Come ho conquistato il Fuji

I viaggi di Mr.Ankov Racconto tragicomico della mia scalata del vulcano piu’ famoso del mondo avvenuta qualche annetto fa. Una premessa: saro’ lungo e prolisso quindi prendetevi il tempo necessario. Non mi piacciono i testi minimalisti, amo raccontare tutto con dovizia di particolari. Purtroppo su "turisti per caso" non si possono allegare...
Scritto da: MrAnkov
come ho conquistato il fuji
Viaggiatori: fino a 6
Ascolta i podcast
 
I viaggi di Mr.Ankov Racconto tragicomico della mia scalata del vulcano piu’ famoso del mondo avvenuta qualche annetto fa.

Una premessa: saro’ lungo e prolisso quindi prendetevi il tempo necessario. Non mi piacciono i testi minimalisti, amo raccontare tutto con dovizia di particolari. Purtroppo su “turisti per caso” non si possono allegare delle foto agli articoli: se volete vedere anche quelle potete leggere questo stesso testo (con qualche colorita imprecazione in piu’) sul mio blog: {http://ivanmrankov.Wordpress.Com/2009/10/19/come-ho-conquistato-il-fuji-versione-1-0/} Sono un amante del Giappone. Quelli della mia generazione cresciuti guardando i cartoni giapponesi hanno subito necessariamente un imprinting della loro cultura (come la generazione precedente ha subito quella americana) e quindi ne subiscono chi piu’ chi meno una forte attrazione.

Essendo uno dei paesi piu’ cari del mondo (in realta’ da quando c’e’ l’euro non piu’) ho dovuto racimolare per piu’ di quattro anni (i risparmi d’una vita) i quattrini necessari anche perche’ mi dicevo: un viaggio cosi’ si fa una volta nella vita quindi bisogna farlo bene, da signori, togliendosi tutti gli sfizi.

Il mio amico giapponese Kunio (amante dell’Italia) gia’ un paio di volte ospite da me mi aveva invitato a casa sua per la mia permanenza a Tokyo. La guida Lonely Planet di Tokyo praticamente consumata nei 18 mesi precedenti.

Ma ci sono ancora delle cose da sistemare: io non so il giapponese (ho frequentato un anno di universita’ Ca Foscari lingue orientali studiando storia e letteratura ma la lingua…) e i giapponesi si sa l’inglese lo masticano poco e male, pure peggio degli italiani! Il mio amico/coinquilino/compagno di universita’ Andrea Pittsburger invece trascura tutte le altre materie ma il giapponese lo mastica piuttosto bene a forza di leggere manga e guardare cartoni/anime in lingua originale. Inoltre lui e’ pure piu’ appassionato di me riguardo al Giappone, recentemente ha anche ereditato una piccola somma che gli consentirebbe di fare il viaggio alla grande. I conti tornano tutti: e’ l’uomo perfetto! * – Andrea perche’ non vieni? * – Eh magari potessi! * – Ma allora? * – I miei non mi lascerebbero mai venire! Sai sono gia’ contrariati da questa mia passione per manga e anime! Figurati se mi lasciano spendere i miei i soldi ereditati cosi’! * – Be certo spenderli per i giornalini non ti lasciano ma se fosse per la tua istruzione, andando con l’universita’? * – Con l’universita’? Ma che c’entra? * – Tranquillo, mi e’ venuta un idea! Vado all’universita’ in aula computer dove si possono stampare dei documenti da se. Stampo 3 fogli in bianco e cosi’ mi procuro la carta intestata della nostra facolta’.

In ufficio stampo una cosa del genere: il Prof. Tal den Tali assieme alla facola’ di lingue orientali organizza per gli studenti del ? anno una tour di 20 giorni in Giappone. Gli studenti saranno accompagnati dai Professori Rik e Gian in questo tour che e’ fortemente consigliato a tutti gli studenti per la sua valenza educativa e per l’utilita’ che questi ne trarranno in seguito in fase di redazione della loro tesi e gran balle cosi’ a proseguire. Andrea porta a casa l’opuscolo e ritorna con un sorriso a 36 denti: * – Hanno detto si, anzi’ babbo da’ pure qualche soldo in piu’ che il Giappone e’ caro e non si sa mai. 🙂 . Ma c’e’ un ma: mi hanno detto di fare tante foto e visto che programmiamo di stare solo a Tokyo ci sgammeranno! * – Non ci stanno problemi, la tua macchina fotografica me la piglio io e dici che te l’hanno rubata/l’hai persa, cosi’ non devi fornire prove.

* – Geniale! Ma tu per la macchina che mi dai? * – Ti do quei due manga originali che da tanto vorresti! Ed e’ affare fatto! Con l’amico Kunio decidiamo di organizzare la scalata del monte Fuji visto che anche lui non c’e’ mai stato. Il padre di Kunio ha un furgone che usa per andare a pesca: dentro c’e’ pure una comoda branda per dormire alla bisogna. Il padre e’ gia stato sul Fuji e cita un vecchio proverbio giapponese che dice: il saggio sale sul Fuji una volta ma solo il folle ci sale una seconda volta. Io brillante come sempre ho un idea delle mie: ci procuriamo delle bici, le portiamo con noi col furgone, le lasciamo giu’, scaliamo il Fuji, scendiamo, prendiamo le bici e in un paio di giorni torniamo a Tokyo (tanto sono solo 120 km, che sara mai? I professionisti fanno tappe di 250 km al giorno come niente fosse!). Kunio dici che procurera’ le bici pero la scalata va fatta durante il week-end visto che anche la sua amica Akiko viene con noi e durante la settimana lavora.

In sovrappiu’ la mia amica Francesca assieme alla sua compagna di facolta’ Marta avendo finito tutti gli esami di facolta’ si recheranno in Giappone appena due settimane prima di noi per raccogliere (per davvero) materiale per la loro tesi ed avendo saputo che sto pianificando anche una gita/scalata sul monte Fuji mi scongiurano di portarle con me. Essendo io Galantuomo con la G maiuscola acconsento magnanimamente pur sapendo che portarsi in montagna delle femmine (tutte e due fumatrici) non puo’ che portar rogne.

Ufficialmente la stagione delle scalate inizia il primo luglio e finisce il 31 agosto. In teoria si puo’ scalare il Fuji anche prima e dopo queste date ma i trasporti pubblici diventano molto meno frequenti e la maggior parte dei rifugi chiude cosa che rende il tutto molto piu’ disagevole. Di inverno diventa addirittura mortale per i piu’ sprovveduti ( http://www.Montefuji.It/scalare%20il%20fuji%20fuori%20stagione.Htm ). Ci sono 10 stazioni che inframezzano la via che porta in cima. Ovviamente si puo’ salire da diversi punti: nord, sud, est, ecc, essendoci piu’ percorsi tutto attorno ma comunque da qualunque parte decidiate di salire tutti i mezzi si fermano alle quinte stazioni e da li’ a piedi! Noi partiamo per il Giappone il 25 agosto che e’ mercoledi’, arriviamo il 26 che e’ giovedi’, sabato 28 dobbiamo partire alle 5 per la scalata! Non e’ davvero il massimo farlo cosi’, subito, senza acclimatarsi ma e’ l’ultimo week-end buono prima della chiusura ufficiale della stagione quindi…Pedalare! Kunio si offre generosamente di ospitare anche Andrea: e’ una persona molto cordiale e mi domando quanti italiani ha ospitato i tutti questi anni. Comunque gli chiedo: * – Kunio, vuoi che ti portiamo qualcosa dall’Italia? * – Mmmhhh, ho tanta voglia di un prosciutto… * – Vuoi DEL prosciutto crudo? * – Si, portami UN prosciutto! * – UN prosciutto??? Intero??? Va bene! ^_^’ L’impazienza per il viaggio agognato da almeno 8 anni, e finalmente arriva il giorno di partire. Prendiamo l’aereo da Venezia per Francoforte dove ci aspetta una comoda attesa di 9 ore per il nostro volo ci imbarchiamo sul volo dell’ANA (All Nippon Airways} dove si respira subito aria d’estremo oriente: hostess tutte carine cominciano subito a distribuire salviette calde per pulirsi le mani e snack e bibite esotiche: per farci subito riconoscere chiedo subito il bis per me e Andrea. Poi lui dorme per tutto il viaggio mentre io essendo troppo eccitato per il viaggio mi guardo per buona parte della notte film con Caterine Zeta Jones, Sean Connery e altri, rigorosamente in tedesco e/o giapponese.

Dopo una dozzina di ore di volo atterriamo finalmente sull’agognato suolo nipponico e qui subito una sorpresa: mentre stiamo uscendo dal tunnel che porta all’aeroporto veniamo circondati da donne vestite di caffettani in nero dalla testa ai piedi, velate con simil passamontagne e ometti baffuti arabo/persiani. Momento di panico: -Cavolo Andrea, siamo finiti a Teheran!!! Poi vediamo accanto al nostro aereo quello dell’AirIran e capiamo. Ci illudiamo di aver passato indenni tutta la trafila burocratica quando dopo il ritiro dei bagagli arriviamo dai doganieri giapponesi. Ora io non so se era perche’ eravamo circondati dai passeggeri iraniani ma quella volta controllavano tutti i bagagli di tutti i passeggeri (la seconda volta che sono entrato in Giappone per esempio non mi hanno controllato affatto anche se forse perche’ ho beccato un doganiere femmina che indubbiamente sara’ rimasta soggiogata dal mio aspetto schietto e vigoroso nonche’ dal mio fascino gagliardo e virile). Comunque con le fronti imperlate di sudore io e Andrea assistiamo ai controlli davanti a noi: agli iraniani vengono sequestrati panini avvolti nel cellophane, biscotti e dolci fatti in casa e tra il nostro sbigottimento perfino una mela (forse per proteggere le Biancaneve locali dai perfidi avvelenatori persiani). Arriva il nostro turno: * – Qualcosa da dichiarare? * – Ovviamente no.

* – Aprite le valigie! Mah…Che cos’e’ questo??? * – Un prosciutto di Norcia da 7 kili regalo per il vostro munifico compatriota nonche’ nostro generoso amico, l’on. Sig. Kunio.

* – Certificato Sanitario, Certificato d’Importazione e Certificato di Qualita’ emesso dalla Camera di Commercio competente per favore! * – Ehh??? * – Certificato Sanitario, Certificato d’Importazione e Certificato di Qualita’ emesso dalla Camera di Commercio competente per favore!! * – Beh veramente non gli abbiamo, sa e’ un regalo.

* – Del quale io e i miei colleghi della dogana vi siamo riconoscenti; Arigato’! * – Prego! (e spero che almeno quella mela sia avvelenata per davvero).

Kunio ci aspetta fuori dall’aeroporto per ricevere la notizia che il suo prosciutto ha fatto la felicita’ dei doganieri e per dirci che la seconda parte della nostra escursione: il ritorno in bici dal Fuji deve essere annullato perche’ siamo in 6 e lui ha trovato SOLO(?) 4 bici e poi trasportarne 6 sarebbe stato oggettivamente un problema. Al momento ne siamo spiaciuti, in realta’ non sapiamo che e’ un autentico regalo del cielo: ma non anticipiamo.

Comunque la felicita’ di essere finalmente arrivati nella terra promessa cancella subito queste iniziali delusioni! Siamo in Giappone!!! La sera dopo tutto il gruppo si riunisce nell’appartamento di Kunio (30 metri quadri scarsi) dove dobbiamo dormire in 6! Io sto sul letto singolo del padrone di casa da lui generosamente offertomi, gli altri 5 per terra sui futon: la stanza e’ praticamente un grande letto, non c’e’ un centimetro quadrato di pavimento libero. Con difficolta’ a causa del fuso orario tentiamo di dormire verso mezzanotte ma per il nostro corpo sono le 5 di pomeriggio e non e’ facile.

Alle 5 del mattino ovviamente la sveglia e’ una mazzata! Il babbo di Kunio ci aspetta fuori col suo furgone da lui riadattato come postazione da pesca: dietro c’e’ un vero e proprio letto: io essendo il primo ad entrare me ne impossesso immediatamente e per le 3 ore del viaggio dormo perdendomi cosi’ lo stupendo paesaggio delle autostrade giapponesi: beh non l’ho mai rimpianto! Arriviamo alla 5a. Stazione: siamo gia’ a quota 2305 m. E da qui dobbiamo arrivare in cima a quota 3776 m. La mia “ottima” guida Lonely Planet di Tokyo diceva a riguardo. Per salire sul Fuji e’ sufficiente essere in discreta forma fisica: 4/5 ore per salire, 2/3 per scendere, piu’ che un arrampicata e’ un escursione, c’e’ la fanno anche i vecchi di 70 anni (e’ considertao un dovere per ogni giapponese recarvisi in pellegrinaggio almeno una volta nella vita ma e’ un esperienza che solo l’1% della popolazione nipponica sperimenta, il rimanente 99% dimostrando grande saggezza non lo fa mai)! Addirittura consigliavano l’arrampicata notturna per arrivare all’alba e godersi il sorgere del sole: il momento piu’ scenografico ed emozionante.

Prima della scalata diamo un occhiata al negozio di souvenir vari dove vendono anche attrezzature che possono esser utili per la scalata tra i quali il famoso bastone del pellegrino.

Il bastone del pellegrino e’ un semplice bastone di legno come quelli che nei secoli scorsi utilizzavano i viaggiatori giapponesi, sia come strumento di difesa che come strumento d’appoggio sui percorsi piu’ impervi. I bastoni costano mille yen e vengono venduti corredati di bandierina giapponese (ma non solo) e campanellino spaventa orsi! E’ uno strumento economico e puo’ essere piuttosto utile ma nell’eventualita’ decideste di compralo provvedete a rimuovere la bandierina francamente ridicola ed il sonaglio: sul Fuji non esistono piu’ orsi da secoli in compenso il campanellino e’ cosi molesto che potrebbe seriamente irretire i vostri compagni di salita fino al punto di far loro usare il bastone sulla vostra testa. C’e’ da dire inoltre che ad ogni stazione/rifugio che raggiungete potete farvi apporre il loro personale ed esclusivo marchio sul bastone attestante che siete passati di li’. Ogni marchiatura costa 200 yen: se decidete di farvi apporre tutti i marchi a partire dalla 5a. Stazione arriverete a spendere 2400 yen. Ovviamente nessuno di noi ritiene necessario una quisquilia del genere e partiamo alla ventura.

Nello zaino personalmente ho messo una felpa, una t-shirt di ricambio, un paio di jeans e 2 bottiglie da 1.5 litri di Pocari Sweat, il Gatorade giapponese. Parto indossando le mie Reebok da tennis (rivelatesi indistruttibili), un paio di bermuda, una t-shirt a manica lunga (che in alto puo’ far freddo) e un capellino da baseball bianco per proteggersi dal sole (che in montagna picchia, si sa’).

Il percorso parte in piano, quasi senza pendenza. L’inizio sembra facile. Il vulcano e’ democratico: a partire dalla 5a. Stazione, tutti devono andare a piedi. Non ci sono teleferiche sul Fuji, essendo considerato tuttora un vulcano attivo anche se l’ultima eruzione risale agli inizi del 700′. Ci sono dei tizi che affittano degli asini per portare su i turisti ma questi non possono andare molto piu’ in alto visto che ci sono dei tratti non percorribili da quadrupedi. Questo comporta che tutti i beni commestibili che vengono venduti a partire da qui nelle successive stazioni/rifugi devono essere portati su a dorso di uomo, l’animale da somma piu’ costoso che esiste; di conseguenza piu’ si sale e piu’ i beni commestibili in vendita aumentano di prezzo, fino a raggiungere prezzi veramente elevati: mettetevi il cuore in pace il salasso e’ inevitabile (sopratutto riguardo alle bibite) a meno di volervi sovraccaricare come muli.

La partenza e’ easy, non presenta alcuna difficolta’: sono in ottima condizione fisica e inoltre Venezia e’ una citta’ che ti obbliga a camminare molto e sempre mantenendoti in buona forma; quando venite nella citta’ lagunare la prossima volta se ci fate caso sara’ facile per voi distinguere i locali dai turisti: i primi camminano a una velocita’ tripla rispetto ai secondi.

Comincio anche a fare lo smargiasso con Francesca e Marta che sono fumatrici: – Adesso vediamo quanta resistenza avete! Vedete di non farci perdere troppo tempo che sono sicuro presto sarete a corto di fiato e poi ci tocca aspettarvi. Pero’ gia’ dopo poco sono io che comincio ad avere il fiatone e non capisco perche’. La salita non e’ impervia e stiamo camminando tutto sommato ad un ritmo assolutamente sopportabile. Eppure faccio fatica a respirare e ho il fiatone come dopo una corsa. Gli altri invece vanno su senza difficolta’. Perfino Andrea (che non si puo’ certo definire uno sportivo) dopo aver raccolto un ramo nel bosco per usarlo a mo’ di bastone sale su con maggior facilita’ di me. Faccio sempre piu’ fatica a tenere il passo degli altri e rimango sempre piu’ indietro.

Capisco chiaramente che la difficolta’ deriva dall’altezza che per me che da sempre vivo al livello del mare e’ un problema doppio: semplicemente e’ come se ai polmoni non arrivasse abbastanza ossigeno con tutto quel che ne deriva. In realta’ senza saperlo sto soffrendo di “mal di montagna”. Come spiega Wikipedia il mal di montagna (AMS o acute mountain sickness per gli anglosassoni) è una condizione patologica causata dal mancato adattamento dell’organismo alle grandi altitudini. Generalmente si verifica al di sopra dei 2.500 metri slm. Si tratta di una condizione minacciosa che se non trattata può essere anche letale. Soggetti diversi hanno differente suscettibilità al mal di montagna. Per alcuni soggetti i sintomi iniziano a comparire al di sopra dei 1500 . La velocità di ascensione, l’altitudine raggiunta, l’entità dell’attività fisica ad alta quota e la suscettibilità individuale sono tutti fattori che contribuiscono all’incidenza e alla severità del mal di montagna. I primi sintomi del mal di montagna comprendono fiacchezza, malessere generico e debolezza, in particolare durante gli sforzi fisici. Sintomi più severi sono cefalea, insonnia, battito cardiaco costantemente accelerato, nausea e talvolta vomito, in particolare nei bambini. Sintomi estremi comprendono confusione, psicosi, allucinazioni, sintomi derivanti dall’edema polmonare (fluidi nei polmoni) quali tosse persistente, e infine raptus, coma e morte.

Arrivo alla sesta stazione che gli altri mi stanno aspettando. Kunio che vede quanto chiaramente sono in difficolta’ tira fuori dallo zaino una bomboletta di ossigeno: – Ma dai! Geniale! Me la porge dicendomi: Tienila tu! Provo a ciucciare um’po’ d’ossigeno puro ma francamente non mi sembra di trarne particolare giovamento. Ripartiamo. Rimango subito indietro. Il mio calvario personale si fa sempre piu’ pesante. Faccio scatti di 10 metri e poi mi devo fermare a riprendere fiato come avessi corso i 400 m. Scatto-riposo. Scatto-riposo. Scatto-riposo. E mentre rifiato mi guardo intorno per non cercare di autocommiserarmi troppo; effettivamente c’e una gran varieta’ di scalatori: giovani e meno giovani, uomini e donne, nani e ballerine e cosa importante: salgono tutti piu’ veloci e leggeri di me i maledetti.

Arrivo alla 7a. Stazione dove gli altri mi aspettano. Sono a dir poco stravolto. Kunio tira fuori la crema solare e me la passa: e’ proprio un tipo organizzato! Io che di solito non ne faccio uso essendo un fototipo che difficilmente si scotta per una volta sto zitto e mi impiastriccio la faccia con la lozione: oggi ho gia’ esaurito il mio bonus di gradassagine! Settima stazione: Francesca, Marta, Oresama, Kunio e Andrea Ripartiamo: ovviamente io sempre ultimo. Gli altri spariscono presto dalla mia visuale. Il percorso si fa particolarmente impervio: non si cammina ma ci si arrampica usando mani e piedi su dei gradoni particolarmente alti. Nonostante l’ossigeno che arriva a singhiozzo a cervello, polmoni e cuore mi ritrovo a pensare quanto stronzi sono quelli della Lonely Planet: * ‘nna passeggiata di salute! * ci salgono anche i 70enni! * fate la scalata di notte che cosi arrivate in cima all’alba per godervi la vista! * Ma siamo matti???? Arrampicarsi su sti gradoni al buio? Ma de cche’? * E la torcia con che la tengo se le mani mi servono per arrampicarmi? Col casco da minatore? E mentre faccio queste riflessioni all’improvviso da una zona d’ombra emergo in una zona di luce piena col sole proprio di fronte. In quel momento ho le pupille dilatate e i raggi solari mi accecano. Comincio a vedere lucine che mi lampeggiano davanti gli occhi e per di piu’ la vista mi si sfoca. E’ una cosa che mi e’ gia’ successa piu’ di una volta giocando a tennis e so gia’ che in quel caso l’unica cosa da fare e’ interrompere la partita e aspettare un oretta al buio che la vista mi torni a posto. Ma mica posso interrompere la scalata su questa specie di Golgota su cui mi ritrovo:- vabbe’ la famo finita qui, vinci tu, vado a casa. Purtroppo questa partita non si puo’ interrompere e quindi continuo ad arrampicarmi. In queste condizioni sono VERAMENTE in difficolta: e’ uno dei momenti piu’ difficili ed infelici della mia vita. Arrampicandomi ad un cero punto perdo um’po’ l’equilibrio e barcollo. Un giovane giapponese che sta scendendo mi vede in effettiva difficolta’ e mi aiuta a ritrovare l’equlibrio dicendomi poi: – Take it easy! Capisco che ha ragione; lo ringrazio, mi sposto um’po’ a lato, mi siedo, chiudo gli occhi e comincio ad aspettare che la vista mi torni alla normalita’.

E’ un momento molto difficile: in vita mia non mi e’ mai capitato un momento di tale impotenza fisica. Non ci sono abituato. Dalla rabbia mi vengono le lacrime agli occhi. Ma chi me l’ha fatto fare? E pensare che l’ho organizzata io ‘sta escursione. E poi quegli stronzoni di compagni di arrampicata che non mi aspettano, si fa mica cosi’! Ma la rabbia e’ sopratutto verso la Montagna. Il maledetto Fuji che mi respinge. Ma io non gli e’ la do vinta! Mi spezzo ma non mi piego! La rabbia aumenta la mia voglia di proseguire. Stranamente non mi sfiora mai l’idea di finirla li’ e scendere.

Dopo un oretta la mia vista si normalizza e riprendo la salita. Arrivo alla stazione seguente dove gli altri mi stanno aspettando. Kunio mi dice: * Ora dobbiamo iniziare a scendere. Ormai sono le quattro di pomeriggio e non c’e’ la faremo mai ad arrivare in cima e poi a scendere prima che faccia buio. Andrea ha gia’ iniziato la discesa! * Andrea e’ gia’ sceso? Ma non l’ho mica visto! * Ha preso la strada qui a destra che e’ piu’ adatta alla discesa, per quello non ‘hai visto.

* Ma che siete matti, io voglio salire fino in cima. Siamo a 3/5 della salita e sono quasi schiattato dalla fatica per arrivare qui. Questa e’ un esperienza che non rifaccio neanche per tutto l’oro del mondo. Sono arrivato fin qui e non esiste che rinuncio proprio adesso! E’ ora o mai piu’.

* Ma Andrea e’ gia’ andato e il tempo non ci basta.

* Embe’ in cima ci sono i rifugi e possiamo dormire su stanotte. Domani mattina vediamo sta cavoloo d’alba tanto decantata e poi scendiamo! * Ma Andrea mica possiamo lasciarlo solo! * E allora andate che io vado su da solo, torno domani! * Tu? Ma se sei l’unico di noi che non parla giapponese? * Embe’? Tranquilli che mi arrangio. So dire “quanto costa”, “grazie”, “prego” e Tokyo. Di piu’ non mi serve, vedrete che mi arrangio. Io vado, ciao! * Ma Andrea… * Salutamelo tanto.

E senza ulteriori discussioni prima che mi convincano veramente riprendo a salire. Capisco che sopratutto per Kunio quello e’ stato un momento difficile: sentendosi probabilmente responsabile per noi e’ stato preso in mezzo in una situazione dove deve lasciare solo uno dei suoi due ospiti. Se leggi questo articolo caro Kunio ti chiedo scusa per averti messo in quella situazione difficile ma ci sono dei momenti in cui per arrivare ad un obbiettivo bisogna fare delle scelte difficili. Avevo preso la risoluzione di arrivare in cima anche a costo di separarmi dal gruppo (comunque in una salita del genere si e’ soli con se stessi: solo guardando dentro se stessi si puo’ trovare la forza per sopportare dolore e fatica e le motivazioni per proseguire). Inoltre ero tranquillo per Andrea: aveva soldi a iosa e parlava benissimo giapponese: non avevo alcun dubbio che si sarebbe arrangiato senza grosse difficolta’.

Dopo pochi minuti con mia grande sorpresa il resto del gruppo mi raggiunge. Mentre io e Kunio discutevamo le ragazze erano rimaste in silenzio e non erano intervenute ma a quanto sembra anche loro non erano affatto contente di interrompere l’impresa e una volta che me ne ero andato avevano discusso um’po’ per poi prendere la decisione di proseguire e tanto peggio per Andrea che aveva pavidamente desistito.

Ovviamente il gruppo mi raggiunge e mi sorpassa per poi sparire la su’ in alto quasi subito. Ma come fanno con tutte le sigarette che si fumano le maledette? Che invidia! Il gruppo non si fermera’ piu’ ad aspettarmi e lo rivedro’ solo in cima. Di nuovo solo. E’ da quando siamo partiti che ho il cuore che batte almeno il doppio del normale ed ovviamente mi fa male ma ormai sono oltre la soglia del dolore: fa male ma non ci faccio caso. Guardo dentro me stesso e cerco le motivazioni per proseguire: immagino sia cosi’ che fanno i maratoneti. Proseguo col mio ritmo a scatti; 10 metri e poi fermo e rantolante col fiatone, 10 metri e di nuovo riposo. Vedo che un gruppo di americani che erano partiti um’po’ dopo di noi e che mi avevano sorpassato: stanno scendendo, evidentemente hanno rinunciato! Evvai che sei meglio di loro! Non e’ che godo del fallimento altrui ma proseguire quando gli altri rinunciano ti da’ una una sorta di superiorita’ morale e in momenti cosi’ duri e’ un iniezione di fiducia che serve ed aiuta veramente. Cerco di darmi degli obbiettivi per proseguire: mi volto e vedo un vecchietto col suo bastone che imperterito viene su piano ma costante. *Ah! ah! Vecchio, non mi prenderai mai! Poi pian piano il vecchietto mi raggiunge. *Buono Vecchio! A cuccia! Non mi sorpasserai mai! Poi il vecchietto mi sorpassa. *Maledetto Vecchiaccio adesso ti riprendo! e quello pian piano sparisce in alto mentre io son fermo a rantolare come un asino asfittico. Allora mi volto e vedo un altro vecchietto che viene su imperterrito: *ma come fanno? *Bene bene, il tuo compare mi ha sorpassato ma tu non ci riuscirai mai! E dopo um’po’ quello mi raggiunge: *Col cavolo che mi passi e quello mi sorpassa: *Adesso ti riacchiappo! e dopo um’po’ e’ praticamente fuori vista. Allora mi volto e ne vedo un altro… *Ma quanti sono??? E ricomincio con la mia gara con l’ospizio che invariabilmente mi vedra’ sconfitto. Ma nonostante tutto di vecchio in vecchio salgo anche io. Ad un certo punto verso la cima una folata di vento mi porta via il mio cappellino bianco e lo depone una decina di metri fuori dal sentiero. Ovviamente mi guardo bene dal tentare di recuperarlo: non sono cosi’ fesso. Metto anche questo sul conto del vulcano maledetto e proseguo. Ormai vedo il “tori” che segna l’arrivo. E’ quasi il tramonto e fa freschetto (siamo a a 3700 m.), mi siedo sulla scalinata una decina di metri prima della cima e mi godo il panorama: bello! Valeva la pena di fare tutta sta fatica per questa vista direbbe qualche str… A me viene solo da dire Ma Vaffanc…!!! Arrivo finalmente in cima: c’e’ un grosso spiazzo con qualche baraccone di legno abbastanza squallido a mio parere, 10 metri piu’ in su” c’e’ il bordo del cono del vulcano: dicono che per farne il giro ci vuole un oretta. Guardo l’ora: ci ho messo 9 ore e 45 minuti per arrivare in cima: gli altri sono arrivati un ora e mezza prima. Entro nella nostra locanda e ceno insieme agli altri: per una cifra da rapina ci servono una di quelle merdose zuppe di spaghetti dove per prepararla basta versarci sopra um’po’ di acqua bollente ed aspettare un paio di minuti ma sono troppo stanco per lamentarmene e non ho comunque appetito anche se non mangio da ieri (in tutto il giorno ho bevuto appena mezza bottiglia di Pocari Sweat).

Siamo stanchi e decidiamo di andare a dormire subito, cosi’ domani ci si alza in tempo per vedere l’alba! Al prezzo di un stanza in un hotel economico ci vene assicurato il seguente alloggio: immaginate un letto a castello in legno; solo che questo letto a castello e’ largo 30 metri, ci si butta un materasso accanto l’altro: si riceve un lenzuolo da buttare sul materasso, un cuscino e una coperta per coprirsi (la notte fa un freddo cane). Benissimo, d’altro canto non si possono pretendere certe frivole comodita’ visto dove ci troviamo ma la cosa peggiore e’ che tra le latrine e questo simpatico dormitorio c’e’ una semplice lastra di compensato dello spessore di mezzo centimetro a mo’ di muro. Tu te ne stai disteso nella tua branda, una va a fare un bisognino e a te arrivano subito delle olezzanti zaffate di piscio; se poi qualcuno va a fare un bisognone… Sono comunque troppo stanco per lamentarmene; chissa’ se domani riusciremo ad alzarci in tempo per l’alba? Purtroppo e’ un problema che non sussiste: mi sveglio verso mezzanotte perche’ lo str… Che dorme accanto a me e’ l’unico nella camerata che russa (e mica poco!). Appena sveglio poi sento che mi fanno male i dorsi delle mani e le ginocchia e non capisco perche’. Il semplice peso della coperta sulle ginocchia mi risulta piuttosto doloroso. Tra il dolore e il russare a sprazzi del mio compagno d’alcova non riesco a chiudere occhio per tutta la notte mentre il resto del gruppo dorme senza problemi (l’unico che si aggita um’po’ e’ Kunio): probabilmente sono troppo stanchi per svegliarsi. Insomma dopo una giornata veramente di merda una nottata altrettanto degna. Ne approfitto per inventare nuovi insulti ed imprecazioni all’indirizzo del Fuji-san.

Prima dell’alba cominciano a trillare svegline varie e volenti e nolenti si viene svegliati: nessuno vuol perdersi lo spettacolo dell’alba. Mi alzo e con le luci accese posso finalmente controllare il perche’ di questi dolori che non mi hanno fatto dormire: mi sono scottato! Grazie alla previdenza di Kunio mi ero messo la protezione solare sul viso ma evidentemente il sole a quelle altezze ha una potenza inusitata e cosi’ mi sono scottato i dorsi delle mani e le ginocchia (per fortuna avevo una t-shirt a maniche lunghe addosso, peccato non mi sia messo i calzoni lunghi e i guanti!). Sono le 5 e qualcosa del mattino e la temperatura e’ sottozero. Mi metto i jeans lunghi che avevo in zaino ma comunque mi sento abbastanza male: la stanchezza, le difficolta’ respiratorie, il dolore e la mancanza di sonno si fanno sentire tutte insieme. Anche Kunio che sembrava star bene ieri ora sta male, problemi di stomaco e chissa’ che altro: evidentemente questi sforzi estremi per cittadini sedentari come noi, richiedono un pesante dazio. Le ragazze invece sono belle vispe: *Allora ci muoviamo? Andiamo? Forza che tra poco sorge l’alba!!! Nel rifugio fa freddo ma fuori fa ancora piu’ freddo! Realizzo che di vedere l’alba “nun me ne po’ frega’ de meno” e decido che mi posso accontentare della vista che si gode dal rifugio. Kunio compagno di dolore rimane con me. Dopo il sorgere del sole le ragazze tornano dentro per convincerci ad uscire per fare il giro del cono, che tanto e’ roba di un oretta. Realizzo che di fare il giro del cono “nun me ne po’ frega’ de meno!” Nasce anzi dentro di me un motto di astiosa ribellione: *Brutta montagna di merda, ti ho dimostrato che non puoi piegarmi o vincermi, sono arrivato fin qua su’ a dispetto di tutto, ora basterebbero altri 10 metri per salire sul tuo cono ma sappi che e’ talmente tanto il disprezzo che mi ispiri che non meriti neanche questo mio piccolo sforzo! E pensato cio’ con sdegno rifiuto quest’ultima malsana escursione e rimango col Kunio a godermi il tepore (e’ un eufemismo) del rifugio. Le ragazze partono ma dopo un quarto d’ora scarso son gia’ di ritorno (anche loro non hanno poi tutta sta voglia di circumnavigare il vulcano).

Iniziamo la discesa.

Fa freddo ma c’e’ sole e il cielo e’ terso, pian piano ci si riscalda. La mia autonomia di fiato non e’ aumentata rispetto al giorno precedente quindi procedo come sempre a scatti di alcuni secondi e poi fermata col fiatone. La novita’ e’ che questa volta sono io che precedo il gruppo. La discesa e’ piuttosto ripida, il gruppo si muove ad un ritmo tranquillo mentre io coi miei poderosi scatti scendo giu’ rapidissimo e recupero il fiato piu’ rapidamente (in discesa si sa’ la fatica la fanno le gambe mentre in salita il e’ fiato). E’ una piacevole novita’ purtroppo rovinata dal fatto che il freddo mi ha costretto ad indossare i calzoni lunghi che si sfregano sulle mie povere ginocchia e le scottature mi fanno un male boia! La discesa e’ iniziata da poco quando appena fuori dal sentiero vedo un cappellino bianco perso da qualcuno come e’ successo a me ieri. La montagna prende e la montagna da’, penso soddisfatto. Lo prendo, gli do una spolverata e lo indosso; che il sole picchia, prendere una scottatura e’ facile (ahime’) e non e’ il caso di fare gli schizzinosi. Il berretto deve essere di un americano vista la scritta “Dermoth College” e porta un risultato inaspettato: ogni volta che incontro degli americani questi evidentemente vedono il mio cappello e mi salutano con un “Hi!” e cosi’ e’ tutto un saluto tra me e loro, cosa che mi diverte e che mi porta buon umore (merce preziosa nei momenti difficili).

Ovviamente il destino cinico e baro e’ sempre in agguato: come gia’ detto coi miei scatti in avanti precedo sempre di un tot il gruppo dei miei; ad un certo punto sento che urlano: Ivan, Ivan, dove vaaaii? Guarda che hai sbagliato strada (Cojon! e’ sottinteso, non lo hanno detto ma di sicuro l’hanno pensato). Come avevo premesso all’inizio non c’e’ una sola strada per scalare il Fuji ed ovviamente mentre in salita la cosa non conta, in discesa i sentieri si biforcano man mano che si scende. Ora quello che e’ successo che io scendendo ho seguito un gruppo di persone che ha preso la biforcazione sbagliata. Guardo in su, mi ci vorrebbe un ora buona per salire dove’ e’ adesso il gruppo! *Ragazzi venite voi da questa parte che io non c’e’ la faccio a salire fin lassu’ grido. *Col cavolo! e’ la loro calorosa risposta (che amici!). *Vabbe’. Allora continuo per di qua e cerco di ricongiungermi a voi piu’ in giu’! gli grido. Ovviamente se due strade si biforcano ci deve essere una buona motivazione : infatti piu’ cerco di andare a sinistra per tornare coi miei e piu’ la strada mi porta a destra. Piu’ scendo e piu’ i sentieri si fanno meno frequentati! Inoltre non so perche’ mi ha assalito una sete infernale. Il giorno precedente ho bevuto appena mezzo dei due bottiglioni di Pocari Sweat che avevo nello zaino, oggi invece in poco piu’ di un ora ho gia’ fatto fuori il bottiglione e mezzo che mi rimaneva e a quel punto comincio a fermarmi a tutti i chioschetti/rifuggi che incontro per comprarmi da bere (tutti vendono solo lattine e bottigliette, mica onesti bottiglioni da un litro e mezzo e a dei prezzacci infami (devo aver speso piu’ di 30 euro in bibite solo durante la discesa). Ad un certo punto arrivo ad un vicolo cieco! Il sentiero si interrompe vicino ad un baracchino di legno che vende bibite ed io mi ritrovo veramente nella merda: *E moh dove vado? A chi chiedo informazione/aiuto che questi cannibali qui non parlano una parola di lingua cristiana? Mi compro l’ennesima bibita e mentre la sorseggio davanti all’esoso pagano che ignora qualsiasi lingua che non sia la sua, arrivano tre baldi giovani locali, si fermano alla fine del sentiero, si guardano negli occhi in un silenzioso assenso e poi come dei kamikaze si lanciano di corsa giu’ per il canalone di ghiaia ai piedi dl sentiero che avra’ perlomeno una pendenza di 75 gradi e che non avevo minimamente considerato come via percorribile. I tre andando di corsa grazie alla forza centripeta evidentemente riescono a mantenersi in equilibrio e se c’e’ la fanno loro posso farlo anche io. Intanto i tre sono gia scomparsi nella nuvola sottostante essendo scesi a velocita’ fotonica. Arriva un altro tizio che imita i tre che lo hanno preceduto gettandosi anche lui di corsa per il canalone della morte e a questo punto mi convinco che e’ l’unica via per proseguire.

Mi allaccio ben stretto lo zaino e mi lancio anche io di corsa sull’insidioso ghiaione. C’e’ un solo problema: finche’ corri, riesci a “galleggiare” sulla ghiaia ma io dopo 20 secondi di corsa ho i polmoni che stanno scoppiando e la fine di “sto canalone non si vede anzi scompare nelle nuvole di sotto, l’unica mia consolazione e’ che se alla fine il tutto finisce in un burrone saro’ in compagnia degli imbecilli che mi hanno preceduto. Non c’e’ la faccio piu’ a correre e allora mi blocco affondando i talloni con forza nella ghiaia ma invece di fermarmi comincio a scivolare verso il fondo assieme ad una piccola slavina di sassolini. *Diavolo ma e’ um’po’ come sciare mi dico e continuo ad andare giu’ in scivolata controllata, quasi a spazza neve ringraziando la robustezza delle mie Reebok e quella unica settimana bianca fatta in prima superiore che mi ha insegnato i principi dello sci. Scio sulla ghiaia per una decina di minuti scendendo ad una velocita’ considerevole ed alla fine della pendenza c’e’ un tratto in piano di 3/400 metri che porta fino ad un localino che ha un considerevole numero di tavolini e sedie fuori e subito dopo inizia il bosco (segno che sono sceso di parecchio e che probabilmente l’agognata 5a. Stazione non e’ lontanissima). C’e’ un solo piccolissimo problema: appena finita la pendenza e la scivolata, con baldanza cerco di fare il primo passo in piano e sorpresa! Le gambe non rispondono piu’! Mi sono fregato le gambe nella discesa. Sento che i muscoli sopra le ginocchia e i polpacci sono come di legno, tributo pagato evidentemente alla scivolata infinita appena compiuta. Fatto sta che (credeteci o no, non sto esagerando) ci metto 20 minuti per fare i 3/400 metri in piano che mi separano dai tavolini del bar. Una volta arrivato mi siedo e sorseggio una bibita mentre cerco di recuperare le forze. Una volta ripresomi um’po’, col passo arzillo di un novantenne a cui hanno appena fatto un clistere riprendo il cammino, entro nel bosco ed al riparo da sguardi indiscreti mi cambio i calzoni lunghi con quelli corti per alleviare almeno il dolore delle mie scottature sulle ginocchia. Riprendo il (lento) cammino nel bosco tutt’altro che tranquillo visto che devo aver imbroccato proprio uno dei percorsi meno battuti e vi assicuro che ritrovarsi cosi’ soli in uno dei paesi piu’ sovra popolati del mondo non e’ affatto una sensazione rassicurante. Dopo um’po’ che non incontro nessuno mi imbatto finalmente in una simpatica copia padre-figlio che stanno evidentemente facendo un escursione domenicale. Mi faccio coraggio e provo a chiederli * Excuse me do you know where is the bus station? * Ehh?? Nani? * The bus station!! * ??? * BUS!!! mimando un volante prima e poi cercando di mimare un passeggero che sale sul bus e si aggrappa alla maniglia per mantenere l’equilibrio.

* Aahh! Basu! Basu! fa il bambino illuminandosi.

* Ma vaffan… Ci mettiamo a sottilizzare sulla pronuncia… Comunque ci siamo capiti. A quel punto entra in azione la leggendaria cortesia giapponese. La simpatica copia non si accontenta di indicarmi la retta via ma decide di accompagnarmi alla mia meta. Mi fanno cenno con la mano e poi scattano come dei quattrocentometristi; peccato che le mie gambe sono in sciopero da un pezzo. *Merda, se questi mi lasciano qui per me e’ finita! Non voglio essere seppellito su questo maledetto vulcano! E cosi’ ignorando gli insulti che mi lanciano le gambe scatto anche io tanto si sa’ che il leit motiv di questa maledetta escursione e’ “oltre la soglia del dolore”. I polmoni sbuffano come mantici sfondati, le articolazioni scricchiolano come una casa stregata i muscoli a partire dalle cosce in giu’ bestemmiano come montanari friulani eppure non mollo le mie guide. Ad un certo punto entriamo nel letto asciutto di un torrente, piu’ stretto di un sentiero normale e molto piu’ insidioso visto l’irregolarita’ del suo fondo. Infatti poco dopo cercando di saltare una radice le gambe mi tradiscono e inciampo nell’infida estremita’ facendo una capriola di 360 gradi e ritrovandomi seduto. Le mie benevoli guide si fermano e segue la seguente conversazione in giapponese-inglese-mimica: * Riposati un attimo. Vai piano che si vede che sei stanco.

* Ma veramente siete voi che correte. Non voglio morire qui da solo! * Baka gaijin! Veramente pensavamo fossi tu quello che aveva fretta.

* Io?? No davvero, a malapena cammino figuriamoci correre.

* Povero gaijin. Sei un barbaro Americano? * No sono un civilizzato europeo: Italiano. Quando gli americani vivevano ancora sugli alberi noi si era gia’ finocchi! * ??? Italiano? Mio figlio gioca a calcio. Io sono allenatore di calcio. Penso il vostro CT sia un imbecille. Ma si puo’ far giocare la squadra in quella maniera? * ???? Anche qui? No! Basta! Pieta’! Riprendiamo il cammino ad un ritmo piu’ consono all’eta’ che mi sento e dopo poco sbuchiamo finalmente tra la civilta’: distributori automatici di bibite qualche negozio di souvenir, macchinette per fare foto sceme e telefono pubblico; si questo e’ il vero Giappone moderno. Credo sia una delle altre Quinte stazioni che circondano il Fuji se non addirittura una quarta visto quanto sono sceso. Al mio cervello evidentemente arriva ancora un barlume di ossigeno visto che ringraziando sentitamente i miei due salvatori ho avuto la presenza di far loro una foto: ogni volta che rivedo la loro immagine mi si illumina il cuore. Per me sono l’immagine stessa della benevolenza. Purtroppo a causa della stanchezza non ho avuto la presenza di spirito di chiedere loro l’indirizzo per poter scrivere una lettera di ringraziamento ed inviarli un regalo e sara’ un rimpianto che mi portero’ sempre dietro.

Salutati i miei salvatori compro una scheda telefonica (ahime’ con l’odiata effige del malefico vulcano) e provo a chiamare Kunio sul cellulare per sentire dove sono. Per fortuna il cellulare prende. Mi rispondono dicendomi che loro non sono ancora arrivati nemmeno a meta’ percorso, io devo aver imbroccato il percorso piu’ veloce (due ore e mezzo da quando sono partito in cima) a causa del canalone della morte ed inoltre Kunio mi dice di stare male di stomaco (e’ uno dei sintomi del mal di montagna) e che quindi vanno piuttosto lenti. *Raggiungi la stazione piu’ vicina e prendi il treno per Tokyo, quando arrivi a casa mia suona all’appartamento vicino che mia madre ha le chiavi di casa mia e ti apre lei mi dice. Per fortuna nel negozio di souvenir c’e’ un giovanotto che parla inglese e mi indirizza all’autobus che mi portera’ alla stazione. Nel bus piuttosto vecchiotto) ci sono io ed un paio di indigene che scendono alle prime fermate. Il sistema e’ interessante: si esce dalla porta vicino all’autista; vicino a questi c’e’ una macchinetta tipo imbuto che ti dice quanti soldi devi pagare (piu’ tardi scendi, piu’ paghi): butti le monetine nell’imbuto e la macchina li conta e se serve da il resto; molto piu’ facile e veloce che contare i soldi e darli all’autista. Aggiungo che il terrore dei giapponesi verso le lingue straniere e’ sacro: gli autisti d’autobus piuttosto che imbarcarsi in una conversazione in inglese con voi preferiscono lasciarvi scendere senza pagare, l’autista infatti mi fa cenno che posso scendere e va bene cosi’ (mi e’ successo anche un paio di volte a Kyoto) ma io fiero portoghese in patria all’estero rifuggo certi escamotage e verso il mio obolo nell’imbuto.

Entro nella piccola stazione e vado alla biglietteria dove ci sono due impiegati: uno giovane e uno anziano. Appena pronuncio la terribile frase “Ecschius mi, du yu spik inglish?” i due vanno nel panico piu’ totale: il piu’ vecchio (privileggio dell’anzianita’) letteralmente si nasconde sotto il bancone facendo finta di cercare qualcosa e lascia il giovane nella merda da solo; questi inizia a fare inchini e Sumimasen. Cerco di abbreviare la sua agonia dicendo solo *Tokyo! TOKYO! Quello si illumina e mi fa il biglietto e poi mi riempie di dépliant in inglese, tanto per essere sicuri che non avanzi strane domande. Salgo sul mio treno (due carrozze appena e dentro sembra una metropolitana con pochi sedili addossati alle pareti ed il privilegio di farsi buona parte del viaggio in piedi alla faccia della stanchezza) ed in un oretta e mezzo arrivo a Tokyo. Il resto del gruppo arrivera’ piu’ di tre ore dopo.

Risultato di questa bella escursione: io sono K.O anche per tutto il giorno seguente. Anche le ragazze rimangono K.O. Per un paio di giorni. Kunio e’ K.O. Per 4/5 giorni. Andrea invece che aveva passato la notte in un lussuoso stabilimento termale e’ in forma smagliante e la mattina dopo era in giro a fare shopping (alla fine si e’ dimostrato il piu’ furbo, fessi tutti noi altri). Dopo qualche giorno le ragazze hanno iniziato a spellarsi da per tutto a causa dei raggi solari presi. Io mi ero protetto il viso con la crema e per quello mi si e’ spellato solo il collo e i LOBI DELLE ORECCHIE (neanche immaginavo fosse possibile).

Spero questo mio racconto possa essere da monito per gli sventati che avessero intenzione di scalare il vulcano maledetto. Se dopo aver letto tutto cio’ voleste con cieca caparbieta’ persistere nella vostra malsana idea, gli unici consigli che mi sento di darvi sono: 1. Scegliete di fare la scalata notturna, eviterete le scottature e potrete arrivare su in tempo per godervi il MERAVIGLIOSO spettacolo del sole che sorge; 2. Iniziare a fumare potrebbe esservi d’aiuto per meglio prepararvi ai disagi della scalata che sono comunque minimi; non per nulla e’ pieno di vecchietti 70enni messi li’ apposta dall’ufficio del turismo giapponese per fare a gara con voi (non prendetevela quando vi sorpassano, sono professionisti e scalano il Fuji 2 volte al giorno); 3. Cercate di procurarvi delle bici cosi’ una volta scesi tornate a Tokyo (o meglio ancora ad Osaka) facendo una bella scampagnata, tanto e’ tutta in discesa; 4. Non dimenticate la vostra guida Lonely Planet: strumento indispensabile per momenti indimenticabili; Comunque se qualcuno avesse qualche quesito da pormi mi puo’ contattare sul mio blog (http://ivanmrankov.Wordpress.Com/), cerchero’ di rispondere quanto prima Ivan



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche