Cambogia: la forza della vita
All’arrivo a Phnom Penh non facciamo fatica a trovare un giovane taxista che ci porti in città, non ricordo il suo nome, ma ricordo la sua disponibilità, il suo buon inglese e la sua età che poi è la mia 24.
Giriamo per le vie di questa piccola capitale in tre su di un motorino, qui è tutto all’ennesima potenza: storpi, mutilati, orfani, strade sterrate, sporcizia e puzza, ma anche gentilezza, sorrisi e forza d’animo.
Visitiamo il museo del genocidio di Pol Pot, doverosa e triste tappa dei turisti in Cambogia, che aiuta a capire cosa ha passato questo popolo neanche tanto tempo fa.
Usciamo con tristezza dopo aver firmato il libro senza riuscire ad esprimere ovviamente quello che avevamo dentro. Fuori dal Museo ci invadono i mutilati, e tra la terra rossa e sotto un sole implacabile ci attendono i ns.Conducenti.
Ceniamo da Pizza Herb (dove fanno anche la pizza con l’erba si), dentro il locale ci sono 7 gechi, un grillo e non vi dico cos’altro nel bagno, ma questo paese bisogna prenderlo cosi, ordiniamo tre pizze, ovviamente sono immense, ne lasciamo due, ma niente paura che le facciamo incartare e proseguiamo la serata sul lungo fiume. Dopo 20 mt arriva il primo bimbo a chiederci l’elemosina, gli apriamo una pizza: come dimenticare il suo sorriso? Quante pizze potrà aver mangiato nella sua vita un bimbo del genere? Nessuno dovrebbe crescere senza pizza. 🙂 La seconda la regaliamo ad altri due bimbi che la dividono con la loro famiglia attorno ad una bancarella.
Sono contenta di essere qui anche se a volte vorrei essere altrove, tutto il viaggio in questo paese è contraddistinto da due tipi di pesi sullo stomaco, quello più facile dato dal clima e dal cibo e quello dato dal senso di colpa e dalla tristezza per una vita tanto disperata.
Il viaggio attraverso il Tonle Sap è come la macchina del tempo di Ritorno al futuro, che invece di portarci negli anni ’50 però ci porta indietro di secoli; qui la vita fuori dalla capitale viaggia ancora con ritmi ormai da noi sconosciuti: donne lavano i panni nel fiume, villaggi di palafitte cadenti, giovani pescatori che remano sul fiume con lunghi bastoni di legno salutandoci con calore al nostro passaggio.
Anche la vegetazione è suggestiva con quelle lunghe palme solitarie all’orizzonte, dopo cinque ore siamo ustionati, il sole è implacabile.
Arriviamo al villaggio galleggiante dove ci spostiamo letteralmente parlando su imbarcazioni più piccole che possono arrivare fino al luogo di attracco, se si può chiamare cosi un paio di assi che hanno avuto tempi migliori; sbarchiamo letteralmente in quello che a prima vista sembra un campo profughi degno di un documentario del National Geographic, ancora non ci credo che sono stata realmente in quel posto, li per li ho avuto paura per la ns. Salute ma subito dopo mi ha preso un senso di angoscia tale era spaventosa la realtà, baracche di un metro per due, sporcizia ovunque, nessuna regola igienica, qualcosa di veramente inimmaginabile. Ma ecco che arriva il ns. Taxista che mi fa tornare alla realtà. Ci accompagnerà attraverso i restanti km di terra rossa verso Siam Reap, una città che è un cantiere.
Finalmente vedremo Angkor.
Angkor, Angkor, come descrivere tale meraviglia? Affittiamo le biciclette da dei ragazzini che ci affittano le loro per pochi dollari e cosi percorriamo km in sella a delle bici sgangherate tra bellezza e natura. Trascorrono cosi quattro giorni stupendi tra Angkor Wat, Bayon, Ta Phrom, albe, tramonti, elefanti e scimmie, tante scimmie, gentilezza ed esasperazione (dai tuk tuk), in questa che è veramente una delle meraviglie del mondo.
L’ultimo giorno facciamo un po’ di acquisti e ci deciamo ad affrontare il viaggio in taxi verso il confine thailandese e mai scelta fu più azzeccata; il viaggio è una vera bellezza, la strada èche è asfaltata per poco lascia il posto ad una striscia rossa che al passaggio di ogni mezzo si lascia dietro polvere e polvere, è appena l’alba quando lasciamo Siam Reap e già migliaia di motorini sfrecciano verso la cittadina chi per lavorare, chi per studiare, chi per elemosinare, è un grande spettacolo.
La campagna è rigogliosa peccato non poter scendere e fare una passeggiata sul prato accanto alla strada visto la presenza dei cartelli anti mine, non si riesce a credere che magari a pochi metri da dove ci si trova ci sia un ordigno inesploso, è pazzesco.
Siamo tristi e contenti, tristi di lasciare questo paese che è stato veramente un esperienza, e contenti di sfrecciare prima verso la follia di Bangkok e poi verso il relax di Koh Samui.
Grazie Cambogia di averci lasciato tanto dentro.
Per informazioni pratiche su costi, alberghi o se volete vedere le foto scrivetemi: Tittiry@email.It