Contrasti asiatici: Filippine e Singapore
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In realtà, il nostro sogno iniziale, non erano le Filippine, ma l’Africa, in particolare la Tanzania, ma a causa delle notizie che stavano provenendo dal continente africano riguardo l’ebola abbiamo deciso a malincuore di rimandare il viaggio in questo magnifico continente.
La nostra attenzione si è spostata quindi nel sud-est asiatico ed in particolare sulle Filippine di cui in realtà si sa poco ma a noi ha sempre incuriosito. Stiamo parlando di un arcipelago che comprende 7107 isole situate nell’Oceano Pacifico, natura allo stato puro, sole, mare e paesaggi incontaminati come piace a noi, che abbiamo scelto di abitare al mare, non a caso. A questo però abbiamo pensato di aggiungere anche un’altra meta, dopo tutto ci piacciono tremendamente anche la modernità, le grandi strutture, i grattacieli e la modernità quindi abbiamo optato per la città del futuro, insomma: Singapore.
Così nasce il nostro viaggio che si compone di una parte dedicata alla natura e spettacolari scenari di mare, una parte di relax e sole su spiagge incontaminate per finire con la grande città. Un viaggio tra i contrasti asiatici passando da un paese veramente povero ma ricco di bellezze naturali per giungere all’estremo contrario ovvero una città ricchissima dove l’uomo ostenta il proprio potere economico attraverso grandi opere di architettura proiettate in un futuro presente che sta esso stesso scrivendo.
E così, dopo mesi di attesa, si avvicina la nostra data, l’8 febbraio giornata di partenza della nostra avventura che durerà 16 giorni. Nelle Filippine visiteremo la grande isola di Palawan, con una tappa relax nell’isola chiamata Modessa Island (ex Coco Loco ) per poi finire gli ultimi 3 giorni a Singapore. Inizialmente pensavamo di visitare anche l’isola di Bohol per vedere le famose Chocolates Hills e quei strani primati chiamati “Tarsi” ma poi, considerando le difficoltà di spostamento nelle Filippine, il poco tempo a disposizione ed il fatto che volevamo anche qualche giorno di relax completo, abbiamo optato per la sola Palawan descritta nei vari forum come più selvaggia e con scenari unici al mondo. Devo dire che la scelta col senno di poi è stata vincente e consiglierei agli amici viaggiatori di dedicare diverso tempo a Palawan perchè oltre alle località più conosciute (come el nido) offre anche altri bei posti da scoprire.
E così, di seguito il nostro resoconto di viaggio:
8-9 febbraio un primo assaggio di Singapore
Partenza da Bologna per Singapore con scalo di due ore a Istanbul. Volo Turkish Airlines (costo 458 € a/r).
Atterrati a Singapore, alle 17 ora locale, l’adrenalina è alta e sconfigge di gran lunga la stanchezza delle 13 ore di viaggio, così ci dirigiamo a depositare i bagagli in aeroporto per una visita lampo alla città in quanto il volo per le Filippine è previsto per il mattino seguente alle ore 10,00. Cambiamo i soldi (1 euro=1,50 dollari) prendiamo direttamente la metro dal nostro terminal (compriamo la schedina locale che utilizzeremo anche negli ultimi giorni della vacanza e che consente uno sconto del 30% su tutte le corse a fronte di un deposito di 6 dollari) che ci porterà direttamente al cuore della città: il Marina Bay Sand.
Così nel giro di 20 minuti di metro ci troviamo catapultati in un’altra realtà: usciamo all’aperto e ci avvolge un vento caldo e capiamo subito che quel caldo tanto desiderato dall’Italia era finalmente realtà. Ma ciò che più rimarrà impresso nella nostra mente non è il caldo, non è nemmeno la moltitudine di gente di tutte le nazionalità che ci circonda ma è lo spettacolo che ci troviamo davanti. In lontananza riconosciamo l’inconfondibile struttura del Marina Bay Sand e alzando lo sguardo ci sovrasta una imponente skyline che ad un certo punto si apre lasciando spazio al mare che penetra in mezzo ai grattacieli e riflette le luci della città sull’acqua. Difficile spiegare la maestosità così, vista all’improvviso, quando forse ancora non sei pronto e non hai bene realizzato nemmeno dove ti trovi. Facciamo un breve giro lungo la baia avvolti da questo scenario imponente al quale si aggiunge, cosa strana, un silenzio surreale; è lunedì sera non c’è molta gente ma soprattutto le macchine circolano lontano da li e tutto ciò crea pace, pace in città. Una sensazione un po’ surreale.
Alle 21.30 assistiamo allo spettacolo gratuito delle fontane danzanti nella baia, molto suggestivo e sicuramente il modo migliore per inaugurare l’inizio della nostra avventura.
Alle 23 circa con una delle ultime corse della metro ritorniamo in aeroporto (La metro chiude alle ore 00,00 e riapre alle 5,00). Qui abbiamo un piccolo inconveniente di viaggio. Avevamo letto che era possibile, per chi doveva aspettare altri voli poter dormire qualche ora in zone lounge dell’aeroporto o addirittura pagare e sostare in un albergo a ore. Arrivati in aeroporto invece scopriamo che ciò era possibile solo se si accedeva alla transit area ma questo a noi non era permesso in quanto il check-in del volo per le Filippine apriva alle ore 8,00 del mattino seguente e quindi senza carta d’imbargo non potevamo accedervi. Abbiamo così dovuto passare la notte in aeroporto, tra un divanetto di Starbucks e una poltrona del Burger King. Insomma, per niente comodi. Purtroppo ogni tanto qualche disguido organizzativo può succedere ma questo ci stanca ma non ci scoraggia, anzi attendiamo con ansia il giorno successivo.
10 febbraio – Puerto Princesa (Palawan)
Alle 10.30 abbiamo il volo per Manila e a seguire quello per Puerto Princesa prenotati con la Cebu Pacific Airlines (368 € a persona a/r + bagagli da stiva).
Arrivati a Puerto Princesa, capitale dell’isola di Palawan, ci dirigiamo alla ricerca di una sistemazione per la notte in quanto non abbiamo prenotato nulla. Usciamo dall’aeroporto e l’impatto è forte. Decidiamo di incamminarci a piedi, visto che non avevamo i soldi (non ci sono change money in aeroporto a Puerto Princesa), alla ricerca dell’albergo scelto sulla guida. E’ stata un’impresa. La stanchezza, il caldo soffocante, il peso dello zaino ma sopratutto questa realtà così diversa dalla nostra che ci assaliva d’improvviso non ci dava tempo per abituarcisi: odori forti, traffico intenso quasi esclusivamente di tricicli, gente che cucinava per strada, che vendevano di tutto, baracche alternate da qualche edificio in cemento. Finalmente arrivati nell’hotel segnalato dalla guida chiediamo subito una stanza e, colpo di fortuna, hanno rimasta una matrimoniale. L’hotel si chiama Pagdayon una struttura tipica filippina molto carina, la camera è essenziale, senza acqua calda ma con un rumoroso condizionatore ad appena 950 pesos per notte. Ci riposiamo.
11 febbraio-12 febbraioi: Sabang- underground river
Il giorno seguente ci svegliamo di buonora per andare a visitare il famoso fiume sotterraneo a Sabang, un gioiellino che vorrebbero far rientrare tra le nuove sette meraviglie del mondo. Noi non avevamo preso i tour organizzati dall’agenzia poichè pensavamo di fare da soli, in realtà è stato più impegnativo del previsto perchè siamo dovuti andare a prendere il visto al consolato per poi raggiungere in van Sabang distante almeno due ore. Inizia così la nostra corsa contro il tempo ma trattandosi di tempo filippino sappiamo aver poche speranze. Invece, quando riusciamo finalmente ad arrivare a Sabang, abbiamo una bella sorpresa: il tipo del van raccogliendo le ultime sei persone fa partire comunque la barca: benissimo saremo gli ultimi!
Le gite finiscono il pomeriggio anche perchè poi il mare si agita e diventa particolarmente mosso. E così è stato. Le onde sono abbastanza grosse e ammetto che un po’ di paura l ho avuta. Fortunatamente tutto è ripagato dalla visita. Arrivati si fa un brevissimo tratto di strada nella giungla e poi si arriva all’entrata: un enorme grotta sull’acqua cristallina avvolta nella giungla e a sinistra più lontano si intravede il mare e si sente il fragore delle onde che si mischiano all’acqua dolce del fiume. Meraviglia. La preoccupazione di non arrivare in realtà si è tramutata in un ottima possibilità di visitare il fiume sotterraneo nel più completo silenzio senza le orde di turisti delle agenzie che lo assaltano di giorno. Entrati solo il rumore dell’acqua mosso dal remo della nostra barca e buio. Una pila illuminava le stalattiti e la guida le chiamava coi nomi degli animali che secondo lei rappresentavano. Pensare che in quella caverna sull’acqua si è fermato il tempo da milioni di anni è impressionante.
Terminata l’escursione decidiamo di rimanere a Sabang che non è altro che questa lunga sbaia fatta da una spiaggia deserta dove l’acqua è sempre mossa ma con dei gradevoli cottages sulla spiaggia. Mi piace molto Sabang, poca gente rimane a dormire invece trovo sia un luogo di pace assoluta. Il giorno dopo facciamo una bellissima passeggiata all’alba e poi rimango solo io, in questa lunga spiaggia distesa, a prendere il sole. Abbiamo alloggiato nelle capannine nipa al Mary’s hill per 700 pesos con colazione. Ottima sistemazione.
All’una ripartiamo per El Nido, la più famosa località di tutta Palawan. Il viaggio con il van per 750 pesos è lungo e scomodo soprattutto l’ultimo tratto di strada sterrata. Arriviamo alle otto di sera dopo circa sei ore di viaggio.
13 febbraio: El Nido
A El Nido ci siamo trattati bene. Alloggiavamo al Bill Tourist Inn che avevamo prenotato con Agodà dall’Italia per le prime tre notti (2.800 pesos a notte con colazione). L’hotel è veramente di lusso per gli standard locali, nuovo e accogliente, peccato per la colazione che è praticamente solo asiatica (riso e pollo con verdure, zuppe ecc..)non avendo nulla di continentale a parte le uova su richiesta. El Nido è turistica quindi i prezzi in generale sono più alti che altrove a Palawan. El Nido ci piace subito. Ha un meraviglioso paesaggio naturale che la cisconda ed è’ una cittadina da vacanza, chiaramente molto più spartana degli standard europei, però, a suo modo c’è un po’ di tutto: ristoranti, bancarelle, localini sulla spiaggia, tutto naturalmente gestito con i modi e tempi locali. Ci dirigiamo subito all’Art Cafè Boutique che ci hanno detto essere la migliore agenzia di tour per l’arcipelogo e prenotiamo subito il tour C per il giorno dopo.
E’ sempre curioso vedere come tradizione, origine, povertà e forzata modernità coesistano in uno stesso luogo. In una via principale piena di negozietti improvvisati in capannine precarie spicca l’edificio in cemento dove si trova questo negozio (Art Cafè appunto) dedicato alle escursioni e alla nautica. Un edificio “moderno” che per questo contrasta con il resto della via dove a fianco delle patatine di banano,e vicino a qualche oggetto di artigianato locale puoi trovare l’ultima versione della Go.Pro allo stesso prezzo che troviamo qui da noi, prezzo che credo per un filippino sia lo stipendio di una vita. E così ti rendi conto che quel negozio è una parentesi di sviluppo su tutto il resto, è la porta di quello che el nido divernterà probabilmente nel futuro.
14 febbraio (secret beach..)
Alla buonora partenza per il tour c (1400 pesos). Ci vuole un po’ per realizzare, di prima mattina, che non esiste un pontile e che per salire sulla barca è necessario entrare in acqua e bagnarsi sino al petto caricandosi lo zaino sulla testa. Una piccola fatica mattutina a cui però ci si abitua in fretta e così partiamo. In barca siamo in 12 tutti di diverse nazionalità. Al momento non abbiamo ancora incontrato italiani, ma nemmeno visti in giro..”cosa strana” pensiamo.
Prima tappa è la secret beach che bellezza! Attraverso un piccolo buco si entra nuotando in una spiaggia segreta perchè circondata da montagne altissime…un piccolo eden simile ad una scenografia di un film. Il tour comprende anche un pranzo molto buono con griliata di pesce e carne cucinata direttamente in una spiaggetta oltre a diverse tappe di snorkelling.
Lo snorkelling è bello ho visto bellissimi pesci ma purtroppo niente tartarughe..ci tenevo tanto. Forse, a dir la verità dallo snorkelling mi sarei aspettata qualcosa in più.
I tour finiscono alle 16.30 si ritorna in albergo distrutti ma soddisfatti.
15 febbraio (small and big lagoon)
In questa giornata avevamo prenotato il tour A (1200 pesos). Per molti questo è il tour per eccellenza e devo dire che è stato anche il nostro preferito: small e big lagoon, tra l’altro fatti per primi per incontrare meno gente e questa è sicuramente un ottima scelta da parte delll’Art Cafè. Nella big lagoon eravamo praticamente i soli, non so descrivere lo spettacolo. Una lingua d’acqua circondata da alte montagne, si può anche camminare per gran parte a piedi ammirando i diversi colori dell’acqua e la pace che regna ai piedi di questo scenario imponente.
16 febbraio (caalan beach e dintorni)
Terzo giorno a El nido, nessuna escursione in barca, è nuvoloso. Finita la nostra prenotazione al Bill tourist inn decidiamo di cambiare hotel per qualcosa di più economico e troviamo un ottima sistemazione al Rico’s cottage. Per 1500 pesos abbiamo un cottage un po’ spartano ma con una splendida vista sulla baia di El Nido direttamente sulla spiaggia. A questo punto siamo indecisi sul da farsi per il giorno dopo se andare a Port Burton , paesino di pescatori poco turistico sulla via del ritorno o rimanere ancora. Sentiamo che il nostro tempo a El Nido non è finito ma la nostra curiosità ci spingerebbe verso nuovi posti. Alla fine ha il sopravvento il lato pratico che ci consiglia di non intraprendere troppi spostamenti e godersi di più il luogo e così facciamo anche se consigliamo ai viaggiatori di visitare mPort burton, perchè a detta di tutti è un bellissimo posto. Visitiamo la spiaggia di Caalan beach a dieci minuti di triciclo, spiaggia bellissima, molto particolare fatta ad L. Barriera corallina davanti acqua calmissima peccato che il sole non accenna ad uscire.
17 febbraio (snake island)
Come ultimo giorno a el Nido decidiamo di regalarci il tour B, la cui maggiore attrazione è la visita alla snake island (una lingua di spiaggia che emerge tra due mari) e delle caverne scavate dal mare. E’ un tour che mi è piaciuto molto e durante il quale conosciamo i primi due turisti italiani del nostro viaggio (Remo e Silvia) con cui è stato un piacere trascorrere la giornata .
La sera il nostro amico americano Richard, conosciuto a Puerto Princesa,, organizza per noi una cena di saluto con un tonno di 7 kg comprato la mattina al mercato e fatto cucinare dalla signora dell’hotel. E’ stata una bellissima occasione per conoscere altri viaggiatori da tutto il mondo e così tra un po’ di inglese, italiano, polacco e russo senza accorgercene abbiamo parlato e passato una splendida serata. Credo che il bello di questo posti sia anche questo: gli incontri. Per lo più si incontrano coppie o viaggiatori soli o in gruppo, in genere giovani, pochissime famiglie con bambini.
18 febbraio: Coco island
Partiamo di buon mattino con van per Roxas (350 pesos) dove ci aspetta alle 14 la barca che ci porterà a Modessa Resort in Coco island per i nostri due giorni di relax totale. Anche questa tappa era stata prenotata dall’Italia con booking al costo di 8.800 pesos (160 euro in due per due notti) con pensione completa escluso solo le bevande. Sicuramente un po’ cara per i prezzi filippini ma un posto da favola e imperdibile.
E così, puntuali alle 14, il personale del resort ci viene a prendere al porto di Roxas e ci portano su questa isoletta che io soprannominerò bella e maledetta. Eh si perchè l’isola è bellissima… un piccolo atollo in mezzo al mare che in quindici minuti si gira a piedi con sole, capannine nipa sulla spiaggia bianchissima e con davanti a cinque metri da riva la barriera corallina. Meraviglia. Ma anche maledetta perchè è qui che prenderemo entrambi in serata io e il mio compagno una intossicazione alimentare che ci abbandonerà solo dopo due giorni ovvero al momento della partenza. Ancora adesso non so a cosa attribuirla essendo stata attenta con l’acqua e il mangiare. Putroppo i gestori filippini del resort non hanno mostrato grandi capacità manageriali infatti, nonostante avessi fatto presente il fatto che a causa del malessere avevamo saltato 2 colazioni e due pranzi, non ci sono minimamente venuti incontro nel prezzo facendoci pagare sino all’ultimo extra. E a questo punto non saprei se consigliare il posto agli amici viaggiatori o meno. Per la bellezza del posto assolutamente si…stelle marine a riva, sabbia bianchissima palme e lingue di sabbia che affiorano bianche dal mare..per l’accoglienza e la gestione assolutamente no..
19 febbraio: Puerto Princesa
Si ritorna a Puerto Princesa per una notte in attesa del volo del giorno dopo. Decidiamo di fare il tragitto di ritorno in bus, un po’ per risparmiare un po’ per mescolarci di più con la realtà locale. Direi che quest’ultimo scopo viene altamente raggiunto in quanto saliti sul bus eravamo gli unici turisti. Ben presto capiamo perchè i bus sono mezzi poco utilizzati dagli stranieri,infatti appena partiti, sentiamo un gallo cantare e capiamo che… “ora ci siamo veramente tutti”. Il viaggio è abbastanza lungo per le interminabili fermate ma ciò che veramente è sconsigliabile del bus sono gli odori. Arrivati a destinazione noi,ma soprattutto i nostri zaini, erano imperniati di un odore assolutamente nauseabondo, probabilmente perchè erano stati in stiva con degli animali. L’odore era talmente forte che non solo ci siamo lavati i vestiti ma abbiamo dovuto in qualche modo cercare di lavare anche gli zaini per evitare che l’indomani a Singapore ci vietassero l’ingresso in città (ovviamente scherzo!).
Pernottiamo sempre al Pagdayon hotel e la sera il nostro amico Richard ci porta insieme ad un conoscente scozzese in un ottimo ristorante che ci sentiamo di consigliare vivamente: Kalui restaurant. Attenzione però perchè è obbligatorio prenotare per tempo in quanto è ambiente molto bello e curato con buon cibo e ottimo prezzo.
20 febbraio: Singapore
Alle 10.20 abbiamo l’aereo per Manila, sempre Cebu Pacific e poi da Manila a Singapore.
All’areoporto di Puerto Princesa il check in si fa nel caos più totale. Tanta gente nel minuscolo areoporto senza alcun tipo di fila cerca un proprio spazio per avvicinarsi ai diversi desk del check in. Il primo pensiero va ai bagagli da imbarcare… riusciranno ad arrivare a Singapore prendendo la coincidenza? Poco fiduciosi, vedendo il caos che regnava sovrano, noi comunque speriamo. Attenzione inoltre perchè c’è una tassa di 500 pesos da pagare prima di imbarcarsi. Noi avevamo già cambiato tutti i pesos per fortuna ci hanno permesso di pagare in euro se no non so come avremmo fatto.
I bagagli arrivano insieme a noi a Singapore in prefetto orario, ovvvero le sei di sera. Prendiamo la metro e ci dirigiamo al nostro Evergreen residence prenotato per tre notti con airbnb al costo di 58 euro a notte). Il residence è una struttura nuovissima camere piccole ma ben arredate nel quartiere di Greyland (quartiere a luci rosse). Il quartiere non è un gran che ma tranquillo ben servito dalla metro e soprattutto economico, quindi per noi un ottima sistemazione. Finalmente facciamo la nostra prima doccia calda dopo giorni..fantastico.
21 febbraio: Arab street e little india
Il mattino seguente decidiamo di immergerci subito nei colori e nella cultura di Singapore ancora un po’ storditi ma divertiti dal brusco cambio culturale. Prendiamo la metro e in un batter d’occhio ci ritroviamo nel quartiere arabo. La prima cosa che colpisce di questo piccolo quartiere sono i colori. Le case in fila sono ognuna di un diverso color pastello che contrastano con i grattacieli in sfondo, i negozi vendono stoffe variopinte che riempiono la vista di mille percezioni. E poi i tappeti, i gioielli e le ampolle di profumo. Un susseguirsi di negozietti e locali tipici per arrivare a un bel viale pedonale pieno di palme e negozi di souvenir che conduce alla moschea, centro del quartiere. Per strada incontriamo diversi arabi nei loro vestiti tipici. Molto carina anche la strada “Haji lane” dove ci sono localini molto particolari e negozietti vintage e alternativi.
A piedi raggiungiamo il quartiere di Little india. Notiamo subito come cambiano gli odori e i profumi. Un profumo di spezie misto ad incensi ci avvolge. Incredibile vedere come tutto sia completamente diverso dal quartiere arabo che dista a meno di un km. Qui sembra veramente di essere in una piccola Mumbai, tra insegne colorate, donne con il sari, uomini che mangiano su improvvisati tavoli per strada cibo speziatissimo dall’odore forte e e i “malai”le profumetissime ghirlande di fiori gelsomini che permeano l’aria tutto attorno. Ed è questo il bello di Singapore: ogni quartiere è vermente una piccola città nella città e a differenza di altre megalopoli qui i quartieri sono ancora autentici e abitati veramente dall’etnia originaria che li caratterizza in tutto dal mangiare ai negozi ai luoghi di culto.
Decidiamo quindi, attratti dal profumo di spezie di provare qualche piatto tipico indiano e proviamo così ad andare in un fast food indiano-vegetariano (Ananda Bhavan) consigliato dalla lonely dove ordiniamo un ottimo thali e un lemon rice a prezzi piuttosto contenuti (circa 15 dollari in due compreso di bevande)
22 febbraio: quartiere coloniale e Quays
Il giorno seguente decidiamo di fare una camminata nel quartiere colognale. Questo è il quartiere più vecchio ovvero quello che ricorda il periodo colognale inglese di Singapore. Lungo il tragitto il Raffle’s hotel l edificio storico più suggestivo di Singapore e la St Andrew Cathedral imponente sullo sfondo dei grattacieli. Nel mezzo ogni tanto qualche edificio di architettura moderna che costringe per forza al naso all’insù per ammirarne il design. La passeggiata finisce con il Singapore river per arrivare alla parte opposta della baia del Marina Bay Sand dove d’obbligo è una foro con il richiestissimo Marlion il simbolo della città con testa di leone e corpo di pesce.
Proseguiamo poi fino al centro commerciale del Marina Bay dove decidiamo di cenare nelle food court in quanto i prezzi dei ristoranti a Marina Bay risultano essere decisamente troppo cari. Le food court dei centri commerciali sono un ottimo rifugio per mangiare con vasta scelta a prezzi modici. Si possono trovare piatti da ogni paese asiatico, thailandiha, china, vietnam ecc..e anche qualche piatto italiano molto rivisitato (maccheroni con fish and chips per intenderci). Ovviamente consigliamo di attenersi ai cibi asiatici perchè gli altri difficilmente vi soddisfaceranno.
La sera è sabato e le intenzioni migliori vorrebbero un giro nei quays i quartieri con i locali sul fiume ma aimè la stanchezza è tanta e torniamo al residence.
23 febbraio: chinatown Gardens by the bay
E’ l’ultimo giorno ma la partenza in serata ci consente di visitare ancora questa bellissima città. Facciamo un salto così nella variegata chinatown. Per far capire l’importanza di questo quartiere basta sapere che la metro, come ci si avvicina a chinatown, inserisce anche il cinese come lingua ufficiale negli annunci delle stazioni. Chinatown si presenta come un groviglio di strade piene di negozietti che vendono qualsiasi cosa alternati a ristoranti ovviamente solo ed esclusivamente cinesi. Decidiamo di fermarci nella street food dove nei baracchini all’aperto si possono gustare a sedere tutte le varietà di piatti cinesi proposti a giusto prezzo.
Dopo chinatown facciamo poi un salto ad Orchard road la via dei centri commerciali e il paradiso per noi donne. Non saprei da dove iniziare a descrivere comunque posso solo dire, soprattutto rivolte alle mie amche, che in questo caso, Singapore batte New York: decine di centri commerciali a diversi piani, molti, anzi la maggioranza, hanno griffe piuttosto alte dove i marchi italiani fanno da padroni (Gucci, prada ecc..), ma si trovano anche quelli di medio livello che fortunatamente con un cambio piuttosto favorevole possono favorire lo shopping anche delle viaggiatrici meno abbienti. Purtroppo noi avevamo poco tempo quindi aimhè non ho potuto usufruirne di persona.
Come ultima cosa da vedere lasciamo forse quella più spettacolare ovvero la visita allo skyline del Marina bay e al Garden by the bay, tralasciando la ruota panoramica più grande del mondo che in mezzo a tutta quella tecnologia architettonica ci sembrava la cosa più scontata. Lo SkyPark del Marina Bay sfida la gravità, arroccato a 55 piani da terra come una tavola da surf sopra le tre torri dell’hotel domina la città. A parte il panorama che la sera è bellissimo però non c’è molto altro perché la piscina a strafioro sulla baia è aperta purtroppo solo per gli ospiti dell’hotel. La cosa più spettacolare secondo noi sono stati invece i Gardens by the bay ovvero un parco futuristico che consiste in tre giardini acquatici, in due enormi serre di piante rarissime e in alberi artificiali giganti. Questi ultimi alti fino a 50 metri sembrano arrivare da un altro pianeta con calotte e fusti dotati di pannelli fotovoltaici che assicurano l’indipendenza energetica completa dalla struttura. I superalberi sono costruiti in cemento forato ed acciaio e ospitano ben 163.000 piante ed oltre 200 specie di fiori e cio’ che stupisce è la loro imponenza. Per caso capitiamo proprio sotto gli alberi nel momento dello spettacolo dell’accensione delle luci che avviene ogni sera con un gioco di luci, musica ed effetti speciali. E’ veramente emozionante, ci sdraiamo a terra come dei bambini per godercelo al meglio e mi sento fortunatissima a concludere la nostra permanenza a Singapore con quest’ultima immagine che mi porterò nel cuore almeno fino a quando non tornerò in questa bellissima città.
Il costo totale del viaggio (tutto compreso) è stato 1350 euro a testa.