Cinque Terre non per caso
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A detta degli “autoctoni” di italiani “nun ve n’è” un po’ per via delle ristrettezze economiche (leggi “c’è la crisi”), un po’ per la pessima pubblicità che i nostri media “gratuitamente” ci fanno. In pratica dopo, l’eccessivo, strombazzamento della “notizia dell’alluvione” dove sembrava che le Cinque terre fossero finite a far compagnia ad Atlantide, hanno “dimenticato” di comunicare che l’emergenza era tutto sommato rientrata.
Il motto del viaggio è stato “Vediamo come son messi, e cosa stanno combinando per riavviarsi” (sono un informatico che volete farci).
Al termine del viaggio possiamo affermare che i media esagerano, e omettono particolari fondamentali.
Non c’è problema, ve li raccontiamo noi!
Punto primo: le cinque terre sono sempre lì, italico colorato gioiello, aggrappate alle scogliere da un migliaio di anni (o giù di li), ed a sentire gli abitanti è pure “normale” che ogni tanto venga giù un “pezzo di montagna”.
Sapevate che a Corniglia manca un intero “pezzo” (chiesa compresa) che è caduto giù in mare qualche centinaio di anni fa? A farci caso dal mare si nota benissimo.
Punto secondo: a ottobre non sono state vittima di valanghe tutte e cinque le città. La situazione è ben diversa. Delle cinque l’unica che ancora mostra evidenti segni di quanto accaduto è Vernazza; è comunque possibile visitarla (ovviamente) e magari fare un po’ di corroborante “shopping turistico” nei due negozi di souvenir che sono già riusciti riaprire.
Le Cinque terre non hanno bisogno di elemosina, ma solo di tornare ad essere considerate per quello che erano e che sono!
Punto terzo: non è pericoloso. Non avete idea di quante volte, chiacchierando con altri turisti (stranieri), questi abbiano posto la domanda “Is it dangerous?”
Conclusa questa dovuta premessa, vi starete chiedendo “Vabbè, abbiamo capito, ma dove è il tuo diario dicci dove sei stato! Racconta!”.
Eccolo che arriva, fatene buon uso.
Itinerario spalmato su tre giorni e mezzo.
Il nostro “campo base” è stato fissato a Corniglia (“villinoazzurra”), il 3o dei 5, paese che sta giusto in mezzo. Qui giungiamo nel primo pomeriggio di giovedì, dopo 5 ore di viaggio, da Roma. Seguendo il consiglio di altri “Turisti per caso” abbiamo optato per una soluzione “niente macchina”.
Confermo il consiglio! Assolutamente inutile andare con la macchina. Il treno che attraversa i 5 comuni ha una frequenza di 40 minuti (e anche meno nelle ore di punta) e impiega tra un paese e l’altro non più di 4 minuti, puntuale e capiente, ha il privilegio di regalare, quando non in galleria, degli scorci davvero “lovely” (cit. di una turista).
Non sono riuscito a trovare i “mitici” 19 euro di Trenitalia, ma me la cavo con un 29 per l’andata ed un 39 per il ritorno (a persona).
Arrivati a La Spezia è semplice trovare l’ufficio informazioni del consorzio delle Cinque Terre. Nota bene: quello che vi si presenta appena scesi dal treno è chiuso, ma solo perché si sono trasferiti in un’altra zona della stazione!
Il treno per Corniglia (costo 2,30 euro) sarebbe partito dopo 40 minuti (ricordi?), abbiamo il tempo di acquistare la “Cinque Terre Card + Treno” (19 euro, dura 2 gg dalle 00:01 del giorno in cui viene vidimata alle 23:59 del giorno di scadenza).
Non sono del tutto convinto della convenienza di questa card, tuttavia volete mettere non dover fare i biglietti ogni volta che salite su un treno, una navetta (con relativo resto in moneta) o che prendete un sentiero? E poi il ricavato della card va all’Ente parco per il suo mantenimento. Mi è bastato questo!
Giungiamo a Corniglia, che dei cinque sicuramente è il “meno commerciale/turistico”, ho sentito da qualche parte che Montale (?) lo definì come una “perla grezza”. Secondo me è il paese più adatto dopo una densa giornata “turistica”.
Questa location non è adatta agli amanti della mondanità. Dopo le 20:00 il servizio navetta che collega la stazione al centro del paese (circa 1,5 km) termina, e per salire in centro o si ripercorre a piedi la via della navetta (no, non è pericoloso!) o ci si avvia verso la “lardarina”. Cosa è la “lardarina”? Una scala (a zig zag) che sale dalla stazione alla piazza centrale, 382 scalini (bassi) in tutto, si può fare.
Corniglia si gira in poche ore, si trovano facilmente tutte le sue bellezze. Noi abbiamo cominciato dalla “Marina” che, complice una ripida scalinata, porta giù nella spiaggia (di scogli) immersa in un mare incredibilmente smeraldo.
Girovagando per il paese, da vedere è anche la “Terrazza” una specie di “piazza a balcone”, da dove si scorgono i fratelli di Corniglia. I vicoli sono freschi ed alle 5 del pomeriggio non si può chiedere di meglio. Se vi piace il genere c’è anche la chiesa.
E’ tardi, è giunta l’ora della cena e “Google Maps” ci suggerisce di provare “La cantina de Mananan” nei pressi della piazza centrale (che non coincide con il belvedere) a pochi metri dal negozio “A Butiega” in cui abbiamo avviato i “turistici acquisti” (i prezzi sono inferiori agli altri negozi del paese). Da “Mananon” si mangia benissimo, lasciate stare però l’antipasto (deludente) e prendete direttamente il primo ai frutti di mare ed il sauté di cozze (che chiamano “Muscoli alla marinare”, per noi “del sud” è strano!). Totale 35 euro (a persona).
Venerdì
Sveglia alle 7! Navetta, stazione, treno direzione La Spezia, arriviamo alle 8:40 a Riomaggiore. Si, è prestissimo, ma la giornata è ricca!
A Riomaggiore si deve andare a vedere la marina! E’ quella che compare in tutte le foto delle Cinque terre! “It’s Wonderful” (cit. del solito turista straniero)! Scatto anche io la mia foto e ci incamminiamo per il “corso” principale che pian piano si arrampica su per il paese; tra negozi di artigianato locale e ristoranti, si arriva in cima su al “Castello” da cui si gode una splendida vista del paese ed il primo tratto della famosa “Via dell’Amore”, verso cui ci avviamo.
Una breve sosta nel locale appena all’ingresso della “via” per un aperitivo “pesto e olive” (12 euro in due), e iniziamo la nostra passeggiata sulla “via dell’Amore” che ci porterà a Manarola.
Non vorrei fare il guastafeste, ma di “amore”, a parte le “discutibili” scritte sui muri e gli immancabili “lucchetti” appesi ovunque, non ne ho “visto”, ma magari è un mio limite. La “via”, che comunque merita per il panorama spettacolare che offre, è pianeggiante, lastricata e fattibile anche con i tacchi 12, ci si impiega tra una foto ed un’altra 45 minuti.
Giunti a Manarola, visto che l’appetito vien camminando, scegliamo un ristorante sul corso principale “Il Porticciolo” (primo e secondo di pesce, vino e acqua, totale 50 euro). Dopo pranzo gironzoliamo pigramente su per il corso, e giungiamo al “famoso” mulino ad acqua appena restaurato, niente di che, si può anche saltare, ma visto che la strada ci passa davanti una sosta all’ombra è d’obbligo.
Proseguendo per il corso si giunge alla (freschissima) chiesa dal cui piazzale si scorge un bello scorcio dall’alto del paese. Decidiamo di andare a visitare Volastra (frazione di Manarola), e viste le distanze “agganciamo” la navetta del parco che in pochi minuti ci porta alla meta.
Volastra è un buon punto d’appoggio per chi volesse tentare di intraprendere il sentiero che porta a Corniglia, che dovrebbe essere riaperto per i primi di Giugno, non c’è molto altro, ed a dire il vero non siamo riusciti a trovare neanche un bar aperto (erano le 17:30), ma ne abbiamo approfittato per scambiare due chiacchiere con i, sempre disponibili, abitanti della zona.
Tornati a Manarola (sempre con la navetta inclusa nella “5 terre card”), attendiamo inutilmente che il Museo dello Sciacchetrà apra, ma il “popolo” dice che “apre quando gli pare”. Non so quanto questa “diceria” sia veritiera ma tant’è, noi lo abbiamo visto sempre chiuso.
Siamo stanchi, sono le 19, decidiamo di rientrare a “casa” dove, dopo l’ormai consueto, resoconto della giornata in piazza con gli amici “Lino & Co”, per cena decidiamo di provare il locale in piazza “belvedere” “Dau Tinola”. Antipasto della casa (seppur abbondante) vino della casa totale 70 euro in due! Sconsigliato!
Sabato
Oggi andiamo verso nord, proprio nei paesi “franati”. Non nascondo una certa “preoccupazione”, mi sento tra l’indelicato, lo sciacallo, il curioso, il fuori luogo, il turista, tutto insieme… è strano da descrivere…
Alzarsi alle 7 ormai è abitudine, giungiamo a Vernazza alle 8:40. I paesi delle Cinque Terre sono tutti estremamente particolari, e hanno tutti la stazione del treno in punti “incredibili” della città, praticamente posta giusto al centro del paese, è come avere Roma Termini giusto in mezzo al Vaticano.
Con il senno di poi, si comprende anche immediatamente il motivo della disastrosa alluvione i cui segni, qui, sono ancora ben evidenti.
Vernazza è un paese collocato in una specie di “V” formata da due monti, semplice intuire gli effetti di una frana… A Vernazza c’è una sola strada, posta giusto al centro di questa “V”, in questa strada è visibile tutta la potenza di madre natura, che rappresenta, a chi distrattamente se ne dimenticasse, di cosa è capace e in quanto poco tempo.
Ci raccontano che in 60 minuti la frana è stata in grado di portare “a intonaco” le pareti di tutti i negozi (banche comprese) dell’intera via principale nessuno escluso e di allungare la spiaggetta situata al termine della via principale appena sotto la piazza principale di quasi 50 metri, sino quasi a riempire del tutto la darsena. Non ci sono parole!
Ciò che si prova, soprattutto dopo aver visto gli altri paesi, è strano. Sembra un paese appena uscito da un bombardamento che ha interessato però solo il pian terreno delle abitazioni.
Si vedono squadre di operai al lavoro, impastatrici che rullano a pieno ritmo, volontari che discutono su dove e come posizionare le (nuove) piante ornamentali, e bobcat che tentano (faticosamente) di frantumare e portare via il fango, ormai solidificato, che ancora giace sulla spiaggia.
È una sensazione stranissima. Procedere nel giro, soffermandoci in uno dei (due) negozi di souvenir per alcune compere.
Non nascondo che in quell’atmosfera ci pareva addirittura “scortese” “buttar via soldi” in acquisti che, seppur graziosi, restano pur sempre “futili”…
Tuttavia la simpatica signora che ci invita ad entrare mostrandoci, orgogliosa, il suo locale appena riaperto e che “sa ancora di vernice”, e che con vigore ci sottolinea quanto fosse importante “dare un segnale” e di come loro fossero stati i primi a riaprire il 25 Aprile, è riuscita a trasmetterci tutto il vigore che i concittadini stanno mettendo nella ripartenza. Senza parole.
Dopo questa significativa chiacchierata e completato “il giro” per il paese che, nelle sue condizioni attuali, si compie in 1 ora, decidiamo di raggiungere Monterosso utilizzando il sentiero (del CAI).
Nota: tutti i paesi delle Cinque Terre sono collegati tramite sentieri, più o meno lunghi, ben segnalati in cui non si è mai soli per via del continuo flusso di turisti, l’ingresso a questi sentieri è a pagamento, ma incluso nella “Cinque Terre Card”.
Il sentiero Vernazza-Monterosso offre interessanti scorci, ne vale sicuramente la pena, ma che fatica! Segnalato come 90 minuti noi ci abbiamo impiegato due ore e mezza. E sì, quelli del Cai sono troppo ben allenati, ma è anche vero che noi, ce la siamo (ovviamente) presa un po’ comoda, compresa la sosta, nei pressi di Monterosso (che non faceva altro che comparire e scomparire tra i costoni di roccia, chi andrà capirà) per una limonata (portatevi 2 euro in moneta!) proposta da una signora del posto che coglieva i limoni direttamente dai suoi alberi, e li spremeva con cura, altro che macchinette per aranciate al bar!
Il sentiero Vernazza-Monterosso secondo me non è per tutti, anche se ho incontrato, bambini, anziani, anziani con bastone, neonati (a spalla) e tedeschi con zaini enormi, che sia io il trekker più scarso?
Mi sento anche di consigliare il verso con cui percorrere il sentiero; quello che abbiamo scelto noi è sicuramente il meno faticoso.
Giungiamo a Monterosso verso le 13, dopo tutto questo cammino e 30 minuti di panchina (obbligatoria dopo la “scarpinata”), scegliamo il locale per il pranzo, optiamo per il “Belvedere” e qui, rendendoci conto di non aver ancora mai provato il pesto (ma solo acciughe e cozze) la scelta è quasi obbligata: due trenette (fatte in casa) al pesto, muscoli alla marinara, alici ripiene, vino della casa totale 50 euro (in due), si può fare. Nota di colore: sopra la sala (aperta sui due lati) che affacciava sul mare, dove ci siamo accomodati (fuori non c’era posto) passava il treno! Questa cosa a mio avviso non è fastidiosa anzi “fa molto Cinque Terre”!
Dopo il soddisfacente pranzo, ci incamminiamo per le fresche vie di Monterosso. Qui i danni dell’alluvione sono meno evidenti rispetto a Vernazza, si notano “solo” i segni sulle facciate e le foto del tipo “prima-dopo”, oltre a qualche “residuo lasciato li apposta”. Non c’è che dire, che è stato fatto un ottimo lavoro. Resta solo la chiesa che comunque è accessibile e da il senso di “quello che deve essere stato”.
Ci soffermiamo a chiacchierare con i gestori dell’enoteca “Internazionale” che ci mostrano le loro foto private del “disastro in cantina” con centinaia di bottiglie di (ottimo) vino sepolte dal fango e pazientemente recuperate. Ovviamente il fango non danneggia il vino conservato all’interno delle bottiglie, solo che pare che la gente/i turisti mal tolleri le bottiglie con le etichette staccate, turisti! Noi ne prendiamo tre, eccellente!
Monterosso non è molto faticoso da esplorare, anche perché è a livello del mare e completamente pianeggiante. La parte della stazione è quella più “Cinque Terre”, mentre quella al di la della Torre è molto più “giovane” (tipo “ramblas” a Barcellona, si lo so è diverso ma dai, un po’ da l’idea :]…)
Rapido giro nella parte “giovane” con spiaggia e bagnanti da un lato, lungomare, e bar e negozi dall’altra e ritorniamo in stazione alla volta del nostro campo base, sono appena le 17, è si, la “passeggiata” mattutina, ci ha “segnato” abbastanza la giornata.
Rientrati a Corniglia, consueto resoconto con gli “amici del vicolo” che allegramente ci informano che domani mattina ci sarà uno sciopero dei treni, solo dei regionali e solo nella Liguria (no comment…); ci offrono un calice di vino e delle… ora va meglio…
Non voglio polemizzare, avranno le loro ragioni, ma dico, proprio durante la stagione turistica dovete scioperare? Proprio nelle Cinque Terre dovete astenervi dal far circolare l’unico mezzo di circolazione idoneo? Non ho parole…
Rinfrancati dal buon vino, non ci perdiamo d’animo e decidiamo di “rischiare” andando in direzione opposta a quella di destinazione (La Spezia) ovvero ci dirigiamo verso Monterosso, da lì prenderemo il battello che oltre che a portarci verso la stazione di partenza avrà il surplus di farci ammirare le Cinque Terre dal mare, conducendoci fino a Porto Venere (26 euro, se non ricordo male), da lì con un bus di linea arriveremo comodamente (?) a Spezia.
Domenica
Tutto si svolge come previsto, eccetto che a Monterosso inizia a piovere e il mare un po’ si “arrabbia”; ma non deve essere stato nulla di particolarmente impegnativo, visto che c’era il “solito turista” che mangiava arance, mentre noi quasi “ci restavamo secchi” (lo so, siamo esagerati, ma che ci volete fare siamo “gente di montagna”). Il battello si ferma in tutti i paesi eccetto a Corniglia, che come ormai saprete, non ha il porto, e ci consente di ammirare i paesi uno per uno dal mare, “awesome!” (cit.).
E niente, arriviamo dopo 90 minuti a Portovenere che dev’essere un bel posto, ma non lo abbiamo visto perché appena sbarcati è venuta giù la prova generale del diluvio universale (pentitevi finché siete in tempo!), giusto il tempo di comprare un ombrello dal venditore apparso insieme alla pioggia, cercare il bus, sbagliare strada, fare gli auguri alla sposa (s^, ce n’era una, appena uscita dalla chiesa), salire sul pullman, scoprire che i biglietti non si vendono a bordo, riscendere, cercare una biglietteria, scoprire che non ce ne sono e che esistono solo gli “automatici”, cercare degli spiccioli (1,5 euro a testa), cercare l’automatico (l’unico), fare la coda, scoprire il codice giusto del biglietto per La Spezia, ritornare sul bus (ormai stracolmo), tutto letteralmente “innaffiato” da abbondante pioggia… ma sto divagando. Poteva essere mica tutto perfetto?
Il tragitto in bus ha avuto il suo perché, e come sempre permette di vedere le cose da un punto di vista diverso, ovvero in piedi per 35 minuti :]
Una dritta esclusiva per i “turisti per caso”: non scendete alla fermata della stazione, ma preferite quella successiva, perché non ci sono le scale da fare (leggi trolley sollevati a braccia) e la distanza è la stessa.
Stazione, McDonalds (immancabile, dopo tutti questi pranzi da “intenditore”), treno, casa. Ma resta sempre un pezzo d’Itala (che “Ci piace”) nel cuore…
Buon viaggio.