Con i mezzi pubblici e un po’ di coraggio..

Un viaggio in India, specie se fatto nel modo più “basic” possibile, nasconde sempre motivazioni più profonde della sola curiosità. Così, almeno, è stato per me. Avevo deciso di intraprendere questo viaggio da sola, ma complice la paura di trovarmi in un paese davvero troppo difficile, ho deciso di partire con un gruppo di viaggiatori...
Scritto da: Marta Molinaro 1
con i mezzi pubblici e un po' di coraggio..
Viaggiatori: da solo
Spesa: 1000 €
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Un viaggio in India, specie se fatto nel modo più “basic” possibile, nasconde sempre motivazioni più profonde della sola curiosità. Così, almeno, è stato per me.

Avevo deciso di intraprendere questo viaggio da sola, ma complice la paura di trovarmi in un paese davvero troppo difficile, ho deciso di partire con un gruppo di viaggiatori che non conoscevo, sperando che anche loro condividessero il mio stesso spirito di viaggio. Tra di loro ce n’è sicuramente una: la mitica Agnese.

Partiamo da Roma con la Royal Jordanian Airlines e dopo uno scalo ad Amman atterriamo a New Delhi all’alba. Dall’alto quello che si vede è incredibile. Un solo sguardo dal finestrino e già capisco che quello che mi aspetta è un altro mondo. Dopo aver sbrigato le formalità ed i controlli d’ingresso, finalmente usciamo dall’aeroporto. Ad aspettarci, un paio di autisti che il nostro capogruppo aveva preventivamente contattato. La città dorme ancora o forse non dorme per niente. Nonostante siano le 5 del mattino, attorno all’aeroporto è pieno di gente ammucchiata, sporca, curiosa e sorridente che ci studia, come se venissimo da un altro mondo. Ed in effetti è così.

NEW DELHI Dopo aver depositato i bagagli in un hotel per turisti da $8 pppn (per inciso, lo standard europeo non esiste… e l’albergo era piuttosto sporco!), ci incamminiamo per visitare Delhi e la sensazione che ho è quella di essere davvero all’inferno. La città è appiccicosa, le persone diverse e tutto è un continuo schiamazzare, suonare, tirare, spingere, pregare… Sempre con la nostra Guida-Autista, facciamo un giro della città in visita dei luoghi più interessanti, come il Forte Rosso, il tempio del Loto, i mercati e la Moschea… Maestosa e incredibile… Confusi e disorientati dalla schizofrenia di questo ammasso di persone che vive in condizioni disastrose, ci rifugiamo nel nostro albergo per una doccia e per la cena. Il giorno dopo ci avviamo verso Agra. VRINDAVAN E MATHURA Sulla strada che collega Delhi ad Agra ci fermiamo per una visita a Vrindavan e Mathura. Entrambe sono circondate da una serie di templi induisti: a Vrindavan vale assolutamente la pena vedere il Shri Krishna-Balram Temple, uno dei templi meglio conservati che abbia visitato, meta di numerosi pellegrinaggi, in cui ho sentito per la prima volta lo spirito e la bellezza di questa religione. Vrindavan non è affollato come altri luoghi di culto dell’India, e questo gli conferisce una sorta di aurea magica, nonostante tutt’attorno al tempio ci si trovi catapultati nella regione più povera dell’India. Mathura è famosa per essere il luogo in cui naque Krishna, ma a dire il vero non c’è molto da vedere. Il tempio più famoso, quello che ha dato i Natali alla famosa divinità, non è particolarmente bello anche se rappresenta, anch’esso, punto d’arrivo dei pellegrini induisti. Inoltre, a Mahtura per la prima e forse unica volta ci siamo sentiti fuori luogo ed in qualche modo inappropriati. In queste zone vige una sorta di fondamentalismo induista: per entrare al tempio siamo stati ispezionati da capo a piedi da guardie armate dalla faccia per nulla raccomandabile. Per un attimo ho pensato che ci sarebbe successo qualcosa e forse, se non fossimo stati in 7, probabilmente sarebbe successo.

AGRA e FATHEPUR SIKRY Ad Agra non c’è quasi nulla da vedere, se non il Taj Mahal, ovviamente visitato all’alba per evitare le orde di turisti che inevitabilmente toglieranno tutto il fascino di questo incredibile monumento all’amore. Ma l’India non è i suoi monumenti, l’India è la gente che si incontra per strada. Ed è per questo che prendo una decisione che mi cambierà il viaggio e probabilmente un po’ anche la vita.

Dopo la visita al monumento più famoso e rappresentativo dell’India, sempre con i nostri autisti, ci avviamo verso Fathepur Sikry a 60 km dalla città di Agra. A Fathepur il gruppo si sgretola ed io decido di farmi guidare da un ragazzo del luogo all’interno della città deserta. Pappù, questo il suo nome, è un ragazzo simpatico e sveglio, che parla un po’ di Italiano e che esercita fin da subito un grande fascino su di me. Pappù capisce che la mia idea di viaggio è un po’ (forse molto) distante dall’idea che hanno i miei compagni (preoccupati per la sporcizia e lo standard degli hotel) e si propone, dopo una accurata visita della cittadina, di farmi da guida personale attraverso i posti più belli e rappresentativi dell’India del Nord.

Spaventata, ma entusiasta dell’idea, la mia amica Agnese ed io decidiamo di rimandare la decisione all’indomani, ma approfittiamo della gentilezza di Pappù per trascorrere una notte all’Indiana.

Fathepur è solitamente poco visitata dai turisti occidentali, probabilmente perchè la maggior attrazione della cittadina è l’enorme moschea che ne sovrasta il villaggio. Per questo Fathepur è soprattutto meta turistica per i numerosissimi indiani Mussulmani che vivono nelle regioni del Nord dell’India. Mentre salutiamo il gruppo che fa ritorno, sempre con le Guide-Autisti, verso il nostro Hotel all’Occidentale di Agra, io ed Agnese, emozionate come al primo gg di scuola, ci avviamo alla scoperta dell’interno del villaggio di Pappù, là dove i turisti non mettono mai piede… E dico giustamente: lì la gente vive per le strade e camminare nelle strettoie del villaggio è davvero come entrare nella casa di ciascuno di loro e per questo, invadere la loro privacy.

Dopo aver conosciuto tutta la famiglia di Pappù ed aver comprato qualche vestito indiano nel mercatino da cui loro si riforniscono (vestito costo 3 euro), la nostra speciale guida ci accompagna in quella che sarà la nostra stanza per la notte, nella GuestHouse di suo cugino, ai piedi della Grande Porta della Moschea. La sistemazione non è nemmeno quello che definirei confortevole… ma almeno sembra pulita. Ci sentiamo privilegiate, comunque, visto che tutti gli altri pellegrini usano una stanza delle stesse dimensioni per far riposare tutta la loro numerosissima famiglia.

Per la cena saremo ospiti di un altro ragazzino indiano, Altaf, che anche lui, a soli 16 anni, fa la guida per Fathepur e con i soldi che ricava, mantiene tutta la sua famiglia da quando il padre è morto.

Non ho mai visto tanta povertà tutta assieme, ma sono sconvolta e felicissima allo stesso tempo.

Per loro è un onore averci ospiti e dividere la cena con noi. Per noi è un grande smacco al nostro egoismo occidentale.

La mattina dopo Agnese ed io decidiamo di voler continuare il nostro viaggiò così. Sulla strada, in mezzo alle persone, vivendo l’India della strada in compagnia dell’ormai nostro amico Pappù.

Tornate ad Agra a prendere gli zaini e salutato il gruppo (spaventato per noi, ma anche un po’ invidioso) cominciamo l’avventura più bella della nostra vita. Finalmente esaudirò il sogno di affrontare l’India con i mezzi pubblici.

ORCHA E KHAJURAO Con una Jeep raggiungiamo la stazione di Agra e cerchiamo il modo di raggiungere un piccolo paesino che si chiama Orcha: prendiamo un treno per Jahnsi e poi ci affidiamo ad un Tuc-Tuc per percorrere i 25 km che ci restano. Finalmente lontani dal caos delle grandi città indiane, troviamo ristoro in una piccola guesthouse nella “zona pedonale” e dopo aver visitato il magnifico forte, ci godiamo la tranquillità della vita di paese e lo spettacolo della campagna che ci circonda.

Da Orcha torniamo a Jahnsi e da lì ci spostiamo in autobus per raggiungere Khajurao: la strada è davvero disastrosa, il viaggio lungo e caldo e l’autobus… Bhè, ve lo potete immaginare. Khajurao è uno dei centri culturali più importanti di questa regione ed una visita ai templi è d’obbligo. Affidatevi ad una guida: ci vorranno circa 4 ore per fare una visita decente dei templi più importanti, e solo una persona preparata saprà mostrarvi le cose più particolari ed interessanti.

La guida, al termine della giornata, vorrà portarvi a visitare il mercatino: lui riceverà delle commissioni dai negozianti e voi farete dei pessimi affari. Evitatelo! A Khajurao si trovano alberghi di ogni tipo compresi quelli con Piscina e Standard lusso, poiché rappresenta uno dei posti più famosi dell’India del Nord. Ma vi sono anche moltissime GuestHouse all’Indiana in cui, dopo una serrata negoziazione, potrete ottenere delle stanze decenti per un paio di dollari. (fatevi mostrare sempre le stanze, però!).

Terminiamo la giornata con una cena al ristorante di un ragazzo di cui non ricordo il nome… ma sarà facile trovarlo visto che è l’unico che parla italiano correttamente: il padre è infatti un famoso santone capace di leggere “l’aura” (dietro ad una cospicua donazione in dollari) che tiene spesso seminari anche in Italia! Nonostante il loro sorriso affabile ed i modi gentili, proprio quella cena ci ha creato i maggiori problemi di stomaco… e non solo! Tutti e tre (anche PAPPU’!) nel giro di poche ora siamo costratti a letto con febbre alta e …

VARANASI Viste le nostre precarie condizioni, il giorno dopo ci affidiamo ad un Taxi per raggiungere Satna (città da cui è possibile prendere il treno per Varanasi). Il treno viaggia di notte e arriviamo a Varanasi, la nostra meta, alle 4 del mattino. Fuori dalla stazione è davvero possibile vedere di tutto, anche quello che mai avreste immaginato… Insomma, la stazione centrale di Milano non è nulla in confronto! Per la prima volta da quando sono partita, sento il desiderio di scappare da lì, di rifugiarmi nella mia cameretta in Friuli, tra le lenzuola pulite e l’affetto della mia famiglia. Provo un senso di nausea anche quando, con un Tuc-Tuc, ci avviamo verso il centro città: le strade sono piene di gente che cammina, dorme, mangia ed espelle i suoi bisogni: tutto nello stesso identico posto. Le luci flebili del Tuc-Tuc illuminano il bordo della strada: vedo le donne accovacciate sul ciglio con le vesti colorate sollevate. Distolgo lo sguardo attonito per non rubare loro la privacy di quel momento… ma è inutile. Mentre vaghiamo alla ricerca dell’hotel, incontriamo carrozzoni di persone che cantano e ballano sulle jeep e sui camion forniti di altoparlanti assordanti: tutti vanno al Gange a pregare… noi no, sarebbe troppo! Triste come mai lo sono stata e forse anche un po’ spaventata da ciò che mi aspetta, finalmente raggiungiamo l’hotel che il gruppo aveva prenotato anche per noi. Il primo giorno a Varanasi ci serve a recuperare le forze e ci dedichiamo solo ad una visita del mercato, di un tempio Indu e ad una cena abbondante in un ristorantino consigliato dalla Lonely.

Il secondo giorno invece ci svegliamo all’alba per raggiungere il Gange ed assistere alle abluzioni dei religiosi al sorgere del sole. Verso le 4 prendiamo un risciò e ci facciamo lasciare all’ingresso del Pandey Ghat. Da lì, percorrendo vicoli stretti e puzzolenti, raggiungiamo la riva del fiume: i colori della notte che se ne va, rendono questo posto ancor più magico di quello che è. Non c’è molta gente e noi abbiamo tutto il tempo per raggiungere la casa di un amico di Pappù, che ci affiderà ad un parente per un tour con la barca a remi lungo il fiume. Trascorriamo le due ore seguenti nel silenzio dell’alba, affascinati da ciò che vediamo e che per noi è incomprensibile. Difficile descrivere le emozioni che si provano in quegli istanti. Ma se siete arrivati a leggere fin qui, vuol dire che probabilmente un giorno vedrete tutto con i vostri occhi e con il vostro cuore. Ciò che mi sento di consigliare è di evitare di fare fotografie. Ho avuto la sensazione, specialmente navigando di fronte ai Ghat più famosi, che i turisti spesso mancassero di rispetto a questa gente… Nel chiarore dell’alba, centinaia di Flash di macchine fotografiche riducono Varanasi ad una specie di circo… Terminata la nostra spedizione, dopo una colazione abbondante in un posticino che si chiama Monna Lisa (Lonely PLanet), torniamo dall’amico di Pappù che scopro essere il proprietario della Rinku Silk House dove dopo estenuanti trattative compro due meravigliose coperte indiane fatte a mano (si tratta di pezzi davvero pregiati che vengono prodotti per i designer europei…).

Rinku Silk House, D-24/24,Pandey Ghat, Varanasi, 321255 BARATHPUR E JAIPUR Il giorno successivo riprendiamo il nostro viaggio invertendo la rota. Ci dirigiamo a nord per visitare almeno un po’ di Rajastan. Passiamo un’altra notte in treno e in qualche modo riusciamo a raggiungere Barathpur, dove visiteremo il Keoladeo National Park, famoso per essere il Santuario degli Uccelli: onestamente non mi interesso molto di ornitologia né ho mai praticato il bird watching, quindi non l’ho trovato particolarmente bello. Il viaggio prosegue quindi per Jaipur: da Agra prendiamo un autobus che ci metterà un tempo infinito ma che ci consente di vedere come il panorama cambia sotto i nostri occhi: il Rajastan è completamente diverso dall’Uttar Pradesh e spesso è desertico… si cominciano ad intravedere i turbanti arancioni tipici del posto e si respira un’aria diversa fin da subito. La differenza economica tra le due regioni è riconoscibile anche da un occhio inesperto come il mio.

Ci sistemiamo all’Hotel Pearl Palace indicato dalla guida: alla sera ho l’opportuinità di scambiare 4 chiacchiere con delle signore francesi simpaticissime… mi sembra quasi di essere a casa. Deliziosi i manicaretti che si possono provare al ristorante sul tetto! Il giorno dopo visitiamo la città, come dei veri turisti: ciò che mi ha affascinato maggiormente è stato il centro astrologico… ma dovete trovare qualcuno che vi spiega come funzionano quegli enormi strumenti! Dopo una visita al forte rigorosamente sul dorso di un elefante (lo so che fa molto turista… ma non ho resistito!), torniamo a Fathepur Sikry per l’ultima notte e gli ultimi saluti a Pappù e alla sua splendida famiglia. MUMBAI Con una jeep arrivo a Mathura da dove prendo un treno espresso che parte da Delhi e facendo solo un paio di fermate, arriva a Mumbai a metà mattinata. Con un taxi raggiungo l’albergo dove trovo i miei ex-compagni di viaggio, abbandonati molti giorni prima. Abbiamo un giorno per visitare la metropoli: Mumbai è bellissima e affascinante, anche se tutto, da quando gli inglesi se ne sono andati, sta raggiungendo uno stato di precarietà e trascuratezza che la rende un po’ meno bella. Vale la pena farsi un giro per i vari mercatini, compreso il Chor Bazar, dove si possono acquistare anticaglie e pezzi d’arredamento a pochi soldi… Mumbai è molto occidentale, rispetto all’India che ho visto io, e forse mi è servita come sorta di “camera di decompressione” per il viaggio di ritorno… Poche ore di volo e siamo di nuovo ad Amman e poi a Roma e poi a Venezia… Questo è il mio viaggio… Ma avrei ancora mille cose da dire… Racconti di esperienze che è difficile trasmettere, situazioni incredibili, forse assurde ed irripetibili… ma queste fanno parte di un bagaglio personalissimo, è il caso ed il destino… buon viaggio viaggiatori!



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