Camping nel bush

Prima di partire per un viaggio in Botswana bisogna essere coscienti che si tratta di un’avventura che richiede molto spirito di adattamento perchè i disagi e la fatica sono tanti, ma vengono ricompensati dalla bellezza e dalla ricchezza della natura. Il tour operator a cui ci siamo appoggiati e la Bushway Safaris, con sede a Maun. L’abbiamo...
Scritto da: ibrab
camping nel bush
Partenza il: 06/08/2009
Ritorno il: 23/08/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
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Prima di partire per un viaggio in Botswana bisogna essere coscienti che si tratta di un’avventura che richiede molto spirito di adattamento perchè i disagi e la fatica sono tanti, ma vengono ricompensati dalla bellezza e dalla ricchezza della natura.

Il tour operator a cui ci siamo appoggiati e la Bushway Safaris, con sede a Maun. L’abbiamo trovato su internet e il loro servizio è stato efficiente e professionale sin dalla prima e-mail.

Dall’Italia partiamo in due, Barbara e Claudio, per affrontare l’Elephant Trail di 15 giorni che tocca il Caprivi in Namibia, le Cascate Vittoria in Zambia e la parte nord del Botswana. Gli spostamenti avvengono a bordo di jeep Land Rover per 12-16 persone, con finestrini e tetto rimovibili, dotata di rimorchio che funge da cucina, frigo e deposito (bagagli e materiale da campeggio). Le dimensioni e le caratteristiche di questa vettura consentono di percorrere agevolmente le piste strette del bush, dove i mezzi più grossi non possono passare.

A esclusione della prima notte a Kasane (fuori programma) e dell’ultima notte a Livingstone, il pernottamento è sempre stato in tenda, con servizi igienici fissi, ma più spesso con “bush ablutions”. Le abluzioni nel bush consistono in cabine tipo urna elettorale per: – doccia con cisterna da 25 litri d’acqua appesa a un albero; – toilet con buca nel terreno di 70 cm e vater rimovibile.

Nel bush il concetto di pulizia è relativo, perciò le più importanti norme igieniche vengono accantonate e si è sempre coperti da uno strato di polvere, anche subito dopo la doccia.

È importante sapere che i campeggi non sono dotati di barriere tra l’uomo e gli animali, perciò può capitare di ricevere la visita di un centinaio di elefanti per pranzo, oppure di trovarsi in mezzo al confronto tra un leone e un elefante nel cuore della notte (con annessi ruggiti e barriti da gelare il sangue), o ancora di sentire i passi ovattati di qualche animale attorno alla tenda e scoprire al mattino le loro impronte.

La giornata inizia prima dell’alba (ad agosto circa le 6.30) e termina qualche ora dopo il calar del sole (che avviene intorno alle 18): dopodichè il buio totale consente di ammirare soltanto il meraviglioso cielo stellato, con la striscia della via lattea visibile a occhio nudo. Tutte le attività dell’accampamento poi si svolgono intorno al fuoco, che serve per cucinare, per far bollire l’acqua da usare nella doccia, per scaldarsi dal freddo gelido che caratterizza le ore del mattino e della sera.

Il nostro gruppo era composto da 11 partecipanti di diverse nazionalità, con una netta dominanza di tedeschi, poichè la Bushway ha un marketing molto forte in Germania (e Francia). Ogni gruppo viene supportato da una guida-autista (Custard, la nostra guida, è eccezionale), da un assistente di campo (Thuso, ovvero un cuoco eccellente) e una traduttrice dall’inglese al tedesco. Una buona conoscenza dell’inglese è fondamentale per interagire con gli altri, ma soprattutto per capire le regole da seguire: 1. Non ci si addentra nel bush a piedi 2. Qualsiasi cosa accada, non correre 3. Bisogna montare e smontare la tenda assegnata ed eseguirne la pulizia 4. Nel camping si collabora Esiste poi un’altra regola, non detta e non scritta: a turno si lavano i piatti di tutto il gruppo, per cui è meglio portare i guanti di plastica.

Tra il resto dell’equipaggiamento sono utili: la luce tipo minatore per illuminare il proprio piatto, una pila potente per raggiungere il bagno prima di ritirarsi la sera, i pantaloni con le zip, il burro di cacao, una crema molto idratante, berretto e guanti pesanti, termos per l’acqua da bere, abiti color kakhi o verdi per una migliore mimesi, gel asciutto per lavarsi le mani, tappi per le orecchie per dormire.

Il nostro viaggio ha toccato inizialmente il CAPRIVI in Namibia, ovvero una striscia di terra povera e fortemente depressa, che offre poco per un safari. Comunque si incontrano impala ed elefanti, oltre a una cospicua aviofauna. Le Popa Falls sono delle rapide con un salto di appena un metro scarso.

La nostra tappa successiva è stata ai piedi delle TSODILLO HILLS. Quattro colline che, nella tradizione locale, rappresentano il padre, la madre, il figlio e altro non meglio specificato. Le pitture rupestri che abbelliscono le rocce multicolori sono interessanti perchè illustrano la vita vista dai primitivi.

Quindi abbiamo navigato nel DELTA DELL’OKAVANGO. È una vera meraviglia scivolare sulle sue acque a bordo di un mokoro, che si insinua nei canali, tra i papiri. Il silenzio è rotto solo dal rumore dei bastoni usati da ragazzi, giovani ed esperti, per far avanzare le imbarcazioni. La prospettiva del mondo è raso terra, ad altezza dei fiori di ninfea, così gli elefanti sembrano ancora più alti e gli ippopotami molto più vicini. Per godere della bellezza complessiva del Delta, lo si può sorvolare con piccoli aerei monomotore diretti a Maun (durata 1 ora – costo 100 Euro). Gli animali, ridimensionati dall’altezza, si muovono nel dedalo di acqua e terra ed è uno spettacolo emozionante. Attenzione alla nausea e al vomito! Dopo la sosta di una notte all’Audi Camp di Maun, siamo entrati nella MOREMI GAME RESERVE. Questo è il vero bush, selvatico e selvaggio, ricco di grandi animali (è possibile avvistare quattro dei big five) e di emozioni, dove il confine tra vivere e morire diventa sottile. Il senso di precarietà e l’imprevisto sono compagni delle ore trascorse, perchè è forte la consapevolezza del pericolo derivato da un gruppo di 11 leoni a 500 metri dall’accampamento; oppure della crudeltà della natura che si manifesta col corpo straziato di un impala appeso a un albero e vicino a esso un leopardo che si riposa dopo la caccia e il banchetto; o ancora dell’unità di un gruppo di elefanti che carica per proteggere i propri cuccioli. Poi c’è anche la meraviglia di sorprendere un ghepardo abbeverarsi sulle rive di una pozza e seguirla con lo sguardo finchè non si confonde coi colori della natura e fa perdere le vostre tracce.

Il saluto al Botswana lo abbiamo dato al CHOBE NATIONAL PARK. La bellezza del suo paesaggio è rilassante e si perde nell’orizzonte. Il fiume Chobe è il confine naturale tra Botswana e Namibia, e arrichisce di vegetazione le sue sponde. Una grande varietà di animali si abbevera nelle sue acque: elefanti, bisonti, zebre, impala, babbuini, giraffe, ippopotami e leopardi.

Infine abbiamo visitato le CASCATE VITTORIA. Dal lato della Zambia si può ammirare un terzo della loro estenzione, ma vederle anche dallo Zimbawe significa pagare il visto di ingresso per quel paese e pagarne un altro per tornare in Zambia. Ci siamo accontentati perciò del fragore di questa parte del salto, incessante e costante. Le nuvole di vapore si alzano dal fondo e mascherano a tratti lo strapiombo da vertigine.

Le albe e i tramonti meritano una nota a parte. Sono un’emorragia del sole nel cielo, che si colora di rosso, di giallo, di rosa e di viola, e contribuiscono ad alimentare quella struggente malinconia chiamata mal d’Africa.

Barbara & Claudio



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