Brasile Hoje vai chover ou não chover?

Viaggio in brasile fai da te
Scritto da: ilaser2
brasile hoje vai chover ou não chover?
Partenza il: 13/08/2010
Ritorno il: 12/09/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
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Qualche anno fa lo spot di una nota carta di credito mostrava una dinamica e moderna globe-trotter seduta sull’Escadaria Selaron pienamente immersa nel clima festoso di Rio de Janeiro, la città del Carnevale. Io ero ancor una ragazzina, ma la pubblicità mi colpì e inconsciamente la sua protagonista divenne un modello da seguire: era felice, appagata, aveva denaro e con esso la possibilità di viaggiare, vivere e conoscere il Mondo. Credo che il desiderio di incominciare un viaggio nasca sempre da un’immagine da guardare con i nostri occhi, da un racconto del quale vorremmo conoscere in prima persona i luoghi ed i protagonisti, dalla musica sentita in un cd che vorremmo udire dal vivo, e perciò posso dire che il mio viaggio in Brasile ebbe inizio quel giorno: sognando Rio! Sergio è stato invece affascinato dallo spirito di avventura ed attratto dalla natura sublime. Prima tra tutte le meraviglie del Paese è la foresta amazzonica, inestimabile patrimonio dell’umanità, polmone del mondo, riserva faunistica ed una delle ultime aree selvagge del pianeta. Altrettanto meravigliose sono le immense e spettacolari cascate di Iguassu, che con i loro 275 salti tolgono il fiato, e le uniche ed enigmatiche dune del Lençois Marhanenses in cui sabbia bianchissima e lagune azzurre sembrano un mistero geologico. E’ da queste immagini che prende spunto il nostro viaggio in Brasile durante il quale scopriremo molto di più di noi stessi e di questo Paese, non solo luoghi, ma persone, ritmi, emozioni, sapori che renderanno indimenticabile la nostra esperienza.

IL VIAGGIO:

MILANO 13 AGOSTO 2010 Venerdì.

Dunque questo viaggio brasilero, tanto atteso, prende il via in una data fatidica? Direi proprio di sì. Ci chiediamo: sarà di buono o cattivo auspicio? Decidiamo subito che venerdì 13 ci porterà bene! Sì perché, partiti direttamente dall’ufficio alle 17.00 (ogni secondo di vacanza è prezioso!) e decollati puntuali da Malpensa, durante il volo notturno Milano-San Paolo un cielo incredibilmente luminoso ci regala lo spettacolo di decine e decine di stelle cadenti che sembrano passare vicinissime ai finestrini dell’aereo, quasi si potessero toccare. Felici per questo romantico San Lorenzo ritardatario ed inaspettato ci addormentiamo per svegliarci in Brasile! Alle 5.00 il nostro volo TAM ci porta a San Paolo e da qui la coincidenza per Rio de Janeiro.

14 agosto 2010

Finalmente Rio!

Eccoci! Eccoci arrivati! Non mi sembra vero! Per così tanti anni ho sognato la Cidade maravilhosa! Non vedo l’ora di stendermi al sole di Ipanema e Copacabana, di salire al Cristo Redentore ed al Pao do Azucar, di correre su è giù lungo l’escadaria Selaron tra Lapa e Santa Teresa! Ok, ora però freniamo un attimo l’entusiasmo: dobbiamo dedicarci alla parte logistica! Prima di tutto: soldi. Non è consigliabile portare in contanti l’intero fabbisogno per un mese di vacanza o, in caso di furto, saremmo + o – sul lastrico. Optiamo quindi per prelevare al bancomat un po’ alla volta il denaro che ci serve, anche se sono un po’ in ansia perché penso: “e se non funzionasse?”. Sappiamo che all’aeroporto di Rio ci sono dei bancomat e li troviamo al primo piano: un’intera sala con una decina di macchinette. Infiliamo subito la tessera, poi codice segreto e….. Ta-da: “cartao nao è reconechida!”. Caz…! Merda! Ok, calma. Non c’è problema mi dico, proviamo quello in fianco. Carta: tac! Codice: tac! Richiesta in corso: tac! ….e…“cartao nao è reconechida!” Ok, la mia faccia è come la maschera di scream ed inizio a sudare freddo incominciando a vagliare tutte le possibili soluzioni: money transfer? Elemosina? Ritorno a casa? Quando ecco che mi cade l’occhio sulla macchinetta bancomat più lontana, quella nell’angolino, l’unica che tra tutte ha anche il logo Visa-Cirrus. Riprovo, funziona! Su 10 macchinette solo una è internazionale! Ma pensa! Vabbè incidente chiuso, terrore passato e urgenza di farsi una doccia causa ascella pezzata.

Problema logistico 2: trasporto. Abbiamo prenotato presso l’ostello El Misti a Copacabana perché aveva un prezzo ragionevole e perché offriva il trasferimento gratuito dall’aeroporto (servizio interessante se arrivate sfatti da un volo notturno in una città enorme a voi sconosciuta), ed infatti troviamo puntuale ad attenderci un tassista con il cartello “Ilaria e Sergio El Misti”. Ottimo. Usciamo dall’aeroporto ai 200 km/h e comprendiamo da subito che il 90% dei brasiliani si ispira ad Ayrton Senna, guidando con lo stesso carisma come fosse in F1. Il restante 10% non ha la patente! Immediatamente ci colpiscono i morros avvinghiati dalla città, le estese favelas e altrettanto immediatamente un duro contatto con la realtà: piove! Anzi, come impareremo presto, chuva! Quelle dannate previsioni avevano ragione! In circa 20 minuti arriviamo all’ostello che, in uno stabile davvero piccino, sembra schiacciato dagli altissimi grattacieli di Copacabana e dal morro alle sue spalle. La sistemazione è spartana (in alternativa a Rio si trovano hotel a prezzi altissimi!), ma ben ubicata in prossimità della spiaggia, frequentata da gente simpatica e giovane di tutto il Mondo. Ci sembra un po’ di stare in gita scolastica! Unico lato negativo: piove ancora, ci sono 15 gradi come a Milano in ottobre e non indosso il tanga, ma un pile pesante, nemmeno fossimo a Cortina! Come è facile immaginare tutti i piani vanno a gambe all’aria! Trovare qualcosa da fare a Rio con la pioggia è peggio che essere a Rimini con il brutto tempo! Altro che Cidade maravilhosa, mi sembrano le Paludi della Tristezza: Copacabana ed Ipanema deserte sotto ad una pioggia torrenziale con il vento che mi rovescia anche l’ombrello! Il Pan di Zucchero ed il Corcovado sono avvolti dalle nubi…Insomma camminiamo sconsolati fino a Ipanema (che bel lungomare! Pensa che bello con il sole!) e per ammazzare il tempo visitiamo il forte di Copacabana, ma fa un freddo becco che ci rende tristi così che anche i primi sucos e cafezinho ci sembrano senza sapore! Iniziamo a familiarizzare con la lingua anche se continuo a dire muchas gracias anziché obrigada e guardandomi in giro la gente mi sembre strana, non abituata al freddo: ci sono persone con i cappotti di lana e gli stivali,ed altri in shorts e infradito…bho?! Verso sera il fuso orario ci fa entrare in coma già verso le 17.00 ma teniamo duro e decidiamo di partecipare al simpatico BBQ-rodizio di carne organizzato per pochi reais dallo Staff dell’ostello che, vedendoci già ½ in coma, decide di stenderci con un paio di caipirinhas di benvenuto. Risultato: ore 21.00 crolliamo e dormiamo per più di 12 ore filate nonostante nell’ostello si suoni musica techno ed alcuni facciano una specie di karaoke internazionale sul ballatoio proprio fuori dalla nostra stanza. Non ho neanche la forza per chieder loro di smetteronf…..

15 agosto 2010

Ferragosto bagnato? No, non perché ci siamo fatti dei divertenti gavettoni sulla spiaggia! Nel nostro caso è quella pazza di Madre Natura che provvede a farci risparmiare i soldi per comprare i secchi. L’acqua a secchiate ce la manda direttamente dal cielo! E in abbondanza! Benchè la maggior parte delle guide consigli di astenersi dalla visita del centro la domenica perché desolato peggio del deserto del Gobi a noi non rimane altra scelta. Quindi metropolitana modernissima da Cantagalo a Cinelandia e, centro si è detto e centro sia! Ferragosto horror? Effettivamente uscendo dal tunnel della metro ci accoglie un quartiere desolato ed inquietante: nessuno in giro, saracinesche abbassate, usci sprangati, vialoni a 4 corsie in cui vola solitario solo qualche foglio di giornale. Le uniche presenze sono i senzatetto che si aggirano scalzi, cupi e con lo sguardo assente, più simili a zombie che ad esseri viventi. Sembra di stare nel film “Io sono leggenda!” Giriamo attorno al Teatro Municipal ed all’edificio Petrobras e ci ritroviamo di fronte alla Catedral Metropilitana, un’immensa piramide futurista di cemento. Arriviamo durante la messa domenicale e l’investitura di alcuni nuovi sacerdoti. Ah! Finalmente un po’ di gente! Ma anche la folla non mi fa stare più tranquilla, anzi! La cattedrale mi sembra un girone dantesco, una specie di vulcano surrealista, un immenso crematorio in grado di fagocitare i fedeli che vi accedono da enormi portoni, simili a gigantesche bocche affamate spalancate sulla spianata antistante.

Ferragosto pittoresco? Lo si trascorre lasciando la desolazione del centro per il popolare quartiere di Lapa con il Bondinho, i negozietti, i locali e l’imperdibile e variopinta escadaria sélaron. Questa graziosa scalinata, realizzata con ceramiche provenienti da tutto, il mondo collega Lapa con Santa Teresa. Ci sediamo qualche minuto sui gradini ed osserviamo andar su e giù la vera Rio: famiglie festose, bimbi sorridenti, gente che balla al ritmo di musica che proviene dagli usci aperti sulla scala. Da uno studio ecco uscire un simpatico signore con baffoni da sparviero che mi pare di conoscere …. Ma certo! E’ Sèlaron! Scambiamo quattro chiacchiere con l’artista, parlando soprattutto dell’Italia, ma, pur apprezzando la sua opera, Sèlaron mi pare un tantino tronfio nel ritenersi migliore di artisti del calibro di Michelangelo e Leonardo da Vinci! Riscendiamo dall’escadaria salaron e attraversiamo l’Arcos da Lapa per arrivare al capolinea del Bondinho, un grazioso e pittoresco tram che sferragliando sale (a fatica) la collina di Santa Teresa. Qui camminiamo senza meta tra le tranquille e graziose stradine che regalano insolite viste sul mare, il Cristo e le favelas, finchè vuoi per la fame, vuoi per il mal di piedi, decidiamo di fare una sosta pizza. Lo so, sarebbe meglio optare per pietanze locali, ma qui la pizza è comunque un must e piace! E poi la fanno a modo loro: non con il sugo, ma con enormi fette di pomodoro; non in porzioni singole, ma in formato maxi con tanto di cameriere che te la serve una fetta alla volta! Abbiamo chiesto di lasciarci la teglia per evitare di far fare ogni volta avanti e indietro…ma il ragazzo si è risentito! Insomma siamo stati cafoni noi a non rispettare il suo lavoro ed il costume locale!

Ferragosto, gita in battello? Sì, è il programma per il pomeriggio: dal terminal marittimo raggiungiamo l’altra sponda della baia e la cittadina di Niteroi. Solo il tragitto in barca merita per le belle vedute del Pan di Zucchero, con gli aerei in atterraggio che sembrano colpirlo, dello skyline e delle spiagge. Peccato ovviamente non ci sia il sole e quindi è ovvio che non possiamo vedere il meraviglioso tramonto che si gode dal MAC di Niteroi, opera di Niemeyer che pare un disco volante appoggiato sul mare.

Rientrando in hotel ci fermiamo al super per fare provviste: stasera sfruttiamo la comoda cucina dell’ostello e cuciniamo noi (almeno risparmiamo qualche soldino! La merce costa tanto quanto in Italia, mi chiedo la gente qui come faccia dati i redditi medi molto più bassi dei nostri).

16 agosto 2010

Il miracolo!

Mi sveglio prestissimo a causa del fuso non ancora ammortizzato e di uno strano presentimento…. Scosto incuriosita le tende dalla finestra e (non ci posso credere!) un raggio di sole mi illumina il viso! Ma allora Dio c’è!!! Bene! Perciò, prima che Dio decida di cambiare idea, ci precipitiamo a far colazione e via, di corsa al Corcovado! Prendiamo un Bus per Cosme Velho che ci lascia all’ingresso della Estrada de Ferro Corcovado, la funicolare che, sfidando la gravità, si arrampica attraverso la foresta di Tijuca sino alla cima. Qui il meteo sembra volerci fare un brutto scherzo perché noi, il Cristo e tutto il Corcovado ci ritroviamo avvolti dalle nuvole basse, quasi ci fosse la nebbia. In pratica non vediamo che a 2 metri da noi! Non perdiamo però la speranza e facciamo bene perché in pochi minuti accade il miracolo! Si alza il vento che spinge via il nuvolone e, come un sipario che si apre a poco a poco sulla scena, le nubi svelano Copacabana, la Laguna, Ipanema, il Maracanà, il Pan di Zucchero, Botafogo e le favelas aggrappate ai morros… Da qui si domina l’intera città ed è come stare in una cartolina!

Ecco finalmente la Rio che avevamo sognato! Scendiamo dal Corcovado felici, coinvolti anche in un insolita Samba suonata da 4 ragazzini con strumenti improvvisati (tra cui un cacciavite su una maglia metallica) e ballata in equilibrio precario dai passeggeri del trenino durante la discesa. Effettivamente il ritmo dà la carica! Sfrutto quindi questa nuova energia per piccole trattative commerciali con gli ambulanti della zona. In realtà compro solo un paio di finte targhe auto, ma gli acquisti sono un’occasione per chiacchierare con la gente e perciò mi diverto un sacco! Dopo 10 minuti siamo già amici di tutti gli ambulanti ben lieti di darci indicazioni su come raggiungere la nostra prossima tappa: Urca. Ogni ragazzo ci indica con enfasi la sua miglior strategia-bus per arrivare al Pan di Zucchero in minor tempo e minor costo (ogni volta che si cambia bus occorre infatti pagare un biglietto). Alla fine optiamo per Cosme Velho-Botafogo-Urca sperando di non aver deluso nessuno tra i nostri aiutanti. Il quartiere di Urca è tranquillo, forse grazie alla presenza del presidio militare, e ci concedimo una sosta relax nella piccola e graziosa Praia Vermelha. Finalmente togliamo giacca e pile e ci stendiamo al sole ai piedi del Morro di Urca. Siamo nel cuore di una metropoli, ma siamo soli su questa bella spiaggia di sabbia grossa di un caldo color ocra. Si tratta di uno scorcio davvero incantevole: sole, mare, palme e l’imponente Morro…Ideale per un picnic prima di salire con la telecabina sul pan di Zucchero. Sia durante la vertiginosa salita nelle moderne “bolle” della funivia, sia in cima al pan di Zucchero avrete di nuovo Rio ai vostri piedi! Soprattutto si ha la sensazione di essere sospesi sopra le spiagge. Poco prima del tramonto la città da quassù sembra tinta di rosa-arancio: stupendo! Con ancora le meravigliose immagini della giornata di oggi negli occhi rientriamo a Copacabana. Qui appena vien buio non diventa affatto pericoloso come si sente raccontare: anzi! Illuminata a giorno da potenti riflettori, Copacabana prende vita come fosse domenica! La spiaggia è nel sangue dei Carioca che dopo una giornata di lavoro non rinunciano a sfidarsi in una partita di futevol, a cavalcare con il surf gigantesche onde, a dedicarsi alla bike e al running lungo la chilometrica ciclabile, oppure praticano il culto del “fisico perfetto” (fissazione dei brasiliani) nelle affollatissime palestre all’aperto direttamente sul lungomare. Il futebol è poi un’icona del Brasile e le spiagge ne sono la culla. Qui la sera con 2 porticine e qualche paletto si allestiscono decine di “escolinha de futebol” per i ragazzini più piccoli che calciando a piedi nudi sognano di diventare i nuovi Ronaldinho e Kaka mentre le loro mamme seguono gli allenamenti sorseggiando una caipirinha nei chioschetti lì vicino. Ci concediamo anche noi una caipirinha osservando le acrobazie dei giocatori di futevol (il calcio-volley) apprezzando la bravura di alcuni scultori della sabbia e soprattutto cercando di diventare anche noi parte di questa città che già domani, purtroppo, saluteremo.

17 agosto 2010

Oggi chuva! Per cui, saltata la mattinata in spiaggia, decidiamo di visitare la favela di Rochina prima di prendere il volo per Foz de Iguassu. Dovrebbe trattarsi di un tour organizzato dalle 9.00 a mezzogiorno, ma si trasformerà in una corsa contro il tempo, a causa del traffico congestionato, che ci vedrà protagonisti ad Ipanema verso le 14.00 invece che essere all’aeroporto …… ma questa è un’altra storia e ne parlerò più tardi. Dicevo quindi della favela di Rochina…Si tratta della più grande del Brasile e forse di tutto il Sudamerica, una città nella città tanto impressionante quanto autentica. Probabilmente il viaggiatore saggio potrebbe conoscere la favela anche da solo, come un normale quartiere della città, ma non conoscendo nulla a tal proposito Sergio ed io la visitiamo con un gruppo, anche se l’idea di “favela tour” mi sembra irrispettoso, nemmeno dovessimo fare un safari, ed all’inizio sono un po’ scettica circa questa esperienza. Anche l’organizzazione non mi da molta fiducia. Il loro motto “Be a local! Don’t be a Gringo (appellativo che individua ogni straniero)” più che un invito all’integrazione mi sembra un bieco slogan commerciale. Ancora adesso, quindi, non so dare una risposta alle domande: “Perché visitare una favela? C’è bisogno di vedere chi sta peggio? Si conosce di più di quanto già non si sappia?”. Posso però affermare che, seppur senza un giustificabile motivo, la favela va vista ma soprattutto vissuta, anche se solo superficialmente e per poco tempo. La favela è un mondo unico che ti colpisce come uno schiaffo in pieno viso e, nonostante la diffidenza ed il disincanto iniziali, una vera esperienza. Rochina ci coinvolge dal primo minuto: arrivando le auto non passano per le strette stradine, così per salire in cima (la favela si arrampica sul morro) dobbiamo farci portare dai mototaxi che si arrampicano veloci sull’unica strada facendo lo slalom tra camioncini, bus e persone. Oltretutto ha appena ricominciato a piovere e, senza casco, non riesco a tenere gli occhi aperti. Mi affido cieca allo sconosciuto conducente ma avverto che la strada è scivolosa e la moto si mette più volte di traverso. Dopo circa 20 minuti arriviamo fradici in cima, ma interi. Come in tutti i sistemi sociali chi sta in alto domina i sottoposti, questo vale anche qui. A “Rochina alta” ci stanno i “capoccia”, i negozianti benestanti ed i capi clan, giù tutti gli altri. Ovviamente la criminalità e lo spaccio esistono, ma la favela è abitata anche da gente normale che sceglie la baraccopoli perché poco costosa e vicino al posto di lavoro. Gli immobili nei più noti quartieri di Rio sono infatti carissimi e i sobborghi residenziali a portata di tutti, in una metropoli, sono lontani magari due ore e più dal centro. La favela diventa quindi una soluzione e le persone decidono volontariamente di stabilirsi qui, non perché condannati a farlo. Intere famiglie vi abitano con anche 6/7 figli e solo pochi fortunati che nascono nella favela la lasciano (per i carioca si dice sia più facile sognare di diventare attore o calciatore che incominciare a lavorare!). Il vero problema è costituito quindi dal sovraffollamento (crescita del 5% annuo dovuta sia ai nuovi ingressi che all’allungarsi della vita media) e dalla quasi totale mancanza di infrastrutture. Non essendoci regole e limiti chiunque abbia i mattoni può costruire: sopra, in fianco, dentro. Ci sono bagni sui tetti e botteghe nel mezzo di camere da letto. Vista dal suo interno la favela è come un immenso alveare, sembra addirittura di sentirla ronzare, ma è una struttura instabile che rischia il collasso. Basta una pioggia forte e qualche abitazione scivola giù, c’è l’elettricità ma ci sono giungle di pericolosi cavi cavallottati e scoperti, ci sono le scuole ma poche considerando il n. Di abitanti. Tanto è stato fatto per migliorare Rochina, ma tanto è ancora da fare. Il traffico di droga è poi il business più florido. Per assurdo da molti considerato una ricchezza più che una piaga. Il traffico di stupefacenti è costante, numerose le persone armate e quelle appostate con binocolo per tenere sotto controllo l’aerea. Per la polizia la zona è off-limits e proprio per questo i “gringos” sono lasciati in pace: non ci devono essere rogne, e non deve arrivare la polizia. Comunque sia anche nella baracca più piccola e malmessa non manca la televisione sintonizzata sulla imperdibile telenovela. In questi mesi trasmettono “Passione” un polpettone ambientato in Italia con tanto di dialoghi in Italiano sottotitolati in portoghese. Sono quindi in tanti, a fermarci con entusiasmo per chiederci di insegnar loro “le parole di passione”. Come dicevo i ritmi carioca sono davvero lenti tanto che alle 13.00 al post che in aeroporto siamo ancora a Rochina. Da milanese DOC mi incavolo con la tipa dell’organizzazione che cerca di risolvere il problema con un transfer privato, peccato che finiamo nel bel mezzo di un ingorgo appena fuori Ipanema! Ho un diavolo per capello, ma riusciamo assurdamente a riderci sopra perché… Siamo in spiaggia ed è uscito il sole!

Passiamo in ostello a recuperare i bagagli e grazie allo stesso tassista Ayrton del primo giorno arriviamo al volo in aeroporto. Ho anche tempo di fermarmi al bancomat! (d’altronde ho capito come funziona). Strano il nostro soggiorno a Rio finisce come è iniziato… In volo verso Foz ci rilassiamo. Riusciamo anche a vedere l’enorme diga di Itaipu, ma non le cascate. L’aeroporto di Foz è minuscolo. Appena fuori c’è la fermata del bus che ci porta al TTU, capolinea dei bus, da lì vorremmo prendere un taxi per il B&B Marica che abbiamo prenotato, ma pare che nessuno conosca né la struttura, né l’indirizzo. Ma prima che tu possa pensare che si tratti di una “sola”, in Brasile trovi sempre un nuovo amico disposto ad aiutarti! Da dove non so si è materializzato il tassista Gilberto che sostiene di essere una specie di “tassista privato” di Maria (ma non si chiamava Marica?) … Insomma è tardi e siamo a pezzi, quindi accettiamo il passaggio. Anche quando l’auto svolta in una strada buia voglio essere ottimista e fidarmi…Dopo 5’ arriviamo in un quartiere di piccole casette. Il filo spinato sui cancelli non è proprio un chiaro segno di benvenuto e non ci sono né un’insegna né un cartello.Di nuovo sta per prendere il sopravvento la diffidenza ma, TAC! Benvenuti! Si accendono le luci del villino e sulla soglia appare Maria pronta a darci un caloroso saluto. L’empatia è immediata e, tanto per cambiare, abbiamo una nuova amica! Soprattutto niente “sola” ma la miglior sistemazione del viaggio. Non un albergo, ma una sorta di “casa vostra” ben arredata e gestita. Maria ha vissuto per molti anni in Italia e le sue due figlie vivono ancora a Milano. E’ poi una fonte di informazioni molto utili per il nostro soggiorno a Foz de iguassu. Vorremmo quindi raccontarci tante cose ma rimandiamo all’indomani. Approfittiamo invece della presenza di Gilberto per farci scarrozzare di nuovo in centro: ci siamo dimenticati di mangiare! E la fame si fa sentire! Consigliato dalla Routard il Tropicana si rivela un’ottima scelta: favoloso rodizio di carne con buffet per pochi reais. Ben sazi il nostro tassista personale ci riaccompagna a casa dove ci aspettano una doccia calda ed un enorme letto morbidissimo…

18 AGOSTO 2010

Mmmhhhhh! Caffè!!! Sì!!!! Caffè della moka! E poi, pane e Nutella! Il buon giorno così ha tutto un altro sapore!

Da Maria si fa tutti colazione in cucina, come se si fosse a casa. Con noi ci sono due coppie, una di inglesi ed una di spagnoli, che vorrebbero ci unissimo a loro per un tour organizzato al lato argentino delle cascate. Rifiutiamo perché, al solito, preferiamo far da noi e non essere vincolati da tempi ed esigenze altrui. Sarà più complicato ma è una libertà che non ha prezzo. Usciamo però tardi perché Maria ci trattiene per farci vedere i suoi cani (5, coccolosi, nati da appena tre settimane!) e per chiederci alcuni consigli sullo sviluppo del B&B. Conversare però è anche utile per noi: scopriamo che in Argentina il costo della vita è inferiore rispetto al Brasile. Una buona idea per la serata potrebbe quindi essere quella di restare in Argentina per cena. Già Sergio sta sognando la bistecca… Anzi è da prima di partire che me la mena con la storia della carne argentina! Per arrivare alle cascate lato argentino il bus (12 reais) è più economico del taxi (60 reais), ma occorre tanta pazienza. Dovete fare B&B-TTU con un bus, poi TTU-frontiera lato Brasile, scendere per il timbro e scoprire che il bus se ne va, aspettare mezz’ora, prendere un altro bus frontiera Brasile – frontiera Argentina (qui il bus vi aspetta), scendere sul vialone delle cascate, prendere un bus fino alle cascate ….. Insomma un’ora e mezza. Mai presi tanti autobus nella mia vita come in questo viaggio! A mezzogiorno e passa siamo finalmente al parco delle cataratas (era ora!), organizzato come una specie di Gardaland eco-compatibile con tanto di trenino a gas. Qui saranno anche attenti ad ogni esigenza dei visitatori, ma non mettono in conto le carte di credito! L’ingresso si può pagare solo in contanti! (Si vede che con quello che è successo in Argentina, crac, bond e crisi varie, non si fidano un granché delle banche!). Ci tocca quindi cercare un bancomat, che troviamo ma,essendo l’unico nel raggio di km, applica commissioni da strozzinaggio …. E si fa l’una! Da qui in poi la giornata vola in un crescendo di meraviglia e stupore. Partiamo dal sentiero verde, una sorta di “anticamera” del parco vero e proprio. Ci rilassiamo tra variopinte farfalle e cinguettio di uccelli, poi incomincia a mancarci il fiato per la bellezza delle cascate: cammino superiore, cammino inferiore, garganta del diablo. Ogni scorcio merita e il dito sul click della macchina fotografica scatta centinaia di volte. I numerosi salti (più di 200) e le nubi di vapore creano decine di volte l’arcobaleno. Non rinunciamo ad una doccia naturale sotto le cascate dove si arriva con un gommone (alla guida un pazzo) proprio dentro il salto d’acqua! L’acqua è gelata, ma l’emozione è unica! Ovviamente scenderete dalla barca bagnati fino al midollo! A nulla è servito avvolgersi nei sacchi di plastica come il re e la regina del pattume. Meglio mettersi direttamente in costume da bagno. Il parco è abitato da simpatici animali dalla morbida pelliccia, i coati (no non coatti! Anche se sono ingordi uguali, fanno versi come rutti e rubano qualsiasi cosa sia commestibile) una specie locale un po’ procione, un po’ tapiro, un po’ grossa pantegana. Ci fanno compagnia mentre, soddisfatti della nostra esperienza, ci asciughiamo al sole sgranocchiando qualcosa. Al tramonto andiamo alla garganta del diablo. A quest’ora non c’è quasi nessuno e la luce è la migliore per fotografare. Si tratta di un luogo incantevole: si cammina per quasi un chilomertro su una passerella sopra al fiume che scorre tranquillo quando, inaspettato, è come se si aprisse un enorme crepaccio e l’acqua incominciasse a precipitare in una gigantesca gola della quale non si vede la fine. E voi siete proprio lì sopra, sospesi, in cima all’arcobaleno. Non facciamo caso all’ora e perdiamo l’ultima corsa del treno. Torniamo all’ingresso del parco a piedi. Non saranno certo questi ultimi 3 chilometri a distruggerci! Oggi ne avremo fatti più di 15! In attesa del bus per Porto Iguazu mi sfilo le scarpe e, sdraiandomi su una panchina per rilassarmi, vedo appollaiato su un albero il mio primo tucano!

In attesa dell’ora di cena girovaghiamo un po’ per le strade di questo paesino di frontiera. Che sia più povero del fratello brasiliano è evidente: macchine vecchissime, bimbi scalzi, mendicanti …Le persone sono però estemamente gentili e ciascuno pare avere un parente (nonna, zio, cugino) di origine italiana, del quale ovviamente ti deve raccontare tutta la storia: dal bastimento al fallimento (del Paese). Tutti girano per le strade sorseggiando uno strano the in una tazza d’argento e camminano con il thermos in mano … sarà un’usanza locale! Compriamo per pochi pesos delle bottiglie di vino tinto (due arriveranno incredibilmente intere fino in Italia dopo 3 settimane di viaggio!) e poi scegliamo di cenare a “El Charro”, a mio parere scelto inconsciamente per la nostalgia dei favolosi anni ’80 e del rinomato cinturone! Nostalgia sì o no, fatto sta che la scelta è azzeccata: due mega bistecche saporite e tenere! Così buona la carne l’ho mangiata una sola volta nel Chianti, ma tra le due mete gastronomiche è una bella gara! Per rientrare a Foz de Iguassu cerhiamo un taxi, ma il cameriere de “El Charro” insiste per chiamare il cugino di sua moglie che, a suo dire, fa l’autista e poi (come fosse sinonimo di garanzia)… Ha il nonno italiano! Per me va bene, tanto è uguale. Semiaddormentati sul sedile posteriore di questa auto indefinibile che corre veloce lungo il ponte do amistade sentiamo parlare di telenovelas, calcio, famiglia… Mi sento molto prossima agli argentini, ma molto più prossima al piumone sul quale crollo in un nanosecondo appena tornata da Maria!

19 AGOSTO 2010

Stamane Maria ci vieta la Nutella perché, dice, così non assaggiamo le sue torte ed il pan de queso. Ok, quindi facciamo onore alla sua cucina e, nemmeno fossimo da mammà, riusciamo ad alzarci da tavola solo alle 11.00 dopo aver mangiato tutto! Per smaltire andiamo a piedi fino al TTU e da lì al parco delle cascate lato brasiliano. Il lato brasiliano è un po’ il “fratello piccolo” dell’equivalente argentino, anche se solo da qui si può avere un colpo d’occhio complessivo sulle cascate e soprattutto si può stare come “dentro” la garganta del diablo. Ci rimane un po’ di tempo per cui facciamo una scappata al parque des aves. Inizialmente ci sembra una delusione, un banalissimo zoo con uccelli in gabbie di pochi metri, invece la seconda parte del percorso si rivela davvero interessante. Attraverso un sistema di porte doppie di sicurezza si accede a grandissime voliere con enormi tucani, variopinti pappagalli arara, aironi, farfalle giganti, colibrì… In pratica vi trovate voi in gabbia, in una sorta di riproduzione a dimensione intera della foresta pluviale, nella quale camminare liberamente circondati dall’avifauna… Il contatto è davvero ravvicinato ed io mi spavento per il “ronzare” dei colibrì che, sfrecciando a velocità supersonica vicino ai miei timpani, sembrano calabroni grandi come un pugno. Sono impressionata anche dal rumore delle ali delle farfalle che sbattono, una sorta di terrificante flap-flap-flap da essere mostruoso in avvicinamento. Ma dove siamo? In Jurassic Park? Anche Sergio ha un incontro altrettanto reale con un ospite della voliera: un gentile e “profumato” cadeau sulla spalla, omaggio di un “simpatico” pappagallo gigante!

Nel pomeriggio bus fino al TTU e da lì (se non si esce dal terminal non occorre fare un altro biglietto) sino alla periferia di Foz, al confine con il Paraguay, nell’area detta binational dove Foz de Iguassu e Ciudad del Este sono separate solo dal Paranà e dove sorge l’imponente diga di Itaipu. Si tratta di un’opera ciclopica, vanto del Paese, che ha sicuramente contribuito alla crescita economica del Brasile ed al suo ingresso nel BRIC. L’opera è stata avviata nel 1978 ma si è completata solo nel 2007. La diga, destinata inizialmente ad essere la più grande del Mondo, godrà però solo per pochi anni di questo primato. I cinesi infatti, vero motore trainante dei nuovi Paesi Emergenti, stanno realizzando una diga analoga sul fiume Yangtze, ma due volte più grande! Insomma: uno smacco per i brasiliani! Ritornati a Foz ci fermiamo all’Esselunga locale (il Super Muffato!) per mantenere la promessa fatta a Maria: questa sera festa di addio e cucina italiana con pasta alla carbonara! Reperire gli ingredienti però non è affar semplice: le uova sono albine, il formaggio è “o parmasao”, la pancetta è (forse?) di maiale e soprattutto non siamo convinti di cosa sia esattamente la pimenta… Ma sarà davvero pepe? Unica certezza la pasta Barilla, anche se costa come l’oro! Il risultato non è il massimo, ma la compagnia è piacevole. L’occasione è adatta anche per assaggiare il vino tinto comprato ieri in Argentina. Questo sì che è ottimo! Verso l’una salutiamo tutti. Domattina non potremmo farlo perché ci toccherà una levataccia alle 5.00 e usciremo da casa silenziosi come ladri per non svegliare i coinquilini.

20 AGOSTO 2010

Puntuale come uno svizzero, alle 5.00 spaccate, Gilberto ci aspetta davanti al cancello per portarci all’aeroporto. Da lì a poco eccoci di nuovo in volo per Curitibà, poi San Paolo, Belo Horizonte e da lì trasferimento in bus fino ad Ouro Preto. Ci aspetta quindi una lunga e massacrante giornata di trasferimento che non incomincia certo sotto una buona stella: al check-in la tipa dei controlli mi sfracassa l’orologio nel cercare di togliermelo… Ma porc!!… È l’unico che ho!… E non chiede nemmeno scusa. ‘Sta Cafona! A San Paolo altro mini-intoppo: la coincidenza per BH non c’è! Chiediamo informazioni al personale di terra TAM che mi fa morir dal ridere dicendomi: “Bhe sì, effettivamente non c’è l’aereo, ma prima o poi ne troveremo uno!” Fantastico! Adoro il loro ottimismo! Dovrei fare così anch’io nella vita …. Magari al lavoro … “Sig. X, la sua pratica? Non l’ho nemmeno iniziata, ma prima o poi la finiremo!” Bivaccando in aeroporto conosciamo una simpatica ragazza greca che, dopo un paio d’anni all’Aquila, si sta trasferendo a BH per fare l’artista di strada. Si offre di darci un passaggio fino in centro: se e quando arriveremo a BH, se e come ci staremo in macchina con tutta la sua scenografia e soprattutto se mai i bagagli dovessero arrivare…. Prima o poi! Insomma è già diventata ottimista alla brasiliana! Evviva! Nel primo pomeriggio si materializza un aereo per BH, ma una volta lì la scenografia della nostra compagna di viaggio manca! Purtroppo non possiamo aspettare con lei perciò ringraziamenti, baci, abbracci ed auguri per il futuro e via! Di corsa alla rodoviaria con un bus della Unir che ci impiega circa un’ora. Arrivati al terminal centrale riusciamo a prendere al volo il bus Passaro Verde delle 18.00 per Ouro Preto dove, dopo quasi tre ore, di cui una in montagna, arriviamo alle 21.00 sfiniti. Ci troviamo quasi a 2000 metri, per cui le infradito non sono la miglior calzatura possibile…Appena il sole tramonta fa un freddo becco! Con un taxi attraversiamo la città che ci sembra molto vivace, piena di gente e di locali lungo le ripide stradine acciottolate. Ricordiamo le parole della ragazza greca che diceva come Ouro Preto sia per molti aspetti simile all’Aquila in Italia (si tratta di città universitarie, fredde e di montagna, ricca di arte). Tutta l’architettura coloniale, palazzi e chiese, è patrimonio tutelato dall’Unesco. Anche la nostra pousada è in un antica casa del ‘600. L’accoglienza però non è il massimo, forse perché arriviamo tardi ed il ragazzo della reception è già strafatto con molte difficoltà a connettere. Con una doccia ci scaldiamo e ci togliamo la stanchezza del viaggio. Qui la movida nei locali continua fino a notte fonda, quindi troviamo con facilità un posto che ci faccia da mangiare. Al “Sabor de Mina” proviamo la picanha brasilera na brasa e scopriamo che le porzioni sono per due! Tornando alla pousada tira un vento gelido pazzesco. Rientrati nella nostra camera spranghiamo il portone e ci infiliamo nel letto sul quale mettiamo tre strati di coperte di lana! Brrrrr….

21 AGOSTO 2010

Ci sveglia la luce intensa che filtra tra gli scuri e fa presagire una buona giornata. Durante il giorno fa anche caldo,

Usciamo in terrazza e vediamo Ouro Preto in tutta la sua bellezza: una città bianca e oro adagiata tra le colline a contrasto con un cielo terso color cobalto.

Su e giù tra i vicoli raggiungiamo la vecchia stazione risalente all’età mineraria. Da qui la “Maria Fumaça”, il treno trainato dalla storica locomotiva a vapore, collega ogni fine settimana Ouro Preto a Mariana rievocando i tempi dei pionieri e regalando ai passeggeri una bella gita nel fondovalle.

Anche Mariana è molto carina. Assistiamo ad un matrimonio nella centrale chiesa barocca, ma poi dobbiamo tornare di corsa a Ouro Preto …… al primo alito di vento cerco il K-way e…… Mi accorgo di non avere lo zaino! Escludo a priori il furto, ma fatto sta che non so proprio dove l’ho appoggiato. Sergio ovviamente da fuori di matto a causa della mia ormai nota inaffidabilità e confermata attitudine a far sparire le cose. D’altronde è l’età che avanza a farsi sentire! Gli episodi di amnesia aumentano con crescita esponenziale coì come i capelli bianchi! Per la chioma c’è la tinta, ma per il cervello? Non posso mica fare come quegli sfigati che sostengono che la cura stia nel tenersi giovani col sudoku!

Comunque recuperiamo lo zaino disperso nel luogo più ovvio: con tutte le sue belle cosine a posto è sul letto della pousada!

Ne approfittiamo per pranzare con l’ormai consueta pizza grande in un lanchorete lungo l’arteria principale del paese. Osserviamo come qui non vadano granché leggeri con l’alcool. I nostri 2 vicini di tavolo, durante il tempo di attesa della nostra pizza, riescono a bere 1-2-3- mega bottiglie di birra (e sono le 12.00!), mentre vicino alla pousada c’è una specie di centro sociale dove si balla musica house e scorre cachaca a fiumi (senza sosta da ieri notte, altro che after-hour!)

Nel pomeriggio, tanto per cambiare: pullman!!!! Recuperata la via di Mariana scendiamo alla Mina de Passagem dove, come in un far west da cartone animato, ci avventuriamo nelle profondità della terra a tutta velocità, imbarcati su un barcollante carrellino che si perde lungo le rotaie nel buio del tunnel! All’arrivo la carrucola si tende all’improvviso e per poco non mi ribalto!

Ci troviamo in una tra le più vecchie miniere d’oro (esaurite!) del Brasile dove, in 160 anni, la montagna è stata scavata come un groviera e nella quale lavoravano ogni giorno più di 2000 persone. Ci sono diversi limpidi laghi sotterranei oggi meta di esplorazioni da parte degli speleo sub. Onestamente vederli immergere nell’acqua (avvelenata dai metalli) e poi sparire nella roccia mi fa un po’ ansia! Per fare una nuotata è troppo freddo.

La risalita dal silenzio delle viscere della terra al sole accecante ed al caos è un trauma. Chissà come doveva essere per i poveri minatori che vi entravano all’alba e uscivano al tramonto …..

Tramonto che a Ouro Preto è magico, con i tetti di tegole rosse delle case che sembrano accendersi e la città diventare rosa.

Cena con la solita enorme picanha e poi, dato l’arrivo del gelo notturno, cioccolata calda nella rinomata chocholaterie di Praça Tiridantes e poi a letto sotto l’ormai consolidato monte di coperte.

22 AGOSTO 2010

Verso il caldo!

A colazione incontriamo due inglesi che arrivano da Manaus: lì ci sono 42 gradi! Evviva! Non ne posso più del freddo!

Prima di partire abbiamo però tutto i giorno per conoscere a fondo Ouro Preto. Oggi poi è domenica quindi il paese è ancora più caratteristico. Dalle chiese arrivano i canti e le persone usano ancora vestirsi “a festa” per andare a messa. I bimbi sembrano piccole bomboniere. Chi non onora la funzione religiosa si occupa dei fornelli e lungo la salita per Santa Efigenia è tutto un susseguirsi di profumini e musica che fuoriescono dalle finistre socchiuse.

Ogni scorcio pare davvero incantevole e, al solito, maciniamo km a piedi su e giù per la collina. Ad ogni angolo una chiesa, degli azuleios, e il tocco onnipresente dell’Aleijadinho, principale esponente del barocco brasiliano. In Praça Tiridantes alcune scuole di Capoeira si sfidano al ritmo ipnotico del berimbau.

Pranziamo affacciati ad un balconcino di ferro battuto in rua Musqueira osservando il viavai domenicale.

Nel pomeriggio il Passaro Verde, che in discesa va come una lippa, ci riporta a BH, hotel Othon, dove arriviamo alle 19.00. BH è una città enorme con un centro costituito da vie a sacchiera fuori dal quale si sviluppa l’immensa e disordinata periferia. Detestando le grandi città non abbiamo intenzione di uscire, se non per comprare i biglietti del bus Unir che domattina ci condurrà all’aeroporto. Non abbiamo nemmeno fame. Ci facciamo tentare da alcuni salgado in un take-away, ma non rusciamo a mangiarli perché in realtà sono enormi polpettoni troppo unti e pesanti. La sera ci godiamo il confort dell’hotel 4 stelle, con letto superking, e la vista dall’enorme vetrata che, della nostra stanza al 18° piano, abbraccia la città e le colline. Dormiamo in un piccolo angolo di pace mentre, giù in strada, continua per tutta la notte un incessante traffico.

23 AGOSTO 2010

Arrivo in Amazzonia con volo via Brasilia.

Sorvolare la foresta è da sé un’esperienza unica: miglia e miglia di verde interrotto solo dalle enormi anse di fiumi che, in alcuni punti, sembrano il mare. In atterraggio sorvoliamo Manaus e dall’alto il famoso incontro delle acque è impressionante con la netta linea di demarcazione tra il corso del Rio Solimoes e del Rio Negro che scorrono paralleli per alcuni chilometri. La città di Manaus sembra invece una sorta di cattedrale nel deserto verde, una moderna e grigia metropoli che stona con l’area circostante.

Atterriamo puntuali e subito incontriamo i ragazzi di Amazon Gero Tour che ci accompagnano all’agenzia. Nel frattempo ci accorgiamo che se era il caldo che cercavamo, qui di certo non manca. L’afa è totale con umidità del 90%. I condizionatori vanno ovunque a manetta e dappertutto i vetri sono oscurati. Addirittura in molti esercizi commerciali ed hotel alle vetrine si applica una specie di stagnola adesiva rifrangente!

L’agenzia di Gero ci sembra un po’ spoglia, ma l’accoglienza e la professionalità buone.

Dell’hotel 10 de Julio abbiamo invece una pessima opinione, forse perché questo scarno palazzone di 6 piani con piastrelle verdognole, camere spoglie, finestre oscurate e muri bianchi punteggiati da cadaveri di ex-insetti sa un po’ di casermone comunista anni ’50.

D’altronde a causa del clima, fare qualsiasi cosa a Manaus richiede enorme sforzo, come in tutti i paesi in cui fa molto caldo si vive (e si lavora) solo dove c’è l’aria condizionata. Chi non ce l’ha sopravvive e sonnecchia…. Come i venditori della Feira de Bananas che sonnecchiano sulle amache tra centinaia di caschi di banane verdi. Ma come fanno a fare affari?

Usciamo a fare due passi appena prima del tramonto, quando la città sembra un po’ meno un girone dantesco.

Si tratta comunque di una metropoli affollatissima la cui vita si sviluppa prevalentemente lungo il fiume. I traghetti passeggeri sono decine, con le amache posto/letto legate sul ponte, e rimandano col pensiero ai tempi del boom della gomme, quando Manaus era un avamposto di frontiera nell’intrico della jungla. Oggi tutto è più moderno e qui hanno sede le principali aziende dell’elettronica del Brasile, ma per chi sceglie la via del fiume il viaggio dalla foce al Perù può durare ancora più di 15 giorni.

Le strade che conducono dalla bella piazza del Teatro Amazonas al Rio delle Amazzoni sono un brulicare di bancarelle che vendono ogni genere di oggetto. Manaus è una città-porto e come tutte le città con queste caratteristiche è sporca e maleodorante. Tutto odora di umido e stantio e vi è uno stato di trascuratezza generale. Anche il moderno Carrefour in alcuni reparti sembra cedere forzatamente all’incuria. Le blatte che si rifugiano veloci nei tombini (o vi fanno capolino) sono grosse come pugni e con lunghe inquietanti antenne. Mi vien freddo dal terrore, il che con 42° è tutto dire!

Nonostante l’intenso odore di pesce e di frutti eccessivamente maturi il Porto ed Mercato Coperto sono tappe obbligate per avere una visione reale di Manaus. I banchi della struttura art nouveau sono colmi di pesci enormi, tagliati abilmente con schioccanti colpi di machete, e di abbondanti frutti dai nomi sconosciuti . I colori sono intensi e l’atmosfera magica rievoca altri tempi e luoghi lontani.

24, 25, 26 AGOSTO 2010

In the jungle the migthy jungle ….. La la lala-lalaaaaa!

Incomincia la nostra avventura nella jungla e la mia personale lotta contro paure ataviche: ragni ed insetti giganti, serpenti, alligatori, piranha …. Organizzo la difesa creando sulla pelle uno strato quasi solido di repellente ad alto tasso di DEET e girando con la zanzariera sempre a portata di mano come la coperta di Linus.

Condividiamo questa esperienza con simpaticissimi compagni di viaggio: spagnoli, australiani, cinesi, inglesi ed americani oltre che alle nostre guide brasiliane tra cui il pazzo “jungle boy” Kenrick. Ne scaturisce una sorta di isola dei famosi in salsa di pout pourri multietnico ambientata all’Ararinha Jungle Lodge sul lago Mamori.

Carichi di bottiglie d’acqua per contrastare l’afa partiamo da Manaus e da lì, con una lancia veloce, attraversiamo il Rio delle Amazzoni fermandoci all’incontro delle acque. Dal fiume il contrasto di colore è meno evidente rispetto alla visone che si ha dall’aeroplano. Invece la differenza di temperatura dei due fiumi è ben percettibile, mettendo le mani in acqua, una per colore.

E’ incredibile pensare come la sorgente di alcuni dei corsi d’acqua che qui si incontrano si trovi a km e km, addirittura in cima alla Cordillera Andina!

Sull’altra riva del fiume ci rimettiamo in macchina ed imbocchiamo la BR-319 la mitica e contestata Transamazzonica. La città scompare subito e ci inoltriamo nella foresta: uccelli multicolore, piccole ed isolate case su palafitte, lagune con enormi victoria regia. La strada sembra incominciare per poi perdersi nel nulla. Si dice che arrivare fino a Porto Velho sia un inferno, soprattutto durante le forti piogge.

In un paio d’ore raggiungiamo l’arcipelago fluviale di Arara dove ci aspettano i nostri bungalows, molto spartani, ma dotati di preziose zanzariere. Chi dorme nelle amache, invece, deve mettere in conto che la zanzariera si appoggia alle stesse e gli insetti vi pungono attraverso. Dopo la prima notte nella jungla ci sono persone irriconoscibili con glutei e gambe massacrate dalle punture. Nel bungalow, invece, punture zero. Perciò vale la pena di spendere qualche real in più, garantirsi la salute, e rinunciare a fare gli Indiana Jones troppo avventurosi dormendo all’aperto.

Dato il caldo è ovvio tuffarsi nel fiume per cercare un po’ di refrigerio, anche se minimo, perché l’acqua è calda. La temperatura però è piacevole e passiamo quasi un’ora a rilassarci a bagnomaria chiacchierando galleggiando tranquilli sui giubbotti di salvataggio. L’acqua è limpida e trasparente, tanto che Kenrick la beve con tranquillità, ma di un colore marrone scuro, come un the bello , a causa del materiale vegetale in decomposizione. Tuffarsi crea un po’ di ansia perché non si vede il fondo, anzi nemmeno il torace di chi è già immerso, mentre uscendo scopriamo che ci rimane addosso uno strato di terriccio marrone come se fossimo più abbronzati.

Il resto della giornata lo passiamo in barca esplorando il corso d’acqua maggiore e vari igarapè.

Lungo il fiume mi aspetto di trovare ogni tipo di animale, ma non di certo dei delfini. Ed invece ci sono! Non sono una leggenda i delfini rosa del Rio delle Amazzoni, esistono davvero! All’improvviso saltano fuori dall’acqua con grandi piroette lasciando il visitatore a bocca aperta. Altrettanto rari sono i bradipi sonnacchiosi aggrappati in cima agli alberi. Con tutte queste rarità, anaconde, caimani e piranhas vi sembreranno sin troppo ordinari!

A proposito di caimani (jacaré) la nostra “caccia fotografica” incomincia con lo scendere della notte. La nostra imbarcazione si muove lenta sul fiume nel silenzio totale mentre con una torcia perlustriamo le rive. I caimani si vedono immediatamente poiché i loro occhi colpiti dalla luce della torcia brillano. Ci sono decine di paia di occhi, di tutte le dimensioni: dai coccodrillini ai coccodrilloni ….. Siamo tra l’altro vicinissimi al lodge, dove oggi abbiamo nuotato. Ciò significa che, a nostra insaputa, abbiamo fatto il bagno con i caimani! Al passare del fascio di luce le sponde, apparentemente disabitate, si animano: enormi lucciole si alzano in volo accendendo il loro fascio intermittente, le rane iniziano a gracidare ed i caimani si immergono ….. Penso che il bello dell’escursione sia rappresentato da ciò che vediamo, quando all’improvviso sento la barca sobbalzare, un tuffo e nel giro di pochi secondi Kenrick si immerge ritornando in superficie abbracciato ad un caimano di quasi 2 metri. Con gesti abili rende inoffensivi i denti aguzzi e la coda legando mascella e zampa posteriore con un filo di ferro. In pochi secondi il caimano è con noi sulla canoa. Lo teniamo per pochissimo tempo perché, pur essendo un bestione, è visibilmente spaventato e spaesato. Toccandolo è incredibilmente freddo, viscido ed il ventre è ricoperto come da una dura cartilagine.

Salutato il nostro amico predatore restiamo immersi ancora per un po’ in questo meraviglioso ambiente. La foresta è un concerto. E’ vero che la cortina degli alberi impedisce di vedere gli animali: ma si intuisce la loro presenza, se ne avvertono i suoni. Le grida delle scimmie urlatrici e il rumore delle cicale sono come un’onda che sembra non tacere mai. I rumori della foresta sono la prova della sua vitalità e vorremmo che essa continui ad essere così bella e viva per sempre….. La contemplazione della Natura è improvvisamente interrotta da un mio urlo: aiuto! Un enorme “cosa” viscida mi ha colpito in faccia! Il mio pensiero va subito a qualche orribile insetto, ma si tratta solo di un povero pesce saltante che ha cercato di suicidarsi gettandosi nella canoa. Per fortuna lo recuperiamo gettandolo di nuovo in acqua!

Rientriamo al lodge nel buio più totale perché il generatore è già stato spento. Alla luce delle torce raggiungiamo il bungalow e ci proteggiamo per bene sotto alla zanzariera: immobili. Sì perché solo girarsi ne letto fa sudare! Cerco di leggere qualcosa, ma quando il fascio di luce colpisce il rivestimento in legno di pareti e pavimento vedo sempre qualche “oscura presenza” che si muove rapida. Meglio chiudere gli occhi e non pensarci!

L’indomani mattina l’intero campo si sveglia alle prime luci. Fa già caldo, per cui un tuffo prima di colazione è l’ideale. In Amazzonia la maggior parte delle pietanze è cucinata a base di manioca. Il prezioso tubero è una sorta di “pane del Brasile”, l’equivalente della polenta per i brianzoli, ottimo sia come base per piatti dolci che salati. Il processo di lavorazione lo si apprende poco dopo presso una famiglia di cablocos, abitanti del posto e discendenti delle unioni tra nativi e brasiliani, che ci mostra la lunga lavorazione della manioca per togliere il veleno. Li aiutiamo con molto piacere nel loro lavoro che non si interrompe neppure la domenica e nemmeno con 45°. I cablocos che non hanno una casa de farinha per mantenersi vivono spesso in colorate case di legno ancorate, come zattere, alle sponde del fiume con funzione di area ristoro per i naviganti, piccola dispensa e bar. Spesso non hanno orari: arrivando in barca si attracca e poi…..basta bussare!

Alcuni ragazzini sono orgogliosi di mostrarci la loro casa galleggiante, pulitissima, in cui si trova il letto matrimoniale di mamma e papà mentre loro 4 dormono nelle amache appese sopra ai genitori nell’unico stanzone.

Io e Belén, la ragazza spagnola, chiediamo alla ragazzina più grande, di nome Amelia, della scuola. Restiamo letteralmente scioccate. C’è un unico maestro per 48 ragazzini, e si va a scuola a turni. Nel caso di Amelia 3 ore ogni 2 giorni. Non sono però i tempi di fruizione dello studio a lasciarci perplesse, quanto più l’unico quaderno della ragazza dove, tra poche somme e qualche frase di dettato, sono decine le parole di preghiera a Dio: Dio ♡ Amelia, Dios ve ama, Dios è O Mundo, ecc …. Insomma quale può essere il motivo di tanta devozione? Di solito una ragazzina di 13 anni scrive il nome dell’innamorato, non del Signore. O no?

Restiamo con i nostri dubbi mentre con Kenrick facciamo un breve giro di scoperta dei frutti tropicali. Ecco la dannatissima noce brasiliana, croce di tutti i pranzi di Natale. Il duro guscio marrone non mi si apre mai, neanche fosse una cassaforte! E qui scopro che la pianta “dal vivo” è pure peggio: gli spicchi a noi noti sono in realtà contenuti in una noce ancora più grande, tipo un cocco, che cede solo a vigorosi colpi di machete. Ok! Per il prossimo Natale preparatevi: arrivo armata!

Il famoso Açay è invece una grande bacca frutto di una palma, mentre il Kaju, il cui succo acquoso piace a tutti tranne a me, è una specie di incrocio tra una Melinda ed un peperone …..

Tutto ci entusiasma molto, ma scopriamo che Kenrick e le altre guide indio hanno il “vizio” del descanso, il riposino del dopo pranzo che, a detta loro, appartiene alla tradizione.

Noi occidentali non siamo molto convinti, nemmeno le spagnole che tradizione vorrebbe cultrici della siesta ….. Autonomamente decidiamo quindi di organizzare una specie di regata in canoa con tre equipaggi: Australia, Spagna e Italia. Inizialmente partiamo alla ricerca dei piranha, ma poi scatta una certa rivalità per primeggiare con iniziali speronamenti e pagaiate “al nemico” ….. Infine la tranquilla gita diventa una versione reale di “affonda la flotta”: Ana ed io che finiamo in acqua; Crocodile Dandy (dall’Australia) si lancia al volo e, afferrandola, trascina la canoa spagnola sott’acqua; Sergio si salva allantanandosi grazie a vigorose pagaiate … Bilancio finale: 2 canoe affondano tra le bollicine blop-blop- blop; le macchine fotografiche vengono salvate e portate a riva nuotando goffamente con una mano alzata; i Ray-ban di Ana sono dipersi tra i caimani, mentre Mr. Crocodile riesce a recuperare l’immancabile cappello da Cow-boy che calza tutto grondante. Dalla riva le nostre guide, svegliate dal troppo casino, rimpiangono il mancato riposino, ma ridono a crepapelle. Alla fine buttiamo anche loro in acqua insieme con il malcapitato pubblico, tra il quale i due ragazzi cinesi, vestiti da capo a piedi, che con estremo disappunto esclamano: “Europeans are crazy!”. Non è proprio nella loro cultura essere così invadenti ed irrispettosi del prossimo!

Finalmente poco prima del tramonto si può andare a caccia di piranhas. Evviva! Con delle canne fatte da un semplice canna di bambù, un metro di filo, un amo rudimentale ed un bel pezzo di ciccetta come esca, la pesca del piranha è l’attività meno complessa del Mondo! Basta buttare la lenza che tac! Sentite subito che qualcosina tira …. E op! Con un colpo secco il piccolo pescetto, ma con una dentatura da paura, abbocca. Ma se abboccano con questa frequenza ci chiediamo: “Ma quanti ce ne sono?”. Tantissimi, ma sono pericolosi per l’uomo solo dove i corsi d’acqua formano lagune e l’acqua è ferma. In questo caso creano branchi molto pericolosi.

In pochi minuti abbiamo quindi rimediato la cena: piranha alla brace! Ci dà una certa soddisfazione far finire nel piatto questo temuto pesce protagonista degli horror della nostra adolescenza!

Durante l’ultimo giorno nella foresta ci attende una sessione di orientering ed hicking. Forse a causa del troppo caldo che ci fa sudare ad ogni passo non ci entusiasma un granchè, a parte alcuni simpatici episodi. La ragazza cinese, probabilmente educata in una scuola stile “vecchio stampo rosso” , si trasforma in una specie di soldato, una sorta di Rambo in gonnella, una macchina forgiata dai migliori corsi di sopravvivenza. Inizia a dettare ordini al povero compagno che deve tradurre in inglese e, con la determinazione di Karate-Kid, prende in mano il caso “orientering” nemmeno fosse un GPS. A noialtri resta ben poco da fare, quindi ci concentriamo sull’altra missione: cavare un ragno da un buco! Poco gratificante, certo, fino a quando non si scopriranno buchi alla base degli alberi grossi come meloni … A quel punto garantisco che la voglia di scovare il ragno passerà….. Ma Kenrick insiste e svela tarantole nere e pelose di dimensioni impressionanti (nella mia testa continua a balenare il ricordo di un’altra leggenda anni ’80: dopo quella di piranha ed anaconda, ecco quella del famoso tronchetto della felicità importato dal Brasile con tanto di Vedova Nera assasina!). Per ultimo, altro cliché per turisti: cibarsi nella giungla. Già so cosa mi potrebbe aspettare, ma sto al gioco. Facciamo finta di essere prossimi alla morte causa denutrizione quando …. Toh! Ma che belle bacche! Dai, dai, apriamole! Ma invece di un bel frutto, ecco una gustosissima larva! Le nostre guide ovviamente assaporano con gusto, altri compagni provano la squisitezza sostenendo che sa di carota, io faccio cadere gli schifosi esseri spiccando un balzo all’indietro degno dell’oro olimpico nel lungo!

Così, dopo un ultimo tuffo, finisce la nostra avventura nella jungla. Mentre una lancia ci riporta verso Manaus e i caimani sonnacchiosi ci guardano partire noi cerchiamo di fissare il ricordo di questa splendida foresta nella mente, sperando che lì rimanga indelebile. In realtà non abbiamo visto che una miserrima parte dell’Amazzonia, grande tanto quanto una goccia nel mare. Chissà come sarebbe stata lussureggiante la vegetazione all’interno, dove quasi non filtra la luce del sole tra gli alberi….Chissà come avrebbe potuto essere incontrare gli indios. Forse però è meglio così. Probabilmente l’intricato interno con i suoi abitanti è preservato proprio dall’assenza di contatti con l’esterno e già sono stati fatti fin troppi danni all’Amazzonia.

26 AGOSTO (SERA) – 27 AGOSTO

Rientrati a Manaus abbiamo ancora molto tempo a disposizione perché il nostro volo sarà alle 4.00 dell’indomani mattina.

Torniamo all’hotel 10 de Julio che ci ha tenuto il bagaglio in deposito. Dato il caldo ed il lungo viaggio che ci attende chiediamo di poterci fare una doccia ma, con nostra grande sorpresa, ci dicono che non è possibile. O meglio, occorre pagare un’altra notte! Cooooome????? Ma se già mi son sembrati folli i 95 reais chiesti per dormire in una stanza orribile! Inoltre sono anche così scortesi e storditi che iniziamo a pensare di fare ….. I portoghesi! (Ops! Ma qui vale questo detto?)

Facendo finta di niente prendiamo quindi il nostro bagaglio e scendiamo al piano -1 dove c’è l’ostello. Qui troviamo una camera aperta e ci facciamo indistrurbati la doccia (anche se con un paio di scarafaggi morti a farci compagnia). Poi ci connettiamo ad Internet, andiamo a fare un po’ di shopping (ci si è rotto lo zaino!), una caipirinha sulla piazza del teatro, dopodiché cena ed infine chiamiamo un taxi che alle 23.00 passa puntuale a prenderci. Carichiamo con calma i bagagli, salutiamo e….Zac! Tagliamo la corda …..senza saldare la prima notte. Ma Pensa! Che sbadati! D’altronde il prezzo non era congruo e poi, ma si è mai visto che ti facciano pagare per una doccia????

La nostra notte in aeroporto è tremenda. Manaus è l’unico scalo del Brasile con le poltroncine della sala di attesa con poggia gomiti fissi (quindi non ci si può sdraiare) e dove non ti fanno fare il check-in se non 2 ore esatte prima del volo.Non so più come stare, se seduta male o in piedi ciondolante. Alla fine mi addormento distrutta sulla valigia poco prima che annuncino l’imbarco. Si tratta di un passaggio aereo infinito, connessione tra le varie località sul Rio della Amazzoni, con innumerevoli atterraggi e decolli intermedi. Per fortuna il velivolo è il medesimo, quindi posso ronfare appoggiata al finestrino. La tipa seduta al mio fianco deve aver pensato che fossi morta. Ogni tanto cercava di attaccar bottone ricevendo i cambio un lieve grugnito. In fin dei conti non dormire ti rende irritabile. Alle 9.00 circa del 27 agosto arriviamo a Sao Luis e subito cerchiamo un taxi aereo per Barreirinhas. Abbiamo trovato indicazione del nome di diverse compagnie su Internet anche se, in effetti, nessuno mai ha risposto alle nostre mail. Oggi scopriamo il motivo del silenzio: dal punto informazioni ci dicono che l’aeroporto di Barreirinhas è stato fechado (chiuso) perché non a norma! No! Che rogna! Ci tocca prendere il bus!

Con un taxi raggiungiamo di corsa la Rodoviaria, ma non ci sono bus sino alle 14.00. Troppo stanchi per visitare Sao Luis decidiamo di accamparci alla stazione dei pullman e bivaccare lì. Ormai siamo abituati!

Abbastanza sfiniti non ci aspettiamo di certo anche l’ultima sfiga del giorno: benché tutti dicano che i bus executivo e leito siano confortevoli e climatizzati, il nostro è senza A/C, lento come una lumaca ed il viaggio dura più di 6 ore con tipo 100 soste a richiesta!!! Fa talmente caldo che mi sembra di avere la febbre. Ad ogni stop and go devo prendere da bere, così poi mi tocca anche di dover trattenere una pipì esagerata!

Il lato positivo è che finalmente ci siamo lasciati alle spalle le grandi città. Ora attraversiamo solo piccoli centri che si sviluppano con poche abitazioni lungo l’unica strada la quale, in molti punti, è già semisommersa dalle dune. E’ il tramonto e la giornata, in questi centri, scivola via serena: i ragazzini giocano a palla, gli adulti chiacchierano seduti appena oltre l’uscio, le signore hanno portato all’esterno il televisore e guardano l’immancabile Passione!

Con il buio arriviamo a Barreirinhas. Nell’ultimo tratto il bus arranca sul fondo sabbioso e ci lascia perciò dove può, esattamente in un’anonima via laterale scarsamente illuminata, ma dove comunque non abbiamo per nulla ansia o timore. Dopo quasi 2 settimane in Brasile iniziamo a sentirci del posto. Per cavarcela ho imparato che il modo migliore è chiedere alla gente che è davvero ben contenta di aiutarci!

Ho prenotato dall’Italia alla Pousada Sossego do Cantinho, ma si trova dall’altra parte del fiume rispetto al centro del paese. Il proprietario Michael mi ha scritto che dobbiamo andare all’agenzia Sao Paolo Turismo e chiedere di lui. Così facciamo chiedendo la strada ad un ragazzo del posto.

All’agenzia SPT conosciamo la preziosissima Cássia Valentim, comproprietaria dell’agenzia con la madre e soprattutto una delle poche persone a Barreirinhas che sappia parlare inglese. Altre ineguagliabili doti: si fa in 4 per aiutarci, è cordiale, è una inesauribile fonte di informazioni e sa il fatto suo.

Sempre alla SPT conosciamo due simpatici architetti (gay) di San Paolo in viaggio nel Maranhao al rientro da un’escursione. Ci scambiamo un po’ di informazioni e, parla parla, vorrebbero anche loro fare il volo panoramico sopra le lençois …. Ma ci sarebbe il problema dell’aeroporto chiuso ….. Inoltre sarebbero interessati ad arrivare, come noi a Jeri, quindi avremmo 2 potenziali compagni di viaggio.

Insomma, nel giro di 5 minuti, riusciamo a programmare i successivi 2 giorni e soprattutto, con l’intervento di Cassia, scopriamo che l’aereoporto non è proprio chiuso, chiuso ….. Si possono fare eccezioni….l’importante era essere 4.

Definiti i dettagli per l’indomani lo stesso ragazzo di prima ci accompagna ad un piccolo attracco lungo il fiume dove nell’ombra ci attende un motoscafo: è Michael.

In pochi minuti raggiungiamo la pousada sull’altra riva. Si tratta di un piccolo angolo di paradiso in un bel giardino tropicale con camere enormi in graziosi bungalows. La pousada ha anche un piccolo ristorante dove Josianne, la moglie di Michael, cucina a richiesta alcune specialità locali.

Ci facciamo una vera e lunga doccia dopo tanti giorni, tanta polvere e tanto sudore e ci godiamo la cena in totale relax.

Prima di rientrare chiacchieriamo un po’ con Michael (ha una risata assurda!) che ci racconta di aver lasciato la Svizzera circa 10 ani fa e di non avere alcuna intenzione di tornarvi mai!

Il nostro relax non dura però a lungo…. Durante la notte ci svegliamo di soprassalto perché sentiamo qualcuno correre, prima in giardino, poi sul tetto. Tu-tu-tum ….. Tu-Tu-tum….. E poi qualcosa che gratta sul tetto, come se volesse scavare per entrare. Oddio i ladri! O forse una scimmia ….. Si ma se mi entra una scimmia in stanza mentre dormo mi viene un infarto! Insomma: tutti e due in piedi, luci accese, cautamente apriamo la porta e usciamo in giardino. Iniazialmente pare non ci sia nulla, poi un’ombra nera. Oddio! O mamma! Sono davvero i ladri! Sto per gridare quando vedo che l’ombra fa un balzo, caz…. La voce mi si strozza in gola ed il cuore cessail battito perché mi vedo la Cosa arrivare in testa ….. Ma l’ombra non mi cade addosso, vola in alto! Capisco. E’ un enorme uccello nero (battezzato la perfida cornacchia Cra) con in bocca una rana grossa come un’anguria…. Sul tetto Cra stava cacciando!

Ritorniamo a dormire maledicendo Cra, felici di non aver svegliato tutti ed augurandoci che la bestia non si rifaccia mai più viva!

28 AGOSTO 2010

“Volere volare”.

Prendo in prestito il titolo di questo film del 1991 per descrivere la pazzesca ed altrettanto incredibile giornata di oggi, ricca come il film di personaggi fuori dal comune.

Dopo una ricca colazione e gradita moka alle 8.30 una jeep della SPT ci aspetta puntuale all’imbarcadero. Guida Delano, un ragazzo con il quale incominciamo subito a scherzare. Ironizziamo sull’aeroporto chiuso chiedendo se, per far fronte alla nostra necessità, non gli avessero chiesto di trovare un aereo in un vecchio garage e, già che c’era, di pilotarlo. Noi scherziamo, ma Delano risponde seriamente di sì!!! …. Perchè il pilota è davvero lui! Mhhh, Bene! Che fiducia!

In fondo al paese c’è l’aeroporto. Scendiamo dalla jeep ed apriamo (con le chiavi!) la piccola sala di aspetto. Il piccolo aereo monomotore ad elica è già sulla pista (più buchi che pista) e Delano si arrampica su un’ala e fa benzina con una tanica. Quando afferma “può bastare” gli dico: “aggiungi và, che non si sa mai!” …. Ci manca che per risparmiare facciamo i litri misurati …..

I due ragazzi di San Paolo non sono ancora arrivati, per cui facciamo un po’ di corso di portoghese. Delano ha una parlantina che non ha freni, ahimè! Non perché sia antipatico, tutt’altro, solo che racconta delle cose assurde tipo: sono stato pilota acrobatico, poi guidavo gli aerei cargo in Angola e ho il titoli di più giovane pilota di Boeing …… Certo una bella storia, ma com’è che se sei pilota non sai neanche dire decollo e atterraggio in inglese? Mi sa che forse, forse non hai mai preso neanche la patente dell’auto.

Così, senza nemmeno registrarci da qualche parte (quindi noi siamo i non-presenti, sul non-aereo, del non-aeroporto) saliamo e via! Decolliamo. Addirittura con la porta aperta perché, secondo Delano, fa troppo caldo!

In tre minuti imparo tutto sulla sicurezza a bordo (uff!), quindi mi posso godere il panorama che, da quassù, è ineguagliabile! Insomma, vale il rischio che stiamo correndo.

Il paesaggio sotto di noi sembra non appartenere alla terra: centinaia di lagune blu e blu/verdi tra onde di sabbia bianchissima, il mare e il deserto che sembrano volersi fondere e mantenere, allo stesso tempo, parte della propria identità (anche se le lagune sono originate dalle piogge e non dal mare).

Sorvoliamo le piccole e grandi Lençois, Caburè, la foresta di mangrovie, Atins dove si arriva all’Oceano e Mandacaru con il suo alto faro.

La poesia del paesaggio viene subito interrotta da una folle richiesta di Sergio a Delano: “Posso pilotare?”

E ovviamente, perché per me è matto, quell’altro risponde: “Ma certo!” E gli passa il comando!

I due ragazzi gay si guardano allibiti poi, sorridendo, mi dicono: “Ma Sergio ha fatto un corso?”

Corso? Ma che corso d’Egitto!

Quando mi vedono sgranare gli occhi a superpalla (come la lepre che si vede davanti ad un tir!) e sbiancare come un fantasma credo capiscano che abbiamo a che fare con dei folli e si prendono teneramente per mano sospirando e riponendo tutta la loro fiducia in Sergio ….. Oh Madonnina!

Nei minuti che seguono respiriamo poco e balliamo tanto.

Tener dritto un aereo non è affatto semplice e le virate sono nette.

Delano guida Sergio in una discesa a “filo spiaggia” …. Siamo talmente bassi che ancora un po’ vedo i pesci! Poi torniamo velocemente in quota, un paio di giri ancora e poi Sergio, da bravo, ci porta sopra l’aeroporto e Delano completa l’atterraggio.

Scendo che ho tutti gli organi interni spostati, il sangue mi si è gelato nelle vene e sono tutta sudata marcia (ma sudore freddo). Trovo la forza di chinarmi e baciare la terra! Signore bonino, ma che roba!

Siamo tutti emozionati, ma Sergio sembra un bimbo di 5 anni che ha appena giocato con in nuovo aereoplanino in scala 1:1!

Quando incomincia a ritornare in sé e gli passa la momentanea pazzia, rendendosi DAVVERO conto di aver guidato un aeroplano , anche Sergio sbianca! Ah ecco! Allora forse gli è rimasta una briciola di razionalità!

No, mi sbaglio. Eh sì, perché gli ritorna il colore sul viso e peggiora dando fiato al suo entusiasmo ….. Mi dice: “ma lo sai che ho guidato in ciabatte?” (Ma pensa!) “Oh, ma sai che non ho ancora capito a cosa servivano i pedali?” “E tutti gli strumenti?”(ma che bravo!) …”Va bè, dai l’importante era stare dritto!!!!” (Parla per te che io stavo per vomitare!) …. “Dai! E’ stato facile!” (Prova a chiederlo ai due ragazzi che mentre atterravi hanno fatto testamento e mi hanno chiesto di unirli in matrimonio!) “E poi è stato davvero impegnativo, pensavo di non mirare la pista!” (a noi invece stava venendo una sincope nemmeno ce la fossimo fatta una pista!)

Per smaltire lo shock 4 passi a Barreirinhas e ci beviamo un cocco comprato in un simpatico chioschetto. A dire il vero ne prendiamo ben più di uno per tutti i ragazzini che ci chiedevano se ne potevano avere un po’ …..

Nel pomeriggio abbiamo in programma un’escursione al parco delle lençois, che si trova sullo stesso lato del fiume della pousada. Possiamo così ritornare al bungalows e passare un paio d’ore in spiaggia nuotando nel tranquillo fiume. L’acqua lava via l’agitazione ……..

In un’ora circa, in compagnia di numerose famiglie pauliste, raggiungiamo la Lagoa Azul. E’ una specie di oasi in un deserto bianchissimo. La sabbia talmente sottile mi si infila dappertutto, specialmente nelle orecchie. La rena è stranamente sempre fresca anche se il sole è a picco.

Camminiamo a lungo tra le dune e le diverse lagune facendo qualche tuffo ogni tanto.

Quando arriva la sera la luce de tramonto fa diventare il deserto rosa.

Durante il tragitto di ritorno attacco bottone con una famiglia di San Paolo (che mi approccia con il solito “Italiano!? Passione!!!!”). Chiacchiero volentieri e mi rendo conto di come tra gli abitanti del sud del Paese e del Nordeste vi siano differenze pazzesche. I paulisti sono molto simili ai milanesi, nel Nordeste il modo di vivere invece è un po’ quello del nostro Meridione…..

29 AGOSTO 2010

Alla scoperta del cremosiňo!

Anche oggi gita, ma in barca.

Le escursioni personalizzate qui sono rare e piuttosto costose, ma è piacevole anche partecipare ad una visita a “pacchetto”. Ovviamente siamo in compagnia di Gaio e Gaia con i quali ci impegniamo a segnalare la SPT su Tripadvisor facendo soprattutto i complimenti a Cassia.

1° tappa Vessouras con i piccoli Lençois.

Tira un vento pazzesco che mi crea il solito mal d’orecchie, ma uscire con la barca dalla verde ed immensa foresta di mangrovie e trovarsi di fronte ad enormi dune che sembrano emergere dal corso del fiume è davvero impressionante!

Qui vive anche una strana tipologia di palma “con il tronco tassellato” . Molte persone del luogo vivono della lavorazione delle foglie, facendo della palma la base di una vera e propria industria.

Un baretto lì vicino è popolato da tremende scimmiette che mi mordono, bastarde!

2° tappa Mandacaru che merita più per il vivace porticciolo che per il faro.

Oltre alle solite paccottiglie per turisti si trovano in vendita anche strane leccornie gradite dai locali.

In una specie di liquorificio degli orrori, esposte sotto al sole, decine di bottiglie riciclate di plastica e vetro contengono cachaca artigianale fatta con qualsiasi cosa: peperoncino, serpenti, fiori,cocco acay, ecc… Nella locale bettola invece, con un solo real, vi saranno aperti piccoli frigoriferi di polistirolo con dentro delle strane buste gelate e gonfie contenenti qualcosa di commestibile….. Sono troppo curiosa di assaggiare, quindi allungo al commerciante il mio real e scelgo la mia busta. Essendo di diversi colori vado sul classico: bianco. Scopro che il nome dell’oggetto è cremosino al gusto latte condensato. Mmmmh buono! Ma come si mangia? Ingollo anche la busta?

Mi dicono di strappare un angolo della confezione ….Ok. E poi? …Diamine, é un pezzo di giaccio!!!!

Mi suggeriscono: succhia!!!! ….. Coooome???? Che cosa???

Sì,sì! Così! Iinsistono Gaio e Gaia mostrandomi come si fa (Ah! Bhe! Se lo fanno loro….)

Ok, ci provo! Ah, Ecco!!! Ho capito! Va fatto sciogliere come un calippo! (e’ proprio l’estate giusta!) ….. Però! E’ davvero goloso!

3° tappa Caburè, spiaggione remoto ed immenso oltre le dune dove il Rio Pregiucas sfocia nell’oceano.

Per fortuna il tragitto in barca è breve perché ha attaccato bottone Enilda Leite Lopes, niente popodimeno che la presidentessa della Associaciacao Brasileira dos clubes da melhor idade, ovvero il club delle scüre over 70 in gita della terza età. Tutte ovviamente con un parente italiano e tanto desiderose di parlare, parlare, parlare!

Scendo dalla barca stordita e mi allontano sulla spiaggia dove, per fortuna, non c’è nessuno per chilometri e chilometri.

Qui ci si perde nella totale tranquillità. La spiaggia è talmente immensa da farvi apparire come minuscoli puntini sulla sabbia.

Facciamo il bagno in una piccola piscina creata dalla marea ascoltando affascinati il rumore dominante delle onde, della marea che sale e del vento.

In alcuni capanni molto spartani, riparati da barriere di canne, per pochi reais è possibile mangiare dello squisito pesce fresco grigliato. Si prepara tutto al momento, quindi l’attesa è lunga. Ne approfittiamo per rilassarci al sole.

Rientrati a Barreirinhas abbiamo una brutta sorpresa: Gaio e Gaia decidono di partire oggi stesso per Jeri seguendo un itinerario di tre giorni nel delta do Parnaiba. Restiamo quindi senza partners per il trasferimento a Jeri. Una macchina per due è eccessivamente costosa, mentre l’alterrnativa del trasporto pubblico è decisamente lunga ed impegnativa (al posto che un giorno ne impiegheremmo 2 arrivando a notte fonda. Da Barreirinhas a Tutoia in 4X4, da Tutoia a Parnaiba in bus, da Parnaibà a Camocim sempre in bus e con un camion da Camocim a Jeri).

Anche Cassia è scettica circa una soluzione alternativa: è ormai tardi e soprattutto è domenica, quindi le maggiori agenzie sono chiuse.

Ci stiamo per rassegnare al mezzo pubblico, quando incominciamo a pensare che no, dobbiamo trovare una soluzione. Non esiste il “non si può fare”, anzi è proprio questo limite che, imposto, ci sprona a far mettere in moto tutta la sonnolenta Barreirinhas.

Ringraziamo Cassia per la gentilezza e facciamo il giro delle altre agenzie con le quali, però, c’è il problema della lingua. Facendoci capire in qualche modo otteniamo i seguenti risultati:

. N. 4 “E’ impossibile”

. N. 1 “Forse. Vi porta probabilmente mio marito Pedro”. L’agenzia è Discovery Brazil, ma la moglie di Pedro (che si stava facendo le unghie!!!), per quanto gentile, parla solo portoghese! Capiamo che il marito sta arrivando adesso da Jeri con un gruppo, ma adesso non c‘è campo e non risponde. Forse ci chiama dopo alla pousada. Quindi non siamo certi di nulla

. N.1 “Sì, sì certo”. Assenso espresso dai ragazzi dell’agenzia Alternative Adventures. Peccato che il prezzo continui a cambiare e che i tipi mi paiono ben poco raccomandabili. Si passa in pochi minuti da da 200, a 250 poi da 250 a 300 reais a persona. Chiediamo quanti saremo e a che ora si parte e ci rispondono: 5, no 7 …. Partiamo alle 7.00, no alle 8.00 …. Ma i soldi dovete darceli subito. Insomma ce ne andiamo poco convinti.

Più indecisi di prima ritorniamo amareggiati verso il porto, quando vediamo Cassia correrci incontro.

Per fortuna il paese è piccolo e la gente mormora!!!!!

Scoprendo che ci stavamo rivolgendo ad altri Maria, la proprietaria della SPT, è stata punta nell’orgoglio. Sostendendo: “non esiste che qualcuno vi offra un passeio che io non sia in grado di offrire!” si è messa subito in moto. Per non farsi sorpassare dalla concorrenza, e rubare i clienti, ci ha invitati a ritornare in ufficio da lei e ad aspettare ancora mezz’ora. Avrebbe attivato i suoi “canali” per cercare una soluzione.

Insomma, abbiamo scatenato una guerra tra le agenzie viaggio di Barreirinhas diventando per una sera i “most wanted”del paese. Pedro telefona più volte a Michael per dire che è disponibile, il tirapiedi di Alternative Adventures è appostato davanti alla San Paolo Turismo, mentre Maria ha sguinzagliato un ragazzino in motorino a “cercare le jeep”!!!

Noi, estremamente riconoscenti, offriamo da bere a Cassia e Maria ed attendiamo con tranquillità di prendere una decisione.

Il ragazzino ritorna trafelato alle 19.00. Butta il motorino nella sabbia e ci dice di correre, subito! Ha trovato la macchina, ma dobbiamo parlare con il Driver prima che vada a dormire …. Bho, mi porto anche Cassia per precauzione ed andiamo a beccare questo tizio alla Pousada do sol.

Il driver mi piace subito, si chiama Rodney, ha una faccia simpatica ed è molto professionale. Ci spiega che è in viaggio nel noreste da circa 10 giorni per accompagnare un gruppo di tre giornalisti ed un fotografo. La Jeep è di un’agenzia di Fortaleza che si chiama Trilhas off Road, agenzia ufficiale Land Rover, che è ufficialmente affittata dal gruppo ed è già pagata. Con la stessa chiarezza ci fa capire che se ai giornalisti sta bene, se la cosa non verrà in alcun modo riferita alla sua agenzia e che, laddove fossimo disposti a riconoscere un compenso al driver per il disturbo, il trasporto si può organizzare.

A noi sta bene per prezzo di 500 Rs (arriveremo a Jeri domani, senza mezzi pubblici e con un defender con A/C!!!), speriamo che anche i giornalisti non abbiano nulla in contrario. Ci accordiamo per trovarci all’imbarcadero domattina alle 8.30 in modo che, se l’affare dovesse saltare, potremmo prendere i mezzi pubblici delle 9.00.

Torniamo da Michael è intanto penso: Evviva! Evviva! Adoro quando le cose da impossibili diventano possibili!

Nel frattempo sta diluviando. Speriamo domani smetta altrimenti i bagagli sul tetto andranno a bagnomaria!

30 AGOSTO 2010

Alle 8.30 Michael ci accompagna all’imbarcadero ed aspetta con noi in caso il nostro aggancio si riveli un bidone….

Per fortuna va bene e Rodney arriva puntuale con un mitico Land Rover Defender in ottime condizioni.

Presentiamo Rodney a Michael che si fanno pubblicità a vicenda. Noi ringraziamo Michael di cuore, carichiamo i bagagli sulla jeep e partiamo.

Dopo 5 minuti incontriamo i 3 giornalisti nostri compagni di viaggio con i quali facciamo subito amicizia.

Marco Aurelio Oliverira è il direttore commerciale della rivista Touristic Machine, pubblicazione del Cearà per la promozione del turismo. Sta realizzando il n. 22 con uno speciale sul Maranhao. Ian è il forografo, ex National Geographic ,scappato dall’Inghilterra e adottato dal Brasile. Gerson è il papà di Marco Aurelio, professore universitario in pensione, un arziillo ottantenne che da un lato finanzia l’attività del figlio, dall’altro approfitta dell’occasione per una vacanza.

Il tragitto di otto ore verso Jeri vola tra improvvisati corsi di fotografia, racconti di viaggio e dibattiti di politica.

Il primo tratto di strada è tutto off-raod su una pista di sabbia. Nei pressi di Parnaiba ritorniamo sull’asfalto. Rodney, da bravo precisetti che è, lava la macchina e Marco Aurelio fa un po’ di sviluppo commerciale. Noi mangiamo un boccone con Ian che sfoga tutta la sua rabbia nei confronti della vecchia Europa che, sostiene, nella vita non gli ha mai dato nulla. Ora, qui in Brasile, ha finalmente smesso di sopravvivere ed incominciato a vivere. Noi siamo un po’ scettici e ci chiediamo: “per star bene e vivere al meglio è davvero necessario fuggire altrove?”

Alle 17.00 siamo a Jijoca dove salutati i nostri compagni di viaggio saltiamo al volo su una jardinera, un camion-jeep che in circa un’ora, su una pista tra le dune, ci porta a Jeri. Arriviamo che è l’ora del tramonto e tutta la vita del villaggio si concentra al Por do Sol, l’alta duna appena fuori Jeri dalla quale si gode una meravigliosa vista del sole che tramonta sull’oceano. L’incanto è tale da farci innamorare immediatamente di questo luogo.

Jeri, ex villaggio di pescatori, è oggi una meta rinomata tra i viaggiatori. Forte è la presenza del turismo straniero, soprattutto italiano, con molte pousadas e ristoranti di proprietà di nostri connazionali fuggitivi. Nonostante questa presenza, però, Jeri mantiene ancora immutato il suo fascino originario di meta lontana ed isolata in cui, come ci ha suggerito Ian, “You can chill out for some days” .

Non c’è certo il bisogno di ripeterlo! Ci immergiamo in 4 giorni di totale relax tra palme, dune, strade di sabbia dove si cammina scalzi, riposanti giardini tropicali ombreggiati, chioschetti della caipirinha, gite in dene-buggy, sole, corse in spiaggia di primo mattino, capoeira, passeggiate a cavallo, barche sul bagnasciuga, windsurf, musica ……. Insomma: il vento e le maree di Jeri portano lontano ogni pensiero negativo facendo sì che in noi rimanga un diffuso languore e senso appagante di benessere

31 AGOSTO – 3 SETTEMBRE 2010

Jeri. Un piccolo angolo di paradiso.

Ci fermiamo 4 giorni a Jericoacoara, che affettuosamente viene chiamata Jeri, ma qui ci si potrebbe perdere per sempre e restarci tutta la vita. Sin dal primo momento si entra a far parte di questa tranquilla comunità che, per quanto in totale spensieratezza, vede le giornate regolate da precisi riti ed attività. La mattina: corsa sulla kilometrica spiaggia con salita della duna per tonificare i glutei poi nuotata, doccia e colazione. Durante il giorno: un po’ di sole in spiaggia, un’escursione o un po’ di windsurf. La sera: tramonto al Por do sol, capoeira, caipirinha (o altro fruit-coctail tipo maracujaroska, kiwiroska, pinacolada), cena e poi serata a base di musica forrò o festa in spiaggia.

Conosciamo presto i ragazzi dei cavalli, quelli della capoeira (che si muovono come gatti), gli italiani che “della vita abbiamo capito tutto e solo noi”, quelli del kite, quelli dei baracchini e persino l’alcolizzato e la matta del paese!

Personalmente contribuiamo a lanciare e diffondere una nuova moda: la cena-spiedino! Nonostante l’ampia presenza di ogni tipo di ristorantino Sergio ed io preferiamo stare in spiaggia il più a lungo possibile. Poco dietro i baracchini della caipirinha c’è un baretto con 2 tavolini ed un paio di sdraio dove potete sorseggiare tranquillamente una birra. Venendovi un po’ di appetito basterà fare un cenno a Maria una cara vecchina che, pochi metri più in là, cuoce spiedini su un piccolo braciere…. Sono di pollo, carne, formaggio. Squisiti! In pratica con pochi reais (20 comprese le birre) abbiamo creato il nostro ristorante personale sotto le stelle! Unica difficoltà: ogni tanto vi dovrete alzare per svegliare Maria che, appena fa buio, tende ad assopirsi al calore della brace mentre cuociono gli spiedini (per forza, continua a far l’alba al baracchino, ma ha quasi ottant’anni!!!)

Pernottiamo alla pousada Surfing Jeri in graziosi bungalows con finestre su tutti i lati della stanza. La sera il giardino tropicale vicino alla piscina si riempie di rane gigantesche e di gatti in cerca di cibo e coccole! Attenti però che si infilano nelle stanze! Il clima e le temperature sono sempre gradevoli grazie al costante soffio degli alisei. Il vento costante rende Jeri meta preferenziale per gli amanti del windsurf e del kitesurf. Durante la mattina anche noi principianti possiamo provare senza paura, nel pomeriggio invece dobbiamo lasciare campo libero ai più bravi perché si rischia di finire in mezzo al mare. Sergio è uscito verso mezzogiorno ed ha rischiato di finire in Namibia con la tavola! Per fortuna il fondale sabbioso e l’acqua bassa permettono di ritornare “a piedi” se si finisce troppo a nord e non si riesce a rientrare di bolina.

Le escursioni in dune buggy sono piacevoli e relativamente economiche. Scegliamo di andare alla laguna di Tatajuba dove si arriva in un paio d’ore correndo in buggy sul bagnasciuga e scalando, in alcuni punti, alte dune. Lungo il tragitto si può visitare una piccola laguna popolata da cavallucci marini, fare sosta tra le mangrovie, attraversare il fiume su una chiatta spinta con un bastone e fare sandboard sulle dune più grandi. Sappiate però che dopo essere scesi con la tavola dovrete risalire! (Noi lo abbiamo fatto sotto il sole di mezzogiorno e siamo risaliti senza fiato!!!)

La prima parte della gita è quindi piuttosto impegnativa per cui, arrivati a Tatajuba, apprezziamo le amache a pelo d’acqua in cui ci rilassiamo aspettando che vi venga arrostito l’immancabile peixe!

Un buon punto per godersi il tramonto oltre al Por do Sol è la Pedra Forada, un’arco di roccia rossa aperto sull’oceano e raggiungibile con una bella passeggiata. Da questa parte del promontorio però il vento soffia in modo esagerato e, sulla strada del ritorno, occorre considerare che è buio pesto. Complice l’assenza di luce rischio un’infarto quando sento qualcosa correre alle mie spalle e, all’improvviso…. Ragliare! No, non è un’anima in pena uscita da una tomba del vicino cimitero, solo uno dei tanti asini selvatici.

Comunque, memore dell’esperienza, il giorno dopo decidiamo di ritornare alla Pedra Forada, ma ci andiamo a cavallo! Io sono entusiasta, si può anche galoppare in spiaggia, Sergio invece, non amando i cavalli (che a suo dire sporcano e puzzano) un po’ rogna.

4 SETTEMBRE 2010

Lasciamo Jeri attorno alle 23.00 su una Jardinera scassata che sballonzola sulle piste di sabbia verso Jijoca. I sedili sono all’aperto e viaggiamo lungo la spiaggia a pochi metri dall’Oceano. Benchè la sistemazione sia tutt’altro che comoda riesco ad addormentarmi. Quando le buche sono profonde e gli urti eccessivi mi sveglio e mi emoziono perché, aprendo gli occhi, vedo la schiuma delle onde del bagnasciuga illuminate dai fari, sento il vento del mare, mentre tutto intorno e buio pesto. Le stelle sono basse. Enormi. Mi sembra di far parte di un’antica carovana, di un viaggio infinito, lontano, lontano. Nel dormiveglia e dopo questi giorni di assoluto relax la mente è libera: guardo beata il mare nero, le onde stretta dal caldo abbraccio di Sergio. Non desidero niente di più. Chiudo gli occhi e mi riaddormento, felice. Peccato andar via!

A Jijoca cambiamo mezzo di trasporto: la compagnia Redençao mette a disposizione comodi bus leito. Ronfiamo per tutto il tragitto verso Fortaleza. Mentre sto sognando un insistente pigolio ed un messaggio registrto ci avvisano che siamo arrivati. Credo siano le 4.00.

La rodoviaria è piuttosto distante dall’aeroporto e, data l’ora, ho poca voglia di sbattermi per cercare un bus. Saliamo sul primo taxi e ci facciamo portare al terminal partenze, non so nemmeno quanto abbiam pagato, ho troppo sonno.

Mentre Sergio beve un’improbabile cappuccino alla vaniglia sonnecchio sul tavolino del bar in attesa che TAM apra gli imbarchi. Il nostro volo per Recife dovrebbe essere alle 12.30, ma confidiamo ci lascino imbarcare sul volo precedente.

Siamo fortunati! Dopo mezz’ora nella lista do atendimento (non “lista de espera” come continuava a chiamarla insistentemente Sergio …. E la hostess non capiva!) ci trovano un posto sul volo delle 7.00. Che culo! Guadagnamo ½ giornata!

Vediamo Recife dai finestrini del taxi diretti ad Olinda: bel lungomare, spiaggia enorme, consueti ed ambitissimi grattacieli residenziali vista mare, piccola zona storica.

Recife sembra più vivibile delle altre megapoli brasiliane. Forse perchè oggi è domenica e la città è meno frenetica.

Il tassista è davvero loquace e ci fa da guida. Mi fa ridere perché non riesce a concepire come in Italia possa essere un “must” avere una villetta con giardino. Qui tutti vogliono un appartamento in un grattacielo! Il giardino è da contadini, campesinhos! In pratica mi sta dando della barbona …. Inoltre è sinceramente sorpreso per la longevità del rapporto di coppia mio e di Sergio: 17 anni! Lui ne ha 33, come noi, ma ha già avuto una ex-moglie, due ex-compagne e tre figli, uno da ciascuna donna. Il più grande ha già 15 anni! Insomma, dice, in Brasile è quasi sempre così! E’ costume! I valori sono diversi! La vita si vive gioiosamente, senza troppe inibizioni ….. Bha. Sarà ……

In fin dei conti per capire come noi Europei siamo più bacchettoni basta poco, come un cartello. Avete presente quello che in alcuni locali segnala la presenza di un telecamera per la videosorveglianza? Da noi e rappresentato con il disegno un po’ antipatico della telecamera ed il messaggio è: “Attenzione! Impianto di videosorveglianza in funzione!” E poi sotto, in piccolo, la patafiata sulla privacy ….. È triste! E fa campo di concentramento! In Brasile invece, anche in aeroporto, trovate il disegno di un grande smile giallo e sorridente che dice: “Sorria! Voce esta sendo filmado!” ….Che bello! Anche per ragioni di sicurezza si invitano le persone ad essere felici!

Alle 9.00 raggiungiamo la Posada Sao Pedro, poche stanze in una bella casa-museo. In attesa della stanza beviamo un caffè caldo per riprenderci un po’ dal viaggio. Il tempo non è dei migliori e fa un po’ freddo.

Olinda, tutta chiese coloniali, case variopinte e strade acciottolate si sviluppa su piccole alture. In alcuni punti panoramici, come la terrazza della Igreia da Sé, alla città coloniale si vede far da sfondo la moderna Recife. Un insolito connubio tra moderno ed antico. Olinda ha tante anime: quella religiosa, espressa ad esempio dal convento di Sao Francisco, il primo convitto francescano del Sudamerica; quella africana dei colori sgargianti delle case, tradizione importata dagli schiavi che qui approdavano come prima destinazione dopo aver lasciato le loro terre; quella ludica del carnevale della samba e dei negozi di maschere; quella radical-chic di artisti che hanno qui il loro atelier; quella portoghese degli azuleios; quella musicale della bossa nova.

Vaghiamo per la città senza fretta quando da un portone socchiuso arriva un ritmico suono di tamburi e fischietti. Il locale è una scuola di samba e, ovviamente, siamo invitati ad entrare. Da un piccolo locale si arriva su un’enorme terrazza che domina Recife. Qui una trentina di ragazzi dai 3 ai 17 anni impara il ritmo delle percussioni ed i passi della sfilata guidata dal maestro di Samba con l’immancabile fischietto. Il ritmo è davvero trascinante. Ballerebbe anche un pezzo di cemento!

La sera la città si anima sia nei pressi di Praça da Sé in graziosi localini dai quali si ammira il magnifico skyline notturno di Recife, sia in Praça do Carmo dove la creperia è una tappa obbligata a meno che non vogliate saziarvi con spiedini e “frittelle di tapioca” venduti ogni sera in tutti i baracchini della piazza (soprannominata per questo “baracchificio).

5 SETTEMBRE 2010

Oggi la giornata è calda e soleggiata, noi abbiamo recuperato sonno ed energie, la colazione davvero rinvigorente. Usciamo molto più carichi e cogliamo particolari che ieri ci erano sfuggiti. Abbiamo anche la forza per un paio di “visite culturali” delle chiese. In una di esse sta per arrivare la sposa ….. Io non resisto ai matrimoni, sono troppo curiosa! Mi piacciono troppo!

Prima del volo pe Salvador un tuffo in piscina e poi, richiamato il tassista loquace, via in aeroporto!

Atterrati a Salvdor alle 17.30 abbiamo i minuti contati perchè dobbiamo prendere l’ultimo bus Linha Verde per Praia do Forte che sappiamo partire dal centro alle 18.00.

La fermata non è in aeroporto ma nel sobborgo di S. Cristovao, appena oltre la pista in linea d’aria, ma raggiungibile solo con 10 minuti di taxi (un po’ come arrivare a Segrate da Linate).

Abbiamo poco tempo anche per litigare coi tassisti: disonesto il n. 1, il n. 2, il n. 3 che chiedono cifre allucinanti per fare 2 km! Per fortuna c’è uno che capisce l’antifona e guadagna in fretta 20 Rs. Sono comunque tanti per così poca strada, ma almeno riusciamo a prendere il bus che con solo 5 Rs, in un’ora e mezza circa, copre i 70 Km di tragitto sino a Praia do Forte (Salvador-Praia in taxi sarebbe costata 150 Rs e dopo le 18.00 sarebbe stata l’unica soluzione).

Scendiamo dal bus e ci troviamo nel centro della perfetta copia brasiliana di Milano Marittima. Eh sì, mi dico, sono proprio una baùscia milanes! Posto fighetto, boutique di lusso, bella gente (i ricconi di Sao Paolo in vacanza), ristoranti italiani, condomini con giardinieri a profusione. Ogni vialetto ha un nome scritto su cartelli sponsorizzati dalla Visa! C’è anche l’equivalente brasiliano del Papete “sauza bar & disco” con la stessa gente atteggiata!

Ma a farla proprio uguale a Milano Marittima sono i risciò! Gli stessi a 4 posti con cui, come da noi, i ragazzini giocano a ribaltarsi ….non in pineta, ma nel palmeto!

Alloggiamo alla Pousada Montreux pochi isolati dopo la fermata e, appena scesi dal bus, una snob-famiglia Paulista insiste per spiegarci la strada (a dire il vero non serve, ho la cartina!). Sembra una scusa per fare sfoggio del loro inglese perfettamente british e per raccontarci quanto sono ricchi, felici ed emancipati. Parlano a raffica e in 5 minuti mi raccontano la storia della loro vita, dei 4 figli e delle loro brevissime e meritatissime vacanze qui in questo “paradiso”….. Mi vien da pensare “ma ve l’ho forse chiesto?” Aiuto! Si comportano come i classici milanesi, ma dov’è finito il Brasile? Non voglio tornare a Milano già adesso!

Buttiamo le valigie nella pousada ed usciamo per cena. Inutile sottolineare come i prezzi siano esorbitanti, ma mangiamo bene seguiti dal nostro cameriere personale, un trans androgino con capelli lunghissimi, viso femminile e voce da uomo con modi esageratamente gentili.

A parte questa connotazione modaiola Praia do Forte è da ammirare perché ha anteposto allo sviluppo turistico l’ambiente e l’ecologia quali ricchezze e valori primari da preservare. In questa piccola località vengono infatti preservate tartarughe marine, balene ed un litorale unico di km e km di spiagge orlate da palme da cocco. Lo sviluppo è possibile solo se eco-sostenibile.

6 SETTEMBRE 2010

Lo sapevo! Lo sapevo! Lo sapevo!

Non devo più guardare il meteo e sperare che sbagli….

…..Perché tanto qui in Brasile ci azzeccano, sono svizzeri! Non come da noi.

Dicevano: bello fino alle 5.00 del mattino e poi: chove! Ed infatti oggi chove! (che p.!!!)

E così le belle spiagge assolate orlate da palme ondeggianti, il bagno nelle acque cristalline delle piscine naturali e l’abbronzatura da urlo si trasformano in una meravigliosa visita naturalistica al progetto Tamar.

Certo l’impegno del centro è davvero lodevole, le tartarughe son bellissime, il biglietto ed il merchandising acquistati per una buona causa (Tamar aiuta a fa schiudere 1mln di uova su tutto il litorale, insegna metodi di pesca selettiva ai pescatori, combatte il bracconaggio) ma un po’ di sole no? Fa così schifo?

Se non altro Sergio è affascinato, soprattutto dallo Yellow Submarine (no, non c’è un concerto dei Beatles) una sezione extra del sito dedicata alle creature degli abissi. In questa sala alla temperatura di 8°, completamente buia se non per alcune luci bluastre accese solo per pochi secondi in maniera da vedere gli animali, ci sono pesci e crostacei mai visti prima. Sono gli abitanti delle profondità, quelli che trovi oltre i 2000 mt sott’acqua, più simili a creature aliene che a comuni pesci o crostacei con enormi occhi e corpi quasi albini.

Nel pomeriggio noleggiamo due specie di mountain bike per andare alla riserva di Sapiranga ed al castello de Avila.

Più che biciclette sembrano dei cancelli con le ruote (sgonfie) e non hanno il cambio, ma per la nostra gita sono più che sufficienti.

La strada è bella, ma in salita. Meglio! Sergio sostiene infatti che la cucina brasiliana mi sta facendo diventare “gorda”!

Mentre saliamo verso il castello esce anche il sole, così sudiamo il doppio! Per fortuna il colpo d’occhio dall’altura del castello ci ripaga dello sforzo: km e km di oceano, spiaggia bianchissima e palmeti sconfinati. Che culo sto d’Avila! Oltre a poter godere di una vista meravigliosa dalla camera da letto scopriamo che nel 1500 era proprietario di tutta una regione grande come 3 volte la Lombardia…. E per di più avuta gratis dalla sera alla mattina! Così, perché non sapevano a chi darla!

Sulla strada del ritorno scopriamo che a Praia do Forte esiste, oltre al centro Tamar, anche un istituto per la tutela della Balena Jubarte e che, poco al largo rispetto al faro, è anche possibile avvistare le balene tra agosto ed ottobre.

Essendo settembre abbiamo ottime probabilità di avvistarle. Unico problema l’escursione è monopolio del centro Jubarte e molto costosa, circa 150 Rs a persona.

Che fare? Rinunciare ad un’opportunità più unica che rara, oppure considerare che potremmo spendere l’equivalente di 75 euro e non vedere nemmeno uno sbuffo lontano?

Memori dell’esperienza in India e del disperato tentativo di avvistare una tigre probabilmente estinta da anni saremmo propensi a rifiutare. Parlando però con altri visitatori decisamente entusiasti ed emozionati dalla vista delle balene decidiamo di prenotarci per la mattina successiva.

Ceniamo in n ristorantino davvero sgrauso, ma che ci iserva un’accoglienza davvero calorosa. La proprietaria e cuoca insiste per farci ordinare la specialità bahiana a base di pesce e gambretti: la moquequa.

Questa specialità può essere considerata quale una paella, un cous cous o una casòla alla brasiliana. Un piatto unico ipernutriente con tutto: farina, pesce, verdure, olio (di palma) e altri ingredienti segreti …… Molte guide sostengono sia un piatto unto e pesante, noi l’abbiamo trovata ottima!

Nonostante Praia sia una località costosa ci imbattiamo in un negozietto che fa saldi sulle mitiche Hawaianas: 10 Rs al paio, nemmeno 5 euro! Ne compriamo per tutti di ogni fantasia e colore: amici, parenti, conoscenti e ovviamente per noi. In fondo si tratta di un articolo cult! Ma dove le mettiamo? La valigia-zaino tra un po’ esplode!

7 SETTEMBRE 2010

Dimenticavo: soffro il mal di mare!

Già. Appunto.

La mia giornata incomincia all’insegna dell’entusiasmo e della curiosità. Non ho mai visto una balena e soprattutto chissà come deve essere fantastico vederla saltar fuori dall’acqua, all’improvviso, e fare una piroetta…. Dai! Dai, voglio proprio incontrarne una!

Prima di salpare per l’avvistamento seguiamo un breve briefing che ci illustra alcuni comportamenti dei cetacei e situazioni tipo in cui potremmo avvistarli: mentre nuotano, visibili grazie al tipico sbuffo, mentre si corteggiano facendo emergere solo la coda, mentre saltano, ecc ….

La mia trepidazione è al massimo, e non sto più nella pelle! Purtroppo però l’entusiasmo dura sì e no 15 minuti ……dopodichè tutto diventa un incubo.

Il mare è solo in apparenza calmo (a riva c’è bassa marea e non si ha percezione del mare). Appena fuori dal porto, invece, ci sono onde altissime (il capitano dà la colpa al maltempo di questi giorni, ma considera sicuro poter continuare nell’escursione). Passiamo 4 ore tra flutti pazzeschi, peggio che ne “La tempesta perfetta, Master & Commander o Pirati dei Caraibi”. Ed io, che avevo giusto scordato di NON SOPPORTARE neanche le onde del lago, incomincio a diventare grigia malaticcia, poi bianca come un morto ed infine tutto assume la colorazione verde obitorio.

Siamo in 14 a bordo ….. E sto male solo io! Cribbio! Gli altri 13, Sergio incluso, sono disgustati e mi lasciano sola a poppa in preda al mio tormento.

Ecco, sono come il Jona a bordo. Se non la smetto mi sa che mi buttano a mare come cibo per gli squali!

Ma è possibile, mi chiedo, riuscire a mettermi sempre in queste situazioni da sola? E pago pure! Per star male!

Proprio mentre stò dando il peggio di me, sul ponte tutti si agitano ed esultano: “Le balene! Ecco le balene!” (chissà, magari i miei conati sono stati una specie di richiamo)

Da qui in poi, da brava relatrice e per la cronaca, mi limito a riferire ciò che Sergio ha visto. Personalmente ero troppo impegnata a ……. E cercare di non morire cadendo fuori bordo.

Quindi, tra meraviglia e stupore, Sergio vede, a pochissimi metri da sé, le megattere saltare per ben 2 volte! E poi gli sbuffi sonori, il lento procedere fuori e dentro dall’acqua, le code alzate …… un capolavoro della Natura!

Mi faccio forza. Non posso non vedere nulla. Devo restare in piedi a guardare almeno un minutino!

Riesco ad alzarmi abbracciando il parapetto.

Proprio in quel momento dall’acqua spunta una coda. La balena la muove su e giù come se volesse salutarmi e comunicarmi, in qualche modo, la sua amicizia e solidarietà. Il suo gesto mi dice: “Grazie! Grazie di sopportare tutta questa tortura per vedere noi balene. Siamo lusingate!”

Bene balene. Grazie a voi. Siete meravigliose. Ma adesso per favore possiamo tornare indietro? Non ne posso più!

Dopo più di quattro ore sono di nuovo sulla terraferma, la bacio (in questo viaggio è la seconda volta) e mi accascio al sole come un sacco, a peso morto e faccia in giù. Ahi, ahi, ahi! Mi gira tutto! Voglio scendere!

Sfinita mi addormento al sole e l’effetto giostra sembra svanire…. Che bello!

Il piacere dura però poco poiche: Ta-Da! Dopo 5 minuti di pace arriva la nuvoletta di Fantozzi …. E giù chuva! Un bel temporalone tropicale con meravigliose secchiate d’acqua! Ma pensa che novità, non aspettavo altro!

La mia giornata vi sembra sfigata? Davvero? E pensare che il peggio deve ancora arrivare!

Nel pomeriggio il sole fa capolino tra le nubi, per cui ci concediamo una romantica passeggiata al tramonto sulla spiggia.

Troviamo anche la classica palma da cartolina, quella che cresce orizzontale e protesa verso il mare. Uno scenario da sogno, l’ideale per una bella foto, magari proprio di noi due sulla palma!

Sì, ma come fare? Chi scatta? Non c’è un’anima….. Ah! Ma certo! Impostiamo l’autoscatto!

Più facile a dirsi che a farsi. I primi tentativi vanno a vuoto e la macchina scatta quando noi non siamo ancora arrivati sulla palma. Uffa! Ho detto che voglio questa foto e la farò!

Faccio quindi mettere Sergio in posizione, imposto il timer e corro veloce a raggiungerlo …..

Ecco! Ci sono quasi! Tre, due ….. U….Ba-Ba-Bam!

Una toma micidiale.

Sono scivolata sul tronco mentre mi sedevo e ho spinto giù anche Sergio!

Volo di 2 metri, attero di schiena, picchio il torace e …. Non respiro più! Rimango immobile con gambe e braccia all’aria, come un bradipo che abbraccia un tronco fantasma.

Dopo alcuni secondi durante i quali si teme il peggio, nonostante la schiena mi faccia un male della madonna (Dio che dolore!) scoppiamo a ridere a crepapelle rotolandoci nella sabbia …. Ah, Ah! Ma che coppia di pirla!

Meno male che ridiamo. Non so ancora che il dolore mi resterà per mesi e mesi!

8 SETTEMBRE 2010

Decretiamo che Praia do Forte ci ha portato un po’ sfiga, quindi decidiamo di partire con un giorno di anticipo alla volta di Salvador.

Il personale della Pousada non fa storie, anzi contatta per noi l’hotel di Salvador verificandone la disponibilità per un nostro arrivo imprevisto

Prima di lasciare Praia di Forte non possiamo però perdere un tuffo con snorkeling nelle famose piscine naturali.

Facciamo appena in tempo a farci una bella nuotata, poi si scatena una tempesta tropicale: vento e acqua a secchiate.

Dalla spiaggia parte un generale fuggi fuggi alla ricerca di un riparo, ma le palme non sono granché come rifugio! A circa 50 metri vedo una villa stupenda, immersa nel palmeto che sempbra avere un terrazzino con una tettoia. Corriamo sin là e troviamo un po’ di riparo da vento ed acqua. Certo che è davvero bella ….. Un cartello comunica che è in vendita. Chissà quanto potrebbe costare ….. Certo per farne una stima occorrerebbe vederne l’interno …. Così un po’ finta distratta spingo la persiana scorrevole: è aperto! Così anche la finestra un po’ vecchia si apre ubito e non posso fare a meno di entrare in questa villa tropicale da sogno. Cammino quatta quatta a piedi scalzi per le immense stanze, tutte con enormi vetrate che guardano il mare …. Incomincio a fantasticare e nella mia testa ho già smobilizzato tutti gli investimenti milanesi mi sono trasferita in Brasile dove ho aperto in una porzione della mia villa la Pousada Ilaria e Sergio con annesso un piccolo ristorantino sul mare con tanto di piccolo maneggio ….. I pensieri corrono veloci mentre guardo il mare dalla terrazza con un sorriso beato stampato in faccia …… Ma una voce autoritaria (e sussurrata) mi richiama all’ordine: “Ila! Ma dove ti sei cacciata! Che C. Stai facendo! Non vedi che al piano di sotto ci sono i guardiani!!!!”

Merda.

Ok, in fondo stanno guardando sonnolenti la TV ….. Io mica me ne ero accorta!

E poi che male c’é. Sono solo una ragazza fradicia ed infreddolita in cerca di un riparo! Soprattutto potrei anche essere una potenziale acquirente!

Che tristezza, il mio sogno si infrange! Recupero in silenzio le mie cose e me la svigno …..

A mezzogiorno siamo alla fermata del Bus, ma dopo più di un’ora di attesa la Linha verde pare non voler passare. In compenso passa un minibus dal quale salta giù un ragazzino che incomincia a strillare: “Salvador! Salvador!Parallela, rodoviaria, Salvador!”. Ok costa più o meno uguale e risparmiamo inutili attese. Saliamo.

Questo pullmino si ferma ad ogni cenno sia per far salire che scendere, facendo anche deviazioni verso l’interno rispetto alla BR099. In un’ora e mezza circa arriviamo allo Shopping Iguatemi di Salvador dove trattiamo il prezzo di un taxi sino al quartiere di Barra per 25 Rs. Il tassista però è un folle più di tutti gli altri: guida praticamente sdraiato su un sedile scalcinato, i sensi unici non sono proprio il suo forte e soprattutto rischiamo anche di dover spingere la macchina in salita perché, sul più bello, finisce il gas! (o la colza, o quel cavolo che usa come combustibile che in nessuna stazione di servizio riusciamo a trovare!!) Comunque sia il pazzo ci fa scendere dicendo che siamo quasi arrivati. Meglio! Non avevo grande voglia di spingere il taxi! In effetti siamo vicino al farol de Barra e la nostra Pousada è ad un paio di isolati. Si chiama la Maison Francaise ed è gestita da due ragazze francesi che qualche anno fa hanno abbandonato Parigi per Salvador….. Bho! Contente loro. Se dovessi lasciare Milano per il Brasile sceglierei un logo come Jeri, non una megalopoli come Salvador! Il posto è molto curato e molto francese. Ovviamente si parla francese ed il mio sforzo nel ricordarmi la lingua è notevole e non mi risparmia imbarazzi del tipo “On va manger de l’avion ce soir…..” anziché “de la viande” ….. In pratica mi sono dichiarata disposta a mangiare un aereo anziché carne! Le due francesi mi hanno preso per il culo per tre giorni, facendomi il gesto dell’aereo che vola ogni volta che mi vedevano passare! Se non altro sono state molto gentili e ci hanno dato ogni informazione utile per muoverci a Salvador.

Passiamo il pomeriggio sulla piccola spiaggia di Barra (sembra la Liguria!) e poi allo shopping Barra, un enorme centro commerciale di 5/6 piani, molto simile ad un girone dantesco. Non c’è nulla di interessante ed é addirittura più triste dei nostri centri commerciali.

Nelle viette vicino alla spiaggia ci sono diversi locali dove si può passare la sera ascoltando musica, bevendo e mangiando qualcosa. Anche noi ci fermiamo lì per l’aperitivo, mentre per cena ci prepariamo un piatto di pasta nella cucina che la Maison francaise mette a diposizione degli gli ospiti.

9 SETTEMBRE 2010

Ci svegliamo presto. La giornata è splendida per cui vorremo prendere il traghetto per Itaparica e passare la mattinata in spiaggia. Prendiamo il bus da barra a Praça da Sé e da lì l’Elevador Lacerda per Mercato Modelo. A pochi metri troviamo il terminal Marittimo Turistico dal quale partono sia la lancia di linea per Itaparica, sia diverse escursioni. Purtroppo però scopriamo di non poter salpare!!! La lancia di linea non parte a causa della basa marea, mentre le escursioni sono iniziate tutte alle 9.00 (e sono le 9.30!)

Ci mettiamo d’accordo con un agente di viaggio per un’escursione in partenza l’indomani e cambiamo il programma della nostra giornata: oggi si visita Salvador!

Incominciamo proprio dal mercato modelo dove si vendono più che altro souvenir. Compriamo i pantaloni della capoeira e qualche regalo. Dopo un po’ ricordiamo la dimensione già colma del nostro zaino ….. Usciamo e con il bus diretto a Ribeira ci facciamo lasciare alla Basilica de Nosso Senhor de Bonfim famosa non tanto per le opere di arte religiosa ma per gli ex-voto, i miracoli che i fedeli richiedono, e per le famose fitas do Bonfim, i braccialetti colorati da legarsi al polso esprimendo un desiderio (quelli ch hanno ispirato negli anni ’80 i famosi braccialetti brasiliani potafortuna che i nerini vendevano in spiaggia a mille lire).

Quello delle Fitas è un vero e proprio rito che una simpatica signora, dopo avermi raccontato per intero la storia della sua vita e quella dei suoi 7 figli, mi spiega nel dettaglio. Ovviamente mi vende un centinaio di braccialetti ed altri amuleti vari tipo la mano contro il malocchio ed un pio di santini protettori di non mi ricordo che cosa ….. D’altronde di questi tempi ho bisogno di tutta la fortuna possibile, non mi importa di dimostrarmi credulona. Un po’ di fede mista a leggende popolari di certo male non fa! Me ne sto tranquilla seduta sulla scalinata della chiesa ad ascoltare i racconti della signora …..

Innanzitutto, dice, prima di esprimere il desiderio occorre individuare “la materia” come nei quiz a premi e gli oroscopi: salute, amore, lavoro, soldi …. Poi si deve legare la fita al polso con tre nodi, esprimendo tre desideri e facendo il segno della croce. Ovviamente ad ogni nodo corrisponde anche un voto tipo: mangiare meno, bere meno, fumare meno …. Quando il braccialetto si romperà il vostro desiderio sarà avverato. Ad oggi, quasi quattro mesi dopo il mio è quasi andato …. Speriamo, ci sono tante cose che vorrei!

Per i desideri più seri ed importanti, legati al benessere dei nostri cari, abbiamo appeso le fitas direttamente al crocefisso della Basilica. All’interno della chiesa si trova infatti la Sala dos Milagres dove, per i miracoli legali alla salute, i fedeli chiedono, oltre che delle fitas, la benedizione di riproduzioni in cera o legno di parti malate del loro corpo o quello dei loro congiunti. Si tratta di una sala impressionante. Dal soffitto pendono teste, gambe e braccia (fa un po’ museo degli orrori) mentre sulle pareti sono appese lettere di richiesta di aiuto e fotografie di infermi che confidano nella grazia del Signore di Bonfim. Ci siamo messi anche noi nelle sue mani. Inutile essere scettici. Ci crediamo e basta!

Dopo questa immersione nel folklore afrobrasiliano che si respira in tutta Salvador ci meritiamo un vero tuffo nelle acque della Baia. Con una bella passeggiata a piedi sulla collina del Monte Serrat raggiungiamo la spiaggia poco affollata di Boa Viagem dalla quale si vede tutta la città. Alcuni bambini giocano con colorati aquiloni mentre noi ci asciughiamo al sole dopo il bagno.

Nel pomeriggio ritorniamo al Mercato Modelo per salire al Pelorinho. C’è troppa coda all’elevdor per cui saliamo a piedi per le antiche stradine costeggiate da fabbicati davvero diroccati, ma ricchi di fascino. Spio in tutti gli usci di queste case che sono ancora abitate per avere uno spaccato di questa vivace città dove la vita è anche per le strade: si parla, si canta e si gioca a pallone. L’Unesco ha davvero fatto molto per ripristinare molti edifici, ma c’è ancora tanto da fare!! La maggior parte degli abitanti di Salvador è di origine africana e proprio alla madre terra si ispira l’abbigliamento delle donne bahiane: pizzi, crinoline, gonnellini multistrato, turbanti. Io al loro fianco sembro magrissima e piccolissima!

In molti ci fermano per proporci di assistere in serata ad un rito di canbomlè rito religioso nato dall’incrocio tra idoli e credenze afro ed il cattolicesimo portoghese, un po’ preghiera, un po’ danza. Stiamo per accettare quando scopriamo di non poter avere accesso al candomblè: siamo vestiti interamente di nero! Ed è un colore bandito dalla cerimonia! Non avendo tempo e voglia di tornare a Barra per scambiarci decliniamo l’invito.

Ogni angolo del Pelorinho è un gioiello coloniale dai colori pastello con fulcro nella Igreia del Rosario che verso sera sembra spiccare sulle case circostanti. Anche della Praca Tome de Souza vale la pena gustare il tramonto sul mare in una posizione panoramica perfetta.

La chiesa più stupefecente di Salvador è quella di S. Francisco il cui interno barocco pare interamente rivestito d’oro con una ricchezza di particolari e decorazioni davvero impressionante.

10 SETTEMBRE 2010

Il nostro viaggio è quasi alla fine e, come se si volesse chiudere idealmente un cerchio e terminare come abbiamo iniziato: chuva!

La gita in barca è stata annullata.

In compenso non c’è la basa marea, per cui già che siamo al porto decidiamo di prendere comunque la lancia delle 8.30 per Itaparica, sempre meglio che girarsi i pollici.

Arriviamo a Mar Grande sotto al diluvio. La giornata è un disastro per noi ma anche per chi a Itaparica aspetta quotidianamente i turisti: tassisti, ristoratori, barcaioli, ecc… Tra questi Jonas che di solito organizza escursioni di un giorno sull’isola. Oggi non lavorerà di sicuro, per cui si offre di essere il nostro driver per l’intera giornata chiedendoci 10 Rs a testa. Data la cifra irrisoria e dato che ormai siamo lì accettiamo di fare un giro in macchina.

Ovviamente tutto è grigio e solitario.

Jonas però ci suggerisce di non avvilirci perché anche se Itaparica è piccola ci possono essere situazioni climatiche diverse. Sembra impossibile ma ha ragione: mentre su Salvador infuria la tempesta a Punta de Areia esce un po’ di sole. Decidiamo di fermarci qui dove siamo gli unici frequentatori della spiaggia e del bar-ristorante. Lo staff si prodiga portandci sdraio, ombrellone, lettini, caffè ….. Io scherzo con mio marito. “Amore! Mi hai addirittura comprato una spiaggia e gli unici raggi di sole disponibili! Non dovevi….!”

Noi abbiamo poco da fare, i camerieri meno per cui ci facciamo una bella chiacchierata davanti ad un piatto di gamberi.

L’idillio è interroto da Jonas che tutto trafelato ci raggiunge dicendo che a Mar Grande infuria la tempesta per cui hanno soppresso la lancia a causa del mare grosso (caz!!!! Non è che possiamo star qui, domani abbiamo l’aereo!) e di sbrigarci perché ci deve portare al Ferry che, per il momento, fa ancora la traversata.

Il Ferry salpa da Bon Despacho e non Mar Grande ed al porto c’è una calca pazzaesca perché le corse dalle 14 in poi sono tutte state soppresse.

Incomincio ad andare in ansia (“Il volo! Ecco perdo il volo! Odio le barche, il mal di mare e le isole! Mi maledico per aver preso il traghetto stamattina, sono anche stata male di nuovo!”) e chiedere a bigliettai, poliziotti inservienti di aiutarmi a capire come tornare di là! Loro sono tranquillissimi dicendomi che entro sera almeno un traghetto partirà, si tratta solo di una mareggiata che la capitaneria di porto ha già previsto in diminuzione. Invidio loro tutta questa calma, a me si sta bucando lo stomaco! E non si tratta neanche dello scenario peggiore …. Che cosa sarebbe accaduto se stamane fosse partita l’escursione con l’escuna? Saremmo sati nel bel mezzo della tempesta!

Alle 16.30 le previsioni dei locali sono state corrette, si aprono i cancelli del porto e ci fanno imbarcare sul traghetto. Qui anche la calma che sinora hanno ostentato viene meno: tutti corrono , la gente cade e viene calpestata ….. Non sono affatto tranquilla, ma devo per forza partire.

Troviamo posto nella sala poltrone interna. Guardo fuori ed il traghetto dopo 2 o tre false partenze ce la fa finalmente a staccarsi dal molo e prendere il mare tra onde altissime. Strano non soffro il mal di mare. In compenso me la sto facendo sotto. Bene! Dopo questo viaggio posso sicuramente affermare: “ho il terrore delle barche!”

Sergio per distrarmi mi costringe a guardare un assurdo telefilm locale tipo Goonies, ma non ce la faccio, continuo a tremare e mi faccio piccola piccola nella poltroncina abbracciata alla sua spalla. Con un occhio guardo fuori e mi piange il cuore per le imbarcazioni più piccole dove l’equipaggio è completamente in balia del mare e non governa più le vele. Una barchetta è spinta talmente forte dal vento con le vele tanto tese e lo scafo fuori, come in planata. Secondo me sta per ribaltarsi.

Quando ci sembra di essere arrivati gli ultimi 5 minuti di terrore. Come nel film Poseidon un’onda anomala fa inclinare drammaticamente il traghetto: si aprono tutte le porte del ponte, si rovesciano le bottiglie nel bar, dal wc esce tutta l’acqua lurida, nella stiva le macchine si urtano con un sinistro rumore di ferraglia, alcuni gridano spaventati. Io mi alzo di colpo e con un balzo sono sul ponte pronta a buttarmi a mare prima che la nave affondi facendomi restare bloccata. Di certo in mare non muoio, so nuotare bene.

Sono terrorizzata e giuro “Mai più una barca, un traghetto, una nave o il surf! Piuttosto la faccio a nuoto!”

Per fortuna nonostante l’allarme e le urla l’onda è una sola e il traghetto si è rimesso dritto.

Dopo circa 20 minuti entriamo in porto a Salvador e bacio ANCORA la terra ferma ….. Capisco non ci sia due senza tre, ma adesso è davvero troppo! Se becco lo stronzo che su qualche guida del cactus ha scritto che nella Baia Dos todos os Santos il mare è sempre calmo lo stritolo con le mie mani!!!!!

Sopravvissuti anche al’ultima peripezia per allentare la tensione ci siamo meritati l’ultima sacrosanta cena a base di ottima carne e con doppio giro di caipirinha in uno dei locali più alla moda di Barra!!!!

11 SETTEMBRE 2010

Ultimo giorno, ultimo sole …… Nao chuva!

11/9 è data che fa il paio con il venerdì 13 della partenza. Ha contribuito, se non altro, a farci pagare meno il biglietto aereo (a parità di giorno di partenza rientrare il 10 o il 12 costava quasi 100 euro in più a persona! Quindi sono in molti a farsi suggestionare dalle date!)

Passiamo la mattina in spiaggia a barra sulle classiche sdraiette di fettuccia. E’ sabato e quindi in breve tempo la spiaggia si affolla di bahiani fino quasi a scoppiare. Gli ambulanti di ogni genere di merce (costumi, spiedini, gelati, bibite, pesce, occhiali, ecc…) fanno quasi fatica a passare tra la folla coloratissima e chiassosa. Ci divertiamo semplicemente stando qui rilassati a guardarci intorno …. Quasi quasi apro una pizzeria ambulante con tanto di forno a legna montato su ruote…..che idea! Come se mi avesse letto nel pensiero (ma giuro che non ho detto una parola!) un ragazzo italiano seduto poco distante incomincia a raccontarmi del suo progetto di business: aprire un ristorante!

Onestamente non ho voglia di ascoltarlo, voglio gustarmi gli ultimi attimi: respirare la gente, il mare, il clima tropicale, il sole sulla schiena …………… Tutto questo ancora 10 minuti e poi via!

Via! Prima di cambiare idea e restare.

Ci mettiamo in fretta lo zaino in spiaggia e saliamo al volo sul bus che dallo shopping Barra ci porta lentamente verso ’aereoporto costeggiando il bellissimo litorale Nord: Amaralinha, Pituba, Rio Vermelho …… spiagge meravigliose di questo Brasile che ci ha regalato una vacanza splendida!

12 SETTEMBRE

Ultimi, non gravi, intoppi.

Il ritorno a Milano è talmente triste che non meriterebbe alcuna testimonianza scritta.

Nel contesto globale del racconto, tra le mille peripezie, fanno sorridere alcuni ultimi dettagli:

– Non volevano farci uscire dal Paese perchè a Salvador al controllo passaporti non ci hanno messo il timbro in uscita (il volo era Salvador-Rio-Buenos aires, quindi già internazionale, ma nonostante le insistenza non mi hanno voluto vistare l’uscita sostenendo che avrebbero fatto tutto a Rio. A Rio siamo arrivati nell’area transiti internazionali, quindi non era loro compito. Ok, solo che …… noi dobbiamo uscire dal Paese!

Quindi su e giù per tutto l’aereoporto di rio finchè una buon’anima non ha capito il problema…. Ma abbiamo dovuto rifare tutto il check-in con tanto di coda di tre ore al metal! Dormivo in piedi!

– Secondo scalo Parigi CDG.

Sto camminando nel finger e penso: “Ancora un’oretta e sono a casa” quando scoppia il marasma: gente che parla in una lingua incomprensibile (Ceco) a voce alta e con gestacci verso il personale Air France. In breve ci rendiamo conto che essendo il finger a “T” e imbarcando su entrambi i lati stanno salendo sul volo per Milano ½ persone ivi dirette e ½ del volo per Praga! Per fortuna in due si sono litigati lo stesso posto e si è capito l’errore! E bravi i francesi!

– Arrivo a Milano e OPS! Valigia smarrita! (Nooooooo!!!!! Le mie ciabattine?????) “Poco male!”, dice la signora agli oggetti smarriti, “E’normale. Capita tutti i giorni! Sarà finita a Praga e arriverà domani!” ….. Così è stato.

Alle 23.00 del 12 settembre 2010 fatichiamo ad addormentarci nel nostro letto …… siamo già ansiosi di partire per la prossima destinazione!!!!!!



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