Caledonia – Terre di laghi e vento
L’uomo è intimamente nomade. E nessuna comodità, lusso o sicurezza possono realmente appagarci quanto il profumo di luoghi mai visti, il suono di voci e lingue nuove, il sapore di un piatto sconosciuto…
E’ così, concentrati su necessità e sensazioni più “essenziali”, che i pensieri quotidiani, i problemi e le preoccupazioni che a casa sembrano insormontabili si ridimensionano e quasi svaniscono..
Ci svegliamo a Prestwick, vicino a Glasgow, ed è giovedì mattina. Siamo atterrati qui ieri sera tardi e subito la dimensione del viaggio ha investito le nostre vite: è bastato parlare con l’autista “ultrà” del parcheggio di Bergamo, o incontrare le ragazze scozzesi di ritorno dalle vacanze familiari in Italia, insieme ai genitori. O il portiere di notte dell’albergo, ex calciatore e in procinto di abbandonare tutto e trasferirsi in Spagna a godersi il tepore e la serenità di una meritata pensione…
E allora si parte, e iniziano le piccole sfide che anche il nostro breve viaggio, nemmeno tanto impegnativo, ci pone: l’inglese “caledone” del luogo non ci aiuta nella discussione con l’addetta dell’auto noleggio.. guidare sulla corsia di sinistra ci disorienta un pò in autostrada e soprattutto in città..
Siamo come bambini che scoprono il mondo: fotografiamo tutto e ci stupiamo di qualunque cosa..
Ma Edinburgo e il suo castello un pò di emozione e un bel pò di foto le meritano davvero: certo, il mondo è piccolo è quindi ti capita anche di incontrare un tuo vecchio professore del liceo che d’estate fa la guida turistica in Scozia, ma tutto il resto è novità e stupore: le mura imponenti sullo sperone roccioso di questo fortilizio mai conquistato racchiudono un borgo ancora integro e vivace, anche se ormai prettamente turistico. E commuove trovare un piccolo recinto dove sono seppelliti i “soldier dogs” i cani soldati..
Percorriamo il resto della città con l’aiuto di vari mezzi di trasporto: da un “double decker bus” con tanto di cuffiette esplicative al classico taxi nero. Ma l’esperienza più significativa sarà la corsa notturna sul risciò a pedali che un giovanne scozzese guida in maniche corte sotto la pioggia e con temperature quasi invernali. E noi, bardati fino alle orecchie, ci chiediamo se sia la tempra da highlander o piuttosto le birre a proteggerlo dal freddo…
Nota Tecnica: Edimburgo, pur essendo capitale e città di grandi dimensioni, è una località nordica, con orari nordici.. nessuno pensi di poter cenare dopo le 10 di sera, a meno (come noi) di non imbattersi, dopo lunghe ricerche, in un ristorante Curdo miracolosamente ancora aperto…
Chi fosse appassionato di latticini (e io non ne sono appassionato, sono un adoratore..) sappia che in Scozia non sempre si trova qualcosa di più del classico Cheddar giallo. Ma se siete fortunati, potrete assaporare il gusto intenso dei formaggi di capra o di quelli di Hairy Coo (le famose mucche dal pelo folto). Se poi riuscite a mangiarli seduti su un prato, nella cornice struggente di Dunnottar Castle, capirete cosa abbiamo provato noi a mezzogiorno, venerdì..
Già, perchè il nostro itinerario prevede di percorrere in senso anti-orario il maggior numero di chilometri “in contromano” che i 5 giorni a disposizione ci consentiranno. E venerdì abbiamo in programma il castello che sorge, su una scogliera a picco sul mare, nei pressi di Stonehaven: lasciando la città troviamo, per puro caso, il piccolo paradiso dei formaggiari dove facciamo il famoso rifornimento e poi ci incamminiamo. La campagna scozzese si apre finalmente intorno a noi con le sue colline di un verde così intenso da sembrare finto e i suoi laghi colmi di un’acqua talmente torbida (etimolicamente torbida.. proprio piena di torba) da sembrare birra rossa..
E ogni lago ha il suo castello, alcuni sulle sponde, altri su piccole isole, veri rifugi naturali un tempo per nobili scozzesi, e oggi per appassionati ornitologi.
Ma sono le rovine di Dunnottar che ci lasciano a bocca aperta: mura diroccate e torrioni imponenti svettano come dita di una mano smisurata verso il cielo cupo e ventoso su un promontorio collegato alla terra ferma da un sottile sentiero tortuoso. Il rumore delle onde che si infrangono sugli scogli decine di metri più in basso e gli stormi di corvi che volteggiano sopra di noi rendono ancora più spettrale il paesaggio.
Ma basta uno squarcio di sole e i cortili del castello si trasformano in un giardino di un verde sgargiante.. è lì, sul morbidissimo tappeto d’erba che ci stendiamo e gustiamo il nostro formaggio..
Poi giunge il momento più atteso.
E’ ora di inoltrarci nei territori dove la nostra fantasia di adoloescenti immagina kilt e spadoni, Connell Mac Cloud, William Wallace e Rob Roy.. è il momento delle Highlands, le terre alte di Scozia.
E la realtà non delude le nostre aspettative: il paesaggio diventa quasi immediatamente aspro, la vegetazione si dirada e le temperature si riducono. Complice il clima nordico sembra di essere in alta montagna anche se probabilmente non saliamo mai oltre 6 o 7 cento metri sul livello del mare. La meta stavolta in realtà non esiste: sappiamo solo che domani visiteremo la valle del whisky. Oggi possiamo lasciarci guidare dall’ispirazione e dalle suggestioni ed è così, quasi per caso, che verso sera imbocchiamo la strada serpeggia verso il Loch Muick: quelli che sulla mappa sono pochi chilometri di asfalto in fondo a un “Glen”, le ampie vallate di origine glaciale, ci portano indietro nel tempo, fino alle più remote epoche della vita umana, quando le acque di ghiacciaio si aprivano la via in mezzo alla tundra e pochi cacciatori vestiti di pelli inseguivano branchi di cervi..
Li inseguiamo anche noi, i cervi: invece che colpirli con arco e frecce proviamo ad attirarli offrendo loro un panino al formaggio, invece che mangiarli ci accontenteremmo di accarezzarli ma, forse a causa della loro dieta vegetariana, non riusciamo a convincerli. Certo che vederli correre, liberi, a pochi metri dal nostro cammino è comunque uno spettacolo affascinante.
E’ sera inoltrata quando troviamo un posto dove cenare e riposare. Il paese si chiama Tomintoul, ed è una località sciistica..peccato che una serie di inverni troppo miti abbia disincentivato il turismo e l’atmosfera sia, così, un pò crepuscolare. C’è un unico albergo aperto, ma soprattutto c’è un ottimo ristorante dove divoriamo una meravigliosa bisteccona di angus e dove ammiriamo la bottiglia di whisky più grande del mondo: 105 litri..ottimo preludio per il programma che ci aspetta il mattino successivo!
Al risveglio infatti, dopo l’ormai abituale colazione “british” a base di uova e massicce dosi di burro, percorriamo la Speyside – la valle del whisky – in cerca della distilleria Glenlivet: scopriremo che si tratta della maggior produttrice mondiale del liquore di malto e apprezzeremo profumi e degustazioni nel corso della visita guidata.
Ma la mattinata, già di per sè interessante, è arricchita dall’incontro non preventivato..col toro più grosso che avessimo mai visto..!
Bianco e possente è una tentazione troppo forte: scendiamo e “muggiamo” un pò in sua compagnia, per fare amicizia. Ma, a giudicare dal suo raschiare il terreno con gli zoccoli e dai muggiti profondi che cominciamo a sentire, ci accorgiamo che forse lui non apprezza più di tanto i nostri approcci.. e decidiamo che per la sicurezza di tutti forse è meglio andare..
Il vero viaggiatore non gradisce la parola turismo: lo distingue dal turista una differenza profonda, rappresentata dal diverso approccio alla realtà, dallo stile differente di muoversi fra la gente e scegliere le mete e gli obiettivi..
Il vero viaggiatore evita il turismo di massa, i luoghi sovraffollati e le attrazioni commerciali.. cerca città sconosciute ai più, spiagge deserte, folklore autentico..
Il vero viaggiatore non segue le mode del momento, non ascolta i tour operator, segue percorsi alternativi..
Sarà per questo che noi dirigiamo alla massima velocità consentita la nostra macchinina verso il lago di Lochness…??????
Salutati il whisky e il toro, dopo aver velocemente visitato la cattedrale diroccata di Elgin tanto per mantenere un tono pseudo-intellettuale, ci dedichiamo finalmente, anima e corpo, alla caccia al mostro più famoso del mondo! E quindi leggiamo ogni resoconto sugli avvistamenti e tutte le spiegazioni “scientifiche” dell’esistenza di Nessie. Cediamo quasi anche alla tentazione di comprare i biscotti a forma di dinosauro e di entrare in pacchianissimo museo multimediale sul mostro. E soprattutto escogitiamo mille modi per essere noi a catturare la bestia…
Ma a nulla servono i nostri sforzi: Nessie si nega anche stavolta e resta nascosto in fondo alle acque scure. In compenso però la strada lungo il lago si rivela ricca di fascino e il castello che sorge sulle sue sponde – Urquhart Castle – è suggestivo e diroccato al punto giusto: ci regala un altro scorcio di quella Scozia da cartolina che rimarrà impressa nei nostri ricordi a prescindere da qualunque apparizione preistorica.
Dopo tanto sforzo mentale ci meritiamo proprio una birretta: e berla sotto un sole limpido, seduti su un prato e affascinati del meccanismo delle chiuse idrauliche che rendono possibile la navigazione fra due laghi ad altezze diverse, non ha prezzo..
Si avvicina, purtroppo, la fine del viaggio. Dormiamo a Fort Williams, sotto la cima del Ben Nevis, e gustiamo dell’ottimo pesce in attesa di dirigerci a Skye, che tutti descrivono come un paradiso panoramico.
La strada che ci porta a nord offre scenari altrattanto incantevoli: l’acqua dell’ennesimo lago che avvistiamo è così limpida e la giornata così tiepida che non resisto alla tentazione e, parcheggiata l’auto sul ciglio della strada, mi immergo rapidissimamente.. un giorno potrò dire ai miei nipotini di aver fatto il bagno sulle Highlands!
Al termine di questa esperienza “formativa” (ampiamente documentata in un filmato top secret..) ci soffermiamo avisitare l’ultimo castello rimasto in programma, che è anche, forse, il più famoso di Scozia.
Si tratta di Eilean Donan, teatro di molte scene epiche in famosi film storici, magistralmente ristrutturato negli anni ‘20 del secolo scorso.
E infine Skye.
L’isola delle nebbie, a dispetto del significato del nome gaelico, supera agevolmente le nostre aspettative: abbiamo nuovamente intorno a noi un paesaggio selvaggio e puro, rimasto sostanzialmente immutato dai tempi in cui i vikinghi approdarono sull’isola e la colonizzarono, navigando i profondi fiordi tanto simili alla Scandinavia da cui erano partiti in cerca di terre da coltivare e città da razziare.
Un mondo ancestrale, patria di venti costanti e cieli tersi, e luogo ideale per gli escursionisti che, infatti, troviamo numerosi lungo la strada. Putroppo, invece, il tempo per noi è tiranno e dobbiamo accontentarci di percorrere l’isola in macchina, in mezzo a greggi di pocore e mandrie di mucche.
L’unico centro abitato di una certa rilevanza, Portree, ci accoglie e ci ristora a fine giornata: agli ottimi gamberoni grigliati abbiniamo, per una volta, una bottiglia di vino invece che la birra, e alla nostra conversazione in italiano sostituiamo una improbabile chiacchierata in lingua con una coppia di Newyorkesi in vacanza nel vecchio continente. E parlare inglese con la parlantina resa fluida dal vino è sempre una gradevole esperienza..
Ormai non ci resta che tornare a casa. Il lunedì è dedicato quasi interamente a raggiungere nuovamente Prestwick: facciamo ancora in tempo ad attraversare la vallata di Glencoo (teatro di aspre battaglie e tradimenti qualche secolo fa) e a costeggiare il Lochmond, il più vasto lago scozzese.
A casa riporremo il nostro spirito viaggiatore in cassaforte, protetto dalle insidie della vita sedentaria. In attesa di ripartire.. al più presto.
Ma i ricordi dei pochi giorni in queste terre di laghi e vento ci aiuteranno ad affrontare l’attesa…