Colline di meraviglia: un giorno alla scoperta del Montefeltro, meta sorprendente delle Marche
Non sono un cultore del macabro, ma le mummie da sempre scatenano in me un certo fascino. In Italia abbiamo un fenomeno di mummificazione spontanea e naturale (tre siti accertati, in Umbria, nelle marche e nel Friuli) che, a differenza dei corpi “trattati” dopo morte, conservano in essi gli organi interni. Ho potuto visitare i resti dei grandi faraoni egizi raccolti nel Museo del Cairo e quelli conservati al Museo Egizio di Torino, ma non reggono assolutamente il confronto con le mummie nostrane presenti a Ferentillo, vicino alle cascate delle Marmore (Terni), o queste che ci apprestiamo a visitare ad Urbania (Pesaro-Urbino).
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Diario di viaggio
4 febbraio 2023, mercoledì
Partiamo di comodo mattino alla volta di Urbania (il nome del Papa Urbano VIII ha soppiantato quello originario di Casteldurante), dove giungiamo in un paese vestito a festa e già intasato dal traffico. Troviamo fortunatamente un parcheggio in prossimità della rotatoria che segna l’inizio del paese, e ci incamminiamo verso la vicina Chiesa del Crocifisso, dove all’interno è stato allestito un Presepe che ricalca le sembianze del borgo. Sopra l’altare c’è un pregevole dipinto di un cristo morente, ancora in vita ed in estasi, mentre sulla destra un altro dipinto di Madonna con bambino in mezzo alle nuvole. Un custode presente ci svela il mistero della salma del duca Della Rovere, trafugata forse dai frati per impedirne il trasferimento a Roma, e mai più ritrovata, e del suo sepolcro pure esso successivamente scomparso. Sulla parete di destra rimane una iscrizione dove presumibilmente era collocato il sarcofago. Usciamo dalla chiesa e, seguendo le indicazioni del custode, raggiungiamo una antica porta di accesso, dopo aver percorso il ponte sul Metauro, transennata con annessa biglietteria: per poter accedere occorre pagare un biglietto di sei euro. Domando cosa ci sia in atto, e mi viene risposto che in paese è in corso la “Festa della Befana”, ed il biglietto permette di poter accedere allo spettacolo della Vecchia Signora che scende dal campanile gettando dolci alla folla sottostante: tre discese, alle 16,00 alle 17,00 ed alle 18,00 del pomeriggio. Obietto che mi tratterrò solo fino al primo pomeriggio, in quanto ho in programma altre visite nei dintorni. Dopo una breve discussione, fortunatamente svolta in modo civile ed educato, mi fanno entrare dietro pagamento di una cauzione che mi verrà resa dopo un’ora, il tempo necessario per la visita. Devo dire che la cosa è stata organizzata veramente male, perché ha dato adito a parecchie lamentele. Un signore appena dietro di me, di un paese limitrofo, si è letteralmente imbestialito allor che, dovendo recarsi in banca, gli è stato imposto il pagamento della cauzione: essendo giorno feriale, la logica ed il buonsenso imponevano la chiusura del centro sì, pure con relativo pedaggio (anche se su questo argomento non concordo), ma in prossimità dell’evento, lasciando la gente libera alle proprie incombenze e di potersi fare gli affari propri. Ci dirigiamo comunque alla Chiesa dei Morti, venti metri sulla sinistra, dove si sta chiudendo un gruppo per la visita guidata (ingresso 5,00 euro che comprende anche il Museo Leonardi). La chiesa è consacrata a San Giovanni Battista decollato, raffigurato in una bella pala d’altare che domina lo spazio angusto, e nella parte posteriore si accede alla cripta, dove sono conservati i resti di 18 corpi, tre scheletri e 15 mummie, ben collocati in dieci teche con vetro di protezione. Sulla carta la visita dovrebbe durare circa venti minuti, ma ne trascorriamo quaranta totalmente rapiti ed estasiati dalle spiegazioni della giovane ed appassionatissima (e molto, molto competente) guida locale. I corpi qui radunati (le quindici mummie) sono datate al periodo del rinascimento, e quindi hanno oramai raggiunto la veneranda età di seicento anni, e sono praticamente dei fossili; i tre scheletri sono di epoca molto più recente, metà e fine ‘800.
La storia ha inizio nel 1804, con l’Editto di Saint Cloud, emanato da Napoleone Bonaparte per tutti i territori dell’impero, che imponeva la soppressione dei cimiteri nei centri urbani ed il trasferimento delle salme “fuori le mura”, in tombe tutte uguali con lapidi semplici (per il principio dell’Eguaglianza). Due anni dopo anche le italiche lande dovettero adeguarsi, e fu durante la riesumazione dei resti dei sepolti in un piccolo lembo di terra in prossimità del fiume che vennero alla luce i corpi. La particolarità di queste mummie è che, trattandosi di un fenomeno assolutamente naturale, ha preservato intatti anche gli organi interni, che sono stati oggetto di studio da parte di svariate organizzazioni scientifiche, che hanno potuto anche appurare le cause dei decessi. La conservazione dei corpi è frutto di una serie di eventi favorevoli: i corpi venivano sepolti in modo semplice, avvolti solo in un sudario, a contatto diretto con la terra; la presenza di un lichene, la Hypha bombycina, che non permette la decomposizione del corpo da parte di agenti animali ma la sola disidratazione, ed infine il PH del terreno che risulta essere assolutamente neutro. Un capitolo importante ed interessante di questo racconto è stato scritto dalla Confraternita della Buona Morte, che nel corso dei secoli ha contribuito a raccogliere i cadaveri dalle strade del paese, ad annotarne nomi e date in appositi registri, a seppellirli ed infine a provvedere alla riesumazione ed al ricollocamento dei resti, dopo l’Editto si Saint Cloud.
E cominciamo a fare la conoscenza dei personaggi presenti.
- Prima teca: sono esposti gli scheletri della moglie e del figlio del Priore Vincenzo Piccini (seconda metà del IXX secolo), che essendo uomini di scienza, padre e figlio avevano studiato il fenomeno della mummificazione, non ottenendo però neanche minimamente i risultati sperati.
- Seconda teca: mummia di donna affetta da poliomelite, con evidenti sul corpo i segni della malattia, e di una giovinetta morta di parto, dopo aver subito un enorme ed orribile taglio cesareo a croce
- Terza teca: donna che presenta una lussazione all’anca e la colonna vertebrale distorta, ed una giovane rachitica
- Quarta teca: Singola, contiene la salma di un giovane sepolto vivo a seguito di morte apparente. A parte i segni inequivocabili del terrore, come i polpastrelli della dita consunti e la rigidità estrema delle gambe, la causa della morte è stata avvalorata dalla presenza di terra nei polmoni. Il tronco è annerito dal contatto delle dita dei visitatori, ed è stato la causa della installazione delle teche protettive, ma sulle gambe si vedono chiaramente i segni della pelle d’oca, oltre al ghigno di terror panico della bocca
- Quinta teca: Singola, vi è custodito lo scheletro del Priore Vincenzo Piccini, vestito con l’abito talare e con i segni distintivi della Confraternita. Essendo medico e farmacista, alla scoperta delle mummie aveva compiuto degli studi sul fenomeno (io direi alchimie), e aveva fatto provare su se stesso al momento del decesso le deduzioni delle sue ricerche. Il risultato oggi è evidente: il solo scheletro appare ricoperto di una velatura biancastra, fatta da una miscela di calce e gesso che non l’ha preservato dalla decomposizione.
- Sesta teca: Singola, contiene il corpo enorme del canonico Mariano Muscinelli, appartenente alla Confraternita; famelico e goloso, è morto di gotta alla veneranda età di ottanta anni (vita media del popolino: quaranta). Anche qui gli studi effettuati hanno evidenziato la presenza di un enorme tasso di colesterolo
- Settima teca: donna affetta da osteoporosi, con le ossa consunte, e l’umanista Sebastiano Macci, luminare dell’epoca, nel quale sono evidenti vene e tendini staccati dall’omero destro
- Ottava teca: qui ci sono i resti di due morti ammazzati: un condannato impiccato e un giovane assassinato da un sicario in un delitto d’amore. Sul petto di quest’ultimo è presente uno squarcio provocato dall’autopsia eseguita in tempi recenti, che ha evidenziato la presenza del cuore, trapassato dalla lama dello stiletto del suo carnefice
- Nona teca: Tripla, contiene le salme del fornaio della Confraternita, di robusta costituzione, di un ragazzo affetto dalla sindrome di down, dove si evidenziano gli occhi, le orecchie ed i capelli, ed infine di un uomo di fatica con torace schiacciato, compresso dagli sforzi e dai pesi trasportati per tutta la sua breve vita
- Decima teca: anche qui la scienza ha potuto appurare che il decesso dell’uomo a sinistra è stato causato da un tumore ai polmoni, il che porta alla conclusione che siamo di fronte ad un minatore; l’ultima salma, uscita da un film dell’orrore, è quella di un disgraziato che non camminava in posizione eretta, morto investito da un carro che gli ha frantumato la cassa toracica
Dulcis in fundo, la guida ci mostra il pezzo forte: racchiuso fra due lastre di vetro ci fa vedere il cuore disidratato del giovane innamorato, nel quale, controluce, si vede chiaramente la ferita a sezione quadrata provocata dall’arma letale, uno stiletto spagnolo.
Usciti dalla chiesa guardo l’orologio e constato che si è fatto tardi; valuto che con tutta la gente presente i pochi ristori saranno stracolmi, quindi prenoto il pranzo al borgo di Frontino, e dobbiamo scappare, lasciando il museo per il pomeriggio. Solo ora mi rendo conto che siamo stati così presi dal racconto e dal luogo che non abbiamo scattato nemmeno una foto, una cosa imperdonabile per la figlia del fotografo! Facciamo una ventina di chilometri per raggiungere la sommità della collina, quindi riscendiamo per ancora circa cinque chilometri e finalmente eccoci all’agriturismo Il Biancospino, scelto in base alle recensioni estremamente positive, che non mi deludono; eccellenti cappellacci di ricotta verdi fatti in casa con salsiccia e funghi, passatelli con sugo di porcini e grigliata mista, il tutto perfetto ed abbondante, consumato di fronte ad un bel camino rustico che emana un calore niente male: ottima scelta. Lasciata la locanda ci fermiamo a Frontino a visitare il borgo: una chicca che ha ottenuto lo status di uno dei borghi più belli della penisola. Praticamente tutto si riduce a due strade parallele in mezzo a case quasi del tutto disabitate, ma c’è pure il palazzo comunale! Percorriamo il corso, una volta tanto off-limits alle auto, e raggiungiamo il vertice da dove si gode di una visuale straordinaria del paesaggio. La piazzetta è abbellita da una fontana in stile moderno che fa da contorno ad un vecchio bastione ottagonale restaurato, ma non fruibile al pubblico; peccato. Sotto la fontana è stato costruito un piccolo anfiteatro in chiave moderna, per spettacoli e rappresentazioni all’aperto; la passeggiata non richiede altro, ed in quindici minuti la festa è fatta. Torniamo ad Urbania per la visita del museo e parcheggiamo nei pressi di un altro ingresso opposto al precedente della mattinata. Altra discussione con gli addetti (uffa!) e transitiamo dopo aver mostrato il biglietto e lasciata una seconda cauzione per un’ora di visita. Ci soffermiamo di fronte all’Oratorio del Carmine di epoca Rinascimentale dove è collocata una bella immagine di Madonna con Bambino, quindi ci facciamo largo nella bolgia e raggiungiamo la Cattedrale per un breve sopralluogo, dove ammiriamo un enorme crocifisso ligneo di sicuro pregio, un imponente organo a canne e vari dipinti di pittori dell’epoca di ottima fattura.
Finalmente scoviamo l’Istituto Culturale Diocesano, sede del museo Leonardi e, seguendo un percorso indicato, visitiamo opere dal periodo romano ad oggi: reperti archeologici, dipinti, ceramiche, oggetti di arredamento e di arte sacra, ed il famoso Necrologio della Confraternita della Morte, dove sono annotati scrupolosamente i decessi di un periodo che abbraccia circa centoquaranta anni. A questo punto facciamo il percorso a ritroso, attraverso le vie medievali e sotto i bei portici del centro storico, udiamo gli applausi per la discesa della befana da qualche parte attorno a noi, ma raggiungiamo l’uscita e prendiamo la via di casa.