Cappadocia on the road
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Io e Tommaso (22 e 25 anni), studenti fiorentini abbiamo selezionato la Cappadocia come meta di viaggio verso novembre. Ciò che ci ha spinti a sceglierla sono state le offerte dei prezzi e la voglia di scoprire luoghi fuori dall’ordinario ma molto vicini a noi.
Abbiamo prenotato i voli per metà febbraio, approfittando della stagione bassa. Abbiamo volato con la compagnia turca Freebird da Milano Malpensa a Antalya. I voli di andata e ritorno partivano la mattina presto, forzandoci ad alzatacce, ma questo ci ha permesso di usufruire di ottimi prezzi.
Giorno 1°: Milano Malpensa – Antalya – Aspendos
Da Milano Centrale raggiungiamo col treno l’aeroporto di Milano Malpensa in un’oretta. Prima di imbarcarci cambiamo i nostri euro in lire turche. Questa manovra risulterà poi superflua dal momento che ovunque accettano l’euro. Il volo decolla, procede e atterra in perfetto orario e senza intoppi. Il personale di volo è molto disponibile. Ovviamente stiamo parlando sempre di una compagnia low cost, quindi non aspettatevi molto posto per le vostre gambe.
Dopo 3 ore atterriamo all’aeroporto di Antalya. Prendiamo il pullman (durante tutto il viaggio ci sposteremo sempre con il pullman) per raggiungere il nostro primo hotel, il Gypsophila Holiday Village di Okurcalar, ad un’ora dall’aeroporto. Sì, avete capito bene un villaggio vacanze; io di solito sono refrattaria a queste soluzioni ma come vi ho detto le nostre scelte si sono basate principalmente sull’ottimo prezzo.
Pranzo con kebab al sacco: il primo kebab turco che mangiamo! Costano veramente poco, la carne è di montone o pollo, le salse le scegliamo noi. Molto meno salato rispetto a quello che possiamo mangiare in Italia, io l’ho trovato squisito e non lo paragonerei neanche a quello italiano per il semplice motivo che è una cosa diversa. Per svegliarci assaggiamo subito il famigerato caffè turco che all’inizio proprio non ci piace… ma a fine viaggio un po’ di abitudine la prendo anche io. A proposito, dimenticatevi di trovare qui un buon caffè italiano, l’espresso costa dai 3 ai 4 euro e non ne vale proprio la pena.
Risvegliati dal caffè turco, ci dirigiamo verso Aspendos col pullman. Prima tappa il ponte selgiuchide che attraversa il fiume Kopru. Saldo e imponente. Proseguiamo per il teatro romano di Aspendos, il meglio preservato del mondo romano dove ancora oggi fanno spettacoli. Il teatro offre 16.000 posti a sedere, le decorazioni della scena sono magnifiche. Uscendo dal teatro salendo ammiriamo l’agorà, lo stadio, una basilica e possiamo vedere da lontano i resti dell’antico acquedotto. Fa davvero molto caldo per essere febbraio, io e Tommaso giriamo addirittura a maniche corte. Quando scendiamo decidiamo infatti di andare ad osservare l’acquedotto da vicino. Vi avverto subito che in ogni sito turistico verrete assaltati dai venditori delle bancarelle che vorranno rifilarvi i soliti souvenir che troverete ovunque. Il mio consiglio è quello di provare invece le spremute d’arancia o di melograno che fanno davanti a voi sul momento. Quelle sono davvero buone.
Prima di tornare all’hotel ci fermiamo per ammirare una moschea con quattro minareti. Ci togliamo le scarpe e io indosso un velo per rispetto. La moschea al suo interno è ancora più bella. Sfortunatamente non ricordo di preciso dove fosse situata questa, ma di moschee ne trovate una in ogni quartiere e sono una più bella dell’altra. Potete entrare senza problemi. Rientriamo in albergo dove ceniamo. Buffet internazionale ma anche con le specialità del posto. Io diventerò una vera “addicted” del Lahmacun, la cosiddetta “pizza turca”.
Giorno 2°: Trasferimento in Cappadocia – Konya – Dervisci danzanti
Oggi passiamo gran parte della giornata in pullman. Percorriamo 515 km circa per raggiungere Konya, la prima città della Cappadocia che visitiamo. Molto presto il paesaggio e la temperatura cambiano: siamo a 1825 m di altitudine, dove fuori ci sono -5 gradi. Percorriamo la catena montuosa del Tauro e raggiungiamo Konya, l’ex capitale selgiuchide famosa per le sue origini cristiane e islamiche. E’ infatti la città più religiosa e qui le donne sono tutte coperte. Visitiamo il museo di Mevlana, poeta e fondatore della confraternita dei “dervisci danzanti”. Qui sono conservati molti corani del quattordicesimo secolo, si può vedere il mausoleo, la piccola moschea e molti artefatti inerenti la cultura dei dervisci. In uno scrigno vi è conservato un pezzo della barba di Maometto! A fine pomeriggio abbiamo l’occasione di assistere al rito dei dervisci danzanti, costa 30 euro ma li vale tutti. Il rito avviene in una caverna vicino Avanos: le luci basse, il tepore e le musiche inducono molti turisti a russare alla grande, ma rimanere concentrati è fondamentale perché i dervisci spogliati della loro veste che rappresenta una tomba iniziano a roteare. Leggo che girano su loro stessi per più di 400 volte, fino a raggiungere un’estasi controllata. Io dopo due piroette sarei caduta a terra in stato confusionario. Il rito dura un’ora circa e dopo viene offerto a tutti un gradito tè caldo alla cannella. Lasciati i dervisci, raggiungiamo il nostro secondo hotel: il Lodge Kapadokya a Nevsehir. Vi pernottiamo 3 notti, le camere sono scavate nella roccia. La cena avviene sempre in hotel perché questo è isolato e fuori c’è neve ovunque. La qualità è davvero ottima.
Giorno 3°: Göreme – Cavusin
Göreme è la città che più mi ha impressionata. E’ formata interamente da “case” bizzarre in tufo calcareo, plasmate nel corso dei millenni da eruzioni vulcaniche e agenti atmosferici.
Giriamo per templi, chiese rupestri e pitture murali. Seguendo il percorso ammiriamo le chiese e i loro affreschi bizantini, le più belle sono la chiesa della Mela, del Serpente, di San Basilio e la Chiesa Buia, dove per entrare vi chiedono un surplus di 10 lire turche, ma è la meglio conservata e la più suggestiva. Visitiamo anche la Tokali Klise e la El Nazar Klise. Giriamo per quasi due ore, incantati da questo paesaggio antico. L’unico inconveniente che abbiamo incontrato è il freddo polare, per due giorni la bufera di neve non ci ha mai lasciato. Fortuna che l’autista Çetin era molto competente e si destreggiava su ogni tipo di strada. A tal proposito vi sconsiglio vivamente di intraprendere un viaggio in Cappadocia in macchina, soprattutto in questo periodo: il prezzo della benzina è il secondo più alto nel mondo e le strade sono davvero difficili. Per non parlare di tutti i cartelli in turco. La ferrovia non esiste ma pullman e pulmini sono molto semplici da trovare.
Nel pomeriggio per riscaldarci un po’ sostiamo a Cavusin (che significa grotta di Cavus), delizioso paesino vicino a Göreme. Qui ci rifugiamo in un antico caffè turco scavato anch’esso nella roccia dove io resuscito grazie ad un bollente tè alla mela.
A Zelve veniamo impressionati dai “camini delle fate”, vere e proprie piramidi di tufo sovrastate da un cono di basalto. Vengono chiamate così perché secondo la leggenda furono posate da divinità celesti. E’ un vero spettacolo della natura, tra i camini delle fate ci sono anche scavi nelle rocce dove ci ripariamo qualche momento dalla neve. Siamo saliti così in alto che scendere diventa davvero difficile. Tutti i turisti presenti cadono scivolando, ma la soluzione è ben presto trovata: ci sediamo sulla neve e ci lasciamo andare come su di uno scivolo naturale! I camini delle fate più famosi sono “le tre belle” e uno che secondo me e Tommaso è proprio a forma di cammello. Prima di partire per la Cappadocia avevo guardato varie immagini su libri e internet di questi camini delle fate. Non potevo aspettarmi tuttavia di vederli coperti di morbida neve e questa è stata una piacevole sorpresa.
A fine pomeriggio la bufera di neve è così forte che ci proibisce di proseguire, quindi torniamo in hotel. A cena gusto una calda zuppa di lenticchie e ci abbuffiamo di “gözleme”, pane cotto su una superficie di metallo rovente (lo fanno sul momento davanti a noi) ripieno di formaggio.
Giorno 4°: Valle dei Monaci – Avanos – Sinasos
La mattina ci svegliamo di buon’ora e fuori dalla finestra notiamo con gioia che ha smesso di nevicare e fuori… c’è il sole! Passeggiamo per due ore nella Valle dei Monaci, sfarzosa nei colori e magica per le sue straordinarie formazioni rocciose. Il pullman sulla strada si ferma per permetterci di ammirare la Valle dall’alto, un panorama stupendo, finalmente visibile dopo due giorni di neve. Seguendo il tour che effettua il pullman, ci fermiamo in una cooperativa di tappeti turchi. Il signor Barbaros ci illustra tutto il procedimento che avviene dai bachi da seta alla filatura effettuata da donne esperte. La velocità e la precisione con cui operano queste lavoratrici è impressionante. In seguito, ci fanno sedere in una sala dove dopo averci offerto una caffè turco inizia l’esposizione dei tappeti finiti. Potrebbe sembrare alle vostre orecchie un’operazione acchiappa-turisti, tuttavia vi è la possibilità di controllare da vicino la perfezione di ogni nodo del tappeto con annessa descrizione di chi l’ha creato, mi sono divertita tanto! Inoltre i prezzi che trovate nella cooperativa sono davvero vantaggiosi, la spedizione è gratuita e se non siete interessati a comprare non insistono neanche. Io e Tommaso abbiamo deciso che un giorno torneremo per prenderne uno. Uno in seta, perché siamo signori.
Ad Avanos ci fermiamo in un ristorante veramente buono. Il pane in Cappadocia lo sanno fare proprio bene. Lo si accompagna con varie salse, la purea di ceci è sempre presente. Come primo ordiniamo un “testi kebapi”: si tratta di carne di manzo o di agnello cotta insieme a pomodoro, cipolla e altre verdure dentro una giara di coccio sigillata. Quest’anfora viene portata davanti ai clienti circondata dalle fiamme. Ad un certo momento il cameriere viene, la tira fuori dal fuoco e mi chiama. Vuole che spacchi il tappo con una mannaia. All’inizio non capivo ed ero un po’ impressionata da quello sciabolone, ma sono riuscita a romperlo e così è uscito lo spezzatino! Questo viene subito servito in caldo nei nostri piatti, davvero squisito. I dolci che ti offrono non sono davvero riuscita ad apprezzarli da nessuna parte: hanno tutti colori sgargianti (quasi radioattivi) e sono di tutte le forme e consistenze possibili…eppure hanno tutti lo stesso sapore, dolciastro e sciropposo. Le portate principali sono decisamente il loro punto forte.
Nel pomeriggio camminiamo nel paesino nascosto di Sinasos, tra le case padronali del periodo ellenico. Come vi ho già anticipato, quando sei in Cappadocia non riesci a capire se ti trovi in Europa oppure in Asia, è il crocevia di mille culture: romani, selgiuchidi, ottomani, greci, cristiani, musulmani… tutti sono passati da qui lasciando un pezzo di storia. Sinasos è appunto costellato da diverse chiese greche (vi chiedono di pagare per entrare) ed è molto tranquillo. Nella piazza principale di ogni città troviamo la statua ad Atatürk, il padre dei turchi.
A fine giornata ceniamo nel ristorante di Evranos. Il ristorante è pieno di gente e famoso per lo spettacolo che avviene durante e dopo la cena: danzatrici e balli folkloristici in costume accompagnano la serata. Mentre ti servono vino turco e “raki”, il cosiddetto latte di leone, un liquore al sapore di anice a 60 gradi (uno basta, grazie) i ballerini invitano persone del pubblico a ballare con loro. L’atmosfera è molto calda e piacevole.
Giorno 5°: Kaymakli – Ortahisar – l’antica via della seta
Di buon mattino raggiungiamo con un pulmino la città sotterranea di Kaymakli. La città sotterranea è impiantata su 8 piani, noi ne visitiamo 5, attraversando cunicoli bassi, stretti e molto bui: se soffrite di claustrofobia forse questo passaggio potrebbe infastidirvi, tuttavia è davvero interessante scoprire questa città labirintica, una vera testimonianza del passato. Dopo aver attraversato un cunicolo piegati in due, vedere la luce del sole è molto piacevole! Ovviamente all’uscita non possono mancare le solite bancarelle.
Proseguiamo per Ortahisar, un paese piccolo ma sovrastato da una magnifica fortezza ittita. Qua facciamo uno spuntino con qualche dattero mentre saliamo per la fortezza. In Cappadocia in ogni paesino e strada troverete cani e gatti randagi. Sono di tutti e non sono di nessuno. Gli animali sono molto abituati alle persone, non abbaiano mai e vengono a salutare i turisti. Noi ogni volta che uscivamo da un ristorante gli portavamo qualcosina da mangiare. Sulla strada ci fermiamo a Uçhisar, davanti alla Valle dei Piccioni. Ogni formazione rocciosa è punteggiata da molte mini-grotte che ospitano i piccioni (e noi che in Italia li odiamo così tanto). Pranziamo a Mustafapaşa con un piatto a base di “köfte”, polpette con carne di agnello, molto profumate e ricche di spezie.
Nel pomeriggio dobbiamo prendere il pullman per lasciare la Cappadocia e raggiungere Antalya (500 km circa). Il pullman sosta davanti a un caravanserraglio, elemento fondamentale per i commercianti durante il periodo medievale. Da fuori sembra promettente, ma ci dicono che tutti i caravanserragli rimasti sono stati tramutati in ristoranti o hotel. Ci ha deluso un po’. Prima di andare in hotel facciamo merenda per strada, comprando da un piccolo fruttivendolo le famose banane di Antalya, molto più piccole delle nostre ma dal sapore deciso. Ci sediamo a gustarle al sole, ah! 2 ore prima eravamo a 1800 m di altitudine con fuori -5 gradi, adesso gustiamo banane sotto il sole e con 20 gradi. Siamo davanti al mare, eppure dietro di noi possiamo ancora vedere la catena del Tauro innevata. Pernottiamo quindi nell’hotel Lykia World di Antalya. Le immagini che trovate su internet di questo hotel sono tutte fantastiche, tuttavia noi siamo rimasti molto infastiditi, dal momento che la distanza a piedi dalla hall alla camera è di 10 minuti – se conoscete già la strada – perché l’hotel è un vero labirinto e il sistema di chiusura delle camere è un rompicapo.
Giorno 6°: Antalya
Oggi visitiamo Antalya, la città più importante di questa regione mediterranea. La città si divide in parte antica e parte moderna. E’ un vero contrasto rispetto alla Cappadocia, la desolazione e gli spazi infiniti fino all’orizzonte sono scomparsi. La città vecchia è molto carina, viva e colorata. Nel porto vi sono velieri, l’acqua del mare è davvero color “turchese”, i vicoli tortuosi sono cinti da piante di bunganvilla. Pranziamo in un ristorante con una vista sul mare stupenda. Ordiniamo del pesce dato che siamo sulla costa, tuttavia lo sgombro che ci hanno servito non ci esalta particolarmente.
Camminando per Antalya, la città che ha per simbolo l’arancia, troviamo la statua di Attalo, il fondatore di Antalya, la porta di Adriano (bellissima e veramente ben preservata!), la torre dell’orologio, il mausoleo, il minareto rotto. Entriamo nell’antico bazaar, bellissimo da fuori, molto… pacchiano dentro. Le cianfrusaglie che vendono sono davvero contrastanti con l’antica struttura, però l’effetto è divertente. Nel bazaar io compro dello zafferano, del tè e del sumac, la spezia turca per eccellenza. E’ importante sapere che con tutti i venditori bisogna sempre contrattare, alcuni di loro parlano anche inglese, ma la maggior parte parla solo turco e tedesco.
La parte vecchia di Antalya è molto strana: una strada è modernissima, pulita, frequentata con caffè e baretti, quella dopo è fatta di case semi distrutte e posti abbandonati. Dopo aver visitato il Museo Archeologico di Antalya nella parte moderna – ci si arriva in 10 minuti con la metro e ci si impiega circa due ore per visitarlo, molto interessante – prima di lasciare Antalya io voglio fare merenda con l’ultimo kebab turco! 100 g di kebab di montone per 6 lire turche (circa 2 euro)… che bontà! Adesso sì che mi sento turca al 100%. Salutiamo la statua di Atatürk e il cielo azzurro di Antalya e andiamo verso l’hotel vicino l’aeroporto di Antalya.
Giorno 7°: Antalya – Milano Malpensa
Sveglia traumatica alle due del mattino, ci dirigiamo in aeroporto, per fortuna vicino all’hotel (che effettua servizio di navetta). Il volo di ritorno per Milano Malpensa avviene sempre con Freebird, sempre in perfetto orario.
Io non riesco a dormire di giorno, per cui nel mio stato vegetativo di 3 ore di sonno ripenso al nostro viaggio. I paesaggi che abbiamo ammirato, i camini delle fate, la città-museo di Göreme, l’ospitalità dei turchi, sempre molto accomodanti, valgono davvero la pena di essere vissuti.