensi unici, a un certo punto sbucheremo nel bel mezzo di una zona pedonale, circondati dai passanti che ci guardano increduli. In qualche modo, accompagnati dall’occhio di 6 o 7 telecamere che ormai non ci mollano un istante, riusciamo a trovare la strada giusta… Ci presentiamo puntuali ai bagni e, superato qualche piccolo imprevisto (Paolo: “Cacchio, il costume in albergo!!”…Una cosa dovevamo portare…), ci godiamo un’ora e mezza di relax alternandoci nelle tre vasche con acqua tiepida, bollente e gelata il cui effetto, oltre a quello rigenerante, è quello di farmi perdere di colpo l’abbronzatura che ho faticosamente conquistato in 10 giorni di mare. Seppur per soli 10 minuti, apprezziamo il massaggio che è incluso nel prezzo (29 euro). Con gli occhi chiusi, mentre una leggiadra fanciulla con le mani di fata mi cosparge di essenze al limone, provo a non pensare che domani sarò a Bologna, così lontano da tutto ciò.

Ma abbiamo ancora qualche ora e quindi cerchiamo di godercela. Prima, con una cena nella enorme Plaza della Corredera, dove alcuni di noi proveranno il rabo de toro (cioè la coda) mentre altri, come me, continueranno l’overdose di pesci e gamberi. Poi, in uno dei locali che, scopriremo in seguito, essere tra i più in voga di Cordova e cioè il Gongora. Quando entriamo siamo davvero in pochi ma a poco a poco la gente che entra va a riempire tutti gli spazi vuoti di questo disco pub. Quando uno spagnolo caliente abborda Francesca, la quale coinvolge anche le altre donzelle nel giro di presentazioni con gli amici di lui, noi tre amigos capiamo che è il momento di abbandonare la mamma e cercare fortuna da soli. Anche perché le frasi da acchiappo non ci mancano: adocchiate tre ragazze ci facciamo avanti con la seguente domanda (di Bruno): “Perdoname! Alla magnana nosotros dobemo andar a Granada. Esta meglio l’Autovia o la strada normal?”. Abbiamo dovuto ripetere ovviamente in altri modi il concetto prima di ottenere una risposta decente. Le tre non parlano una parola di inglese, ma ormai non c’è problema e riusciamo a scambiarci le solite banalità tipiche di questi incontri. Bruno inviterà una delle tre a bere qualcosa al bar: quando tornerà da noi ci svelerà lo stato di famiglia della fanciulla “ha 34 anni, un figlio di 17, uno di 8, si è appena separata e se il marito mi vede con lei mi spara!”. Confortati dalla prospettiva, dopo un po’ abbandoniamo le nostre conquiste, anche perché nel frattempo anche le nostre ragazze sono stanche delle avances dei loro nuovi conoscenti. Verso le 3 del mattino usciamo per strada e scopriamo che c’è una fila incredibile per entrare nel locale…E vabbè, andate voi che siete giovani… Non resta molto altro da dire. Tutto ciò che ci separa da Bologna si sussegue senza imprevisti: l’ultima notte in albergo, l’ultima colazione con i churros, la strada verso Granada (…In Autovia…), la voglia di proseguire verso Madrid, la partenza e…Ecco qua, contento di aver passato una bella vacanza con i miei amici e di poterlo raccontare. Fine (chi vuole può scrivermi a franz970@libero.It)



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche