Cambogia, impossibile non tornare !
Dopo un mese circa dedicato all’organizzazione di tutto quanto, mi sono imbarcato su di un volo della Emirates da Roma con destinazione Bangkok, dopo uno scalo tecnico a Dubai. La compagnia aerea è una garanzia assoluta ed anche il prezzo del biglietto è concorrenziale rispetto alle altre offerte sulla stessa tratta. Per un a/r si spendono circa 700 euro ed io ho prenotato comodamente per conto mio tramite internet, non incontrando nessuna difficoltà. A Bangkok sono appena “rimbalzato”, nel senso che dopo circa 3 ore di attesa in aeroporto avevo il volo per Phnom Penh, che dura circa 1 ora. Anche in questo caso avevo prenotato per conto mio; la compagnia che ho scelto è Air Asia (i voli per la Cambogia non sono poi così frequenti), per un a/r si spendono non più di 50-60 euro. Il viaggio è filato via regolare, nessun problema con ritardi, valige e dogane. Atterrare di nuovo a Phnom Penh è stata una bella sensazione, diversa da quella dello scorso anno; questa volta tutto era così “stranamente” familiare.
Per la prima sera ho alloggiato all’Hotel Indochine 2, posto su lungo fiume di Phnom Penh. Trattasi di un albergo carino e ben posizionato, dove per una notte in una camera con a/c, frigo e tv si spendono 15 $. Phnom Penh di sera è abbastanza buia e non particolarmente frequentata, ma come sempre è molto tranquilla e sicura, non si rischia davvero nulla girando da soli ovunque. La mattina seguente sveglia di buon ora (in Cambogia la sera fa buio presto, quindi è consigliabile sfruttare le giornate fin dalle prime ore dell’alba) e trasferimento in auto (noleggiata ed in compagnia di un amico locale) alla periferia della capitale, per la visita di un orfanotrofio. Questa è un’esperienza che consiglio a tutti, perché il paio d’ore che si passano in mezzo a questi bambini così sfortunati, che però qui apparentemente sembrano così felici e sorridenti, aiuta a capire molto della realtà cambogiana. Io ho visitato questo posto per motivi personali, ma chiunque può farlo, basta chiedere in giro, a Phnom Penh ci sono diversi orfanotrofi. Ripartito con un po’ di nostalgia da questa struttura, mi sono fermato per la visita dei Killing Fields, tristemente noti per essere serviti come campi di sterminio di migliaia di persone durante il regime di Pol Pot. A dire il vero non c’è molto da vedere, a parte il mausoleo strapieno di centinaia di teschi e le numerose buche che altro non sono che fosse comuni. L’atmosfera è tranquilla, ma in generale l’ambiente è tetro e non si riesce a non pensare a quanto grande possa essere la ferocia e la stupidità umana. Una mezz’ora di visita può bastare.
Da Phnom Penh, sempre in auto, ho raggiunto dopo circa 2 ore viaggio verso nord uno sperduto villaggio posto nell’estremo sud-ovest della Provincia di Kampong Chhnang, in aperta campagna ed immerso nelle risaie. Eh sì, perché in questa parte della Cambogia il territorio è tutto pianeggiante e coltivato a riso. I posti sono fantastici, anche se difficilmente raggiungibili, perché le strade (in terra battuta) sono praticabili con difficoltà, specialmente quando piove.
Avere la possibilità di rimanere in questi villaggi per tutta la giornata e dormire in una capanna di paglia, sdraiato in terra e senza nessuna comodità, è davvero un privilegio per chi vuole vivere la Cambogia vera.
Il giorno successivo, sempre accompagnato dal mio amico cambogiano, sono ripartito di buon ora da questo villaggio e dopo circa 2 ore di auto, ho raggiunto il piccolo villaggio di Kampong Tralach, posto sul bordo del Tonle Sap River (che in questo periodo era immenso). Da qui, con una piccola barchetta, mi sono trasferito in un villaggio situato in una specie di isola posta in mezzo al grande fiume Tonle Sap, un lembo di terra lungo circa 10-12 Km e largo 2-3 Km, ma la cui larghezza, nella stagione delle piogge (da Luglio ad Ottobre), si riduce a non più di 100 metri. Qui ho vissuto due giorni in uno dei posti più remoti ed incredibili ma visti, dove non esiste nulla (né luce, né acqua, né strade, nemmeno un viottolo); l’unica cosa reale è la grande povertà di questa gente e le decine e decine di bambini seminudi e fangosi che vagano ovunque e ti sorridono sempre. Sembra di essere in un’altro mondo. Io ho avuto la “fortuna” di poterci vivere due giorni, perché in compagnia di un cambogiano che ha rapporti con queste persone, ma non so se è possibile farlo per chiunque; l’impressione è stata che non avessero mai visto un occidentale da queste parti. Finita l’esperienza nei villaggi di cui sopra (e questo era il motivo principale del mio viaggio) e rimasto senza il mio amico locale, mi sono trasferito (venerdì 30 ottobre) a Battambang, a circa 260 Km a nord, prendendo un pullman di linea che partiva da Kampong Chhnang. Il biglietto, che costa 6 $, si può fare in un improvvisato banchetto montato lungo la strada. Il tragitto dura circa 3 ore, la NR 5 è buona (tutta asfaltata) ed il pullman si ferma un paio di volte presso mercati locali, dove si può scendere ed acquistare qualche frutto locale (molto buono).
A Battambang ho preso alloggio presso il Chhaya Hotel, un albergo un po’ spartano (ma con frigo, tv, ventilatore e bagno privato con acqua calda) ma dove si dorme con soli 10 $ a notte. Ovviamente il tutto senza prenotare. La città, che è la seconda della Cambogia per numero di abitanti, in realtà non altro che un grande paesone, con strade semisterrate e polvere ovunque. Ma è una città davvero interessante, dove di turisti ce ne sono pochissimi, famosa anche per l’accoglienza della sua gente. Davvero un posto caratteristico, che consiglio a tutti di visitare (anche se monumenti o attrazioni varie non ce ne sono). Ho preso contatto con un conducente di motorino e l’ho “ingaggiato” per il giorno seguente, per farmi trasportare nella meravigliosa campagna di Battambang. Il prezzo concordato è stato di 30 $ per tutto il giorno e ne è valsa la pena. La mattina presto ho provato l’esperienza del bamboo-train (chiamato anche norry), ovvero una tavola di legno sulla quale sono applicati un motore e due ruote ed utilizzata dalla popolazione locale come mezzo di trasporto nell’unica ferrovia nazionale. Eh sì, perché il treno (quello “grande”) qui passa ogni due giorni (è il treno più lento dell’Asia e visto quanto è dissestata la ferrovia non è difficile capirne il motivo) e quindi la rotaia viene utilizzata dalle persone con questo treno “fatto in casa”. Il viaggio è durato in tutto un’ora e mezzo circa (7 km in andata e 7 in ritorno), con visita intermedia ad una fornace dove in improvvisati forni si cuociono i mattoni (e dove ci lavorano, purtroppo, numerosi bambini). Ovviamente, anche qui di turisti nemmeno l’ombra. Successivamente ho visitato il Wat Phnom Sampeau (a circa 20 Km da Battambang) e il Wat Banan, raggiungibili percorrendo l’infernale strada che porta a Pailin. Tutto quello che si legge sulla guida Loney riguardo la difficile praticabilità della strada è vero, anzi la situazione è peggiore del previsto. Può capitare (ed a me è capitato) di cadere con motorino e conducente dentro una delle immense pozzanghere che invadono la carreggiata per decine di metri. La conseguenza è quella di rimanere letteralmente coperti dal fango per l’intera giornata (ma l’importante è prenderla a ridere, come fanno sempre i cambogiani). I due templi visitati sono magici, non tanto per la bellezza dei siti in sé per sé, ma per gli incredibili posti dove sono localizzati. A me è capitato di visitarli completamente da solo (nemmeno il conducente mi ha accompagnato) e le sensazioni provate sono state davvero uniche. Il giorno successivo ho lasciato Battambang di buon ora e con una barchetta a motore, capace di portare circa 30 persone, ho raggiunto Siem Reap dopo 7 ore di viaggio lungo il fiume Strung Sangker. Sulla barca, a dire il vero, i passeggeri erano quasi tutti turisti. La spesa per il biglietto è stata di 20 $, ma il viaggio li vale tutti, perché dopo un paio d’ore di navigazione il fiume si allarga a dismisura e si inizia a navigare (a vista) in una palude immensa, costellata di mille canali fra la vegetazione Un paesaggio mozzafiato, reso ancora più bello dal sole e dalla giornata caldissima che ho trovato. L’ultima ora di viaggio è invece lungo l’immenso Tonle Sap (lago), per arrivare all’approdo finale posto a 15 Km circa da Siem Reap. Il tuk-tuk che ho noleggiato (1 $) mi ha portato all’Hotel Golden Temple Villa, carinissimo albergo tipico al costo di 20 $ a notte, dove ho trovato una camera doppia ad uso singola.
Per il giorno successivo ho messo in programma la visita ai templi di Angkor, che ho già visitato lo scorso ma che vale la pena di vedere di nuovo. Quest’anno, però, ho deciso di noleggiare un mountan-bike e farmi il giro dell’immensa area dei templi in bici, a contatto con la natura. Certo, il sole ed il caldo opprimente non sono l’ideale, ma va bene lo stesso. Il noleggio della bici è stato di 5 $ per tutto il giorno, il prezzo del biglietto di ingresso di 20 $. La giornata ai templi è stata indimenticabile, anche perché rispetto al 2007 c’erano davvero pochissimi turisti. A parte le meraviglie dell’Angkor, del Bayon e del Ta Phrom, voglio segnalare il meraviglioso Phnom Bakeng, posto incantevole dal quale ho ammirato, in solitudine assoluta per una mezz’ora, il panorama mozzafiato dell’area di Angkor.
La sera, per soli 5 $, mi sono concesso un rilassante massaggio khmer, che consiglio vivamente specie per chi, come me, ha pedalato per tutta la giornata (circa 35-40 Km).
La mattina successiva (martedì 4 Novembre), con il pullman (costo 8 $) ho raggiunto di nuovo Phnom Penh dopo 6 ore di viaggio su una buona strada ma sotto un diluvio universale. Nuova nottata al Hotel Indochine 2 e martedì mattina dedicato alla visita di Phnom Penh (che però conoscevo già molto bene). Ho evitato il Royal Palace in quanto già visto, ma non ho rinunciato al Wat Phnom; niente di eccezionale, ma ambiente piacevole. Altra cosa che consiglio è quella di visitare i mercati (Central Market, Russian Market), sia perché si può trovare di tutto, sia perché si vede uno spaccato interessante della vita cambogiana).
Alle 14.30 di mercoledì, dopo 10 giorni, sono ripartito a malincuore verso l’aeroporto, per imbarcarmi un paio d’ore più tardi sul volo Air Asia per Bangkok. Quando l’aereo ha staccato terra dalla pista e la sagoma di Phnom Penh al tramonto si è stagliata sotto di me, la nostalgia ha preso il sopravvento sulla voglia di tornare a casa. Anche questa volta, immagino, sarà impossibile non tornare !