Coast to coast di adriatico-tirreno!

Mentre mi accingo a scrivere mi sento in forte dubbio: ma il mio viaggio, varrà un articoletto sulla rivista: Turistipercaso magazine? Il tarlo mi rode, ma un viaggio è un viaggio, non deve essere necessariamente un viaggio esotico. Nevvero? Orbene, bando alle ciance e cominciamo. Sono partito alle 13 e 07 dalla stazione di Senigallia. E’ una...
Scritto da: Ugoo
coast to coast di adriatico-tirreno!
Partenza il: 14/04/2009
Ritorno il: 14/04/2009
Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
Mentre mi accingo a scrivere mi sento in forte dubbio: ma il mio viaggio, varrà un articoletto sulla rivista: Turistipercaso magazine? Il tarlo mi rode, ma un viaggio è un viaggio, non deve essere necessariamente un viaggio esotico. Nevvero? Orbene, bando alle ciance e cominciamo. Sono partito alle 13 e 07 dalla stazione di Senigallia. E’ una bella giornata di sole. La mia mèta è Pisa. Mentre sono sul binario che attendo l’arrivo del regionale da Ancona, penso che mi piacerebbe che fosse di quelli a due piani, quelli, per intenderci, che sono scomodissimi, ma che, però, hanno la presa per attaccarci sia il ricarica batterie del portatile sia quello del cellulare. Mentre sono assorto in questi pensieri e il sole mi riscalda il viso intuisco che sta accadendo qualcosa. L’altoparlante, ad onta del suo stesso nome, trasmette un messaggio a voce fioca fioca. Da quello che riesco a intuire bisogna cambiare binario. Tutti a spostarci. Il regionale è pieno e di fronte a me ho una ragazza, direi venti e non più anni, nonché una signora che legge il Manifesto. Quest’ultima è un po’ agitata, le hanno appena detto che il treno è in ritardo di nove minuti e le prende subito un po’ di agitazione: comincia a sventolarsi, è preoccupata, a Bologna ha la coincidenza per Trento e ha paura di perderlo. Sono tra Fano e Pesaro e fuori, alla mia destra, si vede il mare. E’ calmo, l’aria profuma di salsedine e la sabbia è candida, o almeno, dal treno sembra così. Cominciano i primi palazzi e poco a poco la visione del mare lascia il posto a quella della stazione di Pesaro. Siamo fermi e la gente comincia a salire. Ne sale un sacco, il treno è gremito. Questa linea Ancona-Piacenza è sempre stata piena di viaggiatori, molte volte ho fatto viaggi in piedi incastrato dentro al bagno. Non vi dico la goduria solenne di passare due ore e mezza dentro un bagno, per fortuna che sono un carattere socievole per cui mi metto a parlare con tutti, però…Hoplà è la marca di prodotti alimentari che è scritta sul fianco di un camion che corre parallelo al regionale. Colline verdi, alberi verdi, cielo azzurro, alberi di ciliegio, prati di fiori gialli, casolari, vigne, alberi da frutto. Il paesaggio fra Pesaro e Cattolica è stupendo, specialmente in primavera è qualcosa di commovente. In pochi, di quelli che vedo, guardano fuori dalla finestra, alcuni ascoltano musica e si mangiano le unghie, qualcuno legge, altri dormono, qualcuno “chiacchera”, non si accorgono che di fuori c’è la natura che ci sorride. E’ qualcosa di vivo, di eterno, di caldo. Sotto il castello di Gradara scorgo un campo immenso di fiori gialli, il sole li rende ancora più vivaci è una visione commovente. Siamo a Cattolica e i miei vicini di sedile stanno ultimando il loro pranzo a base di un profumatissimo panino con la mortadella; se lo gustano davvero! Anche questa è vita. Sono anche più calmi e soddisfatti e, visto che siamo in Romagna, eccoli addentare anche un’ottima piadina con formaggio e prosciutto. Buon appetito! La mia dirimpettaia ha appena finito di farsi la manicure, anche lei mi sembra soddisfatta. Io abolirei i telefonini, ci sono delle suonerie che, quando suonano all’improvviso, fanno sobbalzare! Ce ne è per tutti i gusti: trillo del vecchio telefono col cavo, musiche di tutti i tipi, voci che dicono parolacce, insomma: di tutto di più! Ci fermiamo a Misano proprio di fronte al ristorante “Alla stazione”. Non chiedetemi come si mangi, non ne ho idea, lo riporto nella narrazione solo perché ha una struttura architettonica un po’ singolare. Sembra, infatti, l’antica missione intorno alla quale gli americani costruirono un forte, celeberrimo durante la guerra contro il Messico: Alamo. A mia disposizione non ho il cappello di castoro di David Crockett né il coltello/sciabola di Sam Bowie, però mi rimetto a ripensare agli eroi di Alamo e a quei poveri fantaccini dell’esercito messicano che furono mandati a morire dal generale Santa Anna. Avrebbe potuto attendere l’arrivo dei suoi cannoni da assedio, ma decise, per la sua gloria, di anticipare i tempi e lanciare all’attacco i fanti. A Riccione, dalla stazione, si vede il nuovissimo Palazzo dei Congressi, ha una struttura molto moderna e a me non piace affatto. De gustibus non disputandum est. Fra Riccione e Rimini ci son pochi minuti e il panorama è costellato di case e casette, per cui uno non si rende conto d’aver lasciato Riccione ed essere entrato a Rimini. L’entrata nella stazione di Rimini è come quella nella stazione di Bologna. Un lungo muretto pieno di orribili graffiti ci conduce fino alla stazione. A me, in genere, non piacciono i graffiti, ma questi, in particolare, sono orrendi. Non è tanto per le scritte illeggibili, quanto per i pupazzi che vengono raffigurati: sempre caricaturali, sempre con volti deformi e corpi deformi, sono molto colorati, d’accordo, ma sono tremendi. Sul treno stanno entrando un sacco di persone, inglesi soprattutto. Accanto a me un sedile è vuoto, o meglio: è occupato dalla mia “borsina” e dalla “borsona” della mia dirimpettaia. Un signore chiede giustamente di potersi sedere e allora eccomi in azione per aiutarla. Non riesce a metterla sopra, quindi io utilizzando la mia forza sovrumana e le mie, scarse, doti di ingegnere riesco a trovare una sistemazione per le nostre due borse. Tutto fatto, la ragazza mi sorride e mi pare un’ottima ricompensa. Un sorriso di riconoscenza è una cosa bellissima. Sono contento e mi rimetto di buona lena a scrivere. Tra Rimini e Forlì il paesaggio è piatto. C’è pianura, ma non è meno colorata del tratto precedente. Bellissimi gli innumerevoli campi coltivati perfettamente seminati, gli alberi da frutto potati che cominciano a dare i primi getti, il terreno arato. In mezzo a questo paesaggio ci sono i tralicci dell’energia elettrica che dominano questa pianura. In fondo si intravedono le colline. Mi chiedo: saranno mica Appennini? Mi sono distratto, accanto a me c’è un signore che sfoglia un quotidiano, vengo attratto da una foto che ha come didascalia: Terrazza con vista. La foto ritrae una ragazza con i capelli scuri strizzata in un bikini che esalta la sua sesta di seno. La foto è in bianco e nero, ma è una delizia per i miei occhi e anche per quelli del signore, ne sono certo. Dio santo, è deliziosa. Sopra a questa foto ce ne è un’altra che ritrae Carla Bruni e la moglie di Obama nel salotto di casa Obama, entrambe sono molto eleganti, e la Bruni è davvero molto bella. La mia dirimpettaia ha un viso molto dolce, vedo che sta studiando una materia che ai tempi ho studiato pure io : analisi matematica. Scambiamo due parole, mi dice che ha l’esame orale domani e che allo scritto ha preso ventisei. Le faccio il mio in bocca al lupo. Intanto ho scoperto dove sono finiti gli inglesi di prima, sono tutti in piedi nello spazio fra due carrozze vicino al bagno. Me ne rammarico, non tanto per loro, quanto più per me che, in caso di necessità, avrò le mie difficoltà ad andare al bagno. La natura, però, se chiama, chiama, non c’è santi, sicchè, all’occorrenza, mi farò strada senz’altro. Alla stazione di Forlì veniamo accolti dalla sirena fastidiosissima di uno di quei mezzi che servono per spostare i treni senza motrice. Tutti facciamo un sobbalzo! Qualcuno ha abbassato il finestrino e comincia ad entrare aria buona, per fortuna. Un’altra mia vicina sta studiando degli appunti, incredibile sta studiando la gascromatografia. Praticamente la strumentazione che utilizzo sempre in laboratorio, potrei rispiegargliela per bene, sento che vorrei farlo, ma tra quello che voglio io e quello che desidera l’altra ce ne corre. Potrei farmi avanti, comunque. Il treno è stracolmo, una signora si è sentita male e quella che studiava la gascromatografia è dovuta alzarsi e farle posto e ora ha appoggiato il suo sedere sulla mia spalla. Continua a salire gente, tra un poco ci metteremo l’uno sulle ginocchia dell’altro. Faenza, Faenza, stazione di Faenza! Che ore sono? Le 14:51. Non sono distante da Bologna. L’arrivo a Bologna è soft, neppure me ne accorgo. Ho chiuso il portatile e mi sono messo a godermi le persone che mi circondavano: davvero deliziose. Soprattutto una famigliola della romagna composta da il padre e due figlie tra cui intercorrono almeno otto anni d’età. Diciamo che la più piccola potrebbe avere dieci anni e la più grande diciotto. Hanno entrambe uno sguardo dolcissimo e la più grande si comporta da mamma con la sorellina. La sorellina bacia in continuazione il babbo e le si accoccola sulla spalla. E’ un’immagine bellissima di grande tenerezza e amore. Sono contento di essere finito a viaggiare con dei vicini così carini. La grande, ogni tanto, riprende amorevolmente la sorella. Davvero un bel quadretto. Le ringrazio mentalmente e volgo lo sguardo fuori del finestrino. Bel paesaggio anche lì. Domina il verde e il giallo della luce solare. A Bologna ho fatto una sosta brevissima, ora sono già sul treno ad alta velocità diretto a Firenze. Prima classe, in seconda non c’erano più posti. La prima è confortevole, spaziosa, ma non ha le prese per ricaricare il computer né il cellulare. Va bene ugualmente, i treni sono in orario, di fuori posso godere di un magnifico panorama, ma cosa mi importa se non ho le prese. Pazienza, quando la batteria si scaricherà chiuderò il mio PC e vedrò di fare dell’altro. Fra le altre cose da fare ho portato con me la rivista di Turistipercaso che al suo interno ha cruciverba, sudoku, test e quant’altro, mi sono anche ricordato la penna sicchè sono a cavallo: appena finirà la batteria mi lancerò sul cruciverba. Il tratto fra Bologna e Firenze è pieno di tunnel e quindi posso godere solo a tratti della vista. Sono appena uscito da un tunnel e vedo i primi scorci degli appennini. Bellissimi, pieni di alberelli e di erba verde smeraldo. Passa intanto la signora del minibar con uno snack e un bicchierino di succo d’arancia come benvenuto. Apprezzo. Lo snack lo scelgo salato, una volta offrivano anche il quotidiano, ma ora non lo vedo, eppure dall’altoparlante avevano annunciato anche quello, pazienza. Mi detergo con la salvietta rinfrescante che c’è in dotazione e continuo a godermi il viaggio. Dopo questo “lussuoso” intermezzo eccomi infilato di nuovo nell’atmosfera popolare del regionale che parte da Firenze SMN e arriva a Pontremoli, io, grazie a Dio, mi fermo prima: a Pisa. Manco a dirlo il treno è stracolmo. Dietro di me c’è un bimbo che salta sul suo sedile facendo un notevole frastuono, tra l’altro i contraccolpi raggiungono il mio sedile e mi sembra di ballare con lui. Per fortuna ha smesso. Davanti a me ho due ragazze: una ascolta musica dall’i-pod, mentre l’altra ha infilato un paio di occhialoni scuri. E’ caldo, sembra una giornata estiva. Siamo fermi a Rifredi, dietro alla stazione si staglia, si erge, un palazzo altissimo, bruttissimo a sei piani e ancora, mentre corriamo via da questa stazione, passiamo lungo un muretto con dei graffiti orripilanti. La periferia urbana delle grandi città è sempre squallida; alla mia destra scorgo la baraccopoli in cui vivono gli zingari, vicino c’è la Mukki, niente a che vedere con i panorami di prima. Ancora palazzi popolari e poi, finalmente, cominciamo a vedere un po’ di verde. Per fortuna. Che bello anche il panorama della Toscana. Alla mia sinistra c’è un percorso a piedi immerso nel verde che corre parallelo ad un fiume le cui sponde sono piene di vegetazione e di faggi, si intravede anche qualche pino marittimo, lontano all’orizzonte ci sono le colline. Qui il paesaggio è meraviglioso, il treno corre in mezzo ad una natura luminosa! Siamo a Signa. Ci rimuoviamo e, alla mia sinistra ho sempre l’Arno, il cui letto, in questo tratto non è molto largo. L’acqua è verde, non sembra molto pulita, e questa sensazione è acuita dal fatto che vedo sulla riva una specie di immondezzaio, più che altro plastica direi: bottigliette soprattutto. Peccato, non capisco come si possa deturpare questa meraviglia che è la natura gettandoci i propri scarti. Ora siamo più vicini alle colline e noto che sono aumentati sensibilmente i pini nonché le ville costruite sui fianchi delle colline. Da esse degradano sempre campi coltivati, soprattutto frutteti, uliveti e vigne. Ora l’Arno scorre alla mia destra. Tutto sommato, anche se il treno è pieno, non è un viaggio disagevole. Mi chiedo: ma dov’è il controllore? Incredibile, su questa tratta, raramente, trovo un controllore. Alle 18 eccomi a Pisa! Dopo circa cinque ore ho terminato il mio coast to coast. Ciao a tutti.


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