Cairo mon amour
Il viaggio è una sensazione, il nostro inizio comincia: siamo a Linate, Bea è la più informata, conosce benissimo l’Egitto, Paolo é felice come il tacchino graziato da Clinton, il mio è il primo impatto con il mondo arabo, a dirla tutta non viaggio da anni, sono agorafobica ad oltranza, per gradire dimentico a Milano le gocce anti-panico. Fondamentalmente il panico mi prende per la paura di dimenticare le gocce, decido di uscire da questo circolo vizioso e mi imbarco con molto coraggio e la serotonina in riserva.
Olimpic Airways: scalo ad Atene,via verso il Cairo. Una lieve collutazione a bordo precede e segue il momento dei pasti: abbiamo prenotato un pasto vegetariano ma ci viene scodellato tacchino, a me sembra di mangiare Paolo (vedi sopra). Ci danno una mela frullata, non importa. Aeroporto:ci accoglie l’odore più nauseabondo del pianeta, sporco a forma di stalagmiti dal pavimento, dal soffitto stalattiti di polvere da cui cola grasso. Siamo felici, siamo al Cairo.
Prima del visto, prima di tutto devo andare in bagno..Imparo la prima lezione, qui si paga. Tutto. Una signora mi insegue con un coriandolo di carta igienica…Vuole comprare signorina?. Che umiliazione.
‘Taxi? Taxi?’ Si si grazie, per una cifra irrisoria raggiungiamo zona Midan Tarir, la nostra casa è a un’occhiataccia di distanza dal museo egizio. Piani alti, la vista è mozzafiato, la città è un superpolipo di luci e ombre e suoni e persone. Il Cairo ce l’abbiamo tutti nell’inconscio. L’Egitto..Le piramidi.. Le elementari..La prima cotta…Commozione sul balcone, brindiamo, e ci sentiamo Cleopatra, Nefertiti, Sinueh l’egiziano e Courtney Love…Non necessariamente in quest’ordine.
Alba. Quindi piramidi. Su..Ammettiamolo..Sappiamo di non sapere.. Non so dove sono e non ho idea di quanto siano grandi. 10 minuti di macchina, praticamente MonteNapoleaone Corvetto: eccole, eccoci. Il clima è dolcissimo, le piramidi sono dei triangoloni altissimi, immense, ci frullano nel cervello le domande che tutti si domandano: come, perché. Ci rapiscono dalle nostre misere preoccupazioni quotidiane, ci regalano un universo di significato più ampio. Sono belle come la verità. Veniamo assaliti dalla Sindrome di Stoccolma, da quella di Munchausen, e dalla vendetta di Montezuma. non ci facciamo mancare.Niente.
Guardiamo la Sfinge che ci guarda.
C’è un altro piano di realtà, quello dei bambini che sembrano sbucare dalla sabbia come formicaleoni a trivella: ti chiedono di tutto, soldi, baci alla francese, ti toccano, ti seguono, .Impariamo che urlando KHALAS vanno in tilt per un nanosecondo, ce ne approfittiamo per svignarcela. Quella dei bambini è una realtà che non abbiamo compreso fino in fondo, un connubio di miseria e tristezza che scivola nell’arroganza e nell’ignoranza..La nostra di loro, si intende. Si mangia benissimo al Cairo, verdure croccanti, un pane che sembra scaglia di ali di angelo. Le precauzioni sanitarie? O la va o la spacca, tripudio di salse (una delle quali ribattezzata ‘ascella’ ..L’aroma è così così..Il sapore racconta di melanzane grigliate in succo di salsa di sesamo). I denti insistiamo nel lavarceli con Evian e Perrier..Ah si. Torniamo al Cairo, non perdetevi l’Isola Rodah. C’è il palazzo del Pascià Ismail e c’è tutta l’Africa che avete visto nei film. Piante meravigliose, giardino da Eden, mosaici, marmi, tappeti palme palme palme. Non chiedete, niente. A nessuno. Tutti saranno gentilissimi, talmente gentili da cercare di fornirvi la risposta che immaginano essere a voi più gradita. Qualunque cosa è sia a destra che a sinistra, aperta e chiusa nello stesso tempo. Sono. Come. Tu. Mi. Vuoi.
Deduciamo che qui il fondatore della psicanalisi non è stato Sigmund Freud, ma Alice nel paese delle Meraviglie. Ops it’s late..Andiamo… Il souk. Siete curiosi ? Si lo siamo anche noi: entriamo. Tutto, c’è tutto. Argento, vetro, stoffe. Bea e Paolo hanno il cuore grande, comprano tanto trattano poco. Io mi scopro arcigna, adunca e perniciosa. Non compro, non ci riesco..Ci ho il blocco psicologico..Il disturbo…, sono un’ossessiva compulsiva al negativo, implodo. Bea e Paolo mi supplicano, l’acquisto va fatto. Porta male non comprare. Vuria mai. Mi precipito in un mini negozio, a muso duro. Sì, voglio quel pesciolino di ferro colorato, il mio souvenir dall’Egitto sarà una mini-trota di latta. Prezzo? No, signor egiziano, io non tratto, non faccio prigionieri io. Sparo un quarto della cifra iniziale, o quella o me ne vado. Controparte basitissima. Il pescino è mio. Tè alla menta, il bar in piazza sembra il punto di raccolta di tutte le energie dell’universo. Pensiamo che è talmente bello da non poterlo dire. Silenzio. Museo, che poi sembra strano essere nella città più viva del pianeta e rinchiudersi dove tutto è morto e finito. Sbagliato, nel Museo è tutto vivo. Tutto racconta tutto di sé, misteri ed enigmi sono parte integrante del dialogo. Sembriamo la Triade di Micerino da Giza, IV dinastia, Bea Paolo ed io. Siamo bellissimi, siamo nel posto più esoterico dei posti, siamo colti intellettuali, siamo Maria Antonietta e tutta la Francia, ce la tiriamo un casino … Non dura molto, la nostra natura avida prende il sopravvento, maledizione? Forse, non ci accontentiamo di godere di questo passato nel nostro presente, no. Vogliamo portarci a casa tutto. Tutto. Anellini, collanine, statuette, pergamene, corone e monetine, io adocchio bramosa una mummia.. Usciamo? Usciamo.
Lungo Nilo meraviglia. Nessun coccodrillo, sono estinti in questa zona. Ci raccontano che se nuoti in quelle acque e fai il bravo, ti ammali di billarzosi, una specie di virus da larva di zanzara che ti lascia in vita ma con la stessa vivacità di un Golem di argilla. Ah ecco… Cena? Fiat Cena. Fame atavica. Non perdetevi Fel Felah, ristorante a catena di vetri e legni colorati, cibo a otto stelle (zuppa di lenticchie con pioggia di gocce di limone, minestra di pomodoro all’aroma di tramonto, polpette di verdura che noi a casa nemmeno con la bacchetta di harry Potter).
Grazie (ai miei compagni di viaggio e di altro) Batrice Manuela Paolo