Coast to Coast 2

NYC Ore 21 Arrivo al JFK Per alcuni di noi l’esperienza dell’arrivo all’aeroporto di New York non era nuova, e come ben ricordavamo per averlo già provato non più tardi di cinque anni orsono, è un vero casino. L’aeroporto della più importante città del mondo è un vero modello di disorganizzazione, ma con il senno...
Scritto da: Roberta Bagnacani
coast to coast 2
Partenza il: 05/08/1999
Ritorno il: 25/08/1999
Viaggiatori: fino a 6
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NYC Ore 21 Arrivo al JFK Per alcuni di noi l’esperienza dell’arrivo all’aeroporto di New York non era nuova, e come ben ricordavamo per averlo già provato non più tardi di cinque anni orsono, è un vero casino.

L’aeroporto della più importante città del mondo è un vero modello di disorganizzazione, ma con il senno di poi, cioè dopo aver fatto circa 7500 chilometri nella “land of hope and dreams”, credo che tutta l’America abbia un pò questo difettuccio…

Il primo ostacolo è stato l’ufficio immigrazione, dove nonostante il prossimo ingresso nell’anno duemila, soffrono ancora notevolmente della sindrome di “Ellis Island” (l’isola dell’immigrazione dei primi del ‘900), qui ci hanno controllato la Green Card che ognuno di noi aveva precedentemente compilato.

La Green Card è il permesso di soggiorno che viene rilasciato dopo aver compilato una sorta di questionario nel quale vengono fatte domande inquietanti quali: “Sei mai stato inscritto al partito nazista ?”, “Hai partecipato tra il ‘38 e il ‘45 al secondo conflitto mondiale ?”, “Sei comunista ?” … Ecc. Peccato che a nessuna di queste domande si possa rispondere con un “Ma siete cretini ?”.

Passato questo controllo, dove alcuni di noi, non faccio nomi, hanno spudoratamente mentito, abbiamo ritirato, tra una bolgia infernale, in nostri bagagli e siamo usciti per prendere i taxi che ci avrebbero portato al nostro hotel, il Roosevelt sulla 43° strada.

L’operazione “chiamata taxi” a differenza di quello che solitamente si vede nei film, dove basta fischiare “nell’aere” e magicamente il taxi si ferma, è stata notevolmente più brigosa, ha comportato la snervante attesa in coda del nostro turno per circa 30/40 minuti. Alla fine è arrivato il nostro turno e dopo un lungo tragitto attraverso zone malfamate nei Queens siamo arrivati a Manhattan e quindi al nostro hotel.

Non poteva certamente finire così la nostra lunga giornata di viaggio e infatti…

Cosa si fa’ quando si arriva presso un hotel dove, avendo già prenotato la stanza, si deve alloggiare per alcuni giorni ? Segue la risposta….

E’ molto semplice basta presentare i vouchers di prenotazione alla conciergerie e immediatamente viene assegnata la camera per il meritato riposo…Invece no , perché se i concierge di turno al momento del vostro arrivo è un cretino non avete speranze di cavarvela in breve tempo, questo purtroppo è quello che è accaduto a noi ! E’ OVVIO ! Il Cretino di turno (da notare che nei nostri successivi giorni di permanenza non lo abbiamo più visto… Il che ci ha fatto pensare che forse non era dipendente dell’albergo !) non riusciva ad interpretare correttamente i vouchers, ha confuso più e più volte le carte di credito che gli presentavamo e per concludere, ma è stato quello che non ce lo farà dimenticare mai più dato il casino che aveva combinato ci ha chiesto se sapevamo parlare lo spagnolo, idioma che doveva esserci più familiare (secondo lui), per farci capire meglio quello che noi avevamo già chiaro da tempo ma che LUI si ostinava a non capire.

Alla fine nonostante la confusione organizzativa che aveva nel suo cervello è riuscito ad assegnarci le camere (anche se non erano proprio quelle giuste), ma è riuscito anche a consegnarci dei vouchers per la colazione che non erano affatto compresi nella nostra prenotazione, questo ci ha consentito di fare la colazione gratuitamente per i giorni di permanenza a NYC, cosa che abbiamo molto apprezzato per l’economia del nostro viaggio.

Durante i successivi 2 giorni abbiamo girato per le strade di NYC…. La statua della Libertà, il World Trade Center, il ponte di Brooklyn, Central Park, la 5th Avenue, Time Square….2 giorni e ½ nella Big Apple…Meglio di così non si poteva fare…Ci e’ mancato solo il gospel nella chiesa battista ad Harlem…,abbiamo tentato di sostituirlo entrando per curiosità in una chiesa battista sulla 57th strada ma, si sa sono i negri ad avere la musica nel sangue, quindi, dopo aver socializzato con i locali. (ferventi cattolici illuminati dalla fede in cristo che appena hanno saputo la nostra provenienza hanno nascosto con gesto repentino la borsetta sotto il banco) ci siamo defilati uscendo alla spicciolata dalla chiesa..

Dopo questa parentesi e dopo un’ultima passeggiata nell’atmosfera domenicale di NYC, siamo ritornati all’hotel dove abbiamo noleggiato una limousine per recarci all’aeroporto di Newark, ma questo merita una spiegazione a parte! Da NYC a Williamsville.

Supponevamo che la giornata sarebbe stata una di quelle più pesanti dell’intero viaggio, le cose da fare nell’arco di un pomeriggio erano diverse e le variabili in gioco moltissime.

Tutto sommato non ci è andata malissimo, anzi ripercorrendo tutto a mente fredda ci è andata decisamente bene.

Per il pomeriggio dovevamo : 1) Raggiungere in qualche modo l’aeroporto di Newark (come farlo ? con i mezzi pubblici, con i taxi o con uno shuttle dal nostro albergo) 2) Ritirare l’auto dall’autonoleggio della Alamo (nessun problema ! l’auto era già prenotata dall’agenzia viaggi, quindi si trattava solo di trovare l’autonoleggio, disbrigare le pratiche e partire) 3) Uscire da New York (qual è il problema ! per gente come noi abituati al traffico “metropolitano” della nostra piccola città) 4) Macinare, nel tempo rimasto, più chilometri possibile per avvicinarci alla meta del giorno dopo “Le Cascate del Niagra” (previste “sei ore sei” di macchina) In fin dei conti le cose che dovevamo fare non erano poi tante… Ecco come si sono svolti i fatti : Siamo a NYC e, fatti due conti, decidiamo di noleggiare una Limousine per arrivare all’aeroporto di Newark (sembra incredibile ma, per cinque persone, ci costava meno che prendere due taxi), così sprizzando ricchezza da tutti i pori saliamo sulla nostra limo e ci dirigiamo, accompagnati dal nostro autista, alla volta di Newark.

Per le strade ortogonali di NYC la limo si comporta benissimo, percorriamo il Lincoln Tunnel (finalmente abbiamo fatto anche quello) e siamo nel New Jersey (a casa di Bruce!).

La personalità della nostra limo, così tranquilla e docile nelle strade rettilinee di NYC, si manifesta in tutta la sua bizzarria e sulle strade, non sempre ortogonali, del New Jersey fa compiere alla macchina nauseanti scodinzolamenti ad ogni cambio di direzione.

Nonostante tutto riusciamo a raggiungere l’aeroporto di Newark, da lontano scorgiamo i segnali che indicano le agenzie di autonoleggio, siamo arrivati e anche questa è fatta !!! Invece NO! Perché quei tranquillizzanti cartelli CAR RENTAL che scorgevamo da lontano indicano la direzione per ogni autonoleggio del mondo tranne il nostro, l’ALAMO.

Ok, No Panic! E’ molto semplice, senz’altro l’autista sa dove trovare l’autonoleggio, d’altronde lui è L’AUTISTA… quindi !! Invece NO! L’autista non ha la più pallida idea di dove sia l’Alamo, è la prima volta che porta qualcuno all’aeroporto di Newark…. Grande !!!! Ok, No Panic! E’ ancora molto semplice, basta fermarsi a chiedere a qualcuno indicazioni per arrivare all’Alamo….Ma, la compagnia concorrente AVIS, presso la quale il nostro autista si ferma a chiedere, non ha idea di dove si trovi (e forse ha negato pure l’esistenza della Alamo), un altro autista collega del nostro gli ha dato indicazioni ma o erano sbagliate o lui non capiva una mazza perché dopo diversi tentativi ci siamo dovuti fermare a chiedere aiuto alla polizia.

Improvvisamente mentre il livello di nausea, causato dagli ingovernabili dieci metri di lunghezza della nostra limo, cresceva e mentre il nostro autista cominciava a considerare il licenziamento come unica soluzione per uscirne, sul lato della highway notammo il cartello ALAMO CAR RENTAL !!! Dopo altri momenti di suspense prima di riuscire ad imboccare la giusta rampa d’uscita, abbiamo varcato trionfalmente l’ingresso della ALAMO CAR RENTAL dove, scaricato i bagagli, abbiamo pagato il nostro sudato autista che si è congedato da noi con un sospirato “NOW I GO HOME” Il disbrigo delle pratiche per il noleggio non è stato come pensavamo una delle cose più svelte del mondo.

Dopo circa un’ora passata ad attendere, il nostro turno e che l’impiegata capisse quello che doveva fare, abbiamo ritirato il nostro Van con il quale avremo poi percorso circa 5000 Km. Siamo saliti in macchina e facendo molta attenzione alle strade che ci circondavano e alla nostra fedele cartina siamo usciti senza intoppi (N.D.A. Avevamo un buon navigatore, questo va sottolineato) dal New Jersey.

E così viaggiavamo tranquilli a bordo della nostra Chevrolet e grazie a Dio non avevamo ancora fame, ma purtroppo più tardi ci venne fame ed allora fu LOCKED !!!!! Percorrevamo da alcune ore le strade del New Jersey e della Pennsylvania quando la fame ebbe la meglio su di noi e decidemmo di fermarci per mangiare qualcosa.

La sosta, nelle nostre intenzioni, doveva essere breve dato che erano ancora molti i chilometri che ci dividevano da Buffalo, la città che avevamo intenzione di raggiungere per passare la notte.

Così armati della nostra ferrea intenzione di impiegare il meno possibile per questa sosta siamo usciti dalla freeway n° 81 e ci siamo fermati al più vicino fast food che abbiamo trovato. Siamo scesi dalla nostra macchina e poi LOCKED !!! Per coloro che hanno preso parte a questo viaggio non occorre aggiungere niente altro, sicuramente anche a distanza di molti anni basterà ripetere questa parola per ricordare “LOCKED”, ma per quelli che non c’erano….Cerchiamo di rivivere quell’ora e mezza di tensione, ansia e … Allora, dove eravamo rimasti, siamo scesi dalla macchina e alcuni di noi sono entrati nel fast food per acquistare il cibo, fuori, accanto alla macchina sono rimasti alcuni altri (apprezzate, ve ne prego, la squisitezza di non fare nomi), ebbene questi “alcuni altri” inavvertitamente sono scesi dall’auto dimenticando di togliere la chiave dal quadro comandi, così, come nei migliori film di Stephen King, la nostra Chevrolet ha deciso di azionare l’antifurto e di chiuderci fuori.

La situazione non era affatto critica in quanto era solo Domenica pomeriggio, ore 18.30 in Agosto, giorno ora e mese in cui è certificata l’assoluta semplicità di reperimento di elettrauto e/o quant’altro.

Il quadro era molto carino, cinque stupidi con i loro panini in mano che guardavano lei, la macchina infernale “chiusa” nel suo mutismo, l’unica cosa che dava un segnale di vita era lo stereo acceso che ci intratteneva con le note degli Incognito.

Già, stavo dimenticando, lo stereo sulla macchina era rimasto acceso, come pure le luci di posizione e la chiave d’accensione era in posizione “ON” che vuol dire …. Ti sto scaricando tutta la tua bella batteria.

Oh lettore, se non fai parte dei cinque protagonisti, ti prego astieniti da qualunque commento, abbiamo già utilizzato tutti gli aggettivi conosciuti….

Alla fine tutto si è risolto nel migliore dei modi, abbiamo aperto la macchina, non abbiamo scaricato la batteria e abbiamo perso solo un’ora e mezza, dobbiamo comunque ringraziare tutti coloro che ci hanno aiutato, a partire dai due fermati nel parcheggio, al gestore del fast food, al cameriere, a “BIG MIKE” quello che ha materialmente aperto la macchina” ed anche ad “altri” che hanno voluto che la macchina si aprisse in quel momento….

Alla fine dopo essere saltati al collo di BIG MIKE, in segno di gratitudine, siamo saliti sulla nostra auto portando con noi la sorpresa di aver conosciuto la faccia umana dell’America e soprattutto portando con noi LA CHIAVE DI SCORTA DELLA MACCHINA !!! Nonostante tutto non ci siamo persi d’animo e seppure con qualche ora di ritardo sul programma siamo arrivati a destinazione .Siamo arrivati intorno alla mezzanotte e ognuno di noi sdraiato nel suo lettino (Alcuni un pò più stretti di altri) guardando il soffitto ha sicuramente ripercorso ciò che è accaduto durante la giornata e prima di chiudere gli occhi stroncato dalla fatica a sicuramente pensato “Che c… fortuna!“.

Da Williamsville a Battle Creek.

Siamo partiti in perfetto orario da Williamsville alla volta delle cascate del Niagara, carichi, pimpanti e più che mai convinti di avere dalla nostra la buona sorte sicuri di aver “già dato sufficientemente” il giorno prima.

Abbiamo fatto per la prima volta colazione un uno di quei tipici locali “on the road”e spinti ancora dall’entusiasmo di provare questa nuova esperienza ci siamo avventurati nell’ordinare i piatti più arditi che sicuramente a casa nostra non ci sogneremmo mai di mangiare alla mattina appena alzati.

Qui abbiamo avuto la prima “folgorazione” della nostra avventura . . . . Gli “STRAWBERRY PANCAKES”, è stato proprio in un ristorante della catena Bob Swain (molto caro!) che abbiamo fatto la loro conoscenza e, possiamo affermarlo tranquillamente, la nostra vita non è stata più la stessa da questo momento in avanti ! Eravamo entrati nel tunnel, ma non sapevamo che il peggio doveva ancora venire, perché più avanti nel nostro viaggio entrammo in un ristorante della catena Perkins e, come è ormai universalmente noto l’accoppiata “STRAWBERRY PANCAKE e PERKINS” è una vera e propria miscela esplosiva,non sai bene quello che ti può capitare se fai questo abbinamento e noi sprezzanti del pericolo cercavamo di farlo ad ogni nostra sosta !!!! PAZZI !!! Abbiamo visitato le Cascate del Niagara, con crociera di rito a bordo della Maid of the Mist… una nave che fa la spola per portare i turisti al centro delle cascate per … bagnarsi ben bene… devo dire che dalla riva queste barche le avevo scambiate per quelle carrette che i contrabbandieri utilizzano per smerciare … persone e cose!!! Questa tappa ci ha poi portato dal Canada al Michigan e nonostante l’intenzione fosse quella di arrivare fino a Kalamazoo ci siamo fermati in un posto che meritava sicuramente non fosse altro per il nome BATTLE CREEK che si pronuncia BATTO L CRIC.

Siamo arrivati, come era nostro costume, molto tardi alla sera e ci siamo fiondati dentro al “primo motel utile”, poteva andarci sicuramente peggio, ma diciamo che bene bene non ci è andata.

La stanza del nostro motel aveva il cesso otturato e le lenzuola utilizzate almeno un’altra volta PRIMA di noi, da notare che per tutto questo abbiamo pure pagato ! Da Battle Creek a Chicago Dopo Battle Creek abbiamo proseguito, attraverso lo stato dell’Indiana, fino a Chicago, nel Michigan.

Siamo arrivati a Chicago in tarda mattinata, il sole era con noi come sempre, grazie alla nostra proverbiale fortuna.

Abbiamo affrontato con notevole disinvoltura le highway che conducevano al centro di Chicago e senza troppi problemi ci siamo trovati in Michigan Avenue, dopo un giro di ricognizione e dopo aver scoperto che l’unico hotel a buon mercato di cui avevamo nome ed indirizzo era chiuso da tempo abbiamo optato per un Best Western il cui rapporto qualità prezzo era quello che più si avvicinava ai nostri standards.

Per la verità la prima cosa che valutavamo nello scegliere il motel o l’hotel in cui fermarci, dopo una rapida occhiata all’aspetto esterno, era il prezzo, di conseguenza non sempre il rapporto qualità/prezzo era accettabile, il più delle volte abbiamo pagato fin troppo stanze che specie dal punto di vista igienico non era sicuramente un gran che e questo hotel di Chicago rientrava senza dubbio in questa categoria.

Chicago ci è piaciuta ! Dall’altra parte del mondo, a casa nostra, stavano ammirando l’ultima eclissi del millennio e noi giravamo a bordo di un doubledecker ammirando la città dei Bulls, della Sears Tower, delle mucche e di E.R. (anche se non abbiamo visto nemmeno il Chicago Hospital !).

Da Chicago ad Albert Lea.

La sosta a Chicago non poteva certo essere completa senza una capatina ad Oak Park… e così è stato! Oak Park è un quartiere di Chicago nel quale si trovano dieci tra le più famose case costruite dall’architetto americano Frank Lloyd Wright.

Va beh, me ne rendo conto che non a tutti può fregare qualcosa di questo argomento, ma . . . Insomma facciamo vedere che la cultura non ci è completamente estranea !!!! Proprio per questo motivo vorrei aggiungere che in questo luogo è anche nato Ernest Hemingway . . . . Non ricordo bene chi è, ma mi hanno detto che ha raccontato la storia di un uomo su di una barca in mezzo al mare . . . . forse è lui che ha scritto la storia del Titanic ! Boh ! Ritorniamo a noi, siamo partiti da Chicago di “buon ora” senza fare colazione e abbiamo raggiunto Oak Park e, sempre senza fare colazione abbiamo visitato la casa di Frankie . . . . . Cosa non si fa per la cultura !!! La colazione fatta alle 12.00 circa è consistita in hamburger e patatine di McDonald, roba da “mappazza” garantita. A causa della prolungata sosta ad Oak Park (N.D.A. – Leggi a causa mia), la tappa successiva da Chicago ad Albert Lea, che dovevamo percorrere nell’arco dell’intera giornata, l’abbiamo dovuta fare esattamente in metà tempo.

Ciò ha comportato, come al solito, che arrivassimo tardi alla sera e che ci fiondassimo dentro al solito “primo motel utile”.

Questa volta però ci è andata benissimo in quanto il famoso rapporto qualità/prezzo è stato indubbiamente il migliore dell’intero viaggio! La nostra stanzettina era veramente molto accogliente, molto pulita e se non fosse stato per i maniglioni nel bagno che ci facevano capire che era una stanza per handicappati sarebbe stata perfetta…

Non scandalizzatevi, niente da dire, ma voglio solo precisare (e qui scende in campo il geometra che è in me ) che i bagni degli handicappati hanno il water ad un’altezza quasi proibitiva per gli altri, quindi i maniglioni sopra descritti ci servivano se non altro ad issarci a bordo di questo high-water.

Senza ombra di dubbio Albert Lea la ricorderemo a lungo per essere stato il luogo della nostra seconda “folgorazione”. . . . .PERKINS !!! Per i partecipanti al viaggio potrei fermarmi qui, ma vi spiegherò meglio che significato ha avuto per noi quel luogo ed anche tutti gli altri della catena Perkins Family Restaurant & Bakery.

Era un punto di riferimento, una certezza se durante il nostro peregrinare scorgevamo da lontano l’insegna verde di Perkins sapevamo che nulla poteva andarci storto, lì avremmo trovato tutto quello che faceva al caso nostro, avremmo trovato gli Strawberry Pancakes, avremmo trovato la Cesar’s Salad, avremmo trovato il Club Sandwich, avremmo trovato tantissime altre leccornie che non ci avrebbero mai e poi mai fatto rimpiangere la cucina di casa !!! Forse ho esagerato un tantino ??? Si, forse si, ma credetemi, alcuni di noi avrebbero venduto l’anima al Diavolo per mangiare sempre da Perkins !!! Solo una cosa non siamo riusciti mai a trovarla da Perkins (ma anche negli altri locali a dire il vero !) . . . . LA BUDWAISER !! La tappa successiva è stata da Albert Lea a Murdo… nel midwest.

Ce la possiamo raccontare come vogliamo, ma questo tratto è stato a dir poco allucinante.

Si, si, abbiamo visto le pianure del midwest . . . ok . . Abbiamo attraversato il Mississippi e il Missouri, abbiamo visto un’altra faccia dell’america.

La verità è che abbiamo attraversato chilometri e chilometri di campi di patate e mais, patate e mais, patate e mais, patate e mais, patate e mais, mais…E patate, la depressione che ci ha colto nell’attraversare questi luoghi è arrivata fino al punto di farci fermare per vedere se le patate che coltivavano erano uguali alle nostre… Vedete un pò voi !!! E’ stata una giornata particolarmente sfigata… Forse influenzata dal tempo, non troppo buono, dalle zone attraversate, che anche grazie al maltempo sembravano ancora più desolate e dal fatto che, se si esclude Walnut Grove, non abbiamo visitato assolutamente nulla !!! Come ??? Vi state chiedendo cos’è Walnut Grove, ? Il nome Laura Ingalls non vi dice niente? beh, allora ditelo !!!! Ma è il paese dove è ambientato il famoso serial televisivo “LA CASA NELLA PRATERIA”, avreste dovuto vedere con quale foga siamo scesi dall’auto quando abbiamo incrociato il cartello sul quale era indicato il nome del posto e il fatto che questa cittadina era il luogo natale della scrittrice Laura Ingalls Wilder, è inutile che scuotiate la testa . . .Vi ho detto che non c’era molto da vedere in questi posti! (pensate che abbiamo pure fatto una deviazione per passare di li !!) A pochi chilometri da Walnut Grove, anche se con le distanze di questo paese pochi chilometri sono almeno 200, stavo dicendo, a poca distanza dal paese della nostra cara Laura, è indicato il Pipestone National Monument inserito nell’elenco dei posti da visitare in fase di elaborazione dell’itinerario del nostro viaggio, il fatto è che né durante questa fase né tanto meno dopo aver visto dove si trovava questo posto abbiamo capito perché lo abbiamo incluso. Le guide parlano di questo posto come un luogo sacro per gli indiani che ricavavano qui la pietra per la costruzione delle pipe sacre, si insomma potenzialmente poteva avere un certo interesse ma in pratica decisamente no !!! Il tentativo malriuscito di visitare il Pipestone National Monument ha fatto si che, durante il nostro tragitto, ci fermassimo a pranzare in un fast food, un Pizza Hut per la precisione, anziché pranzare in auto come eravamo avvezzi solitamente (dovevamo in qualche modo ripagarci della delusione).

Il ristorante PIZZA HUT.

Il posto era tristissimo e noi intristiti dalla visita al Pipestone non ci abbiamo fatto minimamente caso .

Il parcheggio era deserto, non c’erano segni di vita nelle vicinanze se si esclude un uomo che dormiva a bordo di un pickup dalle portiere aperte, accanto alle ruote c’era un cartello sul quale era scritto il prezzo delle pannocchie di granoturco che metteva in vendita . . . . Ma chi poteva mai comprarle ! Sulla strada passavano pochissime automobili e in giro non c’era veramente nessuno, sembrava di vivere in uno dei racconti di Stephen King, mi aspettavo che da un momento all’altro uscisse dalla porta del locale un uomo con le mani insanguinate e lo sguardo da folle che fuggiva dopo aver sgozzato tutti gli avventori.

Adesso capisco perché molti dei suoi racconti sono ambientati in questi luoghi.

Qui non hai molte alternative, secondo me, o scappi via, o ti uccidi o uccidi tutti quelli che ti stanno attorno o . . . Apri un negozio e ti metti a vendere “Cose preziose” (quelli che non leggono King non capiranno … Ma tant’è !).

In ogni modo siamo entrati, tracce di sangue non sembrava essercene, e a parte due ragazzi seduti ad un tavolo con davanti due bicchieroni di Coke, eravamo gli unici avventori così, nel caso fosse arrivato l’assassino folle, avrebbe ucciso sicuramente prima noi. La cameriera del Pizza Hut ricordava la Flo dei telefilm Mel’s Diner, parlava un idioma incomprensibile, dubito fosse americano, la qual cosa ci mise in seria difficoltà per riuscire a portare a termine la nostra ordinazione.

Era abbastanza semplice, volevamo solo cinque pizze, ma si sa, negli States ordinare al ristorante è una delle cose più difficili che esistano per la serie di domande alle quali si deve rispondere in pochissimi nanosecondi.

Apro solo una piccola parentesi, avete mai provato ad ordinare al ristorante in America ? La cosa funziona più o meno in questo modo, voi entrate nel ristorante, dovete attendere che il cameriere vi assegni il tavolo e qui c’è la prima domanda “Fumatori o non fumatori ?” e fin qui niente di difficile, poi una volta assegnatovi il tavolo il cameriere, dopo avervi dato il menù che solitamente consiste in un metro quadro di carta plastificata stracolmo di foto di piatti all’apparenza tutti uguali, scompare per riapparire pochi istanti dopo con una caraffa di ghiaccio e poca, pochissima acqua con la quale vi riempie il bicchiere, già presente sul vostro tavolo, per ¾ di ghiaccio e per la restante parte di acqua. Dopo di che il cameriere vi chiede cosa volete da bere, se siete in prossimità di una autostrada dimenticate la birra, qui si va solo a Coke! svolta questa formalità, il cameriere scompare di nuovo e riappare dopo qualche tempo con la bibita che avete ordinato.

Fate molta attenzione perché è in questo lasso di tempo che voi dovete interpretare il menù, scegliere ed essere in grado di ordinare quello che volete.

Ecco il cameriere che torna, vi si avvicina e chiede “are you ready to order ?” già qui la vostra ostentata sicurezza comincia a vacillare . . .

Niente panico vi sta semplicemente chiedendo se siete pronti per ordinare e voi, se vi siete applicati con scrupolosità nel tempo che avete avuto a disposizione pensate di essere in grado di ordinare senza problemi . . . . .

INVECE NO! Facciamo un’ esempio, avete deciso di ordinare una bistecca. Già il riuscire ad individuare sul menù quello che per voi potrebbe, e dico potrebbe, essere una bistecca non è cosa da tutti, nonostante questo, in parte ignari di ciò che state chiedendo indicate, segnandolo con il dito sul menù, quello che volete ordinare al cameriere, a questo punto pensate di avercela fatta, ma il bello inizia proprio qui perché il cameriere che ha senz’altro capito quello che volete (bello sforzo gli avete fatto vedere la foto !), inizia a porvi delle domande a dir poco imbarazzanti del tipo “what style ?” cioè in che stile la volete la vostra bisteccuccia lo sguardo perso fa intuire al cameriere che vi deve dare una mano e allora vi suggerisce “rare ?” “medium ?” “well done ?” non avete assolutamente scampo perché se non avete con voi qualcuno che ha già vissuto questo incubo non ce la potete fare . . . . Il cameriere vi sta chiedendo come volete cotta la vostra bistecca poco, mediamente o molto, tutto qua.

Per esperienza personale ho notato che quelli che non conoscono l’inglese normalmente rispondono “medium” perché è l’unica parola che capiscono ! Ok, penserete che sia finita, ma non siete nemmeno a metà della vostra fatica, è ora il momento dei contorni, ne avete due a disposizione.

Andiamo con il primo e qui possiamo avere una lista interminabile di verdure cotte o crude delle quali non ne conoscerete nemmeno una e sempre con lo stesso criterio di ordinare quello che riuscite a capire per similitudine con l’italiano sceglierete “salad” cioè l’insalata che malauguratamente va condita in qualche modo . . . . E giù con l’elenco dei condimenti possibili per la vostra fot…A insalata.

Abbiamo il secondo contorno, non aspettatevi che il cameriere vi riproponga la lista delle verdure, dovete ricordarvelo voi, quindi sempre con la strategia adottata per ciò che non si capisce scegliete “potatoes” le patate . . . Si, ma come le volete, cotte al forno, lessate, fritte, espletata anche quest’ultima decisione potete dire di avercela fatta . . . . Fra poco vi potrete gustare il vostro bel piattino sempre che la tensione di questi momenti non vi abbia fatto passare la fame ! Torniamo indietro alla cameriera del Pizza Hut, che si avvicina al nostro tavolo e ci porge i menù per la fatidica scelta.

In questo caso siamo molto più agevolati in quanto la pizza, una volta scelta, non la si può manipolare più di tanto, quindi baldanzosi ordiniamo le nostre cinque pizze medie, anche se sul fatto che fossero veramente le medie che volevamo eravamo alquanto dubbiosi. Dopo poco vediamo Flo ritornare al nostro tavolo, ci sembra di aver intuito che le pizze formato medio che avevamo ordinato non ci sono, rimane solo il formato grande, dopo questa notizia c’è stato un susseguirsi di frasi incomprensibili da entrambe le parti e alla fine la cameriera se ne ritorna in cucina lasciandoci nel dubbio di aver ordinato cinque pizze formato …. Americano!!! Dopo alcuni minuti arrivarono le pizze, sono solo tre, più che sufficienti per sfamarci tutti, il nostro dubbio è, siamo stati noi che inconsapevolmente ne abbiamo ordinate solo tre o è stata Flo che intuendo che non ci avevamo capito un c… Ha deciso lei di ridurre l’ordinazione ? Ci rimarrà per sempre il dubbio ! Qui avevano la Budwaiser !!!!!! Da Murdo a Rapid City.

Siamo partiti da Murdo alla volta delle Badlands e guadagnando un’ora immediatamente partiti , grazie al cambio di fuso orario, ci siamo immessi nel TRAFFICO . . già traffico . . Perché per le strade quasi sempre deserte (o almeno così suppongo !!) di questi luoghi tutte quelle moto che incrociavamo in un senso e nell’altro erano veramente troppe ! Già da un pò avevamo incominciato ad incontrarli, ma da Murdo abbiamo iniziato ad intuire che erano un pò troppi per essere solo turisti in vacanza.

Erano Harleysti (se così si può dire) che si recavano al raduno annuale “BLACK HILLS RALLY” a Sturigs nel South Dakota.

A Murdo li abbiamo incontrati in ogni luogo, è sicuramente stata colpa loro se in questa sperduta località con non più di cento anime abbiamo dovuto pernottare in un luogo che definire motel è davvero difficile , era più che mai “sgarruppato” e le stanze, degne di film dell’orrore del tipo “Venerdì 13”, sfoggiavano un’improbabile moquette nella quale avevano preso alloggio un’infinità di piccoli animaletti con i quali abbiamo invano tentato di fare amicizia. Forse, ma questa affermazione non è stata suffragata dai fatti, la moquette se calpestata con violenza miagolava ! Dobbiamo dunque ringraziare i nostri amici dalle Harley se abbiamo dovuto dormire in queste condizioni, ma tutto sommato li scusiamo perché in fin dei conti erano veramente molto folkloristici con i loro “panzoni” coperti di pelle, le loro bandane che nascondevano calvizie tutt’altro che incipienti e le loro camminate che rivelavano la dolia di fondoschiena abituati più al divano di casa che alla sella di una Harley Davidson.

Hanno costituito la coreografia del nostro viaggio fino al 15 Agosto data di chiusura del raduno! In ogni caso l’itinerario di oggi che prevedeva il parco nazionale delle Badlands e il Monte Rushmore è stato ampliato “in corso d’opera” con l’aggiunta del Crazy Horse Memorial ! Ci facevano sempre compagnia i nostri amici con le Harley che non costituivano un grosso problema, se si escludono i parcheggi ricolmi a dismisura dei loro bolidi cromati.

Da Rapid City a Cody.

L’itinerario di questa giornata è stato quello più modificato “in corso d’opera” di tutto il viaggio, mai come in questa giornata i cartelli che vedevamo lungo la nostra strada prestabilita ci invitavano a deviazioni e “brevi” allungamenti di percorso.

Tutto questo per aggiungere delle mete non previste nel nostro carniere, alcune siamo riusciti a raggiungerle e ne è valsa la pena, altre invece non siamo nemmeno riusciti a trovarle ! Acc… ! Vediamo di chiarire meglio ! La prima deviazione è stata quella per raggiungere la Devil’s Tower, abbiamo allungato di poco il nostro percorso ma siamo stati ripagati da ciò che abbiamo visto.

La seconda deviazione doveva essere quella che ci avrebbe condotto ad un posto a dir poco mitico il “Little Bighorn”, il luogo dove è stato ucciso il generale Custer e dove gli indiani hanno ottenuto una delle loro più importati vittorie . . . . Sarebbe sicuramente stato bello vederlo ma, dopo aver fatto centinaia di chilometri abbiamo fatto dietrofront senza sapere di essere veramente a pochi chilometri dal luogo mitico.

Tutto ciò a causa della scarsissima segnaletica di riferimento, del fatto che c’era “Grossa crisi ! !” e a causa della nostra … stupidità… ma si sa non tutto può filare sempre liscio!!! Da Cody a Yellowstone Cody ha deluso le aspettative ! Secondo quello che ci avevano raccontato doveva essere un posticino molto carino e invece . . . Non è niente di incredibile.

Siamo partiti dopo aver fatto colazione in un locale che, più o meno, ricalcava lo stile di quelli fatti finora, ciò che mi ha colpito di questo luogo è stata una famigliola di locali che faceva colazione accanto a noi.

Era allucinante guardarli trangugiare, senza il minimo senso del gusto, il cibo che avevano nel piatto davanti a loro.

Il concetto di PIRAMIDE ALIMENTARE consisteva, per loro, nella capacità di accatastare più cibo possibile nel loro piatto al fine di formare una figura a piramide ! Non credo avesse molta importanza ciò che stavano mangiando tanto erano automatici i movimenti che spostavano il cibo dal piatto alla bocca; ciò che era ancora più allucinante erano i due bambini obesi, di questa allegra famigliola, che mangiavano automaticamente con lo sguardo fisso nel piatto … allucinante! Partendo da Cody alla volta del parco di Yellowstone il sole splendeva alto, ma dopo pochissimi chilometri, un vero e proprio uragano sembrava formarsi davanti a noi, nuvole basse, vento gelido . . . Insomma la stagione ideale per UNA, se non LA, meta fondamentale del nostro viaggio.

Questa volta la nostra “proverbiale fortuna” fu messa a dura prova perché il tempo era veramente pessimo, nonostante questo a poche decine di chilometri dall’ingresso del parco il cielo si è “aperto” e ci ha regalato una giornata, un attimino ventosa, ma splendida . . . . Date un’occhiata alle nostre foto e ne avrete conferma . . . . . Ho sentito parlare di fotografi eccezionali nel gruppo !!! All’interno del parco di Yellowstone abbiamo visitato : Il Fishing bridge (Il ponte dei pescatori), il Lake Yellowstone (il lago Yellowstone), il Mud Volcano (un vulcano di fango), la Valle Dei Bisonti , il Canyon del Fiume Yellowstone, la Cascata Tower Fall, le Mammoth Hot Spring (uno spettacolo . . . .Ci abbiamo fatto delle gran foto), l’Old Faithful (il vecchio fedele. E’ un geyser che ad intervalli regolari erutta . . .Che brutto termine però), l’Upper Geyser Basin, la Lower Geyser Basin e la Norris Geyser Basin.

Il nostro hotel era a West Yellowstone un gran bel posticino! Abbiamo soggiornato in un motel molto lussuoso e lì abbiamo deciso che è più bello fare i ricchi e che a noi ci riuscirebbe veramente molto bene!! Il mattino dopo sveglia a tarda ora e partenza per l’aeroporto Jackson dove ci attendeva il nostro volo per Las Vegas.

All’aeroporto di Jackson abbiamo consegnato l’auto, la mitica Chevrolet grigio metallizzata, che ci ha accompagnato per 5000 Km. E una volta disbrigate le pratiche abbiamo fatto il check-in per i voli che ci avrebbero condotto a Las Vegas, via Salt Lake City.

LAS VEGAS Te ne rendi conto immediatamente quando scendendo dall’aereo varchi la soglia dell’aeroporto McCarran . . . Sei nella città più stana del mondo.

Slot machine ovunque, scale mobili interminabili, cartelloni pubblicitari dalle dimensioni di campi da football . . . .E su tutti uno non lo dimenticheremo facilmente, quello di Siegfried & Roy illusionisti che qui a Las Vegas sembrano essere un’istituzione, in questo manifesto sono rappresentati il loro “inquietanti” primi piani con sguardi persi nel vuoto e accanto a loro giace docilmente una tigre bianca il cui sguardo fiero “buca l’obbiettivo” come si suole dire ! Lasciando per un momento i nostri due amici . . . . . Dopo essere atterrati abbiamo noleggiato un’altra auto, questa volta optando per l’autonoleggio AVIS e disbrigate le formalità ci siamo avventurati nel traffico alla ricerca dell’hotel in cui fermarci per le due notti che avevamo deciso di trascorrere a Las Vegas… non fu una cosa semplice! LAS VEGAS cosa dire di questo posto…se non la vedi non puoi capire, poi anche se la vedi…non capisci comunque! Innanzi tutto “esiste” solo di notte quando può dare il meglio di se, cioè nel momento in cui, con l’accensione di una quantità di luci impressionante, sembra prendere vita ! La prima cosa che sconvolge è senza dubbio il caldo soffocante e per noi, provenienti dai 2400 m. Dello Yellowstone, si sentiva particolarmente.

Il nostro primo impatto con la città è stato senza dubbio il migliore, dopo aver noleggiato la macchina ci siamo gettati nel traffico e abbiamo percorso lo STRIP al tramonto senz’altro l’ora più suggestiva.

La ricerca dell’hotel è stata STRAZIANTE, me abbiamo dovuti provare più di dieci prima di centrare l’obbiettivo perché o il prezzo era eccessivamente alto o c’era il tutto esaurito quindi, fino alle nove di sera, non abbiamo trovato nulla.

Finalmente abbiamo trovato dove pernottare, fortunatamente non in uno di quegli hotel “big size” dello Strip ma in un motel che tanto meglio si confacevano alle abitudini acquisite durante il viaggio.

Il motel era decisamente accettabile, aveva solo due piani, contro i 20 in media che avevano gli hotel famosi tipo il LUXOR (quello a forma di piramide), il BELLAGIO (dove sembrava di essere sul lago Maggiore), il NEW YORK NEW YORK ecc.; l’unico problema del nostro motel erano le chiavi (a tessera magnetica) che funzionavano una volta su 100, e la prima volta che non hanno funzionato siamo stati coadiuvati da un uomo della security del motel (età presunta 65/70 anni) che, al fine di garantirci che la stanza non era stata violata da nessuno in nostra assenza, con torcia elettrica alla mano e pistola è entrato di soppiatto nella stanza, senza accendere le luci, come nei migliori film polizieschi americani, a dire il vero noi ci aspettavamo che nell’entrare compisse una capriola in modo da trovarsi all’interno della stanza in ginocchio con la pistola puntata verso il “probabile” assassino, ma data l’età non potevamo pretenderlo, avremmo rischiato di doverlo aiutare a rimettersi in piedi! Tranquillizzati comunque da questo controllo, e dal fatto che il “security man” prima di congedarsi ha detto che nel caso ci fossero stati altri problemi lo avremmo potuto chiamare tranquillamente, abbiamo preso possesso delle nostre stanze e ci siamo preparati ad affrontare la nostra prima serata a LAS VEGAS . . . . la città che non dorme mai !!! Già dalla prima sera si è capito il funzionamento di questo strano luogo…dopo le dieci di sera, se vuoi andare in un ristorante non ce la puoi fare . . . Perché ? Ma perché chiudono alle undici, è semplice quindi fino alle dieci ti fanno entrare, dopo di che basta ! Tutto ciò perché esiste solo un motivo per cui andare a LAS VEGAS . . . . IL GIOCO !!! Alle dieci di sera eccettuati pochi turisti che si aggirano per le strade sono tutti blindati nei casinò a sputt . . .Are quattrini accanto a quelle stupide macchinette . . . Le Slot Machine ! Da Las Vegas al Gran Canyon…. E ritorno.

Sono 900 chilometri! Potrei concludere così il racconto di questa giornata allucinante… Ma non renderei il giusto merito a ciò che abbiamo visto ! Siamo partiti da LAS VEGAS e, come in Giochi senza frontiere, abbiamo affrontato il FIL ROUGE che in questo caso consisteva nella non facile prova di . . . . . “Uscire da LAS VEGAS ! ! !”.

Sembrerebbe tutto molto facile, basta seguire i cartelli segnaletici vero ? Potrebbe essere il giusto metodo se i cartelli fossero corretti, o meglio, se i cartelli non indicassero strade che improvvisamente sparivano . . . . (non dovevamo stupirci eravamo nella città di Sigfried & Roy i noti illusionisti) . . . Quella che doveva essere una delle strade principali finiva miseramente in un quartiere residenziale in costruzione, abbiamo percorso in lungo e in largo le strade di questo quartiere e appena prima di iniziare a socializzare con le maestranze dei cantieri siamo riusciti ad indovinare la via giusta per dirigerci verso sud (già dimenticavo sulla nuova macchina noleggiata NON avevamo la bussola) e quindi verso il Grand Canyon! ! ! Vedere il Grand Canyon è una cosa da farsi… almeno una volta nella vita è talmente inspiegabile.. Che solo chi è rimasto per alcuni minuti seduto a contemplare il panorama da uno dei punti di vista riesce a capire quanto sia difficile raccontarlo… è lui… è il Canyon! Escluso il Grand Canyon, i paesaggi che abbiamo attraversato non avevano nulla di estremamente spettacolare, deserto…Deserto…Deserto, se aggiungiamo che, come al solito, siamo ritornati a Las Vegas ben oltre le dieci di sera, il deserto per giunta di notte non è per niente entusiasmante… Ma allora perché raccontare questi noiosissimi chilometri… Appunto per questo ! Perché essendo stati talmente noiosi l’unico nostro desiderio era quello di percorrerli nel minor tempo possibile, è ciò che abbiamo fatto… Seguendo la legge fisica V=S x T dove S è lo spazio percorso e T il tempo impiegato… A noi è successo che moltiplicando lo spazio che avevamo percorso per il tempo che avevamo impiegato la nostra V (detta anche velocità) era decisamente elevata . . . . E il poliziotto che ci ha INSEGUITO e FERMATO senza la calcolatrice alla mano ci ha appioppato un MULTONE da cinema ! Dopo questo sgradito intermezzo, a parte l’inc…Tura, la nostra V è diminuita notevolmente rientrando dentro i limiti previsti dalla legge, ne consegue che il nostro T si è allungato a dismisura, mettendo a dura prova il fondoschiena! abbattuti . . Affaticati . . Affranti di fatica . . Arrembati . . Atterrati dalla stanchezza . . Cascanti . . Deboli . . Domati . . Esausti . . Esauriti . . Estenuati . . Faticati . . Fiaccati . . Infiacchiti . . Sfiniti . . Logori . . Maceri . . Oppressi dalla fatica . . Malconci . . Prostrati di forze . . Scossi . . Sciupati . . Sfiancati . . Stroncati . . Spossati . . Stremati . . Stracciati . . Sgarrettati . . Trambasciati . . Travagliati . . Vinti dalla stanchezza . . Svigoriti . . Stemperati . . Snervati . . Strafelati . . Annoiati . . Infastiditi . . Spazientiti . . Insomma STANCHI ! Siamo rientrati a Las Vegas oltre le dieci di sera . . . Già l’ho raccontato , alle undici di sera non si riesce a trovare un posto normale dove poter mangiare qualcosa, quindi immaginatevi la situazione ! Come mi pare di aver già chiarito nelle righe precedenti eravamo un tantino stanchi, se poi aggiungiamo la sottile depressione che ci aveva colto per la depauperazione inflittaci del nostro caro amico “Patrol Man” e il fatto che data l’ora non siamo nemmeno passati in hotel per cambiarci . .

l’immagine che scaturisce è la seguente : cinque zombie maleodoranti che sia aggirano per le strade semideserte di una città semiviva alla disperata ricerca di cibo . . . . Carne umana se è possibile ! ! Abbiamo tentato di entrare al Planet Hollywood del Cesar Palace (perché non dimenticatelo, eravamo stanchi ma non così tanto da rinunciare nella nostra solita folle ricerca del kitsch !) ma era già chiuso e . . allora cammina cammina ci ritrovammo in una radura . . . . Dove svettava l’insegna PIZZA HUT . . . Uno dei locali in assoluto più zozzi che io abbia mai visto durante questo viaggio …gestito da un’orientale che presumo fosse pazza perché continuava a chiamare “pizza ai peperoni” una pizza al salame piccante ! Così ordinata pure noi la nostra pizza ai peperoni ce la siamo sparati in gola e siamo schizzati all’hotel dove vinti dalla stanchezza siamo crollati immediatamente.

Da Las Vegas a Los Angeles Prima di metterci in strada siamo andati all’ufficio postale dove abbiamo pagato la multa! Il percorso LAS VEGAS / LOS ANGELES è stato percorso, a causa della mazzata del giorno prima, alla media di 10 km/h o quasi . . .

Un piccolo, piccolissimo P.S. Merita l’hotel presso il quale abbiamo soggiornato nei pressi del parco Disneyland ad Anaheim . . . Non tanto per l’hotel, carino, senza dubbio superiore agli standards abituali, ma principalmente per il concierge cinese! Accidenti . . . Spiegare come parlava è impossibile perché oltre a sostituire la R con la L, come tipicamente fanno gli orientali, aveva anche un’ulteriore difetto di pronuncia grazie al quale le F diventavano P . . Esilarante ! Immaginatevi quanto abbiamo impiegato a capire che le nostre stanze si trovavano al 5° piano che in inglese sarebbe Fifth Floor . . . Grazie al frullatore che si trovava in gola il nostro piano è diventato PiPth Plool, vi assicuro che non è stato facile capire ma nemmeno rimanere seri davanti ad un concierge che si era trasformato inaspettatamente in ETA BETA! Disneyland è splendida… chi lo dice è una persona che ha già visitato Eurodisney, quello di Parigi, cinque volte… quindi ammetto di non essere obbiettiva… ma io adoro questi luoghi… che ci posso fare! Usciti dal parco dovevamo recuperare l’auto ed avventurarci alla ricerca di quello che sarebbe stato il nostro hotel fino al giorno della partenza (tre giorni).

Non avevamo assolutamente idea di dove andare se non una vaga intenzione di cercarlo in prossimità dell’aeroporto, visto che dopo tre giorni sarebbe stato da lì che dovevamo partire per il rientro; così baldanzosi percorremmo le solite highway a sei corsie di L.A. In direzione dell’aeroporto, uscimmo a quella che ci sembrò la “prima uscita utile” e . . . Rientrammo quasi subito con la decisione di cambiare assolutamente zona !!!! Verificammo alcuni motel nelle immediate vicinanze dell’aeroporto ma nessuno faceva al caso nostro ! Erano tutti più o meno simili a quelli che si vedono nei telefilm polizieschi dove c’è sempre il cadavere di una persona che viene trasportato al di fuori dentro quei sacchi di plastica neri.

Non amando molto la plastica abbiamo deciso di invertire la rotta e di dirigerci in tutt’altra zona . . . .Hollywood ! Ci siamo ovviamente arrivati abbastanza tardi ma questo non ci ha impedito di trovare un motel decisamente carino nientepopodimeno che sull’ HOLLYWOOD BOULEVARD! Dopo Disneyland naturalmente è obbligatoria una visita agli Universal Studio, cosa che noi non ci siamo fatti mancare e dopo via per le strade di Hollywood, Beverly Hills, Santa Monica.. Si insomma in tutti i luoghi che “occorre” vedere quando si è in L.A.! Qui si conclude anche il nostro Coast to Coast!



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