Cambogia e Bangkok: Paesi indimenticabili per i popoli, l’arte, la natura

Viaggio fai da te in cui abbiamo provato forti emozioni… a contatto con persone meravigliose, siti archeologici ricchissimi e natura selvaggi
Scritto da: dariaegiorgio
cambogia e bangkok: paesi indimenticabili per i popoli, l'arte, la natura
Partenza il: 20/12/2013
Ritorno il: 03/01/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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20 / 12 / 2013

Questo è un diario di viaggio molto dettagliato. Il nostro scopo, oltre a descrivere i luoghi indimenticabili visitati, è quello di trasmettere ai lettori le intense emozioni provate durante questa vacanza, a contatto con la gente del luogo.

Finalmente il conto alla rovescia è terminato ed è giunto il momento di partire! Con vari spostamenti in auto, treno e navetta, raggiungiamo Milano Malpensa. Il cielo è nuvoloso e spira un vento gelido, siamo stanchi, ma la voglia di iniziare un’ altra bella avventura in luoghi nuovi è tanta e quasi non ci accorgiamo dei disagi da sopportare! Finalmente verso le 21.45 si decolla. E’ sempre un’ emozione forte!! Poco dopo ci viene servita un’ ottima cena che, oltre a sfamarci, è anche un bel passatempo: aprire le varie scatolette, scoprire quali cibi contengono, gustare nuovi sapori e poi cercare di reincastrare alla perfezione i vari contenitori, richiede il suo tempo. Viaggiamo veramente bene e alle 5.15, ora locale, due in più rispetto all’ Italia, siamo a Doha.

21 / 12 / 2013

Dopo tre ore di scalo, prendiamo il secondo volo che ci porterà direttamente a Bangkok. e con soli 15 minuti di ritardo atterriamo a Bangkok verso le 18.45, ora locale ( precisamente 6 ore più avanti rispetto all’ Italia). Non sappiamo però che di lì a poco ci aspetta una coda lunghissima per il visto. Intorno a noi ci sono centinaia di persone, di razze e nazionalità diverse ed è curioso sentir parlare tante lingue, osservare tanti modi di vestirsi e di atteggiarsi. Raggiungiamo poi il parcheggio dei taxi. Questi sono molto particolari: tutti coloratissimi, fuxia, arancioni, gialli e verdi…… mettono allegria in quel gran caos di traffico in cui entreremo di lì a poco! Impieghiamo quasi un’ ora per raggiungere il “Mistic Palace”, l’ albergo che avevamo prenotato tramite internet . Qui ci viene subito assegnata la camera, molto spartana, ma pulita. Naturalmente non resistiamo e subito andiamo a fare un giro esplorativo nei paraggi. La zona è molto tranquilla e decidiamo di avere un primo approccio con la cucina thailandese, sedendoci ad un ristorantino frequentato solo da locali. Mangiamo benissimo, all’ aperto, mentre guardiamo una partita proiettata su un particolarissimo schermo: il muro della costruzione di fianco! Paghiamo 195 bath (4,50€) e poi ritorniamo in albergo, perchè abbiamo un gran bisogno di dormire e di riprenderci per bene. Domani ci aspetta Chatuchak, il più grande mercato all’ aperto del Sud-Est asiatico!

22/ 12/ 2013

Oggi trascorriamo l’intera giornata a Chatuchack e ci divertiamo un sacco! E’ immenso! Dicono che si contino più di 10.000 bancarelle e che un intero week-end non sia sufficiente per girarlo completamente. E’ diviso in varie sezioni, a seconda della merce venduta. In buona parte prevale l’abbigliamento, ma si trova di tutto un po’! Dagli oggetti di antiquariato e di artigianato, ai libri usati, ai CD, ai DVD, agli elettrodomestici, alla bigiotteria ad accessori di ogni tipo. L’area che ci colpisce di più è quella dedicata alla zoologia, dove possiamo ammirare splendidi cuccioli di ogni razza di cani, ma la zona in cui facciamo più acquisti è sicuramente quella del tessile dove troviamo ottimi capi di abbigliamento a prezzi stracciati.. Ogni tanto ci fermiamo anche alle bancarelle di cibo, che con cifre davvero irrisorie, vendono fritti di ogni tipo, carne e pesce alla brace, dolci tipici, gelati, frullati di frutta… Trascorrere una giornata a Chatuchat è una vera festa per i sensi; ovunque vedi colori, ascolti suoni e rumori, senti nell’ aria profumi insoliti, gusti cibi particolari dai sapori unici. Verso sera ritorniamo in hotel e decidiamo di incamminarci lungo la strada principale, ma dopo pochi metri, alla vista di un grosso ratto che gironzola indisturbato sul marciapiede poco distante da noi, decidiamo di andare nella direzione opposta. Troviamo un locale molto carino, dove ceniamo spendendo solo 380 bath (8,55€). In fretta ritorniamo in albergo e finalmente andiamo a riposare le nostre stanche membra: siamo stremati!!

23/12/2013

Questa mattina raggiungiamo l’ aeroporto Dom Mueang per prendere il volo che ci porterà in Cambogia. Le pratiche per l’ imbarco sono velocissime, come pure il volo che dura circa un’ ora. Appena atterrati, ci rilasciano il visto, pagando 21 euro a testa. Curiosa l’ organizzazione dei Cambogiani: gli impiegati svolgono un lavoro a catena ed i nostri documenti passano velocemente tra le mani di sei annoiatissimi funzionari che, dopo aver fatto vari timbri e firme, chiamano ad alta voce, con un accento molto particolare, ogni singolo turista per nome (tralasciando il cognome). Appena usciti dall’ aeroporto, vediamo un Cambogiano, dall’ espressione particolarmente simpatica, che tiene tra le mani un cartello con scritti i nostri nomi. E’ Dom che, a bordo del suo tuc-tuc ci accompagnerà per quasi una settimana alla scoperta di Siem Reap e dintorni. In mezz’oretta di viaggio raggiungiamo la nostra guest house, l’ “Avie Morjia villa”. Conosciamo subito Luca il proprietario dell’ hotel: è un italiano disponibile e allegro che vive da due anni in Cambogia. Ci assegna la nostra camera, modesta ed essenziale, disfiamo velocemente le valigie e poi ci tuffiamo subito a spasso per le vie di Siem Reap, precisamente nella zona di Pub street, la via dove si trovano decine di ristoranti. Decidiamo poi di fermarci a mangiare in un bel locale in stile cambogiano dove forse esageriamo un po’ e ordiniamo un sacco di piatti veramente squisiti. Intanto incominciamo a vedere intorno a noi tanta miseria. Si avvicina a noi un bimbo che fa da accompagnatore ad un anziano cieco, un poliomielitico procede con fatica sulla sua carrozzina, chiedendo elemosina ai turisti. E questi sono solo i primi di una lunga serie di handicappati che incontreremo nei prossimi giorni. Qui in Cambogia infatti si trovano tanti mutilati, a causa delle mine anti-uomo che erano state sparse ovunque durante il regime di Pol Pot e tante persone che hanno contratto malattie da noi ormai debellate. In giro incontriamo ad ogni angolo bambini abbandonati a se stessi che giocano a piedi scalzi e persone che si riposano o lavorano. Nel pomeriggio ripartiamo con Dom che ci accompagna in tuc tuc ad acquistare il biglietto valido tre giorni per la visita del grande sito archeologico di Angkor. E’ così ricco al punto che in nessun altro luogo al mondo si trova una tale concentrazione di capolavori architettonici. Spendiamo così 40 dollari (29,20 €) a testa. Percorriamo una strada lunga circa 7 km, immersa in una vegetazione ricchissima e finalmente abbiamo di fronte ai nostri occhi lo splendido Angkor Wat. E’ circondato da un enorme fossato e svetta verso il cielo in tutta la sua imponenza e maestosità. Le luci del tardo pomeriggio lo rendono di una colorazione rossastra molto suggestiva. Cosi restiamo lì ad osservare la lenta trasformazione del suo aspetto al tramonto, all’ imbrunire ed al sopraggiungere dell’ oscurità completa, fin quando, verso le 18, i guardiani ci sbattono letteralmente fuori. Percorriamo la stradina che ci conduce all’ uscita al buio, rischiarato qua e là dalle pile di alcuni turisti. All’ uscita c’ è Dom ad attenderci che con il suo tuc tuc ci accompagna al Night Bazar dove giriamo tra le bancarelle. Osserviamo tanti souvenirs, prodotti di artigianato, ma non compriamo nulla, perchè i prezzi ci sembrano un po’ elevati e pare che non ci sia neppure la possibilità di contrattare. Decidiamo invece di lanciarci nella cura del corpo e ci accomodiamo in uno dei tanti centri massaggi dove due giovani Cambogiane, per un solo dollaro a testa (1,46€ in due!), ci fanno un meraviglioso massaggio ai piedi, molto piacevole e rilassante, ma a tratti anche un po’ doloroso. Ritorniamo alla nostra guest house, scriviamo il diario di viaggio della giornata e poi subito a dormire: domani mattina la sveglia suonerà molto presto per andare a vedere il sunrise sui templi!

24 /12 /13

E’ faticoso alzarsi alle 4.30, ma ce la facciamo! Dom è un po’ in ritardo…. forse aveva sonno anche lui!! Quando arriva, è mortificato e cerca di scusarsi in tutti i modi. Percorriamo i 7 km che ci separano da Angkor in tuctuc e, nonostante pail e pashmina, ….si gela! Qui infatti l’ escursione termica tra il giorno e la notte è notevole e, nell’ arco di poche ore, si passa dai 15 ai 30 gradi. Ancora al buio, percorriamo la stradina che conduce al tempio e ci sistemiamo sul margine di una delle due vasche antistanti. Assistiamo allo spettacolo del sole che nasce proprio dietro all’Angkor Wat. Appena arrivati, nelle acque di fronte a noi, tra le ninfee, s’ intravede a stento il contorno del tempio, che da indefinito, grazie ai primi bagliori del giorno, si delinea sempre meglio, fino a rispecchiarsi perfettamente in tutta la sua imponenza. Dinnanzi a questa meraviglia ci viene spontaneo scattare 1000 foto, ma, anche senza di esse, il ricordo di questi momenti magici resterà comunque indelebile nelle nostre menti. Intanto si avvicinano a noi tanti bimbetti che portano appesa al collo una cesta contenente vari souvenirs e che ripetono incessantemente la stessa frase: “Madame un dola!” Cosi acquistiamo, proprio per un dollaro (0,73€), un set di dieci braccialetti in legno di bambù. La nostra attenzione viene poi attirata da un gruppo di bimbetti sporchi che giocano ad arrampicarsi sugli alberi, senza essere sorvegliati da nessun adulto. Ci capiamo a gesti, infatti mi indicano che vorrebbero salire sui rami più in alto, allora si fanno prendere in braccio ed accarezzare…. che teneri! Iniziamo quindi la visita dell ‘Angkor wat, passando attraverso un lungo porticato sontuosamente decorato con bassorilievi e sculture. Ci fermiamo nel complesso del tempio centrale, formato da tre piani dai quali si ergono delle torri, ciascuna sormontata da torrette a forma di bocciolo di loto. Percorriamo una scalinata così ripida, da far venire la tremarella, ma per fortuna c’ è uno scorrimano che ci dà una discreta sicurezza. Arrivati in cima, ammiriamo un panorama mozzafiato dell’ intero sito archeologico dell’ Angkor. Nella parte esterna si trova una straordinaria serie di bassorilievi che raccontano avvenimenti epici, scene di battaglie a dorso di elefanti, marce trionfali, punizioni e ricompense dei cieli e degli inferi. Quando decidiamo di uscire dal sito, incontriamo subito Dom che ci sta aspettando da oltre 4 ore. Prendiamo posto sul nostro tuctuc e questa volta la nostra meta è l’ Angkor Thom, ultima capitale dell’ impero Kmer, che si sviluppava intorno al Bayon, altro tempio simbolo della Cambogia. A fianco della porta d’ ingresso, lungo la strada rialzata, è rappresentato l’ Oceano di latte con demoni e divinità impegnati in un tiro alla fune con il corpo di un enorme serpente. Chissà che impressione avrà potuto fare un simile ingresso ad un semplice contadino dell’ epoca: terrore puro di fronte al potere del dio-re! Procediamo oltre e ci imbattiamo in un gruppo di simpatici macachi che gironzolano nei prati in mezzo agli alberi. Scattiamo alcune foto e poi saliamo di nuovo in tuctuc per raggiungere il Bayon. Davvero inquietante: è il primo pensiero che ci viene in mente di fronte a questo tempio unico, famoso per i suoi 216 volti giganteschi del sovrano Avalokiteshvara, dal sorriso raggelante.

Saliamo delle ripidissime rampe di scale per raggiungere il terzo piano e ben presto ci troviamo circondati dalle enormi teste del sovrano che sembrano fissarci da ogni angolo. Infatti, da qualunque punto si osservi il tempio, si riesce sempre a vedere una decina di volti, di fronte o di profilo. Di qui facciamo una lunga passeggiata, immersi nella vegetazione e raggiungiamo un tempio di recente costruzione dove troneggia un enorme Buddha, al quale i fedeli offrono corone di fiori e incensi. Lì vicino un vecchio mangia una scodella di riso ed un ragazzo, in compagnia di una bambina, fa dondolare su un’amaca, montata tra i tronchi di due alberi, un neonato di poche settimane. Raggiungiamo poi la Terrazza degli Elefanti, così denominata perchè sono ben visibili le sculture di alcuni elefanti posti a guardia del luogo. Si tratta di un’enorme tribuna, all’ epoca utilizzata per assistere alle cerimonie pubbliche e per le udienze del sovrano. Purtroppo tutto il resto è andato in rovina, ma saliamo al piano superiore per ammirare lo spettacolo di fronte a noi: la radura è attraversata da una polverosa stradina rossastra, percorsa solo dai tuctuc che trasportano i turisti e da alcune biciclette. In lontananza si vedono alcuni tempietti che sbucano in mezzo alla vegetazione. Di lì a pochi passi si trova la Terrazza del Re Lebbroso dove si erge una statua nuda e asessuata che costituisce uno dei tanti misteri di Angkor. Forse essa rappresenta appunto un re che fu affetto dalla lebbra o forse il dio della morte, visto che probabilmente proprio lì si trovava il crematorio reale. Passiamo poi in una terrazza interna che rimase occultata dopo la costruzione di un’ altra struttura più esterna. Qui si trovano molti bassorilievi, di cui alcuni, praticamente intatti. Sembrano quasi scolpiti ai giorni nostri, talmente sono in ottimo stato di conservazione. Certe figure hanno un’ espressione terrificante! Percorriamo un altro tratto del sito, all’ ombra della fitta vegetazione ed ogni tanto incontriamo qualche bancarella o qualche donna, con souvenirs di ogni tipo, che avvicina i turisti, con l’ intento di vendere loro qualcosa, proposto ad un prezzo esagerato che cala drasticamente con una facile contrattazione. Per pranzo Dom ci accompagna in un bel ristorante affollatissimo dove mangiamo all’aperto i piatti tipici cambogiani a base di noodles che non ci dispiacciono affatto e paghiamo 14.50 dollari (10,60€). Subito dopo risaliamo sul tuctuc e di li a poco… eccoci giunti al più suggestivo tra i monumenti di Angkor: il Ta Prohm. Il suo fascino sta nel fatto che è stato lasciato in balia della giungla e quindi licheni, muschi e piante rampicanti si trovano ovunque e dai tetti dei monumenti spuntano arbusti verdeggianti. Il tutto è sovrastato da alberi secolari, le cui robuste radici avviluppano le costruzioni. Le sue mura in rovina sono strette in un vasto intrico di radici che testimoniano la spaventosa potenza della giungla. Il sito è formato da torri, cortili chiusi, corridoi, molti dei quali impraticabili, perchè ostruiti da blocchi di pietra scolpiti che furono spostati dalla loro sede dalle radici di grandissimi alberi. Vediamo il famosissimo “albero del Coccodrillo”, il simbolo del Ta Prohm, ed il cosiddetto “albero di Tomb Raider” dov’è stata girata una scena del film con Angelina Jolie. Visitare questo sito è per noi un’ esperienza unica, emozionante, indescrivibile! Percorriamo un lungo viale, senza renderci conto di non aver imboccato la strada giusta per ritrovarci poi con Dom. Stanchi e accaldati, facciamo una breve sosta ad un bar dove non c è la benchè minima traccia di igiene e pulizia, e ci beviamo una 7 up che, come molti altri articoli venduti da queste parti, costa 1 dollaro (0,73€). Riprese le forze, ripartiamo per tornare indietro. Abbiamo infatti capito che dobbiamo ripercorrere tutto il sito per incontrarci con il nostro autista di tuctuc. Intanto veniamo circondati dai soliti bimbi che a tutti i costi vogliono, ed infatti riescono nel loro intento, venderci i soliti braccialetti. Ne abbiamo già presi altri, ma come si può resistere al dolce sorriso che si apre su quei musetti sporchi e mocciosi, ma infinitamente teneri? E cosi ne acquistiamo due serie da 5 (entrambi a un dola -1,46€) da due gruppi diversi di bimbetti. Verso le 16.30 rientriamo in albergo, perche siamo letteralmente demoliti. Paghiamo Dom 5 dollari per il servizio di ieri + 15 per oggi (14,60€). Ci riposiamo un po’ in camera, guardando le centinaia di foto scattate in giornata e scrivendo il nostro diario. Siamo entusiasti!

25/12/2013

Mangiamo la solita colazione nella nostra guest house e alle 8.30 partiamo con Dom. La prima tappa della giornata è il il Banteay Srei. Qui abbiamo potuto ammirare dei bassorilievi veramente ben conservati, ricchissimi e raffinatissimi…. dicono che siano tra i più belli di tutto il mondo!! Banteay Srei significa “cittadella delle donne”: sembra infatti che il tempio sia stato costruito proprio da una donna, dato che le sue elaborate sculture sarebbero troppo raffinate per la mano di un uomo. Abbiamo visto le biblioteche e le tre torri centrali, impreziosite da raffinate decorazioni di divinità maschili e femminili. Ogni centimetro quadrato del tempio è ornato di decorazioni e, per custodire tutte queste bellezze, furono posti dei guardiani mitici, simili a scimmie. Ci piacciono così tanto che li fotografiamo da diversi punti di vista e da qualunque posizione li si guardi, sembrano proprio controllare con vigile attenzione il sito archeologico. Risaliamo sul nostro tuctuc e lungo il percorso facciamo una breve, ma interessante sosta ad un piccolo villaggio dove assistiamo alle varie fasi di produzione di dolcissime caramelle a base di linfa di palma. Molto interessante! Intanto, dalle semplici casette in legno, incuriositi dalla nostra presenza, escono dei bimbi seminudi o vestiti con abiti sporchi e stracciati. All’ombra di una tettoia si riposa una donna anziana, probabilmente la nonna, che, come tutte le vecchie del luogo, porta i capelli rasati a zero. Chissà perchè? Le ragazze giovani invece hanno tutte i capelli lunghi, che sono lisci, di un nero corvino, lucentissimi. Procediamo nel viaggio e Dom, sapendo che sarei stata interessata alla visita di una scuola, si ferma di fronte ad un cancello sopra il quale compare la scritta in caratteri locali, illeggibili, ed in inglese “Primary school”. Che bello! Scendiamo incuriositi e non abbiamo nessun problema ad entrare. Alcuni bimbi portano una divisa (pantaloni o gonna pieghettata blu scuro, con camicia bianca…. si fa per dire, perche in realtà è più tendente al giallastro o al grigio), altri invece non la indossano. Notiamo la campanella utilizzata per dare inizio alle lezioni, costituita da una pentola appesa sulla quale i bambini battono con un pezzo di ferro ed un ingegnoso sistema per avere sempre l’ acqua a disposizione. I bambini sono soli, alcuni ripuliscono le aule che sono state utilizzate in mattinata dai ragazzi che frequentano il primo turno. Solo più tardi arriva un’ insegnante a bordo di una moto. A quel punto i bambini si tolgono le ciabatte ed entrano nelle aule a piedi nudi…. stanno iniziando le lezioni! Dopo un velocissimo pasto, percorriamo un lungo viaggio in tuctuc per raggiungere il lago Tonle Sap. Nel primo tratto la strada è asfaltata e poi per alcuni chilometri è sterrata e piena di buche spaaaaaventose che ci fanno fare dei salti enormi, nonostante Dom faccia di tutto, per evitare almeno le più grosse. Divertentissimo, ma in alcuni momenti ci sembra persino di poter essere catapultati fuori dal tuctuc!! Paghiamo 20 dollari (14,60€) a testa per salire sull’ imbarcazione che ci porta alle sponde del lago dove sorge il villaggio di Kompong Pluk, costruito su palafitte, alte anche 6 – 7 metri, per evitare che, nel periodo delle intense piogge e quindi della piena del fiume Mekong che alimenta il lago, l’ acqua sommerga le case. Qui la vita quotidiana si svolge completamente sull’ acqua. C’è proprio tutto: la chiesa, la moschea, le scuole, l’ infermeria, gli orti galleggianti, gli allevamenti di alcuni capi di bestiame, anch’ essi naturalmente sull’ acqua… Ma la cosa che ci ha colpiti di più è il modo di vivere degli abitanti. Tutti hanno una piccola imbarcazione ed i bambini, già in tenera età, sono in grado di remare e di spostarsi quindi autonomamente sul lago. Sbarchiamo nei pressi di una struttura turistica e qui abbiamo la possibilità, pagando 5 dollari (3,65€) a testa, di salire su una canoa e di esplorare una piccola foresta di mangrovie. Regna un silenzio quasi assoluto e si sente solo il rumore dei remi che affondano nelle acque. Siamo ormai al tramonto e tra le foglie filtrano gli ultimi raggi di sole, rendendo l’ ambiente magico. Vedendo alcuni bimbi che accompagnano le mamme nel loro lavoro di barcaiole, tiriamo fuori dai nostri zaini magliette e giochini da distribuire loro e si scatena quasi una guerra! Tutti li vogliono e cosi diventiamo involontariamente protagonisti della scena, lanciando ai bimbi e soprattutto alle mamme, che sembrano ancora più desiderose dei figli, di tutto un po’. Che felicità si legge nei loro occhi ed anche noi siamo contenti di essere riusciti a donare un po’ di gioia a questa povera gente! Nel viaggio di ritorno il barcaiolo deve rifornirsi di carburante, allora ci avviciniamo ad una barchetta a remi dove mamma e figlio, con un grosso imbuto ed una tanica, riempiono il serbatoio di benzina. Raggiungiamo il nostro tuctuc quando è ormai buio e intraprendiamo il viaggio di ritorno, percorrendo nuovamente le stradine maledettamente dissestate, a causa delle quali, ancora una volta, rischiamo veramente di essere sbalzati fuori dal mezzo. Dom inoltre deve anche prestare attenzione a non investire i bimbi che, mezzi nudi, percorrono allegramente le strade, noncuranti dei pericoli e del buio. Ritornati a Siem Reap, trascorriamo ancora una volta la nostra serata in Pub street dove si sta svolgendo una grande festa di Natale. Ci fermiamo per la cena in un ristorantino dove dei cuochi fanno grigliare carne, pesce e patate sulla brace, di fronte ad un gran numero di turisti. La nostra ottima ed abbondante cena ci costa appena 16,70 dollari (12,20€)! Ritorniamo quindi in camera dove facciamo una doccia rigenerante e ben presto ci addormentiamo.

26/12/2013

L’ appuntamento di oggi con Dom è per le ore 9 e la nostra prima meta è il Kbal Spean, detto anche “Fiume dei mille linga”. Lungo il percorso incontriamo un gruppetto di monaci, avvolti nei loro abiti color zafferano, e ci fermiamo per donare loro alcune migliaia di riel. Giunti nel piazzale del sito, ci incamminiamo subito lungo un ripido sentiero che si inoltra nella giungla. La vegetazione comunque non è fittissima, come ci si potrebbe immaginare, ma sono spettacolari le radici aeree degli alberi che si attorcigliano ovunque e si intrecciano tra di loro. Percorriamo circa 2 km in salita in mezzo alla foresta tropicale per raggiungere il punto del fiume dove si trova un ponte naturale di roccia. Qui circa mille anni fa furono scolpite le immagini di alcune divinità indù che si sono conservate perfettamente. Tra queste sono riconoscibili Vishnu e Shiva. Si avvicina a noi un uomo del luogo, con un arto artificiale (probabilmente è una vittima del regime di Pol Pot), che parla un inglese stentato e si offre di farci da guida, per andare alla scoperta di altre incisioni. Vediamo quindi centinaia di linga (il simbolo fallico) scolpiti nel letto del fiume ed altre immagini incise nelle rocce che scendono sulle sue sponde. Offriamo alla nostra “guida” la mancia di un dollaro (0,73€) e ci incamminiamo per la strada del ritorno. Dobbiamo sempre restare sul sentiero tracciato, dato che nella zona circostante potrebbero ancora essere disseminate delle mine antiuomo. Pranziamo in un ristorantino kmer vicino al parcheggio e spendiamo 16.50 dollari (12,05€). La lunga camminata ci ha affaticati parecchio, infatti nel viaggio di ritorno dormicchiamo un po’. Percorriamo una strada asfaltata, ma poco frequentata. Ogni tanto incontriamo dei mezzi agricoli che trasportano enormi quantità di cereali, appena raccolti. In cima al grande cumulo spesso viaggiano seduti i vari componenti delle famiglie. Qui tutti prendono parte ai lavori di campagna, anche le mogli ed i figli. Raggiungiamo poi il Mebon orientale. Abbiamo bisogno dei servizi e spieghiamo a Dom della nostra necessità. Lui, a sua volta, s’ informa dalle donne delle numerose bancarelle del sito, le quali, appena lo capiscono, iniziano a fare a gara per farci accomodare al loro bagno. Ne scegliamo una a caso che…. ci accompagna nel prato dietro il suo bar!!!! Prendiamo un caffè, per sdebitarci del favore e lo offriamo anche a Dom (3 dola!-2,20€). Visitiamo velocemente il tempio, salendo scalinate molto ripide. Questo in origine sorgeva su un isolotto, al centro del bacino del Baray orientale, ma oggi si trova praticamente sulla terraferma. Si tratta di un tempio-montagna, sormontato dalle classiche cinque torri. Ci colpiscono, oltre alle decorazioni, delle sontuose statue di elefanti che si trovano ai quattro angoli. Sui fianchi si vedono delle grandi rampe di terra, ciò significa che il complesso non fu mai portato a termine. Dobbiamo lasciare ben presto il sito, perchè vogliamo raggiungere il Phnom Bakheng, prima del tramonto. Percorriamo quindi un altro tratto in tuctuc ed eccoci giunti al tempio famoso per il panorama spettacolare che si può ammirare dalla collina su cui sorge, nel momento in cui scende il sole. Il complesso sorge su sette livelli, quindi saliamo delle ripide scalinate e finalmente siamo in cima al colle dove si innalzano quattro torri ed un santuario centrale. E’ valsa la pena faticare di nuovo un po’: la calda luce del sole che tramonta rende il paesaggio veramente spettacolare. In lontananza si vede l’ Angkor Wat, circondato dalla foresta e qua e là tanti altri templi disseminati. Scattiamo un’ infinità di fotografie, anche se non è cosi facile, vista la gran folla che si trova nel sito. Vi restiamo fino al momento dell’ imbrunire e poi di nuovo code, scalinate, sentieri, ovviamente questa volta in discesa e quindi meno faticosi. Quando saliamo sul nostro tuctuc è ormai buio ed inizia di nuovo a fare frescolino, specialmente durante il viaggio. Purtroppo assistiamo ad un incidente tra un tuctuc ed una ciclista, ma per fortuna nessuno si è fatto male! Paghiamo Dom per il suo servizio giornaliero (30 dola-22€) e passiamo in albergo per farci una bella doccia. In serata decidiamo di concederci un po’ di relax: ne abbiamo veramente bisogno, dopo tutte le camminate della giornata! Così immergiamo i nostri piedi in una delle vasche del Dottor Fish: qui tantissimi pesciolini pulitori si attaccano letteralmente ai nostri piedi e con avidità succhiano tutta la pelle dura. Si danno veramente da fare e, anche se la prima sensazione è di un leggero pizzicore e di un po’ di solletico, siamo proprio soddisfatti. Dopo mezz’ ora di lavoro costante dei pesciolini, i nostri piedi sono diventati lisci e morbidissimi! Questa bella esperienza ci costa 2 dollari (1,46€) a testa, comprensivi di una bibita a scelta. Quando vediamo i ristorantini indiani, ci prende un po’ di nostalgia della vacanza dello scorso anno, così ci accomodiamo nel dehor di uno di questi. Spendiamo 16 dollari (11,70€) per la cena e ritorniamo alla nostra guest house, veramente sfiniti!

27/12/2013

Questa mattina intraprendiamo un lungo viaggio con il nostro fidato Dom. Infatti decidiamo di andare a visitare dei siti più distanti dai soliti circuiti turistici. Avevamo capito che erano piuttosto lontani, ma sinceramente non pensavamo così tanto! A metà mattina un certo languorino inizia già a farsi sentire, così facciamo sosta in un baretto dove consumiamo, in compagnia di Dom, un sostanzioso spuntino a base di riso e omelette e spendiamo 14 dola (10,22€). Un po’ più avanti ci fermiamo in un piccolo villaggio, dove vivono alcune famiglie che Dom conosce. Dato che vi sono tanti bimbi che vivono in assoluta povertà, pensiamo di offrire loro dei giochi e dei peluches che subito vengono guardati con sospetto… forse non ne avevamo mai visti! Ma quando li prendono tra le mani, incominciano a sorridere e poi a stringerseli forte forte. Che teneri!! I siti che vogliamo visitare non sono compresi nel biglietto cumulativo, acquistato il primo giorno a Siem Reap, quindi dobbiamo pagare 15 dola (14,6€) a testa, prima ancora di entrarvi, anche già solo per percorrere la strada. Dopo oltre due ore di viaggio, immersi nella campagna in mezzo alle risaie e alle foreste, raggiungiamo finalmente Kok ker, di cui avevamo letto, in un diario di viaggio, essere uno dei più remoti ed inacessibili tra i siti della civilta kmer. Il luogo è poco frequentato dai turisti, ma molto particolare per i suoi laghetti, immersi nella vegetazione, e per il Prasat Thom, la sua piramide a 7 piani alta 40 metri che ricorda quelle dei Maya. Durante la visita, discretamente veloce, perchè purtroppo non è possibile salire al tempio, viste le cattive condizioni di conservazione, incontriamo un gruppo di monaci e poco dopo dei tenerissimi bimbetti. Essi diventano ben presto i soggetti di splendide foto, finalmente senza l’intromissione di altri turisti che puntualmente si infilzano davanti al nostro obiettivo, com’è infatti quasi sempre successo in altre occasioni. Ci fermiamo poi a curiosare tra le bancarelle di souvenirs ed acquistiamo due splendidi teli tipicamente cambogiani a 9 dola (6,60). Beviamo ancora un dissetante succo di cocco (1 dola-0,73€) e ripartiamo per un lungo viaggio, interrotto solo per ammirare il piccolo tempio detto della Black Lady, cosi chiamato, perchè costruito con pietre scurissime, in mezzo alle quali la vegetazione è pero riuscita a prosperare. Finalmente raggiungiamo poi il Beng Mealea, tempio che è rimasto praticamente prigioniero della giungla per molti secoli, ma negli ultimi anni una parte della vegetazione è stata tagliata e la struttura ripulita. Molti edifici sono crollati, ma, nascoste tra le macerie ed il fogliame, abbiamo potuto vedere delle splendide sculture. Qui la natura ha veramente trionfato: alberi altissimi hanno circondato e avvolto i templi con le loro lunghissime e robustissime radici aeree. Percorriamo la grande passerella di legno che permette di arrivare alla zona centrale. Quest’ ultima, diversamente, sarebbe quasi irraggiungibile. Il passaggio fu costruito nel 2004, per girare alcune scene del commovente film “Due fratelli”, i cui protagonisti sono due tigrotti. In alcuni tratti però siamo costretti quasi ad arrampicarci e a fare dei salti tra i vari massi: è un luogo veramente speciale che ci invoglia ancora una volta a scattare centinaia di foto!! Dopo la visita a questo indimenticabile sito, mangiamo, verso metà del pomeriggio, per la prima volta in un locale tipicamente cambogiano, nel senso che è frequentato esclusivamente dai locali ed in modo particolare dagli autisti che attendono i turisti in visita al tempio. In effetti la “sala da pranzo”, se così si può chiamare, è piuttosto disordinata, sporca e con il pavimento in terra battuta, sul quale gironzolano due gattini affamatissimi che condividono con noi parte del pasto. Nonostante le apparenze, mangiamo molto bene;

Intanto tentiamo di capire i discorsi degli autisti che ridono e scherzano, ma il loro linguaggio è veramente incomprensibile! Spendiamo decisamente poco (11dola-8,03€). Iniziamo poi il viaggio di ritorno che ci sembra non finire mai. Percorriamo strade buie e a tratti molto dissestate e facciamo un’ unica sosta per fare rifornimento di benzina. Al “distributore” c’ è addirittura l’ esposizione della merce in vendita: delle vecchissime bottiglie di liquore contenenti il carburante fanno la loro figura su uno scaffale in legno scassatissimo. Quando giungiamo alla nostra guest house, paghiamo Dom (60 dola – 43,8€) e saliamo in camera. Siamo talmente provati dal lunghissimo viaggio, che decidiamo di non uscire più. Dopo i soliti doveri di ogni sera (messaggio ai figli, diario e foto su Facebook) ci addormentiamo in pochi istanti. Visitare è una esperienza che ti dà tanto, provi emozioni uniche, vedi luoghi che resteranno sempre nella tua memoria, ma stanca davvero. Non cambieremmo comunque mai il nostro tipo di vacanza per nessun motivo, neanche con un soggiorno in un magnifico, ma per noi squallido, resort a cinque stelle!

28/12/2013

Questa mattina Dom ci accompagna alla scoperta dei templi moderni della città di Siem Reap. Essi ricordano il tipico stile cambogiano, sono coloratissimi e pieni di fascino con gli enormi Buddha. Al Wat Bo facciamo una donazione di 10 dola (7,30€) per i bimbi orfani di Siem Reap. Al suo interno riusciamo a intravvedere le celle dove vivono i monaci: sono piccolissime ed all’ interno ospitano 3 o 4 letti a castello, tutti avvolti in teli, naturalmente color zafferano. Poi ci spostiamo al Wat Preah Inkosei. Qui vive un monaco, a nostro parere centenario, aiutato e servito da quelli più giovani. Che pena…non è neanche più in grado di camminare! Di lì a poco la mia attenzione viene nuovamente attirata da un’ altra Primary school. Dalle finistre aperte vediamo i bambini, almeno 50 per aula. Ci notano subito e, anzichè seguire le spiegazioni dell’ insegnante, ci guardano incuriositi e fanno a gara per farsi fotografare. Ci spostiamo ancora in un altro tempio, davvero sontuoso, con vistosi dipinti sulle pareti che ritraggono alcune scene della vita del Buddha. E’ il Preah Prohm Rath Monastery. Proseguiamo la nostra escursione e raggiungiamo il Wat Athvea dove vediamo un carro funebre e una pira: qui si bruciano i cadaveri, secondo il rito buddhista. In tuctuc arriviamo nella periferia di Siem Reap dove assistiamo a scene di autentica povertà. Le case sono catapecchie che si aprono su cortili sporchi e disordinati dove scorrazzano e giocano tanti bimbi, spesso seminudi. Raggiungiamo una zona dove si era da poco concluso un mercatino di prodotti alimentari e ci avviciniamo ad una bancarella tipicamente cambogiana… anche per quanto riguarda l’ igiene. Con un po’ di coraggio (abbiamo fatto ogni tipo di vaccino!!), decidiamo di pranzare lì. Il cibo è squisito: frittini, preparati sul momento, a base di verdure e riso, e involtini di riso e banane, avvolti in foglie di palma. Il tutto viene servito in piatti di plastica rigida che sono stati a malapena sciacquati in una bacinella piena d’ acqua piuttosto sporca, ma in questo modo

Possono essere utilizzati più volte. Offriamo anche il pranzo a Dom e spendiamo ben 4 dola (2,92€), mangiando a volontà. E’ un’ esperienza unica: per noi il contatto con la gente del luogo è emozionante! Vediamo tanti bimbi che con i loro visini, dal naso moccioso e dagli splendidi occhioni neri neri, molto espressivi, ci invogliano ad acquistare qualcosa da donare loro. Così ci addentriamo in un negozietto per comprare due sacchettoni di caramelle (2 dola-1,46€). Inizia subito la distribuzione ai piccoli Cambogiani che ci ripagano della modica spesa con dei sorrisi autentici. Sono felici loro e lo siamo tanto anche noi! Inutile dire che gli scatti fotografici si susseguono ininterrottamente, saranno sicuramente dei ricordi significativi di questa vacanza. Risaliamo sul tuctuc e Dom si avventura in un sentiero in terra battuta rossastra, ancora una volta a dir poco disconnesso. Ogni tanto facciamo qualche fermata per offrire le nostre caramelle ai bimbi che percorrono la strada scalzi. Tutti apprezzano i nostri piccoli doni e ci salutano affettuosamente, agitando le loro manine sporche. I continui sobbalzi ci fanno anche divertire, ma ad un certo punto non ce la facciamo proprio più e chiediamo a Dom di ritornare in città. Ci lascia nei pressi dell’ Old Market, gli paghiamo la quota per il suo servizio della giornata (15 dola-10,95€) e ci immmergiamo in questo caratteristico mercato dove i colori, gli odori e i rumori trionfano. E trionfa anche la voglia di shopping! Infatti facciamo alcuni acquisti.La zona più particolare di tutto il market è sicuramente quella degli alimentari, da comprare o da consumare sul posto. In un incredibile viavai di gente di ogni tipo, si vende di tutto: dal pesce fresco alla carne, alle spezie, alla frutta, alla verdura, ai cibi preparati sul posto. Ci colpiscono particolarmente alcune scene che sono uno spaccato dello stile di vita cambogiano. C’e chi, in attesa dei clienti, si fa lo shampoo al banco del macellaio, chi si dà lo smalto alle unghie, appoggiando i piedi sul tagliere dove si affetta la carne, chi butta i soldi sul pesce…. insomma qui l’ igiene non sanno proprio cosa sia! Nonostante ciò, ci ambientiamo benissimo e ci accomodiamo ad un tavolino, ricoperto da una tela cerata più che consumata, dove gustiamo, in compagnia della gente locale, piatti tipici, come gustose brodaglie, verdure e pesce fritto, spendendo una cifra davvero irrisoria. Ritorniamo a piedi in guest house, facciamo una doccia rigenerante e poi si parte, come tutte le sere, per il centro di Siem Reap. Ci concediamo un massaggio ai piedi della durata di 15 minuti (due dola-1,46€), talmente rilassante piacevole e rigenerante, che subito dopo ci pare di camminare sulle nuvole! Per cena Giors prova un piatto tipico, la carne di coccodrillo, buona, ma da non ripetere; io invece ho voglia di dolci e mi soddisfo con due dessert mega, eccezionali veramente. Forse ho rischiato un po’ a livello intestinale, vista la grande quantità di panna, ma in realtà è poi andato tutto benissimo. (spesi 14.50 dola-10,60€). Ci lasciamo poi tentare dalle continue ed insistenti proposte di massaggi di vario tipo e decidiamo uno per il massaggio alla schiena e l’ altra per la pulizia del viso (rispettivamente 7 e 11 dola-13,14 € in tutto). Belle esperienze alle quali non siamo abituati, quindi ce le godiamo particolarmente. La serata si conclude come tutte le altre in hotel, alle prese con Facebook, diario e messaggi ai ragazzi… stanchi ma felici, anzi felicissimi!!

29 / 12/ 2013

Oggi abbiamo organizzato un’escursione un po’ diversa. Infatti non viaggeremo con Dom, ma con un’ agenzia locale: la Taratours che ci porterà alla scoperta del villaggio galleggiante di Chong Kneas (27 dollari-19,70 € a testa, pranzo incluso). Verso le 10 saliamo sul pullmino dell’ agenzia che ci trasporta fino al porticciolo dal quale partono le imbarcazioni. Di lì a poco eccoci in un canale sul quale si affacciano le numerose case galleggianti che si spostano a seconda delle stagioni e del livello delle acque del lago. Qui vivono oltre un migliaio di famiglie. Molte persone sono indaffarate nei lavori quotidiani, altre invece si riposano tranquillamente, dondolandosi sulle amache, altre ancora si avvicinano con le loro barchette alla nostra imbarcazione per vendere bibite o per chiedere soldi. Non dimenticheremo mai un bimbo che, a bordo di un pentolone, procede nell’ acqua remando con un bastone e, probabilmente istruito dagli adulti, rifiuta le mie caramelle, perchè vuole solo dollari. Ci fermiamo in un piccolo bazar galleggiante dove una bimba si esibisce con un serpente avvolto intorno al collo ed alcuni coccodrilli sono tenuti in cattività per essere mostrati ai turisti. Veniamo poi accompagnati a bordo di una nave mercantile dove prima ci riposiamo un po’ su delle amache e dopo consumiamo un pranzo con tipici piatti cambogiani. Spira un ventaccio gelido e così pensiamo di andare a riscaldarci un po’ al piano superiore della nave dove in effetti si può godere del calore del sole ed anche di un bel panorama sul villaggio. Verso le 2 rientriamo nella nostra guest house, non proprio entusiasti di questa esperienza un po’ pre-confezionata e troppo turistica per i nostri gusti. A questo punto ci rimane solo più mezza giornata da dedicare a Siem Reap e seguiamo il consiglio della Lonely di visitare un piccolo centro dove sono riprodotti in miniatura i principali templi di Angkor… un’ autentica delusione! Si tratta di un giardino dove le erbacce sono cresciute a dismisura sulle miniature rovinate dall’ incuria e dal disordine totale. Così la nostra visita si esaurisce nell’ arco di pochi minuti. Abbiamo proprio sprecato 5 dollari -3,65€ (2 per il tuctuc e 3 per l’ ingresso)… pazienza, anche questo fa parte del viaggio “fai da te”! Percorriamo la strada del ritorno a piedi, inoltrandoci nelle viuzze più nascoste, scoprendo scene di vita quotidiana, come le donne di una sartoria che cuciono e stirano accovacciate per terra a gambe incrociate e un topolino che gira indisturbato tra le macerie di una casa diroccata. Ritorniamo all’ Old Market, girovagando nei reparti di cibo fresco, carne e pesce in particolare, dove ci godiamo per l’ ultima volta questo tipico e caotico ambiente e scattiamo centinaia di foto. Dopo aver fatto alcuni acquisti di souvenirs, ritorniamo in guest house dove ci rilassiamo un po’, facciamo la doccia e prepariamo le valigie per l’ indomani. Che fatica! Per riuscire a stare dentro ai 20 chili di peso di bagaglio in stiva a testa, permessi dalla Air Asia, siamo costretti a lasciare qualche nostro vecchio indumento in dono alle donne delle pulizie del nostro albergo…. loro sono felicissime e noi anche!! Usciamo per l’ ultima volta in giro per Siem Reap con un velo di malinconia, perchè la vacanza sta passando troppo velocemente ed a questo punto ci rimangono solo più pochi giorni di visita a Bangkok.

30 / 12 2013

Verso le 8 saliamo per l’ ultima volta sul tuctuc di Dom per raggiungere l’ aeroporto. Gli lasciamo 10 dollari (7,30€) di mancia e ci avviamo al ceck-in. Il volo è velocissimo e puntuale: partiamo alle 10.30 ed in un’ ora e dieci minuti siamo già a Bangkok dove sbrighiamo velocemente le pratiche aeroportuali. In un’ ora di taxi arriviamo al nostro hotel, il Warehouse, strapagando il viaggio (850 bath-19,15€). Sistemiamo in fretta i bagagli nella nostra camera che è decisamente più bella ed accogliente rispetto a quella di Siem Reap. E’ originalissima, perchè riproduce l’ ambiente di un garage, con vistose scritte sulle pareti. Subito ci immergiamo nel centro della città che raggiungiamo abbastanza velocemente a piedi. Ci fermiamo ad una bancarella di pesce fritto, ma, non capendo bene la consistenza delle porzioni, ne ordiniamo due, e ci ritroviamo con quattro cartocci stracolmi di pesci, pagando appena 100 bath…(2,25€) praticamente niente!! Senza nessuna difficoltà, (Giors ancora una volta si dimostra un campione nell’ orientamento!) raggiungiamo il Wat Pho e paghiamo 100 bath (2,25€) a testa per l’ ingresso. Notiamo subito delle statue gigantesche che, poste dalle varie porte e armate di enormi clave, sembrano fare da guardia a tutto il complesso: sono i Yaksha, dallo sguardo truce e minaccioso. Ovunque giriamo il nostro sguardo, vediamo degli edifici finemente decorati con inserti di madreperla, variopinti mosaici di cocci di porcellana, lamine dorate di una bellezza e ricchezza uniche. Il tutto è ancora più sorprendente ed incantevole, grazie ai raggi del sole che, colpendoli, li rendono magicamente scintillanti. Ci mettiamo poi in coda per entrare nel tempio dov’ è collocato il famosissimo Buddha Disteso. Questa statua colossale, lunga ben 46 metri ed alta 15, rappresenta il Sublime con gli occhi chiusi e disteso sul fianco destro, nel momento in cui entra nel Nirvana, il paradiso dei Buddisti. Sulla suola dei piedi giganteschi spiccano tantissimi intarsi in madreperla, di una lavorazione finissima. Insomma restiamo come incantati e siamo indecisi se soffermarci ad ammirare tutti i singoli dettagli o la maestosità della statua nel suo insieme. Intanto sentiamo intorno a noi un continuo tintinnio: sono i fedeli che fanno il loro rito sacro. Donando un’ offerta di 20bath (0,45€), hanno in cambio una scodellina piena di monetine da mettere, secondo la tradizione, in una serie di 108 ciotoline che rappresentano appunto i 108 simboli ed attributi sacri del Buddha. Anche noi ci mettiamo in fila e prendiamo parte a questo momento così particolare….bello, anzi magico!! Usciti dal tempio, continuiamo a passeggiare nel complesso e raggiungiamo il santuario principale, un gioiello dell’ architettura sacra thailandese. Qui tutto attira la nostra attenzione: i portali in legno di tek, ornati da intarsi in madreperla, i mosaici multicolore, le 394 statue del Buddha, esposte nel chiostro, per la maggior parte dorate, una diversa dall’ altra, ma tutte molto ricche e piene di fascino. Ci dirigiamo poi verso il fiume di Bangkok, il Kao Phraya, aldilà del quale si staglia il celebre Wat Arun, un tempio a forma di torre in tipico stile kmer, alta 82 metri. Con un veloce passaggio in battello (6 bath a testa-0,13€), oltrepassiamo il fiume e ci troviamo nei giardini che circondano il maestoso tempio. Ormai è chiuso, quindi i negozietti di souvenirs hanno già ritirato la merce, i turisti sono pochissimi e ci possiamo godere tutta la sua bellezza in assoluta tranquillità, stando comodamente seduti su una panchina…. momento davvero magico! Presto si avvicinano a noi dei gattini affamati e diamo loro del pesce fritto, acquistato nel pomeriggio, intanto ne abbiamo ancora in abbondanza. Sono cosi soddisfatti del ricco pasto che si leccano i baffi! Siamo poi costretti a deciderci a riprendere il battello, anche perchè non c’ è proprio più anima viva ed abbiamo paura che il traghetto finisca le sue corse, anche se in realtà ci sarebbe piaciuto restare ancora lì a godere della pace di questo indimenticabile istante. Paghiamo altri 6 bath (0,13€) a testa per il breve viaggio di ritorno e ci rilassiamo un po’, facendo shopping nei caratteristici negozietti che si trovano dall’ imbarcadero. Ci dirigiamo poi verso il nostro albergo e passeggiamo tra le bancarelle di un mercatino, dove si vende di tutto un po’, affollato solo da locali. Per la cena entriamo in una specie di bar pasticceria dove ci gustiamo dei dolcetti tipici thailandesi: si tratta di fettine di pane abbrustolito, farcite con cioccolato e altre creme dolci. Squisiti!! Dopo una meritata doccia rinfrescante, oggi ha fatto un gran caldo, circa 30 gradi, ci corichiamo nel comodissimo letto e ci addormentiamo nell’ arco di pochi minuti.

31 /12/ 2013

La prima meta di oggi è il sontuoso Palazzo Reale, detto anche Grand Palace o Phra Borom Maharatchawagon, oggi non più abitato dalla famiglia reale, ma solo utilizzato in occasioni particolarmente importanti, come il giorno dell’ Incoronazione. Visto che è considerato un luogo sacro, viene richiesto un abbigliamento adeguato e noi che indossiamo maglietta e pantaloncini corti, ci vediamo costretti ad affittare o acquistare pantaloni lunghi per Giors e gonna fino ai piedi per me. Optiamo per la seconda ipotesi, intanto alle porte d’ ingresso, in posizione strategica, vi sono dei venditori che, con 350 bath (7,88€), ci sistemano alla perfezione per l’ occorrenza. Dopo aver pagato il biglietto d’ ingresso, 500 bath (11,25€) a testa, entriamo in questo immenso e spettacolare luogo, dove in ogni angolo sorgono edifici di una maestosità e ricchezza uniche.

La nostra prima tappa prevede la visita al Wat Phra Kaeo, dove su un altissimo altare dorato troneggia il leggendario Buddha di smeraldo, considerato il più sacro di tutta la Thailandia. Data la grandiosità delle statue viste finora, ci delude un po’: è appena alto 75 cm e completamente realizzato in giada. Questa statua venne rinvenuta, circa 500 anni fa, nei pressi di Chang Rai e giunse poi, per vie traverse, a Bangkok, in seguito ad alcuni eventi miracolosi. Per questo motivo i Thailandesi le attribuiscono poteri divini e collegano ad essa le sorti del paese. Visitiamo anche il Chakri Mahaprasat, la principale sala del Palazzo Reale. All’ esterno ogni ala è abbellita con un mon-dop, una guglia riccamente decorata, tipica dell’ architettura tradizionale thailandese ed all’ ingresso fanno da guardia dei kinari, creature mitologiche, metà uomini e metà uccelli. All’ interno, che dobbiamo rigorosamente percorrere a piedi nudi, sono custodite statue a grandezza naturale dei primi otto sovrani dell’importante dinastia dei Chakrigiro. La Sala del Trono è di uno sfarzosità unica: colonne in marmo, soffitti a cassettoni, lampadari di cristallo e dipinti di ogni tipo rendono l’ ambiente veramente spettacolare. Passiamo poi nella Sala delle Udienze e dell’ Incoronazione, il Dusit Maha Prasat, dove spicca un maestoso trono dorato, ornato da intarsi in madreperla. Nell’ immenso complesso si trovano moltissimi altri edifici, come il Phra Mondhop, la biblioteca, il Phra Sri Ratana, che contiene preziose reliquie del Buddha, il Phra Vihara Yod, il luogo di devozione pubblica, il chiostro, completamente affrescato. Insomma, dedichiamo ben tre ore alla visita di questo sontuoso sito ed i nostri occhi vengono continuamente abbagliati da scintillii e colori brillanti, da enormi statue di Buddha, nella classica posizione a gambe incrociate ai cui piedi i fedeli s’ inginocchiano in segno di rispetto e pregano con devozione. A dire il vero siamo un po’ confusi, ma al tempo stesso meravigliati ed estasiati da un sito così ricco. Ci rilassiamo un po’, percorrendo un viale, non distante dal Palazzo Reale dove tante bancarelle offrono souvenirs ai turisti e merce di ogni tipo ai locali. Ci facciamo uno spuntino a base di frutta tropicale (120 bath-2,7€)) che, dato il gran caldo, ci rigenera e ci disseta. Continuando la nostra passeggiata a piedi, raggiungiamo l’ imbarcadero per accedere all’ altra sponda del fiume (6 bath a testa-0,13€) ed in pochi minuti eccoci giunti di nuovo allo splendido Wat Arun. Ha subito inizio la lunga e faticosa visita al grandioso tempio (ingresso 50 bath a testa-1,12€). In mezzo a tantissimi fedeli, monaci e turisti di ogni nazionalità, percorriamo una scalinata ripidissima, munita, per fortuna, di un mancorrente che permette una salita più agevole. Arriviamo fin dove ci è permesso, circa a metà della torre, e di qui ammiriamo un panorama unico sul Chao Phraya dove navigano battelli, chiatte e piroghe a motore. Possiamo anche vedere da vicino e toccare con mano i mosaici formati da migliaia di piastrelline di ceramica che, si dice, alla luce del primo mattino luccicano in modo particolare. A questo fatto è dovuto il nome del tempio, infatti Arun, in lingua thailandese significa appunto alba. Dopo una breve passeggiata tra le bancarelle che si trovano all’ ingresso del tempio ed alcune foto di rito dalle enormi statue, già viste al Palazzo Reale, che fanno simbolicamente da guardia, armati da clave (gli Yaksha), riprendiamo il battello per ritornare indietro (altri 6 bath-0,13€). Al contrario di ieri sera, i turisti sono numerosissimi e quindi nello stretto passaggio che dall’ imbarcadero porta alla strada, si forma una lunga coda. Ci fermiamo al primo ristorantino di strada che incontriamo: come sempre è piuttosto sporco, ma decisamente caratteristico. Si mangia comunque molto bene ed il prezzo è buono (270 bath-6,07€). Decidiamo poi di avventurarci nel quartiere di Chinatown. Contrattiamo per prendere un tuctuc e ce la caviamo spendendo 150 bath (3,37€). Arrivati a destinazione, ci rendiamo subito conto del gran caos che vi regna. Ovunque si vedono grandi scritte pubblicitarie in caratteri cinesi, altari domestici con bastoncini d’ incenso accesi davanti ai negozi, oreficerie e farmacie esotiche. Qui non visitiamo templi, ma ci immergiamo in una rete intricata di vicoli, di mercati affollati dove si vende di tutto un po’: abbigliamento, bigiotteria, articoli per la casa, oggetti di elettronica. La quantità di merce ammassata è indescrivibile e le persone, che si avvicinano per contrattare e forse acquistare, parlando perlopiù in cinese, sono innumerevoli. Non è facile orientarsi in questa gran confusione, anche perchè si passa ininterrottamente da un mercatino all’ altro ed i turisti o le persone che parlano inglese sono pochissime. Dopo un lunghissimo giro in questo caratteristico quartiere, pensiamo di raggiungere quello indiano che, secondo le indicazioni della Lonely, dovrebbe trovarsi a pochi passi, ma purtroppo, forse anche perchè è piuttosto tardi, non troviamo nulla di indiano, se non tanti venditori impegnati a ritirare la merce dalle bancarelle…… siamo veramente delusi. Ci sarebbe infatti proprio piaciuto rivivere un po’ l’ atmosfera indiana che tanto ci aveva coinvolti nel viaggio dello scorso anno! Ci consoliamo mangiando un buon gelato acquistato ad uno dei tanti 7/ 11 che troviamo lungo il percorso (80 bath- 1.84€).

Il ritorno a piedi è piuttosto faticoso, ma decidiamo di rifiutare tutte le offerte che ci vengono proposte, strada facendo, dai numerosi guidatori di tuctuc! Come sempre, osserviamo la gente del posto e notiamo personaggi particolari, come un uomo mezzo addormentato su un bocchettone dell’ acqua per i vigili del fuoco… Sono poi già strani questi Orientali! Quando raggiungiamo l’ hotel siamo veramente sfiniti ed optiamo quindi per un meritato riposino in camera. Intanto inviamo gli auguri di buon anno a parenti ed amici, tramite waths ap che in tuttto il nostro viaggio si è rivelato essere l’ unico modo economico per comunicare con l’ Italia. Non appena ci sentiamo di nuovo un po’ in forma, ripartiamo per andare a festeggiare l’ inizio del nuovo anno. Decidiamo di recarci nella zona di Khao San Road, naturalmente a piedi. Lungo il percorso incontriamo alcune bancarelle che vendono dei caratteristici lumini avvolti in un velo di carta sottilissima che, grazie ad un sostegno interno, prende la forma di un grande cubo. Ci fermiamo ad osservare chi li accende e li fa poi salire in cielo: dicono che, prima che si allontanino da terra bisogna esprimere un desiderio. Rivolgiamo lo sguardo all’ insù e ne vediamo a centinaia che volteggiano e lentamente si allontanano sempre più. Quando poi il lumino si spegnerà, cadranno di nuovo al suolo. Poi passiamo di fronte al Burgher King e ci viene l’ acquolina in bocca, cosi decidiamo di cenare lì. L’ aria condizionata è sparata a palla e a me non basta neppure la felpa per stare bene. I panini sono quelli tipici da fast food, i prezzi invece no!! Infatti spendiamo all’ incirca il doppio (405 bath- 9.04€) dei soliti pasti all’ orientale, più caratteristici e, per noi, decisamente migliori. Ci addentriamo quindi nel cuore del quartiere: una via affollatissima, al punto tale da tenersi ben stretti per mano, per la mia paura di perdermi e di non riuscire a cavarmela senza l’ aiuto di Giors. Qui suona un gruppo ad un volume assordante e tutti festeggiano l’ imminente arrivo dell’ anno nuovo seduti ai tavolini dei numerosissimi locali dove si servono secchielli colorati che contengono grandi quantità di birra e di superalcoolici. Preferiamo andarcene da questo gran caos e cosi percorriamo la strada per ritornare in hotel. Ad un certo punto sentiamo dei botti dei fuochi artificiali, ci fermiamo per ammirarli, ma la nostra attenzione viene attirata da una nenia che giunge da lontano. Seguiamo questa melodia e troviamo di fronte a noi un enorme prato dove migliaia di persone assistono alle preghiere dei monaci d’ inizio anno. Troviamo anche noi un posticino per assistere al rito: è davvero emozionante vedere di fronte a noi centinaia di monaci, avvolti nei loro tipici vestiti color zafferano che pregano con devozione!! Questo sì che è un autentico Capodanno degno di un paese orientale e non la follia e l’ esagerato sballo di Khao San Road! Verso l’ una ritorniamo in albergo, contenti, ma un po’ amareggiati: domani sarà il nostro ultimo giorno completo di vacanza a Bangkok. In un battibaleno ci addormentiamo, pensando che in Italia i festeggiamenti devono ancora iniziare e noi invece siamo già nel 2014.

1/1/2014

Questa mattina partiamo diretti verso il Wat Suthat, grande tempio, diventato famoso per l’ enorme Buddha Phra Sri Sakamuni, alto più di 8 metri. Per raggiungerlo, passiamo attraverso uno splendido portale che ricorda molto lo stile cinese. Solenni sono i dipinti che rappresentano anche scene cruente, come l’ inferno buddhista. Incontriamo molti fedeli indigeni che portano le loro offerte ai monaci, pregano e ci chiedono di scattare loro delle foto ricordo e ci ricambiano il favore. Poco distante si trova il piccolo tempio indiano di Vishnu Mandir; qui incontriamo un uomo, appunto di origine indiana, che ci propone una promozione valida solo a Capodanno: in occasione di questa festività le ditte di souvenirs e gioielli danno dei buoni benzina ai guidatori di tuctuc, a condizione che portino dei clienti ai loro negozi. Quindi oggi girare con questi mezzi è veramente economico; infatti la proposta è di fare una lunga visita in città per soli 20 bath (44 cent) . Visto il prezzo stracciato, quasi ridicolo, temiamo che sotto sotto ci sia una fregatura, così pensiamo di pagare subito la cifra pattuita, in modo da evitare successive discussioni. Dopo la visita al Wat Thew Ara Kuncho, detto anche del Buddha felice, (20 bath- 44 cent d’ ingresso), siamo costretti a fermarci, come pattuito, ad una gioielleria dove veniamo accolti da un negoziante che ci mostra con orgoglio i suoi articoli, veramente splendidi, ma altrettanto cari. Ovviamente non compriamo niente, anche se non è cosi facile scamparla. Un po’ di strada a bordo del tuctuc ed eccoci nel quartiere Dusit dove si trova il Wat Benchamabophit, che rappresenta un vero capolavoro della moderna architettura thailandese. Costruito con marmo bianco, fatto arrivare appositamente da Carrara, ricorda molto lo stile europeo. Il tempio è completamente circondato da laghetti dove vivono delle tartarughe. All’ ingresso fanno da guardia due statue enormi che rappresentano dei leoni, all’ interno le vetrate sono tutte colorate ed all’ esterno si trova un portico con tantissime statue di Buddha ed un piccolo museo dove sono conservati i cimeli di Rama V. I fedeli si fermano a pregare davanti ad una delle statue del Buddha, tra le più venerate in Thailandia, in quanto custodisce le ceneri del re Rama V. Fa molto caldo, quindi ci fermiamo all’ ombra di un albero a sorseggiare un po’ di acqua fresca che viene offerta gratuitamente ai turisti, ma quando ritorniamo al parcheggio abbiamo una brutta sorpresa: il nostro tuc tuc non c’ è più! Subito siamo un po’ increduli, ma quando anche gli altri autisti ci confermano che se n’è andato “at home”, non ci resta che arrangiarci.La fregatura di cui dubitavamo è diventata certezza! Siamo così costretti a cercare un altro tuctuc, ma gli sconti del Capodanno sembra che non esistano più e così dobbiamo pagare 150 bath (3.35€), per arrivare nel quartiere di Banglamphu, famoso per la Golden Mountain. Si tratta di una collina, creata artificialmente con terreno e calcinacci, in cima alla quale sorge il Wat Sakhet che si nota immediatamente per il luccicante rivestimento in oro. Prima di intraprendere la lunga scalinata che porta al tempio, ci fermiamo sotto un tendone dov’ è stato allestito un punto di ristoro, frequentato esclusivamente da locali. Su un tavolo traballante, ricoperto da una tela cerata, mangiamo un pranzo tipicamente thailandese: una squisita brodaglia a base di verdure e noodles, di cui facciamo addirittura il bis, e polpettine di carne (99 bath -2.22 €). Non ancora sazi, ci avviciniamo ad una bancarella di frittini, che a Bangkok si trovano ovunque, e ne acquistiamo due porzioni (120 bath -2.67 €). Iniziamo poi la lunga salita alla Montagna d’oro, in compagnia di tantissimi fedeli che fanno una specie di pellegrinaggio. Infatti all’ interno del Wat Sakhet è custodita una rarità, oggetto di grande venerazione: un dente del Buddha. Percorriamo i 318 scalini, che conducono alla pagoda, in mezzo alla natura. Gli alberi contorti ci fanno ombra e le cascate d’ acqua danno una sensazione di frescura …… per fortuna, perchè fa veramente molto caldo. Ogni tanto la salita viene interrotta da una terrazza dove sono sistemate delle campane di varie dimensioni delle quali, secondo la tradizione, si prende il battacchio e lo si fa suonare. Ad un certo punto si trova addirittura un grosso gong! Finalmente raggiungiamo il tempio: il percorso si restringe e ben presto si forma una lunghissima coda. Passiamo nei corridoi, percorriamo ancora alcune piccole scalinate ed eccoci finalmente di fronte alla reliquia, custodita in una stanzetta piccola piccola. Usciamo e ci troviamo così su un’ enorme terrazza da cui si può godere di un panorama a 360 gradi sulla città e di una bella arietta fresca, veramente piacevole, dopo aver patito per bene il caldo all’ interno del tempio. Qui i fedeli consegnano ai monaci le loro offerte: si tratta di beni materiali, talvolta anche piuttosto consistenti, e di denaro. Per quanto riguarda quest’ ultimo, assistiamo ad una particolare usanza: le banconote vengono pinzate su dei nastri, appositamente tesi. Sono tantissime e sventolano ben bene, a causa del venticello che spira ininterrottamente. E’ incredibile, ma nessuno prova neppure a toccarle… da noi sarebbe improponibile una cosa del genere!! Decidiamo poi di seguire un consiglio letto su un diario di viaggio: ritornare in centro con un battello, che parte a breve distanza a piedi, facendo cosi una piacevole escursione tra i clong. Idea sbagliatissima!! Infatti c’ è una calca impressionante e siamo costretti a sederci sul cassone dove si trova il motore: rumore e caldo insopportabili! Ad un certo punto passa anche un bigliettaio, vorremmo pagare il ticket, ma non riusciamo neppure ad avvicinarci al tipo e così, nonostante le nostre buone intenzioni, viaggiamo gratis. Arriviamo poi nel quartiere di Pratunam, convinti di raggiungere con una breve camminata l’ MBK, centro commerciale a dir poco enorme, dislocato su sette piani con oltre 2500 negozi. In realtà la veloce passeggiata si rivela una sfacchinata bestiale, in mezzo ad un traffico disumano e ad uno smog impressionante. Insomma, arriviamo alla nostra meta demoliti, ma nonostante ciò, troviamo ancora le forze per fare un discreto giro. In effetti ci vorrebbe un weekend intero, per vederlo con la dovuta calma. La voglia di fare acquisti è grande, ma pensando ai nostri trolley già strapieni, rinunciamo. Ci lasciamo invece tentare da un’ invitante gelateria dove consumiamo una sostanziosa merenda: ordiniamo infatti due supercoppe di ottimo gelato e poi ne prendiamo ancora un’ altra che dividiamo a metà. Rigenerati, almeno in parte, ci avviamo verso il nostro hotel.

Giors in un attimo si studia la cartina e pensa così di utilizzare prima lo Skytrain, la sopraelevata che percorre quasi tutta Bangkok (74 bath – 1.65 €), poi un battello (40 bath – 89 cent) che attraversa il Chao Phraya. Ci rimane ancora la solita camminata ed io sono veramente a pezzi, ad un punto tale da allungarmi immediatamente nel letto, non appena siamo in albergo. Un certo languorino si fa sentire, così Giors decide di andare a fare rifornimento di altre porcheriole nei dintorni: prende dei dolci (60 bath – 1.34 €) e dei frittini (180 bath – 4.02 €) che consumiamo in camera. Dopo una doccia doverosa, crolliamo in un sonno profondo e rigenerante.

2/ 1/ 2014

Purtroppo è arrivato l’ ultimo giorno di vacanza…. stasera si parte! E’ sempre un po’ deprimente questo momento, ma cerchiamo di affrontarlo con filosofia e di non pensarci più di tanto. Il volo infatti è in tarda serata e quindi possiamo ancora fare un sacco di cose. Prima di tutto ci concediamo una buona colazione al bar dell’ hotel (340 bath – 7.60 €), poi facciamo una lunga passeggiata a piedi per raggiungere l’ imbarcadero Tha Tien, successivo a quello che porta al Wat Arun, alla ricerca di un’ escursione lungo i canali, precisamente nella zona di Thonburi, cioè della vecchia Bangkok. Da 1200 bath, richiesti inizialmente, riusciamo a scendere a 800 (17.86 €) per un’ ora di viaggio. Pensavamo di essere inseriti in un gruppo con altre persone, invece la long tail è tutta per noi! Vediamo le case lungo i canali, in parte poverissime, in parte curate ed eleganti e scattiamo decine di foto. Siamo poi costretti a fare una lunga sosta sotto il sole cocente, perchè una chiusa è sbarrata. Ritorniamo alla base e facciamo un’ escursione lungo un viale dove tanti indigeni hanno organizzato un mercatino. E’ curioso osservare l’ inventiva delle persone: ognuno mette in vendita ciò che ha….. dalle scarpe usate, ai vecchi cellulari, ai talismani, alle foto del re… Intanto c’ è chi mangia e chi dorme, chi cucina cibi fritti chi alla brace, chi spreme i melograni e chi i lime. Ad ogni angolo si presenta una situazione particolare che per noi diventa un motivo per scattare una nuova foto. Per pranzo decidiamo di ritornare al locale, se cosi si può chiamare, dove avevamo già mangiato l’ altro giorno, all’ uscita dell’ imbarcadero per il Wat Arun. Giors prende riso fritto ed un piatto di verdure ( 150 bath – 3.35 €), io invece mi faccio attirare da una bancarella di fritto e, tanto per continuare con la sana alimentazione delle vacanze, mi compro un cartoccio di patate ed uno di banane (40 bath – 89 cent), squisite, quest’ ultime in particolare!! Ripercorriamo il lungo mercatino ed io mi compro un ultimo ricordo di Bangkok: una t shirt nera con un grosso elefante stampato (da 160 a150 bath – 3.35 €). Alla fine, quasi senza accorgercene, ci ritroviamo nel vecchio mercato degli amuleti dove gli uomini, muniti di lenti d’ingrandimento stile orefice, osservano le caratteristiche dei vari talismani. Infatti i Thailandesi sono molto superstiziosi e credono nella fortuna che questi oggetti possono portare loro. Percorriamo ancora un lungo tratto di strada al sole, oggi il caldo si fa sentire più del solito, è veramente asfissiante e ci toglie quasi le forze, che già vanno scemando, perchè la vacanza sta finendo. Verso le 4 siamo in hotel, paghiamo il conto di 4290 bath ( 97 €) così ci riposiamo un po’ e ci andiamo a cambiare i vestiti per il viaggio …. forse non è proprio il caso di atterrare a Milano in pantaloncini corti e sandali!! Arriva poi il taxi che ci conduce in aeroporto. Dall’automobile osserviamo per l’ ultima volta gli scorci di Bangkok: il caos è alle stelle, il traffico infernale e, fin quando non si entra in autostrada, si è continuamente fermi. Paghiamo 500 bath (11.16 €) per il viaggio, comprensivi delle spese di autostrada, e andiamo immediatamente a fare il ceck in. La lunga fila di persone scorre molto lentamente e impieghiamo più di un’ ora, prima di accedere ai vari controlli per l’ imbarco. Alle 20.30 circa decolliamo. Poco dopo ci servono la cena, ottima e abbondante, poi io crollo subito in un sonno profondo, mentre Giors naturalmente si guarda un film. Ovviamente l’ aria condizionata gira a palla, quindi fa abbastanza frescolino, ma le copertine in pile ci riscaldano per bene. Abbiamo lo scalo a Doha di un’ ora e mezza che passa velocemente, poi si riparte…… siamo circa a metà percorso! Nella seconda parte del viaggio non si dorme più e passiamo il tempo guardando l’ uno ancora un film, l’ altra il percorso del viaggio. Verso le 3.30, ora italiana, ci servono la colazione, abbondante rispetto allo standard e anche buona. Con un ritardo di un solo quarto d’ ora, atterriamo a Malpensa alle 5.45. Finalmente si può bere un buon caffè italiano!! La navetta per Torino, prenotata inizialmente online per le 10.30, pensando ad eventuali ritardi del volo, passa alle 8.30 e fortunatamente ci sono ancora dei posti liberi, così ci accettano ugualmente. Fa un freddo incredibile……circa 30 gradi in meno rispetto a Bangkok!!

Ma oltre il freddo del clima, sentiamo freddo nel cuore: lasciare l’ Asia ti crea sempre un vuoto enorme, difficile da colmare!

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Cambogia e Bangkok: paesi indimenticabili per i popoli, l' arte, la natura



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