Costa Rica, mucho gusto e costo

Il posto ideale per chi ama la natura (mare, lagune, fiumi, colline, campagne, montagne, vulcani, boschi, piante, foreste), la frutta tropicale e ha voglia di assaggiarne di qualità introvabili in Italia
Scritto da: Luna Lecci
costa rica, mucho gusto e costo
Partenza il: 19/04/2012
Ritorno il: 05/05/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Un paese sicuramente non adatto a chi ha paura degli insetti, dei rettili, degli anfibi, degli uccelli (di volatili ce ne sono 850 specie!), delle creature marine e degli animali in genere (solo di mammiferi 250 specie).

· Sommario: giorni, mete, trasporti e pernottamenti;

· Il viaggio minuto per minuto;

· Considerazioni generali: budget, cibo, alloggi, clima

Sommario

Roma-Madrid-San Josè (voli Iberia – Hotel Royal Dutch)

San Josè-Penisola di Osa-Drake Bay (volo Naturair – Cabinas Jade Mar)

Drake Bay (Parco nazionale Corcovado-La Sirena – Cabinas Jade Mar

Drake Bay (Isla del Cano – Cabinas Jade Mar)

Drake BayManuel Antonio (barca, taxi, bus, taxi – Tico Lodge)

Manuel Antonio (Parco Nazionale – Tico Lodge)

MA-Riserva Biologica Monteverde-Sant’Elena (bus pubblici–Cabinas Vista al Golfo)

Foresta nebulare Monteverde (Selvatura Park, Don Juan – Cabinas Vista al Golfo)

MTV-La Fortuna (jeep-barca-jeep–Vulcano Arenal, Terme Baldi – Hotel Dorothy)

10° La Fortuna-Tortuguero (shuttle privato, barca – Balcon del Mar)

11° Tortuguero (Parco Nazionale – Balcon del Mar)

12° Tortuguero-Cahuita (barca, bus pubblici – Cabinas Smith 1)

13° Cahuita (Parco Nazionale – Cabinas Smith 1)

14° Cahuita (bus pubblici – Bri Bri, Puerto Viejo – Cabinas Smith 1)

15° Cahuita (bus pubblici – Manzanillo – Cabinas Smith 1)

16° Cahuita-San Josè-Alajuela (bus pubblici – Mango Verde Hostel )

17° Alajuela-Aeroporto–Panama–Madrid–Roma (voli Copa Airlaines e Iberia)

Il viaggio minuto per minuto

1° – Giovedì 19 aprile: ROMA→MADRID→SAN JOSÉ

Sul sito dell’Iberia compriamo il volo per San José, Aeroporto Internazionale Juan Santamaria (€ 830,00 pp A/R) che all’andata fa uno scaldo di tre ore a Madrid. Dopo 10 ore di volo (posti 31) in cui servono tre pasti, vediamo un film in spagnolo/inglese (We Bought a Zoo con Matt Damon) e leggiamo tanto, arriviamo nella capitale costaricana alle 19,30 ora locale. Il fuso orario è di 8 ore in meno. In aeroporto cambiamo (Global Exchange) il minimo indispensabile: $ 20 in colones ($ 1=440 colones. Più dollari si cambiano, maggiore è la convenienza, ma è sempre poca). Con il bus pubblico che passa poco fuori l’aeroporto (¢ 900 tot) raggiungiamo, scendendo a capolinea e facendo mt 200 a piedi, l’Hotel & Casino Royal Dutch***, prenotato sul sito www.hotels.com (€ 28,00 la stanza, colazione inclusa). La camera 333 non è nulla di che, ha il bagno, acqua calda, tv senza telecomando, collegamento a internet, ma non lo consiglierei perché ha un locale interno, posto al secondo piano, dove musica caraibica a tutto volume non darà pace almeno fino all’1,30 per lasciare il posto a un altro rumore molesto!

2° – Venerdì 20 aprile: SAN JOSÉ→PENISOLA DI OSA – DRAKE BAY

Per colazione ci viene chiesto cosa gradiamo e molto gentilmente ci preparano due uova in camicia (che non avevamo ordinato!), toast, frutta e caffè/tea/succo di frutta. Di buon’ora usciamo per una passeggiata tra le caotiche, strette e piene di venditori ambulanti, strade. Alle 8 e molte saracinesche sono ancora serrate. Passiamo davanti il Mercato Centrale e ci dirigiamo verso la stazione dei bus pubblici (Avenida 1, dopo il terminal Coca Cola, a meno di km 1) a prendere quello che in una mezz’oretta (¢ 520 tot) ci porterà al piccolo aeroporto di Tobias San Josè Pavas da dove decolleremo per Bahia Drake. Qui la scoperta di poter imbarcare solo kg 8 per la valigia e kg 5 per il bagaglio a mano, ma le condizioni variano a seconda della tariffa pagata. Avevamo prenotato sul sito www.naturaeir.com ($ 106 pp) solo l’andata, la quota “locos”, più economica e restrittiva (il costo del supplemento bagaglio non è elevato). Presso lo sportello della banca interna all’aeroporto, il cambio è più favorevole e trasformiamo $ 100 in ¢ 49.900. Alle 11,40 decolliamo su un aereo di 20 posti, ma ne sono occupati solo tre: uno da me, uno dal mio boy e il terzo da un tizio. In 40 minuti di su e giù tra le nuvole atterriamo a destinazione. Via internet avevamo prenotato, dopo tante ricerche nei giorni scorsi e scambio di mail con varie strutture (www.vivatravelguides.com), la Cabinas Jade Mar (www.jademarcr.com): € 30 al giorno la stanza con bagno senza colazione a mt 150 dalla spiaggia di Agujitas e sulla strada principale. All’aeroporto di Drake Bay prendiamo un pulmino/taxi collettivo che per $ 6 pp ci ferma davanti l’alloggio. Il panorama è un vero e proprio paradiso naturale: ci colpiscono subito i tanti alberi di mango dai quali cadono, come foglie in autunno, frutti maturi. Sale sul pulmino anche il passeggero dell’aereo e siamo sempre e solo in tre. In una ventina di minuti socializziamo e scopriamo che è una guida e lavora per Cabinas Manolo (che avevamo contattato ma scartato perché più costosa). Nasce un feeling e il pomeriggio ci ritroviamo a prenotare presso Manolo la prima escursione di domani: il tour all’incredibile Parco Nazionale Corcovado La Sirena ($ 75 pp) che consigliano di più rispetto alla meno remota stazione di San Pedrillo. Al Jade Mar, la nostra cabaña non è altro che un mini bungalow in compensato e zanzariere, molto spartano e costruito su una pedana in legno in mezzo alla giungla. Unica dotazione ogni due giorni un asciugamano, un paio di saponette per tutto il soggiorno e un mega ventilatore. Il lavabo è quanto un’insalatiera e per appoggiare gli indumenti si utilizzano chiodi piantati al muro. Utile la mini veranda con due sedie fronte Oceano e piacevoli gli alberi di tutti i tipi che ci circondano. E’ l’ora di pranzo, ci mettiamo in cammino verso una delle poche strade della zona e ci fermiamo da Mar y Bosque, Marcela’s food. Riso con verdure, riso con pollo e bottiglia d’acqua $ 13 tot. Pagare in dollari o in colones è la stessa cosa, il cambio è abbastanza buono. Il pomeriggio lo trascorriamo a passeggiare sulla spiaggia di Agujitas che non è un granché se ci si vuol sdraiare a prendere il sole, ma è piacevole per fare lunghe camminate cercando l’ombra delle palme, degli alberi di mango e magari raccoglierne più di qualcuno da consumare in stanza! Con l’occasione di andare a saldare l’escursione di domani, ci fermeremo per cena nel ristorante della Cabinas Manolo per mangiare fajdas de carne (tortilla di mais ripiena di straccetti di manzo e accompagnata da vegetali bolliti, insalatina e purea), gallo pinto (riso e fagioli mischiati: piatto tipico nazionale) e succo d’arancia (¢ 4250 tot). Ci accorgiamo che, a differenza del pranzo di oggi, qui non ci viene applicata la tassa del 10% in più e per quanto sia minima… ne siamo lieti. A nanna presto: domani ci si alzerà di buon ora, fa buio alle 18, i ristoranti chiudono alle 20 e poi… non c’è un granché da fare!

3° – Sabato 21 aprile: PARCO NAZIONALE CORCOVADO – STAZIONE LA SIRENA

Ricca colazione alle 5,15 da Manolo (gallo pinto con frittatina, toast, frutta, marmellata, caffè, latte e tea) insieme agli altri membri del gruppo: una coppia (lei belga, lui messicano) e una ragazza cilena. Incredibile a credersi: mangiamo di buon gusto tutto! Piccola scarpinata e alle 6 in barca con altri tre ospiti fatti salire da due differenti spiagge. Ci viene consegnato il pranzo al sacco che consumeremo a nostro piacimento durante un paio di soste nel corso della camminata nel Parco definito dal National Geographic come “l’area più biodiversamente attiva del pianeta” (www.pncorcovado@gmail.com). Avier, la guida, si raccomanda di parlare a bassa voce, di stare uniti, di tenere orecchie e occhi ben aperti. Non siamo allo zoo, i vari animali vivono nel loro habitat che va rispettato, per gli avvistamenti ci vuole pazienza e… saremo ripagati: nascosti tra i vari sentieri, vediamo serpenti, scimmie, tapiri, tucani… Le emozioni sono tante anche solo nel respirare un’aria così preziosa. Non mi dilungo in spiegazioni sul parco o sugli animali visti perché sono notizie facilmente reperibili, ma consiglio vivamente di non perdersi questa esperienza lontana dalla nostra quotidiana esistenza. Rientriamo verso le 15, il caldo e un po’ di stanchezza si fanno sentire per cui dopo una doccia rigenerante e una merenda con frutta tropicale, meritato relax. Per il giorno successivo prenotiamo un’altra escursione con Manolo: destinazione Isla del Caño ($ 65 pp). Prima di cena cerchiamo su internet una sistemazione per la prossima meta a Manuel Antonio. Staremo pure in un posto sperduto ma qui, così come in tutto il paese, la connessione wi-fi funzionerà perfettamente e sarà sempre gratuita! Ceniamo nuovamente da Manolo con abbondante arroces mixtos con calamares (riso ai calamari), nachos de pollo (tortillas con pollo, pomodoro, insalata, formaggio e fagioli) e un batido (frullato di frutta fresca con acqua o con latte) per ¢ 6300 tot. Passeggiata con torcia alla mano per la pochissima illuminazione e a nanna relativamente presto vista la sveglia di domani.

4° – Domenica 22 aprile: ISLA DEL CAÑO

Borsa mare con abbondante protezione solare, infradito, costume, maglietta e alle 7 puntuali a far colazione da Manolo con pancake, sciroppo d’acero e immancabile frittatina. Siamo in 8: la coppia belga/messicana di ieri, tre francesi, noi, un costaricano (qui si dice costarricense) e la guida, un alto e convinto vegetariano che abita dall’altra parte della penisola. Dopo un’oretta di navigazione con pit stop sia in mezzo a numerosi delfini che si esibiscono in uno spettacolino con tanto di salto (e non siamo a Zoomarine) sia davanti la carcassa di una tartaruga gigante investita da una barca (sigh), ci fermiamo di fronte la disabitata Isola del Caňo. La guida scende, paga a dei guardia-isola la quota che ci autorizza a tuffarci con pinne, maschera e salvagente, ma non a metter piede sulla terraferma. L’acqua è profonda mt 15, è di un verde smeraldo che diventa blu intenso e intorno a rocce che si inabissano sulla barriera corallina un vero e proprio acquario tropicale. I pesci sono tantissimi, di dimensioni e colori strabilianti e ci catapultano in una dimensione quasi irreale. Pratichiamo snorkeling prima in una caletta e poi in una differente insenatura, dove alcuni nuotano anche tra le tartarughe. Tante le sensazioni e gita che consiglio anche a chi non sa nuotare dal momento in cui è organizzata in massima sicurezza. Per il pranzo rientriamo a Drake Bay su una parte di penisola che è un vero e proprio Paradiso: Playa San Josecito. Mentre facciamo il bagno nelle calde e pulite acque della spiaggia, il comandante e la guida organizzano un vero e proprio pic-nic: tavolino apparecchiato con vari contenitori di pasta fredda tricolore con vegetali e pezzi di pollo, insalata di pomodoro, cetrioli, lattuga, patate lesse e uova sode, tonno misto a maionese. Per chi lo preferiva anche toast con prosciutto cotto e formaggio. Bibite fresche, cocomero e pacchetto di “ringo” per tutti! Il tempo di rilassarci, socializzare, rifare un bagno e prendere un po’ di sole e anche questa escursione alle 14,30 finisce riportandoci contenti e belli abbronzati. E’ ora di pensare alla partenza di domani. Prenotiamo presso la reception il trasferimento: la barca ($ 15 pp) il cui comandante Alex ci porterà a Sierpe, il taxi condiviso ($ 5 pp) il cui autista Pedro ci condurrà a Palmar Norte davanti alla fermata dell’autobus Tracopa ($ 10 pp, www.tracopacr.com) che ci scaricherà (nel vero senso della parola) all’incrocio con Manuel Antonio. Da lì un taxi fino all’albergo ($ 8 tot). Volendo, secondo lo spirito del viaggio, ci sarebbero state altre due soluzioni per raggiungere la meta: da Sierpe bus pubblico per Palmar ($ 1), bus pubblico ($ 5) per Quepos e bus pubblico ($ 0,50) per Manuel Antonio oppure shuttle Interbus diretto da Sierpe ($ 33 pp). Per l’alloggio di domani, nessuno dei vari hotel contattati (www.costaricaguide.info), soddisfa le nostre seppur minime esigenze. Su suggerimento di una ragazza conosciuta in gita, telefoniamo a un Lodge dove era stata giorni fa e… detto fatto: con $ 40 la stanza tasse comprese (bisogna sempre chiedere se sono incluse o meno!) pernotteremo al Tico Lodge (manuelantonioticolodge@hotmail.com) a due passi dal Parco Nazionale di Manuel Antonio e dalla spiaggia. Acquistiamo presso la frutteria adiacente la cabinas (¢ 1500 tot) la cena: zanahoria=carote enormi, ananas, melone e manghi giganteschi che consumiamo in verandina. Mucho vitamine!

5° – Lunedì 23 aprile: DRAKE BAY→MANUEL ANTONIO

Colazione con frutta, biscotti, succhi in camera e alle 7,30 un’oretta di navigata per Sierpe in mezzo a canali pieni di mangrovie. A destinazione il puntuale tassista – se non lo avessimo prenotato ce ne sarebbero stati tanti altri anche con qualche colon in meno – ci conduce alla fermata del bus Tracopa che va direttamente a San José ma che, su richiesta, fa scendere in mezzo a una piazzola all’incrocio con la strada per Manuel Antonio. Da lì stabiliamo, dopo un minimo di contrattazione, la “conveniente” tariffa ($ 8 tot) con un gentile tassista “pirata” (così si definisce lui e così gli facciamo notare noi visto che non ha l’auto rossa tassametro/marìa) affinché ci porti dritti al Tico Lodge. Non vediamo l’ora di raggiungere la meta e il Parco Nazionale tra i 10 più belli al mondo che però visiteremo domani visto che oggi, così come tutti i lunedì, è chiuso. Siamo a pochi passi dalla spiaggia, la voglia di respirare aria di mare e mangiare è tanta per cui scegliamo, su consiglio di Gonzalo, il proprietario del Tico Lodge che ci aspettava sulla porta, la soda (piccola trattoria, di solito a conduzione familiare, dai prezzi modici e dai piatti tipici) Chicken. Lì la sig.ra Socorro, sua moglie, ci sazierà con casado con pollo in salsa e con nachos di pollo gustose ma particolarmente ricche di salsine (¢ 7600 tot compreso un batido di mango). Il casado è un piatto casalingo tipico unico completo di riso in bianco, fagioli neri, insalatina, patatine o patacones=platano a fettine fritto e, a scelta, carne di pollo/manzo/maiale o pesce o vegetali. I prezzi, rispetto a Bahia Drake, sono più alti, nonostante ci siano tantissimi locali sul lungomare e i prodotti fin qui sono facilmente trasportati! Pomeriggio ci rilassiamo sotto una palma, volendo si possono affittare lettini e ombrelloni, facciamo un tuffo stando molto attenti alle correnti e alle onde violente e per finire passeggiatina esplorativa. Manuel Antonio si sviluppa su km 7 di strada collinosa e piena di curve dove uno adiacente all’altro si trovano resort, cabinas, alberghi per tutte le tasche ed esigenze. Immagino quanto poco magica sia l’atmosfera in altissima stagione. Nell’aria c’è sempre profumo di fiori, di manghi che ogni tanto cadono e prontamente raccogliamo per consumare in stanza. Lungo la strada avvistiamo un’iguana, un bel gruppo di scimmiette ragno che da acrobate la attraversa su un filo che la taglia, un bradipo intento a rosicchiare lentamente delle foglie e altri animali non ben identificati. I versi di questa ricca fauna si fanno sentire ovunque ed è come se già stessimo dentro il parco. Ceniamo nella verandina del lodge con del cibo acquistato presso l’unico supermercato sulla strada che ha dei prezzi da boutique (¢ 2400 solo un’acqua e un succo). La stanza è arredata semplicemente, ha un letto matrimoniale, un altro singolo, aria condizionata, tv, pala e bagno con acqua calda. Un po’ di pulizia in più non ci sarebbe dispiaciuta.

6° – Martedì 24 aprile: PARCO NAZIONALE MANUEL ANTONIO

Colazione in verandina con frutta, biscotti, succhi e subito a visitare il Parco. La biglietteria ($ 10 pp) è attigua il lodge e dopo mt 50 siamo già su uno dei sentieri ben tracciati. I percorsi sono facili, con molta calma e facendo meno rumore possibile, li percorriamo tutti. Non prendiamo una delle tante guide che con un gigantesco monocolo puntano gli insetti, i rettili e gli uccelli più nascosti ma quando vediamo un gruppetto intento ad ammirare qualcosa… ci fermiamo anche noi e zac, immortaliamo scimmie urlatrici e scoiattolo, cebi cappuccino, uccelli coloratissimi, serpenti color smeraldo, tanti bradipi, un’infinità di lucertole e iguane. I sentieri finiscono su spiagge turchesi e il consiglio è di portarsi i panini, alla fine dei trekking rinfrescarsi con un lungo bagno e rilassarsi all’ombra di qualche palma. Attenzione agli alberi di manzanilla tossica è quella piccola mela il vero frutto proibito perché orticante. Diverse fontanelle con acqua potabile sono dislocate in più tratti e a parte qualche toilette non vi è nessun punto di ristoro. Dopo lo spettacolare saliscendi dai promontori rocciosi circondati dalla foresta pluviale, arriviamo alle spiagge Playa Espadrilla Sur, Puerto Escondido e Punta Catedral, secondo noi tra le più belle di tutta la Costa Rica e ci fermiamo nella number one Playa Manuel Antonio detta Playa Tres o Playa Blanca. Il parco non è grandissimo, lo esploriamo facilmente e comodamente dalle 8 alle 13. Affamati usciamo e ridiamo fiducia, soprattutto perché si tratta dell’unica soda sulla strada (vi sono poi ristorantini e hanno i prezzi più alti per le medesime pietanze), alla moglie di Gonzalo che con casado vegetariano, americanissimo hamburger con patatine fritte e spettacolare batido alla papaya ci accontenta (¢ 7100 tot)! Siamo tentati da un’escursione in barca a vela: partenza alle 14, rientro alle 18, un’ora di snorkeling, possibilità di vedere razze, tartarughe, delfini, balene, cibo e bibite a volontà, tramonto incluso per $ 65 pp (www.manuelantoniotourscr.com), ma soprassediamo. Andiamo invece a informarci per il viaggio di domani a Monteverde dal simpatico costarricense del tourist information attiguo al lodge che ci prospetta due soluzioni: quella economica con i mezzi pubblici Manuel Antonio-Quepos-Puntarenas-Monteverde (¢ 4200 a persona e tempo totale di percorrenza sui mezzi 7 ore) e quella più rapida ma più costosa con lo shuttle Gray Line ($ 44 pp) che effettua in 4 ore e ½ il servizio “Door to door” (www.graylinecostarica.com). Arrivare presto non sarebbe male per sfruttare tutto il pomeriggio, ma le escursioni a cui siamo interessati a Monteverde iniziano alle 14 e pur prendendo lo shuttle, non arriveremmo per tempo… tanto vale servirsi dei mezzi pubblici e buttare un occhio al lungo tratto di paese che percorreremo viaggiando con la gente del posto. Cena a base di gelati (più di uno a testa), frutta tropicale per andare a nanna contenti e rinfrescati.

7° – Mercoledì 25 aprile: MANUEL ANTONIO→SANT’ELENA-MONTEVERDE

Colazione in verandina di buon ora con frutta, biscotti, succhi e via per la lunga giornata di trasferimenti. Primo bus Manuel Antonio–Quepos (¢ 250 pp), tempo di percorrenza 20 minuti. Giunti alla stazione ci riforniamo di banane per il viaggio (¢ 50 l’una) e compriamo i biglietti per il bus Quepos–Puntarenas delle 7,30 (¢ 3380 tot) con posti prenotati. Il mezzo è tipo torpedone malandato, senza aria condizionata, ma tutto sommato comodo anche perché si possono lasciare le valigie nel bagagliaio. Le fermate lungo il percorso sono tante e in diversi tratti si riempie a tal punto che qualcuno rimane in piedi. Diversi sono i turisti che hanno fatto la nostra scelta e molti i locali. Se non si hanno già gli occhi verdi… lo diventeranno dopo aver guardato fuori dal finestrino il paesaggio per le tre ore di viaggio. Incredibile come non ci sia neppure un cmq senza un po’ di vegetazione! Alle 10,30 tocchiamo nuovamente terra (Puntarenas) e siamo assaliti da venditori di escursioni o di trasferimenti per qualsiasi destinazione. Non ci facciamo convincere e proseguiamo l’altra parte del viaggio, Puntarenas-Monteverde, con un bus un po’ più piccolo del precedente (¢ 3600 tot). C’è da dire che, a differenza del primo, su questo i biglietti non si fanno in anticipo o in un botteghino, ma direttamente sul pullman. Abbiamo avuto la forte sensazione che il prezzo pensato e poi sparato dall’autista non fosse quello autentico, ma un po’ ritoccato al rialzo per i turisti. D’altronde nessuno può controllare l’autista-controllore! Il tangibile dubbio ci è venuto perché inizialmente l’autista ci aveva detto una cifra, poi mentre stavamo pagando… uno scambio di sguardi con un “aiutante”… e un inaspettato resto (morale ¢ 4600 tot). Una costarricense sul mezzo, tra l’altro, ci comunicava che il prezzo della corsa si aggirava tra le 1500 e le 1600 ¢. Pazienza, anche se in un posto così tranquillo e ospitale dispiace trovare persone disoneste. Non sarà neppure l’unico episodio in cui bigliettai e ristoratori “ci provano!”. Puntarenas, dove abbiamo stazionato tre ore (la prima coincidenza è alle 13,30) è una mediocre cittadina sul mare. I tre localini adiacenti alla fermata sono molto turistici e hanno prezzi elevati. Giriamo sulla prima stradina a destra (Avenue 2, Calle Central) e troviamo in 5 minuti la soda El Desorden che ci offre un’abbondante porzione di gallo pinto semplice per me e con huevo per il mio boy, baguette e acqua per ¢ 4000 tot (solo la bottiglia di acqua ¢ 1500). Una sorta di ghiacciolo allo yogurt nella gelateria attigua (¢ 175) e sotto una palma a respirare, fronte mare, pulitissima aria per ristorarci un po’. Abbiamo notato, tra l’altro, che in questo paese fumano in pochissimi! Complimenti Ticos (tico è il termine colloquiale di una persona nata in Costa Rica). Si riparte puntuali per la foresta nebulare di Monteverde – Sant’Elena che, tra loro, distano km 3. Noi ci fermeremo presso quest’ultima che si dice un po’ più vivace e dove, con qualsiasi mezzo si arrivi, alla fine la strada è così sconnessa che si ballerà come se si stesse su un tagadà! La sistemazione sarà presso la Cabinas Vista al Golfo (www.cabinasvistaalgolfo.com) contattata via mail, a conduzione familiare, in una stanza ($ 25 pp colazione inclusa) con bagno. E’ veramente graziosa, pulita, con un letto matrimoniale e uno a castello. Ci informiamo per l’escursione di domani al Selvatura Park. Il bello di queste gite è che si possono prenotare sia via internet (monteverdeinfocenter@gmail.com), sia direttamente dai fornitori principali sia presso l’albergo in cui si dorme e il costo non cambia mai. Il trasferimento hotel-parco-hotel è sempre incluso nel prezzo. La temperatura è cambiata completamente: siamo passati in pochissimo tempo dai 30°C ai 10°C! Tira un vento spaventoso, cade una pioggerellina fitta fitta (basta il k-way) e siamo a mt 1530! Indossati indumenti più idonei di ciabatte, t-shirt e pantaloncini, facciamo un giro per il centro del paesino (mezz’ora al massimo e si vede tutto) e ci colpisce la grande insegna del supermercato SuperCompro, simile a uno dei tanti delle nostre città, ma che qui finora non avevamo visto e che scopriremo in seguito il più conveniente del paese. Ci ritroviamo a curiosare tra specialità del luogo come le empanadas (fagottini ripieni di formaggio, carne o marmellata) e cediamo all’acquisto sia di lunghe e invitanti baguette (sfiziosa anche la manina=cinque panini all’olio lunghi tutti attaccati a forma di ventaglio, proprio come una mano) che riempiremo con pomodori, wurstel, tonno… sia di ottima frutta (bananine, papaya), acqua, pepsi, succhi di frutta (¢ 3931+1850) e la cena è risolta. L’idea di prepararci la cena, perché a disposizione dell’hotel ci sono, per piano, aree relax, cucine attrezzate pulitissime, l’angolo del “caffè” sempre pronto. Sotto il piumone ci riscaldiamo e, con il sottofondo del trotto di cavalli che passano lungo la strada dove affaccia la stanza, ci lasciamo abbracciare da Morfeo.

8° – Giovedì 26 aprile: SELVATURA PARK E PIANTAGIONE DI CAFFÈ

Colazione a buffet in hotel nella cucina comune con cereali, toast, marmellata, ananas, banane, tea, caffè a volontà e alle 8 il pulmino per il Selvatura Park (www.selvatura.com), una riserva naturale immersa nella foresta nebulare dove si possono praticare tanti tipi di attività, dal canopy (sopra il manto verde il più lungo volo della Costa Rica di km 1) ad una passeggiata di km 3 lungo i suggestivi ponti sospesi (8 differenti, la cui altezza va dai 12 ai 60 mt da terra e il più lungo è di mt 157). Si può visitare il farfallario, il rettilario, il ranario, vedere la mostra degli insetti e il giardino dei colibrì (la spesa va dai 5 ai 138 $ pp). Noi scegliamo di “fermare” il continuo svolazzare di differenti specie di colibrì colorati (il più particolare è il campilottero violetto) e la passeggiata sulle passerelle per apprezzare la foresta dall’alto ($ 5 + $ 30 pp). Il tutto è veramente interessante soprattutto perché la colonna sonora delle quasi tre ore di camminata sarà un concerto di cinguettii e fischiettii di volatili difficili però da avvistare nel loro habitat naturale. Una gita che sicuramente consiglio! Per il rientro, basterà vedere la tabella delle partenze dei pulmini che riportano ai rispettivi hotel. Pranziamo, utilizzando la cucina, con panini e insalatone e nel pomeriggio prenotiamo un tour all’interno della piantagione di caffè di Don Juan ($ 30 pp – www.donjuancoffeetour.com). Una guida ci condurrà su per la collina raccontandoci e spiegandoci il ciclo della pianta e del chicco. Rimaniamo sbalorditi di quanto lavoro ci sia dietro una tazza di cafecito nero e pensiamo ai tanti lavoratori che, almeno qui, rigorosamente a mano, raccolgono i chicchi. La spiegazione continua con quella della produzione del cacao e della canna da zucchero e quanto apprezziamo chi ci addolcisce la vita! Ovviamente ci sarà il tempo per assaggiare i tre prodotti con divertimento nostro e delizia delle nostre papille gustative! Siamo anche fortunati a incontrare, lungo la passeggiata, proprio Don Juan, un minuto 75enne che si presta a essere immortalato dal gruppetto di sei persone quali siamo e che, stringendoci energicamente la mano, risponde “mucho gusto” più e più volte. Rientriamo in hotel e ci dedichiamo all’organizzazione della giornata di domani. Prenotiamo in reception sia il trasferimento jeep-barca-jeep per La Fortuna ($ 18 pp), sia l’hotel Dorothy ($ 22 tot). Per cena acquistiamo dei prodotti al supermercato e ci divertiamo, insieme a una coppia di Israele, a occupare fornelli e forno a microonde scambiandoci ricette. A nanna felici e fortunati per il sole che ha scaldato e illuminato l’intera giornata!

9° – Venerdì 27 aprile: MONTEVERDE-SANT’ELENA→LA FORTUNA

Colazione simile a quella di ieri con la variante dell’anguria alle banane e partenza alle 8 per La Fortuna, un piccolo centro turistico alle pendici del famoso Vulcano Arenal, ritenuto uno dei dieci più attivi al mondo. La jeep non è altro che un furgoncino che in tre ore attraversa la foresta nebulare e si ferma sulle sponde del Lago Arenal, un’oretta in “battello” e sull’altra sponda un altro pulmino fino all’hotel Dorothy. Alle 11,30 arriviamo puntualissimi, saldiamo la essenziale e un po’ vecchiotta stanza, prenotiamo ($ 52 pp) per il pomeriggio la gita al Parco Nazionale Vulcano Arenal e l’entrata alle Terme Baldi, cena compresa. Franklin sarà la nostra guida (www.sonidosyrocasdelarenal.com) per il sentiero Arenal 1968 e probabilmente non ci poteva capitare meglio: una persona preparatissima, simpatica, disponibile e soprattutto amante della sua terra. Ci mostra la perfezione di madre natura, il linguaggio di tutto ciò che è verdeggiante, ci fa assaggiare frutti, foglie, ce ne mostra le proprietà e ci racconta qualche aneddoto. La foresta è la sua università e per un paio d’ore diventiamo attenti studenti. Nonostante non assistiamo ad alcuna rumorosa eruzione, vivere il territorio selvaggio, avvistare qualche scimmia urlatrice (che risponde ai richiami di Franklin), piante dalle forme curiose come le rabo de mono, legni medicinali sui quali sono appostate cigarra=cicalone e ripercorrere i resti della colata lavica di 44 anni fa, ci entusiasma molto. Scarpe da ginnastica/trekking, k-way e repellente per zanzare sono vivamente consigliati! Il pomeriggio prosegue dalle 18 alle lussuose (ma non troppo!) Terme Baldi (www.baldihotsprings.cr) dove ci rilassiamo in qualche (sono complessivamente 25) piscina d’acqua termale calda fino a 47°C. Per la dotazione di un asciugamano si lascia una cauzione di $ 10, mentre per utilizzare un armadietto si noleggia un lucchetto per $ 6. Noi il lucchetto lo avevamo portato, ma i soldi ci sono stati chiesti ugualmente per lo spazio che avremmo occupato. Tranquillamente ci portiamo gli zainetti dietro appoggiandoli su uno dei tantissimi lettini a disposizione: non c’è molta gente per cui buttare un occhio alle borse mentre ci immergiamo nelle bollenti/gelide acque, non è un problema. A disposizione degli ospiti tante docce (sapone con dosatore), bagni, ma da segnalare l’assenza di phon (d’altronde non ne abbiamo mai visto uno neppure negli hotel!). Abbiamo la cena inclusa nel pacchetto, e per recuperare energie perse (tra la scarpinata e la rilassata) ci fiondiamo più e più volte nel ricco buffet che propone zuppe, paste, secondi (maiale, pollo, fagioli), riso in bianco o condito, insalate (lattuga, pomodori, rape, carote, cetrioli, cipolla), frutta (ananas, anguria, fragole ancor più buone se passate sotto la fontana di cioccolata), dolci, soft drinks (acqua, succhi di frutta al dispenser) e bevande calde (un’infinità di bustine di tea, tisane, infusi). Torniamo in stanza contenti, stracottissimi e appanzatissimi!

10° – Sabato 28 aprile: LA FORTUNA→TORTUGUERO

La colazione non è inclusa, ma a disposizione abbiamo un’attrezzata cucina presso la quale ci prepariamo tea, caffè, riscaldiamo del pane e mangiamo la particolarissima e a volte sconosciutissima frutta (che sfiziosi i mamoncillo!) comprata al mercato coperto locale (2 minuti dall’hotel). Qualora ne avessimo avuto il tempo, saremmo andati, un’ora e 20 di passeggiata, alle altissime (mt 70) cascate di acqua cristallina La Catarata ($ 10 pp), ma preferiamo partire di buon ora per il Tortuguero (www.tortuguerovillage.com). Tre modi per raggiungerlo: mezzo pubblico fino a San José e poi altro mezzo pubblico e barca oppure 4 bus pubblici senza passare dalla capitale o shuttle privato e barca ($ 40 pp www.sonidosyrocasdelarenal.com). Scegliamo la terza soluzione, quella più veloce e più costosa prenotandola alla reception. Via internet avevamo scritto a vari hotel/cabinas/lodge per il pernottamento nella prossima meta, alcuni ci avevano risposto, altri no e arriveremo senza prenotazione (il bello di questo periodo dell’anno è che non è assolutamente un problema, lo abbiamo appurato fino ad oggi). Il pulmino è sempre super puntuale, è quasi tutto per noi visto che condivideremo solo un’oretta di viaggio (delle tre e mezza totali) con due costarricensi. Nino è il nostro autista che parla solo spagnolo, guida ineccepibilmente bene, come noi odia l’aria condizionata e preferisce vento caldo che entra piacevolmente dai finestrini tutti abbassati. Il paesaggio cambia nuovamente: i bananeti hanno la meglio! Km e km di piante dove i caschi sono spesso coperti da sacchi bucherellati blu che li proteggono dagli insetti. Alcune tenute sono di piccoli proprietari, per quelle sconfinate riconosciamo i simboli degli esportatori: Chiquita, Del Monte e Dole. La strada è buona tranne che per l’ultimo tratto in cui diventa sterrata e piena di curve. Giungiamo in un grande spiazzo pieno di auto parcheggiate; vi è solo un ristorante su una larga pedana in riva a un canale assomigliante di più a una gigantesca pozzanghera. Nino ci consegna ad Alfonso che avrà il compito di accompagnarci fino all’alloggio prenotato. Gli diciamo che non abbiamo ancora scelto e… zac: ci propone, cartina alla mano, tre soluzioni (una stanza a $ 16 senza wi-fi, una a $ 20 un po’ defilata e una a $ 27,50 centrale e comprensiva di colazione). Sostiene di essere una guida, ha un’agenzia registrata con suo fratello Abel (Caiman Tours) e ci mostra il “bigliettino da visita” (alfonsoguidecanutours@yahoo.com). Siamo un po’ scettici perché informati del fatto che molti si presentano come guide e non lo sono… ma la sua poca insistenza, il rispondere pacatamente (forse pure troppo!) alle nostre mille domande gli fa guadagnare fiducia. Aspettiamo il momento dell’imbarco su una barchetta che si divincolerà per i vari fiumiciattoli dove salgono pochi turisti e tanti “pendolari”. Durante la navigazione avvistiamo un caimano intento a prendere il sole e una tartaruga di fiume che si tuffa da una roccia: wow che benvenuto! Al villaggio Tortuguera ci accolgono procacciatori di turisti con mille proposte, ma non cediamo. Dopo aver visto la cabinas più costosa ed averla scartata perché di fronte una discoteca, quella più economica perché senza il collegamento ad internet a noi utile per pianificare gli ultimi giorni di vacanza, ci fermiamo alla Cabinas Balcòn del Mar proprio di fronte all’agitatissimo Oceano ($ 16 o 20 la stanza se con o senza l’acqua calda). Il proprietario Luis Aguilar (leagonzalez@costarricense.cr) è un omone molto gentile che ci fa scegliere tra più stanze, ci spiega l’uso della cucina comune e molto fiero ci mostra prima la sua collezione (un po’ macabra) d’insetti che conserva in barattoli, poi scheletri di animali locali, la corazza di una tartarugona e le foto di un ghepardo mentre gusta una testuggine e che si aggira nei dintorni… aiuto! La stanza prefabbricata in legno su una pedana (ve ne sono diverse una adiacente all’altra) è spaziosa, la pace regna sovrana nel giardinetto pieno di palme da cocco e amache che invitano al relax. Alle 15 partiamo con Alfonso per l’escursione “canoas y caminata” ($ 15 pp). Sulla canoa il mio boy rema davanti, la guida dietro e io beatamente in mezzo a filmare e fotografare i più svariati tipi di uccelli che man mano ci vengono indicati: tijo, pato aguija o aninga, gabilan cangrejero o gazza tigre, uitre… Tantissime le specie di basilisco (lucertolone color verde smeraldo con una cresta che corre lungo tutto il corpo), di iguane verdi (alcune lunghe anche un paio di metri!), di ameiva festiva (lucertole color bronzo con una striscia bianca sul dorso che si muovono saltellando)… Sembra di stare all’interno di Jurassic park. Attracchiamo la canoa e lungo un breve percorso è la volta della piccolissima rana ojrarasca e della rana roja=rossa più nota perché rumorosissima e tossica. Assistiamo a uno splendido tramonto e dopo tre ore siamo nuovamente a zonzo per il villaggio pedonale dove l’unico mezzo è la bicicletta, ma non ve ne sono tantissime visto il terreno quasi ovunque sabbioso. Per cena la scelta ricade a La Culebra, una soda proprio al centro del molo, dove i prezzi sono contenuti, gli orari particolarmente lunghi (5-24) e la gente locale si ferma. Il casado con pollo (questa volta tagliato a striscioline e ripassato con peperoni e cipolle) della sig.ra Marzia è squisito, così come l’hamburguesa con papas del mio boy. Compresa una coca cola paghiamo ¢ 5500 tot.

11° – Domenica 29 aprile: TORTUGUERO

Dopo la colazione tra i tanti saltamontes (grilli neri e rossi) che ci attorniano, via all’ennesimo Parco Nazionale, a pochi minuti dalla cabina. I guardia parco ci informano che per girarlo dobbiamo, per ragioni di sicurezza, indossare delle calosce, ci mostrano il semplice percorso di km 3 e visto il tanto caldo di oggi ci consigliano di tornare nel pomeriggio. In effetti, gli avvistamenti avvengono maggiormente nelle prime ore del mattino (ma a noi oggi di arrivare alle 6 non ci andava proprio) o in tarda serata (il parco chiude alle 18 e l’ultimo accesso è alle 16). Seguiamo il suggerimento e dopo un ricco approvvigionamento di bevande presso uno dei supermercati del piccolo villaggio, ci andiamo a dondolare sulle tanto comode e colorate amache. Wow! Tranquillamente su uno degli alberi di manzanilla de agua, il frutto caratteristico del luogo, una pera rosso rubino un po’ insipida, si lascia fotografare un coloratissimo chesnot madibel, il tucanone per eccellenza! Il pranzo lo consumiamo nuovamente presso La Culebra dopo aver visionato i menu di diversi ristorantini o soda che per le stesse pietanze chiedono di più, aggiungono la tassa del 10% e preparano in cucine nascoste. Qui almeno la sig.ra Bianca (un’altra rispetto a quella di ieri sera) cucina a vista e, potendolo fare, apporta qualche modifica al fisso menu. Il mio casado prevedeva maiale a pezzetti e invece la chuleta=braciolina me la son fatta cuocere tutta intera. Il mio boy senza fantasia replica con hamburger, patatine e coca cola (¢ 5700 tot). Alle 15 noleggiamo per $ 1 il paio di stivali e iniziamo il tragitto immortalando, oltre alle specie ormai a noi note, tanti trogom (uccelli neri con il petto rosso) e farfalle spaventosamente gigantesche. Rientriamo per una doccia dopo aver raccolto, lungo il cammino, qualche cocco che molto faticosamente rispetto ai locali (molti dei quali si improvvisano venditori ambulanti) apriamo per dissetarci. Assistiamo alla preparazione della cena da parte degli altri ospiti del Balcòn del Mar e… incredibile: siamo gli unici italiani a non mangiare pasta! Due francesi cucinano spaghetti con il tonno, una ragazza olandese prepara conchiglie al peperone, una coppia di americani delle penne con la cipolla… e noi, un po’ dubbiosi sugli accostamenti e condimenti, scioriniamo la nostra esperienza dando consigli. Piacevolissima serata tra chiacchiere e racconti. Anche questa è vacanza!

12° – Lunedì 30 aprile: TORTUGUERO→CAHUITA

La levataccia è un po’ dura per la partenza alle 5,00 in barca. L’alba offre un incredibile spettacolo e tra i canali avvistiamo un altro caimano e salutiamo le numerose specie di uccelli che si nascondono all’interno della fitta vegetazione tropicale. Arriviamo a La Pavona (¢ 1600 pp), dove avremmo dovuto prendere il bus per Cariari (¢ 1000 pp), ma Alfonso, che viaggia con noi, ci propone – per la stessa cifra – un passaggio in auto che accettiamo volentieri. A Cariari ogni 15 minuti parte un bus per Guapiles (¢ 430 pp). Il viaggio durerà una quarantina di minuti e, una volta scesi alla stazione, avremo a disposizione un’oretta prima di salire sul bus per Limon (¢ 1960 pp). I mezzi sono tutti puntuali, puliti e comodi. Spesso vi è anche il portabagagli. Importante è non crogiolarsi perché sono tutti in coincidenza e perdendone uno si rischierebbe di stare l’intero giorno impegnati nei trasferimenti. Le stazioni sono le medesime: si scende e si sale cambiando solo parcheggio, tranne che a Limon dove i terminal distano l’uno dall’altro mt 300 circa. Arriviamo a Cahuita alle 12 (¢ 1210 pp) e subito alla cabina Smith 1 (Smith è il cognome dei fondatori che installarono i primi accampamenti per la pesca di tartarughe) dove ad accoglierci è la proprietaria Joyce che ci propone una stanza economica con bagno in comune ($ 12), una a 150 mt da cucina e wi-fi ($ 16) e quella più dotata anche di aria condizionata ($ 31). Poiché ci fermeremo per più giorni, scegliamo l’intermedia e non ce ne pentiremo perché si rivelerà la più tranquilla, intima e sicura. Siamo affamati, Joyce ci consiglia di andare a mangiare da Ricky’s, che fa angolo sulla via principale. Le pietanze offerte sono più o meno quelle che conosciamo e che finora ci son piaciute per cui replichiamo con due casado: frittatina di platano al posto delle patate e mezzo avocado al posto dell’insalata (¢ 6600 tot). Nel primo pomeriggio perlustriamo Playa Blanca alla quale si accede entrando nel Parco Nazionale, un sentiero naturale di km 7 che arriva a Puerto Vargas e si estende tra la spiaggia e il bosco. Per questo Parco di Cahuita nessun biglietto da pagare, ma solo una libera donazione e la registrazione. Il mare è pulitissimo ma c’è molta corrente, l’arena è dorata, le palme e gli altri alberi riparano dal sole, ma non è proprio quello che immaginavamo pensando al color turchese del Mar dei Caraibi stampato sui depliants. Ci rilassiamo comunque e finiamo la lunga giornata con il percorrere le sterrate stradine del piccolo e assonnato centro il cui nome deriva da cawi=sangrillo e ta=punta (punta dove crescono gli alberi sangrillos) e che dopo un’oretta conosceremo come le nostre tasche. Numerosi sono i posti per dormire, diversi i localini dove si respira atmosfera giamaicana. Nonostante la perenne musica reggae che si ascolta ad ogni passo, perché esce potente dalle abitazioni e dai caffè, il paese ci dà l’idea di essere abbandonato o in una fase di crescita iniziale.

13° – Martedì 1° maggio: CAHUITA

Prepariamo la nostra classica colazione con toast, marmellata, tea e frutta nella cucina comune non particolarmente attrezzata e subito a Playa Negra, a poche centinaia di metri. Molte sono le persone del luogo che si accingono a trascorrere la giornata al mare visto che anche qui è la festa dei lavoratori! Auguri a tutti! La spiaggia è ampia e lunghissima, la sabbia scura, ferrosa e per quanto l’acqua sia pulita e calda, il colore non è così invitante per un bagno, per cui solo una passeggiata e via a Playa Blanca, all’interno del Parco Nazionale. Incredibile come, a distanza di una ventina di minuti a piedi, i colori dello stesso Oceano e della stessa arena possano così cambiare. Registriamo anche oggi l’entrata e ci incamminiamo alla ricerca di una bella pianta che faccia da ombrellone. Molte famiglie costarricensi già hanno occupato e allestito delle vere e proprie aree attrezzate! C’è chi ha portato barbecue, chi scatoloni di polistirolo pieni di bevande, tanti i barattoli della birra nazionale: la cerveza Imperiale dall’inconfondibile simbolo di un’aquila nera dalle ali spiegate e poi ghiacciaie di tutte le dimensioni e colori, contenitori portavivande… insomma ogni nucleo, molto numeroso, sembra abbia piantato un accampamento. La spiaggia però è lunghissima per cui a parte qualche buon odore non si sente confusione e c’è abbondante spazio per tutti! Troviamo una capannina fatta di rami sotto la quale appoggiamo lo zainetto con gli effetti personali e via a tuffarci. Non soffia un alito di vento, ma il mare è pieno di correnti, bandiere rosse che ci mettono in guardia dalle piccole ma potenti onde le quali ci sbatacchiano da una parte all’altra. Ci divertiamo ad affrontarle e ci allontaniamo un po’ perché a largo l’acqua è più calma. Mentre mi sto per rilassare, devo correre sulla battigia… un po’ di gente sta attorniando il mio zainetto: un procione tenta di aprirlo probabilmente per rubarmi la merenda! Per fortuna le foto scattate dagli altri turisti lo distraggono e quando arrivo, nonostante lui continui ad annusare la borsa, mogio mogio alza la bella striata coda, mi guarda con occhioni che sembrano indossare occhiali e se ne va. Da quel momento saremo costretti ad alternarci nel fare il bagno perché lo stesso vizio lo hanno i cebi cappuccino! Arriva l’ora del pranzo che consumiamo presso la Soda Cawi (il nome non si legge bene), adiacente alla cabina Calipso, dove le signore Lucia e Alba in pentoloni che cuociono sulla pietra riscaldata dalla brace, servono solo casado con pollo o con manzo. Il piatto oggi è composto, oltre che da riso e fagioli, anche di un mix di patate lesse e uova sode, verdure e, appunto, pollo cotto in tegame o spezzatino di manzo. A disposizione il curtido, un olio piccante di peperoncini la cui sola goccia richiede l’intervento di un pompiere! Una bevanda a testa è compresa e noi scegliamo una “sangria” non alcolica veramente saporita ($ 10 tot). Torniamo in stanza per una doccia, per rilassarci un po’ e verso le 17, prima che faccia buio, ci rechiamo alla stazione dei bus per prendere informazioni sui luoghi limitrofi degni di nota. Al rientro cediamo alla tentazione di una “grattachecca” assistendo alla sua particolare preparazione. Il “granitaro” accetta di farsi riprendere dalla nostra telecamera mentre grattugia un blocco di ghiaccio e ne costituisce la base, aggiunge due cucchiaini di polvere di banana, ancora ghiaccio che innaffia con abbondante succo di “amarena” e al top del rosso cono rovesciato, aggiunge tanta crema alla vaniglia ($ 2 l’uno). Che squisitezza… ecco perché una lunga fila di consumatori! Prima di rientrare compriamo una piccola sandìa=anguria da un ambulante che pesa la merce a occhio. Non tocca né tasta né alza il prodotto che indichiamo, lo guarda e dice “saranno 3 kg per cui $ 4”. Nonostante Cahuita sia attorniata da bananeti, abbia palme da cocco, alberi di mango sparsi ovunque e sia la zona ideale per la produzione di frutta… se ne può comprare pochissima a prezzi alti prevalentemente presso gli unici due supermercati (Safari, il più costoso e quello gestito da avidi cinesi che ci provano col cambio). Preferiamo, anche per questo motivo, far guadagnare il vecchio ambulante che ci fa ridere per il suo modo: “a occhio pesa… mi devi dare circa… non c’è nessun problema” che è poi quello con cui le persone oneste si muovono in questa località. La stessa sensazione la proviamo quando dobbiamo saldare altre due notti a Joyce e non la troviamo. Siamo un po’ preoccupati al pensiero che ci possa considerare pagatori ritardatari… e quando la incontriamo e glielo raccontiamo… ci confida che altre persone se ne sono andate senza saldarla ma… “non c’è nessun problema: i soldi vanno e vengono”. E’ divertita dalla nostra incredulità, dai nostri dubbi e generosamente ci offre un casco di banane! Alla faccia! Nel giro di pochi metri c’è chi ti vuole fregare e chi si fida ciecamente!

14° – Mercoledì 2 maggio: CAHUITA→BRI BRI→PUERTO VIEJO→CAHUITA

Oggi dedichiamo la giornata a un altro paesino, Volio, dove vive una delle comunità indigene presenti sul territorio. Dalla stazione prendiamo il bus delle 9 per Bri Bri (ce n’è uno ogni ora dalle 7 in poi, ¢ 1035 pp, ma occhio al bigliettaio che imbroglia sul prezzo!) arrivando dopo un’ora e mezza in questa frazione che si concentra tutta su una grande curva. La gente ha una fisionomia un po’ differente, è molto semplice e risponde sempre con cortesia alle nostre richieste d’indicazioni. Da lì avremmo potuto prendere un bus per Shiroles, ma la giornata è bella e preferiamo raggiungere la piccola comunità a piedi (km 3). La strada è sterrata, larga, a volte un po’ collinosa e quando passa a tutta velocità qualche camioncino alza polveroni e si fa fatica a respirare. Molti bimbi e adolescenti vanno o tornano da scuola, tutti in divisa, ben pettinati e alcuni in bicicletta trasportano o sono trasportati. Dopo un’oretta scarsa troviamo l’indicazione per la bottega di un artigiano: Timoteo, che ci accoglie nella sua piccola capanna dove moglie e figlia lo raggiungono, incuriosite dagli unici due turisti! Proprio a ridosso dell’entrata vi sono sparsi a essiccare semi di cacao che quasi non avevamo riconosciuto. Ci mostra utensili artigianali e ci fa odorare due tocchi di cacao “organico” (sembrano due sassi di pietra scura). Ne compriamo uno per assaggiarlo ($ 1) e scopriamo che il cioccolato che mangiamo in Italia è notevolmente lontano da quello puro da lui prodotto. Il sapore è amaro, la consistenza durissima e mentre facciamo delle smorfie, ci comunica che è ottimo per il corazon. Lo ringraziamo, scattiamo una foto ricordo con tutti e tre e proseguiamo la scarpinata passando in mezzo a tante finca (fattorie, tenute) in vendita dove crescono fiori dai più sgargianti colori, frutti che nessuno (tranne noi) raccoglie. Quante arance che sembrano acerbe perché dalla buccia verdissima ma dolci, succose e quante granadilla riempiono i nostri zaini. Immaginavamo un vero e proprio insediamento, quasi un campo, e invece le case si nascondono a buona distanza l’una dall’altra, sono prevalentemente prefabbricate e dai colori più improbabili, rosa confetto, turchesi…. Anche le insegne per le capanne degli indigenas non sono sempre visibili così come i nomi dei paesi, del tutto inesistenti. Alla domanda quale fosse esattamente il paese Volio veniva risposto “dal campo di calcio – un’area con prato all’inglese – all’incrocio”. Facciamo visita a un’altra famiglia di nativi composta da due giovanissimi genitori e una bimba di qualche mese. Diverse le maschere in legno esposte (non proprio economiche) e immancabile acquisto di altri due pezzi di cioccolato puro, questa volta dal sapore meno “bruciato”. Carichi di energie ritorniamo contenti dell’esperienza fatta in piena libertà e non con il tour proposto a $ 35 comprensivo del processo di produzione del cacao che avremmo potuto vedere a Potino, ma che, in effetti, c’era già stato piegato a Monteverde durante il Don Juan coffe tour. Dopo aver acquistato bibite fresche e frutta presso un ambulante – 6 grossi manghi ¢ 1000: ormai siamo frutta dipendenti – prendiamo il bus per Puerto Viejo (¢ 730 pp). In un’oretta arriviamo in questo grazioso paese di mare, un po’ più turistico rispetto a Cahuita con piccole calette dove “rinfrescarsi” (l’acqua del mare è sempre calda) e abbandonarsi. Lo facciamo e consumiamo di buon gusto panini, frutta raccolta e comprata! Probabilmente il paese è più vivace di sera, anche se i prezzi, nonostante la tanta concorrenza per i localini uno adiacente all’altro, non sono bassi. Acquistiamo un po’ di viveri presso il Supermarket El Diamante (¢ 3290 con cambio sfavorevole) e ritorniamo a Cahuita in una mezz’ora di pullman (¢ 730 pp). Vicino la stazione da Fruithielado cediamo ad un cono ananas e arancia (¢ 550), dolce ma nulla di eccezionale. Nel rincasare notiamo – e ci fermiamo – un carrettino di legno da cui proviene del fumo. Conosciamo Maria, una donnona intenta ad accendere la brace sopra la quale, su una griglia, cuocerà per tutta la notte spiedini di carne da lei preparati. E’ lì che ceneremo! In piedi, tra le risate della cuoca che spennella con l’olio piccante e gira i quattro pezzi di carne (pollo/maiale/manzo) infilzati in lunghi stecchini e separati da cipolla e pomodori, gustiamo roventi spiedoni. Ne mangiamo sei, tre a testa ($ 12 tot), il settimo ce lo regala perché divertita dalla quantità da noi ingurgitata, perché troppo contenta di ascoltare i nostri complimenti… e forse perché abbiamo attirato diversi curiosi. Le regaliamo un cappellino e un portachiavi con la promessa di un ritorno.

15° – Giovedì 3 maggio: CAHUITA→MANZANILLO→CAHUITA

Colazione fai da noi e partenza con il bus delle 11,15 (ce n’era solo uno prima alle 6,45) per Manzanillo (¢ 1210 pp con la linea Mepe). Sempre occhio al bigliettaio che prova a fregarci anche oggi spudoratamente. Il viaggio dura poco più di un’ora e il paesaggio alterna bananeti (non è un caso se le spiagge hanno nomi come Playa Chiquita!) a distese di palme da cocco. Dopo le fermate Home Creek, Puerto Viejo, Cockles, Punta Uva finalmente si scende davanti a una spiaggetta veramente carina, dove l’acqua è limpida, calda e quasi si avvicina a quell’idea del Mar dei Caraibi iniziale. La caletta è attrezzata con panchine e tavolini di marmo sui quali fanno ombra le palme. Non ci sposteremo più! Consumeremo qui i soliti (anche se ripieni di differenti cose) toast, l’immancabile frutta e ci disseteremo con l’acqua delle pipas=noci di cocco che raccoglieremo e apriremo con sempre meno difficoltà! Ogni tanto qualcuno di passaggio con un machete (c’è sempre un qualcuno con una sorta di mannaia di passaggio!) ci aiuta e diventiamo esperti nel riconoscere i cocchi che all’interno avranno una poltiglia un po’ viscida dal buon sapore e da mangiare con il cucchiaino da quelli che contengono solo acqua fresca, frizzantina e nutriente che normalmente si vende in bustine di plastica trasparente (si succhiano da un piccolo foro su un angolo)! Non esagero ma ne avremo aperta una decina e offerti tre a due ragazze americane incontrate per caso, anche loro ospiti della Cabinas Smith 1, che avevano noleggiato la bici da Puerto Viejo e dopo una bella pedalata di 12 km bisognava rifocillare! Rientriamo con il mezzo delle 17,15 (¢ 730 pp) appesantiti per quanto sorseggiato e per gli zaini contenenti due cocchi che porteremo in Italia! Oggi c’eravamo ripromessi di cenare dalla sig.ra Patrizia, presso la soda accanto al supermarket Safari, ma abbiamo fatto tardi: le signore che gestiscono questi localini chiudono sempre presto e alle 19,30 troviamo cerrado. Di aperto ci sono solo posti turistici, bar, addirittura pizzerie… e allora replichiamo con quattro spiedini dalla sig.ra Maria e aggiungiamo una sorta di dulce de leche preparato con latte, zucchero di canna, mais, uvetta sultanina e cannella, conservato all’interno di una ghiacciaia e servito in un grosso bicchiere di plastica da una giovane mamma ambulante (¢ 800). Con il buon sapore del caramello rientriamo in stanza e a nanna!

16° – Venerdì 4 maggio: CAHUITA→SAN JOSÉ→ALAJUELA

Colazione e partenza con il bus Mepe delle 7 (il primo dei 4 della mattinata, uno solo il pomeriggio) per San José (¢ 4700). Il bigliettaio (sempre lo stesso ma oggi affiancato e spalleggiato da un collega) prova a darci un resto sbagliato ($ 5 in meno). Glielo facciamo notare e poco simpaticamente ci dice che allora oggi i $ non li accetta proprio nonostante il cartello dei prezzi sia espresso in entrambe le valute. Ma si è impazzito! Non lo può fare! Questa è pura cattiveria! Ci mette in difficoltà! I negozi sono chiusi! Le persone che aspettano il mezzo sono pendolari e non hanno $! No! L’unica soluzione è tornare da Joyce perderemmo il bus! Quando avevamo perso le speranze ed eravamo superfuriosi per come ci stava lasciando questo paese, ritroviamo le due americane in partenza per San José. Fiuuu! Ci fanno la cortesia, last second, di cambiarci i soldi. Di corsa ritorniamo con tutte corone a pagare i biglietti e… incredibile! Nonostante sui tickets sia stampato l’importo, il costo che ci spara è maggiorato. Ne avessimo avuto il tempo, avremmo piantato una grana infinita a questo disonestissimo bigliettaio e invece, abbozzando la fregatura, mandiamo amaramente giù l’episodio sperando che quanto prima si sbagli a dare il resto (in più!) a chi verrà dopo di noi! Nonostante il disgustoso episodio continueremo a pensare alla cortesia e gentilezza della maggior parte della popolazione. Arriviamo nella capitale alle 11 dopo una breve fermata a Limon. La stazione in cui fa capolinea il bus è quella Carribean, ma per andare ad Alajuela dobbiamo cambiare terminal. La strada non è molta, l’importante è superare una prima salita e poi è una piacevole passeggiata di circa km 1 tra bancarelle di frutta, strilloni che vendono di tutto e joseciti che vogliono dare indicazioni nonostante non parlino una parola d’inglese. I bus San José-Aeroporto-Alajuela partono in continuazione (¢ 510 pp) e impiegano 30-40 minuti. L’hotel che c’eravamo fatti prenotare telefonicamente dalla simpatica Joyce è l’Hostel Mango Verde il meno costoso ($ 25) e il meno distante dal terminal. All’ora di pranzo ci accoglie Rodolfo che saldiamo subito (non ci si registra!) che ci segnala un posto dove mangiare una comida tìpica. Dopo 5 minuti siamo seduti nella soda El Puntal di fronte l’Hostel. Gustiamo, apprezziamo e consigliamo l’ultimo squisito casado (riso, fagioli, insalata, patate al forno, platano fritto, pescado o manzo), accompagnato da due bicchieroni di tamarindo e cannella (¢ 4400 tot). Ricorderemo con simpatia le sorelle cuoche Marcela, Maybel e Shirley (panterarosa281@hotmail.com) che lo gestiscono e che ci danno una dritta su dove comprare della squisita e tipica frutta da portare in Italia: al Mercadeyo o Piazza Feries. Entreremo in un capannone enorme con una miriade di ordinati banchi, dove piccoli produttori aprono/sbucciano in continuazione i loro prodotti per farli testare senza impegno. Con il cuore molti danno spiegazioni – a volte incomprensibili, altre interessantissime – magari sulla differenza tra un ananas internamente bianca e con un ciuffo lungo e stretto e un’ananas dalla polpa arancione e dalla struttura tozza. La scena si ripete varie volte: ci fermiamo a guardare un prodotto che nel nostro paese non si trova facilmente, chiediamo esattamente il nome, ce ne porgono un pezzettino, se ci piace lo compriamo, se no, no e subito foto ricordo. Due ore passano e il nostro zaino si riempie di manzana de agua, pejibaye, guabas, noni, zapote, carambola, maracuja, granadilla, banane, papaya, avocado, guanabana, mamones e dulcis in fundo una sandìa=anguria da gustare stasera. Non acquistiamo nance perché sanno di formaggio né fruta de pan perché ci si fanno solo dei frullati. Rientriamo al Mango verde (tanto per rimanere in tema) e sfruttiamo l’utile cucina comune (ma poi, comune a chi? Siamo gli unici turisti!). Un po’ stanchini dormiamo per l’ultima notte in Costa Rica!

17° – Sabato 5 maggio: ALAJUELA→AEROPORTO

Colazione supervitaminica e ultimo giretto per la piccola cittadina che, a parte la Cattedrale grande e carina, una curata piazza, tanti supermercati (Pali, Mas x Menos, Mega Super Ahorro todos los dias), panetterie e fruttivendoli, non offre grandi attrazioni. Presso il Grupo Mutual spicciamo i $ in maniera tale da poter comprare con più facilità presso il Mercato centrale, in un negozio di souvenir, in qualche supermercato… alcuni ricordini (magnetici, cartoline, biscotti, lecca lecca, caffè). Tappa da non perdere perché sforna in continuazione svariati tipi di pane e di dolci a prezzi bassi, il panificio=panaderia Musmanni dove cediamo a uno sfilatino italiano e a uno ai cereali. La frutta secca de El Tostador invece è molto cara. Con difficoltà chiudiamo le valigie e via! Ultimo trasferimento, rigorosamente con bus pubblico ($ 1 pp), per l’Aeroporto di San Josè. I pullman Tuasa partono ogni dieci minuti e impiegano dieci minuti, ma chiedere sempre all’autista poiché alcuni sono diretti al centro e non fermano al Juan Santamaria. Paghiamo la tassa per l’uscita dal paese di $ 28 pp in cash (se si paga con carta di credito Visa o Mastercard va aggiunta una commissione). Il duty free non è grandissimo, ha prezzi esorbitanti, e molti sono i punti dove cioccolatini, caffè, liquori o biscotti si possono assaggiare prima di acquistare! Non ci facciamo invitare due volte e testiamo di tutto di più (dai chicchi di caffè ricoperti di cioccolata, a praline di cioccolata alla frutta, cookies e sorsi di crema di caffè e tazzina di caffè costarricense). Nello zaino, così come nelle valigie imbarcate, abbiamo della frutta e nonostante non leggiamo divieti a esportarla, abbiamo un po’ timore dei controlli, ma per fortuna nessuno fa caso. Attenzione fumatori: saranno requisiti tutti gli accendini. Acquistiamo due stecche di Marlboro per $ 20 l’una e ci imbarchiamo sul volo della Copa Airlaines (CM 629 posti 19E), la compagnia di bandiera panamense, puntuale (14,15 – 16,32 – un’ora avanti), durante il quale ci verranno offerti panino e bevanda. Il duty free di Panama è più caro (Marlboro $ 22 la stecca) ma più grande. Il secondo volo Iberia porta ritardo (non decolleremo più alle 18,50, ma alle 19,40). Pazienza! Arriva, tra l’altro, già pieno e a noi, così come ad altri passeggeri, assegnano posti distanti l’uno dall’altro. La prima mezz’ora di viaggio è un cambia-scambia generale e quando servono i pasti, è confusione tra chi li aveva prenotati “speciali”! La cena è abbastanza completa (ravioli o pollo, insalata, roast beef, formaggino, pane, crackers, tortina). Più tardi un tramezzino, sempre bevande a disposizione e prima di atterrare alle 12,30 anche la colazione. A Madrid saliamo sul terzo e ultimo volo Iberia delle 17,10 e atterriamo alle 19,30 a Fco (qualsiasi tipo di consumazione sarà a pagamento). I nostri cari sono già fuori che ci attendono mentre noi aspettiamo le valigie… invano! Purtroppo non sono state imbarcate sul nostro volo, né su quello che arriverà. I passeggeri che hanno preso il diretto Madrid-Fco le hanno ritrovate, chi le aveva spedite da un’altra città di partenza e faceva solo scalo nella capitale spagnola non le ha potute ritirare. Inizia un gran caos. Presso lo sportello lost and found in tarda serata compiliamo la denuncia di smarrimento davanti a una povera addetta sola, subissata di lavoro e costretta ad ascoltare lo sfogo di disperati passeggeri che nel frattempo perdono le coincidenze. Noi ci rassegniamo, pensiamo solo ad andare ad abbracciare prima possibile le nipotine che da ore scalpitano per vederci con l’unico grande dispiacere di non poter far assaggiare loro i mangerecci souvenirs!

Le valige arriveranno due giorni dopo completamente inzuppate. I vestiti saranno, nonostante ripetuti lavaggi con specifici prodotti, inutilizzabili perché pieni di muffa. Delle bontà si salveranno solo i due cocchi, i guabas e qualche granadilla. I profumi, i colori, le forme e i sapori cercheremo di trasmetterli con i nostri racconti.

Considerazioni generali

Un viaggio che si può organizzare in tutta sicurezza da soli come ho fatto interamente io e, secondo il budget e lo stile, si rivelerà economicissimo o dispendioso. Utili sono stati i consigli di due persone, contattate on-line un paio di settimane prima della partenza: Mauro, un ragazzo italiano che vive in Costa Rica da dieci anni (naturalmentecr) e Laura (www.wildcoastcr.com, tour operator italiano in Costa Rica).

Budget. Poco costoso se si dorme in dormitori/ostelli/haciende/cabinas che offrono posti letto e bagni condivisi, se ci si sposta con mezzi pubblici e si mangia nelle soda (trattorie informali).

Piuttosto caro se si prediligono hotel confortevoli, mezzi di trasporto diretti e puntuali che offriranno servizi “porta a porta” con minibus-shuttle (Interbus, Gray Line) di una decina di posti condivisi e se si utilizzano comodi e sicuri voli interni. Per il cibo vi sono numerosi ristoranti internazionali.

Il nostro viaggio si colloca a metà tra i primi “zainetto in spalla” e i secondi “comodi comodi”. Abbiamo utilizzato tutti i tipi di trasporto (piccolo volo, pulmini privati, barche, mezzi pubblici), dormito prevalentemente in cabinas sempre con bagno privato e acqua calda e abbiamo speso, volo escluso, per 17 giorni totali, € 800 a persona.

Cibo. Mangerà bene chi non ama sapori forti giacché i piatti in genere non sono elaborati né particolarmente speziati. La patria di chi adora riso e fagioli ma se alla fine del soggiorno non vorrà odiarli dovrà puntare e apprezzare le varianti che li accompagnano. Non rimarranno digiuni i carnivori (ci sono carni di pollo, manzo e maiale), gli amanti del pesce (pescado del giorno e chevice nei posti di mare), quelli che il McDonald (hamburguesa y papas), che le uova in camicia, strapazzate o fritte… ok per i vegetariani e non soffriranno neppure i nostalgici della pizza e della pasta. Abbiamo mangiato sulle bancarelle, nelle soda, nei ristoranti, con tanta frutta o preparandoci qualcosa nelle cucine comuni, ma fare la spesa presso i supermercati e cucinarsi da sé a volte costa di più che andare a cena fuori!

Alloggi. Nelle strutture menzionate, tutte con bagno in camera, ci siamo trovati bene ma c’è da specificare che spesso non erano fornite di shampoo, bagnoschiuma, phon; la dotazione di asciugamani a volte era esigua, il tasso di umidità molto alto e quindi difficoltà a far asciugare pur semplici costumi da bagno. Non sempre è previsto il riordino quotidiano delle stanze, lo standard di pulizia non era alto quanto il nostro e le cucine comuni riassettate prevalentemente dagli ospiti. Quasi inesistenti gli stabilimenti balneari e non previsto il noleggio di teli da mare.

Clima. Il periodo migliore? E’ una questione di fortuna. Noi ne abbiamo avuta tanta non trovando un solo giorno di pioggia, ma il rischio, almeno di qualche acquazzone, c’era. Si parla molto di stagione secca (verano=estate) che finisce ad aprile, ma chiunque ci ha confermato che secca vuol dire che piove di meno! Forse gli unici mesi sconsigliati, soprattutto sulla costa Pacifica, sono settembre e ottobre perché le piogge possono durare anche più di una settimana (per previsioni meteo www.imn.co.cr). Il bello di andare in un periodo di non altissima stagione è che si può costruire il viaggio man mano che si vive il paese. Ovviamente un programma di base sulle mete prescelte va fatto, ma non c’è l’ansia di avere tutti gli alberghi prenotati per tempo perché la disponibilità è tanta.

Pura vida! E Puro viaggio!

Luna Lecci

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Coli..qui!

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Macinino

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Occhioni belli!

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Potassio!



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