Colombia zaino in spalla! 2

Volo aereo prenotato e poi a braccio...
Scritto da: Marzani
colombia zaino in spalla! 2
Partenza il: 06/02/2010
Ritorno il: 01/03/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Colombia zaino in spalla….le mie!!! Vorrei iniziare il diario facendo prima un quadro d’insieme del contesto nel quale il viaggio si è svolto, cercando poi di dare quelle informazioni pratiche che possano rendere più agevole l’organizzazione ed il soggiorno nel paese dei Buendia, per poi continuare con la descrizione copia-incolla degli spostamenti, dei posti che abbiamo visitato, e delle emozioni che abbiamo provato. Parlare della Colombia e prescindere dalla coca è difficile, lo so, posso sembrare stereotipato, superficiale ed ingenuo, un po’ come dire Italia–mafia, Stati Uniti-cow-boy, Berghem de sura e Berghem de sota, accostamenti che sicuramente non rendono giustizia ad un popolo ed alla sua nazione, ma se lo faccio è perchè quando leggi di politica in Colombia, il narcotraffico è sempre presente. Leggi delle FARC, i rivoluzionari di sinistra, che si finanziano mettendo il pizzo sulla produzione, leggi delle UAC paramilitari di destra che con i proventi del narcotraffico finanziano i politici conservatori, naturalmente chi ne soffre delle conseguenze sono i colombiani, direi quel 99,93 per cento della popolazione che con il narcotraffico non ha niente a che vedere. Anche gli Stati Uniti in era Bush padre sono entrati a piè pari nella politica colombiana finanziando l’esercito con armamenti ed elicotteri da guerra ma, in soldoni, il giro d’affari ddella cocaina non è diminuito ma aumentato proporzionalmente all’aumentare della domanda internazionale. L’idea che mi sono fatto è che la guerra reale e politica tra le varie fazioni è fine a se stessa ed autoreverenziale, in parole povere fa comodo un po’ a tutti ed è meglio non finirla. Ma come sempre è il soggetto debole a patirne le conseguenze, i “desplazados”, i ” campesinos cocaleros” e quella fascia più debole che riesce appena a sfamarsi con le briciole di questo enorme giro d’affari. Fumigazioni ed eradicamenti delle piantagioni non hanno certo risolto e neanche attenuato il problema, anzi si sono aggiunti notevoli danni ambientali dovuti a queste pratiche. L’unica via probabilmente percorribile è quella di aiutare i contadini finanziando piantagioni alternative alla coca e naturalmente agevolarne il commercio fino a che il sistema non si autoalimenti, ma non sembra la strada percorsa. Per dare un’idea delle cifre in gioco e degli enormi guadagni dei narcotrafficanti internazionali basta dire che la cocaina al dettaglio in Colombia costa 2 euro al grammo, in europa 80/90 euro. Quando si parla di narcotrafficanti non si intendono naturalmente i coltivatori di piante di coca ma di gente in giacca e cravatta che abita in lussuose ville a Miami o nella lontana Europa. Questi concetti sono ben illustrati da un servizio delle “Iene” rintracciabile in tre video su “youtube” a questo indirizzo http://www.youtube.com/watch?v=LWCEZEg1BWQ&feature=related . La presenza di indios in Colombia è molto alta rispetto agli altri paesi latinoamericani (eccetto Peru,Ecuador e Bolivia) ed il rapporto con il governo è definito buono da alcune persone con le quali abbiamo parlato. Il governo lascia una certa autodeterminazione politica ed economica rispettando gli usi e i costumi dei popoli precolombiani ma come la storia ha già molte volte illustrato dipende molto dagli interessi in gioco. La disponibilità di petrolio è limitata (moltissimi giacimenti sono invece presenti in Venezuela) e l’economia è prettamente agricola, canna da zucchero, frutta in generale e sopratutto caffè. Poco sviluppata l’industria turistica, abbiamo trovato difficoltà nel reperire informazioni certe, ma comunque tutte le destinazioni sono raggiungibili in modo autonomo. Consigliamo dollari, in nessuna banca colombiana siamo riusciti a cambiare Euro, i soli posti sono state le Case di Cambio con onerose commissioni. L’Euro viene cambiato a 2500 pesos, il dollaro in banca a 1920, e con l’Euro a 1,4 sul dollaro è evidente la tassa pagata. Ritirare soldi all’ATM è naturalmente più vantaggioso con carte di debito (Cirrus, Maestro, Bancomat) anzichè di credito, si è gravati da meno commissioni e si ritirano un 3\4 % di pesos in più, accertarsi prima della partenza se la carta di debito supporta i ritiri internazionali e per quali cifre. Gli spostamenti in autobus sono mediamente un po’ più cari che in altri paesi latinoamericani ma naturalmente è il mezzo più usato e capillare pe muoversi. Interessante è l’aereo per i soli spostamenti interni, poco costoso se prenotato per tempo. La maggior compagnia che effettua voli economici interni è l’Aires http://www.aires.aero/Home/ , un volo Cartagena – Amazzonia e Amazzonia – Medellin l’abbiamo pagato 83 euro a testa, un volo Cali – Cucuta 45, in autobus si sarebbero risparmiati pochi euro ma al costo di molte più ore di viaggio. Gli alloggi e i pasti sono economici, una camera per due persone costa mediamente dai 15 ai 25 dollari, si può trovare a meno e naturalmente anche ad un prezzo maggiore, i pasti se sono menu “ejecutivo” o “comida corriente”, cioè a menu fisso, costano intorno ai 3\4 dollari, poco di più per menu alla carta. Il menu “ejecutivo” solitamente è un pasto abbondante, consta di una zuppa con carne, ed un piatto unico con carne o pollo, platano riso ed un’insalata mista o una fagiolata. Chiedere sempre il prezzo prima di acquistare, allo straniero solitamente viene caricato un 20/25 % in più, sopratutto su taxi e autobus senza biglietteria, per quanto riguarda i pasti e gli alloggi i prezzi ci sono sembrati piuttosto in linea a quelli praticati ai colombiani. Ciò che più ha colpito me ed Eliana è stata la gentilezza di questa gente difficilmente paragonabile ad altri popoli incontarti nei viaggi precedenti. L’alta stagione in Colombia va da dicembre a gennaio e comprende la settimana santa, periodo di vacanza e visita parenti dei colombiani, in questi periodi i prezzi sono mediamente più alti di un 20/30 per cento. Il viaggio si è svolto tra il 06 e il 28 febbraio 2010, io sono Massimo e vengo da Cremona e la mia compagna nonchè fidanzata è Eliana e viene da Assisi, il costo totale per le due persone è stato di 1455 € a persona tutto compreso, e sono stati così divisi:Volo Alitalia a/r Roma/Caracas 418 € a personaAssicurazione All Inclusive 24 € a personaRegali 40 € a personaVoli interni 128 € a persona2 tassa di uscita dal Venezuela 34 € a persona, il resto dei costi gli elencherò durante il racconto.

Piccolo dizionario

Agua de panela: è il succo che esce dalla spremitura della canna da zucchero, la panela è il succo condensato, una sorta di panetto marrone molto dolce, lo zucchero di canna grezzo, la panela la si trova in tutti i supermercati, si beve sia calda che fredda, viene sciolta in acqua e aggiunti aromi come la cannella ed il basilico, particolare. Ne ho portata a casa 2 chili, chi la volesse assaggiare passi da Cremona e mi chiami.Succo di Copoazu: Buonissimo, è il succo ricavato da un frutto indigeno dell’Amazzonia, dall’esterno assomiglia ad un grande kiwi ma l’interno è molto simile alla cabosside del cacao, frutto del quale sono vicini parenti, una volta aperto si presenta pieno di grossi semi avvolti in una gelatina lattiginosa dolce e profumata, la gelatina viene tolta, spezzettata e posta in acqua, il succo è da provare.. Ma dovrete andare in Amazzonia, non si trova in altri posti.Casabe: è una sorta di piccola piadina fatta con l’amido di yucca, che in Brasile chiamano manioca, e cotta in padella, salata accompagna tutte le pietanze, viene usata a mò di pane.Arepa: Tortina di mais, assomiglia molto alla tigella bolognese, saltata alla piastra, accompagna il pasto come il pane.Guayaba e Guanabana: vorrei precisare la differenza perchè Eliana pensava ad un frutto e regolarmente ordinava l’altro, è stato così per circa 18 giorni, desideravo un succo di Guayaba e mi pippavo il frullato di Guanabana.. E viceversa, se pensate di avere gli stessi problemi con la vostra compagna stampate il diario e metteteglielo nella borsetta, mi ringrazierete. La Guayaba assomiglia in forma e sapore al fico d’India, la Guanabana, secondo me molto più buona, è un grande frutto verde delle dimensioni di un melone, con punte sulla buccia, la Guanabana si prende solo sotto forma di succo o frullato. Attenzione entrambi sono altamente astringenti.Maloka: è la capanna tipica degli indios della foresta amazzonica, solitamente su palafitte se i villaggi si trovano sulle rive dei fiumi, camera unica e il tetto ricoperto di foglie di palma, in una Maloka abbiamo soggiornato 4 giorni sulle rive del Rio delle Amazzoni nei pressi di Leticia.Yuca: La yuca è una pianta tipica del sudamerica, fondamentale nella cucina sudamericana, dalle quali radici, i sudamericani, ricavano la maggior parte di carboidrati dopo il riso. Ciò che chiamano Yuca in Colombia chiamano Manioca in Brasile, si prepara lessa, assomiglia moltissimo alla patata, oppure ne ricavano una farina con la quale fanno Casabe e altri tipi di prodotti. Culantro: è un’erba simile al prezzemolo ma con un sapore fortissimo, i colombiani lo mettono in ogni preparato, sopratutto le zuppe, non c’è verso di evitarlo, l’unico modo è dar fuoco alle piantagioni. Platano: il platano è una bananona in tutto e per tutto uguale alla banana classica ma con dimensioni almeno doppie, si mangia solo cotta perchè cruda è immangiabile, immancabile sulle tavole centro-sud americane si mangia lessa, saltata in padella e fritta.Patacones: Rondelle di platano fritte, tolte dall’olio, schiacciate e rifritte. Buone come antipasto con salsine o formaggio filante. Spesso accompagnano i piatti colombiani. Mia madre è lo stereotipo dell’abitante della bassa padana, da poco ha conosciuto una signora nigeriana che spesso le regala platano e le dice come cucinarlo. Il risultato è che ora mangiamo platano fritto e cucinato praticamente tutti i giorni, cotechino e platano saltato, polenta, gorgonzola e platano al forno, ma alla domenica che è giorno di festa, il cult…. Cassoeula e patacones …che se lo viene a sapere Gianni Brera…!!!Churros: Sono dolcetti per la colazione fatti con una pastella di acqua, farina e zucchero, e fatti friggere in olio, solitamente sono rigati, ricordano vagamente i Krumiri piemontesi, buoni.Pandebono: ciambellina di pane insaporita con formaggio e prosciutto tipica della città di Cali. Bunuelos: impasto di acqua, farina e aromi delle dimensioni di una palla da tennis e fatta friggere in olio bollente, molto buona a colazione, tipica, la si trova in tutta la Colombia.

Consigli

Ad un colombiano non chiedere informazioni, tanto non lo sa, vi risponderà senza esitazione ma è solo perchè è estremamente gentile e gli sembrerebbe maleducato non aiutarvi, chiedete comunque , vi indicherà una direzione, prendete l’altra…. Avrete più possibilità di arrivare!Ad un colombiano chiedete pure quante ore di autobus ci vogliono per arrivare in un posto, poi prendete quello che vi ha detto, moltiplicate per il numero di Avogadro, togliete il quadrato della targa dell’autobus, aggiungete la sezione Aurea e aumentate il tutto di un 25 %, più o meno siete vicini.Se salite su un’autobus con il bigliettaio a bordo mettetevi accanto a un colombiano che scende dove dovete scendere voi, fate pagare prima lui e poi dategli la stessa cifra, eviterete di pagare un 20/30 % in più perchè siete un gringo!Se salite su un’autobus non mettetevi mai vicino ad una ragazza colombiana in carne, porterà sicuramente jeans attillatissimi anche se pesa come un T.Rex, potrebbero scoppiarle i Levi’s e rovinarvi la vacanza. La Colombia è un paese caldo tutto l’anno ma oltre ai pantaloni corti e il costume non dimenticate di portare le muffole, il colbacco, i Mon Boot, il piumino ed una coperta di Pile per i viaggi notturni in autobus, a dicembre sono stato alle Svalbard e faceva meno freddo.Se chiedete un’informazione ad un colombiano e questo è scortese, vi risponde esattamente a quello che chiedete, vi indica esattamente l’orario con una tolleranza inferiore ai 5 minuti, vi dice con un’errore plausibile i chilometri che mancano, non contratta sul prezzo e non usa la calcolatrice per fare 25 x 10 … Diffidate… È un’AVATAR!!!!

Diario di viaggio

– 06 Febbraio 2010 Abbiamo deciso di volare su Caracas per il semplice motivo che il volo costava circa 250 € in meno a testa, volo diretto da Roma con Alitalia e niente soste negli Stati Uniti. Ormai uno scalo negli USA con coincidenza, che non abbia almeno 3 ore è data per persa, oltre all’immigrazione americana il ritiro bagagli e il successivo check-in sono obbligatori. Il volo a/r lo abbiamo pagato 418 € a testa con orari pressochè perfetti, Alitalia ha voli di linea giornalieri per il Venezuela. La nostra prima meta in terra colombiana è Santa Marta e appena atterrati a Caracas prendiamo un taxi che velocemente ci porti al Terminal de Oriente a circa ½ ora dall’aeroporto. Sapevo di un’autobus diretto, con partenza da quel terminal della Expresos Brasilia http://www.expresobrasilia.com/ per Santa Marta, ma una volta arrivati alla biglietteria ci viene detto che è tutto occupato. Nell’ultimo anno la Banca Centrale del Venezuela ha raddoppiato il cambio fisso del Bolivares con il dollaro ed ha tolto 3 zeri, chiamandolo Bolivares Fuerte. Prima il cambio era di 2150 Bolivares per dollaro americano, lo scorso anno è stato raddoppiato a 4300 e poi sono stati tolti 3 zeri portandolo a 4,3 Bolivares Forti per dollaro. Questo è il cambio ufficiale ma esiste un cambio al nero, cioè illegale, che cambia dollari a circa 6/7 Bolivares Forti per unità. Ho cercato di illustrarne il motivo in un diario di un passato viaggio in Venezuela, chi volesse approfondire http://www.viaggiareliberi.it/venezuela_06_massimo.htm, oppure così lasciare il Terminal de Oriente ed andare al Terminal Bello Campo nel quartiere di Chacao a Caracas per prendere un’autobus della Aeroexpresos Ejecutivos, http://www.aeroexpresos.com.ve , che per 20 dollari e 10 ore di viaggio ci porterà a Maracaibo. Nel mentre cerco di cambiare un po’ di dollari per le piccole spese e qui un tizio riesce a vendermi 21 Bolivare Forti per 20 dollari. Ho fatto molti viaggi in america latina e mi considero un viaggiatore esperto per questi posti, ma il tipo aveva talento! ” Mi dai 10 dollari, li cambio in vecchi Bolivares, te ne rendo 14, acquisto quelli forti, me ne dai 7, ne togli 4, te ne passo 2…. “, insomma è stato un mago, per venti dollari mi ha dato 21 Bolivares e l’ho anche ringraziato, come se me ne avesse cambiati 4, neanche Silvan dei tempi di Canzonissima!!! Arrivati a Maracaibo è ormai l’alba, ci spostiamo subito al terminal centrale per prendere una buseta per la frontiera. La buseta è un Volkswagen scassatissimo ed arriviamo a Maicao in 4 ore. Durante il viaggio ci siamo fermati almeno una decina di volte in altrettanti posti di blocco ed almeno in quattro occasioni il conducente ha passato dei soldi nella mano dei militari, “perchè non ci rompano le palle” questa la versione ufficiale dell’autista. In effetti non ce le hanno rotte, sul bus c’era un bambino che non aveva i documenti in regola e ad ogni posto di blocco lo nascondevano sotto il sedile, il bambino è arrivato regolarmente in Colombia. Del passaggio dei soldi ho notato che non avveniva mai tra l’autista e il militare ma saliva sul bus un bambino che velocemente prendeva i soldi e altrettanto velocemnete ridiscendeva. Vai poi a spiegare che erano mazzette per il militare e non una paghetta al bambino! Passata la frontiera in 4 ore arriviamo a Santa Marta. Più famosa di Santa Marta è la spiaggia di Taganga meta di saccopelisti bohemienne, che evitiamo perchè ci è stata sconsigliata per poi pentircene, lascio comunque il nome di due ostelli http://www.divanga.com e Ocean Reef Guesthouse http://www.facebook.com/pages/OCEAN-REEF-GUESTHOUSE/320716212537 francisco@lamucura.com , l’indirizzo mail. A Santa Marta alloggiamo all’Hotel Casa Familiar per 17 dollari proprio di fronte ad un ristorante che fa un ottimo pesce per pochi soldi. Per chi volesse intrattenere rapporti con ragazzi che arrivano da mezzo mondo il miglior ostello di Santa Marta, proprio in centro è La Brisa Loca http://www.labrisaloca.com/ , con uso cucina e piscina a disposizione. Il giorno dopo lo passiamo a bere frullati con tutti i tipi di frutta gironzolando per la città. L’indomani decidiamo per il Parco Nazionale Tayrona, A Santa Marta, proprio nel bel mezzo del mercato, all’incrocio tra la Carrera 11 e la Calle 11 parte l’autobus che per 2 dollari e un’ora di tempo porta all’ingresso del parco. L’ingresso costa 17 dollari e per 1, un piccolo carro ci porta dall’ingresso al primo camping. Da li a cavallo in 45 minuti arriviamo ad Arrecife, dove si può mangiare e campeggiare, anche la spiaggia non è male, un bagno ci sta alla grande. Da Arrecife con 20 minuti di cammino si arriva “alla piscina”, un’altro posto per fermarsi in tenda la notte e prendere un po’ di sole. Altri venti minuti e si arriva a Cabo San Juan, sicuramente il posto più bello, ed in effetti la gente è tutta li. Molto bello il posto ed anche le spiaggie, si può campeggiare ed affittare amache in una costruzione di legno costruita direttamente sui massi a circa 10 metri di altezza sul mare. La costruzione, ben inserita nel paesaggio, ha due piani, il primo dedicato a una ventina di amache ed il secondo a due bellissime camere matrimoniali che si possono affittare per circa 80 dollari al giorno, il costo può sembrare alto ma dormire a picco sul mare, cullati dal suo rumore, li ripaga tutti. Cabo San Juan è ben organizzato si può dormire, mangiare e rilassarsi sulla spiaggia. Il mare è molto bello e ci si possono fare 3/4 giorni senza annoiarsi, possibili le passeggiate nella foresta per chi ne fosse amante. Il Parco è collegato alla spiaggia di Taganga da motoscafi veloci che coprono il tragitto in circa 45 minuti tutti i giorni. Non saprei dirvi se è possibile prenotare prima gli alloggi, ma l’Ente Nazionale Parchi ha un indirizzo mail a disposizione degli utenti atencionusuario@parquesnacionales.gov.co. Vi lascio il sito internet di un tour operator che dedica la propria attività a zona di Santa Marta ed il Parco Tayrona http://getcolombia.blogspot.com/. Il parco è comunque organizzabile in autonomia risparmiando parecchi soldi, consigliamo, con il senno di poi, qualche giorno di relax nel parco, vale sicuramente la pena. Da Santa Marta con 12 dollari e 5 ore di viaggio si arriva a Cartagena, il terminal è fuori città e ci vogliono ancora 45 minuti di autobus per varcare la porta della città che è una grande piazza con al centro la statua di una donna india, “Piazza India Catalina”. Si consiglia l’alloggio dentro le mura, nella città vecchia, parecchi sono gli hotel e gli ostelli a poco prezzo e si è vicinissimi al centro. Noi abbiamo alloggiato all’hotel “El Porvenir” http://www.hotelelviajero.com/porvenir.htm a 25 dollari la camera, caffè e uso internet gratis, unico neo la stanza senza finestre, a disposizione il ventilatore e l’aria condizionata, ma per chi fosse più backpacker di noi consigliatissimo l’Hotel Marlin . Il centro della città vecchia è molto bello e ben tenuto, molti sono i ristoranti in stile, e merita una passeggiata serale a mani in tasca. Tanto bella è la città vecchia tanto sono degradate le periferie, Cartagena de Indias è una città di 1 milione e mezzo di abitanti e ogni anno attira migliaia di disperati che vanno ad ingrossare la periferia con altrettante migliaia di nuove baracche. La sera cenammo in una pizzeria nella piazza principale, senza infamia e senza gloria la pizza, molto bello invece lo spettacolo di un gruppo di ballerini proprio di fronte a noi. Siamo arrivati a Cartagena perchè una ragazza di origine colombiana da molti anni in Italia e un nostro amico si sarebbero sposati il 13 di febbraio a Cartagena. Il giorno 11 con tutti gli altri invitati, tutti residenti a Castelleone e Soresina , due piccoli paesi in provincia di Cremona, noleggiammo una barca e passammo la giornata su un’isola dell’Arcipelago del Rosario. Non siamo riusciti a vederle tutte ma molte sono delle belle isole con spiaggette piccole e intime. Non riesco a dare un consiglio certo su queste isole perchè non le abbiamo visitate a fondo e sopratutto le abbiamo viste in una giornata senza sole ma, fuori dai denti, non mi sono sembrate spettacolari. La sera cenammo tutti insieme in Plaza San Pedro una bella piazza in stile coloniale proprio sotto le mura perimetrali. – 12 febbraio 2010 La mattina del 12 febbraio rinunciando al matrimonio per problemi di tempo, partiamo per l’Amazzonia. Il volo dell’Aires, Cartagena-Leticia e Leticia Medellin l’avevo acquistato due mesi prima dall’Italia spendendo circa 83 euro a persona. Dopo un cambio a Bogotà arriviamo a Leticia alle 14,00. Il caldo e l’umidità sono soffocanti, ma duri e stoici, con gli zaini in spalla, decidiamo di non prendere il taxi e di fare a piedi la strada che separa l’aeroporto dalla città. Leticia è la più grande città dell’Amazzonia colombiana, circa 50000 abitanti e si trova in territorio colombiano ma al confine con il Brasile ed il Perù, tal per cui con una camminata, in Brasile, e una nuotata, in Perù, si espatria agevolmente in entrambi i paesi. E’ una cittadina caotica e superaffollata di moto, ad ogni stop se ne ammucchiano a decine, ed il caos impera. Di contro le dimensioni maggiori rispetto ai paesini vicini ne fanno il centro dei servizi al turista e non. All’arrivo a Leticia, si arriva solo via aerea, si deve pagare una tassa turistica di circa 7/8 dollari, noi veniamo deviati in una porta secondaria e non la paghiamo, non saprei dire il perchè ma non insistiamo. La città è vicina, circa un paio di chilometri, e seguendo le indicazioni della nostra guida arriviamo alla Mahatu Guest House una bella casa nel verde e con un laghetto di fronte , ma ha solo posti in camerata con bagno in comune. Ritorniamo verso il centro e ci fermiamo all’hotel Divino Nino http://www.iquitosnews.com/page24a.html che per 25 dollari ci affitta una bella stanza grande con terrazza e ventilatore. Riposti gli zaini, dopo una doccia, usciamo in cerca di qualche escursione sul Rio delle Amazzoni. Le escursioni sono più o meno quelle in tutte le agenzie, ma proprio ad un angolo ci ferma una ragazza di nome Rosalba (per contatti Rosalba Moran mocagua22@hotmail.com Cell. 3124843424 e il fisso (098) 5924806) che ci offre una stanza in un villaggio Ticuna sulle rive del Rio Amazonas ad un’ora da Leticia. Il nome “delle Amazzoni” pare l’abbia dato il conquistadore spagnolo Orellana perchè durante una delle prime navigazioni dello stesso sembra abbia incontrato una tribù di feroci donne guerriere associandole alle mitologiche guerriere dell’antica Grecia. Questa, se così si può dire, è la spiegazione più romantica, in realtà sembra più plausibile che il nome in spagnolo derivi, per assonanza, ad un’antico nome usato dagli indigeni. Rosalba è un’india Ticuna da ormai molti anni a Leticia e la casa che ci vuole affittare è la sua. Ci chiede 20 dollari al giorno per la casa e provviste varie per 3 giorni che la cognata ci cucinerà. Accettiamo e ci dirigiamo subito al porto per prenotare il viaggio in barca fino al villaggio. Il costo è di 11 dollari cadauno solo andata e dura circa 1 ora e ½.. Il porto di Leticia si trova in un canale parallelo al corso del fiume, molte sono le agenzie di trasporto e non è difficile trovare un passaggio. L’indomani partiamo per Mocagua, questo il nome del villaggio e in poco più di un’ora arriviamo. Ad attenderci sulla riva troviamo Leon, il fratello di Rosalba, che sarà il nostro punto di riferimento per i prossimi tre giorni. Mocagua è un villaggio abitato dagli indios Ticuna, la più diffusa etnia di questa parte di Amazzonia, le case sono tutte costruite su palafitte, per ovviare alle piene del Rio Amazonas, la struttura è in legno, il tetto ricoperto di foglie di palma e non sono dotate di energia elettrica, gas e acqua corrente. Ogni casa ha all’esterno un braciere per cucinare, tal per cui a cucinare per noi ci sarà la moglie di Leon (in cambio abbiamo portato provviste per circa 40 dollari). Per la colazione il pranzo e la cena ci recavamo a casa di Leon e anche se le nostre provviste erano ricche di uova, formaggio,tonno, pasta, wurstel, latte e biscotti, i tre pasti quotidiani constavano di riso in bianco, Pirana alla brace, farina di yuca cruda, casabe e succo di Copoazu. Leon ci aveva comunque avvertito che le libagioni sarebbero state in stile Ticuna, dunque Eliana non lamentarti! L’energia elettrica era comunque possibile, da poco il villaggio si era dotato di un generatore a gasolio e veniva avviato per le prime ore della sera poi fermato. Per l’acqua invece l’unica fonte era il cielo infinito, grossi contenitori erano posti sotto le gronde delle capanne e dopo una notte di pioggia, piove praticamente tutti i giorni, avevamo l’acqua per una settimana. Appena messo piede nel villaggio la prima tappa la facciamo nella casa del capo villaggio, “Capo Comunità” veniva chiamato, per il permesso ad entrare nel pueblo. Contestualmente al permesso versiamo una quota di 2 dollari a testa che sarebbe poi servita ai lavori di manutenzione del villaggio. Il capovillaggio, l’anziano della comunità, è una sorta di sindaco, è il rappresentante della comunità ed ogni problema va a lui sottoposto. Nel darci il benvenuto ci ha invitato a rivolgersi a lui in caso di qualsivoglia problema che sarebbe sopravvenuto. Durante i tre giorni di permanenza a Mocagua faremo due escursioni di circa 4 ore l’una nella foresta dietro il villaggio, un’escursione notturna in canoa sul Rio Amacayacu, un’affluente del Rio delle Amazzoni, ed una mezza giornata in barca fino al lago Tarapoto ad un’ora dal villagio. Durante l’escursione al lago Tarapoto abbiamo avvistato i delfini di fiume, presenza sempre più a rischio nella zona, e durante il ritorno abbiamo fatto sosta nella cittadina di Puerto Narino a circa ½ ora di barca da Moncagua. Puerto Narino è una tranquillissima cittadina sul Rio Amazonas ideale come base per le varie escursioni nei dintorni. Dopo averle viste entrambe ci sentiamo di consigliare e preferire Puerto Narino a Leticia. A Puerto Narino ci sono vari hotel, bello e caro, l’Hotel Casa Selva, 65 dollari la camera, casaselvahotel@yahoo.es Cell. 3112807379 , , ed il più economico Hostal Asai hostalasai@yahoo.es tel.(098)5926656 http://www.vivatravelguides.com/south-america/colombia/ . Moncagua confina con il famoso Parco Nazionale Amacayacu, http://www.deturismoporcolombia.com/Fincas/Amazonas/amacayacu.php , Yewae (Madre Anaconda) il nome Ticuna, pernottare a Moncagua è sicuramente più economico che pernottare nel parco, anche se meno figo, e facilmente raggiungibile attraversando il fiume che li separa, il Rio Amacayacu ( Fiume delle Amache). Fichissimo è invece il pernottamento proprio davanti all’entrata del parco su una casa galleggiante sul Rio delle Amazzoni gestita dall’Aviatur, , l’agenzia turistica statale colombiana. Della stessa agenzia è presente un’ufficio di rappresentanza in centro a Leticia dove è possibile avere informazioni su tour e pacchetti, consigliamo un giro in agenzia perchè molto disponibili. La spesa per 3 giorni nel parco, tramite l’Aviatur, tutto compreso, si aggira attorno ai 270 dollari americani, in fondo non molto distante da quello che abbiamo speso noi. E’ abbastanza diffuso e ricercato l’alloggio presso comunità indigene ed un posto per avere contatti in merito è l’Hotel Decalodge Ticuna, a Leticia, ( il sito è della catena), tel. (098)5927487. Nei dintorni di Leticia sono molti i parchi naturali e molte e varie le escursioni anche in territorio brasiliano e peruviano, e dopo 3 settimane in Colombia ci sentiamo di consigliare, in Amazzonia, qualche giorno in più dei 5 che abbiamo dedicato noi. L’ultima sera, dopo 3 giorni di pesce e riso, ci concediamo uno strappo alla regola e salutiamo l’Amazzonia con birra e spiedoni di carne in un’ottima churrascheria brasiliana in centro a Leticia, Tierra Amazonas!- 17 febbraio 2010 Al pomeriggio partiamo per Medellin dove arriviamo alla sere verso le 20,00, dopo quasi un’ora di autobus dall’aeroporto alla città. Appena usciti dall’Aeroporto ci sono gli autobus che fanno la spola con il centro città. Tre dollari e 50 minuti di tragitto, l’autobus ferma in Piazza Bolivar dove dietro l’angolo si trova l’hotel che abbiamo prenotato. Odeon Hotel, piccolo ma accogliente, per 13 dollari ci affitta una stanza con bagno in camera, ventilatore e frigorifero. La proprietaria è gentile ed alla richiesta di un posto nei dintorni per mangiare qualcosa ci sconsiglia l’uscita perchè un po’ tardi. La sera non è mai consigliabile aggirarsi soli nei centri delle città, molte sono le persone che vivono per la strada di notte, questo comportamento contraddistingue tutte le città sudamericane, e il turista calamita subito l’attenzione anche insistente. Decidiamo per raddoppiare la colazione l’indomani e andiamo a letto. Ci svegliamo affamati e alla prima panaderia ci fermiamo per far colazione con succo di frutta e Bonuelos. Sazi, giriamo disordinatamente la città cercando tutte le stataue di Botero, Medellin è la sua città natale, che abbelliscono molti parchi del centro. Per farsi un’idea della città facciamo un paio di corse sulla metropolitana aerea che serve la città. Medellin è notevolmente migliorata dopo la morte del suo cittadino più conosciuto, Pablo Escobar, e molti investimenti sono stati fatti in questo senso. Chi cercasse alloggi e quartieri più eleganti dovrebbe pernottare ne “El Poblado”, http://www.pitstophostel.com e sono due buone scelte economiche, la zona ricca e sede della “Zona Rosa”, lo striscio della città. Ciò che viene chiamata “Zona Rosa” in tutte le città sudamericane è quel quartiere che ospita i locali più alla moda, discoteche e ristoranti e indica la zona della vita notturna cittadina, el Poblado è facilmente raggiungibile con il Metroplus aereo. Alle 14,00, con un’autobus della “Flota Occidental” http://www.flotaoccidental.com/ raggiungiamo Pereira in 5 ore e 15 dollari a testa. La tappa a Pereira l’abbiamo programmata perchè è un’importante centro cafetero della Colombia. Pensavamo ad una piccola cittadina ma ci troviamo di fronte ad una grande e moderna città dove il centro commerciale in stile Ipercoop la fa da padrone. Cerchiamo alloggio e lo troviamo in centro , e per 15 dollari ci affittano una bella camera superaccessorriata con cortiletto interno. Usciamo per la cena. – 19 febbraio 2010 Partiamo la mattina da Pereira e raggiungiamo Combia, un piccolo paese ad un’ora di autobus dal centro, chiediamo informazioni e raggiungiamo una finca, a circa mezz’ora di cammino, dove coltivano caffè. Chiediamo del proprietario e gentilmente ci illustra le coltivazioni e la filiera di produzione ed essiccamento del caffè. La strada che dalla finca porta a Combia è asfaltata e si snoda in un bel paesaggio, piantagioni di caffè, papaya e boschi di bamboo dominano, e la mezz’ora di cammino che ci separa da Combia vola. Questa è zona di agriturismi, Villa Martha e Villa Maria http://www.turiscolombia.com/villamaria.html sono due finche (non agitatevi, c’è la “n”) che abbiamo incontrato lungo la strada da Combia e hanno camere da affittare e tour nella zona. Ritornati a Pereira nel pomeriggio ci rimettiamo gli zaini in spalla e ci dirigiamo al terminal per essere a Cali in serata. Arrivati al terminal di Cali in taxi ci facciamo portare sulla “sesta avenida” la zona rosa di Cali e li troviamo un hotel a 33 dollari a camera, l’Hotel Mirador Tropicali. La “sesta strada” ci è stata consigliata da compagni di viaggio che ce la indicavano come la zona del divertimento di Cali. In effetti la zona è un susseguirsi di discoteche, pub, bar e ristoranti di ogni tipo, ideale per un’uscita serale e abbastanza controllata dalla polizia. Ceniamo in un bel ristorante e voliamo a letto. Il mattino seguente ci dirigiamo a Buenaventura una caotica città sulla costa pacifica colombiana per prendere una lancia dal molo turistico che ci avrebbe portato in una zona di villeggiatura in circa un’ora. Il tragitto andata e ritorno lo paghiamo 50 dollari per due persone e le nostre mete saranno i paesini di Juanchaco e Ladrilleros. Lasciata Buenaventura costeggiamo un bel paesaggio con scogliere a falesia strabordanti di verde ma il mare non è quello che ci aspettiamo. Arrivati al molo di Juanchaco ci dirigiamo subito verso Ladrilleros perchè migliore come spiaggie. I due paesini sono piccoli e molto vicini, si passa da uno all’altro in una ½ ora a piedi e la popolazione è quasi tutta di origine africana. Dopo aver visto alcune posadas decidiamo per lo spartano hotel El Paraiso gestito da Victoria. Contrattiamo per 3 giorni a 13 dollari al giorno. La sabbia è scura ed il mare non invita ma la costa è molto bella e passiamo i tre giorni a passeggiare sulla spiaggia. Sicuramente da consigliare un paio di giorni nei mesi tra giugno e settembre perchè proprio nel tratto di mare di fronte a questi due paesi c’è un’importante rotta di migrazione delle balene, visibili dalla costa e con escursioni guidate praticamente in vendita ad ogni angolo. La zona è molto piovosa tal per cui la notte si è accompagnati da copiosi temporali praticamente ogni giorno. – 23 febbraio 2010 Partiamo da Juanchaco e dopo esserci fermati per pranzo a Buenaventura, in un centro internet acquistiamo un volo per Cucuta da Cali per il 24 di febbraio. Il volo lo acquistiamo con l’Aires e lo paghiamo 60 dollari americani a testa. Al terminal saliamo su una buseta veloce e dopo molte peripezie arriviamo a Cali alle due del pomeriggio. Parlo di peripezie perchè gli autisti in Colombia sono degli incompetenti e non so come facciano a prendere la patente. A mio avviso non sanno guidare, accellerano e poi subito frenano, curve secche quando potresti farle in modo dolce e poi velocità folli, mio padre mi diceva che prima di accellerare devi imparare a frenare e loro il freno non sanno neache dovè. Incidenti ne succedono molti ma evidentemente serve come controllo demografico. Durante il tragitto verso Cali si è aperto il portello posteriore della buseta ed abbiamo perso mezzo carico, eravamo in galleria, eravamo soli, se ci fosse stato qualcuno dietro, a quelle velocità non l’avrebbe raccontata. Arrivati a Cali cerchiamo un hotel e lo troviamo sulla parallela della “Sesta Avenida” a 20 dollari la doppia, camera spaziosa e buona posizione Hotel Las Jotas il suo nome. Il pomeriggio libero lo dedichiamo alle compere, un po’ di caffè, un po’ di panela e il Rhum. Ho comperato un Ruhm invecchiato otto anni, Ron de Medellin, era il più caro, ma non è all’altezza di altri, niente a che vedere con il Flor de Cana del Nicaragua od il Santa Margherita venezuelano. La sera ceniamo in un bel ristorante messicano e dopo molto tempo, desideratissimi, mi ciuccio 2 Margarita fatti come si deve. Sono un’intenditore di Margarita e quelli, complice la lunga astinenza, erano da urlo. Il giorno dopo alle 14,00 siamo in aeroporto ma per un ritardo partiamo alle 16,00, maltempo su Bogotà viene spiegato dallo staff, mancanza di carburante ci dice un ragazzo vicino a noi che poi calca la mano dicendo ” Siamo in Colombia, pura vida!!”. Arriviamo a Cucuta alle 19,00 e ci rechiamo subito in un hotel vicino al terminal degli autobus per essere vicini al mattino. Cucuta è una grande città di frontiera, abbiamo visto solo la zona intorno al terminal ma se il buongiorno si vede dal mattino..! Molto brutta, e al terminal, cerco di cambiare venti dollari perchè senza pesos, da domani si usano i Bolivares, mi dicono la cifra per il cambio e al momento di darmi i soldi me ne danno meno dicendo che prima si erano sbagliati, naturalmente non protesto e ce ne andiamo in hotel. L’hotel è squallidissimo, non abbiamo avuto tempo di cercarne un’altro, e dormo con il machete, compro un machete ad ogni viaggio, sotto il materasso…. Se devo morire lo faccio da uomo!!! Partiamo da Cucuta alle 08,00 con un piccolo bus, in mezz’ora siamo alla frontiera, passiamo un ponte e senza neanche accorgersene siamo a San Antonio de Tachira ormai territorio venezuelano. Cerchiamo l’ufficio immigrazione e una volta dentro ci dicono che non abbiamo il timbro di uscita dalla Colombia, ritorniamo in Colombia e al D.A.S (Dipartimento amministrativo di sicurezza, è l’immigrazione colombiana) ci facciamo timbrare il passaporto e ripassiamo la frontiera. Le due frontiere tra Venezuela e Colombia, Maicao e Cucuta, prima di passarle pensavo ad un concentrato di sbirri superaccessoriati, anche perchè Chavez e Uribe non si sopportano, ma non ne ho visto uno, era più controllata la soglia di casa da mia madre quando rientravo tardi la sera. Nell’ufficio immigrazione conosciamo un cileno e un’argentina che vivono apolidi e clandestini da 3 anni in sudamerica, ma l’agente decide di legalizzarli ponendo il timbro di entrata in Venezuela, urla, abbracci e birra per festeggiare. Salutiamo i due ragazzi e andiamo subito al terminal dove a mezzogiorno prendiamo un’autobus per Merida (300 km), clima fresco e Ande tutto il tragitto. Arrivati a Merida neanche il tempo di bere che sta partendo un bus – cama per Valencia (600 km) e cosi lo prendiamo al volo. I bus – cama (bus – letto) sono autobus che viaggiano di notte, con sedili completamente reclinabili per dormire comodi e sopratutto freschi. Dieci ore di viaggio e alle 07 del mattino siamo a Valencia, mangiamo una brioches e partiamo subito per il Parco Nazionale Morrocoy dove arriveremo in circa 2 ore e trenta. Ci fermiamo a Tucacas, ero già stato in passato a Chichirivice, brutte entrambe. Bello invece il mare di Cayo Sombrero. Passiamo la giornata al mare e la sera affittiamo una camera per 15 dollari (posadas La Palma) sulla via principale di Tucacas (Avenida Libertador). Sull’isola di Cayo Sombrero e poche altre è possibile campeggiare previo permesso dei Ranger dell’Imparques l’agenzia venezuelana addetta alla gestione dei parchi nazionali, come del resto è possibile farlo su 3 isole dell’arcipelago di Los Roques (da vedere). – 27 febbraio 2010 Alle 07 del mattino partiamo da Tucacas per Valencia dove prendiamo un diretto per Caracas. Il tempo di fare un giro per Caracas e alle 14,00 siamo all’aeroporto, stesso ponte, stesso sguardo, alla prossima, tanto ci ripasso. Massimo Marzani, Cremona Eliana Cerasa, Assisi.



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