Californication Scompiscè

Viaggio on the road in California e Las Vegas, tra parchi, grandi città e mete luoghi meno noti ma affascinanti...la pazza coppia in auto per 5000 km
Scritto da: Spanty80
californication scompiscè
Partenza il: 06/06/2009
Ritorno il: 28/06/2009
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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Si parte per il viaggio del mito, quello delle lunghe strade nel deserto che si perdono all’orizzonte, delle autostrade a 6 corsie in centro città, dei set dei telefilm che ci hanno fatto crescere, degli alberi più grandi del mondo, dei surfisti abbronzati e dei baywatch…si parte verso la magica California!

ANCHE A SAN FRANCISCO SPLENDE IL SOLE

La super offerta KLM ci permette di raggiungere San Francisco da Milano via Amsterdam A/R a 460 euro; siamo a giugno quindi non si parla di altissima stagione, però la proposta è veramente allettante. Viaggio ok e ci troviamo nella mitica San Francisco ore 15 locali, mezzanotte italiana, ma siamo euforici! Giovanni è negli USA per la prima volta, io ci torno dopo 6 anni piena di entusiasmo…niente ci ferma, nemmeno l’addetto al controllo immigrazione dove c’è la piccola inquisizione, lo scanner iride, le impronte digitali e si controllano i dati passaporto e il foglio d’ingresso compilato sull’aereo, ora anche presente in lingua italiana. Ricordate che per partire o transitare per gli USA senza visto ci si deve registrare prima…ma l’operazione è molto semplice ed il sito è anche in italiano, magari al controllo passaporto non abbandonate chi non sa molto l’inglese: le domande sono veloci e gli omini un po’ scorbutici. Passato anche il ritiro bagagli dobbiamo trovare il noleggio auto che abbiamo prenotato dall’Italia; l’aeroporto a San Francisco collega tutti i terminal con 2 linee di monorotaia, ed 1 arriva anche all’edificio delle società di noleggio, quindi non possiamo sbagliare. Tutto è ok, ma decidiamo di prendere una macchina più grande con un sovrapprezzo perché effettivamente i Km previsti sono molti ed il mio scompiscè si innamora subito di una chevrolet Malibù grigia che a me pare un transatlantico oceanico più che una macchina. Scelta fatta e via verso mille avventure…..adesso c’è da trovare il primo dei 2 soli motel prenotati della vacanza. E’ meglio prenotare la prima notte, visto che in tutti i moduli da compilare per l’ingresso sarebbe necessario segnalare il primo alloggio, se poi scegliete un viaggio itinerante come il nostro non ci sono altri vincoli e obblighi, vista la presenza ovunque, e dico proprio ovunque, di motel a costi non eccessivi, ovviamente se volete dormire nei parchi naturali o in qualche località particolare allora dovete pensarci già da casa. Accendiamo il fido navigatore, aggiornato di mappe USA e Canada, molto utile nelle grandi città tipo Los Angeles e per trovare motel visto che si possono ricercare tutti i punti di attrazione ed alloggio….non è indispensabile negli USA ma molto comodo. Giovanni è stra-concentrato sul cambio automatico che io ho già sulla mia macchina e “tira” due inchiodate frenando con il sinistro, poi si abitua e ci prende anche gusto. Arriviamo al primo motel: GOOD NITE INN SAN FRANCISCO AIRPORT( airport boulevard, south san francisco,): a 3 minuti di strada dall’aeroporto, carino e pulito ed ad un prezzo stracciato: 50 dollari+ tasse ( cavolo questa cosa delle tasse faccio fatica a farmela entrare nella testa; ogni prezzo esposto deve essere maggiorato delle tasse che variano anche da stato a stato come anche le commissioni bancarie. EX: mai prelevare soldi a Las Vegas…ovviamente costa di +).Ottima base se non ci si ferma come noi a San Francisco, ma si riparte subito oppure si ha l’aereo della partenza la mattina prestissimo. E adesso che si fa? La maggior parte di quelli che hanno scritto racconti di viaggio va a dormire distrutta dal fuso orario….ed invece lo scompiscè, che a casa dorme in 2 minuti davanti ai film, qui è pimpantissimo ed io non sono da meno, e poi San Francisco è così vicina….optiamo per il giretto in macchina nel centro con passaggio al GOLDEN GATE BRIDGE! L’atmosfera della città ci affascina da subito e le sue strade pazzescamente ripide ci strappano commenti entusiasti , le salite sembrano portare al cielo e poi giù in discese che non finiscono mai, da lontano cominciamo ad intravedere il mitico ponte che, rarità per la stagione, non è avvolto dalla nebbia….anche a San Francisco splende il sole!! Attraversare questo ponte è un’esperienza bellissima, i piloni rossi sono altissimi, un sacco di persone a piedi che passeggiano ai bordi, mentre io filmo dal finestrino l’attraversamento della baia immensa. Facciamo una breve tappa a Sausalito per vedere alcuna case galleggianti, ma il richiamo della città è troppo forte quindi ancora in volata verso il ponte ( pedaggio solo per il rientro 6 dollari) e nuovo itinerario perché ho convinto il mio scompiscè al suo battesimo con la macchina automatica: affrontare la discesa della LOMBARD STREET nel tratto delle 8 curve a gomito! La Lombard sale ripidamente prima di arrivare al mitico tratto e tutte le auto incolonnate fanno stridere le gomme per partire e raggiungere la cima. Quando si scollina iniziano le curve e mentre Gio è galvanizzato io riprendo come posso, ma sono così emozionata che l’immagine risulta un po traballante. Adesso però siamo un po’ stanchi, rientriamo in motel dopo una cenetta da Taco Bell, cercando di entrare nello spirito americano dei fast food…domani ci attende la prima vera tappa.

ATMOSFERE DA CASA NELLA PRATERIA O WILD WILD WEST: BODIE

Ci sentiamo come gli unici al mondo a non soffrire del classico Jet lag, nessuno di noi si sveglia prima dello squillo del cellulare, e siamo prontissimi all’avventura con la nostra prima tappa. L’emozione è così tanta che non abbiamo nemmeno voglia di fermarci per colazione, e vogliamo subito buttarci nel nostro viaggio on the road. Attraversiamo la baia sulla 95, poi sulla 580, finché il fido navigatore ci fa incrociare la 108, che attraversa la Sierra Nevada nella sua parte nord. Il mio scompiscè si abitua al mega macchinone con il cambio automatico, e ci godiamo i nuovi paesaggi come 2 bambini alla scoperta del mondo. Dobbiamo transitare sul passo di Sonora che è aperto, ma in inverno il rischio di chiusura è alto per la neve, meglio consultare internet, come ho fatto io per il passo della Tioga road ( entrata est dello yosemite park), spesso chiuso anche all’inizio dell’estate. Passiamo in piccole cittadine con la classica stazione di pompieri, il benzinaio, i pick up…tutto come immaginato e visto dai telefilm, e ci fermiamo per una sosta a Pinecrest, che è praticamente una strada di poche centinaia di metri, su cui si affaccia tutta la vita del paese. Prima sosta benzina, che va pagata in contanti prima dell’erogazione, dicendo il n° della pompa all’impiegato, e prima sosta cibo, dove compriamo anche il nostro contenitore frigo di polistirolo, ottimo quando riempito di borse di ghiaccio per mantenere al fresco i nostri pic nic. Passata la sierra, le sue innumerevoli curve, panorami ancora innevati, ed una breve chiacchierata con un americano in gita con figli e cane ( popolo di meravigliosi e accoglienti chiacchieroni ), imbocchiamo la 395 sud e la successiva deviazione sulla 270, con annessi ultimi Km di sterrato….per ambientarci meglio….e arriviamo a Bodie. Il BODIE STATE HISTORIC PARK ( 5$ a persona +2$ di mappa dettagliata utilissima) è ciò che resta della città mineraria di Bodie, dopo che nel 1932 fu rasa al suolo quasi completamente da un incendio. La città si trova su un altopiano veramente grande senza vegetazione, uno dei posti più freddi degli USA dove rimangono le case in legno a testimoniare una delle città più ricche e pericolose del vecchio West. Escludendo i lavori di manutenzione e di sicurezza non è stata apportata alcuna modifica o arte-fazione; tutto, anche gli interni con i piatti sporchi, sono rimasti intatti. I turisti non sono così tanti da intaccare l’atmosfera di questo luogo. Io e lo scompiscè ci guardiamo attorno e ci sentiamo catapultati in una puntata della “casa nella prateria”, immaginandoci l’arrivo delle bambine sul carretto, oppure in un western dove ci si prende a scazzottate nel saloon, che esiste ancora con le bottiglie ad attendere improbabili futuri bevitori. In alcune case si spia all’interno, osservando mobili e suppellettili, poi c’è l’ufficio postale, la scuola, il vecchio emporio, l’hotel….stiamo passeggiando in quello che potrebbe essere un set cinematografico ed era invece la vera vita del west durante la corsa all’oro. La fabbrica per l’estrazione è lì vicinissima, unica fonte di reddito, in questa landa brulla, dove la vita era veramente difficile. Finita questa passeggiata magica ci avviamo a Lee Vining, che si allinea per pochi isolati lungo la 395; dobbiamo anche trovarci un letto, ma se non si arriva troppo tardi un motel con la scritta VACANCY si trova sempre. Ci fermiamo al MURPHEY’S ( www.murpheysyosemite.com, sulla 395 east entrance yosemite,76.16$ con le tasse), in stile un po’ montanaro, con camera grande e bella. Giovanni mi ha confessato che sogna di mangiare in un locale stile anni 50, perché non accontentarlo subito?!? di locali così ne abbiamo provati tanti, ma il primo non si può scordare, anche perché, in quel paese così piccolo e caratteristico, il ristorante Niceli’s è proprio la ciliegia sulla torta. Seduti sui classici divani in pelle ci godiamo la bella atmosfera, mangiando abbastanza presto, ma nella provincia americana è così….troppo tardi si rischia di trovare aperto solo i fast food….Prezzo onesto e servizio cortese e scopriamo che al Gio piace il burro di arachidi! La vita notturna in questi posti non esiste, qui è crocevia di chi va e viene in gita dalla sierra Nevada…a letto presto e sveglia di buon ora….e sarà così anche per noi.

SIAMO SUL TETTO DEL MONDO: MONO LAKE E YOSEMITE NATIONAL PARK

Il pancake a colazione ci deve essere…..siamo o non siamo negli USA? Veramente non siamo ancora del tutto consci del nostro super viaggio, ci sembra tutto ancora un sogno. Giovanni apprezza anche il pancake con lo sciroppo d’acero e poi via, verso nuove mille avventure! Abbiamo scelto l’entrata est dello Yosemite proprio per poter prima vedere Bodie ma anche MONO LAKE, la prima tappa del 2° vero giorno. Mono lake è un lago di 155 km quadrati, 2000 m altitudine, origine vulcanica, famoso perché costellato da guglie di tufo affiorate a causa dell’abbassamento del livello dell’acqua “rubata” da Los Angeles. La meta non è sicuramente tra le più turistiche della California, ma io ( che mi preparo e leggo….a differenza dello scompiscè!!) ero rimasta affascinata dalle descrizioni e Lee Vining era veramente vicina. La strada è deserta, montagne incappucciate da nubi attorno a noi, raggiungiamo la SOUTH TUFA RESERVE imboccando la 120E, in un’atmosfera surreale di pace…sembra di essere gli unici sopravvissuti ad una catastrofe nucleare che si aggirano curiosi in un mondo che ha riconquistato la tranquillità senza l’avvento dell’uomo. Lo scompiscè è abbastanza colpito da questo luogo e ancora di più quando leggiamo il cartello all’ufficio del ranger, che invitava ad inserire il costo del biglietto nella casetta se il ranger non dovesse esserci per ritirare i soldi direttamente! questo è uno dei molti esempi che gli USA ci regalano del loro modo di interpretare e confidare della onestà umana: il pensiero va all’italiano medio che se ne fregherebbe, visto che non ci sono cancelli automatici o telecamere, ed entrerebbe senza pagare…ci vergogniamo perché qui vedremo solo gente che invece segue le regole….siamo stati fortunati? anche l’americano medio se ne frega? voglio continuare a pensare di no. Nel nostro caso il simpatico ranger c’è e ci da anche un dépliant molto interessante che punto per punto accompagna la passeggiata lungo il bordo lago, spiegando tutte le particolarità di questo luogo. Le colonne di tufo sembrano castelli incantati per fatine, e si specchiano nelle acque del lago altamente saline e quindi molto dense, le foto si sprecano, ci sentiamo liberi in questo luogo strano ed affascinante….ma è tempo di ripartire. Dobbiamo riprendere la 120 ma in direzione ovest, per attraversare nuovamente la sierra Nevada ed entrare in uno dei parchi più famosi d’America: YOSEMITE NATIONAL PARK. Consiglio a tutti di dedicare almeno un giorno e mezzo come abbiamo fatto noi a questa meraviglia della natura, considerando la vastità del parco e che la valle occupa da sola tutta una giornata. Noi entriamo proprio da est, sulla famosa Tioga Road, già aperta quest’anno, per poter ammirare i Tuolumne Meadows, la zona di prati alpini fra le più estese del mondo. Entriamo nel parco passando dalla casupola ranger che ci da i mitici opuscoli con cartine e mappa dettagliata del parco e attività anche gratuite che si possono svolgere. Passiamo il massiccio di granito del Photole dome che segna l’inizio del terreno prativo, veramente grande. Quest’anno la neve è già sciolta, ma è ovviamente presto per i fiori che ammanteranno tutto a Luglio….deve essere uno spettacolo meraviglioso! a lato le cime della serra, che circondano quello che a noi sembra il tetto del mondo, chiude lo spazio il Lembert Dome altro monolito, che gli avventurosi possono anche scalare. Ci colpisce subito il lavoro di mantenimento e cura svolto in tutto il parco e l’attenzione a mostrare con pannelli esplicativi tutti i punti interessanti, valorizzando le bellezze del luogo e facendole apprezzare anche a chi non è molto appassionato di parchi e natura o semplicemente non ha le conoscenze adeguate. Lo scompiscè…scettico fino al midollo sulla questioni parchi nell’itinerario…cede e si perde anche lui nell’ammirare la natura così imponente. Mangiamo i nostri panini conservati nel mitico frigorino di polistirolo e ripartiamo sulla Tioga Road oltrepassando il Tenaya Lake per arrivare all’OLMSTED POINT. La piazzola è grande e ben segnalata per questo punto panoramico, meno famoso del Glacier Point che invece noi non abbiamo visto. Non curatevi degli altri vocianti turisti e dei maxi caravan ed inerpicatevi sulla roccia quasi liscia per raggiungere il punto più alto e ammirate….non potrete far altro che ammirare, fissare qualche immagine dentro voi, soprattutto quella dell’HALF DOME che nasconde la valle, e poi arrivate fino all’alberello che sembra messo lì apposta sul bordo del dirupo….ed ammirate… La vista è talmente spettacolare che anche lo scompiscè, con il suo bagaglio di vertigini, si inerpica per godere del panorama…. Vicino alla piazzola parte un sentierino che si biforca dopo pochi metri: da una parte un percorso pericoloso per trekker porta alla valle centrale del parco, dall’altra un sentiero semplice per arrivare ad una terrazza di roccia che sembra sospesa nel vuoto e permette di osservare il monolito dell’half dome ancora meglio e soprattutto in assoluta solitudine, noi siamo soli soletti! torniamo velocemente alla macchina perché il cielo minaccia acqua, e ci scappa un breve temporale, durante il quale un cervo ci attraversa veloce la strada. Il cielo si rasserena veloce per lasciarci ammirare altri panorami lungo la Tioga road che pian piano scende a livello della valle: cascate, foreste, un orsacchiotto in mezzo ad un prato fotografato da altri turisti. Ci avviamo verso l’uscita, è giunto il momento di cercare un alloggio: noi abbiamo scelto Mariposa a circa 72 km dalla valle dello Yosemite verso sud, per facilitare la partenza verso il Sequoia. Gli alloggi nei parchi sono l’unica cosa che è difficile trovare se non si è prenotato, e sono molto costosi, a meno che non scegliate la formula campeggio. Se optate per l’alloggio fuori confini parco il prezzo è inversamente proporzionale alla distanza dall’entrata, quindi superiamo El Portal ed arriviamo a Mariposa, la classica ridente cittadina, con poche strade che si congiungono a quella principale, tanti pick up, le macchine parcheggiate al supermarket con finestre abbassati e chiavi nel quadro….non ci saremmo stupiti se anche le porte delle case fossero state aperte!! alloggiamo per 2 notti al MARIPOSA CONFORT INN ( www.comfortinn.com, 4994 buillon street, mariposa,160 dollari con tasse 2 notti in camera con 2 giganti king size bed), le catene di motel sono molto raccomandabili perché lo standard è garantito, anche se non posso essere molto originali, la variabile è sempre il prezzo che ovviamente è legato alla località. In questo ci sono piscina ( ma a giugno a quell’altidunide è un po’ fresco), macchina per fare il ghiaccio come sempre e colazione inclusa….ottima scelta! La scelta culinaria di stasera merita un appunto per il divertimento, più che per il palato: happy burger a Mariposa! ovviamente c’è una lista di hamburger infinita, ma è il locale tappezzato di vecchie copertine di dischi che creano atmosfera e noi siamo in vena di fare gli scompiscè: approfittando del free refill alle macchinette delle bibite gassate assaggiamo un goccio di tutte le porcherie zuccherose che la perversa mente statunitense è riuscita a creare…..BLEAH…

ERA COSì LA VALLE DELL’EDEN?

Il secondo giorno alla Yosemite lo dedichiamo tutto alla valle, e credo che sia proprio necessario. Io avevo già studiato cosa vedere, ma è ovvio che durante la giornata è facile scoprire altri scorci , altri luoghi, soprattutto grazie all’organizzazione del parco che valorizza molto bene ogni angolo, creando percorsi, piazzole di soste nei punti panoramici, aree pic nic, aree servizi igienici, tutte ben segnalate sul percorso e nella mappa gratuita. Il biglietto ai parchi è generalmente valido una settimana, e quindi noi entriamo con lo stesso; non abbiamo preso la carta dei parchi perchè facendo i conti a noi non conveniva, ma se si fanno più di 4/5 parchi è conveniente. Prima tappa: BRIDALVEIL FALLS, cascate dal velo da sposa. Parcheggiamo la macchina e poniamo il nostro cestino da pic nic nei contenitori anti-orso ( fatelo….non prendete l’orso sottogamba…anche se di giorno se ne sta abbastanza distante dall’uomo…vedrete un sacco di filmati di macchine distrutte da orsetti affamati e golosi). Il sentiero porta proprio sotto la cascata che grazie al vento ed alla bassa portata diventa un velo di goccioline che avvolge gli alberi vicini e anche noi…io zuppa e felice faccio un sacco di foto, mentre lo scompiscè cerca invano di ripararsi sotto le fronde. Il sentiero passa vicino al ruscello formato dalla cascata e la passeggiata è molto piacevole. Ripresa macchina e cestino per la seconda tappa: YOSEMITE VILLAGE, uno dei centri visitatori più grandi. Prima si deve necessariamente costeggiare il CAPTAIN, il secondo blocco roccioso più famoso dello Yosemite, dalle pareti praticamente verticali, che rendono difficoltosa l’ascensione anche ai climber più esperti….spettacolare! Al village passiamo un po’ di tempo tra: Ansel Adams gallery dove trovare immagini fantastiche del parco, il filmato Spirit of Yosemite che oltre a bellissimi immagini del parco in tutte le stagioni racconta la storia degli indiani che abitavano la valle prima dell’avvento dei pionieri, Yosemite Museum con notizie sulla storia geologica del parco e su flora, fauna e storia di come è nata questa area protetta e Indian Village of Ahwahneechee dove è stato fedelmente ricostruito un accampamento indiano con relative spiegazioni. Terza tappa: YOSEMITE FALLS nella loro stagione migliore, in piena estate sono infatti quasi sempre asciutte e possono deludere. Anche qui il parcheggio è molto ampio, visto che partono numerosi sentieri, anche per trekker veramente impegnati…non come noi due che arriviamo alla lower falls quasi affaticati. Lo spettacolo è molto bello ed il fragore copre le voci delle molte persone presenti, che si inerpicano su rocce o altro per ammirare la cascata da più vicino possibile. In quel punto il salto più alto non si ammira, bisogna deviare al sentiero ove è indicata la cascata alta e si arriva ad un altro punto panoramico in mezzo alla foresta da cui ammirare il primo salto nel vuoto. Tutti questi finti trekking ci hanno messo fame….ma siccome lo scompiscè è cocciuto e non si fida delle mie indicazioni mi fa fare 20 minuti a vuoto prima di fermarsi per la pausa pappa….dove però scopriamo un angolo nascosto e poco pubblicizzato, forse perchè in fase di sistemazione: una sorgente d’acqua. Una sorta di pozza dall’acqua cristallina crea poi un ruscello, anche se non si riesce a intravedere il punto in cui sgorga dal sottosuolo…sembra tutto così immobile…bella sensazione di contatto con la natura. Rinunciamo ad andare al Glacier Point, perchè è molto lontano, anche se so che mi perdo una vista pazzesca….sarà un buon motivo per tornare prima o poi in questo Eden fantastico. In alta stagione dicono che il traffico nella valle è molto sostenuto ed è meglio prendere le navette gratuite che fanno il giro di continuo, direi che a giugno la situazione era ancora sostenibile. Andiamo a mangiare abbastanza presto, altrimenti in provincia (e non solo) chiude tutto, ed io vengo smontata dallo scompiscè a causa del dolce. Felice come una bimba ordino per tutti e due una bella Apple Pie, tipica americana, con le mele raccolte nella dolce frolla, dicendo al mio irriconoscente compagno di viaggio che questo è uno dei dolci tipici americani, non possiamo non provarlo….dopo il primo pezzo Giovanni esordisce con “ Ma sono solo mele cotte?!?!”, il mio pezzo cade dalla forchetta e la mia faccia delusa lo guarda…niente da fare….non lo convinco che l’Apple Pie sia una delizia!

GIORNATA DI INCONTRI SPETTACOLARI: KINGS AND SEQUOIA NATIONAL PARK

Avete mai incontrato una sequoia? Perché la sequoia non si può solo vedere e osservare, la si deve incontrare….ed io sogno questo giorno da quando ero piccola e con mio padre vedevamo i documentari in TV e ci immaginavamo quanto grandi e belli fossero questi alberi, i più grandi essere viventi del mondo. Se non l’avete incontrate non potete capire, qualsiasi vostra immagine mentale ed idea sembrerà sbagliata quando sarete al loro cospetto per davvero! ed è con grande emozione che affronto questa giornata nel KINGS AND SEQUOIA PARK, che pur essendo due parchi separati sono un’unica entità legislativa, con un unico biglietto. Venendo da nord decidiamo di raggiungere Fresno con la 99S e poi prendere la 180 verso est per avvicinarci al parco e la 198 per tutto il nostro percorso. Quando entriamo al King capiamo che il tempo non è come il giorno precedente e un certo freddo e umidità accompagnano la nostra prima passeggiata nel “BOSCO DI GRANT “, ovviamente anche qui tutto perfettamente segnalato, dal parcheggio, al percorso con spiegazione, ed anche il tempo uggioso aiuta a creare l’atmosfera da foresta incantata. Seguendo il sentiero si è circondati dalla foresta e si comincia a guardare in su’ cercando la punta di quei giganti, così mastodontici e possenti ma che non incutono paura, anzi sembrano un rifugio sicuro. Qui c’è la FALLEN MONARCH, caduta ed ormai cava ove si può passeggiare, spiegazioni sulla vita di questi patriarchi e sulla loro scoperta fatta dai primi pionieri, anche se ovviamnete gli indiani lo sapevano già, e poi la guest star: il GENERALE GRANT la sequoia con il diametro più grande del mondo, 13 metri di legno massiccio! adesso so veramente cosa significa incontrare una sequoia…mi dispiace che mio padre non sia qui con me…speriamo che il video che sto girando riesca almeno a dare l’idea. Lo scompiscè è incantato da questo spettacolo della natura, ma deve subito ritornare alla dura realtà a causa della nebbia che avvolge la strada e che ci immerge ancora di più nella foresta incantata ma è anche un po’ pericolosetta. Fortunatamente la nuvola bassa finisce e noi riemergiamo e passiamo il Lodgepole village, con museo, filmati e punto ristoro, arrivando al 2° trail quello della seconda guest star della giornata: GENERALE SHERMAN. La sequoia con il maggior volume di legno al mondo, ovvero il più grande essere vivente al mondo. Il sentiero è in discesa ed anche qui solite segnalazioni di punti panoramici o spiegazioni sull’habitat, interessante il passaggio vicino a 2 sequoie che si possono accarezzare e che ci riservano una bella sorpresa: la corteccia non è dura e legnosa ma ricoperta da quella che sembra una peluria morbida. L’incontro è sempre più affascinante! si arriva al generale che sembra ancora più grande di Grant e ci sentiamo piccoli e insignificanti…dopotutto lui è su questa terra da circa 3000 anni, che vuoi che siano i miei 29 anni!!! risaliamo verso il parcheggio ed qui avviene il miracolo, la parte più emozionante del viaggio e forse la più pericolosa con il senno del poi: INCONTRAMO UN ORSO!!! ad una curva del sentiero il gruppetto davanti a noi inchioda e comincia a scattare e filmare in assoluto silenzio, immediatamente anche noi ci ipnotizziamo davanti ad una scena perfettamente naturale lì, ma per noi cittadini assolutamente incredibile. L’orso davanti a noi, un po’ guardingo, sta scortecciando un tronco alla ricerca di cibo, chissà che avrà pensato di quel gruppo di senza peli che lo osserva in una delle sue abituali attività quotidiane; forse sarebbe bastato che facesse un passo verso di noi per farci scapicollare verso il dirupo, ma l’orso bruno non è molto coraggioso e se ne va dalla parte opposta mostrandoci il culetto…io nel frattempo non so se ho respirato! Siamo stra emozionati e tutti i turisti continuano a parlare dell’evento magnifico. Proseguiamo sulla 198, ovvero l’autostrada dei generali, fino alla deviazione per il TUNNEL LOG dove Giovanni si diverte a passare nella galleria scavata nel tronco di sequoia caduta nel 1932 ed ancora lì praticamente intatta. Ultima nostra tappa, prima di uscire da parco, HOSPITAL ROCK, dove ci sono testimonianze della vita delle tribù indiane compresi alcuni dipinti. Tutta l’emozione di questi incontri si tramuta in un po’ di stanchezza quindi decidiamo di fermarci a THREE RIVERS, primo paesino fuori dai confini del parco, dove però gli alloggi sono un po’ cari. Noi troviamo posto nel SEQUOIA MOTEL ( www.sequoiamotel.com , con camere molto particolari e curate, 92 euro con tasse) un po’ caro anche se la vicinanza al parco è veramente perfetta. Siamo così cotti da cenare in camera con le cose avanzate dal nostro pic nic di oggi, ovviamente ottimamente conservato dal nostro mitico frigo in polistirolo.

IO GUIDO NELLA MEGALOPOLI!!: LOS ANGELES HOLLYWOOD

Oggi Giovanni molla il volante a me perché siamo in pianura e la monotonia della strada lo rende insofferente, mentre io sono tranquilla alla guida su queste belle strade larghe e dritte….destinazione Los Angeles. Percorrendo la 99 e la 5 verso sud raggiungiamo veloci la megalopoli, o forse è la megalopoli che ci avvicina a noi?!?! in ogni caso, io, che non volevo guidare nel caos, mi ritrovo senza accorgermi sulle autostrade a 6 corsie della mitica città. In realtà non c’è il traffico che immaginavo, Monza è molto peggio, e mi destreggio bene con gli svincoli per arrivare agli Universal Studios. Gli studios saranno la tappa di domani e vogliamo prenderci un motel non troppo lontano per essere lì presto la mattina, visto che la sera, dopo i giochi,vogliamo invece alloggiare a Santa Monica. Seguiamo il fido navigatore verso una delle sue proposte e ci troviamo in pochi minuti al Motel 6 Hollywood:(www.motel6.com, 1738 north whitley avenue, 97 dollari per una notte ma comprensivi di parcheggio, assolutamente necessario e con internet point da cui prenotiamo il motel di santa Monica e il super hotel a Las Vegas). Siamo già contenti della scelta ancora prima di renderci conto che siamo praticamente a 200 metri dalla Hollywood boulevard, la via delle stelle, ed esultiamo come scompiscè quando guardiamo la cartina nella hall e capiamo che la nostra gitarella nello sberluccichio hollywoodiano non necessita nemmeno della macchina. Ottima posizione e prezzo ragionevole: lo consigliano vivamente se volte visitare Hollywood e limitrofi. Hollywood boulevard ci sembra un casino pazzesco ma ci piace assai! gente a passeggio, le mitiche stelle con i nomi, personaggi travestiti secondo film famosi in attesa di pochi spiccioli per la foto ed il mitico CHINESE TEATHER con il super marciapiede pieno di impronte e scritte. Qui ci perdiamo come tutti gli altri turisti a cercare le star famose, a confrontare le nostre mani e piedi con quelli degli attori, impegnandoci in pose plastiche in modo che le foto prendano noi insieme le scritte e le orme. Fotografiamo e filmiamo come pazzi e ci dirigiamo all’HOLLYWOOD HISTORY MUSEUM, interessante rassegna di memorabilia del grande cinema, da grandi film cult a pellicole meno note e con i restaurati camerini trucco della Max Factor. Chicca imperdibile è il braccio del penitenziario di Hannibal Lecter nel silenzio degli innocenti….io mi sento un po’ Jodie Foster!! Dopo il museo mangiamo una pizzetta e …….classico turistico giro con il mini-pulmino cabriolet tra le ville dei Vip di Beverly Hills e Bel air e i luoghi set di molti film. Io ero un po’ scettica, ma sapevo che Giovanni ci teneva troppo a questo tour e quindi era giusto accontentarlo. Le ville dei vip non si vedono ma è bello vedere le case che hanno fatto da sfondo a scene famosissime o sono state immortalate in qualche serie televisiva. Esempi più calzanti: la casa del principe di Bel Air e quella del film horror Nightmare, ma ce ne sono numerosissime. L’autista poi è un personaggio che oltre a fare da guida, racconta un po’ di storie e urla come un matto a tutte le persone che incrociamo chiamandole “Pretty Woooooomaaaan” in nome del mito di Jiula Roberts. Lo scompiscè di fianco a lui ride anche se capisce meno della metà di quello che lui racconta, ed il tipo continua a fargli battute su battute…troppo divertente. Il giro finisce, noi facciamo una capatina al Motel per poi uscire a cenain posto a sorpresa per Giovanni: Hooters. Paradiso di donne con magliette scollate e pantaloncini corti, tutte molto carine, che servono al tavolo mega piattoni succulenti, ma attenzione!!!questa istituzione americana non è da scambiarsi con bar per soli uomini tipo night club, è un ristorante per famigliole e gruppi di amici, anche perchè, in realtà, non c’è nulla di sconvolgente. Bella atmosfera e prezzi medi per una bella serata piacevole…niente notti folli in qualche locale da vip…domani sveglia presto….faremo i nottambuli un’altra volta…

SUI SET CINEMATOGRAFICI: UNIVERSAL STUDIOS

Oggi giornata giocosa ai mitici UNIVERSAL STUDIOS, che si svolge più o meno come una classica giornata al parco giochi. Noi ci siamo divertiti un bel po’ e per metà giornata ci ha fatto compagnia una coppia in viaggio di nozze, che arrivava da New York e sembrava “leggermente” disorganizzata. Ecco alcune dritte per godersi al giornata:

  • non fatevi ingannare dal casellante del parcheggio degli studios e andate in quello da lui definito più lontano. Costa meno e quella che lui descrive come una lunga camminata è in realtà un brevissimo tratto in mezzo a City Walk, piena di negozi e ristorantini.
  • Ci sono molti tipi di biglietti che a quello classico associano altri privilegi…dipende da quanto volete spendere. In ogni caso attenzione ai vari opuscoli che trovate in giro o nei motel, spesso hanno sconti per gli Studios
  • molto interessante il giro con il trenino e la guida attraverso veri studios e effetti speciali. Io continuo a ripetere “Che tristezza” quando mi trovo a guardare i set di film famosissimi e sullo schermo scorrono le immagini che abbiamo visto in TV o al cinema. Giusto per farvi capire: il mare dello squalo è un laghetto insulso!!!però lo squalo spaventa ancora…. per chi non sa l’inglese il percorso con spiegazione degli effetti speciali è un po’ difficile
  • bella l’attrazione del fuoco… bellissimo Jurassic Park!!!!
  • originale la casa degli spettri dove si deve camminare lungo un percorso semi-buio e con ambientazione dell’orrore dove ci sono artisti mascherati nascosti che ti fanno spaventare all’improvviso….la maggior parte dei bambini e qualche adulto piangeva di paura…
  • cinema 3 D con shrek! Molto bello cinema 3D ma anche teatro con attori veri per Terminator….molto particolare, e come per shrek attenzione agli orari.
  • Non ho provato le montagne russe ma tutti sembravano uscirne divertiti. Ovviamente mangiare all’interno costa tanto…basta limitarsi ad un hot dog, e poi ci sono tantissimi negozi legati al tema delle varie attrazioni per qualche souvenir carino

    Lasciamo il parco abbastanza tardi dopo aver camminato un bel po’ ed essere belli stanchi. Dobbiamo dirigerci al SANTA MONICA MOTEL. Unico motel che mi sento di sconsigliare vivamente, non è molto ben tenuto e sicuramente ha bisogno di rinnovamento….visto poi il prezzo salato!! A Santa Monica meglio spendere un po’ di più….

Va beh…ci stiamo solo 2 notti, noi “avventurieri” ci adattiamo senza problemi…per lo meno io…lo scompiscè mugugna un po’ ma alla fine è tutta scena. Siamo morti e domani vogliamo goderci Santa Monica e dintorni.

GIORNATA ALLA BAYWATCH: SANTA MONICA

Usciamo dal nostro motel con una meta fissa in testa: SPIAGGIA DI SANTA MONICA stile Baywatch. Lo scompiscè è galvanizzatissimo e come primo obbiettivo della giornata ha la foto alla torretta dei bagnini che però si raggiunge dopo aver camminato un bel po’ perché la spiaggia è veramente larghissima!! prima della sabbia una simpatica stradina a 2 corsie che corre per tutto il litorale di Santa Monica e Venice beach permette a ciclisti e sportivi che fanno jogging di isolarsi da qualunque traffico e stare vicini alla spiaggia. Dalla sabbia al mare poi c’è un bel po’ di strada…la cosa bella è che non si deve slalomare tra stabilimenti e ombrelloni….è tutta libera!come si arrabbierebbero i bagnini romagnoli a tutto quello “spreco”, mentre noi siamo contenti della mancanza di ressa e costatiamo come sia ben tenuta, curata, piena di torrette di bagnini e quindi sorvegliata e con la presenza di bar e noleggi vari per chi vuole staccare dalla vita da spiaggia. Poca gente per il momento, ma è presto e il sole non è ancora così caldo e splendente, ci sono però i classici ragazzini a fare football sulla spiaggia come da noi sarebbe per il calcetto…paesi che vai sport che trovi! Giovanni però non mi lascia nemmeno filmare e fotografare in pace…vuole a tutti i costi una memorabile foto vicino alla torretta ed alla macchina dei baywatch. Il capo baywatch di vedetta a quella che sembra la torretta centrale si impietosisce e gli fa pure scavalcare i paletti per farlo avvicinare e rendere meglio per la foto ricordo. Dopo il set fotografico, svacco sulla sabbia, relax, sguardi che vagano all’orizzonte o spiano gli americani in spiaggia e soprattutto è tempo per me della prima puciata di piedi nell’oceano e quindi del primo grande urlo di dolore per il freddo micidiale dell’acqua…credo non ci saranno chance di un bagno in questo viaggio, giugno è troppo presto. Vogliamo esplorare meglio i dintorni e optiamo per il noleggio di un tandem, ovviamente il pilota è Giovanni mentre io pedalo dietro e mi posso guardare intorno liberamente. Partiamo verso Venice Beach, dove la strada del lungomare è piena di bancarelle, vecchi e nuovi hippy, artisti di strada, negozi e bar eccentrici; mentre noi scorriamo sulla strada parallela vicino alla spiaggia e io mi godo la panoramica di questo simpatico mix di personaggi. Ci fermiamo un po’ ad osservare e poi proseguiamo verso una sorta di parchetto per skaters e graffittari, dove chi vuole può dipingere una parte di muro. Arrivati alla fine deviamo all’interno, perchè io sono incuriosita da Venice e dalla sua struttura. Un pensionato simpatico ci indica la strada per vedere qualche canale tipico della struttura primordiale di questo quartiere particolare ed effettivamente eccoci su un ponticello, il canale, le casette di legno che ci si affacciano, alcune addirittura con un proprio molo e poi la pace a differenza della spiaggia e del suo via-vai. Altro giro per vedere qualche strambo edificio e poi raggiungiamo ancora la pista ciclabile arrivando al mega molo di Santa Monica, il PIER, pieno di negozi e addirittura di un luna park che si vede anche da molto lontano. Intuiamo che questa sarà la meta della serata e quindi riserviamo la visita approfondita a più tardi e noi …..passeggiando in bicicletta…..torniamo alla base e ci godiamo un mega frullato. E’ ora di cambiare luogo ma rimaniamo ancorati al mito americano: MALIBU’. Macchina e via…verso la costa….qui si che ci voleva la decappottabile come voleva lo scompiscè…ma meglio non dirglielo! Malibù è praticamente una strada costiera, sulle colline le villone da nababbi che si possono solo intravedere e dall’altra la spiaggia, più stretta di santa Monica ma famosissima per essere stata una mecca del Surf, SURF RIDER BEACH. L’atmosfera forse non è quella degli anni 50, ma i giovani, tanti, arrivano con il pick up, scendono già con la muta indosso, scaricano la tavola e corrono a lanciarsi in acqua…da lontano sembrano tante boe che galleggiamo ed invece sono le loro testoline che attendono l’onda. Anche qui ci mettiamo svaccati sulla spiaggia e curiosiamo la vita californiana; sinceramente mi aspettavo onde più alte, forse non era il momento giusto o il periodo, però lo spettacolo è bello lo stesso…mi vien voglia di tornare e farmi almeno una settimana per andare in qualche scuola di surf visto che ce ne sono tantissime. Andiamo ancora più a nord vero Zuma Beach ma c’è un vento pazzesco da non riuscire a stare in pace a guardare l’oceano…torniamo in motel…ci attende la serata al Pier. Dove possono andare due scompiscè come noi se non a mangiare da Bubba Gump, catena di ristoranti nata dopo il film “Forrest Gump”? Facciamo la foto di rito sulla panchina di Forrest come 2 ginetti e ci immergiamo nelle atmosfere cayun del locale. Carino e non si mangia male, in più mi servono il cocktail in un bicchierone regalo che si illumina in maniera psichedelica e io lo rimiro tutta la sera. Il pier è pieno di gente e locali aperti; non poteva mancare un giro al luna park, che è un po’ vecchio stile e per questo secondo me conserva una bellissima atmosfera. Risultato finale: pupazzo dei simpson vinto da Giovanni ad uno stand nella mano destra e bicchierone fluorescente nella sinistra….come una bimba nel paese del balocchi!La serata al molo è stata veramnete piacevole. Domani si dovrà ripartire e cambiare registro radicalmente, dalla città più estesa degli USA al nulla…ma viaggiare è bello anche per questo.

IN MARCIA VERSO IL NULLA: DA LOS ANGELES A LONE PINE

Oggi giornata mista e di trasferimento logistico per avvicinarci alla valle della morte. La prima parte della mattina passeggiata a Venice, lungo mare che ieri abbiamo visto solo dalla bicicletta, altro bicchierone salutare di frullato e qualche occhiata alle bancarelle prima di mettermi alla guida del bolide che ormai non mi sconvolge più per le sue dimensioni, visto che strade e parcheggi qui sono più grandi e quindi proporzionati alle macchine. Si esce da Los Angeles…o meglio usciamo dopo un bel po’ di km e dopo la San Joaquin Valley siamo già come in pieno deserto: cespugli sempre più piccoli e radi, terra riarsa, numero calante di macchine e camion. Giovanni guarda fuori dal finestrino e si sente annoiato; questi spazi gli danno senso di tristezza e solitudine e poi ci stiamo avvicinando alla tappa da lui più temuta. Per me è tutta un’altra storia, la Valle della Morte rappresenta una delle mete più desiderate e sognate, e i paesaggi sconfinati, proprio quelli da America alla on the road, con la strada che corre dritta fino all’orizzonte e poi ancora oltre…… Percorriamo molti km sulla 14 nord che da highway diventa una strada normale…la nostra meta finale è LONE PINE, pino solitario, ottima base per partire presto alla scoperta della Valle o per chi vuole raggiungere le vette più alte dello stato. Giovanni si gongola tutto quando scegliamo l’alloggio, proprio diverso dal Santa Monica motel/bettolina; alloggiamo in un BEST WESTERN ( www.bestwestern.com, 1008 main street lone pine, 90 dollari con tasse e colazione inclusi). Il motel è veramente spettacolare, il bagno è enorme e la camera bella e luminosa e riusciamo anche a crogiolarci in piscina e riposarci un po’, visto che domani la sveglia è prevista molto, mooooltoooo presto. Il prezzo per la struttura è ottimo e questo dimostra come, anche nelle stesse catene di alloggio, i listini varino a seconda di dove sia la struttura e qui siamo effettivamente in un posto non così turistico e sovraffollato. Si mangia presto come sempre e soprattutto qui, nella provincia, i due mitici scompiscè ormai sono abituati a saltellare dalle megalopoli ai paeselli con un solo incrocio ed il semaforo appeso che dondola solitario al vento! Ottima bistecca in una steak house particolare che si chiama: Merry go round, con l’interno che sembra una giostra dei cavalli negli arredi e nella struttura…come sempre siamo comunque gli ultimi ad andare via! DEATH VALLEY….ASPETTACI!

IL NULLA PRIMA DELLA BOLGIA: DALLA VALLE DELLA MORTE A LAS VEGAS

La giornata da urlo inizia presto perchè vogliamo evitare le temperature troppo alte della valle della morte e partire presto ci permette di sfruttare qualche ora di frescura, colazione in compagnia di altri gitanti, carico della macchina con il nostro frigorifero pieno di cibo e soprattutto di bevande…..lungi da noi fare la fine dei morti di sete in quello che è uno dei posti più aridi del mondo. Lo spirito della coppia oggi è diviso: io sono stra-emozionata, ho la macchina fotografica pronta ad immortalare immagini che già immagino fantastiche e ho molta aspettativa per questa tappa, Giovanni è più semplicemente preoccupato! Non sono ancora riuscita scoprire per cosa fosse preoccupato, ma nel riguardare il video si vede un pilota teso e sudato ( e nella macchina c’era l’aria condizionata…) come se stessimo affrontando la Parigi-Dakar. L’entrata è ancora abbastanza lontana da Lone Pine, dalla 236 si prende la 190, ma il panorama è già abbastanza significativo: siamo soli, lungo una strada dritta fino all’orizzonte, che sembra portare su Marte. Dobbiamo scollinare ovviamente per entrare nella Valle, che proprio essendo chiusa da montagne su ogni lato ha un microclima da forno crematorio e un’aridità suprema, Giovanni non vede l’ora di arrivare…non sa dove…ma vuole arrivare. Proseguiamo lungo la 190 ed entriamo scendendo verso la mega vallata piatta e arida; questa volta non c’è la capanna dei ranger all’entrata ma la troviamo ( vuota ) alla prima fermata: STOVENPIPE WELLS. Paghiamo alla macchinetta automatica e partiamo per la vera avventura…ci attende un posto a suo modo meraviglioso, strano, sorprendente , con panorami vuoti ma pieni di magia….e si comincia…. Venendo dalla 190 da ovest arriviamo come prima tappa alle dune di sabbia, nella parte più a nord che visiteremo noi ( la valle proseguirebbe ancora verso nord ma noi non ci addentreremo per quella via). Parcheggiamo ed andiamo a passeggiare stile traversata nel deserto raggiungendo le prime dune, la situazione è molto particolare perchè non siamo in un deserto sabbioso, ma qui si depositano tutti i sedimenti a causa delle correnti del vento e quindi si crea questo simpatico effetto Africa. La 190 devia verso sud arrivando dall’altro lato della larga valle e sostiamo a HARMONY BORAX WORKS. Tappa interessante per vedere la vecchia fabbrica estrattiva per la borace e leggere, sotto il sole che diventa bello caldo, i pannelli che spiegano il lavoro e la vita in questo posto infernale…merita veramente…sembra di essere lontano dalla terra in un’altra realtà senza tempo. Da vedere….e per immaginare chi veramente ha lavorato lì anche se solo in inverno… A FURNACE CREEK, dove c’è uno dei 2 alloggi, visitiamo il museo, strutturato bene come sempre, e poi prendiamo la 178 verso sud perchè abbiamo tutte le altre tappe e io fremo. Al GOLDEN CANION incontriamo il primo autobus della giornata ( finora abbiamo incrociato solo poche macchine con grande preoccupazione dello scompiscè) e tra l’altro pieno di italiani vocianti che disturbano un po’ la magia del luogo, ormai ci eravamo abituati un po’ alla solitudine! Passiamo al DEVIL’S GOLF COURSE, dopo un sentierino verso l’interno della valley e raggiungiamo questo punto che fa spaziare la vista su tutti i lati per vedere….vedere….distese di sale!!! un mare di onde di cloruro di sodio letteralmente a perdita d’occhio…ovunque. Ancora verso sud c’è uno dei punti più fotografati e famosi della Death: BAD WATER, ovvero un putrido laghetto ( ebbene si….un poco d’acqua c’è anche qui ) dove vive una lumaca endemica ma soprattutto il punto più basso degli USA: 86 metri sotto il livello del mare. Noi non abbiamo orologi sector con dati sull’altitudine ma ci fidiamo del cartello! Al ritorno sulla imbocchiamo la ARTIST DRIVE, che è a senso unico verso nord, quindi conviene farla dopo, e si incunea sulle alture EST della valle offrendo viste sulla valle ma anche scorci sulle montagne per arrivare alla ARTIST’S PALETTE, dove le colline hanno mille sfumature di colore. La luce in questo momento non è la migliore e capisco perchè alcuni alloggiano qui per poter fare il tour che abbiamo seguito noi al mattino prestissimo o al tramonto, deve essere ancora più spettacolare. Tornando alla deviazione riprendiamo la fidata 190 per raggiungere l’ultima tappa ed un posto mitico: ZABRISKIE POINT. Lo scompiscè, che ormai capisce di essere agli sgoccioli della gita, anche se anche a lui è piaciuta ( ma questo non lo ammetterà mai) decide di non salire all’inizio, ma poi, come sempre, supera le vertigine e mi raggiunge. Io mi destreggio tra la gente, che qui è veramente tanta, per godermi un panorama mozzafiato e poi girandomi vedo Giovanni nel centro esatto del punto panoramico, perfettamente equidistante dal bordo, ma anche lui ammira il panorama che da sulle montagne con tante sfumature e in lontananza la valle che saluto….non perdetevela perchè è veramente una tappa stupenda. Finalmente Giovanni cambia totalmente umore visto che ci avviamo verso la SUA metà agognata: LAS VEGAS. Pausa pranzo in una piazzola alberata e poi una strada monotona fino ad arrivare alla mitica Las Vegas ed ai suoi casinò. Passare da un posto quasi privo di vita alla bolgia può essere scioccante, ma noi non ci facciamo spaventare anche se trovarci in coda ci irrita un po’, abbiamo voglia di iniziare a goderci la città del peccato, SIN CITY, come è chiamata affettuosamente las vegas. Con il naso incollato al finestrino cominciamo a riconoscere i vari hotel, alcuni veramente enormi!! tutto ci sembra pazzesco e dopo un’occhiata fugace al New York New York arriviamo alla nostra meta: LUXOR (www.luxor.com, 147 dollari per 2 notti con tutte le tasse, sulla mitica Strip). Il costo degli hotel a Las Vegas è abbastanza irrisorio per il servizio dato, tranne nel week end o durante i grandi eventi e ovviamente tranne nelle mega suite degli hotel più fighi, ovviamente ci sono tasse maggiori ma loro nel profondo sanno che tu spenderai dollaroni sonanti in altre mille altre cose….perchè Las Vegas è la città dei peccati ma anche una bellissima macchina mangia soldi!! Noi cominciamo a fare i viziati usufruendo del valet parking; si arriva davanti all’hotel e si abbandona la macchina con chiavi all’addetto, che ti consegna un biglietto con il quale la puoi recuperare quando vuoi, perchè un altro rapido addetto te la riporterà davanti a te.. Scatta la prima piccola mancia. Non è difficile parcheggiare ma volete mettere la soddisfazione di non sbattersi a trovare il posto….Noi scompiscè adoriamo il valet parking!!! IL Luxor non è nuovissimo, considerando gli standard della città, ma fa sempre una bella figura quella piramide nera lucida e la hall più grande del mondo. Per fare il check in c’è un po’ di coda…ma dicono sia normale….ci consegnano: chiave magnetica sulla quale poter addebitare tutte le spese all’interno dell’hotel al bar o altro, in ogni caso loro hanno già strisciato la tua carta di credito prima che tu dica Hallo, abbiamo anche un carnet sconti, la mappa per raggiungere la camere e 1000 brochures su quello che si può fare a Las vegas. Siamo frastornati da tutto e il passaggio in mezzo al casinò per raggiungere l’ascensore sembra quasi irreale. Senza dividere singoli momenti e scandire il tempo della visita ecco nel prossimo capitolo considerazioni sparse ed emozioni dalla città che è necessario vivere come un gran luna park perchè non è altro che questo….e qui si che siamo nottambuli….visto che si perde quasi la percezione spazio temporale

SIN CITY

Macchinette, slot machines e tavoli da giochi sono ovunque…anche sui marciapiedi, io mi sono divertita alla roulette con il touch screen per puntare e l’omino vero a lanciare la pallina: ho giocato finchè non è uscito il 18, Giovanni invece si è dato al video poker…io ho comunque scoperto che dopo un po’ mi stanco: non ho l’anima della giocatrice incallita. Las Vegas è stata la mia prima entrata in un casinò: meglio di così!?!però mi piace perchè è popolare, democratico…non come a Montecarlo dove davanti al casinò ci sono solo macchine extralusso, qui si può scendere a giocare anche in ciabatte…di solito lo fanno i veri patiti che passano 6 ore in giro alle macchinette. Peccato non aver avuto tempo per vedere uno degli spettacoli, ce ne sono tantissimi in tutti gli hotel-Casinò, il Cirque du Soleil ha almeno 7/8 spettacoli e poi ci sono comici, prestigiatori, musical etc etc…per tutti i gusti. Ottima scusa per tornare….tanto lo scompiscè è d’accordo…gli brillano sempre gli occhi parlando di Las Vegas. Le ricostruzioni degli hotel sono fantastiche: Venetian…mitico…più bello della Venezia vera perchè senza zanzare, acqua alta e piccioni….mi piace questa realtà artefatta…la viviamo come un gioco… Bellissimo anche il New York New York, sia fuori con al statua della libertà e dentro con i panorami di Manhattan, Ceasar Palace e le sue statue dell’antica Roma compresa Trevi e la Tour Eiffel del Paris. Il Bellagio è fantastico anche solo dopo il mitico film Ocean Eleven e le fontane sono veramente belle, un sacco di gente si accalca per vedere lo spettacolo, ma c’è spazio per tutti. Io sono salita sulla torre dello Stratosphere di notte, la vista della Strip illuminata è spettacolare e si riesce a vedere tutta la parata di hotel, sulla punta ci sono 3 attrazioni mozzafiato stile montagne russe solo che sei già a molti, molti metri dal suolo. Sulla Strip c’è un sacco di gente e di traffico, ma le passerelle e le monorotaie che collegano i vari hotel non ti fanno perdere, solo che la strada è bella lunga e poi continuando a fare dentro e fuori per guardare gli hotel si percorrono molti Km…preparatevi! Le cappelle matrimoniali esistono davvero però non abbiamo avuto tempo di vederle nel dettaglio, ed anche la parte più vecchia della città ci manca all’appello: altro buon motivo per tornare unito a quello di non avere mangiato ai mitici buffet “ ALL YOU CAN EAT”, tutto il mangiabile a prezzo fisso…altro must di Las Vegas… Con tutti i night club e gli omini che regalano immaginette di uomini e donne “disponibili” capiamo perchè gli americani vengono spesso qui per compleanni ed addii al celibato! Outlet a go-go….3 paia di levis e una camicia della dockers = 90 dollari….fate voi i conti? Sulla strip c’è un cantiere gigante di quello che potrebbe assomigliare ad un altro mega albergo….chissà che per la prossima volta non ci saranno altre attrazioni e nuovi hotel…. Consigliamo un alloggio sulla Strip, la differenza prezzo con le altre zone non è eccessiva ed è bello trovarsi all’interno della bolgia quando decidi che la vuoi vivere appieno!!! Buon divertimento a tutti! Qui è uno spasso….

RITORNO ALLA NATURA SELVAGGIA

La pacchia da finti nababbi è finita, ritiriamo per l’ultima volta la macchina al mitico valet parking e si deve ripartire…verso il nulla! Siamo arrivati dal nulla ed al nulla ritorneremo, nella polvere delle strade desertiche californiane e quindi….lo scompiscè si annoia alla guida e mi lascia il comando lungo la lunghissima highway 15 che ci riporta verso ovest. Il navigatore insiste per un po’ nel farci fare qualche stradina che si insinui nel deserto californiano del Mojave, ma visto che i limiti di velocità sono già bassi, preferiamo proseguire verso ovest sulla highway 15, lunghissima, caldissima e drittissima. A Barstow si cambia e ci dirigiamo verso sud sulla 247 che ci avvicina al confine nord della nostra meta di domani: JOSHUA TREE NATIONAL PARK. Arriviamo finalmente alla città di Joshua tree ( che fantasia!!), dove ci accorgiamo che lo scompi ha abbandonato al Luxor tutto il nostro set bagno e denti e quindi ci dobbiamo immergere in un “emporio” di paese per recuperare l’essenziale. Nel negozio ci colpisce molto il metodo casuale con cui sono esposti i prodotti e impieghiamo un bel po’ per trovare lo spazzolino…molto lontano dal dentifricio. Siamo abbastanza stanchi per il viaggio in macchina su strade un po’ noiose e per le notti brave e lunghe a Las Vegas; troviamo un accogliente e semplice Motel: HIGH DESERT MOTEL ( www.desertgold.com/highdesert/motel.html, 61310 twentynine pal highway, 60 dollari con tasse) ed andiamo a mangiare con le galline e le famiglie americane in uno dei tanti ristorantini sulla strada 62 che collega Twentynine Palms, Joshua Tree e Yucca Valley. La vita in provincia è effettivamente molto tranquilla e l’unico motivo di sosta da queste parti è proprio per visitare il parco. A letto presto perchè domani ci attende l’attraversamento del parco ed un bel po’ di strada per raggiungere San Diego e rivedere finalmente l’oceano.

ATTRAVERSO IL JOSHUA TREE NATIONAL PARK PER ARRIVARE SULLA COSTA

Questo parco non è famoso come quelli visitati in precedenza e spesso, nei tour californiani, viene saltato come San Diego; è un peccato colossale perdersi entrambi perchè sono molto caratteristici ed anche Giovanni rimane stupito dalle stranezze che racchiude questo parco, intitolato all’albero di Giosuè che cresce soltanto in questo strambo ecosistema. All’entrata ovviamente ci danno cartina e lista delle attività ed il ranger sorridente ci invita a vedere il bel museo, dove sono spiegate alcune delle particolarità geologiche-faunistiche-botaniche della zona, ed ovviamente ci sono meravigliose foto del parco durante l’alba ed il tramonto quando i colori risaltano maggiormente ed in inverno. Il sole oggi è a picco, temperature più elevate della valle della morte e soffriamo un po’ quando usciamo dal rifugio “condizionato” della macchina; utili anche qui una buona scorta d’acqua perchè per apprezzare il luogo sono doverose delle piccole passeggiate. Entrando a nord si attraversa in primis WONDERLAND OF ROCKS, dove si possono osservare cumuli di rocce granitiche che punteggiano il panorama, ideali per imparare a scalare, e molto suggestivi perchè sembrano mucchietti fatti apposta da qualche invisibile e gigante mano…invece sono frutto di un particolare fenomeno erosivo. Le strade e le piazzole come sempre sono ben tenute ed i cartelli esplicativi invitano alla sosta per fare qualche foto carina e osservare le rocce scavate da vicino. Arriviamo alla HIDDEN VALLEY, dove veniva nascosto il bestiame rubato, fa un caldo pazzesco ma il cielo è così azzurro che è un piacere fare una breve passeggiata ed il mio scompi fa persino finta di scalare un mega masso. Ovviamente tutto il panorama è cosparso anche dagli alberi di Giosuè, che definire bizzarri è poco….una forma contorta, con rami asimmetrici e sgraziati, foglie inesistenti e quasi spinose, sono convinta che non potrebbero stare bene altrove, se non in questo panorama dove sembrano invece aggraziati ed eleganti tanto sono surreali. Le possibilità di trekking e scalate in questo parco son molte e credo che chi ami queste attività, e sia preparato fisicamente, non debba assolutamente perdersi questo posto pieno di curiosità e luoghi segreti. Altra tappa: SKULL ROCK una roccia a forma di teschio, raggiungibile anche dalla strada o da un sentiero dove si possono ammirare altre formazioni bizzarre, questa è comunque molto fotogenica. Ultimo stop: CHOLLA CACTUS GARDEN, da sconsigliare con un bimbo che tocca tutto ciò che vede, visto che le spine di questi cactus si staccano facilmente e fanno malissimo!! il sentiero di 400 metri permetti di fare un giro all’interno di questa oasi di cactus e un libretto che si può prendere all’inizio ( solito metodo della fiducia americana: distributore libretti non chiuso con salvadanaio a parte e nessuno che controlla…) con spiegazione per ogni step segnato da n° corrispondente. Incontriamo anche una strana lucertola bianca, ma nessuna altra anima viva umana, ed il nostro veloce ma interessante giro da nord a sud finisce, è ora di rimetterci in marcia verso San Diego che non è poi così vicina. Passiamo in mezzo a Palms Springs, macchia verde in mezzo al color terra del deserto, e dopo una serie di passi montani ( grazie navigatore) arriviamo in città, abbiamo deciso di alloggiare a Mission/Pacific Beach, le zone con più turismo balneare, come si nota subito dall’affollamento di giovani in costume a passeggio sulla strada che costeggia il lungomare. Giovanni vive ormai nel ricordo del Best Western dove abbiamo alloggiato a Lone Pine e quindi chiediamo quanto costi l’hotel della catena proprio fronte oceano……CI SPARANO UNA CIFRA PAZZESCA!! San Diego è sicuramente più turistica di Lone Pine e quindi anche i prezzi vanno di conseguenza….comunque proprio dall’altra parte della strada troviamo il MISSION BAY MOTEL ( www.missionbaymotel.com 4221 mission boulevard,3 notti 317 dollari con le tasse), a due passi dal mare vicino a Garnet Street dove ci sono un sacco di ristoranti. Io voglio subito rivedere l’oceano e quindi trascino lo scompiscè sulla ocean front walk, una strada invasa da skate, jogger con gli I-pod alle orecchie e gente come noi che passeggia tranquilla, parallela al mare e sui si affacciano numerose case vacanze. Io e Giovanni non abbiamo ancora iniziato a goderci questa città che iniziamo già a pensare di ritornare, prendendo in affitto una di quelle stupende ville fronte oceano, con vetrate panoramiche e terrazze dove cenare con gli amici alla sera. In effetti San Diego mi ispira molto anche come vacanza mare, ci sono spiagge belle, possibilità di fare corsi di wind surf, vita notturna, un bel centro, il famoso Sea World che non abbiamo visto e la baia ed anche una varietà di musei pazzeschi. Continuiamo a sognare ad occhi aperti godendoci il tramonto un po’ coperto dalle nubi……Ehi….mica si starà guastando il tempo?!?! Ci riposiamo un po’ in camera e poi sempre a piedi ci incamminiamo in Garnet Street dove ci infiliamo in un locale pieno di giovani e di televisori con tutti i canali dello sport, Giovanni prende la peggior birra della sua vita: Alaskan beer, mentre io assaggio un whisky aromatizzato che le bariste distribuiscono in promozione. Sulla stessa strada ci fermiamo in una specie di gelateria dove ti puoi anche comporre il cono e assaggiare tutti i gusti che vuoi…slurp…. Torniamo in Motel ed approfittiamo di una sigaretta di Giovanni per sederci su gradini che portano alla camera e continuare a chiacchierare senza sosta…si sta bene…siamo sempre più rilassati…la vacanza sta andando bene…siamo felici…

VOLEVAMO ESSERE VERI SURFISTI INVECE….ZOO DI SAN DIEGO

Nuvole, qualche goccia, le previsioni non auspicano nulla di buono….e noi scompiscè che volevamo fare un giorno di totale vita Californiana in spiaggia a crogiolarci…dobbiamo cambiare programma. San Diego ospita il famosissimo Balboa Park, grande e pienissimo di musei, sembra difficile scegliere però l’attrattiva dello Zoo, il più grande al mondo, prevale sulla cultura e quindi scegliamo di unirci alle numerose famigliole, che, come noi scoraggiate dal tempo, sono andate al mitico Zoo. Noi arriviamo abbastanza presto quindi nessun problema di parcheggio , ed il parco è abbastanza grande da non risentire della folla. Il biglietto è abbastanza salato ma dobbiamo ammettere che il luogo è vastissimo, ben curato e con moltissime specie animali, utilissima la piantina per scegliere il percorso da seguire in base anche alle proprie preferenza; meritano senza dubbio: -circuito dei grandi felini -le tigri che si sono come messe in posa alla grande vetrata panoramica -la nuova parte del parco che compara gli animali californiani della preistoria a quelli attuali Usciamo a fine giornata ritornati un po’ bimbi e decidiamo di fare un giro a OLD TOWN, dove c’è il parco storico statale che mostra le origini della città. Purtroppo è già quasi sera, quindi niente più visite guidate, però con la mia super rough in mano riusciamo ad apprezzare questo luogo, che nel cuore mi ricorda tanto il Messico…non fosse altro che per tutti i ristoranti messicani che ci sono…a parte questa nota molto turistica il parco è interessante e mostra come fosse la città alle proprie origini. Troverete varie case originali, il mercatino, la casa di Thomas Whaley con gli accompagnatori in vestiti d’epoca ( poco fuori dal parco) e accanto il luogo più caratteristico: EL CAMPO SANTO CEMETERY. Potrebbe sembrare macabro a qualcuno, invece da proprio un’idea dello spaccato della vita dell’epoca e mostra anche la storia di come sia stato ristrutturato da alcuni appassionati. Sembra che casa e cimitero ospitino un fantasma, e c’è anche la possibilità di fare un tour notturno nelle dimore infestate della zona, che credo debba essere molto divertente ma se si capisce bene l’inglese. Ovviamente l’andazzo messicaneggiante della serata ci fa optare per un ristorantino messicano con cocktail alla tequila ed un ottimo burritos di carne, nell’atmosfera colorata del quartiere…peccato non avere avuto più tempo. Al ritorno ci fermiamo al BELMONT PARK, all’inizio della Mission Boulevard, un luna park storico e restaurato. Il posto è carino, ma molto più piccolo di quello sul molo di Santa Monica e con molta meno gente; nonostante questo ci perdiamo via nei giochi e lo scompi vince per me un altro pupazzetto….non sappiamo più dove mettere la roba in macchina…aiuto! Ci addormentiamo pregando che il tempo migliori per goderci al famigerata giornata di mare…..

ANCHE A SAN DIEGO PIOVE

Ma come??? ci sono manifesti ovunque che inneggiano a godere del meraviglioso sole della California e noi stiamo 2 giorni a San Diego e piove??? Forse il bagno non l’avremmo fatto comunque ma avevamo voglia di un po’ di vera vita da spiaggia, attorniati da surfisti, bagnini e bagnine, passeggiate sul lungo mare, invece dobbiamo optare anche oggi per un programma alternativo…perché c’è sempre un programma alternativo, non bisogna mai scoraggiarsi. Io mi butto con il naso nella guida e faccio l’elenco dei musei di San Diego….potremmo optare per uno di quelli al Balboa Park che ieri abbiamo snobbato, ma Giovanni sceglie: Museo Marittimo e navale, che è sul lungomare della Downtown e ci permetterà di vedere anche questa parte della città. Il museo è interessante, composto da: 2 velieri, 1 vecchio traghetto come quelli del missisipi in stile liberty ma senza ruota, 1 sommergibile e altre imbarcazioni più piccole; tutte navi storiche che sono state comprate e risistemate e ovviamente dotate di pannelli esplicativi da un gruppo di appassionati che ha creato questo museo importantissimo e conosciuto in tutto lo stato. Io con il mio malessere perenne quando mi trovo su un’imbarcazione riesco a farmi venire il mal di testa sul veliero gigante che è attraccato…ma si può essere così sfigati?!?! appena mi ripiglio riprendo l’esplorazione e ci divertiamo un bel po’ nel sottomarino, soprattutto provando a correre nei varchi tondi stile i veri marinai! Anche il battello è molto grande e bello, e stanno allestendo una festa che faranno in serata; a volte le navi vengono fatte veleggiare lungo la baia per feste o manifestazione e per tenerle “ allenate”. Proseguendo sul lungomare andiamo a pranzare al SEAPORT VILLAGE una sorta di centro commerciale all’aperto dove abbondano ristorantini di ogni tipo e una miriade di negozi; si compra di tutto e noi ci perdiamo un po’ via nella scelta di alcuni souvenir….questa operazione crea sempre un po’ di stress alla nostra coppia, io sono veloce e abbastanza sicura nelle scelte mentre Giovanni deve rimuginare su ogni gadget come se stesse facendo l’acquisto del secolo e quindi spende una marea di tempo…io lo consiglio cercando di accelerare le pratiche, ma non è così facile. Assaggio la prima CLAM CHOWDER, ottima zuppa di patate, vongole, bacon, latte nella pagnotta scavata, non vedo l’ora di riprovarla anche a San Francisco. Dopo lo shopping è ora di fare un giretto nella DOWTOWN, che raggiungiamo a piedi, per visitare soprattutto GASLAMP DISTRICT. Fulcro della vita notturna, ma con molte cose interessanti da vedere; anche in questo caso non abbiamo fatto una visita guidata ( credo sia solo al sabato), ma mi sono affidata alla guida, che non mi ha deluso. Alcuni edifici sono molto belli e particolari e la storia del quartiere, un tempo malfamato e ricco di bordelli è interessante; nel frattempo i locali cominciano a riempirsi per l’aperitivo e anche per cena, ma noi ritorniamo alla macchina e ci dirigiamo nel quartiere di HILLCREST, quartiere molto vivo grazie alla presenza dell’università vicino e la quantità di locali. Stasera ceniamo ancora etnico e finiamo in un ristorante spagnolo, dove un cameriere messicano molto simpatico ci parla di quando è stato in Italia con al sua ex fidanzata, mentre adesso sta con una cinese…..che casino!!. A San Diego c’è sempre stata una comunità messicana importante vista la vicinanza con il confine, ma sembra che adesso ci sino molti asiatici….la cina si avvicina anche lì! Torniamo alla macchina….anzi….per una sera mi fido dell’insulso orientamento dello scompiscè che sbaglia la traversa in cui infilarsi e mi fa perdere 10 anni di vita perchè sembra che la macchina non ci sia più…poi dopo 3 vie eccola lì ad aspettarci…..MAI FIDARSI DELLO SCOMPISCè?!? Mi dispiace lasciare San Diego, l’ho trovata molto vivibile, senza problemi di parcheggio o traffico, basta scegliere qualche via laterale, piena di gente allegra e festaiola, peccato che il sole non ha proprio voluto saperne di fare capolino ed abbronzarci un po’.

VERA VITA DA SPIAGGIA

Ma come…oggi che dobbiamo stare in macchina per molti i km c’è il sole che spacca?!?! Sarà un segno del destino che vuole che i mitici scompiscè debbano tornare a San Diego per godersi la vita da mare. Io sono al volante e imbocchiamo la mitica highway n° 1 che segue quasi tutta la costa, intersecandosi a volte con la 101 più scorrevole ma meno panoramica, arriviamo a Los angeles e sappiamo che ne usciremo dopo molti Km, la sfiga vuole anche che ci sa un bel po’ di intasamento ( tipo salerno-reggio calabria in agosto) e mentre io sto nel traffico il mio “fido compagno di viaggio” sonnecchia beatamente nel sedile del passeggero: che compagnia! Per fortuna non rimaniamo bloccati per molto, oggi dobbiamo percorrere molti km e vorremmo anche fermarci al mare visto che il sole sembra bello caldo e splendente. Giovanni propone sosta mare a Santa Barbara, meta mitica che più mitica non si può, e come non riconoscere le mitiche palme altissime sul lungomare inquadrate nel mitico telefilm?!?! La guida dice che è una meta abbastanza snob e per vecchietti pensionati, noi la troviamo invece molto viva, sia in spiaggia che all’interno dove facciamo solo un breve giretto per ammirare la sua famosa missione; nel complesso, ci è piaciuta molto, non deve essere male passare qui qualche giorno al mare in completo relax. Troviamo parcheggio vicino alla spiaggia dove si paga con i solito metodo “sulla fiducia”: si infilano le monetine nella cassetta corrispondente al n° del tuo posto ma non c’è nessun biglietto che lo testimonia e poi ci sono dentro i soldi di chi c’era prima di te…eppure tutti pagano, segno di grande e giusta onestà…purtroppo immagino la stessa situazione su un lido italiano….a voi indovinare cosa ho pensato! Ci arrostiamo un pochetto al sole e poi ripartenza, ho deciso di fermarmi a PISMO BEACH, per la notte, ultimo baluardo della vita da spiaggia californiana stile baywatch, da lì la costa diventa più naturale e selvaggia. Arriviamo quasi al tramonto e c’è una luce stupenda, troviamo alloggio al SEA GIPSY MOTEL (www.seagipsymotel.com cypress street, direttamente sulla spiaggia per 88 dollari a notte) e molliamo tutto per goderci forse il miglior tramonto di tutto il viaggio. Pismo beach è stata solo una tappa di passaggio ma ricordo in maniera perfetta quella passeggiata con un vento freddo e terribile, la spiaggia quasi deserta, una strana nebbiolina che sfuma i contorni, un surfista che cammina verso le onde con il molo sullo sfondo e la tavola sottobraccio, la torretta blu dei bagnini che non sembra vera, i giochi con lo scompiscè che mi segue mentre fotografo le mie orme sulla sabbia e le alghe abbandonate, la luce che cala…..solo adesso ho la certezza che sia stato veramente un viaggio speciale! La specialità culinaria di Pismo beach è la : clam chowder, vellutata con patate bacon e molluschi che avevo assaggiato a San diego, ma che sembra qui abbia il suo tempio nello SPLASH CAFE’ ( 197 pomeroy ave), dove sembra la gente venga apposta da tutto lo stato. L’apparenza non conta, sedie da giardino in plastica e ambiente per nulla particolare ma la migliore CLAM CHOWDER di tutti gli USA…ed effettivamente quella caldissima vellutata estratta dal gigantesco pentolone, riversata nella pagnotta scavata, con il cilindro di mollica leggermente abbrustolito servito a parte, è uno spettacolo!!!sicuramente la ricetta americana più buona che abbiamo mai assaggiato! Vorremmo fare un giretto per la piccola città ma siamo un po’ stanchi e poi la zuppa ci ha già appagati…si va a nanna per la tappa itinerante di domani.

IN BIG SUR WIT MY FAVORITIES ALLIES

Così cantavano i Red Hot Chili Peppers in Californication e questo motivo mi ronza in testa mentre scivoliamo sulle strade americane. Lasciamo Pismo Beach in una mattinata di vera nebbia Californiana, che copre l’oceano alla nostra sinistra come un mantello magico. Ovviamente siamo sulla mitica highway n° 1 costiera e panoramica anche se per il momento il panorama non si può vedere, ma io sono fiduciosa e so che la nebbia si alzerà! Così sarà poco prima di arrivare a Big sur, striscia costiera di 145 km circa, senza esatti confini, ma con l’unica vocazione di essere uno dei posti più spettacolari e selvaggi della costa Californiana. Dopo una sosta obbligatoria per dei lavori sulla strada ci fermiamo in una piazzola con altre macchine per ammirare finalmente l’oceano ed il suo abbraccio con la costa scoscesa. La nebbia si è diradata ed il panorama è da mozzare il fiato e perfino lo scompiscè con le vertigini si avvicina al bordo per scattare qualche foto….le tonalità di blu tra oceano e cielo sono infinite. Purtroppo non alloggeremo qua come hanno fatto alcuni scrittori della beat generation, anche se ci sarebbero posti meravigliosi…sarà per un altro viaggio. La prima tappa che ho programmato è al JULIA BURNS STATE PARKS per vedere la meravigliosa MC WAY FALL, una piccola cascata che si getta direttamente sulla spiaggia, vicino alla risacca. Si parcheggia nella piazzola ben segnalata e si segue il sentiero sempre ben indicato; io ho molta aspettativa, ho visto la cascata in qualche articolo su big sur e adesso ci sono!!! mi distraggono i meravigliosi profumi dei fiori di campo lungo il sentiero, nella piena natura, fino alla passerella sulla scogliera che offre il panorama della cascata e poco più in là altri scorci della costa intatta. Questa prima sosta lunga ci ha già riempito gli occhi, passiamo a PARTINGTON COVE, dopo un percorso molto più lungo e meno segnalato, ci fermiamo ai resti di un piccolo approdo….anche se non capisco chi ci potesse approdare in quello spazio angusto!! restiamo tranquilli ad ammirare le onde dell’oceano. Facciamo breve sosta ad un negozietto che vende oggetti meravigliosi e carissimi…. E poi al Nephente e Cafè Kevah famosissimi ma secondo me un po’ troppo sopravvalutati, anche perché le viste a Big Sur sono pazzesche ovunque e non è necessario vuotarsi le tasche per goderne. Mangiamo i nostri panini e andiamo alla ricerca del culmine della Bellezza: PFEIFFER BEACH, ma il problema è trovare la strada che non è segnalata….noi ci infiliamo in un sentiero sbagliato ma poi Bingo! dopo i negozietti e l’ufficio postale di Big Sur ma prima del ponticello una via sulla sinistra conduce alla spiaggia. Breve percorso ed il panorama che si apre ai nostri occhi incantati, vento, onde che gridano e sbattono contro la roccia che domina la spiaggia, sole quasi accecante, sabbia fine, acqua gelida. Passeggiamo un po’, ridiamo delle mie scene con i piedi in acqua, ma poi ci sediamo abbracciati sulla spiaggia e restiamo lì ammirati a goderci la pace. Purtroppo non possiamo star lì in eterno e dobbiamo proseguire verso il Pfeiffer Big Sur state Park, che è però ancora chiuso a causa degli incendi dell’anno prima e quindi niente giretto lungo il big Sur river e nuotata….nonostante questa piccola delusione Big Sur è stata veramente un’esperienza unica che consiglio di fare a tutti quelli in viaggio on the road lungo la California…vi prego non ci passate ultra veloci per andare da San Francisco a Los Angeles tutto in fiato…vi perdereste delle cose magnifiche. La tappa alloggio è MONTEREY da dove potremmo visitare il giorno dopo la città, ben tenuta e ricca di storia, Pacific Grove e Carmel. Dormiamo per 2 notti all’ECONOLODGE (www.econolodge.com 2042 Fremont street, 130 dollari comprese tasse, fuori dal centro ma comodissima). L’Econolodge ha anche una bella piscinetta di acqua calda e camere pulite e un computer con internet anche se la colazione non è per nulla un gran che e lo spazio è angusto. Dopo poco riposo siamo pronti per la cena al fisherman’s wharf pieno di negozietti e ristorantini con una felice atmosfera provinciale. Mangiamo ottimamente al Cafè Fina, con una bella vista sul tramonto e le barche ancorate ai moli vicini…ripercorrendo le immagini spettacolari della giornata.

PENINSULA MONTEREY MA SENZA ACQUARIO

Tutti a Monterey ti chiedono se hai prenotato i biglietti per l’acquario oppure si offrono di prenderli per te….ed noi ogni volta a spiegare che non vogliamo andarci. L’acquario è effettivamente l’attrazione principale di questa città, ma noi abbiamo poco tempo e quindi preferiamo dedicarci ad altre due cose: MONTEREY CITTA’ e la 17 MILE DRIVE. Monterey è stata una dei prima centri di colonizzazione della California ed è quindi piena di storia, molti suoi edifici si sono conservati perfettamente e possono essere visitati dal pubblico; per seguire una sorta di itinerario noi usiamo le utili cartine trovate al motel, la mia mitica guida e il percorso di stelle sui marciapiedi, creato apposta dal comune per valorizzare il percorso cittadino in questo State Historic Park all’interno della città. Parcheggiare non è un problema in questa bella cittadina e la passeggiata è stata molto piacevole ed istruttiva, per chi come noi europei non sa quasi nulla della storia americana ( a parte la scoperta del mitico Colombo ed altri rari eventi). Purtroppo non siamo riusciti a fare tutto il percorso però ci hanno colpito molto 3 posti: Larkin house, dove una simpatica guida costruisce per noi soli una visita guidata veloce a questa casa, di uno degli uomini più potenti del tempo e che mantiene ancora gli arredi originali importati dalla Gran Bretagna o altre parti del mondo, la casa di COOPER con annesso giardino in stile 800 californiano e opuscolo di spiegazioni perfetto e la COLTON HALL, dove si sono decise le sorti del paese e della rivoluzione con manoscritti dell’epoca. Il bagno culturale ci ha messo appetito, breve pranzetto e poi via…verso la 2° tappa di oggi. Sono stata indecisa fino all’ultimo momento a riguardo della 17 MILE DRIVE, perchè è a pagamento, all’interno di Pebble Beach, ovvero un rifugio di ricconi e golfisti, però i passaggio per big Sur mi ha talmente affascinato che ho ancora voglia di vedere l’oceano in tutto il suo selvaggio incontro con la terra e questa è una buona occasione. Noi ovviamente seguiamo il mitico navigatore ma i gate per l’entrata sono ben segnalati e dopo il pedaggio ci danno l’immancabile cartina con tutti punti panoramici ben evidenziati e spiegati (negli USA non vi mancheranno certo le informazioni su quello che potete vedere, sono tutti veramnete organizzati e sanno valorizzare bene il territorio). Foresta sul mare, case lussuose nascoste, e poi l’oceano spumeggiante…come sempre il cielo soleggiato di Monterey è cambiato, qui c’è un vento pazzesco, un po’ di nebbia e grigio però l’immagine selvaggia che ne deriva è ancora più marcata! Ci sono una sacco di parcheggi per fermarsi e poter osservare panorama e animali, basta scegliere con un po’ di istinto, per noi meritano: la baia spagnola dove hanno attraccato la prima volta gli spagnoli, Joe point dove gli scogli hanno fatto affondare più di una nave, l’isola degli uccelli, il cipresso solitario e quello fantasma….contornano il tutto alcuni giocatori da golf che si ostinano a giocare in riva all’oceano con questo vento pazzesco…che tenacia! All’uscita siamo vicino a CARMEL, microcosmo autonomo con casette piccole e ben curate, nessun semaforo o insegna luminoso a turbarne l’armonia…sinceramente questa chiccosa cittadina non ci è piaciuta molto, sembra un po’ artefatta nella sua perfezione. La spiaggia è invece enorme e bellissima e nonostante il tempo non proprio da tintarella c’era un sacco di gente a godersi il panorama o passeggiare. Torniamo verso Pacific Grove e costeggiamo il lungo mare fino a Monterey, dove sostiamo un po’ vicino alla spiaggetta. Rischiamo di rimanere senza cena perchè usciamo un po’ tardi, ma poi il mitico molo, pieno di ristorantini ci salva…abbiamo gli occhi sempre più pieni di esperienze ed immagini, anche se la malinconia di un’avventura che sta per finire comincia a farsi sentire. Frisco aspettaci!!!!

VERSO L’ULTIMA TAPPA: SAN FRANCISCO

Prima di arrivare a San Francisco facciamo tappa alla MISSIONE di Carmel, consigliataci dalla guida di ieri, e scopriamo un gioiellino. La chiesa con annessi altri edifici e cortile è molto ben conservata dopo un’attenta opera di restauro fatta, tutto è molto piccolo e raccolto, spiegato anche qui con cura dall’opuscolo, anche il giardino pieno di piante è molto gradevole. Ovviamente sono conservati anche reperti che testimoniano un’epoca dove le missioni formavano un vero percorso di coesione lungo tutta la California, non ancora diventato il golden state. Arriviamo abbastanza presto a San Francisco e lo scompiscè fa una grande proposta: se andassimo a Twin Peaks? Chi non si ricorda Laura Palmer?!?e allora via via su strada a tornati per arrivare sulla sommità di uno dei 2 colli gemelli più alto della città e che ci regala un bel panorama. Downtown è la davanti e si riesce a intuire la grandezza della città, l’orientamento ma non l’altezza delle altre colline che da lassù sembrano tutte appiattite. Dopo il panorama e mille foto ci infiliamo ( ahinoi…..) nel traffico pazzesco di Frisco…e dopo km in solitaria su strada semi-deserte questa entrata ci sembra tutt’altro che trionfale. Nel girone dantesco del traffico e degli esorbitanti prezzi dei parcheggi, insieme ai sensi unici, riusciamo sfiniti a mollare le valigie all’HERBERT HOTEL ( www.the herberthotel.com 161 powell street, 345 dollari 4 notti). La posizione dell’hotel è perfetta, proprio vicino al capolinea del cable car e a 2 metri da UNIUON SQUARE, peccato che lì vicino ci sia anche uno dei quartieri più malfamati, ma noi ne siamo stati alla larga. La camera non è male e moderna, unica nota negativa: nella hall c’è insediato anche un fast food messicano…ma ci si fa l’abitudine. Dobbiamo riprenderci dallo stress del traffico e dallo shock di aver tirato fuori tutti i bagagli e bazze varie dalla macchina, che ormai ritenevamo nostra, ovviamente sono lievitati durante il viaggio….sarà dura chiudere le valigie. Al capolinea del cable , vicino all’entrata della metropolitana, c’è l’ufficio dove compriamo l’abbonamento per i mezzi pubblici nei 4 giorni di permanenza in città, visto che ci muoveremo solo con i mezzi; è molto utile, comodo e valevole anche per il cable; non ricordo il prezzo per i 4 giorni ma si ammortizza con 4 o 5 corse in cable e quindi vale la pena. Negli hotel potete invece trovare le cartine con anche le utilissime indicazioni delle linee autubus, che noi abbiamo usato molto. La prima cosa da fare per entrare nell’atmosfera di San Francisco è il giro sul cable car, di cui parlerò meglio successivamente, e dopo qualche scorrazzata su è giù accorgendoci che le serate sono proprio frescoline, approdiamo a NORTH BEACH, caratteristico quartiere italiano con musiche e cucina che ricorda il nostro bel paese….e anche qui cediamo alla cucina italiana. North Beach è però anche il quartiere della Beat Generation che ha in Kerouac il massimo e più famoso esponente; approfitto quindi per andare in visita ad un luogo per così dire mitico, per chi come me ama la lettura, alla CITY LIGHT BOOKSTORE di Ferlinghetti….non riesco a evocare nello scompiscè il minimo interesse per questa visita e nemmeno lo convinco ad entrare al Vesuvio, dove appunto si ritrovavano i poeti beat…..peccato….mi sembrava così romanticamente nostalgico! Comunque…a parte il traffico…San Francisco ci piace!

GIRI SUL PREDELLINO Il CABLE CAR è una delle cose che ti galvanizzano di più!! non è solo un giro su un mezzo pubblico, è un giro sulla storia di questa città fantastica, ritratta in tanti film, è vivere la strada perché puoi anche stare sul predellino al bordo esterno, sfiorato da altre persone dei cable car che incroci o dalle macchine. Ci si inclina pazzescamente durante le salite/discese più impegnative e si rimane sempre più stupefatti delle pendenza della città e ovviamente ci si diverte come bimbi, perlomeno noi turisti che scambiamo questa cosa per una sorta di giostra cittadina. Al Cable Car è anche dedicato un museo molto interessante e gratuito, che sorge proprio al punto di divisione delle 2 linee. All’interno si osservano i motori che fanno costantemente girare il cavo a cui i cable si aggrappano per avanzare e le schede esplicative per capire tutto il funzionamento e la storia di questo anomalo trasporto pubblico. E’ ovvio che un giro sul predellino è OBBLIGATORIO. Dopo i nostri giri decidiamo che è anche ora di passeggiare e iniziamo da CHINATOWN, raggiungibile dopo poche fermate dal capolinea. Il quartiere è molto grande e subito si nota il distacco culturale dal resto della città, i negozi hanno insegne in cinese, negozi di chincaglieria ovunque ( ottimi comunque per lo shopping), asiatici ovunque, supermarket con cibi mai visti e lanterne rosse….una città brulicante di vita nella città. Non abbiamo una meta precisa, ci godiamo curiosi quelle vetrine di cui spesso non capiamo il contenuto e l’attività frenetica, i panorami e ci dirigiamo al tempio taoista TIEN HOU al n° 25 di Waverly Place. Nel tempio ci accolgono con estrema gentilezza, mostrandoci e cercando di spiegarci il perchè di alcuni simboli quali le pile di arance ovunque che sono ben auguranti. Con un’offerta mi aggiudico un sacchetto si semini portafortuna…chissà di quale pianata?!?! E’ arrivata la tappa pranzo e per rimanere in tema andiamo nel ristorante cinese più famoso della città: HOUSE OF NANKING, talmente famoso che ai tavoli ci sono solo occidentali. Il posto è affollatissimo, ma noi in due ce la caviamo velocemente e ci sbellichiamo dalle risate nell’osservare il proprietario che rimprovera tutti i dipendenti e gira sui tavoli tra i clienti per vedere se va tutto bene, a me che prendo i noodles lascia un sorriso e dice che ho fatto la scelta migliore perchè sono i migliori della città!! tutto buono e a buon prezzo! Seconda tappa di oggi: TELEGRAPH HILL con la Coit tower…dal nome evocativo, visto che è stata eretta dopo al morte di una ricca donna amante, in molti sensi, dei pompieri della città. Consiglio di arrivarci dalla parte della ovest, via strada, una delle più ripide mai percorse….solo l’idea di parcheggiare così inclinata mi fa venire i sudori freddi!!! Se non si fa questa strada si deve salire da una lunghissima scalinata abbarbicata su una parete verticale….meglio la strada rispetto i gradini, le persone che abbiamo incrociato nella nostra discesa erano senza fiato. Il panorama sulla baia è molto bello, grazie anche alla bella giornata di sole, e ci sono alberi sotto i quali riposarsi. In attesa di riprendere il cammino una signora americana fa una sorta di comizio per annunciare la morte di Michael Jackson e si offende perchè nessuno di noi turisti da segni di sconforto o si rattrista visibilmente…. Scendiamo dai ripidi gradini ( e c’è anche chi ha la casa su questa parete verticale……chissà quando deve portare la spesa?!?!) e raggiungiamo subito il Levi’s headqarter con una sorta di museo sulla storia del jeans. Direzione Pier 39, che sappiamo molto turistico, ma vogliamo andare al molo e avere qualche prima immagine della baia e di Alcatraz, dalla Union street arriva la linea dei tram storici linea F regalati da altre città straniere….e noi quale becchiamo? Ovvio…il tram di milano degli anni 30 con ancora il cartello “ NON SPUTARE DAL FINESTRINO”, bellissimo! Questa linea segue tutta la parte costiera con i vari Pier fino al 39 dove scendiamo. Il giro tra i negozietti, il ristorantino con l’ultima clam chowder del viaggio, i leoni marini e la vista sulla baia non dura molto perchè Giovanni comincia a non sopportare più il vento persistente della città e gli viene un’emicrania pazzesca. Per sfiga dobbiamo anche aspettare molto per l’autobus, ma le persone che abitano lì mi dicono che è normalissimo, il servizio autobus è un’anarchia totale ed i mezzi sono sempre in ritardo….beh…qualche pecca ci può anche stare. Riposo in hotel e cena in un locale lì vicinissimo in stile anni 50 molto carino e con menù vario (fanno anche colazioni abbondanti e buone) questi locali che per noi rievocano happy days e sono rarissimi in italia qui sono molto comuni, ne approfittiamo visto che il viaggio sta per finire! A letto presto….l’emicrania non da tregua…

OGGI VISITA AI DUE SIMBOLI

Oggi giornata simbolo. Partiamo presto sempre con la linea F arriviamo alla zona dei Pier, i moli che guardano la baia; tappa finale: ALCATRAZ. Attenzione ai biglietti per Alcatraz, in alcuni racconti sono citate compagnie di crociera che organizzano tour per la mitica prigione, ma in realtà fanno solo il giro per la baia e intorno all’isola, in realtà la compagnia monopolista dell’escursione è solo 1:ALCATRAZ CRUISES www.alcatrazcruises.com. Consiglio assolutamente l’acquisto dei biglietti via internet in anticipo. Dal sito potete scegliere giorno e orario, ci sono crociere che partono ogni 30 minuti ma poi si può rimanere sull’isola quando si vuole ed ci sono anche quelle serali; quando siamo arrivati, circa mezz’ora prima dell’imbarco per le pratiche di controllo biglietti, un cartello annunciava che la prima crociera con posti liberi sarebbe stata dopo 3 giorni. La traversata è breve però è meglio vestirsi un po’ pesanti, perchè nonostante il sole meraviglioso il vento è pungente. Siamo curiosi, in fondo è la prima volta per entrambi che entriamo a visitare un carcere, e questo è : IL CARCERE per eccellenza! La visita può essere gestita come si vuole, negli edifici all’attracco si può prendere la cartina con spiegazione e ci sono alcune sale dove è mostrata la storia dell’isola, che dopo il carcere e l’abbandono, ha anche ospitato una comunità di indiani d’America in protesta, poi ci sono altre costruzioni più o meno diroccate: ex case delle guardie, ex magazzini, ex torrette di sorveglianza e poi si arriva al carcere, vero e proprio cuore della visita. C’è un misto di curiosità e diffidenza nell’entrare in uno dei posti più temuti dai detenuti d’America e da cui si dice nessuno sia mai evaso e contemporaneamente sopravvissuto. La visita è interessante anche e soprattutto per l’audio-guida, inclusa nel prezzo, anche in italiano. La spiegazione non è affatto noiosa perchè costruita come un racconto a due voci tra guardie e detenuti , che narrano la vita del carcere dai vari punti di vista, i tentativi d’evasione, e detenuti famosi……tu passeggi come accompagnato da queste voci che ti indicano dove guardare e ti fanno osservare anche i minimi dettagli….ed in sottofondo si sentono i rumori propri del carcere…ti appassioni e rimani scioccata e colpita…sicuramente non ti annoi. BELLISSIMA GITA! La consigliamo a tutti! Quando torniamo è ora di un hot dog e di partire verso un ‘altro simbolo: GOLDEN GATE BRIDGE. Torniamo al punto di partenza della nostra “californication”, la prima tappa del nostro viaggio, ma questa volta vogliamo passeggiare a piedi e goderci questo colosso più da vicino. Sulla città sembra splendere ancora un bellissimo sole, e da alcatraz il ponte sembrava sgombro di nubi, ma a San Francisco non bisogna fidarsi mai…il clima della baia è un po’ infame e la nebbia è dietro l’angolo…infatti l’autobus va verso la zona Presidio fino al capolinea all’inizio del ponte e lì….c’è una nebbia ed un freddo da paura. Noi che eravamo preparati per il traghetto di Alcatraz ci copriamo con felpe e giubbotti e non invidiamo per niente quelli che arrivano dal centro con infradito e pantaloni corti…alcuni cercano di coprirsi con teloni da mare… Il mitico Golden Gate scompare nella nebbia e non si lascia ammirare in tutta la sua imponenza, io mi lascio travolgere dalla mania fotografica visto che il panorama è molto suggestivo, lo scompiscè deve fare i conti con le vertigini quindi evitare di guardare giù ma anche lui si lascia trasportare. La corsia di destra è per i pedoni, sinistra per le bici ma alcuni ciclisti intralciano la passeggiata….si saranno persi nella nebbia?!? arriviamo al primo pilone e puntiamo il naso all’insù, il metallo rosso scompare come incappucciato, mentre davanti a noi il ponte sembra lanciarsi nel vuoto. Nonostante il freddo e la mancanza di panorama per la nebbia la passeggiata ci ha colpito molto…in fondo lo avevamo già visto con il sole il primo giorno! Riprendiamo l’autobus per il centro, ritorniamo verso il sole e decidiamo di vedere un altro posto mito della città, che aveva battezzato il nostro viaggio: la Lombard street. Questa volta siamo a piedi e qui Giovanni si sbizzarrisce in 8000 fotografie alle macchine in discesa, da sopra, da sotto, da lato…non lo fermo più!!! Ci chiediamo in quante foto siamo finiti noi due nella nostra discesa e ci viene da ridere. In fondo la Lombard è solo una strada molto pendente con 8 curve a gomito, ma il colpo d’occhio delle casette che la circondano, le ortensie sui lati e le macchine che la percorrono la rendono uno spettacolo unico; noi scompiscè siamo ancora stupefatti dalla pendenza di alcune strade e io in particolare da alcuni parcheggi al limite della sfida alla forza di gravità! Dopo che lo scompiscè si è dilettato nelle foto ci mettiamo ad aspettare il Cable Car, che ferma proprio lì davanti, mezzo che ormai prediligiamo e che è diventata una vera e propria droga….e poi sono molto più frequenti degli autobus che non rispettano mai gli orari o addirittura saltano le corse. Scendiamo alla nostra fermata privilegiata davanti all’hotel ma facciamo una salto in Union Square che , pur essendo così vicina, non abbiamo ancora visto con attenzione, prima di rientrare in camera per una bella e lunga doccia calda, per eliminare tutto il freddo accumulato. Stasera pizza!!!troviamo un localino vicino all’hotel che fa delle pizze abbastanza buone, rientro in camera abbastanza presto…siamo stra cotti e i km nelle gambe si fanno abbastanza sentire!domani è l’ultimo vero giorno….tristezza…

ULTIMA GITA IN MEZZO AL GAY PRIDE

Oggi è l’ultimo giorno di questo favoloso viaggio, ci concediamo di giracchiare un po’ per goderci le ultime mete, e tuffarci nel colorato modo del Gay Pride, che inizia oggi, proprio nella città da cui è nato e che è considerata una delle più liberal di tutti gli USA. Iniziamo abbastanza presto andando al GOLDEN GATE PARK, parco cittadino veramente immenso e con molte cose da vedere oltre che ideale per fare pic-nic, jogging o semplicemente riposare all’ombra. La prima tappa è il GIARDINO DEL THE GIAPPONESE, ingresso di pochi dollari, dove consigliano di arrivare presto per evitare la folla. Il luogo è bellissimo, un giardino in stile giapponese per colori, composizioni floreali, laghetto e pagode rosse. Al centro c’è un bar dove si ci si può sedere ordinando un the, accompagnato da dolcetti, tra cui i mitici biscotti della fortuna. Questi biscotti, che tutti credono cinesi, in realtà sono stati inventati qui a San Francisco, racchiudono nel loro interno vuoto un messaggio filosofico rivolto alla persona che ha scelto quel biscotto….portarne un sacchetto sul lavoro fa felice i colleghi e soprattutto fa nascere situazioni comiche…nel mio qualcuno si è ingurgitato il biglietto!! L’atmosfera è proprio bella e soprattutto rilassante e sembra di essere in un altro mondo, sorseggiamo lentamente il nostro the assaporando questo angolo di paradiso. All’interno del parco vicino al giardino del the ci sono anche un museo e l’accademia delle scienze appena restaurata da Renzo Piano, ma noi scorriamo oltre e percorriamo i sentieri del parco godendoci la natura, la pace, qualche campo di atletica fino ad arrivare al recinto dove ci sono alcuni bisonti in semi libertà. Fa abbastanza impressione vederli lì, in una città, visto che l’immaginiamo correre con gli indiani nelle sterminate pianure…però sono curiosi e i pannelli esplicativi spiegano le loro abitudini ed il perchè di questo spazio dedicatogli. E’ tempo di uscire da parco per raggiungere un altro luogo di svacco, ma ultra famoso per la superba vista: ALAMO SQUARE, ovvero una piazza giardinetto da cui si possono immortalare in primo piano le 7 “sorelle” case vittoriane con sullo sfondo la downtown moderna con i grattacieli della finanza…un contrasto fantastico e molto artistico. Certo la fame si fa sentire e nel golden Gate park non sembrano esserci molti punti di ristoro, la piazza è tutta in pendenza e sentiamo che le gambine cominciano a cedere…..dopo la foto di rito dobbiamo assolutamente mangiare qualcosa. Finalmente a due vie di distanza dalla alamo square troviamo un locale carino, con musica, gente che legge e studia e una vasta lista di panini; qui Giovanni decide che ormai è diventato un esperto di menù e non vuole che gli traduca gli ingredienti, risultato: ordina un panino con la melanzana che non gli piace! Ma la fame è così tanta che lo divora. Attendiamo per mezz’ora l’autobus che ci dovrebbe portare verso Castro, quartiere gay, dove la comunità gay e moltissimi turisti stanno iniziando a festeggiare, ma nulla all’orizzonte; con la città bloccata per la manifestazione il servizio autobus già poco efficiente si impalla…andiamo a piedi come tutti gli altri. A Castro sventolano bandiere arcobaleno e in strada c’è pieno di gente che beve, locali stra-colmi, omoni che passeggiano mano nella mano come dolci innamorati e ragazze che si baciano tranquillamente….un’atmosfera piacevole e rilassata se non fosse per lo scompiscè che cammina alla velocità della luce…e quindi mi godo ben poco. Torniamo con calma verso l’hotel, prepariamo con fatica le valigie e ci facciamo una bella doccia, purtroppo siamo agli sgoccioli di un bellissimo sogno!

IL VIAGGIO E’ FINITO…. Ultime compere per lo scompiscè che non si decide mai a prendere i regalini, ultima colazione nel locale diner anni 50, ultimo scampanellio nelle orecchie del cable car che arriva, ultimo viaggio verso l’aeroporto e tanta attesa mentre facciamo il nostro ultimo filmino e commentiamo il viaggio per cercare di riviverlo un po’….arrivederci california, sappiamo che un giorno torneremo per vedere ancora i tuoi magnifici parchi, la costa selvaggia e quella mondana, le strade deserte e i motel isolati, gli americani simpatici e gli orsi bruni….un bacio dagli scompiscè!Per chi volesse chiedermi qualcosa scrivete pure a ronmar@tiscali.it



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