Cammino di Santiago fino a Burgos
E’ un bel modo di affacciarsi sul mondo. Capita anche frequentemente di lasciare e rincontrare le stesse persone durante il cammino, in modo da rendere quello dei saluti e dei rincontri una costante di tutto l’itinerario. Ed infatti tornando a casa ci si chiede inevitabilmente che fine abbiano fatto tutti quei personaggi persi per strada. Anche ritrovarsi a cena con persone con le quali si è simpatizzato nel cammino, che domani lascerai e con le quali scambi le confidenze più intime, ha il suo fascino. Altro aspetto simpatico è che alberghi del pellegrino ed il sentiero stesso sono disseminati di oggetti e lasciti vari abbandonati (per motivi di ingombro, peso o altro) a beneficio dei posteri: libri in ogni lingua, felpe, cerotti, aghi e filo, calzini, perfino scarponi appesi alle croci dei passi di montagna (il mio compagno di viaggio ha fatto la sua parte lasciando un carrellino da “traino” per lo zaino, rivelatosi troppo rumoroso e scomodo nei tratti non asfaltati) Certamente fare il cammino in tutta calma senza contare i giorni è un grande privilegio. Il massimo, quindi, è poterlo fare da pensionati avendo conservato la salute e lo spirito giusti. Infine, è ufficiale: anche tra i pellegrini c’è qualche “furbetto del …Cammino”. A Roncisvalle siamo stati derubati di due t-shirt traspiranti appena lavate, stese ed asciugate. Pazienza. Gli “alberghi del pellegrino”. C’è da dire subito che le strutture alloggiative tradizionali per i pellegrini sono palesemente inadeguate al flusso di presenze che aumenta anno dopo anno. Il costo dell’alloggio è irrisorio (dai 3 ai 6 euro) ma sarebbe tanto meglio spenderne 10 avendo la garanzia di servizi in linea col XXI secolo. Il numero dei posti letto (sempre a castello, anche senza scaletta) è spesso insufficiente e ci si può ritrovare anche in 100 in uno stanzone con sole 4 docce. Il numero delle postazioni di lavaggio-panni (indispensabile quasi ogni sera) lascia spesso a desiderare e, naturalmente, di comodità come “abat-jour” o anche solo il comodino, neanche a parlarne…
Insomma, un sistema ricettivo che ricorda un po’ troppo da vicino gli antichi pellegrinaggi del Medio Evo ed una filosofia della privazione alla quale non tutti possono adattarsi. Seguono un paio di esempi di vita vissuta. Una volta ci è successo di arrivare, dopo 28 km di cammino sotto il sole, in un paesino privo di posti-letto disponibili. Si è dovuto proseguire per ulteriori 12 km prima di giungere al paese successivo e trovare sistemazione privata presso una signora. In un’altra occasione non abbiamo trovato un posto dove cenare perché nel borgo di arrivo non vi erano alimentari e l’unico ristorante era in giorno di chiusura settimanale! Ci è toccato ripiegare su una scatoletta di tonno venduta nell’ “albergo”! Decisamente un’esperienza non per tutti. La speranza è che nei prossimi anni le Amministrazioni Locali interessate corrano ai ripari in modo da rendere meno spartano e per certi versi “sofferente” tutta l’esperienza. Consigli e suggerimenti Innanzi tutto è consigliabile iniziare il cammino al mattino presto in modo da evitare il gran caldo e nel contempo arrivare prima alla “meta” prefissata in modo da accrescere anche le probabilità di reperire alloggio. Del resto è quanto fa la stragrande maggioranza dei “pellegrini”. E’ anche da tener presente che in alcuni “alberghi” la luce si spegne automaticamente alle dieci di sera e si riaccende allo stesso modo alle sei di mattina con l’obbligo di andare via entro le otto. Quindi c’è poco da poltrire.. Salvo preventive prenotazioni telefoniche presso strutture private (negli “alberghi” non si può) è il caso, quindi, di arrivare a destinazione non più tardi delle due del pomeriggio. In secondo luogo direi che abbracciare totalmente la “filosofia” del pellegrino e dei suoi “alberghi” è troppo scomodo e stressante, anche se è molto più economico e fa sentire più dentro il cammino.
D’altro canto andare sempre in pensioni private (dove esistono) può risultare troppo caro ed estromette dalla bella atmosfera che si può creare tra i viandanti.
La soluzione migliore è quella di compromesso ispirata ad una certa flessibilità. Ogni due tre giorni (e solo in prossimità di centri di una certa rilevanza che diano la garanzia di strutture alternative) si va in una pensione “normale”. Meglio ancora se prenotando prima in modo da fare la tappa in tutto relax permettendosi un paio di soste a base di birrette e”tapas” o “pinchos” (mitici spuntini salati). Dal punto di vista alimentare, se per un verso è consigliabile concedersi bar o ristoranti, arrangiarsi qualche volta negli “alberghi” con pane, frutta e pomodoro non è una cattiva idea. E’ più socializzante e salutare (la cucina spagnola abbonda di fritture ed insaccati…). Riguardo alla sosta-pranzo nei bar, se si intende fare solo uno spuntino vanno benissimo un paio di tapas, ma se si ha davvero fame è molto meglio ordinare un menù del giorno. Si mangia di più spendendo la stessa cifra. Quello che andrebbe evitato è rimpinzarsi di tapas e tortilla (come abbiamo fatto noi..) alla stessa cifra di un pranzo completo. Importante: in molti locali il vino rosso viene inspiegabilmente servito ghiacciato. A coloro che non lo sopportano conviene chiederlo preventivamente a temperatura ambiente (“de tiempo”). Ogni sera è consigliabile capire dove e quando si farà colazione il giorno successivo informandosi sull’orario di apertura di bar e caffetterie che troppo spesso ignorano il “fenomeno cammino” cominciando a servire soltanto verso le nove quando i pellegrini sono già andati via. Alcuni “alberghi” forniscono la prima colazione a prezzi irrisori, ma non sempre vale la pena. Nello zaino o, meglio ancora, nel marsupio non devono mai mancare un paio di merendine/barrette energetiche (o frutta secca) e mezzo litro d’acqua o più a seconda della tipologia della tappa, le condizioni climatiche, la presenza di fontane sul cammino (ricordare sempre che con l’avanzare dell’età è consigliabile bere anche senza averne lo stimolo! ). Per chi può, sono da evitare i mesi estivi. Sia per il caldo che per l’ affollamento. Vanno bene maggio, settembre o ottobre. Meglio ancora fine aprile. Può fare un po’ più fresco, ma c’è meno “traffico” e si utilizzano meno ferie (c’è il 25 apr ed il I mag). Il percorso è misto. Si cammina su sentieri, strade brecciate, terra, fango, asfalto. Tutto l’equipaggiamento (o quasi) deve dare grande priorità alla salute del piede. Calzini, scarpe e pomate assumono un’ importanza fondamentale.
E’ consigliabile detergere i piedi con l’apposito unguento (o simili) mattina e sera. Può ridurre i rischi di vesciche ed altro. Anche approfittare delle fontane dislocate sul cammino per eventuali pediluvi è ottima norma. Zaino ed Equipaggiamento indispensabile Lo zaino (possibilmente di marca e provvisto di air-zone) non deve superare i 45 lt di capienza ed avere almeno due comodi tasconi laterali esterni. Il suo peso complessivo dev’essere al massimo del 10 per cento del proprio, ma è comunque consigliabile non andare oltre gli otto chili (impresa non facile). Questo rende inevitabile il lavaggio serale dei panni sporchi da stendere durante la notte. Motivo per cui è importante limitare al massimo il cotone che impiega troppo tempo ad asciugare. Inoltre occorrono: – La “credencial” del cammino (una specie di scheda attestante la partecipazione) che viene data in dotazione in qualsiasi “stazione” e che dà diritto ad alloggiare negli “alberghi”. Su di essa viene apposto il timbro ad ogni località raggiunta – Una guida (piccola e leggera) che informi sulle tappe possibili – 1 sacco a pelo “tecnico” (cioè leggero e di piccole dimensioni) – 1 marsupio capiente e di facile apertura – 1 scarponcino basso e comodo in gore-tex, già sperimentato – 1 sandalo buono e con suola alta (da riposo per la sera e di riserva per camminare) – 1 paio di ciabattine doccia – 2 magliette t-shirt “tecniche” + 1 di cotone da riposo per la sera – 1 polo “tecnica” a manica lunga e con colletto – 1 micropile con zip – 4 calzini (2 pesanti specifici per il trekking e 2 leggeri in coolmax) – 2 pantaloni sgambabili con zip – 1 asciugamano da doccia in micro fibra calda sulla pelle – 2 slip o boxer sgambati in micro fibra + 1 in cotone di riserva – 1 cappello da sole protettivo di testa e viso, ma anche di nuca e orecchie – 1 poncho buono, per la pioggia – 1 k-way (meglio se di quelli un po’ imbottiti e meglio ancora se windstop) – 1 fascia per la testa – 1 coltellino multi uso – 1 taglia unghie – 1 occhiale sole – 1 “unguento del pellegrino” o simile per i massaggi – 1 ago ed uno spray di mercurio cromo, per le vesciche (le “ampollas”) – 1 pomata tipo “Foille”, per irritazioni, eczemi, scottature – 1 boccetta unica per doccia-shampoo-sapone panni-antisettico (tipo “Candinet”) – 1 luce frontale (per leggere la sera, ma anche da usare come torcia per la notte) – 1 penna – Salviettine intime umidificate e carta igienica (se il bidet all’estero è un problema, nel cammino di Santiago è utopia assoluta!) – 1 scatola di cerotti conpeed – 1 crema solare (il sole batte quasi sempre sulla parte sinistra-posteriore del corpo!) – 2 tappi per le orecchie (se qualcuno di notte parla “russo”, sono cavoli!!) – 4/5 spille da balia (provvidenziali per appendere allo zaino i capi non ancora asciutti dalla sera prima) Equipaggiamento facoltativo – 2 bastoncini regolabili (possono ridurre il carico sulla schiena fino al 25%) – 1 cappello impermeabile per la pioggia – 1 collirio – 1 filo stendipanni e tre/quattro mollette – 1 spugnetta da cucina per eventuale rimozione serale del fango dalle scarpe – 1 macchinetta foto – 1 registratorino vocale per impressioni e commenti, oppure un semplice notes – 1 beauty case piccola, ma soprattutto impermeabile ed appendibile – 1 libro (per chi ama la lettura) – 1 federa di garanzia igienica da applicare sui cuscini degli “alberghi” .
Qualche “segno particolare” Io ed il mio compagno di viaggio abbiamo fatto tre/ottavi dell’intero cammino (300 km circa) da S. Jean P. De Port (nei Pirenei francesi) a Burgos (Castilla-Leon) in 11 giorni, dal 6 al 16 maggio 2007. Annoto qualche utile osservazione specifica: L’impatto con San Jean è un po’ traumatico. Già dalla prima sistemazione offerta dal centro smistamento pellegrini si percepisce il passaggio ad una condizione quotidiana di una certa durezza. La prima tappa (S. Jean – Roncisvalle) è discretamente dura. Sono 1200 metri di dislivello in salita ed il percorso presenta spesso nebbia, pioggia, fango.
Larrasoana con il suo “albergo” è un buco di paese. Da evitare. A Pamplona (piacevole città) è da non perdere il bar Iruna (il nome basco di Pamplona) nella piazza centrale. Pare fosse il bar frequentato da Emingwuay. E’ bellissimo ed a pranzo offre un ottimo menù del giorno a prezzo conveniente (abbiamo pagato 12 euro per paella, salmone, vino e dolce). Nel cammino (nella provincia de La Rioja) si trova un’azienda vinicola che ha piazzato una fontana, accessibile ai pellegrini, che dà vino a partire dalle ore 8 del mattino. Peccato essere passati da quelle parti alle 7,30… Anche Torres del Rio, posto con ricettività alloggiativi minima, è da evitare. Piacevole è la sosta ad Atapuerca: buon albergo del pellegrino, buon ristorante (“Comosapiens”) ed ottima colazione al mattino nell’unica pasticceria del paese (“las cuevas”). A Burgos l’ hotel Jacobeo, in pieno centro, ha un buon rapporto qualità prezzo ed è anche ubicato sulla strada del cammino.