Coimbra. Portogallo. Casa di Miguel Torga

Il Settembrino visita la casa dello scrittore portoghese Miguel Torga
Scritto da: Il Settembrino
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Il Settembrino sollevò il manico dei trolley come un collo di giraffa e camminò con i passi pedinati da un suono di rotelle che mulinavano sull’asfalto, si ammutolivano sui tappeti e sbalzavano sull’acciottolato. Arrivato a Coimbra, appoggiò appena lo sguardo su ciò che le guide gli incorniciavano come “cose da vedere”, “cose da non perdere” e scomparì in fretta dentro vicoli stretti come vene.

Sì allontanò dal centro di Coimbra e parcheggiò l’auto a R. Gil Vicente, vicino a un giardinetto pubblico con due aiuole in pendenza divise da un vialetto di sampietrini.

Al centro del vialetto c’è un monumento che onora il poeta e scrittore Fernando Pessoa. Il monumento è un muro curvilineo, simile a un’onda; su un lato è inciso un cerchio con il volto di Fernando Pessoa, come lo immortalò Almada Negreiros, e sotto c’è la scritta: “Fernando Pessoa – Poeta 1888-1935”. Sull’altro lato, invece, è inciso il verso del poeta “Tutto vale / se l’anima non è piccola”.

Casa Miguel Torga, Coimbra

Imboccò via Fernando Pessoa e cercò il numero 3 perché lì c’è la casa del medico e scrittore portoghese Miguel Torga, pseudonimo di Adolfo Correia da Rocha (São Martinho de Anta 1907, Coimbra 1995).  E’ stato il primo vincitore del Premio Camões nel 1989.

A 27 anni assunse lo pseudonimo di Miguel Torga per onorare il più grande autore della Letteratura iberica: Miguel de Cervantes (1547-1616), l’autore del Don Chisciotte della Mancia (pubblicato in due volumi, nel 1605 e 1615). Cervantes è stato il fondatore della letteratura moderna.

Don Chisciotte è un uomo che sogna un mondo chiaro, un mondo in cui il bene e il male siano distinguibili, in cui si può giudicare prima di comprendere ma, appena mette il naso fuori di casa, scopre che questo mondo non c’è più, che non c’è più un Dio che decreta il senso di tutto e non c’è più un’unica verità divina bensì tante verità che, appunto, possono essere tante quante i personaggi di un romanzo.

Il Settembrino arrivò davanti alla villetta e lesse la targa che dice che Miguel Torga è stato in questa abitazione dal 1953 fino al 1995, anno della sua morte. Proprio nel giardino venne accolto dall’erica selvaggia del Tràs-os-Montes, la Torga, una pianta a cui lo scrittore era affezionato tanto da adottarla come pseudonimo per il suo cognome. Una ragazza lo accolse e gli disse che lo avrebbe guidato nella visita della casa museo che, inaugurata nell’agosto del 2007, oltre alle visite guidate organizza anche attività culturali e programmi educativi.

In quel momento il Settembrino fu preso da una curiosità quasi febbrile di vedere i diari di Miguel Torga perché se c’era un uomo che aveva saputo tenere un diario, quello era stato Miguel Torga. Il Settembrino non aveva mai tenuto un vero e proprio diario. Aveva scritto solo diari di viaggio. Solo lì riusciva a scrivere perché per lui il viaggio è la metafora di un’iniziazione. Una vera iniziazione che non sta nella sterile forma del rituale ma nell’autentico e profondo cambiamento che avviene in lui prima e dopo il viaggio.

Il Settembrino torna alla sua routine, a rivedere il solito albero là sul versante ma per lui il viaggio è stata la creazione di nuove prospettive con cui guardare i luoghi; il modo privilegiato, forse l’unico modo, per vedere il reale.

Eloquente in tal senso è la scena del capolavoro di Wim Wenders, Il cielo sopra Berlino, quando i due angeli Damiel e Cassiel si ritrovano, come entità invisibili, a raccontarsi quello che hanno osservato. Le parole dei due angeli nel film di Wim Wenders sono proprio quelle che si possono immaginare di trovar scritte sul diario del Settembrino; il viaggio come uno stato angelico in cui c’è una diversa percezione del reale, un cuore più leggero che fa diventare visibile ciò che è coperto dal panno grigio della quotidianità.

La casa di Miguel Torga è rimasta intatta come quando lo scrittore vi abitava. Ci sono opere medievali di cui Torga era collezionista. Tra le ceramiche, i quadri, ci sono opere d’arte che rappresentano lo stesso scrittore.

Il Settembrino visitò la stanza in cui riceveva gli ospiti, la cucina, le stanze da letto. Vide l’ufficio, l’unica stanza con il camino, in cui c’è la scrivania, dove scriveva la maggior parte dei suoi libri, la penna stilografica, la macchina da scrivere Royal e il divano detto “il mio sarcofago”.

La ragazza tirò fuori da un grande cassetto la copia del Don Chisciotte della Mancia di Miguel Torga. Una copia del 1876. Il Settembrino provò una vertigine.

Infine, sotto una grande teca, vide i suoi diari. In quelle pagine c’è la differenza tra compromesso e rassegnazione; tutta la libertà di Torga, la sua dignità, il coraggio, il rigore morale, la sua critica al mercantilismo, alla sottomissione e al conformismo.

Quando uscì dalla casa il Settembrino incontrò di nuovo l’ erica selvaggia del Tràs-os-Montes e ne respirò a fondo il suo profumo.

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