Cairo fai da te

Erano due anni che io e mio marito sognavamo di passare un'intera settimana al Cairo e, dopo aver sopportato ben due mesi di lavori in casa, abbiamo deciso che ci meritavamo un premio, niente tour in altri Paesi, cogliamo un'offerta dell' Alitalia e così il 16 novembre del 2003 inizia il nostro viaggio. Prima di partire contattiamo un amico di...
Scritto da: elavmi
cairo fai da te
Partenza il: 16/11/2003
Ritorno il: 23/11/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Erano due anni che io e mio marito sognavamo di passare un’intera settimana al Cairo e, dopo aver sopportato ben due mesi di lavori in casa, abbiamo deciso che ci meritavamo un premio, niente tour in altri Paesi, cogliamo un’offerta dell’ Alitalia e così il 16 novembre del 2003 inizia il nostro viaggio.

Prima di partire contattiamo un amico di mio suocero che è prete missionario e contattiamo anche la guida che due anni prima ci aveva accompagnato durante la classica crociera, fortunatamente sono tutti e due liberi e così sappiamo di avere degli amici che ci aspettano.

Compriamo la guida dell’Egitto, mi stampo tutte le risposte che avevo ricevuto nel forum qui sul sito nel quale chiedevo consigli su cosa vedere, e finalmente arriva la sospirata partenza.

DOMENICA 16/11 Arriviamo al Cairo alle 14.30 dopo un volo bellissimo (io ho il terrore di volare ma è stato il più bel volo della mia vita), l’areoporto è super affollato e dopo aver sbrigato tutte le pratiche usciamo alla ricerca di Padre Antonio. Ci sono centinaia di persone che si accalcano alla porta, molti con cartelli in mano e noi cerchiamo su uno di questi il nostro nome, ma niente. Per fortuna il nostro amico è dotato di cellulare così dopo mezz’ora riusciamo ad incontrarci, ci salutiamo, saliamo su una macchina mezza scardassata, guidata da una donna e partiamo verso l’albergo. Il Cairo, le sue strade, i taxi, la guida pazzesca, il caldo, riconosciamo tutto, io e mio marito ci guardiamo e ci diamo la mano, siamo felici.

L’albergo è bellissimo, non lo abbiamo scelto, era compreso nel prezzo del biglietto aereo, ma sapevamo che il Marriot era uno dei più spettacolari alberghi del Cairo. Padre Antonio ci saluta e ci diamo appuntamento al martedì.

Saliamo in camera, mettiamo a posto i vestiti in circa 5 minuti e siamo già pronti per uscire.

Sotto l’albergo è pieno di taxi, non sarà difficile trovarne uno (già il giorno successivo capiamo che allontanandosi un pò dall’albergo il taxi si può pagare anche la metà) ed infatti ci avvicinano subito, prendiamo il primo e chiediamo di portarci a khan el Khalini. E’ incredibile, per strada si vedono fiumate di persone e il tassista ci spiega che durante il Ramadan loro usano uscire verso le sette di sera per andare a fare shopping, per passeggiare, e i negozi stanno aperti fino alle quattro del mattino. Per noi è uno spettacolo nuovo, le strade sono illuminate come da noi per il Natale, siamo sempre più felici. Arrivati a destinazione ci buttiamo nel serpentone di folla e veniamo quasi trascinati da loro, senza sapere dove stessimo andando. Abbiamo fame, cosi’ ci allontaniamo un poco e ci fermiamo a mangiare un panino con della carne (non so cosa) cotta allo spiedo, era buonissima, beviamo una coca cola e ci ributtiamo nella mischia. Improvvisamente ci ritroviamo dentro un mercato, che corre per una serie di stradine strette. Crediamo di essere gli unici turisti, ci sono tante stoffe, tanti vestiti e soprattutto tanta gente. Il Cairo, ancora non ci possiamo credere. Dopo un poco la stanchezza del viaggio comincia a farsi sentire così decidiamo di tornare in albergo.

LUNEDI’ 17/11 Alle dieci abbiamo appuntamento in albergo con la vecchia guida, Naghy, appena ci vediamo ci riconosce subito ed è una gioia poterci riabbracciare. La mattina comincia con una visita al museo egizio, Naghy ha deciso di farci vedere tutte le sale che non avevamo visto l’altra volta. Visitare il museo è stata un emozione nuova, ed essere da soli invece che col gruppo organizzato come due anni fa ha sicuramente i suoi vantaggi! Abbiamo visitato tutto con molta calma e ci siamo soffermati in alcune sale meravigliose. In tarda mattinata lasciamo il museo e ci dirigiamo verso le Piramidi. La volta scorsa appena vidi le piramidi mi emozionai e mi misi a piangere, ma tornai in Italia con il rimpianto di non essere entrata nella “Grande Piramide”.

Mentre eravamo in macchina mi chiedevo se mi sarei emozionata nello stesso modo ed espressi il desiderio di entrare nella Piramide di Cheope.

ll risultato fu lo stesso, appena le piramidi sono comparse all’orizzonte gli occhi mi si sono riempiti di lacrime, non è facile spiegare l’emozione che ho provato, quel senso di piccolezza e allo stesso tempo di eternità. Gli egiziani, i faraoni cercavano l’immortalità, io credo che l’abbiano raggiunta.

Prima che scendessimo dalla macchina, non so come, Naghy era riuscito a scavalcare la grande fila e ci aveva procurato due biglietti per realizzare il mio sogno. C’è chi rimane deluso entrando nelle piramidi, certo, non sono ricche come le tombe nella Valle dei Re a Luxor, ma sono veramente incredibili. Mentre a carponi procedevo all’interno della Piramide guardavo quei blocchi di pietra, la loro forma, e la precisione nella loro disposizione. Mi chiedevo come fosse possibile costruire una cosa del genere, come potevano quelle pietre essere ancora lì, e guardavo gli altri corridoi, chiusi, l’uomo di oggi non è ancora riuscito a scoprire i misteri dell’uomo di ieri, guardavo ogni parete chiedendomi cosa poteva nascondere dietro di sè. E’ stato un percorso abbastanza duro, soprattutto la discesa (da considerare che non faccio nessun tipo di sport) e le gambe mi hanno fatto male per tre giorni, ma è stato bellissimo. Come poter raccontare a chi non c’era quello che ho visto, quello che ho provato?? Dopo la visita della piramide eravamo stanchi e affamati e così Naghy ci ha portato a mangiare in un ristorante un buonissimo pesce. C’eravamo solo noi a mangiare, loro osservano il digiuno, ma i ristoranti sono aperti e anche i negozi, al contrario di quello che ci dicevano in Italia.

Verso le 16.30 Naghy ci riaccompagna in albergo, ci consiglia un buon ristorante per la cene e ci saluta, lo rivedremo mercoledì per andare ad Alessandria.

Non saliamo subito in camera, siamo attratti da un enorme tavolata sotto il nostro albergo, ci sono un sacco di persone sedute così ci avviciniamo per chiedere cosa sta succedendo (scusate l’ignoranza). Ci spiegano che durante il Ramadan le persone ricche allestiscono delle tavolate in mezzo di strada per le persone povere, per le persone che lavorano e non possono tornare a casa per la cena, e per tutte le persone che hanno voglia di fermarsi. Sono tutti seduti a tavola, il cibo è già nei piatti, ma nessuno mangia, alle sei in punto gli altoparlanti trasmettono la voce del Muazzin (non so come si scrive) che non so cosa dice ma sicuramente autorizza a mangiare, così tutti quanti insieme consumano la cena, in quel caso offerta dall’hotel. Ci facciamo una bella doccia, ci riposiamo un’oretta e siamo già pronti per uscire. Scendiamo facciamo due passi, ci fermiamo sul marciapiede e subito i taxi che passano si fermano e ci chiedono dove vogliamo andare. Dopo una lunga trattativa ci accordiamo sul prezzo e chiediamo di essere accompagnati a Talaat Harba, dove sappiamo che è il ristorante che ci aveva consigliato Naghy. Quando arriviamo non abbiamo ancora fame così decidiamo di farci una passeggiata. Anche lì le strade sono affollate, ma non ci sono mercatini, ci sono bellissimi negozi e anche un bel centro commerciale. Naturalmente colgo l’occasione per fare un pò di acquisti, è bello poter andare nei negozi non per turisti che non vendono i classici souvenirs e acquistare ciò che fà parte della vera vita degli egiziani.

Verso le 23 decidiamo di mangiare, il ristorante è bellissimo, molto particolare, ordiniamo ciò che Naghy ci aveva scritto su un foglietto, così mangiamo per antipasto il loro buonissimo pane con una serie infinita di salse, il famoso kebab, le polpette alle fave ( a me non piacciono le fave ma quelle polpette sono fantastiche) e concludiamo con un buonissimo budino di riso. Uscendo dal ristorante ci accorgiamo che lì accanto c’è una moschea che stracolma di persone che pregano. Ciò ci conferma quanto sia forte la religiosità islamica. Mi fermo in un negozio dove vendono Papiri, ne vorrei acquistare uno grande da mettere sul divano. I prezzi quando vai senza guida sono molto più bassi, ne vedo uno bellissimo, lo compro. Nel frattempo che ce lo tolgono dalla cornice ci offrono da bere. Sono contenta degli acquisti della serata, si è fatto molto tardi, siamo stanchi così prendiamo un taxi e torniamo in albergo.

MARTEDI 18/11 Padre Antonio è puntualissimo, alle 9.00 ci aspetta già con la donna autista all’entrata dell’albergo. Stamani ci porterà a Moquattan a visitare gli asili dove sono i “suoi bambini”. Moquattan è un quartiere povero, molte strade non sono nemmeno asfaltate, sembra di essere fuori dal Cairo, è tutto più tranquillo, anche il mercatino non è super affollato. La macchina si ferma in una specie di cortile dove c’è un negozio di alimentari e una capra legata ad un albero, due bambini sono seduti in terra accanto alla capra e stanno cercando di vendere il pane. Noi entriamo con Padre Antonio in un portone e improvvisamente una folla di bambini ci viene incontro, ci danno la mano, qualcuno ci bacia. Le loro insegnanti (?) ci fanno sedere, i bambini si siedono intorno a noi e cominciano a cantare una canzone in nostro onore, non capiamo una parola naturalmente, ma è stata un’esperienza incredibile. Sapevamo di questa visita così avevamo portato dall’Italia dei quaderni e delle penne, le abbiamo distribuite provocando un’esplosione di gioia. Quanti erano quei bambini, quanta malinconia nei loro occhi, ma quanta curiosità e dolcezza, credo che non cancellerò mai quei baci, quelle carezze… Dopo aver portato un po’ di scompiglio ripartiamo, facciamo una giratina per il quartiere e poi Padre Antonio ci vuole portare a visitare il Santuario di San Simone.

Per arrivarci attraversiamo il quartiere “della spazzatura”. C’è un odore nauseabondo, non riusciamo ad aprire i finestrini, è un quartiere cristano dove le persone vivono con i rifiuti della spazzatura.

Ci sono sacconi di spazzatura ovunque, anche dentro i portoni delle case, le strade sono sommerse, sembra di essere in una discarica. Padre Antonio ci spiega che loro vivono con ciò che trovano nei rifiuti, qualcuno di loro è anche riuscito ad arricchirsi trovando soldi, oro… E’ veramente inspiegabile ciò che abbiamo visto, poi all’improvviso ci appare una parete rocciosa e Padre Antonio ci dice che siamo arrivati. Scendiamo, giriamo intorno a questa parete e vediamo una chiesa scavata nella roccia, è grandissima e troppo bella! Veramente straordinaria, scendiamo subito la scalinata, sulla parete rocciosa sono incise delle immagini Sacre meravigliose, mi dispiace non poter mettere foto per farvi vedere la bellezza e la maestosità di questa opera d’arte impressionante.

Ripartiamo per l’albergo, io e mio marito vorremmo vedere in televisione i funerali dei soldati uccisi in Iraq, per strada ci fermiamo a comprare del pane arabo (che io adoro) da alcuni ragazzi, quello sarà il nostro pranzo.

Il pomeriggio riprendiamo un taxi, destinazione khan el Khalini. Facciamo un altro po’ di shopping e ci avviamo a piedi verso la cittadella. E’ tutto un mercato, una strada meno turistica ma ugualmente affollata, la chiamano la via della seta, ed infatti ci sono stoffe ovunque, stoffe di una bellezza incredibile. Alle 18 all’improvviso le saracinesche si chiudono, le bancarelle si spengono, non c’è più nessuno, ci siamo soli io e mio marito. Vediamo dai bandoni dei negozi mezze chiuse le persone che tirano fuori il cibo, per loro è finalmente l’ora del pasto. Arriviamo alla cittadella ma è già chiusa, prendiamo un taxi e decidiamo di andare alle piramidi per vedere lo spettacolo notturno. Appena arriviamo ci dicono che lo spettacolo in lingua italiana ci sarà solo alle 22.00, alle 21.00 ci sarà quello in lingua inglese e che comunque prima delle 20.30 non aprivano. Ci guardiamo intorno, sono solo le 19.30, abbiamo fame ed intorno non c’è assolutamente niente, né un bar né un ristorante, proprio niente. Le guardie ci chiedono di aspettare, uno di loro sparisce per un attimo, poi torna e ci dice che il bar sarebbe chiuso, poiché però stanno festeggiando qualcosa, qualcosa da farci mangiare lo trovano di sicuro. Entriamo, ci danno un tavolino e ci accendono una candela. Dopo poco ci portano un piatto di non so cosa, ma era buonissimo. Un’esperienza indimenticabile davvero, io e mio marito soli, a lume di candela, davanti a noi solo le piramidi e la sfinge ed una luna grandissima. Non so spiegarvi l’emozione, credo che un privilegio del genere tocchi davvero a pochi. Alle 20.20 la guardia viene a chiamare mio marito e gli dice che adesso deve pagare il biglietto per lo spettacolo. Lui va, io rimango al tavolo a godermi ancora quello che so non accadrà mai più. Si accendono le luci del bar, incomincia ad arrivare la gente. Decidiamo di non scendere sulle sedie disposte per guardare lo spettacolo, rimaniamo al bar, in prima fila e guardiamo sia lo spettacolo in inglese che poi quello in Italiano, ordinando qualcosa da bere, in modo da ringraziare anche i proprietari del bar. All’uscita cerchiamo di allungare la mancia a quelle guardie così gentili che ci hanno permesso di vivere un’esperienza unica, loro rifiutano, ci sorridono e ci salutano. Prendiamo un taxi, Joseph è un tassista veramente simpatico dotato di una bellissima fiat 1100, parla molto bene l’inglese e si offre come guida per i prossimi giorni, ci diamo appuntamento per giovedì pomeriggio , per andare a Saqqara.

MERCOLEDI 19 NOVEMBRE Naghy arriva puntualissimo, si parte per Alessandria. Non è molto vicina, ci vuole all’incirca un’oretta. Percorriamo un’autostrada bella, ai nostri lati campi coltivati. Alessandria si presenta come una città moderna, grandi catene di supermercati europei, bei palazzi, belle strade. In mattinata andiamo a visitare subito la biblioteca. Tanti studenti, sembra di essere in una città europea, poche donne col velo, tutti vestiti in jeans. Che struttura imponente, all’entrata chiediamo una guida, Naghy lì non può esserci utile. Ci stiamo quasi tutta la mattinata, vediamo delle stampe antiche bellissime contrapposte a degli strumenti ultra moderni, la biblioteca è veramente straordinaria. Dopo andiamo a vedere la fortezza dove sorgeva il faro. Il mare, quanta voglia avevo di vederlo, e quanta gente! Del faro non è rimasto assolutamente niente, però vale la pena visitare il forte, puoi chiudere gli occhi ed immaginare il faro, proprio come compare sulle stampe che abbiamo visto poco prima alla biblioteca.

All’ora di pranzo Naghy ci accompagna verso le strade interne, ed ecco che all’improvviso riappare l’Egitto e scompare l’Occidente. Mangiamo alle 15.00 in un ristorantino sporchissimo, ma vi giuro che non ho mai mangiato così tanto pesce e soprattutto così buono! Anche qui provo un po’ dispiacere nel non poter mettere qualche foto…

Il pomeriggio andiamo a visitare i giardini del Palazzo di Montazah, la residenza estiva della famiglia reale e adesso del presidente della repubblica. Sono giardini ben tenuti, il palazzo ha un aspetto moresco, bello, ma non è possibile visitarlo. Dai giardini arriviamo fino alla spiaggia, una passeggiata veramente rilassante.

Ripartiamo per il Cairo, siamo un po’ stanchi e ci aspetta un po’ di strada. Quando arriviamo in albergo però la stanchezza sembra di colpo svanita. Facciamo una doccia veloce, ci cambiamo ed eccoci di nuovo per la strada. Prendiamo un taxi, decidiamo di tornare verso khan el Khalini, però dal tassista ci facciamo lasciare prima, nella piazza dove c’è la caserma dei vigili del fuoco. Quando siamo passati poche sere prima ho visto che da lì partiva una fiumata di gente verso una strada illuminatissima. Scendiamo e seguiamo la folla. Negozi moderni, strade larghe, sembra quasi di essere in occidente, ma arriviamo presto ad un incrocio con una strada più piccola, ed eccolo lì, il mercato!! Naturalmente ci infiliamo, però non è stata una buona idea, troppa gente, si fa fatica ad andare avanti, inoltre c’è qualche uomo maleducato che ne approfitta per allungare le mani. Cerchiamo di buttarci su un lato, piano piano ce la facciamo e proseguiamo per la nostra meta. Prima di arrivare a Khan el Khalini ci fermiamo a guardare la bellissima Moschea di Al-Azhar, è tutta illuminata, la sua bellezza di notte è ancora più stupefacente. Vedo un banchino che vede dei bellissimi quadri di stoffa nera con ricamate in oro delle frasi in arabo. E’ bellissimo, non so cosa c’è scritto ma non posso fare a meno di portarlo a casa mia. Sembra strano, ma c’è pochissima gente, certo, i turisti vengono lasciati al mercato generalmente di giorno. Nessuno ci disturba, così possiamo dedicarci con molta calma ad un po’ di shopping.

GIOVEDI’ 20 NOVEMBRE Ci troviamo con Padre Antonio molto presto. Stamani ci porta a visitare il Cairo Copto, cioè la parte cristiana che è anche la parte più antica del Cairo. E’ un quartiere racchiuso tra mura dove si può girare solo a piedi, sembra di non essere nemmeno al Cairo, tutto il caos, il traffico, sembrano così lontani. Ci sono tante chiese legate una all’altra da stradine acciottolate e Padre Antonio ci dice che questa zona ricorda molto Gerusalemme. Entriamo dall’ingresso che si trova tra le due torri della porta di Babilonia. Tutte le Chiese sono molto buie e antiche, diverse dalle nostre Chiese, meno sfarzose, ma veramente belle. Visitiamo per prima la Chiesa di San Giorgio, abbiamo la fortuna di trovare una funzione. La Funzione Ortodossa è diversa dalla Cattolica, stanno tutti in piedi, donne da un lato e uomini dall’altro, le donne indossano tutte un velo bianco e durante l’eucarestia il sacerdote passa con l’ostia fra tutti i presenti. Dopo la funzione Padre Antonio bussa ad una porta, c’è una suora che pare abbia dei forti poteri, gli chiede la benedizione, lei ci tocca la fronte e pronuncia qualcosa di incomprensibile. Padre Antonio ci dice che siamo stati molto fortunati. Dopo visitiamo la Chiesa di San Sergio sembra che qui si sia rifugiata la Sacra Famiglia durante la Fuga in Egitto, proseguendo si arriva alla Chiesa Sospesa, la più antica del Cairo. Visitiamo anche una Sinagoga, io non ne avevo mai vista una. Molto bella, ricca, però ci viene proibito di fare foto. Si racconta che la sorgente che scorre vicino alla sinagoga sia quella dove fu trovato Mosè. Usciamo dal quartiere copto, risaliamo in auto e attraversiamo Fustat, il quartiere dei ceramisti, purtroppo non abbiamo il tempo di fermarci, ma ci sono tantissimi laboratori di ceramica e tante cose carine esposte per strada. Ci stiamo dirigendo verso l’isola di Roda. Per arrivare all’isola prendiamo una feluca, molto caratteristica e affollata dagli abitanti dell’isola che vanno sulla terra ferma per “affari”. Padre Antonio e mio marito sono terrorizzati dall’acqua, ed il brevissimo viaggio per arrivare dalla riva del Nilo all’isola è per loro motivo di ansia. Non ci sono strade asfaltate, qui è pura campagna, c’è un’unica strada di terra da percorrere che collega i due lembi estremi dell’isola. La prima cosa che vediamo è il nilometro che serve per misurare il livello del Nilo in modo da stabilire in anticipo l’abbondanza del raccolto. Continuiamo per la stradina, ci sono degli uomini che con dei buoi stanno arando il terreno. C’è pochissima gente a giro, ma tanti asini e caprette. Arriviamo presto al centro abitato, o meglio direi disabitato (avremo visto in totale 5/6 persone), la strada è stretta e dalle parti ci sono delle casine basse e variopinte, tutte con fuori la classica lampada del Ramadan. Ci colpisce la fontana pubblica: un’orcia appesa ad un muro con sopra una tazza… raggiungiamo una Chiesa, ma è in fase di ristrutturazione, incontriamo un paio di donne, vestite con abiti antichi e ci permettono di fotografarle. Mentre torniamo indietro sentiamo delle voci, io e l’autista di Padre Antonio, facciamo un po’ di strada e vediamo delle donne immerse nel fiume fino alle ginocchia, stanno lavando i panni e cantano. Ci salutano ma non vogliono essere fotografe, quindi ricambiamo il saluto e torniamo indietro, riprendiamo la Feluca che ci porta al Cairo. Ci riaccompagnano all’hotel, il pomeriggio abbiamo appuntamento con Joseph, il tassista. Con Padre Antonio ci vedremo domani, andremo al mercato dei cammelli. Non facciamo in tempo a pranzare, così chiediamo a Joseph di fermarci per strada a comprare un po’ di pane. Si ferma lui, pane appena sfornato, caldissimo e favoloso. Per la strada per Saqqara ci fermiamo anche a comprare delle banane mignon da una bambina, ci sono tanti carretti trainati da asinelli, carretti pieni di bambini. Il Paesaggio si fa via via sempre più desertico, da una parte della strada ci sono palme, dall’altra deserto, la metropoli lascia il posto a piccoli paesi. Passiamo davanti ad alcune scuole per avviare le giovani donne all’arte della tessitura dei tappeti . Quando arriviamo a Saqqara è già tardi, ci dicono che non è possibile visitare la necropoli, però il tassista va avanti e dando una piccola mancia alla guardia riusciamo ad entrare. Subito davanti a noi la bellissima Piramide a Gradoni di Zoser. La Piramide a Gradoni era la più grande struttura in pietra costruita ed inizialmente era rivestita in calcare. Entriamo nel tempio funerario, c’è un unico accesso che immette in un corridoio a colonne che si apre poi su un cortile grandissimo, ricco di reperti archeologici e molto bello. C’ è un gruppo di spagnoli ci uniamo a loro per cercare di carpire qualche spiegazione. Nel nostro viaggio precedente Naghy ci disse che la zona di Saqqara è la più ricca di tombe e che la maggiorparte devono essere ancora rinvenute e, al contrario di Giza, qui non si vede altro che deserto e altre piramidi in lontananza. Purtroppo non abbiamo molto tempo, il complesso sta per chiudere, così usciamo, ci avviciniamo a Joseph, facciamo due chiacchiere e gli chiediamo di portarci a bere qualcosa. Ci fermiamo in un piccolo negozietto che vende bibite e papiri. Compriamo da bere, poi guardo i papiri. Ce ne sono due bellissimi li prendo, poi il proprietario mi chiede se ho una penna da dargli. Non me ne sono rimaste molte, tutti qui chiedono penne, anche il tassista me ne ha chieste. Gli dò la mia penna personale più un fermaglio per i capelli, lui mi regala un papiro.

Bello questo scambio. Torniamo indietro è veramente tardi, per strada buchiamo una gomma, mio marito e Joseph la cambiano, mentre eravamo sul lato della strada ad effettuare questo lavoro si sono fermati tantissimi egiziani a chiedere se avevamo bisogno di aiuto, mi ha colpito molto questa cosa. Arriviamo in albergo, Joseph ci chiede solo 5 euro, penso che ha bucato anche la gomma, so che lì sono tanti 5 euro, però gliene diamo 7 e gli regaliamo le banane che avevamo comprato. Ci diamo appuntamento per l’indomani pomeriggio. Ci cambiamo ed usciamo subito, Decidiamo di visitare i dintorni dell’albergo, un quartiere chiamato quartiere degli ingegneri. Naturalmente i negozi sono tutti aperti, fuori ogni negozio c’è una lampada di diversi colori, è la lampada che si accende durante il Ramadan. Sotto l’albergo la solita tavolata imbandita per i passanti che decidono di fermarsi a mangiare, ma la cosa che attira la nostra attenzione è una macelleria. Stanno tagliando della carne, nel negozio non c’è nessuno, ma dietro al bancone sono in 5 e tutti super indaffarati. C’è un banco frigo piccolo con pochissima carne e poi tanta tanta carne appesa. Un piano di appoggio in marmo rovinatissimo, doveva essere bianco, ora è giallo, c’è anche una bilancia vecchissima. Entro e chiedo se posso fare una foto, è veramente un posto affascinante. Poco più avanti invece rimaniamo a guardare degli uomini che fanno il pane, più avanti ancora c’è un negozio di verdura che vende anche uccellini, galli, galline. Per tagliare la carne, togliere il pane dal forno, intrecciare delle foglie di palma, aggiustare un paio di scarpe, per ogni tipo di attività sono minimo in tre persone, uno lavora e gli altri guardano, ma tutti rigorosamente in piedi e uno accanto all’altro. Questa è una zona meno turistica, accendo la telecamera ma la tengo semplicemente in mano, cerco di rubare qualche immagine senza offendere nessuno. La nostra passeggiata dura più del previsto, è tardi e torniamo in albergo.

VENERDI 21 NOVEMBRE Ci troviamo di buon ora con Padre Antonio, destinazione Birqash per vedere il famoso mercato dei cammelli. Il posto si trova all’incirca a 35 minuti dal Cairo, la strada che porta a Birqash è prevalentemente strada di campagna, quando arriviamo dobbiamo pagare un biglietto per entrare. Il mercato si svolge in un luogo recintato da mura. C’è un gran fermento, tantissimi uomini e bambini e tantissimi cammelli naturalmente. La maggior parte dei cammelli hanno una zampa legata, molti di loro hanno della schiuma bianca sulla bocca. Quello che vediamo francamente non è bellissimo, ho provato una stretta al cuore, ma Padre Antonio ci invita ad andare oltre, a capire che per gli egiziani il cammello è vita, e per questi mercanti il cammello rappresenta l’unica fonte di sostentamento. Certo, ignorando le condizioni in cui i cammelli stanno, il mercato è un grande spettacolo. Uomini ovunque, sembrano tante formichine, tutti che urlano, fanno cenni, sembra di vedere una seduta di “borsa”. Il posto è grandissimo, non ci sono solo egiziani, ci sono molti uomini che arrivano dai Paesi limitrofi, soprattutto dal Sudan. Mano a mano i compratori vanno via con i cammelli acquistati e il mercato inizia a svuotarsi, anche se credetemi, svuotarsi è una parola troppo grossa, non credo che quel posto così colmo di gente possa svuotarsi mai. Quando usciamo ci fermiamo ad un piccolo mercato attrezzato sulla sabbia per comprare qualche banana. Compriamo anche un borsone per poterci mettere tutto quello che abbiamo acquistato in questi giorni. Torniamo verso il Cairo, è l’ultima volta che vediamo Padre Antonio e la sua autista. Ci abbracciamo, ci viene da piangere, ma promettiamo che torneremo presto. Nel frattempo vediamo che Joseph è già arrivato, io voglio tornare alla Piana di Giza, voglio salutare le Piramidi. Non abbiamo pranzato così chiediamo di comprare del pane. Mi piacerebbe fare il giro delle piramidi in Cammello, ma sono tutti già occupati, cos’ Joseph ci porta da una persona che conosce lui e prendiamo una carrozzina con cavallo. Questa è un’occasione anche per visitare i dintorni delle Piramidi, perché col cavallo partiamo da un quartiere vicino. Molto diverso dalla zona centrale del Cairo, le stradine interne non sono asfaltate, le case sono tutte basse, qualche piccolo e buio negozio di souvenir, pulitori di scarpe sui marciapiedi, venditori di scarabei portafortuna, cammellieri e cavalli. Il conduttore del cavallo ha una guida non molto tranquilla, il cavallo corre, ed io mi diverto da morire, mio marito un po’ meno. Bellissimo, giriamo intorno alle tre piramidi, ci fermiamo a fare fotografie, il cavallo riesce ad arrivare dove le auto non arrivano, quindi davanti a noi si aprono degli scorci sconosciuti. In tutto il giro dura un paio di orette. Passiamo anche accanto alla Sfinge, ci voltiamo e vediamo un panorama mozzafiato.

Torniamo in albergo, con Joseph ci diamo appuntamento alla mattina seguente per andare a visitare la città dei morti. Rimasi affascinata dalla Città dei morti già dal viaggio precedente, ma il tour non prevedeva la sua visita. La Città dei morti è un cimitero grandissimo costituito da complessi funerari particolari, infatti anche le tombe delle famiglie più umili avevano di fianco una stanza dove i visitatori potevano fermarsi a dormire. Adesso queste stanze adiacenti le tombe sono abitate dai poveri del Cairo. Le pietre tombali sono usate come tavoli e letti, i panni vengono stesi tra una tomba e l’altra, l’intera necropoli è dotata di corrente elettrica e di acqua, ci sono dei piccoli alimentari e addirittura l’ufficio postale. La sera decidiamo di rimanere in albergo, scendiamo in giardino, c’è un bel ristorante che propone piatti egiziani e ceniamo lì. La notte mio marito ha la febbre molto molto alta, non dormiamo e lo imbottisco di tachipirina.

SABATO 22 NOVEMBRE Mio marito non si sente ancora bene, non è il caso di andare a visitare la Città dei morti. Lo lascio in camera, scendo ad avvertire Joseph. Gli lascio una mancia e ci salutiamo. Mi appunto il suo numero di telefono, non si sa mai, per un prossimo viaggio… La mattinata passa così in albergo. Piano piano mio marito comincia a riprendersi, e nonostante non si senta in piene forze non vuole passare l’ultimo giorno chiuso in hotel. Pranziamo e poi decidiamo di tornare a visitare il Cairo Copto, ci aveva colpito parecchio, vorremmo visitarne inoltre i dintorni. Non andiamo alla Città dei Morti perché per andare occorre una guida, non è un posto consigliato a due turisti da soli. Ci facciamo una bella e tranquilla passeggiata tra le strade del Cairo Copto, lì vicino c’è anche un centro di arte egiziana, andiamo a visitarlo. Ci sono tantissimi negozietti di manufatti egiziani di ogni tipo, molti sono prodotti da scuole, è stato un giro molto interessante, una bella speranza per il futuro dei giovani egiziani. Alle 18.00 abbiamo appuntamento con Naghy e la sua famiglia a Khan el Khalini. E’ sabato, fuori c’è più gente del solito. Fra pochi giorni finisce il Ramadan e la festa si fa sempre più forte. Quanto è bella la moglie di Naghy e come sono belle e simpatiche le sue tre figlie.

Facciamo un giro veloce per il mercato, ci fermiamo a bere qualcosa in un bar in un vicolino del mercato. E’ un posto molto caratteristico, carino. Nel frattempo parliamo con Naghy e la moglie, lei parla francese, in qualche modo riusciamo a comunicare. Dopo Naghy chiama un taxi, saliamo tutti, e andiamo verso la periferia, ci sta portando in un bel centro commerciale. Lì c’è una pizzeria aperta da un egiziano che è stato parecchi anni in Italia, ed effettivamente la pizza è ottima. Io dò alle bimbe i regalini portati dall’ Italia, loro sono contente. Facciamo un giro per il centro, poi è arrivata un’altra volta l’ora dei saluti. Questa volta le lacrime non sono state trattenute. Volevamo lasciare qualche Euro a Naghy, noi al dire il vero volevamo pagarlo per averci fatto da guida in questi giorni, ma non esiste, lui ci dice che l’amicizia è sacra. Riusciamo a stento a lasciare venti euro alle figlie, dicendo di comprare loro qualcosa per ricordarsi di noi. Naghy ci chiama un taxi e lo paga lui, ci dice di non farci estorcere altri soldi. Ci abbracciamo, sapendo che passerà molto tempo prima di poterci rivedere ancora. In auto continuo a piangere, questo è stato un viaggio diverso dagli altri, questa volta non lasciavamo solo un posto, ma stavamo lasciando degli amici, Padre Antonio, la sua autista, Naghy e la sua famiglia, Joseph… Li porto sempre nel cuore.

DOMENICA 23 NOVEMBRE Dobbiamo partire, le valige sono pronte , faccio qualche foto all’hotel, chiediamo un auto per andare all’aeroporto. Saliamo sull’aereo, ci alziamo in volo, sotto di noi il Cairo, i nostri amici, le Piramidi. Mi sono dimenticata di prendere la pasticchina per farmi stare tranquilla, forse per questa volta posso farne a meno, ho il cuore talmente pieno di tristezza che non penso alla mia fobia del volo, saluto il Cairo, è un arrivederci, devo tornare a visitare la Città dei Morti…



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