Brasile, alla scoperta del Nordeste e di Rio de Janeiro
Indice dei contenuti
In viaggio siamo Ilaria e io all’inizio, ma poi ci ricongiungiamo a pezzi con il resto del gruppo: con Sara, Marco e Carla a Salvador de Bahia e con Matteo a San Louis.
Per non finire al verde a pagare aerei scegliamo il pacchetto di voli Gol, che ci permette di prendere 5 voli interni ad un prezzo decisamente ragionevole (600 euro). Si poteva prendere anche il pacchetto della Tam, ma non volava su Fernando de Noronha (http//www.brol.com/air%20passes).
Dimentichiamo solo un dizionario di Portoghese e quello ci costerà caro, perché questa lingua se non la parli comprenderla e’ difficile come l’arabo e questo ci costringerà a comunicare in tutto il viaggio in modo maldestro: il 90 per cento dei portoghesi poi se ne frega che tu capisca o meno e si rivolge a te come se fossi un madrelingua, specialmente quando ti vuole fregare.
RIO DE JANEIRO – 3 GIORNI
Alloggio: www.olindariohotel.com.br a Copacabana, circa 300 reais (il cambio ad oggi e’ 2.3 Real per 1 Euro) a notte a stanza.
Ristoranti: Via Sete e Zuko.
Atterriamo a Rio. All’aeroporto veniamo assaltati da 5 grassone che dietro un bancone procacciano turisti per il radio taxi e chiedono 105 Reais per arrivare a Copacabana. Nonostante stanchezza e jetlag decliniamo l’invito e ci mettiamo a negoziare con un tassista, sempre ufficiale ma non radiotaxi, che ci porta con 70 Reais (scopriremo poi che 50 bastano e avanzano) all’Olinda Rio Hotel, ottimo hotel coloniale consigliato da amici proprio sulla spiaggia di Copacabana: è un po’ caro, ma è per fare un atterraggio soft (circa 300 reais a notte a camera).
Passeggiata sulla spiaggia, qualche giro esplorativo in zona, un po’ di riposo e poi partiamo alla volta del Cristo Redentor. Per raggiungerlo ci muoviamo con i bus locali (2.8 reais per corsa) che sono meno complicati del previsto, si pagano quando si monta e si smonta quando qualcuno a gesti ti fa capire che sei arrivato. Per mimetizzarci in mezzo alle gente del posto ed evitare le tante minacciate rapine giriamo molto leggeri, senza zaino, ma accompagnati da un sacchetto della Pam di Milano dove portare le poche cose indispensabili: vi garantisco che funziona! Allontana ogni procacciatore d’affari o rompiscatele e ti dà un tono di uno che sa dove sta andando, quasi un autoctono. Arriviamo alla base del Corcovado (la collina del Cristo Redentore) e scegliamo di salire con la cremagliera in mezzo alla giungla. La imponente scultura del Cristo e la vista dall’alto sono mozzafiato, non è una sorpresa che sia annoverata tra le sette meraviglie del mondo moderno.
La sera prima di cena la passiamo in spiaggia a leggere al fresco in attesa di andare in esplorazione della famosa Ipanema, quella della Garota di Vinicius de Moraes per intenderci. Anche qui scegliamo un mezzo di trasporto economico – dato che i taxi non costano come a Milano, ma presi ripetutamente cominciano a diventare cari – e alternativo. In pratica dei turbodaily Iveco sfrecciano lungo le spiagge giorno e notte e sono il mezzo di trasporto preferito dai locali: un ragazzo sta sul portellone urlando come un pazzo per accaparrarsi possibili clienti mentre l’autista sfreccia con brusche accelerate e frenate, inchiodando non appena avvista il cenno di qualche possibile cliente. La prima esperienza è assimilabile a un rapimento: qualcuno ti urla di montare in fretta, salti su, il portellone scorre e sbatte, all’interno è buio, nessun turista e nessuno che parla inglese, gente che scambia soldi – paga i 2.5 reais di corsa – e il furgone intanto viaggia a tutta velocità. Ma poi dopo un po’ ci fai anche l’abitudine, il disagio ti sembra la normalità e ti rendi conto che quello è il mezzo di trasporto piu’ sicuro.
A cena andiamo da La Sete, stupendo ristorante a Ipanema e ce la caviamo con 50 reais a testa.
Il secondo giorno ci svegliamo di buona mattina per correre sul lungomare. Qui tutti corrono, ci sono un sacco di ragazzi e ragazze fisicate che fanno esercizi in spiaggia e non vogliamo essere da meno. Il piano per il pomeriggio è una gita alle favelas. Appoggiarsi a un tour è d’obbligo a meno di non volere finire il giorno dopo su qualche giornale italiano nella lista degli “sprovveduti” che hanno fatto smobilitare la Farnesina. Il tour è a buon mercato (90 reais), lo vende il nostro albergo e la guida è senza pari: quest’ultima ci racconta delle tre bande della droga che governano le favelas, della polizia che ha ripreso il controllo di alcune e dei progetti sociali in corso. Viste da una terrazza in mezzo alla favela, l’agglomerato di case colorate che si inerpica disordinato su una collina è un piccolo gioiello artistico che contrasta con i grattacieli che svettano ai suoi confini a valle. Vediamo una delle favelas più conosciute, Rocinha, che a quanto pare è una delle più ricche e soprattutto quella che è stata “liberata” di recente dalle bande che la controllavano. Confina con uno dei quartieri della medio-alta borghesia di Rio de Janeiro, ma detto questo neanche la guida si sente così tranquilla mostrandomi come uno dei 350 poliziotti che si vedono nella favela hanno la mano pronta sul grilletto e mi spiega parlando in italiano con quell’accento portoghese che mi ricorda tanto il gabibbo come la sicurezza in quel dedalo di strade in collina sia una “lotteria”.
La logica delle favelas a quanto pare è sempre uguale: chi vi abita è quasi sempre un onesto cittadino, ma chi comanda la favela è qualche re della droga che con il suo clan mantiene la stabilità sociale controllando in modo assoluto crimine e violenze sociali ed ottenendo in cambio il rispetto degli abitanti della favela. Questo permette al “re” di disporre di un territorio per organizzare la distribuzione e lo stockaggio della droga tenendo la polizia lontana dato che l’agglomerato di persone la rende impenetrabile. La nostra guida, che probabilmente in una favela ci vive, ci racconta aneddoti a nastro e compara anche la corruzione brasiliana con quella italiana, ma gentilmente lasciamo correre.
La sera andiamo a magiare da Zuko, noto come il miglior ristorante di Rio, a Leblon, la spiaggia più a Ovest, dopo Ipanema e Copacabana. Non ci impressiona, ma in compenso ci impressionano i prezzi: una assoluta follia (80 reais a piatto) in un posto secondo noi inondato da turisti perche’ troppo segnalato sulle guide.
Terzo ed ultimo giorno a Rio de Janeiro. Una corsa di risveglio sul lungomare, una ricca colazione e poi andiamo alla volta del Pan di Zucchero, che regala una vista ancora più mozzafiato del Cristo Redentore e del Centro di Rio. Quest’ultimo è un fantastico miscuglio di case coloniali e enormi grattacieli, di mercatini e negozi di moda. Stiamo sempre allertati, perché certe facce e certe strade non ti lasciano certo tranquillo. Facciamo un po’ di shopping, beviamo un buon succo – qui li fanno ottimi ovunque – e ritorniamo in albergo.
La sera ci addentriamo per le strade di Copagana a piedi. Le facce in giro non sono delle migliori e ci accontentiamo del primo ristorante per non rischiare. Ad ogni modo la sveglia domani e’ all’alba.
SALVADOR DE BAHIA – 2 GIORNI
Alloggio: www.hostelgaleria13.com/, 170 reais a notte per una tripla.
Cena: Jadimdasdelicias (brasiliano) e la Figa (guarda caso, Italiano). Entrambi: circa 50 reais a persona.
Si riparte all’alba per Salvador de Bahia. Il Pelourigno, la parte storica alta della citta’, ricorda alcune splendide citta’ coloniali di Cuba come Trinidad ed è ovviamente patrimonio dell’Unesco. Ci sono turisti a frotte che passeggiano per i viottoli ciottolosi e esplorano, come noi, le varie gallerie d’arte o si fermano ad ammirare le case colorate della citta. Noi alloggiamo all’Hostal 13, il meglio del meglio. Costa poco (170 reais a notte per una tripla) e la gentilezza è a 5 stelle. Arriviamo tardi, ma ci offrono una ricca colazione e ci invitano la sera a una caipirinha gratis alle 17, tradizione dell’ostello che è anche una buona occasione per socializzare con gli altri ospiti. All’ostello troviamo un mix umano interessante: un newyorkese di origine cilena, un militare di Seattle guerrafondaio, un’Australiana in giro per il mondo, una Svedese un po’ hippy, etc. Il mix di argomenti che si crea sicuramente non annoia.
La sera a fatica – indicato male sulla mappa – raggiungiamo la nostra nuova destinazione gastronomica e con 50 reais a testa facciamo una ottima cena da Jedimdasdelicias, ristorante brasiliano molto popolato da lettori della Lonley Planet.
In generale nel Pelourinho hai una sensazione di sicurezza precaria e ogni turista che conosci ti racconta di qualcun altro che ha sentito essere stato derubato o rapinato. Da noi è stato derubato solo l’americano di Seattle guerrafondaio, che è un marine: un po’ come dire che il calzolaio va in giro con le scarpe rotte. Non ci è chiaro quanto ci sia di leggenda e quanto di realtà, ma certo che se il giorno è meglio stare con le orecchie ritte, la sera dopo cena devi tornartene dritto a casa cercando di passare per le arterie principali. Non si sa mai. Persino l’amica salvadoregna di Matteo non va mai nel Pelourinho e ne è terrorizzata. Una sera addirittura dei ragazzini del posto ci hanno assolutamente sconsigliato di passare per una strada apparentemente sicura, perché “non si sa mai”. La polizia e’ ovunque, ma come d’abitudine qui e’ corrotta ed ad ogni modo se ne frega.
Il secondo giorno andiamo al mercato coperto e nel pomeriggio ci facciamo guidare da un autoctono eccentrico di nome Louis, probabilmente conosciuto a Salvador, che ci fa da guida in italiano: ci racconta qualche aneddoto che le nostre guide non riportavano e ci porta a vedere chiese e fortezze per 10 reais. Vediamo anche uno scorcio bellissimmo, Praça José de Alencar dove Michael Jackson ha girato il video di “They Don’t Care about us”. La sera si conclude con la partecipazione a un corso di capoeira come spettatori: un altro passaggio obbligato in Brasile. Alla fine dello spettacolo gli istruttori ti coinvolgono e vedi scene abbastanza fantozziane dato che ballare la capoeira non è proprio cosa da tutti, ma i turisti spesso si cimentano nelle missions impossible.
La Capoeira la avevo vista dal vivo solo ballare da qualche hippy a Parco Sempione – diciamo che lo spettacolo era molto diverso e sembrava una moviola di quella che è la capoeira reale – ma finalmente ho svelato l’arcano. E’ un ibrido tra una danza e un’arte marziale, ma ormai come arte marziale – intesa come disciplina dove c’è qualcuno che vince e qualcuno che perde – non esiste piu’. Nasceva come arte marziale indigena cammuffata in danza per esercitarsi in segreto e guardacaso infatti venne vietata. Il pirimbao, lo strumento, devo ammettere che mi piace da matti.
Ceniamo in un ottimo ristorante italiano, che si chiama La Figa, che a quanto pare in portoghese significa la sorte. E pensare quanti italiani vanno in Brasile – e probabilmente anche il gestore di questo locale – per cercare la “sorte”.
A Salvador assaggiamo anche la Acaraje, una delle loro specialità: una vera delizia – sono ironico – di farina di fagioli, fritta in olio motore guarnibile anche con teste di gambero non pelate. Penso di avere digerito il boccone che mi ha fatto morsicare Sara dopo una decina di ore. Detto questo va assaggiata, perché per loro e’ come il nostro hamburger.
SAN LOUIS – 1 GIORNO
Alloggio: Pousada Colonial, 160 reais a notte a stanza
Cena: in uno dei ristoranti nella piazza principale.
La mattina partiamo all’alba per San Louis. Gli aerei qui fanno multipli stop over e poi ripartono, come se fosse la linea 94 dell’autobus della circonvallazione di Milano. San Louis e’ un altro paese carino, coloniale. Le strade sono arroventate dal caldo e non sperate di trovarle chiaramente sulle mappe, perche’ a quanto pare il sindaco e’ libero di cambiare il loro nome ad ogni cambio di giunta.
Ci infiliamo in qualche negozio d’arte, ci beviamo un succo e finiamo la serata prima di cena a guardare il tramonto bevendoci una coca sul lungo mare: una cartolina senza eguali.
La notte alloggiamo alla Pousada Colonial. 160 reais a notte per un alloggio mediocre. Le parti comuni sono molto belle e accoglienti, ma le stanze scopriamo essere davvero soffocanti e l’aria condizionata è un vero rottame così rumoroso che sveglierebbe un orso in letargo.
LENCOIS MARANHENSES – 3 GIORNI
Cena: giriamo tutti i ristoranti di Barreirinhas, in generale la qualità e buona e si pagano circa 50 reais a testa per cucina brasiliana.
Partiamo per Barreirinhas la mattina dopo. La sveglia è all’alba. Nel viaggio ci accorgiamo che l’Agenzia Giultur che organizza i viaggi da San Louis a Lençóis Maranhenses ci ha fatto un finto pacchetto su misura, ma significativamente più caro senza ragione (il costo del pacchetto offerto a noi è pari 690 reais a persona per 3 giorni e 2 notti fuori, ma il terzo giorno è inutile e il tutto si poteva risolvere con 2 giorni di tour, 1 notte fuori, e 420 reais). Siamo infuriati e cominciamo scambi di email accese con la nostra agenzia che ci dà un contentino e ci concede una extra gita il terzo giorno, che poi si confermerà essere un bidone.
Ci pentiamo di non avere organizzato il tour direttamente sul posto, cosa fattibile ed economica: si arriva a San Louis e con due lire si va a Barreirinhas dove si possono negoziare e acquistare mille tour in loco.
I luoghi che visitiamo sono meravigliosi, anche se non vediamo la cartolina tanto attesa che c’è in tutte le guide: Lençóis Maranhenses dovrebbe essere una distesa di piccoli specchi d’acqua nel mezzo del deserto bianco. La siccità purtroppo riduce lo spettacolo ad un solo piccolo lago in mezzo a un deserto bianco, che è comunque spettacolare. Da un punto di vista naturalistico è incredibile vedere come una vegetazione ricca possa trasformarsi di colpo in zona desertica di sabbia bianchissima. Per raggiungere quella pozza d’acqua in mezzo al deserto è una vera avventura! Mezz’ora di jeep sballottati su strade dissestate, poi la macchina viene caricata su una zattera per un guado, un’altra mezzora di gymkana e poi mezz’ora a piedi nel deserto sotto un sole cocente. Al ritorno il percorso è identico, con la sola aggiunta di una tappa per ammirare il tramonto tra le dune.
Il secondo giorno esploriamo su una piroga a motore la penisola in lungo e in largo: cerchiamo di interpretare la lingua della nostra guida che lungo i canali d’acqua ci mostra piante e animali e si prodiga in mille spiegazioni. Facciamo poi tappa in due piccoli paesi: Vassouras e Mandacaru. Il primo ha una spiaggia stupenda e un piccolo ristorante dove mangiamo dell’ottimo pesce grigliato, mentre il secondo ospita un faro che si puo’ salire scalando una lunga scala a chiocciola ed offre un concentrato di negozietti di artigianato locale dell’isola prodotti sul posto. Il giro del primo e secondo giorno sono a quanto pare il classico tour di Lençóis Maranhenses.
Il terzo giorno visitiamo un micro paesino dove ci mostrano la lavorazione della Manioca: decisamente non imperdibile, ma un contentino della nostra agenzia di viaggio con cui avevamo litigato.
Tutte le gite che facciamo nei tre giorni partono da Barreirinhas dove pernottiamo. A prima vista di giorno sembra ci siano solo due strade morte in questo paese, mentre in realta’ la sera si anima molto e i ristoranti che abbiamo testato ci hanno dato delle grandi soddisfazioni con pesce e carne a buon prezzo (una cena in media 40-50 reais). Se cercate pero’ movida notturna: scordatevela!
È incredibile come il costo della vita sia simile a quello europeo, ma non puoi avere gli stessi servizi. Una posuada di media qualita costa in media 160 reais (70 euro), ma molte stanze non avrebbero l’abitabilità in Italia o sicuramente non rispetterebbero gli standard di igiene. Lo stesso cibo non e’ certo a buon mercato: la qualità ad ogni modo è ottima, ma difficilemente in Italia mangeresti su sedie di plastica e ti farebbero aspettare 35-40 minuti – ormai cronometrati – ogni volta che ti metti a un tavolo, soprattutto con tutti i camerieri che hanno a disposizione.
OLINDA – 1 giorno
Alloggio: www.pousadadolinda.com.br/, 120 reais a stanza
Cena: 1 panino per strada
Si parte per Olinda. Finiamo in una posata di mezza tacca che si chiama, con grande fantasia, Pousada Olinda. La colazione non è un gran che, ma la posada non costa davvero nulla, 120 reais a stanza. Dubitiamo comunque che in giro ci sia molto di meglio. Le camere al solito sono abbastanza claustrofobiche e non particolarmente pulite.
La mattina incontriamo Anna, un’amica italiana che si è trasferita in Brasile e che ci fa da Cicerone per un paio d’ore. Olinda è molto bella: come Salvador è patrimonio dell’Unesco ed anch’essa è una citta coloniale. Gallerie d’arte ovunque con prezzi fuori di testa: valgono tutte una visita, ma non credo un acquisto. In alto troviamo una terrazza da dove scattare qualche foto.
La visita comunque è breve e scappiamo dopo qualche ora per Fernando de Noronha, che era la ragione che ci aveva costretto a passare per Olinda: passaggio obbligato con la compagnia Gol. Il taxi prenotato qui come da prassi rinegozia la tariffa accordata qualche ore prima. In Brasile è sempre così: ti metti d’accordo su un prezzo, ma poi all’ultimo ritrattano con qualche scusa, dal cugino che ha il raffreddore al nipote che ha l’unghia incarnata, e molto candidmente ti diranno che una cosa che dovevi pagare 70 reais, alla fine la devi pagare 80. Dei geni. Altra dote degli autoctoni e non avere mai il resto: devi pagare 7 reais di lavanderia e hai solo una banconata da 20? Impossibile: nel portafoglio non hanno mai niente: probabilmente un secondo dopo che paghi qualcuno, questo nasconde i soldi nel porcellino o se li beve in Caipirinha.
FERNANDO DE NORONHA – 3 GIORNI
Alloggio: Ilha De Frade, 300 reais a notte a stanza
Cena: Flamboyant, 60 reais a cena, cibo brasiliano
Il pomeriggio arriviamo a Fernando de Noronha. Dopo avere pagato la salata tassa giornaliera all’aeroporto (a memoria circa 30 reais al giorno) ci dirigiamo verso il nuovo alloggio. La scelta di Pousada questa volta è perfetta: Ilha de Frade. Un piccolo gioiello e una gentilezza che farebbe invidia ad un albergo 5 stelle. Ci accolgono con due succhi di cocco e ci dedicano mezz’ora per raccontarci dell’isola. I prezzi ovviamente sono stile Rio, sui 300 reais a notte, ma ne vale davvero la pena: a colazione servono succhi spremuti freschi, e tutto quello che chiediamo, incluso la tapioca, una specialita’ brasiliana a base di farina di mainoca. La sera visitiamo praya de Cachorro, la spiaggia piu’ centrale, e ci fermiamo a fare un aperitivo con una vista stupenda. Come faremo presto ad abituarci a Fernando, il conto ovviamente sara’ salatissimo.
L’isola non è grande, ma muoversi con i mezzi è un impresa. Un autobus passa ogni mezz’ora e ti lascia sullo stradone principale, quando l’accesso alla spiaggia è ancora lontano: vanno fatti a piedi dei lunghi, chilometrici, sterrati. A questo punto decidiamo di dotarci di un mezzo di trasporto, come tutti i turisti, e inforchiamo una Honda 300 da cross, sola tipologia di mezzo a due ruote che si può prendere a nolo (70 reais al giorno). Uno scooter bucherebbe la gomma al primo fuoristrada. La moto è ovviamente un rottame con la frizione che si incastra, il motore che ricorda un tagliaerba e si spegne se non lo tieni accelerato, ma fa il suo sporco lavoro e ne sono molto orgoglioso. L’alternativa è fare come hanno fatto Sara, Carla, Marco e Matteo, ovvero prendere una dune buggy. Questa costa dai 120 ai 160 reais al giorno, ma ovviamente è meglio essere quattro persone per ammortizzarla e ed è anch’essa un rottame. Che sia una moto da cross o una dune buggy, con i nostri mezzi si arriva sempre a ridosso delle spiagge che sono tutte dei gioielli.
Le spiagge più famose sono Praia Do Sancho, che per accedervi bisogna discendere una ferrata dolomitica verticale di una decina di metri, non ideale per chi soffre le vertigini – nonostante su una guida venga riportato che la discesa sia “in tutta sicurezza” – e Baia des Porcos. A Praia de Sueste invece puoi vedere le tartarughe, a frotte e enormi. Puoi farti accompagnare da una guida che per 30-40 reais ti porta subito nei posti giusti, ma se vai da solo non hai problemi ad imbatterti in qualche tartarugona gigante.
In generale su quest’isola ci sono al massimo 300 persone al giorno e le occasioni per rivivere la sindrome del disperso su un isola deserta capitano spesso perché sulle lunghe spiagge raramente troviamo più di una decina di persone.
Per la cena molti ristoranti hanno prezzi fuori di testa, 80 reais a portata, e diventiamo degli habitue’ di Flamboyant, un ristorante in centro dove si mangia con 50 reais a testa. Gli altri posti che abbiamo testato, senza mangiarvi, erano cari come il fuoco. A pranzo invece meglio accontentarsi di un gelato o di un panino, se si trova, altrimenti nei baretti sulla spiaggia i prezzi sono una rapina semplicemente perche’ offrono gli stessi menu della cena.
In giro con la nostra rumorosa moto da cross arriviamo ad un forte all’estremità Ovest. Sono quattro mura, ma ospitano un atelier finanziato da Air France. Un belloccio ne è responsabile e compiaciuto ci mostra qualche opera d’arte prodotta con materiali riciclati. Non è il Museo d’Orsay, ma il contesto di una baracca, con un artista che crea circondato dalla vista del mare a 360 gradi è uno spettacolo abbastanza unico.
RIO DE JANEIRO
Alloggio: Benidorm Palace Hotel, Copacabana, 300 reais a notte a stanza, meno bello dell’Olinda Hotel dei primi giorni.
Cena: Capricciosa, 50 reais a testa per una pizza però, ma di qualità italiana.
Si torna a Rio. Tappa rapida prima di tornare a Milano. E’ l’ultimo giorno.
La sera ci prepariamo al rientro e mangiamo una fantastica pizza italiana da un ristorante di Copacabana che si chiama Capricciosa e il giorno dopo lo dedichiamo a visitare qualche negozio, quello delle famose Hawayanas in particolare, e a passeggiare per Ipanema, ma ormai e’ ora di tornare a casa!
L’ultimo occhio lo buttiamo sui brasiliani che giocano a pallavolo secondo l’interpretazione nazionale: usando solo i piedi, il petto e le spalle, ma mai le mani: sono dei veri fenomeni. E poi ci si domanda perche’ i brasiliani giocano a calcio alla brasiliana!