Breve viaggio in Siria
Io e Maria Grazia ci siamo organizzati il viaggio da soli, ma oggi questa non è una grande impresa vista la ricchezza e l’affidabilità delle indicazioni fornite dalla Lonely Planet e da “Turisti per caso”.
Scriviamo ora questo breve resoconto con l’intento di fare nostra la generosità di coloro che con le loro cronache ci hanno consentito un viaggio piacevole e tranquillo. Ci pare anche un modo di proseguire quella bella consuetudine per la quale la sera negli alberghi di tutto il mondo, incontrando altri viaggiatori si scambiano piccole cronache e soprattutto informazioni utili.
Siamo partiti con una sottile preoccupazione a cui non volevamo dare credito e che tuttavia ronzava come un insetto fastidioso nelle orecchie: “La situazione attuale in Siria richiede le accortezze rese necessarie da possibili ripercussioni della situazione di instabilità e delle tensioni che caratterizzano l’area mediorientale nonché della diffusione del terrorismo”. Così recitava e continua a recitare il sito del Ministero degli Affari Esteri italiano, ma la nostra sensazione è stata di grande sicurezza e tranquillità. Quindi, se pensate anche solo lontanamente ad un viaggio in Medio Oriente, non preoccupatevi troppo e andate in Siria.
Damasco. Nella città vecchia ci si perde facilmente, ma non c’è motivo di preoccuparsene. Si incontrano angoli deliziosi e botteghe artigiane in cui il lavoro è ancora un’arte, non è pericoloso e soprattutto c’è sempre qualcuno disposto a guidarvi dove volevate andare per pura gentilezza e che probabilmente vi inviterà a casa sua per un caffè e quattro chiacchiere. Noi siamo stati molto bene all’hotel Dar Al Yasmin, vicino a Bab Touma. È un’antica casa con il cortile interno riccamente decorato e anche le camere sono confortevoli e arredate con mobili vecchi. Per quanto riguarda i ristoranti, nella città vecchia c’è solo l’imbarazzo della scelta: tutti ottimi, eleganti e non molto costosi. Noi abbiamo apprezzato particolarmente “The Old Town” , il “Newtron” (nome orribile che subito ci ha insospettito) e l’Haretna che abbiamo trovato seguendo il brusio delle persone (tutti siriani) che l’affollavano.
Palmyra. Se si potesse visitare il sito archeologico ed il castello senza dovervi soggiornare sarebbe l’ideale, ma purtroppo non è possibile, soprattutto se si vuole gustare (e fotografare) l’alba che incendia le rovine della città di epoca romana imperiale senza il clamore delle comitive che arrivano dopo qualche ora. La città moderna è senz’anima e vive quasi completamente in funzione del turismo. Abbiamo dormito in un albergo nuovissimo e molto confortevole, sebbene un po’ defilato (il Semiramis). Non abbiamo invece trovato un ristorante decente. Tuttavia, saranno le rovine di una città ricca e sfarzosa, sarà la collocazione nell’oasi con i suoi palmeti e gli alberi da frutto, sarà il deserto che ti circonda in ogni direzione, ma Palmyra merita una visita.
Aleppo. Aleppo è il souq che ti risucchia e Al Jdeida, il quartiere armeno e maronita in cui il commercio è più discreto e le case di pietra grigia riccamente ornata più rassicuranti. Abbiamo alloggiato al Beit Wakil, uno degli eleganti e piccoli alberghi ricavati da antiche case con le camere che si affacciano su un bel cortile con la fontana. Però, ahimè, se il posto è molto bello, non altrettanto possiamo dire della camera e del bagno: piccolissimi, poveramente arredati e decisamente non all’altezza delle aspettative. A poche centinaia di metri, hanno recentemente aperto uno Sheraton e se dovessimo tornare ad Aleppo, andremmo a chiedere quanto vogliono. Ristorazione curata, ma un po’ ripetitiva e ordinaria.
Hama. Ci siamo arrivati dopo un viaggio massacrante da Aleppo attraverso i monti Jebel Ansariyya per visitare il castello Qala’at Salah ad-Din. Era festa ed il parco delle Norie (le grandi ruote di legno che, stridendo e gemendo, sollevavano e continuano a sollevare l’acqua del fiume Orontes per irrigare i campi) era stipato di siriani e sirane, perlopiù di fede islamica, che passeggiavano e ci guardavano con la stessa intensa curiosità con cui noi osservavamo loro. L’albergo (Orient House) anche in questo caso era ricavato in una casa antica, ben arredato e con camere grandi e confortevoli. Inoltre, il prezzo era decisamente interessante. Abbiamo cenato in una rosticceria che non avremmo mai trovato da soli od in Internet (Ferdawi Restaurant), mangiando bene e spendendo pochissimo.
Il mattino dopo, di corsa a visitare un “must” del turismo (Crack des Chevaliers, un imponente castello crociato) e dopo in aereoporto, verso casa.
Naturalmente, il viaggio non è stato solo ciò che abbiamo scritto. I profumi, i colori, i suoni e i rumori, gli incontri sono stati moltissimi e ricchi. Come molti viaggi, anche questo è stato un po’ un viaggio interiore. Ma la sua brevità ci rende cauti.
In futuro, vorremmo tornare a Damasco per starci un po’ e scoprire un modo di vivere e una cultura appena intuiti. Vorremmo tornare in Siria per fermarci a bere il thè con quei beduini sorridenti che ai bordi della strada che taglia il deserto da Hama all’Eufrate, ci guardavano pensosi forse chiedendoci dove corressimo così in fretta.
Dimenticavamoo, abbiamo organizzato il viaggio via Internet con l’agenzia siriana Nawafir ed in particolare con Yasser, gentilissimo e rassicurante. Appena arrivati a Damasco, ci ha fatto scoprire quanto sia delizioso l’aroma del cardamomo nel caffè arabo.