Cinque giorni di di cultura a San Pietroburgo
Agosto 2011
Uno dei miei più grandi sogni è sempre stato quello di mettere piede sulla Piazza Rossa di Mosca. Un sogno che, nell’agosto 2011, si è finalmente realizzato. Per diversi anni mi ero informato su di un probabile viaggio in terra di Russia, ma avevo sempre rinunciato per le varie difficoltà che s’ incontravano nell’ organizzazione. Sono abituato a preparare lo zaino, comprare il biglietto e partire. Via, a scoprire ed innamorarmi di questo mondo. Ma per la Russia non è cosi, non basta avere in mano un biglietto aereo e partire. Burocrazia, un termine a me poco simpatico, è la parola che incontravo ogni qualvolta tentavo di viaggiare verso quella terra. Ero confuso, non capivo la scaletta dei vari passaggi, se dovevo fare prima il visto o cosa, il biglietto, o aver prenotato l’albergo. E puntualmente rinunciavo, troppe spese, troppa burocrazia, troppo rumore per nulla. Le cose invece erano molto più semplici. Nell’anno 2011 mi sono finalmente deciso: questa estate, in un modo o nell’altro, Valdo dovrà posare la sua scarpa 43 sulla Red Square. In un modo o nell’ altro, io sarò la, con i miei occhi ad osservare la superba Sab Basilio. Ma come sempre succede, anche questa volta l’organizzazione del viaggio è stata tutt’altro che semplice, anzi, posso dire che la mia è stata un agonia lunga 5-6 giorni. Una piccola tragedia fion a poche ore dalla partenza; sì, questo è il termine esatto.
Indice dei contenuti
…che disavventura!
Premessa: per visitare la Russia è necessario ottenere il visto dell’ambasciata russa ed una polizza assicurativa. E fin qui, è andato tutto bene, non ho avuto particolari problemi ( salvo poi dimenticare, nella fretta, la polizza a casa! ). Ho conosciuto tramite internet un ragazzo italiano residente a San Pietroburgo che si occupava di questo tipo di pratiche e, pattuita la somma, ho inviato il mio passaporto con tutta la documentazione necessaria al fine di ottenere visto e polizza. Una settimana di attesa, ed il corriere mi consegna il passaporto con il visto russo e la pratica di un assicurazione convenzionata con la Russia (bisogna stipularne una apposita, non una qualsiasi). E la pratica per questo Paese può dirsi conclusa. In passato avevo rinunciato a scoprire la terra degli zar poichè mi era stato detto che bisognava soggiornare in hotel convenzionati dove veniva poi compilata la pratica di registrazione, necessaria per restare sul territorio russo. Siccome ero solo in questa avventura, preferivo alloggiare in un ostello, decisamente più economico, più vicino al centro città e soprattutto dove potevo scambiare qualche parola con persone provenienti dai quattro angoli di mondo. Anche se in viaggio sono piuttosto taciturno e preferisco restare solo, qualche parola ogni tanto mi piace farla. Ma da come mi era stato detto, gli ostelli non potevano compilare tale pratica, annullando già in partenza la mia voglia di Russia. Invece non era cosi. Questo ragazzo, molto disponibile, mi spiega passo per passo la procedura per visitare il paese, molto più semplice di come immaginavo. Visto dell’ ambasciata, polizza e null’altro. Nessuna prenotazione obbligatoria in hotel convenzionati, niente di tutto questo. Felicità! Ma siccome poi dalle terre di Russia sarei volato in quelle Uzbeke (via Riga), necessito anche del visto dal consolato uzbeko. Siccome una ragazza che abita nel mio quartiere è stata pochi mesi prima in quella terra, la contatto nella speranza che possa darmi un aiuto al riguardo. Compiliamo insieme la richiesta di visto sul sito del consolato uzbeko in Italia, effettuo il versamento sul conto corrente da loro fornito e poi tramite corriere invio il passaporto al consolato a Roma. E rimango in attesa. Nel frattempo prenoto i voli aerei, mi organizzo con ostelli e mappe. Tutto è quasi pronto, tutto organizzato. Mancano circa 13 giorni alla partenza, sono molto tranquillo, in meno di 4-5 giorni dovrei riavere il passaporto con il visto. Ma i giorni passano e del mio documento nessuna notizia. Dieci, nove, sei, cinque giorni e devo ( dovrei ) partire. Ma il passaporto ancora non è arrivato. Panico.
Tra telefono e corriere…
Provo a contattare telefonicamente il consolato, ma nessuno risponde alla chiamata. Invio varie mail con stesso esito: zero risposte. Come sempre la fortuna m’assiste: il consolato uzbeko inizia il trasferimento alla nuova sede in via Pompeo Magno al primo di agosto. Telefonate, decine di telefonate. Mi metto in contatto con varie agenzie di viaggio della capitale, con uffici convenzionati con il consolato e addirittura contatto telefonicamente (ma quanto mi è costato? Lasciamo perdere…) il consolato italiano a Tashkent, capitale dell’ Uzbekistan. Ma i numeri di telefono che mi sono forniti non sono operativi o, più semplicemente, nessuno risponde alle mie chiamate. Possibile? Tremo, ho davvero paura che qualcosa sia successo ed io non ne sia al corrente. Il giorno seguente (meno quattro alla partenza) mi giunge un email dove sono informato del fatto che il mio passaporto è pronto e che semplicemente devo mandare un corriere a ritirarlo. Si scusano per i tempi, ma purtroppo visto il trasloco in atto, telefoni e fax non sono funzionanti. Il tempo stringe e la mia preoccupazione aumenta di ora in ora. Contatto il corriere XXX (non voglio fare cattiva pubblicità, mi trattengo) per telefono e mi viene assicurato che il giorno seguente il passaporto sarà nelle mie mani. Qual sollievo, problema risolto! Due ore dopo questa telefonata sono ricontattato dall’operatrice della compagnia. La signora m’informa che purtroppo il plico arriverà nella mattina di giovedi e non mercoledi come da precedenti accordi: nessun problema, oggi è martedi ed io partirò venerdi. Non importa, giorno prima giorno dopo, basta che il passaporto arrivi in tempo per la partenza! E cosi, decisamente più tranquillo, aspetto. Trascorre il martedi (giorno della telefonata), passa il mercoledi. E poi, giovedi, giorno di arrivo del plico contenente il mio passaporto. Conto le ore, minuti, i secondi, ma la mattina passa senza che il mio passaporto giunga a me. Mangio pranzo, anche se non ho molta fame. Sono piuttosto inquieto, preoccupato. Aspetto ancora qualche ora nel primo pomeriggio, ma niente, nulla. Mi vedo perso, quasi m’ arrendo all’ idea di non partire. Cosa è successo? E’ possibile tutto ciò? L’operatrice mi aveva assicurato che giovedi sarebbe arrivato il plico, perchè questo disguido, questo ritardo? Contatto il corriere, ma, ahimè, amara sorpresa: nessun pacco o busta a mio nome è in viaggio sui loro mezzi. Mi sento mancare. Non è possibile, la sfortuna mi perseguita.
Questione di passaporto
Riordino le idee, attendo un’ ora e richiamo: l’operatrice sostiene ora che il corriere è si passato al consolato, ma che il mio passaporto non vi era. Ma come, stiamo scherzando? Il consolato stesso mi aveva scritto affermando che il documento era pronto e che il corriere doveva solo passare a ritirarlo, e ora mi dicono che al consolato non vi è nulla a mio nome? Ma siamo forse matti? Il consolato è irraggiungibile telefonicamente, il corriere sostiene che non vi era nulla da ritirare… sono fregato. Posso dire addio al viaggio, alla Russia, all’Uzbekistan. Vedo andare in fumo centinaia di euro spesi in voli aerei e visti. Sono affranto, ma non demordo, non è da me. Vaglio tutte le soluzioni possibili, sono disposto a qualsiasi cosa pur di partire. Penso a raggiungere in qualche modo la capitale e prendere di mano mia il passaporto e poi arrivare a Milano il giorno seguente pronto a partire. Ma, ahimè, i voli aerei per Roma sono troppo dispendiosi (il più economico è di circa 300 euro sola andata ) mentre in treno non farei in tempo a giungere a Milano Linate per la partenza. Qual tristezza… torno a casa dall’agenzia viaggi con il morale sotto i piedi. Trecento metri di tristezza. Mi chiudo in camera, sconsolato, mentre il mio zaino riposa sulla sedia, in parte ancora da riempire. Un paio di ore con la testa immersa in mille pensieri e nonostante i due precedenti tentativi andati a vuoto, senza sapere il perchè, qualcosa mi spinge verso le ore 18 a ricontattare il corriere. L’operatore, basito dal mio racconto, sostiene invece che il passaporto è in viaggio verso il Piemonte e che nel pomeriggio di domani sarà nelle mie mani. Come? Cade il mondo, non ci credo, non mi pare possibile. La prima operatrice sosteneva che nessun pacco a me intestato era in viaggio con la loro compagnia, la seconda ragazza che il corriere era passato al consolato uzbeko senza però trovare nulla a mio nome, ed ora invece sostengono che si trova nelle mani del corriere pronto ad essermi riconsegnato? Metto da parte le lamentele, le imprecazioni, tanto è chiaro: li odio. Quello che ora mi interessa è otterene il prima possibile il pacco con all’interno il mio passaporto. Se mi verrà consegnato nel pomeriggio, sarà comunque tardi: il mio volo decolla alle 16.30 da Milano Linate ed il teletrasporto ancora non è stato inventato. Vaglio con l’operatore la scelta migliore, che risulta essere quella di fermare il pacco al centro smistamento di Madonna dell’Olmo dove giungerà nella prima mattinata. Tutto dovrà andare liscio come l’ olio, altrimenti non riuscirò ad imbarcarmi per tempo. E visto come sono andate le cose in questi giorni, fin quando non poserò il mio sedere sul sedile dell’aereo, non voglio essere tranquillo. Felice ma stravolto da questa giornata incredibile, preparo frettolosamente i bagagli e tutte le cose a me indispensabili per il viaggio. La notte vola senza che io chiuda occhio, l’ansia mi divora. La mattina seguente, di buon ora, raggiungo Madonna dell’Olmo dove però il corriere ancora non è arrivato in sede. Inizio a preoccuparmi, ad essere nervoso. La paura vola però via quando verso le ore nove giunge il furgoncino colorato della ditta, ed in pochi istanti il passaporto con visto uzbeko è nelle mie mani.
Auto, treno e poi in volo
Raggiungo Torino Porta Nuova in auto e con il freccia Rossa di Trenitalia (per la modica cifra di 30 euro ) arrivo a Milano centrale intorno alle ore 13. E da qui, con il taxi, a Milano Linate (altre 15 euro per poco meno di dieci chilometri…). Arrivo in aeroporto giusto in tempo, il gate è aperto già da un ora e se avessi ritardato il mio arrivo di qualche minuto sarei rimasto a terra, vedendo sfumare il mio piccolo sogno proprio all’ultimo. Se ripenso ancora oggi a quei giorni, quelle ore di ansia, di angoscia sbocciate poi in gioia, mi vien da sorridere. Ma in quei frangenti… quanta tristezza fino a quella telefonata dell’ultima ora! Una volta all’aeroporto oltrepasso facilmente i controlli di rito, ma poco dopo il personale mi rispedisce indietro, al mittente: a quanto pare il foglio in mio possesso della compagnia aerea non basta. Come? Ma è mai possibile, altri guai? Il tempo stringe, i minuti passano. Volo al banco del check in, consegno il foglio prestampato alla gentilissima ragazza che mi ristampa la nuova carta d’ imbarco. E nuovamente di corsa, saltando praticamente tutta la fila di persone come in un film fantozziano, posso finalmente raggiungere il gate. Il peggio, spero, sia passato. Basta intoppi, basta ansia, basta tutto… voglio solo partire, poter ammirare e amare la Russia! Nonostante il pomeriggio sia appena iniziato, la giornata è stata per me già molto lunga, lunghissima a tratti. Riposo per un attimo la mia mente sulle grandi seggiole nei pressi del gate e dopo neanche tre quarti d’ora siamo in coda per l’imbarco. Si, posso affermare che mi è davvero andata bene… Prendo comodamente posto sul velivolo dell’Air Baltic pronto come non mia ad affrontare questo viaggio che mi porterà a visitare terre fantastiche, città splendide e ricche di storia. Non vedo l’ ora! L’aereo decolla in perfetto orario e dopo poco più di un paio di ore atterriamo in Lettonia, a Riga. L’aeroporto della capitale lettone è accogliente e ben strutturato, non resta che mettermi comodo e attendere che il gate per San Pietroburgo apra i battenti. Il tempo non è dei migliori, piove ed il cielo è offuscato da dense nubi. Pare novembre, inverno. La fame inizia a farsi sentire e visto ormai l’ ora tarda mi concedo un trancio di pizza in un self service. Rimango fino alle undici al tavolo a leggere, ad informarmi sulla terra che tra poche ore m’ accoglierà. Verso le 23.30 m’avvio al gate D3 ma vengo rimbalzato, senza capirne il motivo. E’ molto semplice: la sala d’ attesa per i voli non-Schengen resta chiusa fino all’apertura del primo gate, ovvero quello per San Pietroburgo. Ancora molto ore mi tocca attendere. Cerco di riposare allungandomi sulle seggiole nella sala d’ attesa ma quando m’ addormento vengo svegliato dalla security dell’aeroporto. L’uomo controlla il mio passaporto ed il mio biglietto aereo. Riprendo il sonno ma alle prime luci dell’alba suona la sveglia e dopo neanche mezz’ora siedo comodamente sul velivolo che da li a poco sarebbe decollato per la Russia. La giornata a Riga è ora stupenda, un sole caldo illumina il cielo azzurro. Un’ ora di volo e atterriamo a San Pietroburgo, dove ad accogliermi vi è la pioggia. Porcaccia di una miseria!
…arrivo in Russia… San Pietroburgo…
L’ aeroporto internazionale di San Pietroburgo, Pulkovo, è piccolino e poco affollato. Strano, per una città con oltre 4 milioni di abitanti. Quando ancora eravamo nei cieli, l’hostess mi aveva consegnato un foglio da compilare e consegnare successivamente alla frontiera. Dovevo indicare i miei dati, la città di provenienza e destinazione, quanto tempo mi fermavo in Russia e cosi via. Prima di metter piede sul territorio russo devo ancora oltrepassare i controlli di frontiera, e memore dell’ esperienza israeliana, non sono per nulla tranquillo. Attendo in silenzio tra le molte persone in fila indiana al check di esser chiamato dalla guardia. Sono impaziente, senza averne motivo. Quando viene il mio turno, l’ufficiale controlla il mio passaporto, osserva se il visto è in regola, scruta il mio viso con aria sospetta e finalmente appone il timbro sul passaporto. Qual felicità: si sono aperte davanti a me le porte della Russia! Come detto in precedenza, l’aeroporto di Pulkovo è piccolino. Oltrepassata la ‘frontiera’ di terra giungo in una grande sala vetrata con vista sulla ex capitale: questa è la prima immagine reale di San Pietroburgo, della Russia. Prima di varcare la soglia ed immergermi appieno nel mondo russo, devo fare scorta valuta locale, ovvero di rubli. Vi sono due sportelli bancomat, ma al primo tentativo di prelievo la macchina va in panne: iniziamo bene. Al secondo tentativo la sorte pare darmi una mano e finalmente vengo in possesso di denaro contante. Il problema è che le banconote sono di grande taglio mentre io ho bisogno di spiccioli. Non posso salire su di un bus locale e pagare il prezzo della corsa con una banconota da 5mila rubli ( 124 euro circa ). Sarei folle tanto quanto stupido. Alimenterei le ire dell’autista nel darmi il resto ( giustamente ) e probabilmente privo di moneta non verrei neanche fatto salire sul mezzo. E poi attirerei troppi sguardi, in un paese dove le difficoltà economiche sono all’ ordine del giorno. Domando ad un giovane che presta lavoro nel piccolo bar dell’aeroporto se cortesemente può cambiarmi una banconota da 5.000 rubli in tagli più piccoli. Niet, è la risposta. Mi guardo intorno, altro non vi è in questa sala se non questo piccolo bar. Consumando dovrò di certo pagare, e sarà quindi obbligato a darmi il resto ed io raggiungerò il mio obbiettivo. Un buon caffè caldo, anche se esoso ( tre euro! ) ed ecco che vengo in possesso di diverse banconote e monete, i cosidetti ‘spiccioli’, vitali in questa mia prima giornata per usufruire dei servizi pubblici della città. Sono pronto ora ad affrontare e conquistare l’amata e tanto sognata Russia.
In taxi e poi con la metro
Esco dall’ aeroporto ed un cielo cupo e un vento freddo m’accolgono, ma per lo meno ha smesso di piovere. Davanti a me tre grandi palazzi con enormi insegne colorate, mentre tutt’ attorno è il nulla. Devo essere sincero che in quel frangente mi sento spero, forse intimorito. Attendo qualche minuto ed ecco sopraggiungere il bus numero 13, quello che devo prendere per giungere in città! Salgo velocemente e mi apposto a fianco dell’autista, in modo da avere la visuale aperta alla città di San Pietroburgo. Non ho la più pallida idea di dove è diretto e dove terminerà la corsa il bus. L’unica certezza che possiedo è quella che dopo un non ben definito numero di fermate, il mezzo sosterà accanto alla fermata della metropolitana Moskovskaya. Ed una volta raggiunta la metro, sarà un gioco da ragazzi (come no!) raggiungere il centro città. Il viaggio in bus si rivela molto interessante, scopro con miei occhi la periferia dell’ ex capitale. Una periferia grigia, povera, triste all’ apparenza. Palazzi di cemento armato tutti terribilmente uguali, grigi, senza balconi. E questo tempo cupo intristisce ancora più la giornata. Dopo un quarto d’ora di viaggio nei sobborghi di San Pietroburgo, arriviamo finalmente nelle vicinanze dellla stazione metro. L’autista intuisce (credo un turista da quelle parti lo riconoscano facilmente…) le mie intenzioni e prima ancora che io m’accorga di essere giunto a destinazione, con una mano m’indica la ‘M’ della metropolitana. Lo ringrazio ed in breve sparisco nelle viscere della metropolitana nella speranza di non perdermi. Sono incredulo, stupito come un bambino di fronte ad una scatola di cioccolatini: le scale mobili che portano ai binari sono lunghissime, scendono ad una profondità di diverse decine di metri. Nei giorni a venire cronometrerò la durata del ‘viaggio’ dall inizio della scala mobile fino alla fine della sua corsa: 2.25 secondi! Chi non vede con propri occhi non riesce a cogliere l’incredibile sistema della metropolitana di San Pietroburgo. Il biglietto per una corsa non è altro che un gettone, un comunissimo gettone simile a quelli che si usano per andare sull’autopista.
nel cuore si san pietroburgo
Ma ora viene il difficile: capire quale direzione prendere, binario A o quello B, dove scendere e soprattutto decifrare il difficilissimo sistema di scrittura cirillico. Pochi secondi ad osservare la cartina della metro (apposta in tutte le stazioni) e sul volto mi compare un sorriso grande come il mondo: il nome di ogni fermata è in cirillico ma anche in caratteri latini ( inglese ). Perfetto! Mi ero premunito, prima di partire, a compilare fogli, mappe, traduzioni e quant’ altro onde evitare confusione ma soprattutto la reale possibilità di perdermi in questo intricato sistema di trasporto. Alcune stazioni metro ( principalmente quelle di periferia ) come quella di Mosckovskaya, sono costruite sul modello della metropolitana di Torino ( o Torino ha ‘copiato’ il modello russo? ): le porte per accedere al convoglio si aprono solamente quando le carrozze sono ferme alla banchina. Un quarto d’ora di viaggio nel sottosuolo della città e senza ulteriori cambi di linea arrivo a Nevky Prospekt. Che emozione, sono nel cuore di San Pietroburgo! Quando i miei occhi rivedono la luce del sole, sono esterefatto dalla confusione e allo stesso tempo dalla bellezza di questa strada famosa tanto quanto gli Champs Elysèe di Parigi. Il mio ostello sorge lungo la Prospekt, a pochi passi dall’Ermitage. Mi incammino lentamente lungo la strada, osservando ognicosa, ogni persona che mi passa a fianco, con occhi pieni di felicità. Sembro un bambino al primo giorno di scuola, desideroso di conoscere, di scoprire, di ammirare. I pietroburghesi si sono riversati in massa sulla prospettiva Nevky, luogo d’incontro e ritrovo, dove Porsche e Mercedes si mischiano ad auto ‘storiche’, dove i ricchi uomini d’affari passeggiano al fianco dei barboni e dove le grandi donne sfoggiano i loro gioielli e ricchezze. Domando informazioni, giusto per capire quale direzione prendere per giungere al mio ostello. Al numero 5 di NP (Nevsky Prospekt) dovrebbe sorgere il Prima-Sport by Hermitage, l’ostello dove trascorrerò le mie prime 4 notti in terra di Russia. Ma, osservando ben bene, al numero 5 della strada non scorgo nulla. A dire il vero, non vedo neanche il numero 5. Possibile che non vi sia un’insegna, un manifesto o qualcosa ad indicare l’ostello? Domando informazione ai negozi che sorgono nei pressi, ma nessuno pare conoscere questo posto. Possibile? Sono preso dalla paura di aver preso un inculata pazzesca, un inserzione fasulla con lo scopo di ingannare le persone accreditandosi il 10% della cifra totale. Ma non è possibile, ne sono sicuro, cerco di convincermi, il sito in questione è molto affidabile, l’inserzione era commentata da più utenti in maniera del tutto positiva. Vado avanti e indietro lungo la strada, chiedo informazioni a molte persone, ma nulla da fare, nessuno conosce questo ostello.
alla ricerca dell’ostello
Provo a raggiungere la piazza dell’Hermitage, magari si tratta di una via adiacente. Quando mi si apre la vista sul Palazzo d’Inverno, sono come pietrificato: uno dei più grandi musei del mondo, se non il più grande, è davanti ai miei occhi. La facciata dai colori sgargianti illumina questa giornata ancora grigia e cupa. Ma non posso soffermarmi più di tanto, distolgo lo sguardo dal Palazzo, devo trovare al più presto il mio alloggiamento per liberarmi del mio pesante bagaglio. Affianco il Palazzo dello Stato Maggiore, domando informazioni ad un militare nei pressi, senza fortuna. Riprendo il passo incrociando la prospettiva da Bol’shaya Morskaya ulitsa. Consulto la mappa in mio possesso, quella dell’ostello e ancora quella della mia Lonely Planet: deve essere qui da qualche parte, ne sono sicuro. Osservo con maggiore attenzione ogni porta e portone lungo la strada, ogni angolo della prospettiva viene setacciata. E poi d’improvviso scorgo una piccola porticina malandata, senz’alcuna insegna ne citofono. Porca miseria, vuoi vedere che l’ostello si nasconde proprio proprio dietro questa porta? Entro nel piccolo androne ma una porta spessa in ferro m’impedisce di proseguire. A fianco, un citofono. E poi magicamente, su di un fogliettino bianco appiccicato sul muro, una scritta: ‘Prima-Sport by Hermitage code 666′. Felicità, ora sono davvero sereno, tranquillo. Il sorriso mi compare sul volto, finalmente sono arrivato a destinazione! Mi domando mille volte come ho potuto non scorgere questa porticina dato che ci sono passato davanti almeno una decina di volte. Ma che m’ importa, ora sono giunto a destinazione e tutto si è risolto. Suono il campanello più volte ma nessuno apre e/o risponde. Dopo una decina di vani tentativi, la grande porta in ferro si apre magicamente. Salgo la grande scalinata che porta al piano ultimo molto lentamente. L’edificio si mostra lungo la prospettiva in buono stato, ma una volta che oltrepasso la porta d’ingresso, si apre davanti a me un’altro mondo. Un edificio mal ridotto che sente ampiamente gli anni passare. Finestre in frantumi, i muri scrostati, un ascensore anteguerra (non ne farò mai uso, meglio evitare vista la fortuna degli ultimi giorni…). Il mio ostello si trova come detto al piano ultimo, e dopo aver faticosamente affrontato i mille gradini, faccio ingresso nell’ alloggio ove soggiornerò per le successive 4 notti. Una giovane ragazza m’ accoglie gentilmente, spiegandomi però che non posso far mia la camera prima delle ore due. Porcaccia la miseria! Pazienza, poco importa.
Inizia la visita
Lascio in custodia i miei bagagli e siccome una leggera pioggia ha iniziato a scendere sulla città, la scoperta di San Pietroburgo inizia dal suo fiore all’occhiello: l’Hermitage. La pioggia che prima scendeva senza troppa convinzione si trasforma ora in un vero e proprio nubifragio. Attraverso la piazza del Palazzo di corsa, ma arrivo alle porte dell’Hermitage bagnato come un pulcino. Faccio ingresso nel cortile dove si trovano le biglietterie ed un chiosco che ha la funzione di punto informativo. Molte persone sono in coda sotto la pioggia ma la giovane ragazza del centro informazioni m’informa che il biglietto in mio possesso permette l’ingresso a Palazzo senza perdere ulteriore tempo utilizzando la corsia riservata. Non male fare il Vip! Oltrepasso le molte persone in coda sotto il diluvio con un perfido sorriso… buona permanenza al freddo ragazzi! Finalmente sono all’interno del Palazzo, laddove sorgono i due sportelli dove cambiare il biglietto. Premessa: ho evitato di far coda solamente perchè ho acquistato il biglietto d’ ingresso direttamente sul sito del museo stesso. La mia Lonely Planet consigliava di percorrere questa via onde evitare ore di attesa in coda nel cortile di Palazzo. Ed infatti con questo ticket elettronico si arriva direttamente alla biglietteria, senza perdere tempo. Si trattava solo di esserne a conoscenza: ed io lo ero! Come detto, sono ora alla biglietteria: due sportelli davanti a me, ma a quale andare? Non ne ho la più pallida idea. Quando viene il mio turno, la donna cannone borbotta qualcosa in russo senza che io comprenda assolutamente nulla. Chiedo di ripetere: niente da fare, borbotta solo nella sua lingua. Mi aggiro sconsolato nella sala, ma poi mi risolvo a domandare informazioni ad un’ addetta al museo giunta proprio in quel momento. Con grandissima gentilezza m’ illustra le modalità per far ingresso al museo. Devo recarmi dapprima alla cassa numero uno dove effettuo il pagamento in contanti, poi al bancone per la convalida dell’ email con conseguente consegna del ticket d’ingresso. Una procedura non semplice resa difficile anche dalla gran confusione che regna nella stanza. Porto a termine le operazioni con successo venendo in possesso di questo biglietto che permette la visita al museo più bello del mondo! Prima di iniziare a scoprire l’Ermitage alleggerisco il mio peso al guardaroba del museo: maglia, borsa a tracolla e guide varie. Brochure alla mano, inizio la visita. Faccio solenne ingresso nel primo salone dove una volta controllato il biglietto dagli addetti alla sala, posso dare inizio alla conquista del museo. L’Ermitage è un museo unico nel suo genere, e i numeri lo stanno a dimostrare. Tre milioni di opere tra quadri, monete, sculture, pezzi d’arredamento e oggettistica, 374 sale per 50 mila mq di esposizione, 24 km di percorso totale di visita…Sono questi i numeri che fanno dell’Hermitage uno dei più grandi musei al mondo. E’ stato calcolato che se si dedica un s olo minuto per ammirare ogni opera esposta, occorre passare ben 11 anni all’interno dell’Hermitage … Il museo occupa quattro palazzi che, fino alla rivoluzione, facevano parte integrante degli appartamenti reali. L’immenso complesso è compreso nel suggestivo scenario di piazza del Palazzo, da un lato, e il lungo Neva dall’altro. I quattro edifici furono realizzati nel corso del XVIII secolo per accogliere le collezioni che continuavano a crescere nel corso degli anni.
Tra storia e cultura
Il palazzo più importante e bello è il Palazzo d’Inverno, stupendo edificio barocco che conta ben 1786 porte, 1945 finestre e 1057 stanze ( direi poche… ). La storia dell’Hermitage è innanzitutto la storia della piu’ superba collezione di quadri al mondo. La prima raccolta di pitture fu costituita per merito di Caterina II: la zarina, raffinata mente politica, aveva ben compreso il legame tra il prestigio culturale e il prestigio politico di un’impero. Il museo crebbe a ritmo vertiginoso: in un solo anno, era il 1768, vi entrarono ben seicento opere di pittori fiamminghi, olandesi e francesi. Quattro anni dopo venne acquisita la prestigiosa collezione Crozat con opere di Rubens, Giorgione e Rembrandt, forse la piu’ ricca del diciottesimo secolo. Nel settecento la sezione di quadri diventa una delle piu’ importanti al mondo con l’acquisto delle proprietà dell’ex ministro inglese Walpole; arrivano in Russia altre opere di Rembrandt e Rubens ma anche quadri di Guido Reni, Poussin Lorrain e Jordaens. Dopo tre secoli di raccolta paziente il museo vanta grandi opere di ogni stagione pittorica per un totale di più di 16 mila quadri. Il trecento è ben rappresentato, tra l’altro con la Madonna dell’Annunciazione di Simone Martini, e sono presenti tutti i grandi maestri italiani del quattrocento: Botticelli, Filippo Lippi, Lorenzo Costa e Perugino. Naturalmente non possono mancare Leonardo, Raffaello, Caravaggio ed i grandi pittori della scuola veneta: Tiziano, Tiepolo, con ben dieci tele, Giorgione e Veronese. Superbo il panorama dei fiamminghi: trentotto opere di Rubens, ventiquattro di Van Dyck e…circa millecinquecento di tutti gli altri … Ma non basta, questa “enciclopedia ragionata” della pittura mondiale comprende anche una notevolissima raccolta di impressionisti (Renoir, Cezanne, Manet, Monet, Pissarro), e celebri Van Gogh, Matisse, Gauguin, Picasso … musei russi. Naturalmente l’Hermitage non è solo raccolta di pitture: all’interno dei suoi otto compartimenti (Culture primitive dal Paleolitico agli Slavi, Arte Orientale, Arte del Vicino e Medio Oriente, Antichità Classiche, Cultura e Arte Russa, Arte dell’Europa Occidentale) offre ai visitatore un quadro completo sullo sviluppo delle arti figurative mondiali. Non va tuttavia dimenticato che le opere visibili al pubblico sono solamente un decimo di quelle disponibili. E’ certo che nei sotterranei dell’Hermitage, catalogati ed ordinati in pesanti casse di legno di betulla, si trovano tesori di valore inestimabile: incisioni di Rembrandt, Goya e Delacroix e ancora monete, orologi, porcellane e mobili di ogni epoca. Se L’Hermitage è uno dei più grandi musei al mondo, è senza dubbio il più bello in assoluto dal punto di vista architettonico. Questo breve sunto per focalizzare bene l’immensità del museo, l’importanza che esso ha nel regno dell’arte. Le sale espositive sono di un tale sfarzo e ricchezza di preziose decorazioni che a ragione si può dire che l’Hermitage va visitato almeno due volte: una prima per ammirare le collezioni esposte, una seconda per gustare lo splendore delle sue sale, testimonianza della magnificenza dell’epoca degli zar. Trascorro 5 ore nelle sale del Palazzo, estasiato, felice. Il tempo vola, anche se la fatica inizia a farsi sentire. Amo passare il tempo ad osservare e ammirare le tele dei più grandi pittori. M’immagino la loro vita, quel tempo in cui il loro pennello scivolava dolcemente sulla tela… m’immergo appieno in quei tempi lontani, fantasticando. Questo museo è un qualcosa di incredibile, mai ho visto tante opere tutte insieme di cosi incredibile bellezza. Solamente il Louvre può reggere il confronto con l’Hermitage. Vago da una stanza all’ altra, sale magnifiche decorate splendidamente. Mi perdo più volte, ma mai è stato come ora un dolce perdersi. Dopo molte ore a volare con la fantasia in queste sale, ora la visita può dirsi conclusa. Sono felice come non mai, anche se davvero stanchissimo. Guadagno l’uscita dopo aver ripreso i miei averi al guardaroba, il cielo è ancora cupo e qualche goccia di pioggia scende ancora sulla città. Mi soffermo ancora nel cortile del Palazzo ad osservare la coda di persone che attendono di entrare al museo. Centinaia e centinaia di persone, in una fila interminabile che si snoda fin sulla piazza di Palazzo. Sono doppiamente felice: ho optato per la scelta giusta stampando il biglietto da casa e soprattutto anticipando la visita ad oggi visto il pessimo tempo.
Verso l’ostello
Raggiungo nuovamente l’ostello dove svolgo la laboriosa pratica per l’assegnazione della camera. La giovane ragazza si adopera viste le mie difficoltà a comprendere la lingua russa. Cerca di spiegarmi in inglese quello che lei farà per conto mio, ovvero la pratica di registrazione (altri soldi, ma onestamente, poca cosa), che mi rilascerà nei giorni a venire ( il giorno dopo ). A questo punto posso prendere possesso della mia stanza! La camera è molto spaziosa e trovano posto otto letti di cui al momento solo due sono occupati. Una grande finestra, a fianco del mio letto, illumina la stanza. La cucina dell’ostello dispone di tutto il necessario, dal forno al frigorifero al microonde, i bagni sono pulitissimi ed il personale molto cortese e disponibile. Sono molto soddisfatto della sistemazione, anche perchè sono a due passi dall’Hermitage e lungo la Prospettiva Nevky. Cosa potevo chiedere di meglio? Sono privo di forze, è stata una giornata lunga e faticosa ed un doveroso riposo è ora necessario. Mi lascio cadere sul letto, comodissimo, e vi rimango per un oretta e mezza. Ma nonostante la stanchezza, sono pronto a ripartire: troppa è la voglia di vedere, di scoprire questa San Pietroburgo magica.
Di nuovo per le vie della città
Esco all’aria aperta della città camminando per la via senza destinazione alcuna. Lascio al fato decidere quale strada prendere, a quale angolo svoltare. Arrivo alla XXXX chiesa, ma non mi soffermo. Dedicherò una visita più approfondita nei giorni a venire. La giornata sembra riprendersi, ma è solo questioni di attimi e poi le grigie nubi conquistano nuovamente la scena, anche se al momento non piove, grazie a dio. Passeggio imboccando le vie a caso, nelle stradine meno battute dai turisti, meno frequentate, ma non per questo meno interessanti. Edifici sontuosi e poi altri in stato di abbadono, gli uni a fianco degli altri. Strade silenziose ma che molto hanno da dire, larghissime, altre trafficate e strettissime. La mia curiosità viene attirata da ogni piccolo dettaglio, ogni piccola cosa, all’ apparenza insignificante. Lentamente il buio della sera cala sulla città mentre tutt’ attorno i lampioni s’ accendono ad illuminare questa nottata. La fame inizia a farsi sentire, sono diverse ore che non mangio un pasto completo. Vado alla ricerca di un osteria, di una taverna. Voglio qualcosa di tipico, di locale, e non il solito kebab o pizza. Scovo per caso un piccolo locale, semplice e confortevole. Un piccolo self service, al momento privo di persone all’ interno. Scelgo le pietanze più strane e particolari, incurante di cosa si celi nel mio piatto. Mangio ottimamente. La fame, finalmente, è messa a tacere. Riprendo il passo costeggiando ora la Neva fin ad arrivare nuovamente alla cattedrale di Sant’ Isacco. La pioggia scende sull’ex capitale senza troppa convinzione, nello scuro della notte. Ormai sono le nove passate, la città pare svuotata della sua anima ed il silenzio è Principe della piazza dei Decabristi. Mi concedo ancora un cappuccino bollente in questa serata frescolina. Rimango seduto al tavolo una ventina di minuti ad osservare il mondo che mi circonda, le persone, poche, che passeggiano nel viale alberato. Gli occhi di Pietro il Grande paiono osservare la Neva e perdersi all’ ininito mentre cerca di tenere a bada il suo cavallo. E’ la notte di San Pietroburgo, la mia notte. Stanchissimo ed infreddolito, torno in camera. Dopo una doccia bollente vado in cucina dove passo gli ultimi istanti della giornata a scrivere il mio diario di viaggio, mentre sorseggio un buon thè caldo preparato all’ occorrenza. Mentre scrivo vengo a conoscenza di uno dei grandi problemi della città: le zanzare. Esseri viscidi e schifosi, sono ovunque, a migliaia. Sono letteralmente ‘divorato’, sul mio corpo conto non meno di cinque punture in meno di un’ ora trascorsa con la penna in mano. Scappo nel mio lettino, stanchissimo, e non appena poso la testa sul cuscino cado in un profondo sonno che verrà interrotto più volte da queste creature ignobili.
Un nuovo giorno
La mattina seguente la sveglia suona piuttosto presto, intorno alle otto. Durante la notte le zanzare non mi hanno risparmiato e quando mi sveglio la fronte è gonfia come un pallone e sono pure mezzo rincoglionito! Porca miseria! Mi preparo velocemente e dopo aver fatto colazione sono pronto a ripartire alla scoperta della città. Il tempo non è dei migliori, ma per lo meno non piove. Raggiungo piazza del Palazzo, ove sorge l’Hermitage. La piazza ha giocato un ruolo fondamentale nella storia russa. Prima della rivoluzione, la piazza costituiva lo sceario di variopinte parate militari, spesso guidate dallo zar a cavallo. Nel gennaio 1905 essa fu teatro del massacro della ‘Domenica di sangue’ quando le truppe aprirono il fuoco su migliaia di dimostranti disarmati. Il 7 novembre 1917 i sostenitori bolscevichi di Lenin difesero la Rivoluzione attaccando dalla piazza il Palazzo d’ inverno. La piazza è opera dell’ architetto Carlo Rossi. Di fronte al Palazzo sul lato sud si trova lo splendido palazzo dello Stato Maggiore di Rossi, quartier generale dell’ esercito russo. Le due ali ( quella orientale è oggi parte dell’ Ermitage ) sono collegate da un doppio arco di trionfo che conduce in Bolshaja Morskaja ulitsa. L’arco è coronato da una scultura della Vittoria nel suo carro (1829). Al centro della Piazza sorge imponente la colonna di Alessandro ed è dedicata ad Alessandro I in onore del suo trionfo contro Napoleone. L’iscrizione sul piedistallo recita: ‘Ad Alessandro I dalla Russia riconoscente’. Il pilastro in granito rosso mantiene l’ equilibrio solo grazie al suo peso di 600 tonnellate ed è il più grande monumento al mondo eretto senza supporti. La colonna fu progettata nel 1829 da Montferrand e furono necessari 2.400 tra soldati e operai e due anni di lavoro per trasportare il granito. La colonna fu poi eretta tra il 1830 e il 1834 ed è sormontata da un angelo in bronzo che regge una croce. La piazza, essendo mattina presto, è ancora semideserta. Il cielo cupo e grigio è spaccato in due dai colori vivaci e sgargianti della facciata del palazzo d’Inverno.
la via dei milionari e palazzo di marmo
Dopo aver scattato milioni di foto, riprendo il passo in direzione Millionaya ulitsa, ovvero la via dei milionari. Questa strada dal nome particolare è sede di alcuni dei più lussuosi palazzi della città che un tempo erano abitati da aristocratici e membri della famiglia imperiale. Superato il Canale d’Inverno, il mio sguardo viene rapito dal portico dei 10 Atlanti in granito, alti 5 metri l’uno, che sorreggono quello che un tempo fu l’ingresso pubblico al museo (dal 1852 a poco dopo la Rivoluzione). Questa elegante via, anche se ha perso il fasto degli anni d’ oro, è ancora storicamente importante per alcuni eventi che si svolsero in questa silenziosa strada. E’ qui infatti che nel 1917, il granduca Mikhail Aleksandrovic, fratello di Nicola II, firmò il decreto di abdicazione. Nonostante siano le dieci di mattina, la città sembra dormire ancora. Il silenzio regna sovrano in questa lunga strada mentre cammino a passo lento. Ognitanto sbircio dentro i grandi androni dei palazzi, nei cortili che si aprono al mio fianco… ed il mondo che osservo pare totalmente diverso dalla facciata elegante di queste costruzioni. Al fondo della strada sorge, alla mia sinistra, il palazzo di Marmo, costruito da Caterina la Grande per l’amante Orlov che aveva favorito la sua ascesa al trono. Il palazzo è il capolavoro di Rinaldi, e prende il nome dai diversi tipi di marmo utilizzati nella costruzione. Oggi costituisce un’ala distaccata del museo Russo. La mia visita si limita ad una breve passeggiata nel giardino del palazzo dove si trova una statua equestre di Alessandro III, inizilamente inaugurata in ploshchad Vosstanija ma successivamente rimossa e sistemata qui. Due guardie osservano in maniera sospetta i miei movimenti, quasi fossi una spia americane… Al fondo della via dei milionari si apre il campo di Marte che un tempo era una disesa paludosa (tra il 1917 e il 1923 la zona, divenuta sabbiosa, venne soprannominata il ‘Sahara di Pietroburgo’) bonificata poi nel XIX secolo e utilizzata per esercitazioni e parate militari. E proprio per questo motivo che prende il nome di Marte, dio romano della guerra. Mi soffermerò più a lungo al campo di Marte nei giorni a venire, mentre ora provo, non senza difficoltà, ad attraversare Suvorovskaua Ploschchad.
La mia passeggiata si protrae ora lungo Neva, in Nab Kutuzova. Questa arteria piuttosto anonima dona al passante una bella visuale sulla Neva e sui ponti mobili che la sovrastano. Lungo la strada (a tre corsie per senso di marcia…) poche auto sfrecciano al mio fianco e passeggiando m’ imbatto in diversi pescatori. Dopo aver costeggiato per un paio di chilometri la Neva svolto in ulitsa Zakharevskaya. Il mio stomaco inizia a rumoreggiare ed una buona colazione è necessaria. Dopo essermi pappato una brioche ed un cappuccino bollente, riprendo il passo fino a giungere Shpalernaya ulitsa che mi porterà, qualche chilometro più avanti, in fronte alla cattedrale di Smolny. Passeggio nel silenzio più assoluto, mi sembra di vivere una situazione irreale. D’accordo sia domenica, ma la città pare svuotata, deserta. Sono colto da strane sensazioni al pensare una città di oltre 4 milioni di abitanti, improvvisamente senza vita. Mentre cammino avvolto in questi pensieri, si apre alla mia destra la vista sul palazzo di Tauride (Tavrichesky Dvorets), dalle proporzioni aggraziate che fu costruito nel 1783 su progetto di Ivan Starov e donato da Caterina la Grande all’influente amante, il principe Potemkin. Potemmkin aveva annesso con successo la Crimea ( Tauris ) alla Russia nel 1783 e aveva ricevuto il titolo di principe di Tauris che da allora divenne il nome del palazzo. E’ privo di decorazioni esterne ed in lungo edificio giallo con il tipico porticato a sei colonne fu uno dei primi progetti neoclassici russi. Paolo I trasformò il palazzo in caserma, mentre nel 1906 ospitò il primo Parlamento della Russia, la Duma. Dopo il 1917 divenne la sede del Governo provvisorio, in seguito Soviet di Petrogad dei deputati dei lavoratori e dei soldati. Ancora oggi è un palazzo governativo e quindi chiuso al pubblico. Quasi in fronte al palazzo sorge invece lo strano museo dell’acqua, restaurato con gusto. Il complesso di edifici in mattoni del XIX secolo ospita la Vodakanal, l’azienda che si occupa del trattamento delle acque della città. Entro nel piccolo ma curato giardino, attirato da questa costruzione particolare, simile ad una torre. Declino la visita al museo anche perchè che le spiegazioni e la brochure sono in cirillico.
la cattedrale di Smolny e Palazzo Kikin
Pochi metri ancora di passo ed intravedo, in lontananza, bellissima, la cattedrale di Smolny. Mentre mi soffermo ad ammirare da lontano le soavi forme della cattedrale, d’improvviso s’avvicina una giovane ragazza sporca di sabbia, trasandata, forse ubriaca, che mi tocca la spalla, spaventandomi non poco. La mia paura è dettata dall’ essermi trovato di fronte questa ragazza improvvisamente, di colpo, piuttosto che dalle sue reali intenzioni. Mi borbotta qualcosa in russo mentre mi allontano velocemente. L’ultimo tratto della strada sfocia in un grande giardino verde dove imponente si erge la statua di Feliks Dzeržinskij, il fondatore e il primo direttore della Ceka, la polizia segreta sovietica; sotto la sua presidenza vennero commessi numerosi atti di tortura ed esecuzioni di massa, in particolar modo negli anni della Guerra civile russa e subito dopo la presa di potere dei comunisti. Diciamo che la presenza di questa statua lascia un poco a desiderare, non tanto per la statua in sè, ma in quanto alla storia non proprio ‘felice’ di questo personaggio (sicuramente non amato dai russi ). Poco oltre il giardino, il bellissimo Palazzo Kikin (Kikina Palata), dalla facciata in rosso mossa da lesene verticali bianche. Aleksandr Kikin, boiardo e consigliere di Pietro I, guidò una congiura contro lo zar per mettere sul trono l’erede Alessio; scoperto il complotto, Kikin venne torturato e ucciso (1718). Fu Pietro stesso a trasformare il palazzo in museo perché voleva che il popolo si istruisse; per incentivarne l’interesse dei pietroburghesi, ordinò di dare a ogni visitatore, all’uscita dal museo, un bicchiere di vodka: il successo pare sia stato strepitoso. Attualmente è sede di una scuola di musica. Ora, dopo una lunghissima passeggiata, davanti ai miei occhi la cattedrale di Smolny: bella, bellissima. Nel piccolo piazzale dove sorge la chiesa vi sono alcune persone ( per lo più turisti ), le prime anime che incontro in questa dormiente giornata. Mi perdo nelle foto, in mille fotografie. La cattedrale dipinta d’azzurro cielo illumina questa giornata cupa, spaccando il cielo color grigiastro.
Dentro la cattedrale
Faccio il mio ingresso all’interno della cattedrale che è usata solamente per mostre o come sala da concerto, mentre alla domenica per la solenne messa. Come simbolo della sua maestà, la zarina Elisabetta donò il convento dove vennero educate molte giovani nobildonne. Fu progettato nel 1748 da Rastrelli che unì brillantemente lo stile barocco russo a quello occidentale. La costruzione fu molto lenta: vennero impiegate 50mila cataste di legna per assicurare le fondamenta al suolo paludoso e soltanto per il modello architettonico ci vollero sette anni! A Caterina la Grande l’opera del Rastrelli non piaceva e quindi fece cessare i finanziamenti. Solo nel 1835 sotto Nicola I la costruzione della cattedrale venne portata a termine. L’interno bianco e austero è in netto contrasto con lo sfarzosa facciata esterna, il cui color azzurro cielo dona alla cattedrale quel tocco di magia in più. Dopo una ventina di minuti di visita (si può assistere ad filmato sulla storia della cattedrale) vado alla ricerca della scalinata che mi porterà alla cupola, ma senza successo. Come immaginavo, la donna alla biglietteria non aveva compreseo le mie intenzione e mi aveva dato unicamente il ticket per visitare l’interno della cattedrale e non quello per la cupola, che vado acquistando ora. La scalinata è posta a fianco dell’ingresso e dopo molti ( moltissimi ) scalini riesco a raggiungere il campanile, a 63 metri di altezza. La fatica viene ripagata dalla splendida vista che mi si apre sulla città, sulla Neva e sul convento che circonda la cattedrale. E’ stata una lunga, lunghissima passeggiata, ma sono felice. La mia intenzione è quella di visitare la città a piedi, e servirmi il meno possibile della metropolitana o di qualsiasi altro mezzo di locomozione (va detto che la più vicina stazione metro si trova a parecchie centianaia di metri da Smolny, che non è facilmente raggiungibile con i servizi pubblici). Torno nuovamente con i piedi per terra e mi rilasso qualche istante nel bel giardino verde del convento. Ma visto che il tempo non m’aspetta, riprendo il passo poco dopo. A fianco del convento, immerso nel verde, sorge l’ istituto Smolny, un edificio di stile palladiano che è stato testimone di eventi importanti nella storia della Russia. La sua costruzione fu commissionata a Giacomo Quarenghi dalla Società per l’Educazione di fanciulle nobili e costruito in 1806-08 per ospitare l’Istituto Smolny per fanciulle nobili, fondata da Ivan Betskoy nel 1764 e prese il nome dal Convento Smolny nelle vicinanze. Nel 1917, l’edificio è stato scelto da Vladimir Lenin, come loro quartier generale durante la bolscevica Rivoluzione di Ottobre. Lenin fu la residenza per diversi mesi fino a quando il governo ha spostato al Cremlino a Mosca. Presiede l’ingresso a palazzo una statua imponente di Lenin. Qui Kirov fu ucciso nel 1934 e dal 1991 viene usato come residenza del sindaco. Nel verdissimo giardino del palazzo, una in fronte all’ altra, sorgono i busti di Marx ed Engels e poco oltre i due padiglioni inerenti la rivoluzione. Il giardino ed il palazzo sono rivolti verso la Piazza della Dittatura del Proletariato (Diktatury Proletariata), una grandissimo spazio crocevia di mille strade, al momento deserto ( ma dormono tutti in questa città?). La prossima destinazione è ora il convento Alexander Nevskiy, che si trova a soli (!!!) tre chilometri di distanza, in linea d’aria ovviamente.
Sono stanco ma…
Le gambe iniziano a far malino, e la giornata è ancora lunghissima e molto, moltissimo vi è ancora da vedere. Passeggio lungo strade e stradine piuttosto anonime e silenziose, dove la maggior parte degli edifici, un tempo sicuramente gloriosi, si trova ora in cattivo stato di conservazione. Imbocco cosi Suvorovkiy pr., svolto poi in Ilitsa Moiseenko fino a giungere lungofiume. La strada ed i suoi palazzi portano con sè i segni della povertà, come nella maggior parte delle strade periferiche di San Pietroburgo. Carcasse di auto bruciate, giardini dove le giostre per bambini sono ormai semidistrutte, molti edifici a rischio crollo. Segni indelebili, sempre più marcati, dove di glorioso vi è solo l’onestà e l’umiltà delle persone che ivi abitano. Sono ora a passeggiare lungo la Neva, in Sinopskaya Nab., lunga arteria a più corsie dove le poche auto corrono troppo, quasi fosse una pista da formula uno. Questa strada ha davvero poco da offrire, se non un parcheggio di auto (probabilmente) confiscate. La stanchezza inizia a farsi sentire con maggior insistenza e cosi anche la fame. Mi concedo un delizioso dolce fatto in casa, acquistato in un piccolo negozietto dove l’occidente ancora non ha messo piede. Fortunatamente, direi. Ancora poche centinaia di metri di passo e sarò davanti al convento più famoso della città. Man mano che m’avvicino, vedo sorgere grandi palazzi vetrati, sedi di banche e uffici, uno fianco all’ altro. Il tempo pare aprirsi un poco, proprio mentre arrivo in Ploshchad Aleksandra Nevskovo. La piazza è molto trafficata, bus, auto e motociclette ovunque. E molta, molta gente. Mi paiono due mondi totalmente differenti, l’uno silenzioso e vuoto, l’altro trafficato e rumoroso. Il tutto a pochi passi uno dall’altro, pochi istanti. Nella grande piazza da dove ha inizio la famosa Nevkij Pr., si apre la vista sul monastero di A. Nevky. Prima di dare inizio alla visita, mi soffermo qualche istante al McDonald’s che sorge nel grande magazzino in fronte alla piazza. Fondato da Pietro il Grande nel 1710, questo monastero commemora A. Nevkij, principe di Novgorod, che sconfisse gli svedesi sulla Neva nel 1240. Oltrepassato il grande arco d’ingresso e m’incammino lungo il sentiero che costeggia le mura dei due importanti cimiteri del complesso monastico, e dopo aver attraversato il ruscello, faccio ingresso nel monastero. Davanti a me una piccola biglietteria, ma quando domando informazioni, se è necessario acquistare oppure no un biglietto d’ ingresso, l’uomo dalla lunga barba è un fiume in piena. Ma chi capisce il russo? Lo saluto, e proseguo: se vi saranno problemi, avrò sempre tempo dopo a fare il biglietto.
Chiesa dell’Annunciazione
Il primo grande edificio oltre l’ingresso è la Chiesa dell’Annunciazione, costruita in stile barocco tra il 1717 e il 1722 e oggi sede del Museo Comunale della Scultura. Pochi metri di distanza ed ecco sorgere la Cattedrale della Trinità del monastero, edificata tra il 1776 e il 1790. Prima di farvi ingresso passeggio tranquillamente nel giardino antistante, che funge anche a piccolo cimitero. Il luogo è decisamente più silenzioso rispetto al sentiero che porta alla cattedrale. Sono centinaia le persone in visita: pochissimi turisti e molti russi. Gente devota, venuta in città a portare ringraziamento, accendendo una piccola candela al santo prediletto. Quando faccio ingresso nella cattedrale, nonostante sia affollatissima, un silenzio irreale m’accoglie. Non si ode neanche il rumore dei passi delle persone sul freddo marmo. Mi soffermo qualche istante sui resti mortali del Santo, conservati nel reliquario d’ argento all’ interno dell’ iconostasi principale. Moltissime sono le persone che accendono una piccola candela, che baciano le icone dei santi, accarezzandole. Giovani e vecchi, uomini e donne. Questo è un particolare che mi ha colpito della Russia: la religione è al centro della vita di ogni famiglia, di ogni persona. Quando torno alla luce del sole (si fa per dire, viste le nubi…) mi lascio ancora andare ad una passeggiata nel silenzio del giardino, all’ombra delle grandi piante, proprio laddove sorge la casa del Metropolita, il capo spirituale della comunità ortodossa di San Pietroburgo. La mia visita al complesso monastico può dirsi conclusa e quando m’appresto a ripercorrere il sentiero oltre il fiumiciattolo, mi soffermo all’ingresso del cimitero Tikhvin. Per una cifra a mio proposito esosa, si può visitare questo cimitero che accoglie le tombe di molte personalità. Sono alquanto dubbioso, ma evito di fare il ligure ed entro. Il luogo è meno affollato al confronto della cattedrale. All’ombra dei grandi alberi riposano personaggi illustri, tra cui Borodin, Glinka, Lomonosov, Dostoevskij e molti altri. Fondato nel 1823, nella cosiddetta Necropoli dei maestri dell’arte vi sono diversi compositori russi. Le loro tombe riportano incisi alcuni loro motivi musicali. E’ una passeggiata piacevole alla scoperta dei molti personaggi che hanno segnato la vita russa e non solo. Esco dal cimitero Tikhvin e non posso rinunciare alla visita dell’altro cimitero, quello di san Lazzaro, ove riposano tra gli altri, Quarenghi e Carlo Rossi, ovvero due compatrioti che hanno fatto grande la città. Peccato che i pannelli illustrativi siano in cirillico il che mi rende impossibile portare saluto e onorificenza ai due grandi architetti.
La Nevsky Prospekt si snoda per 4 km fino all’Ammiragliato
Esco dal complesso monastico di A.Nevkij e m’avvio lungo la strada più conosciuta della città, il cuore e fulcro della vita dei pietrogradesi. Se fino ad un’ ora prima la città pareva ancora dormire, ora è viva come non mai. Se prima le strade erano svuotate della loro anima, ora lungo la prospettiva regna il traffico, rumori assordanti, la confusione. Tutta San Pietroburgo pare essersi riversata lungo questa strada. Cammino a stento, la stanchezza accumulata in questa giornata è davvero molta. Avrò percorso all’ incirca una decina di chilometri in queste prime ore della mattina. La giornata lentamente si va riprendendo mentre passeggio in mezzo alla gente, mischiando la mia anima a quella dei russi. La Nevsky Prospekt si snoda per 4 km fino all’Ammiragliato. Venne tracciata nei primi anni di vita di San Pietroburgo come tratto iniziale della strada per Novgorod ed in breve tempo inizia ad arricchirsi di lussuosi palazzi, piazze e ponti. Agli inizi del secolo era uno dei più sontuosi viali d’Europa, con marciapiedi acciottolati e un binario al centro per i tram trainati da cavalli. Ai due lati dei binari la strada era rivestita da blocchi in legno, il cui scopo era di attuire il rumore prodotto dal passaggio delle carrozze; fu la prima città al mondo ad adottare tale innovazione e per questo si gudagnò il titolo di arteria più silenziosa d’Europa. Il tratto della Prospekt che va dal monastero Nevskij fino a ploshchad Vosstaniya è costellato di negozi a matrice prevalentemente russa, dalla moda ai gioielli al mangiare. Le auto sfrecciano a folle velocità lungo la strada mentre faccio particolare attenzione a non scontrarmi con questi russi, che camminano di tutta fretta. La passeggiata si dilunga dal monastero Nevsky alla piazza Vosstaniya, a un chilometro e mezzo circa di distanza. Le mie gambe stanno per cedere, i piedi rischiano di esplodere! Giungo alla piazza Vosstaniya laddove Nevsky Prospekt e Stary (vecchia) Nevsky si incontrano in un ingorgo di auto e persone, un casino allucinante ai miei occhi. Al centro della piazza si erge l’imponente colonna in granito recante la stella comunista; sul lato sud si trova la Moskovsky vokzal (stazione di Mosca). La scritta in cirillico in cima all’hotel Oktyabrskaya, di fronte alla stazione ferroviaria, significa ‘Leningrado città eroica’. Dalla parte opposta la stazione sorge invece la fermata metro, in una bella costruzione in stile palladiano dal color giallo tenue. Mi soffermo qualche istante ad osservare la vita che sembra andare ai mille all’ora, senza mai fermarsi un attimo. Paiono tutti con molta fretta, quasi fossero in ritardo per chissà quale appuntamento. Un mondo diametralmente opposto a quello di qualche ora prima, dove la vita pareva non avere tempo, dove i minuti passavano silenziosi. Mentre passeggio guardo le vetrine dei negozi, osservo il viso delle persone a passeggio, donne ingioiellate e gente comune, operai e bancari, tutti lungo la prospettiva.
Le chiese
Dalla stazione Mosca la passeggiata si fa più interessante. Man mano che mi avvicino alla piazza di Palazzo i negozi a stampo russo lasciano spazio alle grandi catene occidentali e ai colossi americani: McDonald, Prada e via dicendo. Io sto nel frattempo morendo dalla fame, e l’andare alla ricerca di un pasto tipico locale è un idea che neanche mi sfiora. I miei piedi fumano, allungare la passeggiata alla ricerca di una taverna non è fattibile. Mi fermo al Kfc dove mangio velocemente un panino e patatine fritte ( che pasto salutare!). Se un oretta prima il cielo pareva aprirsi e le dense nuvole lasciar spazio ad un bel cielo azzurro, ora invece piove. Eureka! Aspetto qualche minuto prima di riprendere la passeggiata, rifugiandomi nel vicino sottopasso. Dopo pochi istanti la pioggia smette di scendere e riprendo quindi il passo dirigendomi alla chiesa armena, a poca distanza. Seminascosta dagli edifici che si affacciano sulla prospettiva, la chiesa armena di Santa Caterina è stata restituita agli armeni solamente da pochi anni. Bianca e azzurro cielo, con il portico neoclassico e un’unica cupola, venne aperta nel 1780, finanziata da un facoltoso uomo d’affari armeno, tale Lazarev, che ottenne il denaro necessario dalla vendita di un diamante persiano acquistato dal conte Orlov per Caterina la Grande. Faccio ingresso nella piccola chiesetta, dove pochi fedeli sono in preghiera. L’interno austero si contrappone alla facciata elegante della chiesa. A poca distanza sorge la Chiesa Luterana, a torri gemelle e dedicata a San Pietro. E’ stata eretta intorno al 1830, ed era il punto di riferimento per la prospera comunità tedesca. Dal 1936 la chiesa venne addirittura usata come magazzino per gli ortaggi (i nazisti erano davvero fuori di birillo…)! Nel 1950, mi è difficile crederci, venne trasformata in piscina! La vasca venne scavata nel pavimento della navata e il trampolino posto sotto l’ abside! Tutti matti! Riprendo il cammino, dirigendomi ora verso il museo russo e poi raggiungere la Chiesa del Salvatore sul Sangue Versato. Bella, bellissima, fantastica. Non ho parole per descrivere la magnificenza di questa chiesa di San Pietroburgo. Sorge sulla riva del canale Gribaedova e vicino al parco Michailovksij e fu eretta sul luogo dove venne ucciso lo zar Alessandro II di Russia, vittima di un attentato il 13 marzo 1881 (il 1 marzo per il calendario giuliano allora in vigore). L’edificazione di questa chiesa ebbe inizio nel 1883 durante il regno di Alessandro III, come luogo di memoria per il padre assassinato due anni prima in quello stesso luogo. Rimango colpito dal timpano in mosaico con scene del Nuovo Testamento, dallo sgargiante stile revivalistico russo. La facciata colpisce per i ritratti in mosaico dei santi a file di timpani, le venti placche rosso scuro in granito norvegese dove sono incisi a lettere dorate gli eventi più importanti del regno di Alessandro II. E ancora, i 144 blsasoni in mosaico sulla torre campanaria che rappresentano le regioni, le città e le province dell’ Impero Russo. Sono esterefatto da tanta fantasia nella realizzazione, la mia vista ne rimane colpita piacevolmente. Tutta la zona è molto affollata, soprattutto turisti occidentali. Vado alla biglietteria ed una volta in coda mi vedo passar davanti una grandissima maleducata, che riceve giustamente una buona dose di insulti. Se l’esterno della chiesa è di una bellezza unica e particolare, l’interno è indescrivibile. Ci vollero 27 anni per restaurarla, e nell’ agosto del 1997 venne finalmente riaperta al pubblico. Rimango una mezz’ora ad osservare ogni piccolo particolare, con il naso rivolto verso l’alto. E’ semplicemente fantastica, un luogo irrinunciabile per chi si appresta a visitare la città. Peccato solo per la gran mole di persone presenti, troppe visto le modeste dimensioni della chiesa
Esco all’aria aperta ma il cielo è sempre cupo, ma al momento il rischio pioggia è scongiurato. Percorro la bella via pedonale che affianca il canale Gribaedova e una volta raggiunta la Prospekt tento ancora la visita alla cattedrale di Sant’Isacco. Sono letteralmente stremato, le gambe mi fanno un male cane, ma nonostante tutto, la mia voglia di vedere, di scoprire e ammirare la vince anche questa volta. Riprendo il passo lungo Nab Reki Moyki, la stada che dalla prospettiva si allaccia alla piazza di Sant’Isacco, costeggiando il canale Moyka. Una ventina di minuti di cammino è davanti a me ho la Cattedrale, imponente, maestosa. Vado immediatamente alla biglietteria ma fortuna vuole che sia chiusa da pochi minuti. La solita sfortuna! Sono appena le ore sei è già le porte sono chiuse. Ma non è proprio cosi. Se avessi prestato maggiore attenzione alle guide in mio possesso, sarei venuto a conoscenza del fatto che le porte sarebbero nuovamente aperte pochi istanti dopo. Ormai sono consapevole che da un momento all’altro potrei soccombere, cadere a terra come un sacco di patate. Torno in camera intorno alle sei e mezza e dopo una bella doccia mi distendo sul letto a riposare. Dopo tre ore di pennichella, verso le ore nove, sono pronto a ripartire. Passeggio lungo prospettiva Nevsky, raggiungo la cattedrale del Salvatore e poi, vista la fame, vado alla ricerca di un locale ove mangiare. Scovo un piccola osteria nei pressi della prospettiva dove gusto una zuppa bollente, buonissima. La giornata sembra non finire mai, il buio della notte pare non voler per nessun motivo far sua la città.
… ancora chiese
Passeggio lentamente sulla prospettiva, sempre affollata, anche se molto meno rispetto al primo pomeriggio. Quando la notte inizia a scendere su San Pietroburgo, raggiungo la chiesa del Salvatore: chissà quanto bella e fantastica è, illuminata nella notte! Lungo la stradina che affianca il canale, su di un ponticello che collega le due sponde, mi soffermo ad ascoltare la bellissima voce di un giovane che con la sua chitarra intona ‘Let it Be’ dei Beatles. Quali sensazioni m’avvolgono! Mi appoggio alla ringhiera del ponte ed osservo i lampioni della strada illuminarsi pian piano a sottofondo di questa soave voce. Laggiù, a poca distanza, elegantissima, la chiesa del Salvatore vede passeggiare silenziosamente le poche persone che si aggirano nella semioscurità. Resto ammaliato da questa voce per molti minuti, mentre la mia fantasia e la mia felicità volano alto nel cielo. Le stradine si svuotano, il silenzio avvolge il luogo mentre mi avventuro nelle vicinanze della chiesa che, purtroppo, è illuminata (male) da una fioca luce. Scatto molte fotografie per poi tornare al traffico della prospettiva. Sono esterefatto dalla velocità con la quale auto e moto sfrecciano lungo la strada. Pare una pista da corsa, dove spesso si assiste ad auto che fanno la gara tra un semaforo e l’altro. E le forze dell’ ordine? Mah! Svolto nella più tranqulla Bolshaya ulitsa e dopo aver oltrepassato l’arco del Palazzo di Stato Maggiore, mi trovo nella piazza del Palazzo d’Inverno. Davanti a me l’Hermitage che si manifesta in tutta la sua eleganza. La piazza e semideserta ed il Palazzo illuminato a giorno. I colori sgargianti della facciata risaltano nel buio di questa nottata. Scatto mille fotografie, mille istantanee. E poi, nonostante le forze stiano nuovamente venendo meno, raggiungo la Neva e dopo aver oltrepassato l’ Ammiragliato giungo nella piazza dei Decabristi. La cattedrale di Kazan è davvero male illuminata, o per meglio dire, non vi sono luci che l’illuminano. Mi soffermo qualche istante ad ammirare la statua di Pietro il Grande e poi nuovamente lungo Neva, questa volta a scattare mille foto alla fortezza di Pietro e Paolo, laggiù lontano, oltre il fiume. Ritorno in camera proprio quando le forze mi stanno abbandonando, e mentre sorseggio un buon thè caldo scambio quattro chiacchere con un ragazzo francese che per un paio di anni ha vissuto a Firenze. Ormai esausto, posso finalmente andare a dormire. E’ stata una giornata incredibile, ho macinato chilometri su chilometri, senza fermarmi mai. Ma sono felice, tanto felice. Questa città è bellissima, unica.
campo di Marte
Il giorno a venire mi sveglio relatimente presto, ma la stanchezza accumulata mi consiglia di restare ancora un poco sotto le coperte. I due ragazzi portoghesi conosciuti il giorno precedente sono partiti, chissà verso quali lidi. Il tempo non è dei migliori, proprio come la giornata appena passata; l’importante è che non piova, perchè perderei un giorno di cammino. Mi preparo velocemente e dopo un buon thè caldo sono pronto ad uscire per le vie della città. Raggiungo piazza del Palazzo, incredibilmente deserta e vuota: oggi è giorno di chiusura dell’Hermitage, e si vede! Rispetto alla giornata di ieri (che era domenica), la città pare più vivace: in fondo anche i russi lavorano! Ripercorro la via dei milionari, questa si, silenziosa come il giorno passato. Arrivo al campo di Marte, inoltrandomi nel verde del giardino. Come detto precedentemente, nel passato questa distesa era una palude successivamente bonificata. Venne trasformata in giardino e divenne un memoriale di guerra. Infatti il Monumento ai combattenti rivoluzionari e la Fiamma eterna commemorano le vittime della Rivoluzione del 1917 e della guerra civile. Mi riposo qualche istante sulla panca in fronte alla fiamma eterna, osservando questo cielo grigio che pare non voler lasciare spazio al caldo dell’ estate. Riprendo il passo anche se le mie gambe consigliano altro, ma il tempo non mi aspetta e ancora molto devo vedere. Mi avvio lungo Sadovaya ulitsa che costeggia da un lato il bellissimo castello Mikhajlovskij, eretto per Paolo I nel 1801 (oggi costituisce parte del Museo russo) e dall’altra il giardino omonimo. Scatto qualche istantanea alla statua di Pietro il Grande, posta in fronte all’entrata del castello, lungo Zamkovaja ulitsa.
piazza delle arti
Svolto ora in Inzhenernaja ulitsa, e dopo poche decine di metri sono davanti al Museo Russo, in piazza delle Arti. La piazza, un luogo molto tranquillo, è chiamata cosi per via delle sue numerose istituzioni culturali cittadine: la grande sala della Filarmonica di San Pietroburgo, il Teatro dell’opera e del balletto Musorgskij e il museo Russo. Questa piazza neoclassica venne progettata da Carlo Rossi nel primo ‘800, e al centro di essa si trova la statua di uno dei maggiori poeti russi, Aleksandr Puskin. La Inzhenernaya ulitsa si collega con la bella via pedonale che porta alla chiesa del Salvatore sul Sangue Versato. La piccola stadina è già molto affollata, nonostante siano appena le dieci del mattino. Avevo intenzione di arrivare presto dinanzi la chiesa e sbizzarrirmi in mille foto, invece nulla. Volevo catturare l’anima silenziosa del luogo, ma il posto è già colmo di turisti! Dal ponticello sul fiume Mojka la visuale che si ha sulla chiesa è da cartolina! Qual bellezza! Osservo con particolare attenzione tentando di scolpire in maniera perenne nella mia mente questa visione. Accanto al ponticello vi si tiene un piccolo mercato di oggettistica, ma soprattutto tipiche mercanzie di cui i turisti vanno pazzi. Riprendo il passo seguendo il percorso organizzato precedentemente. L’opera di canalizzazione del fiume Mojka, lunga solo 5 chilometri, venne iniziata già nel 1711. Il primo tratto di strada è affiancato da una costruzione lunga circa 250 metri in puro stile neoclassico russo e ora in fase di ristrutturazione. Una volta questo edificio svolgeva la funzione di scuderia imperiale.
Proseguo le passeggiata nella stradina silenziosa, lontana dal traffico e dalla confusione, su cui si affacciano diversi bei edifici. Questa parte del lungocanale era infatti in gran parte abitata dall’ elitè intellettuale, letteraria e artistica della capitale. In questa via infatti ha sede la casa del poeta Puskin, al numero 12, e quella del drammaturgo Gor’ kij. Io non riesco però a scorgene nessuna delle due abitazioni. Nessuna insegna, nulla lascia supporre siano vissuti da queste parti. Entro in un cortile, al momento in fase di ristrutturazione, dove immagino (quasi sicuramente) vi si trovino le stanze dove Gor’ Kij visse. La passeggiata sul lungacanale è molto piacevole, è una via elegante e tranquilla. Ad un certo punto si apre sulla mia destra una bella veduta sul canale d’ inverno, con le sue rive in granito e l’arco di Trionfo che lo sovrasta creando un passaggio tra i due edifici dell’Hermitage, e dietro ad esso, la Neva. Oltrepasso il ponte dei cantanti (chiamato cosi per via della cappella Glinka, una sala da concerti dove si sono formati grandi coristi, compositori e direttori d’ orchestra). Pochi passi e sono nuovamente lungo la Prospekt. Le gambe sono nuovamente doloranti ed io non sono neanche a metà percorso! Andiamo bene! Faccio uno strappo al programma andando alla ricerca di un posto ove far colazione. Cammina e cammina lungo la prospettiva, ma nessun locale che pare far al caso mio. Po d’improvviso mi s’illuminano gli occhi: McDonald’s! Cappuccino e Muffin, qual bontà! Rimango una ventina di minuti a cozzare sui comodi divani del locale, giusto per dare sollievo ai miei piedi fumanti. Sono ormai le ore undici quando riprendo il cammino, oltrepasso il ponte sul canale Fontanka e giunto in prossimità della Vladimirskiy prospekt, svolto alla mia destra in direzione Vladimirskaya plahchad. Pochi minuti di passo e arrivo in questa piccola piazza crocevia di molte strade.
Vladimirskaja cerkov
La grande chiesa che domina la piazza, la Vladimirskaja cerkov, è dedicata all’icona della Madonna di Vladimir, in essa contenuta. Le cupole dorate illuminano questa giornata che non vuole saprere di riprendersi. Si tratta di un monumento tipico del barocco pietroburghese, la chiesa fu costruita intorno agli anni 160 su un progetto molto probabilmente opera del Trezzini. La torre campanaria, distaccata dal corpo della chiesa, è opera invece del Quarenghi. La chiesa venne riaperta al culto solamente nel 1990, e per anni venne utilizzata come fabbrica di biancheria intima. Nello slargo che si apre sulla destra della chiesa è stata collocata nel 1997 una statua dedicata a Dostoevskij. Faccio ingresso nel tempio Vladimirskaya e dopo aver affrontato la rampa di scale sono finalmente nella piccola chiesa al piano primo. Alcune donne con il foulard sui capelli porgono le loro preghiere ai santi, accendero piccoli ceri. Mi sento fuori luogo, mi sembra di disturbare le persone intente alla preghiera. Ma una signora, probabilmente la donna che si occupa del posto, non appena intravede la mia persona mi sorride, facendomi capire che la mia presenza non è inopportuna. Mi siedo su di una panca a fianco muro, nella quiete più totale. Poco istanti e sopraggiunge la donna che mi aveva sorriso, e dopo un cenno di saluto mi domanda da dove io venga. Poche parole in un misto di russo-inglese e mentre discorriamo continua con la mano ad accarezzarmi i capelli! Una breve conversazione e poi mi saluta, tornando alle faccende della chiesa. L’interno della Vladimirskaya è di stupefacente bellezza ed è infatti una delle chiese più frequentate e amate della città. E’ molto famigliare come posto, si respira un aria del tutto particolare. Esco all’ aria aperta di questa fredda giornata d’ agosto, osservando il traffico incessante, le persone che vanno e vengono, il centro commerciale in fronte alla chiesa. Poco distante da qui sorge la casa muso Dostoevskij. Osservo attentamente più volte la mappa ma non riesco a comprenderne la posizione: dove cavolo è ubicata? Cammino lungo Kuznechnyy Per, piccola stadina che si dirama dalla piazza. Lungo il marciapiede donne e uomini della campagna vendono le loro piccole cose, chi fiori, chi patate, chi frutta. Uno scorcio della Russia che era e che lentamente si sta andando a perdere. Una Russia che vive nelle campagne, un mondo totalmente diverso e distante da questa città. Al mio fianco sorge l’ edificio adibito a mercato coperto e dopo un centinaio di metri di passo ecco finalmente la casa museo, che ovviamente, è chusa. Perchè? Semplice: è giorno di chiusura! Caspita, l’aver riprogrammato la visita alla città causa pioggia, mi ha incasinato non poco il programma. Cercherò, in qualche modo, di visitarne l’interno nei giorni a venire. Pazienza!
Mi incammino verso Lomonosova Ploshchad, oltre il canale Fontanka. Osservo il ponte omonimo sul fiume: dei sette ponti levatoi in pietra identici a questo, costruiti verso il 1790, cinque sono andati distrutti. Sulla piazza che sorge in fronte al canale spicca la facciata semicircolare con portico a colonne dell’ex Ministero dell’Istruzione pubblica, di Rossi. La piazza, semideserta e lontana dal traffico caotico della città, è ombreggiata da un bel giardino verde. Oltrepasso l’arco del palazzo ex ministero dell’istruzione e proseguo nella piccola stradina ulitsa Lomonosova per poi svoltare in Sadovaia ulitsa. Arrivo cosi ad una piazza incasinata all’inverosimile: auto, pedoni, motorini, passanti… una confusione della madonna! La piazza del Fieno, soprannominata in questo modo perchè un tempo si teneva il mercato del fieno, è affollata di mille chioschi e circondata da centri commerciali. In questa piazza è stato ambientato il romanzo Delitto e Castigo di Dostoevsky. Sebbene la cattedrale che un tempo dominava la piazza all’epoca dello scrittore sia stata demolita ormai da molto tempo, la zona conserva ancora quacosa dell’aseptto squallido, se non proprio degradato, dell’epoca. Sono molto indeciso quando si tratta di scegliere la strada da percorrere. La confusione, le mille strade che si diramano dalla piazza, il caos che mi circonda… mi confondono le idee. Molti dubbi ma poi mi decido ad imboccare la prosecuzione di Sadovaya ulitsa. Da queste parti dovrebbe celarsi la famosa statua (sarà una statua o cosa?) del famoso romanzo di Gogol ‘Il Naso’. Vado avanti ed indietro, ma nulla, non si trova. Domando informazioni ad una ragazza che passa nei pressi, ma non capisce un cavolo di quello che le sto dicendo. Eppure si deve trovare da queste parti! Abbondono l’idea e riprendo il passo, a malincuore. Lungo la strada mi imbatto in una piccola tavola calda frequentata prevalentemente da russi. Siccome la mia fame è molta, e visto che sono ormai trascorse un paio d’ore da quel Muffin, non rinuncio ad un salutare pranzo. Non ci penso neanche due secondi e faccio ingresso nel locale. Voglio finalmente mangiare qualcosa di tipicamente russo! Il fresco della giornata mi consiglia una buona zuppa calda, per riscaldare un poco la mia pelle infreddolita. La mia scelta ricade su quella che la maggior parte delle persone prima di me, domandano alla ragazza dietro il bancone. Il colore varia tra il rossastro e l’arancione, con qualcosa dentro di non ben definito. Bene! E’ mia! E poi un bel dolce per terminare il pranzo! Sia la zuppa che il dolce sono davvero ottimi, sono molto soddisfatto della scelta! La fame se n’è andata: leggero e riposato sono pronto a riprendere la passeggiata.
cattedrale di San Nicola
La giornata, -incredibile! – va nel frattempo riprendendosi. Le nuvole lentamente lasciano spazio ad un bel sole caldo… finalmente! Peccato sia troppo appesantito dalle mille cose che mi porto appresso: maglia legata a vita, diverse guide (tre!), il kway (l’esperienza di Doolin mi ha insegnato che nel dubbio… prendi il kway!) e la borsa a tracolla! Esco dal locale e riprendedo il passo lungo Sadovaya ulitsa nel bel viale alberato e, giunto in prossimità del canale Kryukov, svolto in Pikalov Most. Questo bel giardino verde, Nikolskaya ploshchad, è la culla della cattedrale di San Nicola. Edificio barocco, costruita nel 1753, venne eretta per i marinai e per gli impiegati dell’Ammiragliato che vivevano nei dintorni (San Nicola è infatti il patrono dei marinai). L’esterno è decorato con pilastri bianchi corinzi e sormontato da cinque cupole dorate che già in lontananza s’intravedono. Poco distante dalla chiesa si trova la torre campanaria a quattro piani coronata da una guglia. Secondo la tradizione russa esistono due chiese all’interno della cattedrale. La chiesa inferiore, progettata per le funzioni quaotidiane, mentre la chiesa superiore è adibita alle funzioni domenicali e ai matrimoni. E’ più luminosa e particolareggiata rispetto a quella inferiore ed è in stile italiano, con bellissimi stucchi e decori. Quando faccio ingresso nel bellissimo parco, la visione della cattedrale m’illumina il volto: qui ci sta una spettacolare foto! Peccato che una coppia di giovani ha avuto, pochi secondi prima di me, la stessa idea. Ora mi tocca sorbire dieci minuti di loro pose e scatti… Quando finalmente se ne vanno, con il mio cavalletto made in China alto dieci centimetri (sembra quello dei puffi…), posso finalmente immortalarmi insieme alla bellissima cattedrale in questa giornata che ora si, ha il sapore d’agosto! Quanta fatica a farsi foto quando si va in giro per il mondo da soli…
Faccio il mio ingresso all’interno della cattedrale (entrata gratuita), riccamente decorata come detto precedentemente. Rimango al silenzio e alla tranquillità del posto per una decina di minuti e poi, visto che il tempo corre più veloce di Bolt, riprendo il passo. In ulitsa Glinki, poco distante dalla cattedrale, sorge un simbolo di questa città, esportato e conosciuto ai quattro angoli di questo mondo: il teatro Marinsky (all’estero è maggiormente conosciuto col nome di teatro Kirov). L’edificio fu costruito nel 1860 dallo stesso architetto che progettò il Bolshoi. Si trova sul sito di un antico teatro che venne poi distrutto da un incendio. L’esterno è davvero bello, colpisce per il color azzurro della facciata neorinascimentale. Mi ero informato, quando ancora dovevo partire, se era possibile un tour all’ interno del teatro. O addirittura se vi erano spettacoli nelle serate in cui io ero in città. In dodici mesi di opere, l’ unico mese in cui il teatro ha le porte serrate è agosto. Qual fortuna! Non mi resta che ammirarne gli esterni e poi, a malincuore, riprendere la passeggiata. Immerso nella tranquillità del canale Griboedova, si affaccia sulle acque il famoso, famosissimo palazzo Jusupov, ora di fronte ai miei occhi. Questo edificio giallo a colonne venne acquistato nel 1830 dalla famiglia Jusupov per ospitare la superba collezione di quadri. Questo palazzo divenne assai famoso per via di Rasputin, un personaggio tanto particolare quanto enigmatico. Infatti, il 17 dicembra 1916, egli mori’ in modo misterioso e leggendario. Attirato nel palazzo con il pretesto di una festa, venne avvelenato, ferito e dato per morto dal principe Jusupov, il quale tornato sul luogo del delitto, trovò Rasputin ancora vivo. I due ripresero a lottare , ma Rasputin riusci a fuggire nel cortile. Inseguito dai cospiratori, gli furono sparati altri tre colpi di pistola, venne picchiato selvaggemente e gettato nel fiume. Quando tre giorni dopo il suo cadavere fu trovato impigliato ai sostegni di un ponte, l’acqua presente nei polmoni fece ritenere che fosse morto per annegamento. Pazzesco! Non posso di certo rinunciare alla visita di queste sale, dove un passato cosi misterioso ebbe svolgimento. Ma quando osservo il pannello informativo all’ingresso, scopro amaramente che le visite sono a gruppo in orari prestabiliti. E la prossima visita è tra mezz’ora: cosa fare? Purtroppo il tempo stringe, ancora molto ho da vedere e questa sera il mio treno partirà per Mosca! Anche in questo caso non mi rimane altro che ammirare il palazzo da fuori, volare con la mente, con la fantasia alle storie di queste sale, e poi riprendere il passo.
cattedrale di Sant’Isacco
Proseguo lungo la stadina che si affaccia sul canale, e poche centinaia di metri più avanti si apre la vista alla cattedrale di Sant’Isacco. I piedi mi fanno un male cane, per non parlare dei muscoli delle gambe. Sono mezzo andato, anche per via del ‘carico’ di roba che mi porto appresso! Sopravvivo in qualche modo e seppur con fatica mi trascino lungo la piazza di Sant’Isacco dove decine di bus e auto sostano. Dal giardino verde in fronte alla cattedrale osservo con maggiore attenzione questa immensa chiesa. Il frontone settentrionale è decorato da un rilievo in bronzo della Risurrezione a poera di Lemaire, le colonne in granito, ognuna del peso di 114 tonnellate, furono trasportate dalla Finlandia con apposite navi. E ancora, la coppia di angeli che sostengono le torce a gas ai quattro angoli del tetto, che paiono osservare dall’alto la confuisione della piazza. Mi reco alla vicina biglietteria e faccio mio il ticket d’ingresso alla cattedrale. Salita la grande scalinata, varcata la porta d’ingresso, rimango senza fiato: l’immensità dell’interno è un qualcosa di unico, fantastico. E’ senz’altro la chiesa più sontuosa e grandiosa della città! Una prima struttura in legno venne costruita sulle sponde della Neva da Pietro il Grande in onore di S.Isacco Dalmata, poichè la festa liturgica dl santo cadeva il 30 magio, giorno natale dello zar. La chiesa venne poi rifatta in mattoni nel 1717 dopo che la città divenne capitale. Caterina II affidò a Rinaldi la costruzione di una teza chiesa. Ma Alessandro I fece abbattere anche questa perchè ritenuta troppo piccola. L’enorme chiesa a croce greca (1819) è una sorta di sintesi tra la basilica di San Pietro, il Pantheon e la cattedrale londinese di San Paolo. L’interno è eccessivamente ricco di ori, marmi e bronzi, talmente sontuoso da togliere il fiato. Passeggio in mezzo alla marea di turisti, troppi, con il naso rivolto alla cupola. Il grandioso dipinto del soffitto è opera dei pittori Bruni e Brjullov. La gigantesca iconostasi, scandita da colonne in malachite e lapislazzuli, è ricoperta di mosaici; la vetrata sull’altare maggiore rappresenta la resurrezione di Cristo. Durante la seconda guerra mondiale la crudeltà dell’uomo non risparmiò neanche la cattedrale e seppur colpita in maniera non grave, ancora oggi si possono intravedere i danni che essa subi’ per mano dell’ uomo. Dopo aver passato parecchi istanti con il naso rivolto verso l’alto ad ammirare l’incredibile soffitto della cupola, vado ora alla ricerca del busto di Montferrand, l’ideatore nonchè costruttore della cattedrale, realizzato con i 14 diversi marmi utilizzati nella costruzione della chiesa. Dopo una buona mezz’ora ad osservare ogni piccolo dettaglio, posso finalmente sedermi e riprendere un poco le forze che stanno per esaurirsi. Seduto sui banchi della navata principale, leggo le varie guide che ho con me.
le colonne sull’isola
La giornata è ancora lunga, e quando do un occhiata alla mappa con il percorso che ancora devo affrontare, rischio un infarto. Eppure sono qui per questo, per scoprire, ammirare, osservare e soprattutto… camminare! Il tempo pare non bastare mai, anzi, corre molto più veloce di quanto pensavo! Una ventina di minuti seduto tranquillo e le mie gambe paiono essersi riprese, anche se di poco. I muscoli tirano meno… cosa pensare, se non a ripartire? Raggiungo il lungo Neva, costeggio l’Ammiragliato e oltrepasso il fiume sul ponte Dvortsovyy Most che collega l’isola Vasilevskij alla terra ferma. Le due colonne rostrate mi accolgono sull’isola. Progettate nel 1810 fungevano inizialmente da faro. Nell’800 le lampade a gas vennero sostituite da lampade a gas che vengono accese in occasioni speciali come nel Giorno della Marina. Sono fedeli allo stile romano, e sono ornate da prue navali sporgenti per celebrare le vittorie, mentre le figure alla base stanno a simboleggiare i quattro grandi fiumi russi, ovvero il Volga, la Neva, il Dnep e il Volkhov. La fatica inizia nuovamente a farsi sentire, ma non demordo, e continuo imperterrito a camminare. Un bel sole caldo compare alto nel cielo. In Birzhevaya ploshchad molte persone si riposano sdraiate sull’ erba, godendo di questa giornata d’ agosto. Dalla piazza si gode di una vista eccezzionale sul Palazzo d’Inverno da una parte, e sulla fortezza dei SS Pietro e Paolo dall’ altra.
L’isola di Vasilevskij
L’isola di Vasilevskij divide in due la Neva, prima di terminare la sua lunga corsa in mare. Rimango una decina di minuti a godere della giornata che in poco è andata riprendendosi alla grande. Osservo il panorama che si apre davanti ai miei occhi, questa città fantastica che offre al turista tesori di incredibile bellezza. Attravero il ponte Birzhevoy most, che collega l’isola di Vasilevsky a Petrogaskaja, e dopo qualche minuto di cammino sono al Kronverkaiy most che immette alla fortezza di SS Pietro e Paolo. Dopo aver costeggiato la parte a sud dell’ isolotto, cammino ora sulla fine sabbia della spiaggia, dove diverse persone godono di questi momenti di pace. La voglia di lasciarmi cadere è infinita, ma rimando tale intenzione a quando avrò terminato la visita alla fortezza. Costeggio il bastione Naryskin per poi far ingresso dalla porta della Neva, nota anche come porta della morte. Questa porta conduce al Pontile del Comandante da dove i prigionieri partivano per l’esilio o per essere giustiziati. Oltrepassata le possenti mura, sono immerso nel verde del di un giardino dove si erge la statua di Pietro il Grande. La fortezza, dalla pianta esagonale, venne edificata nel 1703 ed è l’edificio più antico di San Pietroburgo. Venne progetta da Pietro il Grande come difesa dagli svedesi. In realtà non fu mai teatro di alcuna battaglia e fino al 1917 fu utilizzata principalmente come logo di detenzione per prigionieri politici. Tra i suoi ‘ospiti’ figurano Dostoevsky, Gorky, Trotsky e il fratello maggiore di Lenin. Nella grande piazza della fortezza, s’innalza al cielo la guglia dorata (122 metri) della torre campanaria della Cattedrale dei SS Pietro e Paolo. La piazza è circondata poi da altri edifici di particolare importanza quali la Casa del Comandante, attraente casa barocca, che per 150 anni vide nelle sue sale svolgersi i processi dei prigionieri policiti. In fronte alla cattedrale vi si trova la zecca, fondata nel 1724, e poco oltre, la casa della Barca. Per far ingresso nella Cattedrale bisogna esser muniti di biglietto che si acquista nel negozio di souvenir allestito nella casa della Barca. La cattedrale dal bellissimo interno barocco è l’ultima dimora di tutti i governanti della Russia prerivoluzionaria, a partire da Pietro il Grande. Gli unici zar non sepolti qui sono Pietro II e Ivan VI, e fino a poco tempo fa Nicola II. Infatti solo nel 1998 f presa la decisione di far riseppellire le spoglie dell’ ultimo zar Romanov, della famiglia e della servitù che con loro perì, in una cappella all’ interno della Cattedrale.
timore e ammirazione
Progettata dal Trezzini venne completata nel 1733, ma fu poi danneggiata dal fuoco pochi anni più tardi. L’interno non è poi grandioso come le altre chiese della città, ma ammirare i sarcofagi (tutti in marmo di Carrara tranne quelli di Alessandro II e di sua moglie Aleksandovna) di tutti gli zar riuniti in una sola stanza, m’incute timore e ammirazione allo stesso tempo. Quanta gloria si cela tra queste mura, quanta storia è passata nelle mani di questi regnanti. Purtroppo l’epitaffo con il nome degli zar sepolti nei sarcofagi è in cirillico, il che m’impedisce di comprendere di quale regnante si tratti. La Cattedrale è sovraffollata all’inverosimile, uno dopo l’altro si susseguono orde di turisti chiassosi e maleducati: siamo pur sempre in una chiesa, il silenzio ed il rispetto son d’ obbligo, di qualsiasi fede uno sia. La sala che desta maggior ammirazione è ovviamente quella dove sono sepolti Nicola II ( e la sua famiglia ), fucilato a Ekaterinburg, fatto a pezzi e bruciato. (Nicola II e la sua famiglia furono canonizzati come portatore di passione dalla chiesa ortodossa russa nel 2000: nell’ortodossia, un portatore di passione è un santo che non è stato ucciso a causa della sua fede come un martire ma è morto nella fede per mano dei suoi assassini). Mi siedo comodamente nell’ attesa che la folla, assiepata in fronte alla sala, si disperda, al fine di ammirare con maggior attenzione la cappella. Ma un gruppo dopo l’ altro… paiono essere milioni questi turisti! Non sono dispiaciuto in fondo, un breve riposo è necessario per dar sollievo alle mie gambe indolenzite. Nel frattempo un micione grande e grosso, ma molto coccoloso, siede accanto a me, incurante delle decine di persone che gli s’avvicinano per accarezzarlo. Dopo una ventina di minuti in attesa, il momento che tanto attendevo: la sala è davanti a me, ai miei occhi! Ammiro con profondo rispetto il sarcofago degli ultimi regnanti Romanov, in totale pace e silenzio. Dedico ancora una veloce visita all’annesso museo dove si ripercorrono le esequie degli zar fino ad una teca espositiva su Nicola II e la sua famiglia. Esco alla luce del sole, che finalmente dopo giorni è ricomparso alto nel cielo di Russia. Scatto ancora diverse foto alla Cattedrale che con la sua guglia dorata è il simbolo di questa città, visibile da ogni angolo dell’ antica capitale. Ripercorro la stradina che porta all’ingresso principale della fortezza, la Porta di San Pietro. Un bel viale alberato m’accompagna fino alla porta barocca decorata con ali a volta ed un frontone a timpano rotondo. Ridisegnata dal Trezzini, mantiene comunque il bassorilievo che raffigura Pietro il Grande vittorioso su Carlo XII. Oltre la porta di San Pietro, vi si trova ancora la neorinascimentale porta di Ivan.
relax
Sono ora all’esterno della fortezza, dalle imponenti mura, spesse parecchi metri. Ora m’attende un meritato relax sulla spiaggia dell’isoletta: non vedo l’ora di sdraiarmi liberato dai mille averi che m’appesantiscono di molto il passo. Costeggio le mura di cinta, ma paiono non finire mai! Dove l’ hanno spostata la spiaggia? Seicento metri (!) di passo costeggiando la cinta muraria e poi, finalmente, davanti a me la sabbia dorata sulla Neva! Mi distendo in totale pace a godere di questo bel sole caldo, qual pace! Sono felice, che cosa fantastica è la vita e quanto sono fortunato! Dormicchio, mi rilasso, riscaldo la mia pelle infreddolita. Mezz’oretta di tranquillità e poi, quando inizia a spirare un venticello frescolino, riprendo la via di ‘casa’. Quando volgo lo sguardo alle colonne rosastre…mi sento svenire, mi sento mancare. Dovrei percorrere tutta quella strada, fin laggiù, dove intravedo a malapena le colonne, con le mie gambe doloranti? Al solo pensare di camminare per un altra mezz’ora mi sento venire meno. Mi trascino lungo la strada, oltrepasso l’enorme galeone ormeggiato alla banchina di Petrogadskaya (adibito a ristorante), di due ponti sul fiume, il Birzhevoy ed il Dvortsovyy most, per poi giungere, senza sapere come e con quali forze, alla Prospekt. Oltre ad essere stanchissimo ho una fame incredibile. Non posso rimandare oltre la cena, cosicchè m’infilo nel primo locale accanto al mio ostello. Si tratta di un ristorante/pub al momento privo di clienti (sono appena le ore 19…). Il locale è molto carino ed il personale cortese. Ordino pizza e birra, da tipico italiano. La pizza non è male anche se quelle nostrane sono altra cosa, mentre la birra è davvero ottima! Faccio ritorno in camera verso le otto e mezza, preparo la mia valigia e scambio quattro chiacchere con il ragazzo ceco ( Repubblica Ceca… ). Poi, come da consuetudine in questi giorni pietrogadesi, vado nella sala da pranzo a scrivere il diario di giornata sorseggiando un buon thè caldo. Le zanzare sono a milioni, ma non mi scoraggio: ciabatta in mano ne uccido una decina contro il muro. A volte mi faccio paura da solo: assetato di vendetta, vado alla ricerca in tutta la camera di qualche ospite indesiderato e…bang! Terminator missione Russia colpisce ancora! Verso le undici vado a nanna, sono davvero a pezzi, questi primi giorni a San Pietroburgo hanno messo a dura prova le mie forze!
a tutto… click
Il giorno seguente è l’ ultimo in città. Mi sveglio intorno alle ore sette, dopo aver passato una nottata tranquilla (finalmente). Mi preparo velocemente e lascio in custodia l’enorme zaino alla ragazza alla reception. Il cielo è nuvoloso, cupo, come spesso in questi giorni. Velocemente raggiungo la Chiesa sul Sangue Versato. Voglio scattare molte fotografie quando ancora la città dorme, e per realizzare il mio intento devo venire a mattina presto, molto presto, o a notte fonda. Quando arrivo lungo la stradina che costeggia il canale, nessuna anima si aggira ancora nei dintorni. Anche la Prospekt è semideserta, una visione inusuale per me. Scatto mille istantanee mentre la città sembra svegliarsi lentamente dal suo profondo sonno. Concluso il ‘servizio fotografico’ raggiungo la vicina stazione metro e dopo una decina di minuti di viaggio sono al monumento agli eroici difensori di Leningrado. Mentre con passo veloce camminavo lungo la Prospekt una leggera pioggia aveva iniziato a scendere, ma una volta uscito dalla stazione Moskovskaya, parecchi isolati più avanti, sembra aver smesso. Lungo la strada, Moskovskiy prospekt, che collega la periferia al cuore della città, la vità pare iniziata già da molto tempo. Moltissime persone sono a passeggio lungo i viali, il traffico caotico, come sempre in questa città. Dalla parte opposta della strada noto.. noto un Mc Donald’s! Mamma mia quanto sono fortunato, inizio ad aver fame! Faccio mio un cappuccino bollente e un buon Muffin, nella più (in)sana tradizione McDonald’s! Mentre pappo il delizioso dolce al cioccolato mi sento un poco sott’ occhio. Turisti da queste parti non ne vedono molti ed io non passo di certo inosservato. Rimango una mezz’oretta al caldo del locale, facendo la felicità del mio pancino.
Riprendo il passo lungo questo grande viale costellato da mille piccoli negozietti dove il McDonald’s è l’ultimo avamposto occidentale. A circa 500 metri dalla stazione metro Moskovskaya, sorge questo monumento eretto nel 1975, in occasione del 30° anniversario della fine della Seconda guerra mondiale. Il memoriale è assai cupo, reso ancor più funebre dal cielo grigiastro sopra di me. Commemora sia le vittime dell’assedio sia i sopravvissuti. Un grande obelisco s’innalza al cielo, in granito, alto 48 metri, eretto vicino a una recinzione circolare che simboleggia la morsa dell’assedio. Scendo i pochi gradini che mi portano alla ‘morsa’ dove odo una musica malinconica man mano che m’avvicino all’ entrata, che al momento, è ancora chiusa alla visita. A poca distanza sorge l’obelisco e le statue eroiche di soldati, marinai e madri disperate. Osservo attorno a me gli edifici che delimitano il perimetro della piazza, costruzioni identiche che s’intonano perfettamente con il tempo grigiastro. Mi soffermo a pensare, cerco di immaginarmi come potesse essere nel periodo della guerra questo posto. Immagino grande tristezza, distruzione, bombe, dolore. Perchè l’uomo vuole a tutti i costi farsi del male da solo? Caduto in mille pensieri, rapito dal dolore provato da questa città, faccio ingresso nella sala commemorativa. La musica lascia spazio al battito ossessivo del metronomo, il segnale radio in tempo di guerra. La sala è un luogo tetro, illuminato da 900 lampade arancioni, una per ogni giorno dell’assedio. Lungo i muri sono appese le targhe con i nomi dei 650 eroi dell’Unione Sovietica. Al centro della sala sono esposti alcuni oggetti del periodo bellico, da bombe semiesplose, a piccoli diari, fotografie e particolarmente commovente è il tozzo di pane ivi esposto, la razione quotidiana per molta gente. A mio avviso, il museo potrebbe offrire molto di più agli occhi del visitatore, per ricordare a quanto è grande la malvagità dell’ uomo, fin dove si può spingere. Rimango una ventina di minuti ad osservare gli oggetti esposti ( con spiegazione in cirillico… ) prima di uscire all’ aria aperta della giornata.
Lascio alle mie spalle il memoriale e percorro nuovamente la strada fin alla stazione metro. Diversi cambi di linea e giungo molti minuti dopo in piazza Vladirmirskaya. Passeggio lungo Kuznechnyy, dove i soliti anziani tentano di raggranellare qualche rublo vendendo verdura, fiori, pane, ed eccomi davanti alla casa museo di Dostoevsky. Le porte sono ancora serrate, l’apertura avrò luogo fra pochi istanti. Il tempo sembra tenere, il pericolo pioggia al momento è scongiurato. Alcune persone sono come me in attesa della visita, e quando il museo apre le sue porte, posso finalmente scoprire le stanze dove il poeta visse, all’ apice della sua fama, dal 1878 fino alla sua morte. E’ in questa sale che terminò il suo ultimo grande romanzo, I fratelli Karamazov. A causa dei debiti contratti al gioco, fu costretto (si fa per dire, la casa non è certo piccol ) a un tenore di vita modesto in questo appartamento. Le stanze sono state riprodotte come all’epoca, compresa la graziosa camera dei bambini con il cavallo a dondolo, ritratti dei figli e il libro di fiabe che lo scrittore leggeva loro. Di particolare bellezza è lo studio dove è conservato lo scrittoio e la riproduzione del suo dipinto preferito, la Madonna Sistina di Raffaello. Giro una mezz’ora per le sale che commemorano la sua grandezza e poi raggiungo nuovamente la stazione metro, questa volta diretto alla Moskovsky vokzal. Questa sera lascerò questa bellissima città per raggiungerne un’altra altrettanto magica, Mosca.
Prima però devo cambiare la mia prenotazione in un biglietto ferroviario valido. Prima di partire per questo viaggio, avevo riservato tramite internet un posto per la tratta San Pietroburgo-Mosca e avevo stampato il voucher che mi raccomandava di andare alla stazione Moskovsky Vokzal al fine di ottenere il ticket vero e proprio. E quindi, eccomi qua, nella speranza che tutto scorra liscio come l’olio. Impiego qualche istante a capire quale sia l’edificio della stazione ferroria, una volta al di fuori della stazione metro (sembra stupido…ma non è cosi semplice…). Breve indecisione e poi faccio il mio ingresso nell’enorme atrio da dove hanno partenza la maggior parte dei treni della città. Domando informazioni per sapere dove devo recarmi per cambiare il biglietto, ma i primi tentativi vanno a vuoto. Vado avanti e indietro per la stazione, ma delle biglietterie neanche l’ombra. Ad un certo punto, un giovane ragazzo, m’indica la via da seguire per giungere allo sportello dove sostituire il mio ticket. Ma dove diavolo hanno messo la cassa? La biglietteria della stazione è in un edificio distaccato dalla stazione stessa. Si attraversa un piccolo cortile e si entra in questa sala dove si possono acquistare i biglietti…santo dio che casino! Prendo il biglietto e aspetto il mio turno silenziosamente. Alla giovane ragazza che m’accoglie spiego che son qui per cambiare il voucher di prenotazione in un biglietto valido per il viaggio. In pratica, devo solo ritirarlo. Molto probabilmente la ragazza non capisce nulla ma con il dito m’ indica la parete opposta dove vi sono alcune macchinette che, suppongo, funzionano da biglietterie automatiche. Ringrazio per la gentilezza (non ha neanche aperto bocca…) e raggiungo la terribile macchina automatica. Ma ora…come funziona? Sbircio nello schermo a fianco dove una ragazza sta stampando il biglietto, ma senza cavarne nulla. E’ tutto scritto in cirillico santo dio! Cosa devo fare, mettermi in ginocchio e sperare nel miracolo? Rimango impacciato davanti allo schermo per una decina di minuti, paio un novantenne di fronte ad un cellulare ultima generazione. E poi, come per magia (lassù qualcuno avrà ascoltato le mie preghiere?) sento la mano di una persona appoggiarsi sulla mia spalla. Sarà San Osvaldo? San Marco? Mi volto e vedo la ragazza che poco prima, alla biglietteria, m’aveva indicato la terribile macchinetta. Notando le mie difficoltà è corsa in mio aiuto…ma che sia benedetta! Con il voucher stampato in Italia ed il passaporto, dopo molte operazioni, vedo venir alla luce il biglietto che mi permetterà di raggiungere Mosca. La ringrazio più volte, avrebbe potuto fregarsense e rimanere seduta nel suo stanzino a vender biglietti, invece è stata premurosa ed è venuta in mio aiuto. Brava! Sono tutto felice e contento ora, e decisamente più tranquillo! Sono sano e salvo ora! Anche la giornata pare riprendersi, insieme al mio morale. Le nuvole lentamente si dissolvono nel cielo lasciando intravedere un bel sole, seppur al momento molto timido. Via metro raggiungo la stazione Finlandia, una decina di minuti di viaggio e sono nei pressi di ploshchad Lenina, a fianco della Finljandskij vokzal. La stazione è stata ricostruita nel 1960 e presenta una torre con orologio coronata da una guglia. L’esterno è piuttosto anonimo, un tipico esempio di costruzione del tempo, di stampo comunista. Ma al suo interno è conservata una ‘reliquia’ di notevole importanza, ed è proprio per questo motivo che io son qui.
Infatti, il 4 aprile 1917 giunse qui il vagone piombato che trasportava Lenin dalla Svizzera attraverso la Germania. Grazie ai tedeschi, che erano in guerra con i russi, Lenin potè tornare in patria e imprimere una svolta radicale agli avvenimenti di quell’anno. Nei mesi seguenti Lenin venne condannato e riusci a ripare in Finlandia partendo nuovamente da questa stazione, camuffato da ferroviere. Entro nel grande atrio della stazione, pensando di trovarvi in bella esposizione la ‘Locomotiva’. Invece nulla, supposizione errata, un grande atrio vuoto e desolato. Domando ad una signora alla biglietteria, cerco di spiegarmi, di farle capire le mie intenzioni, ma niente da fare, non conosce una parola di inglese. Vedendomi rattristato, esce dalla dalla sua piccola stanzetta e mi accompagna fino alla soglia d’ingresso alla banchina dei treni, dove vi è il personale di sicurezza. Mi arrestano? No, grazie al cielo! Inizia a conversar con loro, mi guardano, si guardano… e cercano di capire cosa questo turista possa volere. Ad un certo punto il ragazzo più giovane tra essi, spalancando gli occhi, sorride visibilmente: ha capito! Si offre di accompagnarmi (non è possibile accedere alla banchina da dove partono i treni senza relativo biglietto) oltre la soglia dove al fianco del binario 1 si trova un enorme teca in vetro dove è custodita la bellissima locomotiva con cui Lenin si mise in salvo. Dieci minuti ad osservare questa ‘reliquia’, a fotografarla: che storia intrigante porta con se questa locomotiva! Il giovane mi segue con l’occhio da lontano, forse per paura che io abbia intenzioni poco nobili. Lo raggiungo e lo ringrazio stringendogli la mano. Rimane sorpreso della gentilezza e sorridendomi, ci avviamo insieme verso l’uscita.
mille fontane
La stazione sorge sulla ploshchad Lenina, una bella piazza animata da mille fontane. Immancabile, la grandiosa statua di Lenin, che lo raffigura mentre tiene il discorso al suo arrivo in stazione, al centro di essa. Tutt’attorno la piazza sono in corso lavori di rifacimento del manto stradale, opera che causa una congestione del traffico. Mi avvio lungo la Neva, camminando in Pirogovskaya naberezhnaya. Per via dei lavori in corso sono costretto a camminare a fianco delle auto in corsa, ad attraversare strade dove i veicoli corrono a velocità pazzesche. Arrivo in prossimità del Sampsoniyevskiy most, il ponte che collega l’isola a Petrogadskaya. Poco distante è ancorato l’incrociatore Aurora, che splende in tutta la sua bellezza. Il tempo pare tenere mentre iniziano a farsi sentire i primi fastidi muscolari. Come detto, l’Aurora è uno splendido incrociatore corazzato di prima classe, carico di storia che fu varato l’undici maggio del 1900 e dopo tre anni occorrenti per essere costruito, entrò in funzione nella marina russa zarista nel 1903. Durante il disastroso terremoto del 1908 fu una delle prime navi a portare soccorso alle popolazioni di Reggio Calabria e Messina. Nel 1941 fu affondata ma rimessa a galla nel 1944. Ma quello che più lo rese grande nella storia e che tutti i comunisti ricorderanno per sempre, è quando nell’ottobre del 1917 sparo il primo colpo per dare l’avvio alla presa del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo. Già da lontano, dall’ altra sponda della Neva, notavo che l’incrociatore era sovraffollato di turisti. Ma una volta giunto a bordo, trovo il mondo. La visita è gratuita tranne alcune sezioni della nave. Passeggio avanti ed indietro alla scoperta dell’ incrociatore, dei suoi cannoni, delle sue stanze segrete. A prua vi è il famoso cannone da cui partì il colpo che diede inizio alla Rivoluzione e quando cerco di farmi scattare qualche foto, vi è sempre qualche imbecille che si piazza davanti. Abbandono l’idea e mi godo il panorama che si apre dalla prua sul Palazzo d’Inverno e sulla città in generale. Il letto della Neva in questo punto è grandissimo, 600 metri separano le due sponde. Scendo dall’incrociatore e da poco distante, lungo la banchina, domando ad un passante di scattarmi una fotografia con alle spalle l’incrociatore. Ho cattivi pensieri quando l’uomo s’avvicina, penso che mai sarà in grado di scattarmi un istantanea decente. Ed invece viene perfetta, vergognandomi del mio pensiero.
pietro il grande
Riprendo il passo felice e contento, camminando lungo la strada alberata, tranquilla e silenziosa. Sorge in Petrogadskaya, la strada che sto percorrendo, la capanna di Pietro il Grande. In tronchi di pino, la capanna fu eretta per lo zar dai suoi falegnami-soldati nel 1703, e qui Pietro il Grande abitò per sei anni mentre soprintendeva alla costruzione della città. La capanna venne poi rivestita in mattoni da Caterina la Grande, sempre attenta ad onorare Pietro. Una cancellata delimita il giardino, ma le porte paiono chiuse, sia sul lato nord che su quello a sud. Devo rinunciare alla visita, a malincuore. Oltre la piazza della Trinità, poco distante dalla capanna di Pietro, si erge bellissima, la Moschea di San Pietroburgo. Quando ero in visita alla fortezza dei SS Pietro e Paolo, avevo notato in lontananza la cupola color azzurro intenso svettare alta nel cielo. Mi ero incuriosito, avevo cercato nelle varie guide in mio possesso di quale costruzione si trattasse, ma al riguardo non avevo trovato informazioni. Ora, è davanti a me. Costruita sull’isola più antica della città, la Mecet (moschea) svetta nel cielo con i suoi due minareti e la cupola ricoperta da piastrelle in ceramica blu. Venne eretta intorno al 1910 imitando la moschea dell’emiro Gur a Samarcanda (toh, una meta di questo viaggio! ), dov’è custodita la tomba di Tamerlano. Quello che mi colpisce della moschea sono le piastrelle di color azzurro vivo, che paiono rallegrare la giornata. Non penso sia possibile la visita ai turisti poichè le porte sono serrate. Mi limito ad osservarla da fuori, moschea dai colori vivaci e dalla forme quasi perfette. Scatto molte foto, fin quando il pancino inizia a borbottare. Sono quasi le ore due e ancora non ho pranzato. Mi guardo attorno, alla ricerca di una taverna, osteria o qualsiasi altro luogo dove poter mettere qualcosa nello stomaco. Attorno a me soltanto negozi e banche, banche e negozi. Per evitare di macinare altri chilometri alla ricerca di un ristorante, decido di pranzare in un chiosco poco distante. Con molte difficoltà riesco a comprendere il menù e a ordinare una crepes bollente ed una birra. Mi siedo su di un muretto, stanco ed affamato. Mangio la mia crepes prosciutto-formaggio e nel frattempo sfoglio la guida per riorganizzare la giornata, siccome sono nettamente in anticipo con i tempi. Ricordo che da qualche parte avevo letto dell’esistenza in città del Museo dell’assedio. Ma ora, sfogliando le tre guide in mio possesso, non trovo niente al riguardo. Possibile? Mah! Finito il modesto pranzo pennichello ancora una decina di minuti prima di riprendere il passo, questa volta diretto al cimitero di Piskarevskoe.
In metropolitana, senza capire come e perchè, arrivo al terminal della linea rossa, tutt’altro posto rispetto a dove sono diretto. Mi accorgo dell’errore solamente quando lo scompartimento si svuota e sale una guardia di polizia a controllare il vagone. Non è un problema, riprendo la metro ma questa volta ponendo maggiore attenzione ai cambi di linea da effettuare. Il nome della stazioni di periferia è solamente in cirillico, il che mi complica non poco le cose. Giunto alla stazione Akademica, una volta all’aria aperta della città, per la prima volta in questo viaggio mi sento come sperso nel nulla, spaesato. Credevo di trovarmi in un luogo immerso nel verde, un posto tranquillo, di pace. Invece sono nel mezzo di un mercato, del traffico incessante di questa periferia più viva che mai. Mi guardo intorno, ma intravedo solamente palazzoni epoca staliniana e auto, tante troppe auto. Domando ad una persona dove si cela il cimitero di Piskarevskoe, ma essa mi guarda con due occhi che paiono chiedermi ‘ma che diavolo stai dicendo?’. La mappa che ho con me non mi è per nulla d’aiuto, i nomi delle strade (quando ci sono…) in cirillico neanche. Consulto la mia anima per qualche secondo, e decido di abbandonare la visita onde evitare di macinare chilometri a vuoto.
Ritorno sulla Prospekt e da qui, a passo veloce, raggiungo la cattedrale di Sant’ Isacco. La prima biglietteria ha appena abbassato la serranda, cosicchè mi tocca attendere in coda l’ apertura della seconda, posta a fianco. Aspetto un’oretta, senza riuscire a capire il funzionamento delle due biglietterie. Una apre, l’altra chiude, poi riapre…la coda di persone in attesa si sposta da una fila all’altra, chi passa davanti scatenando le ire dei presenti, chi rimane in coda alla cassa ormai chiuda… un mondo particolare che, ne sono sicuro, nessuno e neanche gli stessi addetti ai lavori comprendono il funzionamento. Dopo un sacco di tempo passato ad aspettare, riesco a venir in possesso del biglietto per accedere al colonnato della cattedrale. Il biglietto è un ticket ‘notturno’ e costa esattamente il doppio di quello giornaliero. Possibile che alle ore sei del pomeriggio considerino già la visita ‘notturna?? Pazienza! Rubli su Rubli… Pian piano la giornata va schiarendosi, le dense nubi abbandonano il cielo della vecchia capitale lasciando intravedere un bel sole caldo. Affronto tutto felice i mille scalini che mi separano dal colonnato e poi, davanti a me, improvvisamente, si apre una vista magnifica sulla città. Un panorama che abbraccia tutta San Pietroburgo e anche oltre. Una visita irrinunciabile a chi si appresta a visitare la città. Sono davvero contento, entusiasta, felice. Non potevo aspettarmi nulla di meglio in questi primi giorni in terra russa.
ancora foto
Il tempo ha lasciato a desiderare, d’ accordo, ma la pioggia, a parte il primo giorno che ho trascorso al chiuso dell’Hermitage, non mi ha mai creato problemi. Mi godo la visuale sulla città, sul mare del Nord che si apre qualche chilometro più in avanti laddove la Neva, dopo una lunga corsa, va tuffandosi liberamente. E poi ancora la fortezza dei SS Pietro e Paolo, la cattedrale di Smolny… resterei ore ad osservare il mondo dall’alto, mi affascina guardare la città perdersi dietro l’orizzonte. E’ una magia, semplici emozioni gratuite. E non me ne voglio privare, per nessun motivo al mondo. Sono queste sensazioni che mi fanno sentire vivo, mi fanno comprendere sempre di più quanto è bella questa vita, la nostra vita, che a volte non diamo troppa importanza. Trascorsa una mezz’ora a fantasticare davanti a questo spettacolo fantastico, torno con i piedi a terra. La giornata è ora splendida, degna sì di questa estate. Scatto molte fotografie, milioni di fotografie! Raggiungo l’Hermitage per cogliere in un istantanea il Palazzo, il verde acqua della sua facciata e alle sue spalle un cielo azzurro pastello. Ma la macchina fotografica, ahimè, m’ abbandona! Passeggio ancora qualche istante nella piazza, osservando i passanti, ma poi vista la fame raggiungo il pub/ristorante sulla Prospekt. Mi siedo allo stesso tavolo della sera precedente, mangiando come al solito ottimamente, anche se questa volta con pietanze tipicamente russe! Mi riposo ancora qualche istante davanti ad una birra e poi torno in camera a prendere i miei bagagli. Saluto la giovane e a piedi, con il mio pesante zaino, m’ avvio lungo la Prospekt fino alla stazione metro. Passeggiando mi volto spesso quasi a voler immortalare indelebilmente questa strada nella mia vita. Una sola fermata e sono alla stazione Moskovsky vozkal, da dove il mio treno partirà fra poco per Mosca.
in carrozza
Come sempre arrivo in stazione di corsa, sudatissimo, nonostante sia in anticipo. Raggiungo il binario da dove il treno per la capitale è in sosta. Lungo la banchina numerose persone attendono di salire, nella speranza che le porte dei vagoni si aprano il prima possibile. Nella mano sinistra ho il mio biglietto di cui ignoro però ognicosa che vi è scritta (è tutto in cirillico!). Domando informazioni ai passanti per farmi indicare il numero di carrozza, che risulta poi esser la dodici. Giunto al vagone resto in attesa davanti alla porta, mentre pian piano arrivano altre persone tra cui una madre con la figlioletta piccola. Essendo un treno notturno, avevo non poca paura sulle persone che avrebbero ‘soggiornato’ con me durante la notte, memore dell’ esperienza anni addietro su un Belgrado-Bucarest. Invece, guardandomi attorno, noto per lo più famiglie con figli al seguito e persone anziane. Tiro un sospiro di sollievo, ora sono più sereno, durante la notte potrò dormire senza la paura di essere derubato. Da buon italiano son sempre preso dalla paura che qualcuno voglia portarmi via ogni mio avere. Dopo una breve attesa giunge un giovane ragazzo, che risulta essere l’addetto al controllo dei biglietti. Una particolarità del mondo russo è che ogni carrozza viene gestita da un addetto alle ferrovie. Questa figura (solitamente una donna) ha in conduzione, se cosi si può dire, un suo territorio che corrisponde alla carrozza stessa. E’ la padrone in tutto e per tutto del suo territorio e lo gestisce quasi come fosse casa sua. ‘Vive’ in una cuccetta posta all’inizio del vagone, dove vi si trova anche una grande XXXXX di acqua calda. Quando giunge il giovane, ad uno ad uno mostriamo lui il biglietto in nostro possesso; controlla la validità, la tratta e la corrispondenza con il passaporto, dandoci finalmente la possibilità di salire a bordo. Quando viene il mio turno, il giovane controlla con attenzione il ticket, e dopo alcuni secondi, con il capo, mi fa cenno di salire sul vagone a prender posto. Finalmente! Salgo in carrozza tutto felice, senza sapere di come e dove sarà il luogo dove trascorrerò la notte. Domando lumi ai presenti che m’indicano, dope aver controllato gentilmente il biglietto, il letto posto a metà carrozza, a fianco del grande finestrino. E’, in poche parole, una branda al ‘piano primo’, mentre al di sotto vi sono due seggiole ed un tavolino (che all’ evenienza si trasforma in un secondo letto, diventanto in tutto e per tutto un letto a castello).
con un giorno di anticipo
Sono entusiasta, non è un hotel a 4 stelle ma questa nuova avventura mi fa gioire! Preparo il mio lettino, con federe e coperte appena uscite dalla lavanderia e avvolte nel nylon. Tutto molto pulito e curato, personale cortese… altro che treni nostrani! Qualche minuto ed il mio letto è pronto, mi distendo comodamente e con animo decisamente più sereno inizio a scrivere il mio diario, mentre di tanto in tanto osservo le persone che lentamente preparano il loro lettini. Quando la carrozza è quasi al completo noto una donna di mezza età, con aria molto preoccupata, andare avanti e indietro lungo lo stretto corridoio, osservando ripetutamente il mio letto. Ad un certo punto, dopo aver controllato più volte il suo biglietto, s’ avvicina e mi domanda qualcosa. Purtroppo per lei non comprendo la lingua russa, e non sono in grado di prestarle aiuto. – Mi spiace signora! – E continuo a scrivere, facendo finta di nulla. Sicuramente vi sarà qualcuno che saprà donarle l’ aiuto che va cercando. Con l’occhio seguo i suoi movimenti, la vedo confabulare con altre persone che ripetutamente si voltano verso di me. Che vogliono? Per quale motivo devono mettermi ansia? Sono l’unica persona non russa su questo treno, d’ accordo, ma perchè guardarmi con quest’ aria che mi preoccupa non poco? Non ho fatto nulla di male! La signora, dopo aver parlato con molte persone, avvicina un giovane, proprio quando il treno accende i motori. Pochi istanti e si parte! Evviva! Ma in quel frangente la donna ed il giovane mi s’avvicinano ed il ragazzo, che parla un inglese piuttosto contorto, m’inquieta non poco con le sue parole. A quanto pare, alla signora è stato assegnato lo stesso mio posto, il mio stesso letto. Possibile? Un errore? A quanto ho avuto modo di leggere sulle varie guide, le ferrovie della Russia sono precisissime, è impossibile che commettano un simile errore. Pensare che a due persone sia stato assegnato lo stesso letto è alquanto improbabile. Ma poi, proprio a me doveva succedere questo casino? Scendo dal mio lettino mentre il ragazzo continua a parlarmi, imperterrito. Per sicurezza, al fine di dimostrare che IO ho il biglietto giusto e che se un errore vi è, non riguarda certo me, mostro lui il mio ticket. Io sono a posto, sicuramente è la signora ad aver problemi! E’ cosi sicuramente! Quando però il giovane m’indica con il dito due numeri apposti sul mio biglietto ferroviario, che per sicurezza sto mostrando a tutti i presenti, sono colto da malore. Leggo chiarmanente questi due numeri, sono 17 e 08. I motori del treno rombano sempre più, la partenza s’avvicina, pochi istanti e partiremo alla volta di Mosca. Il ragazzo continua a parlare, senza fermarsi mai, mostrandomi un fantomatico posto ‘al secondo piano’ dove di solito si depositano i bagagli. Ecco, io potrei dormire li, non darei fastidio a nessuno. Ma ormai le sue parole risuonano nel vuoto, io vago con i miei pensieri in uno stato di confusione totale. Ho sbagliato giorno della partenza, ecco qual’è il vero problema. Alcuni secondi di smarrimento e quando torno sulla terra, consapevole della frittata, afferro velocemente il mio zaino, la maglia e tutti i miei averi e dopo aver salutato e ringraziato tutti, mi butto letteralmente fuori dal treno. Ma come è possibile? Il giovane ragazzo che mi aveva controllato il biglietto scende dalla carrozza e avendo compreso i miei problemi con la lingua russa, mi porge il suo cellulare con il calendario del mese di agosto 2011. Evidenziata in verde, la data di oggi, ovvero 16.08, mentre lui con la mano, dopo avermi mostrato i due numeri stampati sul ticket, mi fa cenno ‘domani’. I miei occhi sono spersi chissà dove. Lo saluto e ringrazio, è stato gentile, lui come il giovane ragazzo che nonostante io avessi un biglietto per il giorno seguente si era adoperato per farmi restare sul treno. Neanche trenta secondi da quando sono sceso dalla carrozza, ed il treno parte. Impietrito, rimango solo sulla banchina, mentre il treno è ormai lontano. Mi rimetto in quadro, controllo di aver tutto con me e lentamente m’avvio verso l’uscita della stazione ferroviaria. Mentre cammino continuo a domandarmi come io sia potuto cadere in simile errore. Come ho potuto vivere ‘un giorno avanti’. Come ho potuto non accorgermi che la partenza era il giorno seguente e non questa serata. Immerso in mille pensieri, ed un poco affranto, riprendo la metropolitana e raggiungo nuovamente il mio ostello.
Non mi sono neanche accorto di aver dormito per tre notti e non quattro….che storia, sono rincoglionito totale! Nel frattempo una leggera pioggerella inizia a scendere su San Pietroburgo. Quando mi presento davanti alla giovane ragazza alla reception dell’ostello, spiegarle la mia (dis)avventura è cosa non semplice, e mi limito ad un più semplice ‘sono sbadato, signorina!’. Ho riservato un letto per quattro notti, mentre ne ho trascorse solamente tre. La giovane, ovviamente, non capisce, mi vede partire e tornare con i bagagli, quasi mi divertissi ad andare a visitare la città di notte con dieci chili sulle spalle. L’ unico modo per farle capire è quello di telefonare alla giovane che m’ aveva accolto in ostello, e che molto spesso era lei a gestirlo. Ed infatti, dopo questa telefonata, posso prendere nuovamente possesso del mio letto. Sono arrabbiato con me stesso per l’errore commesso, ma poco alla volta la rabbia lascia spazio ad un tiepido sorriso: restare un giorno in più in città vuol dire aver la possibilità di visitare quelle cose che il tempo in questi quattro giorni non m’ aveva dato la possibilità. Essermi accorto per tempo dell’ errore ha fatto si che io non mi presentassi a Mosca con un giorno di anticipo. In fondo, se cosi si può dire, mi è andata bene. Metto pace all’ anima mia e dopo aver terminato di scrivere il mio inseparabile diario, posso andare a nanna decisamente più sereno. Il giorno seguente mi sveglio relativamente tardi, sono ancora un poco rattristato per i fatti della sera precedente. Ancoraora mi domando come ho potuto vivere ‘un giorno avanti’….roba da non credere… pazienza! Un giorno in più per scoprire questa fantastica città! Cerco di organizzare al meglio queste ultime ore al fine di vivere appieno la giornata. Sfogliando la mia LP scopro che il museo dell’ assedio non era un mio sogno notturno ma bensì un museo vero e proprio. Bene, pronto a ripartire! Dopo una buona colazione m’incammino verso la casa degli ingegneri, arrivando fino nella zona del canale Fontanka. Passeggio avanti e indietro lungo la stradina, lungo quelle laterali, ma del museo suddetto neanche l’ ombra. Domando informazioni ad un ufficio pubblico di cui ignoro le funzioni, ma le due guardie non comprendono cosa io stia domandando loro. Riprendo il passo e quando ormai sto perdendo le speranze, eccolo comparire davanti ai miei occhi! Che fortuna! Ma… conviene sempre attendere a cantar vittoria. Il museo sembra aperto, la porta di accesso non è serrata quindi… quindi un cavolo! Quando m’appresto a far ingresso, un impiegato del museo che in tutta tranquillità si sta fumando una sigaretta, m’indica con il dito la porta, dove è apposto sul vetro un piccolo foglio bianco. Spiega, in breve, che il museo rimane oggi chiuso per motivi a me non comprensibili. Altra delusione! Pazienza, ma quanta sfortuna! Lungo la strada dove sorge il museo, adibita ad isola pedonale, vi si tiene un piccolo mercato locale, carino e del tutto particolare.
Cattedrale della Trasfigurazione
Mentre passeggio tranquillamente lungo la stradina, noto in lontananza la Cattedrale della Trasfigurazione. La raggiungo con una decina di minuti di passo. Sorge al centro di una piccola piazza, circondata da verdi alberi. Stupendamente restaurata e ridipinta sia all’esterno sia all’interno, la Cattedrale della Trasfigurazione (Spaso-Preobrazhensky Sobor) è una magnifica chiesa di colore giallo nei pressi di Liteyny prospekt. Le porte imponenti recano l’aquila imperiale a due teste su grandi busti dorati, perché fu l’imperatrice Elisabetta a ordinare nel 1743 la costruzione della cattedrale nel luogo in cui si trovava la sede delle Guardie Preobrazhensky, il corpo addetto alla protezione personale dello zar. La Guardia Imperiale Russa non era un semplice reggimento d’élite: era un esercito completo. Cessò di esistere il 15 marzo 1917 quando l’ultimo zar Nicola II è costretto ad abdicare. Tra il 1827 e il 1829 l’architetto Vasily Stasov ricostruì la chiesa in stile neoclassico. L’edificio sacro venne dedicato alla vittoria sui turchi conseguita nel 1828-29 e la cancellata che lo circonda fu costituita utilizzando le armi sottratte ai prigionieri turchi. L’interno è altrettanto maestoso quanto la facciata esterna, ed anche se in alcune mie guide non è citata, la consiglio vivamente a chiunque si appresti a visitare la città. Torno sulla Prospkt e siccome ho molta fame, mi lascio andare ad un panino da Subway. Quando viene il mio turno, la mia scelta ricade su di un panino davvero schifoso. E dire che sono io stesso a scegliere come farcirlo. Il ragazzo al bancone mi domanda seimila volte se sono sicuro di aggiungere questo e quell’ altro, ed io tutto fiero a rispondere positivamente. Prendo anche una ciotola di zuppa (acqua calda: mai guardare le foto appese sopra la cassa, sempre ingannevoli!) ed una bevanda. Il locale è superaffollato, ma trovo un tavolino libero quasi subito. Poco dopo mi sposto in una salettaa a fianco della sala principale, molto più tranquilla, dove una volta terminato il pranzo ( il panino faceva pietà… ) vengo rapito dalla stanchezza. Mi accovaccio sul tavolino incurante dei pochi presenti. Avverto addirittura la sensazione del freddo, oltre al dolore alle gambe. Sono distrutto dalla fatica di questi giorni. Riposo, e forse m’addormento, fin quando una guardia mi s’avvicina sostenendo che non è possibile dormire nel locale. Ma questa è una nuova legge tutta russa? Cozzo ancora diversi minuti e quando le forze paiono, ripeto paiono, tornare in me, esco nuovamente sulla prospettiva e da qui dritto al mio ostello. Torno in camera, sono piuttosto stanco ed un leggero riposo è necessario. Anche se non potrei, in quanto la camera deve essere libera dalle ore dieci e trenta, mi svacco sul mio ‘ex’ letto.
Sveglia presto
Mi alzo quando ormai sono le ore 5 e quando la pioggia ha smesso di scendere sulla città. Riparto immediatamente, oltrepassando la Neva lungo il Dvortsovyy Most. Mi trovo ora sull’ isola di Vasilevsky, che per lo Zar Pietro il Grande, nei suoi progetti originali, aveva pianificato fosse il centro di San Pietroburgo. L’isola è circondata interamente dal fiume Neva e ad ovest si affaccia sul Golfo di Finlandia. L’Università statale di San Pietroburgo, il Museo Antropologico ed altri numerosi monumenti sono situati sull’isola. Circa la metà dell’isola fu costruita prima della rivoluzione ed ha numerosi antichi palazzi molto belli. L’altra metà dell’isola fu costruita negli anni sessanta e settanta ed è costituita da palazzi di tipica architettura residenziale sovietica. Oltrepassate le colonne rosastre, passeggio in Nabrezhnaya Makarova, stradina che si affaccia sulla Neva, tranquilla e lontana dal caos della Prospekt. Attraverso il Leytenanta Most, dove invece il traffico è caotico all’ inverosimile. A Pedrogadskaya (dove sono ora) sorge lo stadio della città, dove gioca le sue partite la squadra dello Zenit. Onestamente, pensavo ad uno stadio avveniristico, moderno, grande. Invece è una costruzione grigia, obsoleta e davvero bruttina a vedersi. Su tre lati costeggiato dalla Neva, lo Stadio Petrovskij può contenere non più di 22 mila spettatori. Pochini a mio avviso, per una città che conta oltre 4 milioni di abitanti! Cammino nei dintorni dello stadio, oltrepasso la zona transennata nella speranza di riuscire ad entrare al suo interno. Ma purtroppo non è permessa la visita, cosi come mi conferma una persona nei pressi. Mi dirigo al negozietto ufficiale dello Zenit San Pietroburgo, posto a fianco, dove sono venduti mille oggetti griffati con il logo della squadra. Tre ragazzi, che fingon di fare qualcosa (cosa vuoi fare in un negozio quasi sempre vuoto, se non nelle partite casalinghe della squadra? ), osservano in maniera sospetta i miei movimenti. Saluto, ed esco al fresco della giornata, tornando sulla strada percorsa poco prima. Il quartiere pare nettamente diverso rispetto alle altre zone della città, molto più popolare, ma non per questo (provo ad immaginare) non meno interessante. Mentre cammino lungo il ponte sulla piccola Neva, voltandomi ad osservare ancora una volta lo stadio, noto a fianco di esso un’ altro campetto, dove è in corso di svolgimento l’allenamento pomeridiano. Cavolo! Saranno i giocatori di Mister Spalletti? L’avessi notato prima! Tornato a Vasilevskaya, anzichè costeggiare la piccola Neva, m’inoltro nel cuore dell’ isola imboccando Ulitsa 1-ya Liniya, che un chilometro e mezzo più avanti porta alle sponde della Neva.
un po’ di relax
La strada non è di particolare interesse, a parte la chiesetta che sorge all’ inizio della strada. La città pare molto più vera e reale in questa zona che non nell’ intera Piter. E’ Russia vera, l’occidente ed i suoi negozi, la sua ricchezza spropositata, le auto di lusso, non sono di casa. Il quartiere è molto tranquillo, poche auto e poche persone lungo la strada. Anzichè tirar dritto, svolto in Bol’shoy prospekt e poi in Ulitsa 5-ya Liniya. Il tempo è sempre cupo, nuvoloni grigi s’addensano sulla città. Ognitanto scende qualche goccia, agitando i miei pensieri. Mi concedo una pausa posando il sedere nel bel giardino verde a fianco dell’Accademia Artistica. Sono davvero molto stanco, la fatica accumulata in questi giorni non viene soggiogata dal riposo notturno purtroppo. Accanto alla stazione metro Vasileostrovskaya sorge un McDonald e siccome la fame mi coglie all’ improvviso, non disdegno di un hamburger e coca. Un quarto d’ora di pausa e poi riprendo il passo fino a giungere al lungofiume. La vista che si apre sulla città è a dir poco fantastica. Sono immerso nella tranquillità, e mentre passeggio il mio volto è costantemente rivolto alla sponda opposta dove i campanili delle innumerevoli chiese svettano innalzandosi al cielo. Giunto in fronte alla statua di Lomonosov, svolto lungo la via dei dodici collegi dove sorge l’omonimo edicifio. Si tratta di una costruzione particolare, lunga 400 metri ed il cui interno è costituito da un unico corridoio, sul quale si aprono uffici e sale di lettura e venne commissionata da Pietro il Grande e costruito in stile barocco petrino tra il 1722 e il 1742 dall’architetto Domenico Trezzini per ospitare i 12 ministeri dello zar. Dal 1804 è sede dell’Università Statale di San Pietroburgo. M’innamoro di questa stradina silenziosa, ombreggiata dai molti alberi e circondata da giardini verdissimi. La trovo incantevole, un oasi di pace, un enclave di tranquillità dove trascorrerei ore ed ore. Ma il tempo scorre veloce e non posso soffermarmi se non per pochi minuti, giusto il tempo per una passeggiata.
il rientro
Dopo aver costeggiato il bellissimo edificio del museo navale, la cui facciata è ornata da colonne che rendono la costruzione simile ai templi greci di Paestrum (Italia) sono nuovamente in fronte alle colonne rosastre. La mia visita alla città, a questo punto, può dirsi veramente conclusa. Ritorno in ostello dove scrivo sorseggiando un buon thè caldo redigo le ultime pagine del diario. Scambio ancora qualche parola con un ragazzo giapponese per poi passare ai saluti: questa volta abbandono per davvero San Pietroburgo. Con il mio pesante zaino m’avvio lungo la Prospettiva, volgendo lo sguardo più volte alla piazza di Palazzo. Sono preso da strane sensazioni, quasi di malinconia, mentre passeggio nel buio della sera sotto una leggerissima pioggerella. Con la metro raggiungo la stazione dei treni, anche se (son sempre la solita testa…) sbaglio fermata e mi tocca camminare ancora per più di duecento metri prima di esserne al suo interno. Il treno è già fermo sui binari, ma le porte s’apriranno solo fra una mezz’ora, tempo che io impiego a spulciare la mia LP. Questa volta nessun errore, il giorno della partenza è quello esatto, grazie al cielo. Prendo posto sul mio lettino, dopo aver disteso per bene lenzuola e coperte. Osservo la gente arrivare con i loro grandi bagagli, famiglie intere con i pargoli al seguito, gente salutarsi come se non dovessero mai più vedersi. E poi la ‘padrona’ di casa, arrivare, sedersi in mezzo alle persone, controllare i biglietti e discorrere con tutti, quasi fosse una loro lontana lontana amica. E’ tutto cosi famigliare, sembra di stare all’ interno di una grande casa dove tutti si conoscono e tutti donano aiuto alla causa. Preparano la cena su piccoli tavolini, mentre in molti fanno la spola per andare a prender l’ acqua calda nella ‘stanzetta della padrona’ , e dopo, preparare un buon thè caldo (che invidia!). Sono entusiasta di questa vita, mi porta con il pensiero a casa mia, mi sento all’ interno della loro vita. Anche se non mi conoscono, mi salutano, mi domandano se necessito di qualcosa. Sono lo ‘straniero’ ma non per questo un intruso, anzi, mi dedicano più attenzioni che mai. La ‘padrona’ sopraggiunge, controlla il mio biglietto (speriamo sia la volta buona…) e questa volta si parte. Buonasera Piter!