Cambogia, nel Paese dei sorrisi

L'Asia con i suoi colori, intensi profumi e religiosità immensa
Scritto da: Ste65
cambogia, nel paese dei sorrisi
Partenza il: 16/01/2010
Ritorno il: 25/01/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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di Stefano e Annalisa Gualco 16 – 24 Gennaio 2010 Per il secondo anno consecutivo è ancora l’Asia ad accoglierci per il nostro viaggio “invernale”, l’Asia con i suoi colori, con i suoi intensi profumi, con la religiosità immensa della sua gente. In particolare è la Cambogia il Paese scelto per la nostra vacanza. Questo piccolo stato, stretto tra Thailandia, Laos e Vietnam è famoso soprattutto per il sito archeologico di Angkor, ma è ricco anche di altri luoghi meritevoli di una visita, come la zona di Battambang oppure il grande e pescosissimo lago Tonle’ Sap, con i suoi caratteristici villaggi galleggianti e su palafitte nei dintorni. Purtroppo,però, la Cambogia è famosa anche per un periodo della sua storia macchiato da ogni tipo di atrocità e follie, quando al potere c’erano i Khmer Rossi di Pol Pot e compagni, che provocarono circa 2 milioni di morti (anche se quanti sono stati per davvero, forse nessuno lo potrà mai sapere) tra l’aprile 1975 ed il gennaio 1979. Il nostro viaggio in Cambogia,quindi, non si concentrerà solo su Angkor, ma ci permetterà di visitare diverse zone del Paese: dapprima la capitale Phnom Penh, con il suo Palazzo Reale ma anche con i tristi luoghi del genocidio di Pol Pot, quindi Battambag e dintorni, poi navigazione sul fiume Sangker fino a Siem Reap , visiteremo villaggi grandi e piccoli, ancora siti archeologici come Bantenay Srei, Beng Mealea , i templi di Roluos e quindi Kbal Spean, il curioso fiume dei “Mille Linga”. Insomma un po’ di tutto. Dopo aver verificato i programmi di diversi tour operator “classici” in agenzia , la scelta cade su About Asia, trovato “navigando” su internet. Buone le recensioni trovate in internet, buono il prezzo del programma personalizzato solo per noi due che ci hanno inviato, buono il fatto che una parte degli incassi vengono devoluti a progetti umanitari in Cambogia. Ok, la scelta è fatta, si parte con About Asia. Arriviamo in Cambogia dopo una lunghissima giornata, trascorsa tra le 12 ore di volo che separano Milano da Singapore, le 8 ore di sosta in aeroporto per la coincidenza (a proposito, quello di Singapore è il piu’ bello che abbiamo mai visto, grandissimo ma molto molto pulito ovunque ed estremamente funzionale) e per finire le ultime 2 ore di volo che sono ancora necessarie per raggiungere Phnom Penh, la capitale cambogiana, dalla quale avrà inizio il nostro tour. Sbarchiamo a Phnom Penh che sono oramai le 17. Sbrighiamo molto velocemente le formalità doganali, anche grazie ai numerosi funzionari addetti a queste operazioni: c’è chi ritira i passaporti, chi li apre alla pagina dove mettere il visto, chi mette il visto, chi lo timbra ed infine chi ti restituisce il prezioso documento: una catena umana molto funzionale e rapida. Pochi minuti e quindi siamo fuori, dove ad attenderci troviamo il nostro autista con il classico cartello con su scritti i nostri nomi. Ok, tutto perfetto, nessun intoppo, nessun ritardo. Possiamo quindi dirigerci al nostro hotel, (hotel Cara, buono) distante circa una mezz’ora dall’aeroporto. Pochi chilometri ma il traffico è piuttosto sostenuto, come d’abitudine da queste parti, per cui l’andatura non può essere che lenta. Finalmente siamo arrivati! Nonostante la stanchezza comincia a farsi sentire, decidiamo di non cenare in hotel ma di uscire per vivere un po’ la città di sera. I locali e i ristoranti sono tutti concentrati nella zona del lungofiume, non distante dal nostro hotel, ma che conviene comunque raggiungere con il tuk tuk in pochi minuti. Passeggiamo un poco per questa via, ricca come detto di locali di ogni genere, per lo più frequentati da turisti. Ma accanto a queste oasi di felicità e spensieratezza, non possiamo non notare molte donne giovanissime che tengono in braccio un piccolo bimbo chiedere l’elemosina accampate sui marciapiedi. Per la prima nostra cena cambogiana decidiamo di provare il pesce più comune da queste parti, l’amok. Lo servono a pezzetti all’interno di una noce di cocco, con latte di cocco e qualche spezia, che lo rende un poco piccante (per me) ma comunque molto buono. E’ davvero bello cenare in questo semplice ristorantino qui sul lungofiume, con una calda brezza a farci compagnia. Ancora più bello se pensiamo ai 50 cm. Di neve che abbiamo lasciato a casa! Proprio sull’altro lato della strada c’è un mercato notturno e stanno anche suonando e cantando. Decidiamo di farci quattro passi. C’è molta gente, tutti ragazzi e ragazze molto giovani ma di turisti in realtà ne vediamo pochi. Giriamo un po’ tra le varie bancarelle, che vendono ogni sorta di oggetti. E’ bello passeggiare così senza meta tra i venditori, tra la gente che canta e balla, tra la gente che mangia seduta a terra sulle stuoie. Siamo appena arrivati ma già è forte la voglia di comperare qualche cosa. Troppo belli i vari souvenir in legno di palma o in bambù, troppo belle le varie sciarpe in seta o in cotone. E qualcosa difatti acquistiamo: i prezzi sono davvero bassissimi, tanto che a volte non ci sembra il caso neppure di contrattare, ma, si sa, qui la contrattazione è una regola, un gioco, praticamente un obbligo, per cui, vai con le trattative! Ora però la stanchezza si è impadronita del tutto di noi e una bella dormita è decisamente necessaria, per cui decidiamo di fare ritorno all’hotel ma ripromettendoci di ritornare qui l’indomani sera per completare l’opera, più riposati e con calma. Come da accordi eccoci pronti alle 8,30 nella hall dell’hotel, dove troviamo ad attenderci la guida locale che ci accompagnerà. Si chiama Socheat e parla un buon italiano. Iniziamo dal complesso del Palazzo Reale: è bellissimo, immerso nella quiete dei suoi giardini. Subito notiamo una certa somiglianza con il Palazzo Reale di Bangkok, anche se questo è più piccolo di quello thailandese. Una buona parte degli edifici sono però chiusi al pubblico, in quanto trattasi della residenza ufficiale del re Sihamoni. Stupenda la pagoda d’Argento, chiamata così perché il suo pavimento è letteralmente ricoperto da piastrelle d’argento. Sono addirittura più di 5.000 e pesano circa 1 kg l’una. Si possono vedere però solo in alcune parti del pavimento, in quanto sono per la maggior parte ricoperte da una copertura protettiva. L’interno della pagoda offre al visitatore uno splendido colpo d’occhio. Impossibile dimenticare il grande Buddha tutto in oro e del peso di ben 90 kg. La scalinata di accesso alla pagoda, inoltre, è stata costruita utilizzando marmo italiano. Dopo questa visita ci rechiamo al Museo Nazionale, molto interessante e ricco di oggetti ed opere dell’ arte khmer davvero notevoli. Purtroppo non si può fotografare nelle varie sale. Le nostre visite proseguono con i campi di sterminio di Choeung Ek. E’ una visita “dura”, che ti fa accapponare la pelle e venire gli occhi lucidi. Questi campi si trovano a 15 km dalla capitale. Qui, tra il 1975 ed il 1978, furono massacrate migliaia di persone. Le fosse comuni sono un centinaio, ma diverse non sono ancora state aperte. Nel 1980 furono ritrovati i resti di circa 9.000 persone e in un grande stupa commemorativo eretto nei pressi delle fosse, si possono vedere circa 8.000 teschi, disposti dietro pannelli trasparenti. Vi è anche un mucchio di vestiti, o ciò che ne resta, che sono stati ritrovati qui. Passeggiando nel sentierino tra le varie fosse si possono notare ancora, spuntare qua e là tra l’erba tagliata, lembi di vestiti e frammenti di ossa! C’è ancora l’albero contro il quale venivano sbattuti e uccisi i bambini. Poi due fosse più grandi delle altre: in una furono trovati i corpi di 166 persone decapitate mentre nell’altra i corpi ritrovati furono addirittura 450. In un edificio nei pressi vi sono molte foto storiche, che, anche se datate e ovviamente non certo tecnologiche come quelle odierne, testimoniano molto bene i momenti dell’apertura delle fosse e del ritrovamento dei resti delle vittime. Certo, la storia non va dimenticata, anzi, dovrebbe servire all’umanità da insegnamento per non ripetere i tanti errori e le troppe mostruosità del passato, ma passeggiare qui è veramente molto doloroso. Se chiudi gli occhi ti sembra di vedere quei poveretti nei loro ultimi istanti di vita. E’ davvero terribile. Ad ogni passo che fai, non puoi far altro che pensare a quello che è successo , alle migliaia di persone che vi vennero brutalmente massacrate, la maggior parte a bastonate per risparmiare le munizioni. Ad ogni passo che fai ti chiedi perchè, perché tutto questo orrore. Ad ogni passo che fai ti chiedi come può l’uomo essere capace di tanto male ad un proprio simile. E purtroppo non trovi risposte ma solo speranza, speranza che in futuro tutto ciò non si ripeta mai più. Usciamo da Choeung Ek con gli occhi lucidi e un grande dolore. Rientrati in città ci rechiamo a pranzo nel medesimo ristorantino della sera precedente. Anche stavolta tutto ok. Dopo pranzo continuiamo le visite previste nella città. Iniziamo subito con un’altra visita raccapricciante, ossia la S-21, il mostruoso carcere di sicurezza. Nei tre edifici del complesso , che un tempo ospitavano le aule di un liceo ed ora sono stati trasformati nel Museo Tuol Sleng, migliaia di persone vennero imprigionate e torturate prima di essere portate ai campi di sterminio di Choeung Ek (si parla di più di 17.000 persone e moltissime morirono qui a causa delle incredibili atrocità loro commesse). Nel primo edificio vi sono le stanze di tortura, con i letti di ferro sui quali venivano stesi i prigionieri, le catene e i vari attrezzi utilizzati. Inoltre vi sono anche delle vecchie fotografie , che raccontano, purtroppo molto chiaramente, cosa succedeva tra quelle mura. In un altro edificio, con ancora il filo spinato originale alle finestre e alle porte, vi sono le celle di detenzione. Poiché le aule scolastiche erano troppo grandi, il regime pensò bene di alzare muri divisori in modo da creare tante piccole cellette, di circa 1 metro e mezzo di lunghezza per 1 metro di larghezza. Al primo piano le celle sono in muratura e senza porte, con un piccolo spazio per il passaggio dei detenuti, al secondo piano sono in legno. In entrambi i casi sono ancora visibili le catene dove venivano legati i detenuti. Nel terzo piano invece vi è soltanto un grande stanzone spoglio: Socheat ci dice che qui i prigionieri venivano incatenati tutti insieme lungo le pareti, strettissimi uno accanto all’altro. E una volta “completate” le pareti, si proseguiva verso il centro della stanza. Centinaia di persone, accalcate una sull’altra. Nel terzo edificio vi sono moltissime foto di prigionieri e anche dei loro aguzzini. In entrambi i casi si tratta di ragazzi giovanissimi. Alcuni di questi ragazzi avevano applicato il numero di matricola con una spilla direttamente appuntata sulla pelle! Vi sono esposti anche alcuni strumenti di tortura. Quando le truppe vietnamite entrarono all’inizio del 1979 in Phnom Penh per liberarla, trovarono a S-21 soltanto 7 persone ancora in vita. Queste persone si salvarono grazie alle loro capacità di dipingere o fotografare: il regime infatti li utilizzò per documentare tutto ciò che accadeva tra quelle mura. Vi sono infatti alcuni disegni di torture nelle sale e anche la foto di questi sopravissuti è esposta all’interno. Le truppe vietnamite trovarono però anche i corpi di 14 persone che gli aguzzini finirono in fretta e furia prima di fuggire. Le tombe in pietra bianca di queste povere persone si trovano nel cortile all’esterno. Qui vi è anche un pannello con l’assurdo regolamento che vigeva nel carcere. Il punto 6 è quello più agghiacciante: vietato gridare mentre si è sottoposti a bastonate o ad elettroschok! E ancora una volta ti chiedi come è potuto accadere tutto ciò, perché tutte queste brutalità e soprattutto perché il resto del Mondo ha fatto finta di non sapere, voltandosi per troppo tempo dall’altra parte. Parliamo di soli 30 anni fa, non del Medioevo, per cui i sistemi di comunicazione erano già piuttosto sviluppati, o no? . Sapevamo che avremmo visitato questi luoghi tristi, ma, per quanto puoi essere preparato, quando sei qui dentro una profondissima commozione ti assale ed è davvero difficile trattenere le lacrime. Queste visite non le dimenticheremo mai. Con ancora il dolore nel cuore per ciò che abbiamo visto, facciamo ritorno in città per fare quattro passi ( e non solo….) al mercato centrale. E’ un mercato molto grande, con tantissimi venditori: c’è chi vende generi alimentari di ogni tipo (abbiamo visto i ragni fritti), tessuti, fiori, magliette, orologi “originali” e ogni tipo di souvenir. E certamente non ci possiamo trattenere dall’acquistare qualche cosa. Dopo la visita al mercato ci dirigiamo a visitare il Wat Phnom, il tempio situato su una piccola “collina”, detta la “collina di Penh”. La leggenda narra infatti che il tempio fu costruito in questo punto per custodire le 4 statue di Buddha, trasportate fin qui dalla corrente del fiume Mekong, che furono ritrovate da una anziana signora di nome Penh. Per raggiungerlo si sale per una breve scalinata. All’ interno vi sono numerose statue di Buddha e tantissime sono le offerte di ogni tipo lasciate dai fedeli, che qui vengono numerosi a pregare. Vi sono anche molti disegni che raffigurano la vita di Buddha. Il sole sta oramai tramontando, la giornata è finita e con essa anche le nostre visite nella capitale. Facciamo quindi ritorno all’hotel e qui salutiamo e ringraziamo i nostri accompagnatori , sempre molto gentili e disponibili. Dopo esserci riposati un poco, usciamo per cena e ci rechiamo ancora sul lungofiume. Quindi un ultimo giro al mercatino serale e poi a nanna. L’indomani mattina la partenza sarà infatti di buon’ora. Come da accordi alle 7 partiremo in direzione Battambang. Puntualissimo ecco ad aspettarci nella hall il nostro nuovo driver che ci porterà fino a Battambang. Per raggiungerla impiegheremo circa 4 ore, ma sappiamo che ne serviranno di più, visto le varie tappe (alcune previste , altre no) che faremo per visitare caratteristici villaggi o semplicemente per fare qualche bella foto. Phnom Penh ci saluta con una splendida giornata di sole e con il suo traffico già piuttosto caotico nonostante l’ora. La strada che percorriamo è sempre in buono stato ed il viaggio fila via tranquillo e senza alcun problema. Facciamo una sosta per visitare il villaggio di Kompong Chhnang, abitato per la maggior parte da vietnamiti, situato sulle rive del fiume Tonlè Sap. Questo villaggio presenta una parte molto animata nella zona portuale, dove sono moltissime le abitazioni costruite su grandi palafitte. Passeggiamo un po’ sul lungofiume, tante sono le barche, grandi e piccole, che arrivano e partono cariche di persone e merci di ogni tipo. La zona con palafitte è molto caratteristica e particolare e sono davvero moltissime le piccole imbarcazioni che si muovono tra di esse. Tanti i bambini che ci salutano e si prestano sorridenti a farsi fotografare. Una visita piacevole anche se non molto lunga, per via della strada che ancora dobbiamo percorrere. Lungo il tragitto troviamo molte bancarelle che vendono oggetti in terracotta. In questa zona infatti questa lavorazione è piuttosto diffusa. Dopo qualche rapida sosta fotografica, la visita successiva è al villaggio di Kroko, dove possiamo vedere tanti venditori di pesce essiccato: vi sono pesci di ogni tipo e dimensione, da quelli minuscoli a quelli piuttosto grandi, appesi in bella mostra nelle varie bancarelle o ammucchiati uno sull’altro in sorprendente ordine. Alle 14 (quindi impiegando come previsto ben più di 4 ore) eccoci a Battambang, dove alloggiamo al bellissimo hotel La Villa, ricavato all’interno di una antica villa coloniale. Battambang è la seconda città in ordine di grandezza della Cambogia, sorge sulle rive del fiume Stung Sangker e presenta molti edifici coloniali ancora in buono stato di conservazione. Qui conosciamo la nostra nuova guida, Phalyka, che ci accompagnerà per tutto il resto del viaggio. Cominciamo le visite con il Wat Ek Phnom, che si trova poco fuori la città (circa 11 km.). Si tratta di un tempio del XI secolo ma purtroppo è in gran parte crollato. Giriamo un poco tra i ruderi, con il buon Phalyka intento nelle sue spiegazioni. Poco più in là sorge una grande pagoda, questa in buono stato, ed una imponente statua di Buddha. Dopo questa visita ci rechiamo al cosiddetto “treno di bambù”. Consiste in una base di legno di circa 3 metri che viene appoggiata su due rulli, posati sulle rotaie. Un piccolo motore a benzina completa il tutto. Questi “treni” trasportano praticamente di tutto. La gente di qui li utilizza comunemente per i suoi spostamenti: è facile infatti incontrare treni stracarichi di ogni cosa, riso, legna, motociclette, ecc.. C’è però un piccolo problema: la linea ferroviaria su cui viaggiano è composta da un solo binario! E cosa succede quando due treni si incontrano? Molto semplicemente il treno che trasporta il minor numero di cose o persone, viene letteralmente smontato e tolto dal binario in modo da far passare l’altro! Poi con tutta tranquillità si rimonta il tutto e si riparte. Anche noi proviamo l’ebbrezza di viaggiare su questi treni. Il viaggio, purtroppo, non è molto lungo, ma comunque bellissimo. Passiamo attraverso campi e risaie, possiamo vedere molti contadini al lavoro. Il paesaggio poi è davvero bello, con la campagna tutta intorno a noi. Ovviamente la velocità non è sostenuta, anche per la conformazione delle rotaie del binario, non proprio sempre parallele tra loro. Poi, naturalmente, incontriamo un altro “convoglio”. Noi siamo i più leggeri (siamo solo noi due , Phalyka , il conducente ed il suo assistente), quindi tutti a terra e precedenza all’altro treno. E quindi si riparte, fino a che non ci troviamo nel bel mezzo di un ….ingorgo ferroviario. Treni che arrivano stracarichi di qualunque cosa di fronte a noi, treni che arrivano con altri turisti dietro di noi. È praticamente il tramonto, per cui, si gira il tutto e si torna indietro. Diamo un passaggio anche ad una giovane donna con due bambini. E’ stata davvero una bellissima esperienza e certamente avremmo proseguito con piacere ancora per un po’. Un giro veramente consigliabile. Facciamo quindi ritorno all’hotel e con Phalyka ci accordiamo per la partenza dell’indomani mattina, per le ore 8. Domani sarà un giorno sicuramente bellissimo: ci aspetta infatti la lunga navigazione sul fiume Sanker per raggiungere il lago Tonlè Sap e quindi la città di Siem Reap. Non vediamo l’ora di partire. Ceniamo in hotel (molto bene, tra l’altro) e facciamo poi una passeggiata sul lungofiume della città, fino ad arrivare nelle vie più “centrali” ed animate. Ma in giro non c’è molta gente, ci sono alcuni localini e ristoranti, ma nulla più. Per cui ritorniamo in hotel e prepariamo i bagagli per la partenza. E’ ancora una bellissima giornata di sole. Meglio di così proprio non si potrebbe. Raggiungiamo in pochi minuti di auto il molo dal quale ci imbarcheremo. La barca è piuttosto grande e soltanto per noi. Magnifico! L’equipaggio è composto da due fratelli, di cui uno di 12 anni! E finalmente si parte. Il fiume in questa stagione è piuttosto basso e non molto largo. La barca procede lentamente, rallentando ulteriormente quando si attraversano i vari villaggi galleggianti o semplicemente per farci ammirare ancora meglio il lento scorrerere della vita sul fiume e sulle sue sponde. E’ veramente un viaggio bellissimo ed indimenticabile. Non si sa più da che parte guardare, ovunque puoi vedere reali scene di vita: tanti i pescatori con le loro reti piene di pesci di varie dimensioni, tanti i contadini sulle rive intenti a preparare il terreno, reso fertile dalle dal ritiro delle acque, per le loro colture, moltissime le barche cariche di ogni genere di cose che vanno in ogni direzione. Le tipiche abitazioni a palafitta, sulle rive del fiume, sono piuttosto alte e non per caso: in stagione monsonica non è la stessa cosa, l’acqua si alza notevolmente e sommerge aree decisamente ampie. Phalyka ci dice che il lago Tonlè Sap, dove sbucheremo al termine della navigazione, in questo periodo occupa una superficie di circa 4.000 km quadrati, ma durante i monsoni è almeno tre volte più grande! Come detto attraversiamo anche diversi villaggi galleggianti ed è uno spettacolo poter vedere le persone che vi abitano impegnate nei loro lavori quotidiani sulle loro piccole case galleggianti, simili a zattere con un tetto sopra. Durante il tragitto incontriamo anche una carovana di barche che trasportano lunghissimi bambù, tutti accatastati con precisione uno sull’altro: praticamente un treno sull’acqua. Davvero vorremmo che questo viaggio non finisse mai. Magari qualcuno può pensare che tutte queste ore in barca sono troppe ed alla fine finiscono per stancare. Nulla di più errato, è senz’altro una bellissima esperienza, che rifaremmo senz’altro molto volentieri. Quando sbuchiamo nel lago Tonlè Sap restiamo impressionati dalla sua enormità: infatti è talmente grande che somiglia di più ad un mare che ad un lago ed ovviamente non si vedono le sue sponde all’orizzonte. Fortunatamente non c’è vento e questo è molto importante. Phalyka ci fa presente che alcuni giorni prima diversi turisti hanno faticato parecchio ad attraversare il previsto tratto di lago per raggiungere il porto di Siem Reap, a causa delle onde piuttosto alte che hanno fatto sobbalzare pericolosamente le loro imbarcazioni. Il tempo però si è un po’ guastato e le nuvole ora la fanno da padrone. Anche la temperatura è più fresca. Giungiamo al porto che sono quasi le 17. Qui salutiamo i nostri validi barcaioli (anche il più piccolo ha pilotato per qualche tratto la barca e dobbiamo dire senza alcun problema e con sicurezza) e facciamo conoscenza con il nuovo autista, che sarà con noi fino alla fine del tour. E’ un giovane ragazzo di 25 anni, si chiama Moya e ci fa subito una buonissima impressione. Per raggiungere la città vera e propria dobbiamo percorrere ancora un po’ di chilometri e prima di raggiungerla facciamo una sosta per una breve passeggiata tra le case su palafitta e per ammirare le grandi e verdissime risaie che si estendono tutto intorno. Strada facendo possiamo anche visitare un mercato locale: verdure, frutta di ogni tipo, pesci ed tante altre cose sono esposte sulle postazioni dei numerosi venditori. Il sole è oramai tramontato quando arriviamo in città e prendiamo possesso della nostra camera, all’hotel Tara Angkor, molto bello, nuovo, anche se non proprio in centro (raggiungibile comunque in pochi minuti con il tuk tuk). E’ stata una giornata davvero lunghissima, ma superlativa ed indimenticabile. Siem Reap è una città piuttosto grande ma tutti i locali e ristoranti, il mercato diurno e i negozi, sono concentrati in una zona di piccole dimensioni, da girare tranquillamente a piedi. Questa città deve la sua fortuna alla vicinanza dei famosissimi templi di Angkor, la cui visita cominceremo l’indomani. Si, la giornata è stata lunga, ma vuoi non fare un giro in centro questa sera? No davvero, per cui saltiamo su di un tuk tuk e via! Qui c’è veramente l’imbarazzo della scelta, tanti sono i locali ed i ristoranti. Ci sono moltissimi turisti, praticamente sono tutti qui, in queste vie che formano il centro “mondano” di Siem Reap. Dopo cena decidiamo di andare a dare un’occhiata al mercato notturno. Ci sono infatti due mercati piuttosto grandi qui: quello “diurno” chiamato Psar Chaa e quello “notturno” conosciuto come il “mercato serale di Angkor”, traboccante come il suo gemello di bancarelle che vendono ogni tipo di souvenir. E ovviamente non ci limitiamo a dare soltanto un’occhiata ! Ma ora è meglio tornare: domani inizieremo le visite ai famosissimi templi di Angkor e ci sarà da scarpinare parecchio, per cui un buon riposo è quello che ci vuole. I templi di Angkor sono sicuramente la meta più visitata della Cambogia. Occupano una superficie vastissima e sono necessari un po’ di giorni per visitarne un buona quantità. Il nostro programma prevede 3 giorni di visite nell’intera area, da Angkor Thom ad Angkor Wat, alla zona di Roluos e fino a Kbal Spean (il Fiume dei Mille Linga ). Cominciamo le nostre visite con un tempo un po’ capriccioso: infatti è nuvoloso e a tratti cade una leggera e fine pioggerella, ma fa comunque molto caldo. La prima tappa è il Banteay Kdei, un imponente monastero buddhista. Poco oltre ecco la Sra Srang, la Vasca delle Abluzioni, un grande bacino riservato un tempo alla famiglia reale. Proseguiamo quindi per raggiungere uno dei templi più celebri, il Ta Prohm. E’ davvero bellissimo e suggestivo, con tutti quegli enormi alberi le cui incredibili radici hanno avvinghiato, in un abbraccio poderoso, i resti del tempio stesso. Come a far comprendere che qui comanda la natura. Il successivo tempio è il piccolo ed isolato Ta Nei, che somiglia un poco al Ta Prohm e che come il precedente ha in comune l’abbraccio inesorabile delle radici delle piante. A visitare questo tempio non c’è nessun turista, anche se ne abbiamo incontrato davvero tanti (ma non poteva essere altrimenti). Poi ecco il massiccio Ta Keo , costruito in arenaria e con la sua torre centrale alta circa 50 metri, il Thommanon ed il Chau Say Tevoda e la Porta Victory, con gli enormi volti scolpiti su ognuno dei suoi 4 lati. Il tempo scorre via veloce passeggiando tra le incredibili costruzioni ed ascoltando le spiegazioni del preparato Phalyka. Si è fatta già l’ora di mettere qualcosa sotto i denti ed allora…. Fine primo tempo e tutti a pranzo! Dopo esserci riposati un poco, eccoci pronti a ricominciare la nostra passeggiata nella storia. Ecco la bella Terrazza degli Elefanti, lunga circa 350 metri, praticamente una grandiosa tribuna che veniva utilizzata dai re per assistere alle varie cerimonie o per le udienze. Le sue mura sono tutte ornate con numerosi bassorilievi rappresentanti elefanti ( da qui il suo nome, ovviamente). A seguire il Palazzo Reale, il Baphuon e quindi il fenomenale Bayon. Quest’ultimo è senz’altro uno dei templi più belli di tutta l’area. Le sue 54 guglie offrono al viaggiatore una cartolina indimenticabile, ma sono ancor più incredibili i 216 giganteschi volti che ornano le guglie medesime. Quando ti trovi al suo interno, hai la sensazione di essere osservato ad ogni passo che fai: ovunque ti giri, infatti, vedi gli enormi visi che incombono su di te. La giornata è volata via velocissima ed è stata senz’altro molto interessante, anche se un poco guastata dal tempo non proprio benevolo. Ma appena giunti in hotel possiamo dire di essere comunque stati fortunati: una pioggia molto forte infatti comincia a bagnare Siem Reap ! Meno male che le visite le abbiamo fatte, così sarebbe stato davvero problematico e non ci avrebbe permesso di apprezzare tutto quello che abbiamo visto. Ma la pioggia non ci ferma: solito tuk tuk e via in centro per la cena. Non rinunciamo nemmeno ai soliti quattro passi al mercato serale: la pioggia però non dà tregua e così facciamo ritorno in hotel prima del previsto, con la speranza che il maltempo si sfoghi questa notte e l’indomani non intralci i nostri programmi. Le nostre speranze però sono vane. La mattinata si presenta molto nuvolosa e a tratti la solita pioggerellina ci delizia, si fa per dire, della sua compagnia. La giornata odierna si dividerà tra la visita ai villaggi galleggianti e il proseguimento con i templi . Per raggiungere la nostra prima meta, il villaggio di Kompong Khleang, impieghiamo circa 1 ora, percorrendo una strada che scorre tra un paesaggio bellissimo, con verdissime risaie che si estendono ovunque intorno a noi, punteggiate qua e là dai contadini intenti nel loro lavoro. Questo è uno dei più grandi villaggi del Tonlè Sap e la maggior parte delle case sono costruite su alte palafitte. Cominciamo la visita dall’acqua. Navighiamo per un’oretta tra le palafitte e le case galleggianti, incrociando moltissime barchette che trasportano un po’ di tutto. Possiamo assistere allo scorrere della vita, allo svolgersi delle azioni quotidiane, tutto intorno a noi. Quando il canale si restringe, poco fuori dalla zona più abitata, possiamo vedere molti contadini che lavorano i campi sulle sponde. E i pescatori, impegnati a sistemare i pesci nelle ceste o a sistemare le proprie reti. Anche stavolta vorremmo che questo giro non finisse mai. Navighiamo lentamente e ci gustiamo questo spettacolo, vero e autentico: lo spettacolo della vita. Ritornati a riva continuiamo la visita del villaggio, lato terraferma. La strada principale è molto fangosa a causa della pioggia caduta ieri. Ma il tempo comunque continua a fare i capricci. Minacciosi nuvoloni neri si stagliano sopra di noi anche se per fortuna ora non piove. Si snoda tra alte fila di case su palafitta, dalle quali sbucano molti bimbi vocianti e festosi. Tutti agitano le loro manine in segno di saluto. Molti ci vengono incontro, speranzosi di ottenere qualche regalino. Lasciamo diversi cappellini, penne, qualche maglietta, saponette e tutto ciò che possiamo. Purtroppo, ovviamente, non possiamo accontentare tutti. Bellissime le foto che scattiamo passeggiando nel villaggio. In molte abitazioni, al “pianterreno”, uomini e donne stanno sistemando per l’essicazione, su ampie tavole, i tantissimi pesciolini pescati nella giornata. Quelli già secchi hanno un aspetto invitante. Chiedo se è possibile un assaggio e sono accontentato. Me ne gusto un paio, e devo dire che sono davvero buoni. Dopo questa parentesi di vita locale, ci rituffiamo tra i templi: prossima visita il misterioso Beng Mealea. Si tratta di uno dei templi davvero più spettacolari di Angkor. La natura qui esprime tutta la sua forza, ancor più che nei templi visitati in precedenza. Le rovine di questo tempio sono infatti completamente ingoiate dalla folta vegetazione e le radici degli alberi stringono in un affettuoso abbraccio ciò che ancora non è crollato. La pioggerellina che ci accompagna, se da una parte ci da un po’ fastidio, dall’altro rende l’atmosfera ancora più magica e particolare. Passeggiando tra queste rovine, nella penombra e tra mille radici, ci si sente un po’ dei novelli Indiana Jones. Il tutto amplificato dalla totale assenza di turisti. Unici incontri umani, oltre alle guardie all’ingresso, alcuni bambini che ci accompagnano nella visita ed…… una coppietta che si è appartata tra le rovine, in cerca di un momento di intimità! Anche per oggi le visite sono terminate e riprendiamo la strada verso Siem Reap. Durante il percorso prendiamo d’assalto un grande “negozio” che vende cesti ed altri bellissimi oggetti fabbricati in legno, bambù e foglie di palma. Acquistiamo alcuni cesti e vassoi, di varie dimensioni, tutti bellissimi ed economicissimi, tanto che praticamente non contrattiamo neppure. Ma la sorpresa più bella doveva ancora arrivare. Avevamo visto, all’andata, diversi festeggiamenti di matrimoni lungo la strada ma non potevamo fermarci avendo ancora le visite da fare. Ora però il buon Phalyka ci propone se vogliamo fermarci ad assistere un po’ alla cerimonia se incontriamo ancora qualche festeggiamento. Grande! Una sorpresa bellissima! Speriamo solo di trovare qualcuno che festeggia ancora. La fortuna è dalla nostra. Ecco una casa dove sono in corso i festeggiamenti. Ci fermiamo e ci rechiamo nel cortile della casa passando attraverso una grande porta a forma di cuore. E’ tutto addobbato a festa e vi è radunata molta gente, parenti e amici degli sposi. La cerimonia esterna è finita ma inizia quella all’interno della casa degli sposi. Alcuni monaci stanno salendo le scale per iniziare i loro canti e le loro benedizioni. Noi ci sistemiamo sull’uscio di casa, ma, con grande meraviglia e gioia, tutti ci fanno ampi gesti di entrare e di sederci in mezzo a loro. Bellissimo! Gli sposi indossano i costumi tradizionali, bianchi e rossi. Lui appare un po’ stanco, lei è bellissima con i suoi gioielli e le orchidee che le ornano i capelli. Accanto agli sposi siedono alcune ragazze, praticamente le damigelle, anche loro con i tradizionali vestiti. C’è pure il fotografo ufficiale. Io mi metto seduto tra i parenti e scatto di continuo. Faccio più foto io che il loro fotografo. Anzi , quest’ultimo si mette accanto a me e guarda curioso le foto che faccio sul display della mia Nikon. Ma, poiché siamo entrambi in fondo alla stanza, ci invitano ad andare in prima fila, accanto ai monaci, per poter riprendere bene il tutto da una posizione privilegiata. E così io ed il mio “collega” eccoci in pole position, proprio di fronte agli sposi. Che ci sia lui in quella posizione è normalissimo, che ci facevano andare pure il sottoscritto non l’avrei mai immaginato. E per di più fotografo prima io di lui! Incredibile davvero! Ogni tanto faccio il segno di “Ok” alla sposa e le giro la macchina fotografica in modo che possa vedere le foto fatte. I suoi sorrisi felici testimoniano il suo apprezzamento. Anche le persone anziane sedute accanto a me, sbirciano nel display ed sono felicissime quando mostro loro le fotografie. Mi fanno ampi cenni di approvazione e mi danno pacche sulle spalle, da me ricambiate. Guardando questi anziani, non puoi non pensare a quello che hanno purtroppo vissuto e sopportato nei tragici anni di Pol Pot. Guardando queste persone, non puoi non pensare alla loro grande generosità e genuinità, soprattutto nei confronti di uno straniero, invitandolo addirittura ad una cerimonia particolare ed importante come il matrimonio di un loro caro. Guardando queste persone non puoi non commuoverti e dire loro un enorme “grazie” è il minimo che puoi fare. Ma non è ancora finita: il fotografo ha allestito in un angolo della stanza un piccolo “studio fotografico” con sfondi colorati per riprendere la coppia dopo la cerimonia. Mi fanno andare anche li e ancora una volta scatto prima io e poi lui! Abbiamo promesso, tramite il buon Phalyka, di mandare loro le foto scattate e manterremo la promessa, non ci sono dubbi. La cerimonia è finita, ora possiamo andare. Siamo rimasti in questa casa per più di 1 ora. Ringraziamo tutti per la grande ospitalità che ci è stata riservata e con la gioia nel cuore riprendiamo il nostro percorso verso Siem Reap. Per l’indomani abbiamo in programma la levataccia alle 5 per andare a vedere l’alba ad Angkor Wat, ma poiché il tempo non è dei migliori decidiamo di non rischiare e di cominciare le visite alle 8 come al solito. La sera comunque non piove più e non manca il consueto “tour” al mercato notturno. E’ stata davvero una giornata bellissima ed indimenticabile. Dopo una buona dormita, eccoci pronti a rituffarci tra i Templi di Angkor. Appena alzati diamo subito uno sguardo dalla finestra per un controllo meteo: con sollievo notiamo che il tempo si sta mettendo al bello, gli spazi di cielo azzurro sono sempre più ampi. E allora via, si parte! Il primo tempio che visitiamo è il Pre Rup, con forma piramidale a tre livelli, sul più alto dei quali svettano 5 torri a forma di loto. Poi ecco il Mebon, un tempio hindu, che ricorda un poco quello visto poco prima, anche se più piccolo. Ci rechiamo quindi ai templi buddhisti Ta Som e Preah Neak Pean . Poi possiamo ammirare una delle più grandi costruzioni qui presenti, il Preah Khan, il Tempio della Spada Sacra, che presenta moltissime gallerie e bassorilievi notevoli e molte sculture ricoperte da muschi e licheni. Nel frattempo la giornata si è fatta bellissima, con un caldissimo sole che ci accompagna tra i vari templi. Quindi, dopo pranzo, eccoci di fronte al tempio sicuramente più fotografato di tutti, il grande e spettacolare Angkor Wat. E’ circondato da un enorme fossato pieno di acqua, di forma rettangolare, largo circa 200 metri e con i lati di 1,5 km e 1,3 km. Una strada rialzata attraversa il fossato e permette l’ingresso al tempio. Ma per raggiungere il tempio centrale, una volta entrati, bisogna ancora percorrere un viale lungo poco meno di 500 metri! Magica l’immagine del complesso con le sue alte torri che si riflette nelle due grandi vasche che si trovano proprio di fronte. Purtroppo non sono piene d’acqua completamente, ma in compenso moltissime sono le ninfee in fiore. Questa enorme costruzione è formata da tre piani, tutti in laterite. Passeggiamo tranquillamente all’interno ed all’esterno del complesso, godendoci ogni suo angolo, le sue piazze, le sue gallerie, i suoi notevoli bassorilievi, le sue alte e imponenti torri. Non possiamo che rimanere a bocca aperta di fronte a tutto ciò. Se poi pensiamo che a quei tempi non c’erano tutte le tecnologie di oggi, beh, lo stupore si fa ancora maggiore. Qui attendiamo anche il magico momento del tramonto, con il sole che calando illumina con una dolcissima luce l’enorme costruzione. Oggi abbiamo visitato uno dei templi più belli di tutto il mondo e ritorniamo in hotel davvero molto soddisfatti. Ora ci restano ancora alcuni templi nei dintorni e il curioso fiume dei Mille Linga. Ciò vuol dire che il nostro viaggio, purtroppo, sta volgendo al termine. Come di consueto ci accordiamo con Phalyka per il programma dell’indomani, fissando la partenza ancora alle ore 8. Ed è ancora una splendida giornata di sole quella che la Cambogia ci regala per queste nostre ultime visite. La prima è prevista al Banteay Srei. Per raggiungerlo dobbiamo fare una trentina di chilometri. La strada è in buono stato e scorre tra una vegetazione verdissima e lussureggiante, tra villaggi e mercatini nei quali non possiamo non fare una sosta. E ovviamente si tratta di soste con relativi… acquisti. Il Banteay Srei è un tempio hindu dedicato a Shiva ed è stato costruito utilizzando pietra dal colore rosato. Pur essendo uno dei templi più piccoli è incredibilmente ben conservato e presenta notevoli rilievi che raffigurano divinità maschili e femminili. Le decorazioni più belle sono quelle che rappresentano donne che indossano abiti tradizionali e che tengono in mano dei fiori di loto. Terminata la visita ci dirigiamo al fiume dei Mille Linga, ovvero Kbal Spean, a circa 18 km da qui. Lasciata l’auto al parcheggio all’ingresso del sito, bisogna percorrere un sentiero che si addentra in salita nella foresta per circa 1,5 km. A tratti il fondo è sconnesso ma si percorre tranquillamente senza problemi. Alla fine del sentiero si arriva ad un piccolo corso d’acqua (chiamarlo fiume è un po’ esagerato) : in molte rocce sono scolpite perfette figure rappresentanti divinità hindu. Sono davvero bellissime e particolari, incredibili. Nell’ acqua bassa poi si possono vedere centinaia di linga, forme falliche di varie dimensioni , da quelli più piccoli ad uno veramente grande. Per la verità sono decisamente bassi, non spuntano nemmeno dall’acqua. Nei pressi anche una bella cascata, che invita ad una doccia rinfrescante. La visita qui si svolge attraverso un percorso obbligato e ben delimitato, in quanto in questa zona sono ancora presenti molte mine. L’area nei pressi del corso d’acqua e bonificata e sicura, ma oltre non si può andare per motivi di sicurezza. Ridiscendiamo quindi a valle e ci concediamo una pausa pranzo in uno dei piccoli ristorantini che si trovano nel parcheggio. Quindi riprendiamo la strada verso Siem Reap ma , prima di arrivare, ci aspettano i templi di Roluos, gli ultimi. I templi di questo complesso sono tre. Cominciamo con il Lolei, composto da quattro costruzioni una vicino all’altra ma molto rovinate ed in parte crollate. Poi il Preah Ko, che presenta sei torri di pietra allineate su due file ed è decisamente meglio conservato del precedente. Vi possiamo ammirare diverse rappresentazioni di figure femminili (apsara), praticamente intatte. Quindi per ultimo il Bakong, che raggiungiamo con una breve passeggiata a piedi, durante la quale abbiamo anche la possibilità di assaggiare le banane fritte che una signora sta preparando in un chiosco lungo la strada. Sono buonissime, appena cotte e ancora calde. Il Bakong è il tempio più grande dei tre e sicuramente anche il più bello e il meglio conservato. Sono molto belle le sue torri, i suoi stupa e le diverse statue di elefanti in esso presenti. Ora abbiamo davvero terminato, non ci resta che rientrare in città. Ma prima ci fermiamo in un localino a farci una bevuta di saluto e magari anche di arrivederci. Con Phalyka ci salutiamo prima di raggiungere l’hotel: lo lasciamo alla fermata degli autobus e dei taxi, in quanto lui dovrà ritornare a Phnom Penh a prendere un gruppo di turisti. Lo aspetta un lungo viaggio. I saluti e gli abbracci si mescolano alla reciproca commozione. Abbiamo passato insieme dei giorni meravigliosi e lui si è dimostrato sempre molto gentile, disponibile e molto preparato. Con Moya invece ci saluteremo l’indomani, in quanto ci porterà in aeroporto. Anche lui è sempre stato gentilissimo e si è dimostrato un ottimo autista, guidando sempre con molta attenzione e prudenza. Certo, pure di Socheat che ci ha accompagnato a Phnom Penh e degli altri autisti conserveremo un ottimo ricordo, anche se siamo stati insieme per minor tempo. Dopo cena, ovviamente, non può mancare l’ultimo giro al mercato notturno. Qui decidiamo di provare il massaggio ai piedi fatto da piccoli pesci . Nei giorni scorsi avevamo visto diverse vasche contenenti pesciolini di varie dimensioni e ci eravamo ripromessi di provare. E così eccoci seduti sulla sponda con i piedi in acqua: immediatamente, come attratti da una calamita, decine di pesciolini arrivano e iniziano a “mordicchiarti” le estremità , facendoti un piacevole solletico. Stessa cosa se immergi le mani. E’ una sensazione strana ma piacevole. Per un dollaro si può stare 30 minuti, ma ci lasciano li per un’ora! Anzi, potremo stare ancora, nessuno ci dice che il tempo è finito. Ma dobbiamo ancora fare un “ritocco” alla voce “acquisti”, per cui, a malincuore, dobbiamo andare. Al mercato abbiamo modo di salutare anche alcuni venditori che oramai ci riconoscono, visto che tutte le sere siamo venuti qui. Quindi con il solito tuk tuk ( e le solite borsine piene di oggetti vari) rientriamo in hotel e prepariamo i bagagli per la partenza. La partenza per l’aeroporto è fissata per le ore 11. Il buon Moya è come sempre puntualissimo e in mezz’ora eccoci arrivati. Quindi un ultimo caloroso saluto al nostro bravo autista e via verso il ceck-in. La vacanza adesso è davvero terminata, si torna a casa con una nuova e bellissima esperienza da raccontare. Come già detto in precedenza, siamo davvero soddisfatti delle guide e degli autisti che abbiamo avuto con noi in questo tour. Tutti sono sempre stati gentilissimi e disponibili, oltreché ben preparati, sempre pronti ad accogliere le nostre richieste, soprattutto quelle relative alle soste fotografiche e alle soste nei mercatini locali incontrati strada facendo. Tutta l’organizzazione del tour operator About Asia è stata perfetta. Questo viaggio ci ha dato tanto dal punto di vista culturale e ancor più da quello umano. Bellissimi i templi che abbiamo visitato, indimenticabili le tante scene di vita autentica alle quali abbiamo potuto assistere. Insomma, un viaggio davvero indimenticabile, come la gente che abita questo Paese, per troppi anni martoriato dalle guerre. Dai 90 anni di dominazione francese alle varie guerre di Indocina, dal folle governo di Pol Pot alla “liberazione” vietnamita, il denominatore comune è sempre stato il medesimo: milioni di morti. Eppure negli occhi di questa gente non vedi odio o rancore, ma sempre gentilezza e pace, anche nelle persone più anziane che ebbero la sfortuna di vivere i tragici momenti del genocidio polpottiano. Negli adolescenti poi, vedi la grande gioia di vivere e di crescere in un Paese libero e che si sta sempre più modernizzando, li vedi cantare e ballare nelle piazze o sfrecciare veloci sui loro motorini. E poi ci sono i tantissimi bambini, sempre festosi, sorridenti e spensierati. Loro ancora non sanno cosa è successo nella loro terra appena trent’anni fa (un’inezia temporale storicamente parlando), ma certamente un giorno qualcuno glielo racconterà. Nei loro bellissimi occhioni neri, nei lori grandi sorrisi, magari mentre cercano di venderti qualcosa che tu inizialmente rifiuti ma che poi immancabilmente acquisti, vedi una grande purezza ed innocenza, una grande luce di speranza. E mentre li guardi con tenerezza, auguri loro un domani migliore e sereno e soprattutto che tra essi non vi sia un nuovo Pol Pot, anche lui un innocente bambino ma divenuto poi un feroce assassino. E di questo viaggio, sono proprio questi sorrisi e questa gentilezza i ricordi più belli che porteremo per sempre dentro di noi.


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