California, Nevada e Arizona

Giovedì 2 marzo siamo partiti da Venezia con destinazione San Francisco e con scalo tecnico a Francoforte. Abbiamo deciso di partire con la Lufthansa avendo già viaggiato con questa compagnia per andare a New York. Sono professionali e puntuali: l’unico piccolo rammarico è che i film che proiettano non sono in italiano. Far passare 11 ore di...
Scritto da: gridou
california, nevada e arizona
Partenza il: 02/03/2006
Ritorno il: 11/03/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Giovedì 2 marzo siamo partiti da Venezia con destinazione San Francisco e con scalo tecnico a Francoforte. Abbiamo deciso di partire con la Lufthansa avendo già viaggiato con questa compagnia per andare a New York. Sono professionali e puntuali: l’unico piccolo rammarico è che i film che proiettano non sono in italiano. Far passare 11 ore di volo non è facile ma per fortuna c’eravamo ben organizzati tra libri, riviste varie e giochi. Abbiamo avuto il piacere di passare sopra le Greenlands, paesaggi ghiacciati molto suggestivi da osservare da un’altitudine così: è incredibile che nonostante i chilometri di distanza si potesse distinguere anche le poche case, la vista era incredibilmente limpida. Il nostro viaggio è stato programmato con largo anticipo perché mi piace documentarmi sui luoghi che andrò a visitare, pertanto al ns. Arrivo a San Francisco sapevamo già come muoverci. Abbiamo passato la dogana dove per fortuna il clima era un po’ più rilassato che a New York. Ero così agitata per questo passaggio che mi sono confusa e anziché presentare le impronte digitali destre ho presentato quelle sinistre facendomi immediatamente riprendere . All’uscita dell’aeroporto abbiamo preso il BART (solo 8 euro in due ), la metropolitana che porta direttamente in centro, non costa molto ed è rapida, bisogna solo riuscire a comprare il biglietto con i distributori automatici. Dopo vari tentativi abbiamo vinto questa piccola sfida tecnologica. La nostra gran fortuna è stata che la ns. Fermata era proprio situata nella via del ns. Hotel così non abbiamo dovuto muoverci troppo con le valigie (e la stanchezza). Il ns. Hotel era l’Hotel Union Square situato in Powell Street: molto pratico da raggiungere e carino da vedersi. La prima volta che abbiamo visto Powell Street siamo rimasti affascinati da questa strada di San Francisco: piena di negozio, con una discesa degna del telefilm anni 80 “Starsky and Utsch”. Abbiamo avuto modo di percorrerla avanti indietro molte volte e l’ultimo tratto era di una tale pendenza da stancare chiunque provasse ad intraprenderla. Su questa via abbiamo intravisto le prime esibizioni di strada: persone che suonavano travestite da Michael Jackson, da Centurioni, Charly Chaplin persone vestite in modo stravagante.

La prima sera non abbiamo avuto la forza di uscire, avevamo accumulato troppa stanchezza ma l’indomani siamo stati i primi clienti dello Starbucks di fronte. Si trovano colazioni forse troppe abbondanti per le nostre usanze ma sono in ogni modo quelle più simili alle nostre. Purtroppo ho lo stomaco fragile e non posso alimentarmi come fanno loro: è troppo grasso per me. Per fortuna a San Francisco si riesce a mantenere un’alimentazione quasi sana. La prima constatazione che abbiamo fatto sul modo di vivere a San Francisco era sulla gran convivenza tra la popolazione locale e le persone meno agiate: allo Starbucks metà delle sedie erano occupate da senza tetti che stavano seduti tranquillamente ad osservare le altre persone. In Italia non sarebbe stata accettata questa promiscuità. La città di San Francisco è molto carina, il centro è raccolto nonostante le vie tortuose ed è una delle grandi città più pulite che ho visitato. Non si trova una carta gettata per terra, le lattine sono tutte recuperate dalle persone meno agiate per essere rivendute e ogni tanto ci s’imbatte in queste persone che spingono carrelli pieni di lattine. Ed è anche molto facile da visitare.

Il primo giorno lo abbiamo passato costeggiando l’Embarcadero ed arrivando fino al Pier 39: prima di uscire eravamo un po’ preoccupati perché il meteo indicava grandi piogge ma in realtà la pioggia della California dura poco. Il Pier 39 è molto carino, adattato ai turisti, ma in ogni caso gradevole da visitare. La sosta obbligata è ai Leoni Marini: vent’anni fa un branco di Leoni Marini disorientati da un terremoto si è installato nelle vicinanze di quel molo; ora sono diventati la mascotte di tutta la città e sono protetti. Sono molto rumorosi e puzzolenti ma è divertente vedere come si lottano per ottenere i posti sulle zattere di legno. Abbiamo continuato la ns. Passeggiata facendo una sosta ad un museo veramente particolare e gratis: il museo delle attrazioni automatizzate e a pagamento. In questo capannone sono raggruppati i teatrini meccanizzati che si espongono alle giostre da più di 150 anni: dai più recenti quali oroscopi vari, pungi-ball, a quelle più antiche quali pianoforti che suonano da soli, balli aristocratici. Sono tutti molto belli ma in particolari i più suggestivi sono quelli antichi. Abbiamo proseguito con una piccola sosta davanti ad una delle navi che salpò in Normandia nel 44 per il famoso “sbarco” e poi abbiamo fatto una sosta culinaria molto piacevole. Avevo letto nelle guide che uno dei piatti forte di San Francisco (soprattutto nella zona dello Fisherman) è una zuppa di granchi serviti all’interno di una pagnotta di pane precedentemente svuotata: è molto cremosa con un gusto delicato. Era così buona che anche l’indomani abbiamo deciso di andare a provarla in qualche altro locale. E non eravamo gli unici: fuori di un locale abbiamo intravisto dei operai che apprezzavano la stessa zuppa in modo “take away”.

Abbiamo continuato la s. Passeggiato ad un ritmo molto lento perché il fuso orario ci stava mettendo i bastoni tra le ruote.

L’indomani mattina abbiamo deciso di andare a piedi fino al ponte di San Francisco percorrendo così la famosa via di fronte alla Marina. Questa via è famosa per le case che si trovano di fronte al porto: sono molto belle e sorprendentemente tutte molto diverse le une dalle altre. Ci siamo stupidi di tutta la gente che viene a fare jogging il sabato mattina, famiglie al completo dall’ottantenne al neonato spinto in corsa dalla madre nella sua carrozzella. Abbiamo trovato questo tratto di San Francisco molto bello, molto verde (cosa cui non ci aspettavamo) abbiamo costeggiato l’oceano e le innumerevoli piccole spiagge di San Francisco dove in realtà gli unici che ne approfittano sono i cani. Tutto il lungo oceano è predisposto ai nostri amici a quattro zampe e tutti i proprietari muniti di sacchetti di plastica per raccogliere le feci dei loro cani.

Abbiamo visto l’isola d’Alcatraz e capito per quale motivo era quasi impossibile scappare: anche se sembra vicina è isolata in mezzo all’Oceano. L’isola è molto piccola ed oltre al carcere ci sono poche strutture. Abbiamo visitato due battelli ed una casa galleggiante: la cosa incredibile è che lungo il ns. Percorso abbiamo più volte intravisto case galleggianti sui fiumi americani.

Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di fare subito la tessera per i grandi parchi: costa 50 dollari ma può essere utilizzate anche in quattro persone e si può entrare non solo nei parchi ma anche nei musei particolari come quello dei battelli. E’ utile poiché solo per il Gran Canyon l’entrata costerebbe 25 dollari a persona. Abbiamo visto il bel ponte rosso di San Francisco, molti turisti noleggiavano le biciclette per poterlo percorrere ma non abbiamo visto il punto di noleggio ed abbiamo abbandonato l’idea di attraversarlo avendo i piedi dolorosi! Sotto il ponte c’è una vista magnifica della Costa di Sausalito, la città che si trova di fronte San Francisco, è una zona collinare e con i raggi di sole era un vero spettacolo. Sotto il ponte abbiamo anche trovato un piccolo negozio nel quale abbiamo comprato i nostri primi ricordini: in realtà questa volta ci eravamo prefissati di comprare solo ricordi per decorare la ns. Casa, così ci siamo ritrovati i proprietari di una lucertola da appendere fatta in latta molto particolare e simpatica. Questa lucertola è molto comune in America e l’abbiamo ritrovata spesso lungo il ns. Viaggio. Ogni volta che passo davanti penso al ns. Viaggio. Abbiamo proseguito il nostro camino fino alla vecchia fabbrica di cioccolato Ghirardeli e lì di fronte abbiamo preso il tram. Di per sé i tram sono bellissimi, tutti in legno con le scritte dell’epoca, ed il tragitto in tram (nonostante sia costoso cinque dollari a percorso) è stato molto emozionante. Eravamo posti all’esterno ed abbiamo avuto l’occasione di vedere tutte le strade. Certe persone che erano davanti erano appese sui lati e alcuni riuscivano anche a leggere il giornale. Noi eravamo troppo presi dalla vista. Una delle fermate del tram era proprio di fronte al ns. Hotel così abbiamo avuto modo di fare uno scalo tecnico. Ci siamo riposati e ci siamo diretti nei quartieri italiani e cinesi. Pieni di vita. Il quartiere italiano è contraddistinto dal tricolore riportato sui pali della luce, se non fosse per questo dettaglio e per qualche nome di ristorante non si capirebbe molto. Non so il motivo ma in America hanno il difetto di legare la cucina italiana a quella messicana e molte volte abbiamo trovato dei ristoranti mex-itlay. Nel quartiere italiano siamo entrati in una galleria d’arte per ammirare qualche opera ma prima dell’ uscita ci siamo accorti dalla vetrina che proprio di fronte alla bottega c’era un gruppetto di ragazzi che cercava di rubare in pieno giorno un’automobile.. Non sapevamo come comportarci. Finché è passato un gruppo di turisti ai quali ci siamo mescolati. I ragazzi ridevano: più che un furto sembrava una bravata. Abbiamo proseguito attraversando qualche piazzetta zeppa di bancarelle e ci siamo ritrovati nel cuore del quartiere cinese. Ogni volta che visito un quartiere cinese rimango affascinata dai mille colori vivaci e dalle centinaia di persone. Abbiamo percorso un parco del quartiere cinese dove le persone vanno a praticare il Tai – Chi e altri movimenti. Posso garantire che erano soprattutto persone di una certa età e vederle esercitare il proprio fisico alla ricerca dello Ying e dello Yang fa rimanere di stucco. Le persone che abbiamo incontrato lungo tutto il ns. Viaggio sono state quasi tutte molto cortese e molto disponibili ad aiutarci. A San Francisco si fermavano spontaneamente a chiederci se avevamo bisogno d’aiuto per ritrovare la ns. Strada.

Abbiamo deciso di finire la ns. Giornata con un bel cocktail / drink in un localino messicano. Abbiamo conosciuto un iraniano e un colombiano, persone squisite.

L’indomani mattina siamo andati a ritirare la macchina: una bellissima Pontiac rossa con cambio automatico. Devo fare una premessa prima di partire avevamo comprato da Internet la mappa degli Stati Uniti da inserire nel nostro satellitare TOM TOM. Il satellitare è stato la ns. Salvezza, è molto aggiornato (solo due volte ci ha indicato una strada sbagliata) e senza di lui saremo ancora girando per San Francisco. L’unica cosa che bisogna ricordarsi è che quando si cambia continente il Tom Tom c’impiega più di un giorno a trovare il segnale satellitare. Dopo un po’ di sudori freddi e qualche inchiodata siamo riusciti ad uscire da San Francisco. Il problema delle prima ore di guida di un cambio automatico è che bisogna “annullare” un piede (quello che ha tendenza a schiacciare la frizione ma che in realtà frena di brutto). Le prime ore sono state un po’ tese ma dopo è andato tutto molto bene. In effetti, con le strade immense che hanno non avrebbe senza avere un cambio manuale tanto meno possedere piccole macchine. In una settimana di scorribanda per il paese abbiamo speso solo circa 80 dollari di “regular” benzina, non pagando niente per le HighWay / autostrade: non saranno sempre ben tenute ma non arrivano ai nostri livelli.

Abbiamo avuto problemi per raggiungere la località di Mammoth Lakes dove eravamo diretti per una tempesta di neve in corso e abbiamo dovuto costeggiare tutte le montagne della Sierra Nevada per arrivare a Las Vegas. La cosa buona è che abbiamo visto dei paesaggi non turistici, molto belli quasi surreali. Era un misto tra il verde della Normandia e il deserto. Abbiamo anche percorso chilometri e chilometri tra migliaia di mandorli in fiore (sembrava neve), d’aranceti e di vigne. Il suolo americano è molto fertile e la diversità dell’agricoltura è sorprendente. Consiglio a tutti di provare l’anguria della California e le fragole: sono entrambe squisite! Abbiamo intravisto concessionarie immense tutte addobbate da palloncini, supermercati simili a labirinti, punti di ristoro con le bandiere americane nel cortile (sulle autostrade americane non si rischia di morire di fame). Dopo quasi una giornata intera di viaggio abbiamo dovuto fermarci in un hotel modesto lungo la strada il VAGABOND INN: era veramente carino con frigorifero e forno a micro-onde, pagato poco solo 36 euro in due con prima colazione.Ed abbiamo anche assistito ad un inseguimento in diretta con tanto d’elicottero. In realtà ero molto spaventata.

L’indomani mattina siamo arrivati a Las Vegas al Circus Circus, il ns. Hotel che aveva circa 30.000 camere. Las Vegas è contraddittoria, da un lato ti fa vivere in un mondo fatto solo per accontentare le richieste d’ogni turista, dall’altro non è capace di proporre un modo di vita diverso dal suo. A Las Vegas, fuorché le mega bistecche, non si mangia in modo sano. A Las Vegas ci si rende conto del problema dell’obesità americano: è un disastro. Ho visto genitori che davano sberle al figlio obeso perché non mangiava le patatine fritte alle 10.00 di mattina, ho visto una signora con tali problemi di salute causati dai chili in eccesso da essere costretta a muoversi su una sedie a rotelle ma nonostante con una confezione maxi di gelato in mano. Ovunque si vada si vede persone che camminano con una bevanda in mano: bevono in continuazione e non acqua. E’ impressionante e raccapricciante che uno stato non sappia mettere un freno a questo problema. Alla radio sentivamo che anche la comunità ispanica sta lanciando l’allarme: stanno diventando obesi anche loro.

La comunità ispanica è molto presente in America, in tivù hanno vari canali con una programmazione studiata per loro e tutta in spagnolo. Sono molto calienti e diversi dagli americani stessi. Ci siamo divertiti molto a seguire i loro programmi televisivi.

A Las Vegas si vive di notte, le luci si accendono e gli spettacoli di strada iniziano. Sono belli da vedere anche se ammetto di non essere rimasta particolarmente affascinata da questa città situata proprio nel cuore del deserto. Mi ricorda la canzone di Cocciante “bella senza anima”. Il rumore emesso dalle slot macchine ti accompagna ovunque tu vada fino all’interno dei terminal dell’aeroporto. La mattina quando uscivamo presto per le nostre gite avevamo davanti a noi uno spettacolo desolante: persone che avevano passate tutta la notte a provare a vincere. Il Nevada è uno dei pochi stati d’America ad autorizzare la prostituzione, lungo tutto le vie di Las Vegas, ragazzi solitamente ispanici propongono dei bigliettini da visita con la foto di qualche bella ragazza. Anche Las Vegas è una città pulita nonostante la miriadi di turisti che la raggiungo durante tutto l’arco dell’anno. A Marzo il clima è stupendo non troppo freddo, la sera si girava con solo un giubbino leggero. A Las Vegas abbiamo bevuto degli ottimi drink : abbiamo trovato un locale molto divertente che si chiama Margheritas city dove servono dei cocktail tipo i nostri sorbetti, favolosi. Da provare.

L’indomani abbiamo attraversato un pezzo della Route 66 per raggiungere il Gran Canyon, abbiamo fatto una sosta colazione in un locale tipo anni 50/60, con una cuoca anziana che cucinava piano piano.. Quando uno del locale si è lamentato lei ha specificato che la sua è SLOW-FOOD.. Anziché servirci da bere nei soliti bicchieri, ci hanno servito nei vasetti di vetro da marmellata. Un posto simpatico nonostante la colazione molto grassa: due uova intrise d’olio grasso, un po’ di bacon croccante e fresco e un toast impanato con molto burro sopra.. Era buona ma per noi equivale a colazione, pranzo, merenda e cena.. Se non di più ! Per arrivare al Gran Canyon si attraversa per quasi due ore un tratto di paesaggio che sembra deserto. Ogni venti chilometri trovavi qualche casa sparsa, noi ci siamo chiesti come vive questa gente così isolata. Ogni americano ha in giardino un gran bazar ma soprattutto al fianco della propria casa in legno si trovano i camper e le roulotte. Un vero americano deve avere una propria roulotte o camper ma in quel deserto non ne capisci il motivo. Sono poco attaccati alle loro case, non trovi case curate come in Europa, ma in compenso amano i camper e i pick up: certe volte sembrava che il pick-up fosse più grande della casa ed era quasi vero ! Le cassette delle lettere sono raggruppate tutte insieme sul ciglio della strada evitando ai postini chilometri. Siamo arrivati al Gran Canyon quando il tempo iniziava a cambiare, si stava leggermente annuvolando ma siamo riusciti a goderci la vista magnifica per due ore. La sola vista del Gran Canyon merita tutto il viaggio, toglie il respiro tanta bellezza messa tutta insieme e così ben tenuta. Iniziava a far freddo e abbiamo deciso di non vedere il tramonto ma di rimandare all’alba lo spettacolo della natura. Così siamo andati a vedere il cinema in 3D della storia del Grand Canyon: merita davvero, è fatto bene e da grandi emozioni. Alloggiavamo al Qualità Inn un hotel molto carino con un giardino interno. Nelle vicinanze del Grand Canyon intravedi la comunità degli Indiani d’America.

Abbiamo messo la sveglia alle 5.00 dell’indomani per andare a vedere l’alba quando apprendo la porta abbiamo avuto una grande delusione: c’erano 20 centimetri di neve e nevicava cos’ tanto che non si vedeva a più di 50 metri. Siamo rimasti così delusi da far subito le valigie e tornarcene a Las Vegas. Per fortuna il pomeriggio precedente avevamo avuto l’occasione di vedere per due ore il Grand Canyon. Forse per il Grand Canyon il mese di marzo è ancora troppo presto.

Ritornando a Las Vegas abbiamo deciso di dedicare l’ultimo giorno alla visita del deserto chiamato “Death Valley”. E’ stata una gita molto piacevole, la valle della morte ha molto da offrire purtroppo non avevamo tanto tempo. La prima cosa che ci ha stupidi è il clima, nel giro di qualche chilometro siamo arrivati ad un innalzamento della temperatura di quasi 8° gradi: eravamo già in piena estate. Ho pensato che ad agosto deve essere impossibile visitare serenamente tutti i View Point. Per noi la grandezza della Valle è stata una sorpresa, ci aspettavamo una piccola parte da visitare, invece la valle offre molto e merita tanto. I suoi fiumi di sale bianco sono molto belli e il panorama è stupefacente. Se organizzate un viaggio in questa zona dedicate due giorni per attraversarla tutta con calma. Era la nostra ultima giornata ed è stata all’insegna del sole, dei panorami mozzafiato e della gentilezza delle persone. L’indomani ci siamo imbarcati da Las Vegas per San Francisco. L’aeroporto di Las Vegas è allucinante e caotico: per i voli interni, gli americani fanno il check – in sul marciapiede esterno. E’ stata un avventura riuscire a prendere l’aereo, in questo aeroporto è importante arrivare due ore prima se no non si riesce a passare in tempo tutti i punti di dogana.

Anche il ns. Imbarco è stato accompagnato dal suono emesso delle slot – macchine. E’ stato un viaggio emozionante, ricco di paesaggi diversi gli uni dagli altri, ci ha dato la possibilità di conoscere varie culture (indiani d’america, ispanici, americani); è stato bello perché abbiamo passato molto tempo insieme.

Ma è stato un viaggio anche stancante, non è facile fare tutti quei chilometri in così pochi giorni ed in effetti bisogna valutare bene se si ha lo spirito giusto per affrontare questo tipo di vacanza. Non bisogna sottovalutare niente e organizzarsi bene (se ti perdi puoi anche fare chilometri prima di riprendere la strada giusta). E’ un viaggio indimenticabile.

PS: Durante il nostro viaggio abbiamo fatto dieci volte il pieno di benzina per un totale di euro 90. Il costo del carburante è veramente irrilevante in questo tipo di viaggio.



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