California on the road 3

Tra metropoli e parchi: Sequoia e Yosemite Park, Death Valley, San Francisco, San Diego e Los Angeles
Scritto da: luva.04
california on the road 3
Partenza il: 25/07/2015
Ritorno il: 08/08/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 3000 €
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La lunga attesa è finita, finalmente si parte per il selvaggio west: volo KLM da Linate (in realtà effettuato con Alitalia fino a Parigi) in perfetto orario e dopo 15 ore di volo arriviamo distrutti ma felici a San Francisco. Se avete noleggiato un’auto (noi tramite la compagnia Alamo: 300€ per 2 settimane un’ auto compatta tipo Golf, forse l’auto più piccola incontrata nei nostri innumerevoli chilimotri) una volta giunti all’aeroporto dovete prendere il treno interno che vi porta allo spazio dedicato ai car rental. Il primo motel prenotato è proprio vicino allo scalo, precisamente a San Bruno, per evitare il casino della città e avere prezzi più abbordabili. La scelta si è rilevata ottima perchè il paese è piccolo e tranquillo ma con moltissimi ristoranti e negozi ed è servito dalla BART, treni urbani con cui si può arrivare a San Francisco Downtown in 20 minuti (frequenza ogni 15 minuti durante la settimana). Essendo arrivati in serata siamo andati subito a dormire così la mattina dopo, causa jet lag, alle 5 eravamo già in piedi; per fortuna il vicino Starbacks era già aperto! L’acquisto dei biglietti della BART non è proprio immediato: è necessario selezionare l’acquisto della card magnetica e poi caricarci sopra i soldi; il sistema propone cifre tonde tipo 10$ o 20$ ma se voi sapete già di fare solo andata e ritorno potete caricare l’importo esatto (i costi sono scritti su una tabella su ogni macchinetta automatica); attenzione che questi biglietti non valgono per i mezzi di trasporto della città, la cui rete si chiama MUNI.

Noi abbiamo dedicato 2 giorni pieni a San Francisco e siamo riusciti a vedere tutto, camminando però 10 ore per una media di 20-25km al giorno: ci siamo veramente stancati, visto anche le strade molto pendenti ma ne vale veramente la pena, anche perchè la bellezza della città californiana sta proprio nei quartieri residenziali, nelle vie più che in downtown in senso stretto! La domenica, con un traffico sostenibile, siamo andati in centro in auto e abbiamo anche percorso il Golden Gate Bridge, avanti e indietro, sia in macchina che a piedi (ricordatevi che le auto pagano un pedaggio con un sistema di rilevamento targhe, solo nel senso di marcia entrante a San Francisco: non ci si ferma, evitando così le code, e devi ricordarti di pagare online entro 2 giorni). Vicino al ponte, degno di una visita, c’è il Presidio Park e per chi è interessato c’è una statua di Yoda. Visto che ci era anche venuto appetito ci siamo fermati per un tipico brunch domenicale, mangiando una zuppa di gamberetti (i crostacei sono il piatto tipico della Bay Area). Nel pomeriggio, da veri nerd, ci siamo fatti tutta la Silicon Valley: Facebook, Google, Apple e per finire anche la Stanford University a Palo Alto di cui siamo rimasti molto affascinati.

Il lunedì abbiamo girato tutta la zona di Downtown (bellissimo il Transamerica Pyramid) e del porto fino al Pier 39 dove si possono ammirare i leoni marini che si crogiolano al sole. In tarda mattinata avevamo prenotato l’escursione ad Alcatraz, che parte dal Pier 33: un’esperienza assolutamente da fare, inquietante ma emozionante; lo skyline che si gode dall’isola merita da solo la visita! Tenete conto che in tutto servono almeno 2 ore. Tornati sulla terraferma siamo andati a piedi fino al Fisherman Wharf, un quartiere molto caratteristico di pescatori dove mangiare dell’ottimo cibo di strada e la tipica zuppa di granchio nel pane! Da lì siamo andati, in salita, verso il tratto tortuoso della Lombard Street e poi abbiamo preso il tipico tram per farci tutta la discesa…troppo divertente! Non ancora paghi della giornata ci siamo girati il quartiere cinese a piedi fino al bellissimo arco in Grant Avenue. Per concludere la visita della città siamo andati a fare una foto alle famose Painted Ladies in Steiner Street, sono un pò fuori mano ma il quartiere è veramente indicato per una bella passeggiata.

Il giorno seguente lasciamo a malincuore San Francisco e ci dirigiamo alla volta di Visalia, dove abbiamo prenotato il nostro hotel successivo che useremo come campo base per l’escursione al Sequoia National Park. Sono un bel pò di miglia ma so che ne sarò ripagato! Prima di tutto qualche considerazione generale sulla guida negli U.S.A.. Intanto io avevo fatto la patente internazionale perchè le informazioni raccolte erano contrastanti e non sempre chiare, quindi, visto anche la quantità di strada che avrei affrontato, ho preferito non rischiare; è quasi impossibile trovare una macchina con cambio manuale, per cui bisogna fare un pò di pratica con quello automatico (N è la folle, R la retromarcia, D sta per drive quindi serve per procedere in avanti e P è la modalità parcheggio che innesta anche il freno a mano; molte auto non si spengono se non si mette in P e per tornare in D è necessario schiacciare il freno); i concetti base della guida sono ovviamente uguali ai nostri ma ci sono comunque delle differenze notevoli: è permesso il sorpasso sia a destra che a sinistra tranne che per gli scuolabus e i camion che espongono il divieto; è possibile svoltare a destra anche col semaforo rosso se non espressamente vietato (vi è il cartello “no turn on red”); non esistono rotonde e gli incroci non trafficati che non hanno il semaforo hanno lo stop su tutti i lati, la precedenza è del primo che impegna l’incrocio; in California tutte le Highway sono gratuite tranne alcuni tratti a sud di Los Angeles (non ci sono caselli ma viene rilevata la targa ed è necessario pagare sul sito thetollroad.com entro 5 giorni); per i parcheggi si deve controllare il colore del cartello o del bordo del marciapiede (rosso indica che è vietato parcheggiare e possono rimuoverti l’auto, verde si può parcheggiare ma con delle limitazioni, tipo al massimo un tot di ore oppure il parcheggio è a pagamento); il pagamento del parcheggio avviene tramite parcometri, ogni stallo ha il suo, pagate anche con carta di credito e la luce su di esso passa da rossa a verde e sullo schermo compare l’ora fino a quando potete rimanere.

Prima di dirigerci verso l’interno facciamo un giro verso la zona di Big Sur, percorrendo la Pacific Coast Highway 1, una strada molto panoramica, con molti spiazzi dove fermarsi per fare meravigliose foto dell’oceano; peccato per la nebbia…ma anche questa è una cosa tipica! Visalia è uno dei tanti paesi fotocopia che si trovano all’interno degli Stati Uniti, composti da una zona residenziale con tante casette stile british e una zona commerciale dove sono presenti tutte le catene: Walmart, Starbacks, Mac Donald’s, Panda Express (un fast food cinese…buonissimo!), Applebee (ribs da urlo!!), Carl’s Jr (tipo mac ma a nostro parere gli hamburger sono molto più buoni, anche perchè fatti al momento) e moltissime altre. Non ha nessuna pretesa turistica ma è un ottimo punto di partenza per vedere il parco che dista non più di un ora d’auto. All’ingresso del parco c’è la postazione dei ranger a cui si deve pagare l’ingresso (20$ a macchina con tutti gli occupanti valido per 7 giorni in quello specifico parco, oppure si fa il pass annuale per 80$ valido per i tutti i parchi per 365 giorni). Entrando da sud con la Highway 198 la prima cosa da non perdere è sicuramente il Moro Rock Trail (sono 30 minuti andata e ritorno dal parcheggio non troppo impegnativi che tramite scalini ti portano sulla parte alta di una roccia con una vista a 360 gradi sulla foresta); ricordatevi che dentro questi parchi il segnale dei telefoni è completamente assente (funziona ovviamente il GPS) quindi fidatevi della segnaletica che è sempre ottima. Ripresa l’auto, tornando sulla strada principale, si può vedere il Tunnel Log (in pratica un tunnel scavato in una sequoia caduta). Noi a questo punto eravamo già affamati e quindi ci siamo fermati a fare un pic nic in una delle numerose aree attrezzate; seguite sempre le indicazioni dei cartelli per i pericoli degli animali presenti, tipo di non lasciare cibo in auto ma negli appositi contenitori e di non avvicinare gli orsi (noi non siamo stati così fortunati da vederli ma c’erano delle impronte proprio sul sentiero; ovviamente degli scoiattoli e degli uccelli abbiamo perso il conto e ci siamo trovati davanti ad una volpe!). Rifocillati abbiamo proseguito per il Generale Sherman, la pianta più grande al mondo: in questo caso sono 500m circa di passeggiata abbastanza ripida ma ne vale decisamente la pena….semplicemente incredibile! Non ci si rende conto della sua grandezza fino a quando non si rivede la foto con voi di fianco! Da lì noi abbiamo anche proseguito per il Congress trail (un percorso circolare di circa 3km abbastanza pianeggiante) che permette di inoltrarsi nella foresta delle sequoie giganti: silenzio e natura incontaminata, uno spettacolo! Tornati alla nostra macchina ci dirigiamo verso il Generale Grant: anche in questo caso il sentiero è fattibile da tutti (non più di 500m dal parcheggio) e si passa anche all’interno di una sequoia caduta, come se fosse un tunnel! Ormai si era fatto pomeriggio inoltrato e quindi abbiamo deciso di tornare indietro, non prima di essere passati dal negozio di souvenir, dove vendono anche delle sequoie appena nate da far crescere a casa propria (non pensavo ma la nostra è resistita fino a Milano nonostante il caldo in auto e il volo!).

Il giorno successivo riprendiamo l’auto alla volta di Los Angeles, con tappa intermedia a Santa Barbara, giusto per mangiare e fare una passeggiata sul molo e sul lungomare. Qui tutto è proprio come ci si immagina il mare della California: spiagge di sabbia chiara enormi e un bellissimo lungomare con altissime palme! Nel pomeriggio siamo già a Los Angeles, anche se il nostro hotel è in realtà a Glendale, un cittadina dell’Hinterland nord. Anche in questo caso la scelta si rivelerà vincente: la zona è bella con tanti ristoranti e negozi ma tranquillissima di notte; per raggiungere downtown o Hollywood Boulevard ci sono 2 bus (il 92 e il 180 al costo di 3$ andata e ritorno; i tempi di percorrenza variano molto a seconda del pazzo traffico, diciamo tra i 20 e 50 minuti; ricordatevi di avere moneta perchè a bordo il conducente non ha resto). Come prima cosa abbiamo girato downtown: splendido il Walt Disney Concert Hall e il quartiere giapponese ma attenzione a non abbandonare le strade principali e più trafficate o rischiate di trovarvi in una bidonville, con decine di senza tetto accampati sul marciapiede (accampati nel vero senso della parola: tende, bagni chimici, cucine improvvisate da associazioni di carità)!

Il giorno seguente di buon mattino ci facciamo tutta la Walk of Fame, andata e ritorno, guardandoci tutte le stelle; sinceramente ci immaginavamo qualcosa di meglio ma è sicuramente una tappa fondamentale. All’altezza del Dolby Theatre e del Chinese Theatre (impossibile non notarlo!) c’è la zona del marciapiede con le impronte delle mani dei VIP; salendo al primo piano dove ci sono bar e ristoranti c’è una bella vista sulla celeberrima scritta “Hollywood”. Dopo aver mangiato al vicino Hard Rock prendiamo la metropolitana per visitare gli Universal Studios.

Il giorno seguente avevamo prenotato la visista ai Warner Bros Studios: se siete appassionati di cinema e di serie televisive è una meta imperdibile. Durante il tour di circa 2-3 ore abbiamo potuto vedere il set di The Big Bang Theory, alcune delle location di Friends (è anche possibile farsi fare una foto al Central Perk!) e la ricostruzione di intere vie dove sono state effettuate le riprese di alcuni film anche molto famosi (Batman e i Gremlins per esempio). Nel pomeriggio gita al mare a Santa Monica a vedere il molo e le sconfinate spiagge; abbiamo anche noleggiato a 7$ l’una due biciclette: oltre al lungomare pedonale c’è anche una bella pista ciclabile lunghissima che ci permette di arrivare fino alla pittoresca e rumorosa Venice Beach. Prima di tornare in albergo abbiamo allungato per vedere Malibù e goderci lì il tramonto.

Per l’ultimo giorno non potevamo non fare un giro alla NASA di Pasadena: attenzione che l’accesso all’edificio è strettamente sorvegliato; per fortuna il custode ci ha lasciato almeno fare una fotografia all’insegna. A breve distanza si trova lo stadio Rose Bowl, dove l’Italia ha perso la finale mondiale contro il Brasile, sinceramente nulla di che.

Il giorno dopo toccata e fuga a San Diego. Nonostante sia week end il traffico è veramente pesante ma sempre scorrevole; un tratto di questa strada è a pagamento a meno di non voler allungare. Prima tappa della giornata è La Jolla, famosa per la presenza di foche; le nostre aspettative non saranno deluse: ci sono tantissime foche che nuotano in acqua e molte escono anche sulla spiaggia e sugli scogli ed è possibile avvicinarsi fino a pochi metri, non sembrano per nulle impaurite dall’uomo. Dopo un pranzo in stile messicano raggiungiamo finalmente San Diego: avendo poco tempo a disposizione saltiamo a malincuore lo zoo e diamo un rapido sguardo a downtown, soprattutto al Gaslamp Quarter e alla zona lungo l’Oceano. Ripresa la macchina dedichiamo anche un’oretta a Old Town, che non è la parte storica come il nome potrebbe lasciar presagire, ma un intero quartiere ricostruito sulla base di come doveva essere la città a fine ‘800, quando l’influenza messicana era predominante.

Il giorno seguente si parte finalmente per l’interno della California, destinazione Yucca Valley dove pernotteremo, essendo un buon luogo di partenza per visitare il Joshua Tree National Park. Facendo solo le camminate più facili e maggiormente visitate si riesce a completare il giro in circa una giornata; leggete bene i cartelli di pericolo e ricordatevi di portare molta acqua; ai supermercati potete comprare delle borse frigo usa e getta in polistirolo e riempirle in hotel tramite le macchine che producono ghiaccio. Dal nostro albergo la prima cosa che si incontra è Indian Cove, spettacolari formazioni rocciose nel mezzo del deserto; è necessario poi tornare indietro sulla strada principale e rientrare nel parco tramite l’entrata successiva (non più di 30 minuti d’auto). Assolutamente da non perdere il Cholla Cactus Garden e la Hidden Valley (un percorso circolare pianeggiante della durata di 30-40 minuti circa). Noi abbiamo anche proseguito per vedere la Skull Rock e Arch Rock che sono percorsi molto brevi, solo qualche minuto, e permettono di fare ottime foto. In questo secondo parco c’era ancora meno gente che al Sequoia, e in alcuni casi ci siamo ritrovati completamente soli in mezzo alla natura; per chi lo desiderasse ci sono tantissimi posti organizzati per campeggiare nel deserto, tutti con bagno, posto macchina e barbecue privati.

Uscendo dalla parte nord del parco ci si trova vicino all’ingresso del Mojave National Preserve, che è la nostra meta successiva. Lungo la strada si passa anche da Amboy, una specie di ghost town sulla mitica Route 66, che percorriamo per qualche miglia, dopo aver fatto decine di foto ai cartelli e allo storico distributore! Seguiamo poi le indicazioni per Kelso per vedere le dune: la deviazione è sterrata ma si riesce a proseguire a 40-50km/h con qualsiasi tipo di autovettura; arrivati al parcheggio inizia il trial nel deserto, che però noi per mancanza di tempo non affrontiamo; foto di rito e via alla destinazione successiva, il Teutonia Peak trail, seguendo le indicazioni per Cima Dome. Qui si può ammirare la più grande foresta di Joshua Tree. Per completare questo meraviglioso parco andiamo all’ Hall-in-the-Wall: si tratta di un percorso circolare di circa 30 minuti, quasi tutto pianeggiante tranne gli ultimi 100 metri che sono quasi in arrampicata e bisogna aiutarsi con degli anelli conficcati appositamente nella roccia. É un percorso molto divertente immerso in un panorama pazzesco, in più eravamo completamente da soli: inquietante ma fantastico! (Se ci arrivate da nord la strada è sterrata ma in ottime condizioni, da sud invece è tutta asfaltata).

Per la notte avevamo prenotato il solito motel a Barstow a circa un paio d’ore dal Death Valley National Park.

La mattina seguente però prima di entrare nel parco facciamo una deviazione in Nevada: percorrendo tutta la 127 (che nel nuovo stato diventa 373) ed arriviamo ad Amargosa Valley dove c’è l’Area 51 Alien Center. In realtà non è altro che un distributore a tema alieni con in vendita simpatici gadget, nulla di imperdibile ma divertente. Torniamo quindi in California e tramite la 190 entriamo finalmente nel deserto. Appena all’interno del parco c’è la deviazione per Dante’s View, un punto panoramico su tutta la depressione. Proseguendo sulla strada principale si incontra Zabriskie Point, un altro punto panoramico che a pochi passi dal parcheggio lascia senza fiato! Imbocchiamo poi Badwater Road che ci porta all’omonimo punto di interesse, Badwater: qui è possibile camminare sul sale e un cartello ci ricorda che ci troviamo a 86 metri sotto il livello del mare; per fortuna quel giorno è anche un po’ velato perchè abbiamo raggiunto comunque i 50 °C tondi tondi, e si sentivano tutti! Tornando indietro verso Furnace Creek abbiamo fatto 2 deviazioni: Devils Golf Course e Artists Palette. La prima è una strada sterrata ma fattibilissima di appena qualche centinaio di metri che permette di ammirare delle strane formazioni saline proprio in mezzo alla vallata; la seconda è invece un strada a senso unico (Artists Drive) e si possono ammirare alcune pareti rocciose di tantissimi colori a causa dei differenti minerali presenti. Essendo tardo pomeriggio ed essendo il nostro motel successivo a quasi 200km (a Bishop per la precisione, il primo paese degno di questo nome, a parte Lone Pine dove ci siamo fermati a cenare) ci siamo incamminati verso l’uscita ovest del parco (direzione Panamint Spring proseguendo sulla 190). Poco prima di uscire dal parco è possibile ammirare delle dune e camminarci sopra; iniziano proprio davanti al parcheggio e si perdono in lontananza, una vista molto rilassante a nostro parere!

Con nostro grande dispiacere è arrivato anche l’ultimo giorno di questa stupenda vacanza; dopo la tirata di ieri sera per fortuna non abbiamo neanche un ora di macchina per raggiungere il Mono Lake: un lago salatissimo con un ecosistema molto particolare e stranissime formazioni rocciose; è situato proprio sulla strada per entrare allo Yosemite National Park e costa 3$ (oppure è valida la tessera annuale dei parchi). Dopo una visita di circa un’ora ci avviamo all’ingresso del parco passando dal Tioga Pass a 3000 m.s.l.m; con nostro grande stupore, visto che eravamo abituati a trovare i parchi deserti, abbiamo addirittura fatto coda per entrare (senza annual pass la fila è ancora più lenta ovviamente); purtroppo il grande affollamento ha condizionato tutta la giornata e non siamo riusciti a vedere il Glacier Point. Dal passo abbiamo percorso tutta la Tioga Road fermandoci molte volte a fare foto, soprattutto al Tenaya Lake e a Olmsted Point (la vista è ottima anche dal parcheggio, ma se si segue il sentiero per qualche centinaio di metri… si rimane senza parole!), fino alla Yosemite Valley (anche qui siamo rimasti incolonnati nel traffico). Dal visitor center parte il percorso per vedere le famose cascate, che però danno il meglio di se in primavera (il percorso è semplice, tenete conto non più di 1 ora andata e ritorno).

E qui a malincuore si concludono le nostre ferie perchè il giorno dopo alle 15 abbiamo l’aereo che ci riporterà in Italia.

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