Break autunnale a Istanbul
Iniziamo la vacanza con la visita di Aya Sofya, l’edificio più famoso di Istanbul, costruito dall’imperatore Giustiniano come chiesa bizantina trasformata in seguito in moschea e in seguito in museo. La costruzione colpisce per la maestosità, il senso di leggerezza e di spazio e per gli splendidi mosaici che si trovano al piano superiore. Nel Museo si trovano anche le tombe di alcuni sultani ottomani e dei loro figli spesso assassinati da genitori e fratelli poiché in passato non era riconosciuta la primogenitura e la lotta per il potere era senza esclusione di colpi (e noi ci lamentiamo per la volgarità dei dibattiti politici).
Proseguiamo per la vicina Moschea Blu la quale, costruita nel diciassettesimo secolo, e’ una delle pochissime moschee con sei minareti. Visitiamo l’interno, con in mano un sacchettino che contiene le nostre scarpe e ammiriamo lo splendido effetto visivo delle cupole, l’ampio spazio centrale riservato alla preghiera e il rivestimento di piastrelle di Iznik. Alla fine però un dubbio rimane, il colore della moschea e’ proprio blu?
Concludiamo la giornata con la visita alla Cisterna Basilica, una struttura sotterranea costruita nel 532 per conservare l’acqua e poi dimenticata per secoli. L’opera e’ sostenuta con colonne e capitelli simmetrici e la sua principale attrattiva e’ una colonna con alla base la testa realizzata dai romani di una medusa capovolta e riutilizzata come materiale edilizio, segno tangibile che per i bizantini l’arte romana era sopravvalutata.
L’ hotel Kybele presso cui alloggiamo si trova in posizione centrale ed e’ arredato in stile ottomano con molti oggetti di antiquariato; la sua particolarità’ e’ la presenza di migliaia di lampade appese ovunque.
Il giorno successivo iniziamo con l’imperdibile Topkapi che per secoli e’ stato la dimora dei vari sultani e delle loro famiglie.
La costruzione e’ composta da giardini, cortili e delicati chioschi e offre una vista mozzafiato sul Bosforo. Il Topkapi custodisce gioielli di inestimabile valore come un pugnale con manico tempestato di smeraldi e uno dei diamanti più grossi al mondo. Inavvicinabile la sala che custodisce pezzetti della barba di Maometto a causa della grande ressa di fedeli musulmani. Più tranquillo invece l’accesso all’harem perché l’accesso è subordinato ad un supplemento di prezzo.
L’harem, protetto dagli eunuchi neri, era finemente arredato e decorato con piastrelle di Iznik o Kutahya e vantava uno splendido panorama e fontane che diffondevano un suono rilassante. Qui il sultano si godeva i suoi passatempi preferiti, spesso con sottofondo musicale, con le sue mogli e concubine (che potevano arrivare fino a trecento). Sicuramente meglio che guardare la televisione.
Dedichiamo il pomeriggio al Gran Bazar, l’incredibile mercato al coperto con migliaia di negozi e chilometri di stradine labirintiche. I prezzi sono meno convenienti di quanto ci aspettassimo e quindi la contrattazione per noi non e’ più una forma di rispetto per la cultura locale ma un esercizio serio in cui impegnarsi a fondo.
Le tecniche di vendita sono interessanti: i negozianti srotolano decine di tappeti in un minuto non tanto per farli vedere ma per generare un senso di colpa nel cliente (poverino ha lavorato tanto compriamogli ‘sto tappeto).
Per cena mangiamo il miglior Kebab della vacanza e forse di Istanbul, e molti altri splendidi piatti, da Beyti nel quartiere Floria, un po’ fuori dal centro.
Il giorno successivo siamo ancora in zona shopping, questa volta nel bazar delle spezie da dove usciamo con i sensi veramente… intossicati.
I bravi venditori sono riusciti a venderci di tutto e a renderci un po’ più poveri (se pensiamo che i nostri antichi concittadini veneziani si sono invece arricchiti grazie al commercio delle spezie proviamo un po’ di vergogna).
Dopo esserci piacevolmente persi per i moltissimi vicoli situati tra i bazar chiudiamo il pomeriggio visitando la moschea Suleymanye progettata dal grande architetto ottomano Sinan per Suleiman il Magnifico. Il complesso era stato creato per contenere edifici di importanza sociale come la mensa per i poveri, l’ospedale, la libreria e i bagni.
Per cena celebriamo la vacanza con alcuni kebab da Hamdi. La carne e’ quasi sempre di agnello e non si risparmia nè sulle spezie nè sugli altri ingredienti come i pistacchi. L’altro elemento che rende grande questo posto e’ la vista sulla moschea Suleymanye sulla moschea “nuova” e sul Bosforo. I turchi accompagnano la cena con il raki, un liquore a base di anice allungato con molta acqua (i vini sono sempre piuttosto cari). Riusciamo a shockare tutti i camerieri perché ordiniamo il raki a fine pasto e lo beviamo liscio come una sambuca qualsiasi.
Dopo cena troviamo un locale tradizionale turco dove si beve the alla mela (molto buono anche se bevuto solo dai turisti) e si fuma il narghilè; il proprietario appena sente che siamo italiani ci propone il tabacco al cappuccino che alla fine non si rivela affatto male.
Dedichiamo l’ultimo giorno ad un giro in barca di due ore sul Bosforo per ammirare le splendide ville affacciate sul mare.
Al nostro ritorno l’aria di mare ci fa perdere ogni prudenza e mangiamo al volo un panino con il pesce ma ne usciamo perfettamente sani. Attraversiamo il ponte di Galata (facendo così una passeggiata intercontinentale), arriviamo nei quartieri asiatici della città e, dopo aver fotografato la famosa torre di Galata (costruita dai genovesi), percorriamo la tradizionale via dello struscio dei turchi ricca di moderni negozi con i logo delle solite multinazionali e arriviamo alla centralissima piazza Taksim. Decidiamo di tornare utilizzando i mezzi pubblici. Ma l’impresa e’ ardua: la metropolitana offre una tratta limitata e il taxi, che abbiamo reso più conveniente infilandoci dentro in cinque senza che l’autista battesse ciglio, dopo poco e’ assolutamente bloccato nel traffico di una città con 15 milioni di abitanti; l’unico mezzo scorrevole e’ l’affollatissimo tram che può beneficiare di una sua corsia.
Un consiglio per concludere? Non fatevi mancare il dolce, le pasticcerie offrono vasti assortimenti di pasticcini al pistacchio, noci, mandorle.
Mèraba!