Come in un gioco di prestigio

È fatta! Settembre finalmente è arrivato e con lui le nostre agognatissime ferie. Come si vedrà non ho proprio il dono della sintesi, ma non potevo fare diversamente: volevo mettere nero su bianco più emozioni possibili del nostro primo vero viaggio insieme, provare a ricreare quella particolare magia... Come in un gioco di prestigio:...
Scritto da: khora
come in un gioco di prestigio
Partenza il: 02/09/2007
Ritorno il: 12/09/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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È fatta! Settembre finalmente è arrivato e con lui le nostre agognatissime ferie.

Come si vedrà non ho proprio il dono della sintesi, ma non potevo fare diversamente: volevo mettere nero su bianco più emozioni possibili del nostro primo vero viaggio insieme, provare a ricreare quella particolare magia… Come in un gioco di prestigio: all’improvviso la luce perfetta del sole accecante, i colori puri e selvaggi della natura in tutte le sue forme e l’equilibrio perfetto tra poesia postimpressionista e l’audace spontaneità delle avanguardie del novecento.

Partiamo, io e Alberto, domenica 2 alla volta della Francia del Sud. Ci attende un po’ di meritato riposo nelle verdi e lussuriose terre del Var, della Provenza e della Camargue. Dopo 6 ore di viaggio, con poco traffico sulle autostrade italiane e il delirio allucinante di quelle francesi, tra macchine che sfrecciano a velocità inaudite e caselli come oasi nel deserto (per dovere di cronaca, 1,90 € a La Turbie, 1,30 € a Cannes, 2,60 € ad Antibes e dulcis in fundo 5,90 € a Le Luc) arriviamo a La Garde Freinet, delizioso paese nell’entroterra a nord di Saint-Tropez, dove i gentilissimi Gianni e Anna, d’origini italiane ma ormai da 12 anni perfettamente francesizzati (ahimé, anche per le lasagne alla bolognese, sigh!) mettono a nostra disposizione una cameretta della loro casa in aperta campagna che sarà così il nostro campo base. Decidiamo di spalmarci al sole per un paio di giorni nelle liberissime (in tutti i sensi) spiagge di Pampelonne e Ramatouelle a Saint-Tropez, giusto per ricaricarci un po’, e in quelle di Saint-Maxime, dall’altra parte della baia. L’acqua è fredda come deve essere nelle terre nottetempo sferzate dall’ululante mistral… Saint-Tropez sembra un piccolo paradiso ma forse sarebbe meglio dire che io lo considero uno schiaffo alla miseria, fatta di cloni memori più dei topless di Brigitte Bardot che dei suggestivi cabanon sulla spiaggia dei pittori postimpressionisti, piena di eleganti boutique, di macchine di grossa cilindrata e di parcheggi esclusivamente a caro prezzo, animata e variopinta durante l’estate nel labirinto di piccole strade dell’interno, colorata nelle sue casette rosa, arancione e rosse che si affacciano sulle numerose barche ormeggiate al porticciolo, e ricca di gallerie e atelier di arte contemporanea. Oltre ai pittori che quotidianamente immortalano sulle loro tele le variazioni coloristiche e meteorologiche del luogo, una piccola perla lungo il piccolo porto è il Musée de l’Annonciade che noi decidiamo di visitare solo l’ultimo giorno: un piccolo scrigno di capolavori raccolti al primo piano di una piccola cappella trasformata negli anni Sessanta per volere del collezionista d’arte Georges Grammont… I mitici anni Sessanta! Al piano terreno abbiamo la fortuna di goderci una bella mostra su “Picasso e il Mediterraneo”, aperta fino a ottobre 2007, proprio nelle terre in cui il genio spagnolo decise di vivere a più riprese: solo questa mostra vale la visita, per la qualità e la quantità entrambe elevate di disegni, incisioni e ceramiche presenti.

Il terzo giorno decidiamo di darci alla macchia, lontano dalle spiagge tropeziane, lungo le strade fortunatamente poco trafficate e costellate dai bassi vigneti del Var fino a raggiungere un posto spettacolare. Attraversiamo i villaggi nascosti di Lorgues e Vaillecroize, a stento segnalati dalle cartine ma nei quali è sempre presente un ufficio turistico (per non parlare poi dei bagni pubblici, ma questa è un’altra storia). Ci troviamo davanti la distesa del Lac de S.Te Croix e arriviamo alle Gorges du Verdon, in pieno Far West. La guida che abbiamo (e che non consiglio ma di cui non farò per correttezza il nome, ma son testona io ché compro sempre queste) propone come punti di partenza per l’esplorazione i paesi di Castellane o Moustiers Sainte-Marie: noi preferiamo seguire il percorso consigliato dai nostri amici francesi ed entriamo nelle gole dal paese di Aiguines. Facciamo tutto il percorso lungo più di 100 km tra saliscendi e strade ripide a picco sulle gole di questo meraviglioso canyon in auto… Ci imbattiamo spesso in ciclisti armati di cartine e agguerritissimi nelle salite. La strada è punteggiata anche da un gran numero di motociclisti che si inerpicano lungo le strette strade su e giù, giù e su… E, mentre Alberto, motociclista nell’anima, segue le curve come fosse a fare le pieghe sulla sua fiammante sella, io allibita mi chiedo: ma come è possibile che riescano a vedere quanto è bello questo spettacolo se devono stare attenti a dove cacchio devono andare?! la mia domanda rimarrà senza risposta, lo so, ma intanto mi godo questa meraviglia, che pure questa da sola vale l’intero viaggio.

Strada facendo, dopo aver visto il lato settentrionale delle gole, decidiamo che non possiamo non vedere anche quello meridionale e ci fermiamo così a Castellane a mangiare un buonissimo e molto economico pezzo di baguette jambon e naturalmente fromage de chevre, che io colgo l’occasione di tempestare di originale moutard di Dijon, vista la mia avversione per maionese e ketchup. Con poco più di 8 € ce la caviamo, inclusi bevande e caffè “stretto”, come lo chiamano loro. Passando per Moustiers e Carcés, ci mettiamo sulla strada del ritorno. Arriviamo all’Abbazia di Le Thoronet, un silenzioso monastero cistercense del XII secolo conservato ancora oggi piuttosto bene, e mi sovviene l’immagine del mio prof. Di storia dell’architettura: meglio tornare alla realtà, il biglietto d’ingresso costa € 6,50 giustificabile solo dalla contemporanea “esposizione” di un percorso ad hoc realizzato dall’architetto portoghese Alvaro Siza! Forse non è la stagione giusta, ma mi immagino come deve essere questo piccolo paradiso quando la lavanda è in piena fioritura. Infatti mi meraviglio. Qui, all’improvviso, è tutto profumo di lavanda, ma forse sono solo molto suggestionata. Non smetto di meravigliarmi ancora tornando verso La Garde Freinet, la terra non finisce mai di essere rossa rossa.

Quarto giorno ancora spalmati sulla sabbia fresca (sempre l’amico mistral): è quel che ci vuole, siamo pur sempre in ferie! Non manca però una visita a Port Grimaud: accidenti, la mia guida neppure menziona questa bella cittadina sorta lungo canali, con tutta una serie di piccoli ponti, di portici e di casette che si riflettono nelle soleggiate acque, e romantica al punto giusto tanto da avere l’appellativo di “piccola Venezia”.

Quinto e sesto giorno si parte alla volta di Aix-en-Provence, Avignone e Arles per arrivare poi in Camargue e rientrare percorrendo la costa, Marsiglia, Tolone… Capirò tardi la pessima idea che ho avuto. Il traffico cittadino è caotico e bestiale e per un momento mi farà scordare i benefici delle vacanze. Ammiro in questo momento la pazienza del mio guidatore cui va tutta la mia comprensione: io sarei scesa e avrei lasciato la macchina ovunque mi trovavo, anche nelle poco ospitali banlieu marsigliesi. È venuto comunque il momento di andare a visitare quei luoghi diventati ormai mito, là dove nacque Paul (il mio amico Cézanne) e dove visse quel geniaccio di Vincent. Seguendo le mappe che mi son stampata e portata dietro, arriviamo con soli 98 km di autostrada ad Aix-en-Provence. Ovviamente traffico, velocità futurista e pedaggi salati. Aix è una città elegante, piena di giovani (è sede di università), naturalmente ricca di arte e deve il nome alle acque termali che sgorgano in città, Aquae Sextiae appunto. Il centro è pedonale e ci si può avvicinare parcheggiando in uno dei parcheggi interrati a pagamento. Noi lasciamo la macchina nei pressi di Boulevard Carnot e girelliamo a piedi. Mi sento allora come attirata in una piazza dove si erge un bel palazzotto seicentesco tempestato dello stemma dei cavalieri di Malta: ovviamente è un museo! Si tratta del Musée Granet, riaperto al pubblico dopo 3 anni di lavori di ristrutturazione, adeguamento e ingrandimento. Ospita una bella e inusuale collezione di dipinti italiani, francesi e olandesi dal XIII al XIX secolo, una galleria di scultura e, in fase di allestimento, al piano interrato, una raccolta archeologica dalla città celto-ligure d’Entremont. Il secondo piano custodisce delicatamente otto capolavori dell’amico Paul e qualche altra chicca, tra cui una piccola ma rara opera di Balthus ripresa dal ciclo aretino della Vera Croce di Piero della Francesca e un album di Matisse e i suoi ritagli alle prese con l’editore Theriade. Mi si spalanca il cuore: tutto questo bendidio esposto con molta semplicità lontano dal fasto e dalla notorietà del Louvre o degli Uffizi. Per gli amanti dell’amico Paul, la città propone il cosiddetto Circuit de Cézanne, segnalato a terra da targhe di bronzo con l’iniziale C… Ma credo di aver approfittato anche troppo della pazienza di Alberto e così dopo un rapido pranzo decidiamo di ripartire alla volta di Avignone. Pochi km la separano da Aix. Anche qui lasciamo la macchina al parcheggio a pagamento, proprio sotto il Palazzo dei Papi. Uscendo dal parcheggio la vista è splendida, hai capito questi papi! Il vento “violento”, come segnalavano i pannelli autostradali, ci suggerisce di entrare velocemente. Servizio rapido ed efficiente: in un batter d’occhio, con soli 7,50 € ma per la tariffa ridotta, presa l’audioguida gratuita (ma visto il prezzo del biglietto d’ingresso…), ci immergiamo in pieno XIV secolo. Il palazzo è splendido pur nelle sue stanze praticamente vuote e trasuda storia soprattutto nella zona riservata alle stanze personali dei papi, qui tempestate di affreschi di pittori italiani. La visita dura un paio d’ore, giusto il tempo per goderci anche un giretto entro le mura e vedere il ponte Saint-Bénézet, che vista la sua condizione ormai non svolge più dalla metà del XVII secolo la sua principale funzione, quella di unire le due sponde del Rodano. Fatte poi le foto e le compere di rito, saponette alla lavanda, sacchettini di lavanda ecc. Si riparte alla volta di Arles.

Fremo dalla curiosità di camminare nelle strade dove litigavano Vincent, l’altro mio amico, e Paul Gauguin in quelle nove settimane di critica convivenza. Arriviamo dopo le 17.30 e ci accorgiamo subito che anche questa città, per quanto non sia una metropoli, sia invece piena zeppa di macchine e i parcheggi non interrati, soprattutto a pagamento, sono molto piccoli. Girovaghiamo per una mezz’oretta alla ricerca di un posto macchina, che mi trovo quasi a rimpiangere il traffico della mia Firenze. Finalmente molliamo la macchina nei pressi di Blvd Clemenceau in un parking interrato a pagamento (uff!), proprio dietro all’anfiteatro romano Les Arènes. La prima impressione non è delle più consolanti, fuori e dentro le mura si aggirano certi visucci poco incoraggianti. A tutto ciò si aggiunge pure il solito vento frizzantino. Decidiamo comunque di fare un giro e di spostarci poi verso la Camargue e dormire là. Da veri turistifaidate, cartina alla mano, camminiamo intorno all’anfiteatro, parzialmente ricostruito e tutt’oggi utilizzato anche per le corride; vediamo il teatro antico e ci dirigiamo verso Place du Forum, l’unico posto in cui troviamo un po’ di turisti, infreddoliti ma comunque seduti nei numerosi caffè della piazza. Incredibilmente l’unico caffè vuoto è il famoso locale dalla tenda gialla ritratto proprio da Vincent! Tra una stradina e l’altra, entrando e uscendo dalle mura ci troviamo di fronte a un bel cartellone dell’ufficio turistico, che illustra i 4 percorsi tramite i quali è possibile visitare la città seguendo le targhe collocate per terra: me ne ricordo solo 3… Quello relativo ai luoghi di Van Gogh con la targhettina gialla, quello romano e quello medievale. Ma guarda un po’: questo cartellone si trova proprio in Place Lamartine dove un tempo si trovava la casa gialla immortalata da Vincent e qualche passo più avanti, verso il Rodano, si ritrova il punto da cui dipinse la Notte stellata sul Rodano. Ormai però gran parte dei luoghi ottocenteschi sono andati distrutti e al loro posti sono stati costruiti alberghi che solo nel nome richiamano alla mente la genialità del pittore, come il Terminus et Van Gogh al posto della casetta gialla. Ceniamo in un ristorantino ai bordi della turistica Place du Forum che ci preannuncia già quanto siamo ben lontani dalla classe e dall’atmosfera di Aix e delle città della costa. Tutto lì dentro profuma di Spagna, di toreri, di corride e, anche se non mi piacciono, ammetto che quel mondo sia quantomeno suggestivo, ma almeno pare che qui i tori non li ammazzino Anche i francesi qui sembrano più parenti stretti della vitalità spagnola che non dell’aristocrazia parigina. Arles… Già all’epoca di Van Gogh terra di mezzo tra gli scintillanti caffè parigini e il gusto già spagnoleggiante della Camargue. Ripartiamo alla volta di Les Saintes-Maries de la Mer, in piena palude camarguense, costruita nel luogo in cui approdarono Maria Salomè e Maria di Giacomo fuggite dalla Terra Santa. Arriviamo tardi, cerchiamo un albergo dove dormire ma la cosa non è tanto semplice: sembra che l’unico aperto che abbia una camera libera sia l’Hotel Camille, una tipica costruzione bianca con le tipiche persiane blu sul tipico lungomare. Il prezzo è abbordabile (60 € a notte) e poi non ci sembra il caso di fare gli splendidi, fuori tira un vento freddo pazzesco. Il mattino seguente ci svegliamo che il cielo è di un azzurro così intenso che quasi non ci si crede. Il campanile della cattedrale con le sue mura bianche si staglia che sembra di essere catapultati in Puglia. Camminata lungo le strette stradine che si svegliano piano quasi quanto noi. E’ un miscuglio di odori: croissant e pane caldo da una parte, carne arrosto e verdure cotte dall’altra. Ci sono tanti negozietti con un sacco di prodotti tradizionali tutti coloratissimi e c’è anche il mercato. La nostra attenzione è attirata da un locale ovviamente vuoto di prima mattina ma sicuramente ieri sera doveva essere il centro dell’attenzione…È un ristorante tipicamente spagnolo, con il patio antistante alla maniera madrilena. Posto fuori dal mondo questo: mi immagino che bolgia infernale di suoni, colori e sapori deve essere quando c’è a maggio il pellegrinaggio dei gitani, danze dei ballerini di flamenco, urla, musica e santa Sara portata in processione! Ultimo giretto lungo il mare bellissimo e assolatissimo e via a riprendere la macchina dove l’avevamo lasciata la sera prima: questo posto è un mondo a parte, il parcheggio era libero! Lungo la D570 il paesaggio continua ad essere unico: sterminate distese di niente, solo km e km di paludi e acquitrini punteggiati solo dall’elegante portamento dei fenicotteri rosa, dalla selvaggia libertà dei tipici cavalli bianche e dal nero veramente nero dei tori.

Arriviamo ad Aigues Mortes, già nel dipartimento del Gard, dopo soli 28 km e lasciamo la macchina in uno dei 5 parcheggi, è un po’ più lontano dalle mura degli altri 4 (3 a pagamento), ma qui non si paga. Almeno facciamo due passi dove non ci sono molti turisti e dove le scuole sono già iniziate e i bambini sono in cortile a giocare. Dalle mura entriamo: la città è stata fondata da Luigi IX come sbocco sul Mediterraneo e ancora oggi tutto ricorda questo storico personaggio poi diventato santo. Decidiamo di fare tutto il giro delle mura e di salire le strette scale a chiocciola della torre di Costanza. Il panorama è grandioso: una distesa a perdita d’occhio di saline rosate da un lato e di putrida acqua verde dall’altro. Pranziamo con una crepe salata e con calma ripartiamo verso La Garde Freinet, passando lungo la costa: Port Sant Louis, Martigues, L’Estaque, Marsiglia (con i palazzoni della periferia tanto brutti ma giustificabili solo perché la città è sovraffollata e perché memori dell’Unite d’Habitation di Le Corbusier!), Aubagne, Cassis. Il cemento marsigliese ci convince che dobbiamo tornare a vedere un po’ di paesaggi naturali mozzafiato: così facciamo una sosta proprio a Cassis ad ammirare il litorale frastagliato con i suoi famosi calanchi a picco sul mare. Il molo di questa cittadina di pescatori ma conosciuta dai buoni bevitori per il vino bianco ma ancora di più per il Kyr fatto appunto con lo sciroppo di Cassis, è incantevole per quanto comunque parecchio turistico: facciamo un giretto fino al faro e ci mangiamo un’altra crepe. Ecco, io qui ho trovato il paradiso: sul molo c’è una piccola e piuttosto elegante creperie, poco affollata, dove ho mangiato la crepe più buona della mia vita: miele e Grand Marnier. Ora si può pure ripartire. Riprendiamo la trafficatissima A50: è tardi e passando per l’interno forse si tarda un po’. La Ciotat, Le Castellet, Bandol, Tolone: qui traffico impazzito, l’autostrada passa per la città perché non è ancora finito il tunnel che la attraversa, forse era meglio passare dalla campagna. Cuers, Gonfaron la città delle tartarughe, Le Cannet des Maures: il paesaggio spoglio e semplice della Camargue ha di nuovo lasciato il posto ai fitti boschi verdissimi e alla terra rossa. Non contenti dei km fatti, ci fermiamo a vedere La Garde Freinet illuminata di sera. Nel paese non c’è niente di particolarmente turistico: ristoranti con i tavolini all’aperto, strette stradine e poco più, ma è silenzioso ed è quel che ci vuole. Passiamo da Plan de la Tour e via a casa. Domani si va al mare! Ci svegliamo che il mistral, caricatosi a modino già nella notte, sta continuando a spazzare il cielo che è una meraviglia: osiamo comunque scendere in spiaggia dopo Sainte Maxime, dove infatti si sta d’incanto, dove c’è poca gente, dove non si sente il sole che picchia, e dove Alberto, ancora bianchino come un cencio, si ustiona. Bisogna stare attenti: domani niente sole.

Nono giorno lungo la N98. Oggi si riparte alla volta della Costa Azzurra. I 160 km che ci separano da Nizza nascondono una serie di perle. Selezioniamo le fermate: Vence e Cagnes-sur-Mer. Io avrei visitato volentieri anche Biot dove c’è il Musée Leger (che però è chiuso fino al 2008 per ristrutturazione), Vallauris e Antibes per i Musée Picasso. Prima fermata la Fondazione Maeght a Saint-Paul-de-Vence, rifugio dell’arte contemporanea immerso tra i pini della Collina della Gardette situato a 500 m dal villaggio di Vence, dominato dalla rocca medievale. La fondazione, autonoma e privata, voluta dai coniugi Marguerite e Aimé Maeght e inaugurata nel 1964, è aperta tutti i giorni, senza eccezione. Il biglietto costa 11 € più 2,50 € il permesso per fare le foto. Si viene accolti dal giardino, un museo di scultura all’aperto: Mirò, che primeggia per numero di opere, Arp, Calder, Zadkine. Qui tutto è armonia: pittori e scultori che collaborarono alla realizzazione in stretto contatto con l’architetto catalano Joseph Lluis Sert (quello che a Barcellona ha firmato la Fundaciò Mirò), il verde del bosco e il bianco delle coperture del tetto a forma di corna che lascia filtrare la giusta dose di luce all’interno per ammirare i colori accesi delle opere di Léger, Mirò,Chagall e Tal-Coat, e della particolarissima arte concettuale portoghese. Fontane a forma di animali, vasche e un labirinto di opere e di giochi d’acqua che si integrano perfettamente al giardino… Così come i bronzei uomini smilzi dell’italiano Giacometti che popolano il cortile esterno della fondazione. Dopo questa indigestione di contemporaneità, si scende a valle verso Cagnes-sur-Mer, via a visitare la casetta dove Renoir visse gli ultimi dieci anni di vita. Ormai siamo diventati bravi e nella cittadina, anch’essa dominata dalla rocca della città alta (Le Haut de Cagne) scoviamo un parcheggio gratuito. Veloci a mangiare e poi alle 15 alla casetta. Casetta un cavolo! Una villa vista mare immersa nel verde parco della collina de Les Collettes, tra ulivi centenari tutti attorcigliati, aranci e limoni dove il tempo sembra essersi fermato alle 5 di quella notte del 3 dicembre 1919 (non sono pazza, è solo la mia morbosa curiosità che s’è soffermata a leggere il certificato di morte esposto). Il biglietto d’ingresso costa 3 €. Oltre a una decina di tele originali del Maestro, degli amici Bonnard e Dufy, esposte tra sala, cucina e camere da letto, l’angolo più interessante della bella villa è lo studio del pittore: la sedia a rotella ferma davanti al cavalletto, qualche vestito originale indossato dai modelli delle sue opere nelle vetrine, l’armadio con le tele suddivise per dimensione. Scappiamo quando arriva un torpedone di giapponesi.

Siamo a due passi da Nizza: che si fa? Non si va? Visto il traffico e gli automobilisti impazziti, mi sarei pentita della mia domanda se anche il Musée Matisse fosse stato chiuso, come ci accorgiamo essere il MAMAC: giorno di chiusura il lunedì. Infatti oggi è lunedì: abbiamo solo perso il conto! Matisse visse nel residenziale e peraltro molto elegante quartiere di Cimiez nella Nizza alta dal 1914. Lì ha sede questo bel museo, in una bella villa rossa del XVII secolo con la facciata dipinta a trompe-l’oeil in stile genovese, immersa nel verde di un bel parco pubblico dove gruppetti di francesi si godono i loro pomeriggi liberi giocando a bocce! Il museo vale la visita, vista la quantità di belle opere esposte: dipinti, ritagli, disegni, tessuti, schizzi preparatori…

Ripartiamo per tornare a La Garde Freinet. Gli ultimi giorni li passeremo solo spalmati al sole, a zonzo per le ricche strade di Saint-Tropez, quelle deliziose e fiorite di Gassin una delle cittadine più belle d’Europa (che a ragione si spaccia come tale) in collina sopra Grimaud… E poi mercoledì 12 il rientro. Sulla strada facciamo una sosta al Musée d’Art Moderne et Contemporain che due giorni fa era chiuso. Parcheggiamo nel sottostante parcheggio a pagamento di Promenade des Arts: per fortuna il traffico è poco, cosa strana visto che ci sono anche i lavori per la realizzazione della tramvia che passerà proprio dalla centralissima e bellissima Place Massena proprio accanto al centro congressi. I 4 € del biglietto d’ingresso ci sembrano subito ben spesi: il museo è spregiudicatamente all’avanguardia non solo per i 3 piani di esposizione, di cui il primo interamente dedicato a una mostra monografica su Michelangelo Pistoletto, ma anche per l’intera collezione. Pop Art, Nouveau Réalism di Cristo, Arman e Yves Klein, Arte Astratta americana e una donazione di opere alla città stessa da parte della coppia Niki de Saint Phalle (quella della fontana dietro al parigino Centre Pompidou)-Jean Tinguely: storia delle avanguardie europee e americane con un occhio di riguardo alla cosiddetta “Scuola di Nizza”, niente di più appropriato.

Un ultimo sguardo dalla terrazza aperta all’ultimo piano del museo a questa particolare città , tra colline verdeggianti e bei palazzotti che si stagliano nel blu veramente blu del cielo e poi via! Dopo 2500 km, di nuovo sull’autostrada di ritorno a casa…



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