Capodanno a Bruxelles e dintorni
Puntuali come orologi svizzeri, arriviamo in aeroporto alle 4.00 a.M..
Check in, attesa, imbarco e decollo alle 6.30 con un AVRO RJ85 della Brussels airlines.
Non ho dormito un granché a casa di Valentino e devo ammettere che tra il decollo e l’arrivo in quota, merito anche delle luci basse, mi sono appisolato. Chiara mi ha svegliato perché voleva sedersi nel posto libero accanto al mio ed ora il sonno se ne è completamente andato, così per passare un po’ di tempo scrivo qualche riga.
Escluso i piloti e gli stewart, sono poche le persone che non dormono, tra i quali Rudy e Valentino.
Solitamente arrivato a questo punto del viaggio, cerco di immaginare cosa aspettarmi dalla città che visito, ma questa volta voglio cambiare tecnica. Farò il punto dei buoni propositi che mi prefisso.
In primo luogo, tenendo conto del fatto che sono in vacanza, non correrò per la fotta di vedere tutto, ma cercherò di tenere ritmi abbastanza blandi, mi prenderò i miei tempi, ma senza farlo troppo pesare ai miei compagni di viaggio. Cercherò di armarmi di pazienza e lascerò correre anche sulle cose (a mio avviso) futili e noiose che faremo in questi sette giorni, e soprattutto cercherò di strippare il meno possibile. Io prometto di mettercela tutta, ma la realtà la scopriremo tra un paio d’ore…
una volta atterrati e ritirati i bagagli, decidiamo di fare colazione e ci fermiamo nel bar dell’aeroporto. Mentre tutti prendono la classica pasta e cappuccino, io sono tentato da un tramezzino e visto che il latte non ci si abbina un granché prendo una Leffe scura ed apro le ostilità! L’albergo si presenta benissimo e sebbene non possiamo entrare in stanza prima delle 14, ne siamo entusiasti.
Lasciamo in una saletta dell’hotel le valigie e ci tuffiamo nella città, senza meta ne obiettivi particolari, solamente per il gusto di orientarci un po’ e prendere confidenza con il territorio.
Ci bastano veramente pochi passi per arrivare alla famosissima Grand Place e rimanerne estasiati. La piazza un tempo cuore economico e politico della città, è un esplosione di forme barocche che tolgono il fiato a tutti coloro che l’ammirano la prima volta. Continuando la nostra passeggiata passiamo davanti al fanciullo più famoso del Belgio: il Manneken Pis. Questa statuetta di appena 30 cm, raffigura un fanciullo mentre fa pipì. Qualcuno dice che rappresenti lo spirito ribelle della città, ed altri che rifletta le usanze dei suoi abitanti attuali, diciamo che la mia idea concorda più con la seconda opinione, visto che in questa breve passeggiata siamo stati assaliti più volte dallo sgradevole odore di urina. Grazie alla guida scopriamo che il Manneke ha anche una sorellina (Jeanneke) ed un cane (Zinneke) meno famosi e decidiamo di andarli a vedere anche se sono dislocati in altre due zone della città. Chiara mi spiegava che dal 1969, quando il rappresentante di uno stato fa visita a Bruxelles, è usanza che porti un vestito tipico al bambino irriverente. A conti fatti sarà anche un bambino, ma deve avere un guardaroba di tutto rispetto! Divoriamo un panino e torniamo in albergo. Relax in stanza d’albergo dalle 17 alle 20 e poi cena fuori.
Dopo cena facciamo sosta alla Grand Place per ammirare uno spettacolo di luci e musica. La piazza sembra sprigionare musica dalle mura dei suoi palazzi e la coreografia luminosa che cambia a ritmo di musica ne esalta ancora più la bellezza.
Come prima giornata direi che è andata davvero alla grande.
30 dicembre.
Seguendo un itinerario consigliato dalla guida, facciamo il giro dei murales disegnati dai più famosi disegnatori di fumetti belga.
Il nostro giro ha inizio intorno alle 10 da Place St-Géry alla scoperta di 13 murales, dal famoso Tin Tin, passando per Lucky Luke, Asterix ed altri, meno noti in Italia. Dopo un paio d’ore passeggiando per la zona ovest del centro di Bruxelles, tra vicoli stretti, larghi, ci dirigiamo più a nord verso la Gare Centrale per poter ammirare prima la Cathédrale des Sts Michel e Gudule e il Centre Belge de la Bande Dassinée.
La Cathédrale des Sts Michel e Gudule ricorda vagamente Notre Dame de Paris. Ha due campanili gemelli e presenta il tipico stile gotico. Al suo interno non passano di certo inosservati l’immenso organo, installato nel 2000 con ben 4300 canne, 63 registri, quattro tastiere ed una pedaliera, ed il suo dirimpettaio: uno splendido pulpito barocco scolpito da Henri-François Verbruggen nel 1699. Degni di nota sono anche i confessionali in quercia e le rovine dell’antica chiesa.
Il Centre Belge de la Bande Dassinée, detto anche Museo del Fumetto, è una fantastica vetrina delle storie illustrate che per anni hanno divertito e catturato la fantasia di migliaia di cultori belgi e stranieri. Sistemato nello splendido Grand Magasin Waucquez, un grande magazzino in stile art nouveau opera di Victor Horta, questa vasta collezione comprende opere dei più celebri fumetisti belgi. Per un appassionato di fumetto perderci tre ore è come ridere. Tra tavole originali e schizzi usciamo dal museo verso le cinque. Cerchiamo un posto dove sorseggiare birra e degustare una cioccolata calda. Proviamo ad entrare À la Mort Subite, ma hanno posto solo per quattro persone e noi siamo in sei! Ripieghiamo in un locale visto ieri nel cuore dell’ Ilôt Sacrè, proprio davanti al Jeanneke Pis: il Delirium Tremens. Questo posto è il paradiso degli amanti della birra, ma per quanto riguarda la cioccolata in tazza… Beh, diciamo che è più una birreria che altro. Approfittiamo del relax per pianificare le gite fuori porta che vogliamo concederci. Per quanto concerne le birre, il Belgio ne sforna davvero tante, ed una delle specialità di cui vanno fieri i belgi è la Kriek, una birra fruttata alla ciliegia. Personalmente la trovo troppo dolce e molto lontana dalla mia idea di birra, ma consiglio a chiunque di provarla. Cena da Pizza Hutt e poi tutti a nanna.
31 dicembre Visto che gran parte dei musei di Bruxelles sono chiusi il lunedì, abbiamo optato per giocarci la prima gita fuori porta del viaggio, destinazione: Anversa.
In tram fino alla Gare du Midi e poi via di treno.
Bastano trenta minuti e nove euro per raggiungere Anversa da Bruxelles. Facile da girare, pulita e brulicante di gente, Anversa ci si presenta certamente meglio della capitale del Belgio. All’uscita della stazione troviamo un signore gentilissimo che ci da qualche dritta su come raggiungere il centro della città, lui non lo sa, ma con quella dritta fa la felicità delle ragazze, visto che la via che ci consiglia è pieno di negozi di tutti i generi. Dopo una passeggiata di mezz’ora (compresa di shopping), arriviamo alla cattedrale gotica più grande del Belgio: l’Onze Lieve Vrouwekathedraal. Vale davvero la pena spendere i due euro per godersi con calma, tutta l’ettaro di superficie che copre la cattedrale. Distrutta da vari incendi e restaurata, conserva ora alcuni trittici di Rubens. La sua maestosità è lampante, tanto che dentro ti senti davvero piccolo e riesci quasi a respirarne la storia. Il giro prosegue ed arriviamo al Grote Markt, la piazza principale della città. Delimitata dai palazzi delle gilde, in questa piazzo domina lo Stadhuis, ovvero il municipio, ed al centro la fontana Brabo, ispirata sul mito dell’origine della città. La leggenda racconta che anticamente un crudele gigante di nome Druoon Antigoon si era posto di guardia su un’ansa del fiume Schelda sulla cui riva destra sorge la città. Il terribile Antigoon esigeva il pagamento di un pesante pedaggio da parte di ogni nave di passaggio. Se il capitano non era in grado o non voleva esaudire la richiesta il gigante gli tagliava una mano. Il diabolico mostro continuò a terrorizzare i poveri marinai per molti anni, fino al giorno in cui si imbattè in Silvius Brabo. Il coraggioso legionario romano affrontò il gigante, riuscendo infine ad ucciderlo. Gli tagliò una delle mani e la gettò nel fiume in segno di vendetta verso tutte le sue vittime. In segno di gratitudine venne nominato Duca di Brabant.
Da questa storia deriva anche il nome della città che in fiammingo è Antwerp, da hand (mano) werpen (tagliata). Storia un po’ cruenta, vero, anche se con una morale di giustizia. Sta di fatto che, nei luoghi più impensati della città si può facilmente incappare in installazioni e sculture che rappresentano una mano.
Come Milano, anche Anversa è una città della moda e si intuisce girando per le sue strade. Sono tantissimi i negozi di moda che a posto delle vetrine hanno veri e propri capolavori e che presentano prezzi per tutte le tasche, tanto che si può affermare tranquillamente che la città sia una vera e propria fucina dello stile.
Dalla piazza ci spostiamo fino al lungofiume dove troviamo una brasserie per un frugale spuntino, prima di rientrare a Bruxelles.
Accompagnate le ragazze in hotel io Rudy e Valentino, andiamo alla ricerca di un paio di bottiglie da stappare per salutare il nuovo anno.
Rue du Midi, dal nostro albergo fino ad arrivare alla Grand Place, conta la più alta densità di mini-market gestiti da ogni possibile etnia diversa, dai turchi ai cinesi, passando per l’indiano e quant’altro. Il nostro principale obiettivo è quello di trovare una bottiglia di spumante dolce ed una di champagne, ma la nostra ricerca è più ardua del previsto.
Di così tanti negozi solamente due hanno la fatidica bottiglia di spumante dolce (Asti, dicono loro…), e visto che uno dei due negozianti si offre di farci un buon prezzo, la riffa è vinta da lui. Il cinese che gestisce il Kabul market, oltre all’Asti ci consiglia una bottiglia di champagne e ci fa pagare il prezzo amico di trentadue euro! Trovate le bottiglie, passiamo alla ricerca del ristorante.
L’Ilôt Sacrè è il quartiere che fa per noi.
Valentino Ricorda di aver visto il primo giorno un ristorante che proponeva menù da quindici euro o poco più. E’ impagabile arrivare ed accorgersi che i menù erano gli stessi, ma con il prezzo maggiorato! Qualche ristorante si era preoccupati di riscrivere con il gesso il prezzo del menù, ma altri avevano semplicemente coperto il prezzo abituale con un cartoncino. Tra i mille cerchiamo quello che più ci aggrada, un ristorante che possa offrire sia il pesce che la carne, in modo di avere una scelta più varia. Prenotiamo un tavolo da sei con menù da quaranta euro e lasciamo pure una caparra. La prenotazione è a nome: Jiovannini. L’orario: le 21.30. La cauzione venti euro.
Quando alle 21 ci troviamo nella hall, siamo carichi come molle.
Il primo colpo ci viene inferto dalla polizia che perquisisce tutti quelli che entrano in piazza e requisiscono ogni bottiglia ed ogni petardo. Impossibile eludere il controllo visto che la gente era incanalata in un serpentone di transenne e perquisita minuziosamente. Ci guardiamo in faccia pensando che magari il brindisi lo potremo fare appena fuori della piazza e in seguito entrare. Evitiamo di attraversare la piazza e raggiungiamo il nostro ristorante. Entrando ci accorgiamo che il menù Ë cambiato e che con lui Ë cambiato pure il prezzo, salendo da quaranta, a sessantanove euro. Mettiamo subito le mani avanti dicendo al cameriere che ci fa accomodare, che il menù pattuito poche ore prima era diverso da quello esposto ora. Inizialmente restio a credere alle nostre parole il cameriere si consulta con il principale e dice che non c’è nessun problema.
Non mi dilungherò su quanto misero Ë stato il nostro cenone, ma tengo a precisare che abbiamo pagato una bottiglia d’acqua da settantacinque, ben cinque euro. Ricapitolando: due portate, il dolce e l’acqua, per un totale di quarantacinque euro.
Dopo questo secondo colpo, torniamo in hotel per prendere le bottiglie messe a raffreddare nel frigo in camera.
Sincronizzando il mio orologio prima di partire con quello del televideo RAI, ci assicuriamo la puntualità nello stappare.
Circondati da altra gente che come noi ama brindare al nuovo anno contiamo i secondi. 3… 2… 1… Pow! Seguo con lo sguardo la traiettoria del tappo della bottiglia di champagne che stappo, lo vedo eseguire una parabola perfetta e precipitare tra la folla davanti a me. Il tappo dello spumante che stappa Valentino invece, non sembra essere all’altezza della performance ginnica di quello stappato da me e non emette nessun suono mentre muore tra le sue mani. Sicuramente d’annata lo spumante Asti di Kabul, anche se sarebbe più adeguato parlare di lustri più che di anni! L’anno nuovo è tra noi ed io m’immagino, come in un flashback, un giovane ragazzo cinese mentre compra il Kabul market ad un afgano stanco di cassette di frutta che puzzano di piscio; ereditando tutta la merce al suo interno e come per la piuma di Forrest Gump, la nostra bottiglia d’Asti, si muove, cambia posto e ripiano con il passare del tempo. Rido per non piangere.
Mi accorgo che sebbene siamo circondati da altra gente, ognuno resta nel suo, senza effusioni o altre forme d’euforia collettiva. Come tante isolette sperdute nell’oceano. In quel momento, in quella strada, era come se tutti gli altri non ci fossero, eravamo solo noi sei, come nei film che tutto intorno si fa nero e tutto scompare.
Senza perderci d’animo ci scoliamo la bottiglia di champagne anelando il momento di entrare in piazza. M’immagino una folla di gente festosa che balla felice, un po’ come qualche anno prima alla Porta di Brandeburgo a Berlino.
Dentro la Grand Place troviamo effettivamente una gran folla di gente, per niente in festa ed un gran numero di poliziotti che cercano di sedare una rissa. Niente festa, niente spettacolo pirotecnico, niente di niente solo gente che si azzuffava e poliziotti che intervengono. Potrei pensare di essere allo stadio durante il derby ma non c’è nessun campo da calcio, solo i sampietrini della pavimentazione della piazza. Ci buttiamo in “vasca” tra i viali del centro alla ricerca di un locale dove imbucarci per festeggiare. Quando lo troviamo, Valentino e l’Annalisa si congedano e tornano in albergo. Io, Chiara, Rudy e Sara entriamo invece al Velvet uccidendo del tutto, la serata. Particolarmente fumoso (In Belgio non c’è la legge contro il fumo nei locali pubblici) il Velvet si presenta come un lungo corridoio largo circa quattro metri per dieci di lunghezza. Alle pareti ci sono degli specchi così da far credere il locale più spazioso, ma anche l’illusione è davvero minima.
La musica è discutibile ed il dj davvero scarso, mixa con un computer dei brani in mp3 e sebbene un programma gli pareggia le battute e le mette a tempo, lui riesce a sbagliare ugualmente.
Ballo per non piangere.
L’ingresso al locale, omaggio donna e cinque euro uomo, non prevede nemmeno una consumazione e non mi azzardo nemmeno a chiedere quanto mi costerebbe bere. Balliamo fino alle tre, e quando il buttadentro ci apre la porta per uscire, ha pure il coraggio di chiederci la mancia. Lo saluto dicendogli: “Bonne Annèe!”.
Mentre torniamo, ripenso a che triste Ë stato il nostro hotel a quattro stelle.
Giusto il giorno prima ci siamo informati se l’hotel aveva in programma qualcosa per la sera di capodanno e ci siamo sentiti rispondere che nulla era previsto, nÈ una cena, nÈ una festa.
In effetti, anche i monitor della hall riportavano solo gli auguri per un buon 2008.
Vedere la fotocopia in ascensore, che ci informava di una festa al secondo piano, alle tre di mattina è stato il colpo di grazia del nostro capodanno. Giochiamo anche il jolly, andando al secondo piano per gli ultimi stralci di festa, ma appena siamo scesi dall’ascensore un cameriere ci avvisa che è tutto finito.
Torniamo in ascensore e mentre stiamo salendo propongo di salire fino all’ultimo piano, in palestra e goderci il panorama.
1 gennaio Prima ancora di metterci a letto, io e Chiara abbiamo le idee chiare ed appendiamo alla porta il cartellino “Please do not disturb”.
Ci alzeremo per fare colazione con gli altri ma poi torneremo a letto fino all’una e mezza. Rudy e Sara, sono indecisi se restare a Bruxelles o passare la giornata ad Amsterdam, mentre Valentino ed Annalisa ne approfittano per gironzolare un po’ da soli per la città. L’unico appuntamento che ci diamo è alle due nel quartiere Bourse.
Arriviamo chiaramente con dieci minuti di ritardo al luogo di ritrovo e troviamo Valentino e Anna che parlano con due “profeti” del Settimo giorno o qualcosa del genere. Appena le ragazze si congedano Valentino un po’ seccato per il ritardo, c’informa che devono arrivare anche Rudy e Sara, e mente aspettiamo facciamo uno spuntino al Subway.
Propongo di andare alla ricerca della ruota panoramica che ho visto ieri notte dal tetto dell’albergo, approssimativamente dalle parti di Place Ste-Catherine. La piazza è gremita di gente, addobbata con tanto di bancarelle e ci sono anche una pista di pattinaggio ed una giostra per bambini. Proprio quest’ultima attira la mia attenzione per le sue insolite fattezze. Non è la classica giostra con i cavallini o le macchine, qui ci sono animali, razzi, barche ed altro ancora tutto rigorosamente semovente. Ne rimango rapito, tanto che vorrei farci quasi un giro, e giuro lo avrei fatto se non fosse per i posti formato bambino.
Sullo sfondo, dopo la pista di pattinaggio si erge la ruota panoramica. Me la facevo più alta! Curiosiamo tra le bancarelle fino ad arrivare ai piedi della ruota panoramica, attraverso curiosità, decori natalizi e specialità gastronomiche. Gli altri, si accodano per salire sulla ruota panoramica, mentre io e Chiara gironzoliamo ancora tra le bancarelle e le giostre cercando di trovare qualche soggetto buono per scattare qualche foto. Immersi nell’atmosfera natalizia di Place Ste-Catherine mi pare di vedere un amico Italiano: Luca Nervegna (il Sosia), ma non è lui, è soltanto il suo sosia…
Prima di chiudere la giornata ci facciamo un sopraluogo notturno a Heysel, per vedere l’Atomium illuminato. Visibile, appena si esce dalla metropolitana, questa copia di una molecola di cristallo di ferro – ingrandita 165 miliardi di volte fino ad un’altezza di 102m – fu costruita per l’esposizione mondiale del 1958. Se di giorno l’Atomium è bello, di notte, illuminato di tutto punto, è addirittura bellissimo. Giudicate voi stessi.
Ceniamo allo Steak House a De Brouckère e concludiamo la giornata con una passeggiata ed un waffel aux chocolat.
2 gennaio Partiamo leggermente fuori orario (10.00 a.M.) per via di una breve ricerca in rete di alcune strade di Ixelles. Imbocchiamo la metropolitana e sbuchiamo fuori alla fermata: Louise.
Aveneue Louise è la strada dell’alta moda di Bruxelles, ma non siamo qui per fare shopping ma bensì per ammirare l’architettura di questo quartiere. Ixelless è, infatti, famosa, per i suoi edifici Art nouveau costruiti da Victor Horta (ormai parte del Patrimonio Unesco).La prima abitazione che andiamo a visitare è Maison Tassel (1893), la prima costruzione in cui il giovane Horta applica i suoi fondamentali: grandi vetrate, putrelle metalliche, pietra scolpita e balaustre della scala con rigogliosi motivi naturali. Ammiriamo anche Maison Solvay (non credo sia lo stesso del bicarbonato) e ci mettiamo alla ricerca dell’Hôtel Hannon, ma con scarso successo ed una gran perdita di tempo, anche qui com’è successo a Dublino, nessuno sembra conoscere questo posto.
La gente a cui chiediamo informazioni, o non conosce il posto, o ci rifila indicazioni troppo vaghe e approssimative; solo dopo aver chiesto, in un pub, ad un paio di passanti, ad una ragazza in un bar ad un farmacista ed in una stazione di servizio siamo riusciti ad incontrare un trio di ausiliari del traffico che dopo varie chiamate ci hanno confermato che il posto che stavamo cercando era in un altro quartiere! Anche se il quartiere di Ixelles è decisamente ben tenuto, le cacche di cane sono sempre in agguato. Lo sa bene Valentino che a furia di camminare ne calpesta una proprio prima di entrare in farmacia. Pensando che non fosse troppo corretto pulirsi nello spigolo dello scalino della farmacia e vedendo all’interno del locale un lunghissimo tappeto, ha ben visto di pulire la suola della sua scarpa proprio lì. Non oso immaginare la faccia del farmacista quando, attirato da uno strano odore, arriverà nelle vicinanze del tappeto e si accorgerà del bel regalo che qualcuno gli ha lasciato! La casa di Horta, è un museo che racchiude tutto il suo genio, gli schizzi, i progetti e quant’altro. Purtroppo non aprirà prima delle 14.00 e così decidiamo di non visitarla per tornare alla metropolitana e visitare Heyselle. Proprio nelle vicinanze della fermata di Louise, c’è però una balconata panoramica degna di essere vista, che offre una stupenda vista di Bruxelles e dei tetti delle sue case.
Attraversiamo la città in metropolitana. Scendendo alla fermata di Heysel, vi troverete di fronte una stazione colorata, piena di disegni e in stile pop art. Uscendo, vi troverete davanti il Brupark (l’Europa in miniatura), l’Atomium e l’edificio dell’Expò del 1958. L’Atomium è la versione gigante di una molecola di un cristallo di ferro, alta circa 102 metri, la sua storia è molto simile a quella della Torre Eiffel di Parigi, infatti, come lei è stata costruita per una esposizione mondiale e mai più disassemblata.
I nove euro del costo del biglietto, sono a mio parere, troppi per quello che ha da offrire questa struttura. Le sue grandi sfere ospitano sezioni sulla costruzione ed il restauro della struttura stessa e qualche mostra. La visita è divisa in due itinerari. Il primo è una passeggiata attraverso le quattro sfere più in basso; mentre il secondo, ti proietta nella sfera più alta, a circa 102 metri d’altezza grazie ad un ascensore velocissimo. Luci, forme e colori del primo tracciato, catturano la fantasia e la curiosità del turista, mentre la seconda parte della visita è una coda continua. Ci si mette in fila per salire in ascensore (capacità massima 14 persone), si viene stipati per salire ed una volta arrivati si fa la fila per girare lungo la circonferenza della sfera e riprendere il medesimo ascensore che ti riporterà al piano terra.
Dopo la prima parte del tour le ragazze hanno deciso di visitare il Brupark, mentre io, Rudy e Valentino, abbiamo optato per prendere l’ascensore e goderci il panorama. Facilmente immaginabile la delusione una volta arrivati in cima. Ignorando completamente la fila ci siamo fatti il nostro giro e ci siamo accodati in un punto qualsiasi della fila. Sereni e tranquilli ci sentiamo dire dalla gente che quello non era il nostro posto e che la fila cominciava da più indietro! Penso che sia stato in quel momento che ho rimpianto di non essere andato con le ragazze a visitare l’Europa in miniatura.
Appena il gruppo si riunisce, ci rimettiamo in metropolitana e decidiamo di andare a vedere il Parlamento Europeo.
Descritto dalla Lonely Planet come: “..Palazzo incredibilmente brutto e già datato…” a noi non sembra così male. Vista l’ora, lo ammiriamo solamente da fuori, scatto qualche foto e ritorniamo in hotel.
3 gennaio Altra gita fuori porta, oggi, infatti, ce n’andiamo a Bruges.
Manchiamo il treno delle 9.33 di un soffio, ma come da programma, non manchiamo quello delle 10. Per arrivare a Bruge da Bruxelles basta un’oretta di treno, e per arrivare in centro, circa dieci minuti d’autobus. La guida elogia Bruges, per il suo stile medioevale e la definisce la più popolare meta del Belgio. Pulita, ben tenuta, molto festosa e il traffico nel centro è in sostanza inesistente. Decorazione e addobbi natalizi lungo le strade, rendono la nostra passeggiata ancora più piacevole. Le stradine che ci portano fino alla piazza centrale sono piene di negozi brulicanti di gente, merito anche degli sconti del post Natale. Il Markt (la piazza), è davvero bellissima, le case medioevali a frontone sono stupende ed il Belfort (campanile) che sovrasta la piazza è la ciliegina sulla torta.
Alto quasi 500 metri, il Belfort è patrimonio Unesco e chi vuole scalare i suoi 366 gradini può farlo pagando 5 euro di biglietto. Noi ci proviamo. Paghiamo il biglietto e cominciamo ad inerpicarci al suo interno salendo gradino dopo gradino. La vista mozzafiato che si gode dalla cima ripaga di tutta la fatica spesa salendo gradini d’ogni specie e fattezza; da quelli di pietra, con un ampia pedata, a quelli di legno che non sembrava averne di pedata! L’unica nota dolente della scalata, è che i gradini, specialmente verso la cima, sono a chiocciola, con un raggio di un metro scarso, e quando s’incontra qualcuno che va nella direzione opposta alla tua è davvero dura.
Dalla cima si possono vedere le mura della città e sebbene la foschia, disturba non di poco l’osservazione, guardando bene, si possono scorgere anche i mulini a vento.
È freddo quassù, sarà l’aria, sarà il vento o sarà che è gennaio, fate voi. In aggiunta al vento gelido, una volta ridiscesi, ci accorgiamo che nevica o sarebbe meglio dire grandina, visto che quello che il vento ci schianta in faccia non sono soffici fiocchi di neve, ma ghiaccio finissimo! Dal Markt ci spostiamo verso la zona nord-est della città per passeggiare lungo i canali e arrivare ai mulini a vento. Passa un’oretta buona, il freddo persiste e pure la neve. Dopo la visita ai mulini cerchiamo un posto caldo dove addentare un pasto caldo e scaldarci a nostra volta. La scelta ricade su un pub non molto lontano dai mulini, non troppo grande ma caldo, accogliente e molto bello. La foto rende solo in parte l’atmosfera del posto, ma dopo tanto freddo, la cucina di questo pub ci ha rinfrancato gli animi.
Dopo pranzo decidiamo di visitare tre chiese, ma grazie alla fortuna del viaggiatore troviamo aperta solamente la Jerusalemkerk: una piccola chiesa molto particolare, copia dell’omonima chiesa di Gerusalemme, ha al suo interno una altare, che raffigura scheletri e demoni ed una nicchia che contiene la riproduzione della salma di Cristo. Passeggiando per le strade del centro e lungo i canali capisco perché questa meravigliosa città attira tantissimi turisti: è accogliente, ospitale e offre scorci davvero bellissimi dentro ad una cornice gotica. Ora piove, non nevica più e il crepuscolo accende le luci della città rendendola ancora più affascinate. Chiara ed io compriamo delle praline da portare in Italia, mentre Rudy trova il tanto agognato Genever. Ci mettiamo alla ricerca di un bar per bere una cioccolata calda, ma quasi tutti ci rispondono che dopo le 17 non servono più cioccolata in tazza ma soltanto cene. Straniti dal non essere riusciti a bere una cioccolata calda nella patri del cioccolato, ci dirigiamo verso la fermata del bus che ci riporterà in stazione. Scatto l’ultima foto e siamo già sul treno che ci riporterà a Bruxelles. Waffel al cioccolato e mezz’ora di relax in hotel, tutto il resto sarebbe tempo perso visto che questa è la nostra ultima serata.
La nostra ultima cena la consumiamo in un ristorante tipico lungo le mura della Grand Place: ‘T kelderke. Ristorante frequentato e consigliato dagli stessi abitanti della città, dove molto spesso è d’obbligo la prenotazione. Noi chiaramente, la prenotazione non l’abbiamo, ma ci và bene, e dopo una ventina di minuti ci mettiamo a sedere e ceniamo.
Cena ottima e prezzo giusto, ottimo locale e gran servizio, peccato averlo scoperto solo alla fine del viaggio. Durante la cena cerchiamo di pianificare il dopo cena, decidendo di fare tappa in un locale dove si esibiscono le Drag Queen. Passeggiamo fino alla via indicata nella guida, ma una volta raggiunto il civico, ci troviamo davanti ad una porta tipo quella di qualsiasi abitazione. Nello stipite della porta, c’è il pulsante di un campanello, lo premiamo e attendiamo che succeda qualcosa. Vista la musica che si sente provenire dall’interno, capiamo che il posto è quello giusto. Dopo qualche istante la porta si apre ed un ragazzo mulatto vestito di pantalone scuro e camicia chiara ci dà il benvenuto. C’informa anche, che la serata è per sole donne, e che la serata promiscua sarà domani sera. Le ragazze si guardano e l’unica convinta ad entrare è Sara, ma visto che sarebbe anche l’unica rinuncia. Finisce che torniamo in albergo a preparare i bagagli.
Ad essere sincero, mi è dispiaciuto parecchio non essere potuto entrare, non tanto per vantarmi di essere entrato in un locale gay, ma perchè spettacoli del genere dalle nostre parti non se ne vedono e dopo aver visto il film: “Priscilla, la regina del deserto” mi sarebbe piaciuto vedere dal vivo uno spettacolo di Drag Queen.
Sarebbe stato un modo splendido per assecondare l’omosessualità latente che c’è in ognuno di noi.
4 gennaio Dopo aver liberato le stanze, lasciamo le valigie alla direzione dell’albergo e ci dirigiamo verso i due musei che ancora ci mancano. Il primo in ordine cronologico è il museo del cacao e del cioccolato.
Appena paghi i cinque euro del biglietto sei subito coccolato da un biscotto (tipo: Atene Doria.) immerso per metà nel cioccolato fuso e la giornata sembra sorriderti. Nel piccolissimo museo ci sono statue e teste scolpite nel cioccolato raffiguranti: Colombo, Montezuma II e persino il principe del Belgio. La stanza più grande è una cucina dove una signora, spiega ai presenti come Ë lavorato il cioccolato e come nascono le praline. Spiega veramente bene, ed è affascinante vederla lavorare, è talmente brava che sembra facilissimo, ma è solo frutto dell’esperienza. A dimostrazione finita offre a tutti dei gusci di pralina ed invita tutti a proseguire la visita ai piani superiori. Vestiti e sculture di cioccolato fanno da contorno, ad una piccola full immersion nei paesi che producono questa prelibatezza. Usciamo dal museo, e profumiamo ancora di cacao, andiamo verso la Grand Place dove visiteremo il museo della birra. Arrivati davanti all’ingresso salutiamo le ragazze, che si daranno allo shopping più sfrenato, ed entriamo. Cinque euro di biglietto anche qui, con diritto di una bevuta al bancone del bar. Consigliato dalla Lonely Planet, questo museo è una vera e propria trappola per turisti. Dopo aver pagato il biglietto si giunge in una stanza dove un video proiettore trasmette costantemente un “documentario” in cui viene spiegato, in maniera molto sommaria, la differenza tra le varie birre prodotte in Belgio e dei vari abbinamenti culinari. Tengo a sottolineare una peculiarità del filmato, la voce guida parla inglese, francese e fiammingo, ma non ripete gli stessi concetti! Seguiamo un corridoio, convinti di arrivare in un altra sezione del museo, ma arriviamo solamente ai bagni ed un altra porta, questa volta chiusa. Il museo è tutto qui. Assetati, ci dirigiamo al bar per assaporare la nostra birra, ma anche qui c’è amara sorpresa.
Ci viene servita una media di Kriek: la birra tipica belga aromatizzata alla ciliegia. Una specie di succo di ciliegia frizzante. A stomaco vuoto è il massimo, e se ci ripenso mi prende ancora male.
Voto a questo museo: Zero!!! Amareggiati e tristi usciamo e gironzoliamo un po’ per negozi alla ricerca di qualche cosa che attiri la nostra attenzione. L’appuntamento con le ragazze è alle 14.00 davanti al Subway, nel quartiere della borsa. Panino e ultimo giro con tanto di waffel al cioccolato.
Ritiriamo i bagagli in albergo, cercando di sistemare al meglio gli ultimi acquisti fatti nelle valigie ma il porta-valigie ci fa capire che non ha tempo da perdere e ci sbatte praticamente nell’hall dell’albergo senza andare troppo per il sottile. Devo ammettere che chiunque ci avesse visto, avrebbe potuto pensare che eravamo dei disperati e in parte capisco la reazione dell’uomo, ma fino a prova contraria fino a qualche ora prima eravamo clienti dell’albergo e forse avremmo meritato un trattamento migliore.
Ce ne andiamo senza nemmeno salutare.
Andiamo in metropolitana e dopo una settimana impeccabile, sbagliamo convoglio e andiamo nella direzione opposta all’aeroporto, il che di sé non sarebbe nemmeno tanto grave, ma visto che il vagone è pieno siamo sparpagliati, quando ci accorgiamo dell’errore alcuni di noi scendono ed altri restano a bordo del convoglio. Quando scendo io, con me c’è Chiara e pochi metri più indietro ci sono anche Rudy e Sara, mentre Valentino e Annalisa sono scesi alla fermata prima. Riordiniamo le idee, cambiamo lato e pendiamo il primo treno che arriva. Ci ricongiungiamo con Valentino e signora e proseguiamo fino all’aeroporto. Fortunatamente, ce la siamo presa comoda e dopo il check-in abbiamo anche il tempo di mangiare. Rudy e Sara, si fermano al Pizza Hutt, mentre Valentino, Annalisa e Chiara preferiscono cenare in un self-service. Io ho voglia di starmene per i fatti miei e decido per il tris: iPod-pizza-birra.
Mentre gli auricolari pompano musica nelle mie orecchie mi metto in fila per un trancio di pizza, nel take away di Pizza Hutt, la divoro in solitaria in un tavolino in disparte e appena ho finito, m’infilo nel pub vicino alle scale mobili. Al bancone c’è il classico uomo di mezza età con la faccia comprensiva, il classico barman che dopo averti dato la tua pinta di scura è disposto ad ascoltare la tua storia, ma è chiaro che non sono in vena di storie e c’è un bel tavolino in disparte che mi sta aspettando. Bevo la mia Leffe e scrivo le ultime cose nel Moleskine; penso a com’è andato il viaggio e disegno, o per meglio dire, scarabocchio nelle pagine bianche. Ad un tratto il barman mi si avvicina e m’informa che chiude l’ingresso, ma che non devo preoccuparmi, posso fare con calma perché lui non ha mai buttato fuori nessuno dal locale e, né io ne, gli altri clienti, saremo i primi. Approfitto della sua presenza per ordinare un’altra Leffe. Assorto nei miei pensieri, ma sempre vigile sull’orario, assaporo l’ultima pinta belga di questo viaggio. È tempo di muoversi e senza nemmeno scomodare il cellulare per inutili messaggio c’incontriamo tutti, pronti ad andare al gate e tornare a casa. Abbiamo giusto il tempo per fare i conti delle spese del viaggio e sistemarci con i soldi che è tempo d’imbarcarsi. Tra due ore e mezza atterreremo a Bologna.
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