Compleanno da ‘padrino’ sul Lago Titicaca

17 AGOSTO 2003 Oggi è il giorno del mio compleanno e per festeggiare i miei 31 anni ho deciso di trascorrere la giornata sul lago Titicaca…ovviamente con Lella, la mia compagna di viaggio e non solo. Siamo accompagnati da Zacarias, la guida già incontrata il giorno prima, con la quale ho deciso il programma della giornata. L’impressione...
Scritto da: Paolo Broggi 1
compleanno da 'padrino' sul lago titicaca
Partenza il: 03/08/2003
Ritorno il: 25/08/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
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17 AGOSTO 2003 Oggi è il giorno del mio compleanno e per festeggiare i miei 31 anni ho deciso di trascorrere la giornata sul lago Titicaca…ovviamente con Lella, la mia compagna di viaggio e non solo. Siamo accompagnati da Zacarias, la guida già incontrata il giorno prima, con la quale ho deciso il programma della giornata. L’impressione avuta ieri si rivelerà ben presto veritiera: Zacarias sarà una guida molto particolare e alquanto insolita. Insieme ad un gruppo di altri italiani, con una piccola barca a motore navighiamo di prima mattina verso le isole degli Uros. Queste popolazioni indigene vivono o meglio hanno vissuto sul lago Titicaca per diversi secoli costruendo con la totora (la canna del lago che cresce nella baia di Puno) delle vere e proprie isole galleggianti. Zacarias ci dice che gli Uros sono una popolazione ormai estinta e quelli che vediamo sono delle popolazioni locali di lingua aymara che conducono una vita come gli Uros. Non sono completamente persuaso di questa teoria e la ritengo più che altro una attrazione turistica che ha molto poco del reale (queste popolazioni, in realtà estinte da anni, non credo neanche che passino la notte sulle isole!). Vedendola però come una ricostruzione storica riconosco il suo fascino e mi concedo anche una breve traversata su una loro barca, chiaramente anch’essa costruita con la totora intrecciata. Proseguiamo quindi verso Taquile, una delle isole, insieme ad Amantani, all’Isla del Sol e all’Isla della Luna (queste ultime due in territorio boliviano) del lago Titicaca. Appena scesi sul molo mi sembra di essere su di un’isola greca, anche perché il il lago e tanto vasto da sembrare piuttosto un mare. Ci inerpichiamo sulle pendici dell’isola fino ad arrivare alla Plaza de Armas del piccolo paese. Assistiamo all’alzabandiera: nel cielo terso sventola sia la bandiera del governo peruviano che il vessillo variegato e colorato delle popolazioni inca. Successivamente i quattro capi dell’isola illustrano alla popolazione e ai turisti incuriositi presenti le decisioni da prendere per il buon governo dell’isola stessa. Terminato il pranzo con il mate de munha, un’erba profumatissima che si trova sull’isola, riprendiamo la barca e torniamo al porto di Puno. Mi congedo da Zacarias con il quale durante la giornata si era instaurato un ottimo rapporto (in virtù forse anche del fatto che più di metà dei nostri compagni di viaggio era letteralmente piegata dall’altitudine) e con il quale, durante la traversata del lago, avevo condiviso vivaci ed interessanti conversazioni. Zacarias è un indio di lingua aymara e quindi come ci tiene a sottolineare nel suo sangue non scorre neanche una goccia di sangue spagnolo. È profondamente legato alla sua terra e alle sue origini e lo si capisce subito da come vorrebbe sempre difendere gli interessi della gente di Puno. Proprio per questo non è un gran estimatore (per usare un eufemismo!) dell’attuale presidente Toledo. Tuttavia non è un commiato di addio. La serata che si preannunciava tranquilla si rivelerà invece ricca di sorprese che non mi faranno dimenticare facilmente questo compleanno. Nel ristorantino dove stiamo tranquillamente cenando, infatti, improvvisamente ed inaspettatamente vediamo entrare Zacarias accompagnato dalla moglie e dal figlio adolescente. Mentre stiamo uscendo dal locale Zacarias, memore del mio compleanno, ci invita a bere un pisco sour al suo tavolo. Per cordialità e non solo accettiamo l’invito. Zacarias ci presenta la moglie Vick che con immenso stupore scopro non essere india ma una meticcia arequipena. Mi sembra anche di capire che non è la prima moglie di Zacarias. Sull’onda di un brindisi di pisco sour ad ogni sorso (qui usa così!), i discorsi tra italiano e spagnolo corrono via veloci. Complice anche il pisco sour si crea subito un bel clima e mentre il locale piano piano si svuota (e forse dovrebbe anche chiudere) noi rimaniamo seduti. Con semplicità ed estrema gentilezza mi viene fatto anche un regalo, un presepe tipico peruviano che Vick, la moglie di Zacarias, mi ricorda essere la famiglia da prendere ad esempio. In effetti Vick è molto cattolica e ne approfitta per chiedermi il significato del termine “padrino”. Dopo aver spiegato i due significati del termine (eh sì perché prendo in considerazione anche la valenza mafiosa del termine) come un fulmine a ciel sereno ci viene a chiesto a me e Lella di fare da padrini ad un bambino per un Battesimo, che ci sarà il giorno seguente. Con fatica capiamo che il “nino” è il figlio del figlio di Zacarias (avuto presumibilmente dalla prima moglie) cioè il nipote. Ad un primo entusiasmo, anche perché sembra che si tratti solo di una cosa formale, subentra la paura che un gesto simile possa comportare enormi responsabilità in futuro. Riconosco che nella giornata trascorso si era subito creato un buon feeling con Zacarias, ma da qui a far fare il padrino ad una persona che conosci da 24 ore, ce ne passa. Le motivazioni di questa scelta (perché proprio noi?) nascono dal fatto che – dice VicK – è importante per un peruviano sapere che dall’altra parte del mondo ci sia il suo padrino. A questo punto oltre alla mia voglia di capire, comincia a subentrare anche la paura e il timore di un inganno; la mia mente infatti, nonostante i tre pisco sour, non è ancora completamente annebbiata. Nella conversazione subentra Zacarias, fino a quel momento silenzioso, che nonostante il suo italiano non perfetto, rispondendo alle mi domande, riesce a farci capire che un gesto simile potrebbe portare in futuro a delle responsabilità molto pesanti. È quello che temevo. Quello che fino ad ora non era stato detto con chiarezza dalla moglie e dalla figlia, che poco prima ci aveva raggiunto e si era unita al nostro tavolo. Anzi Zacarias rivolgendosi alla moglie e alla figlia afferma anche “Esta sorpresa non me gusta!” (o qualcosa di simile dal significato però ineccepibile). La nostra decisione è a questo punto ovviamente presa. Comunico così alla famiglia il nostro rifiuto, non prima però di aver detto a Zacarias che ho trovato in lui una persona onesta e che mi auguro che tutti gli indio peruviani siano così. È molto felice di questa mia convinzione e un ultimo abbraccio suggella il commiato. La moglie è invece in lacrime. La voglia di uscire da questa situazione e fisicamente dal locale è tanta e finalmente, rifiutato il quarto pisco sour, riprendiamo, forse un po’ zig-zagando la via dell’albergo. Non so se siamo stati vittime di un tranello premeditato ai danni degli stranieri che si ripete periodicamente oppure di una situazione improvvisa ma comunque reale. Sono convinto soltanto che Zacarias è stato un uomo davvero onesto e sincero. È questo che voglio portare a casa da questa indimenticabile esperienza, nonché ritengo regalo di compleanno: la certezza che gli indio peruviani ed in particolare gli aymara del lago Titicaca sono un popolo vero e sincero. Paolo Nota dell’autore: Mi sono ripromesso di trascrivere a computer l’intero diario del viaggio compiuto questa estate sulle Ande peruviane, e non solo…quindi alla prossima!


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