Botswana, gemma nascosta dell’Africa

Siamo in Africa da ormai dieci giorni e abbiamo già percorso centinaia di chilometri attraverso il Botswana, dopo aver toccato anche la Namibia (il pomeriggio dell’11 agosto eravamo atterrati all’aeroporto di Windhoek dopo aver fatto scalo a Johannesburg) e lo Zimbabwe. Il primo giorno avevamo raggiunto in auto Gobabis e pernottato alla Zelda guestfarm – una ventina di chilometri prima della frontiera con il Botswana – dopo avere assistito al pasto di alcuni ghepardi e di un leopardo allevati in cattività all’interno della fattoria. Il mattino dopo eravamo partiti alla volta di Maun, per poi raggiungere il delta dell’Okavango, nel nord-ovest del Botswana, e pernottare al Crocodile Camp. L’Okavango è il terzo fiume dell’Africa per lunghezza e il suo è il delta più grande del mondo. E’ descritto come il fiume le cui acque non riescono mai ad arrivare al mare perché assorbite dalle saline del Botswana centrale.
Indice dei contenuti
13 agosto
A mezzogiorno entriamo nella Moremi Game Reserve passando dal South Gate e dopo aver percorso una lunga pista sabbiosa. Campeggiamo al Third Bridge, con la luna piena a guidare i nostri incerti e più che altro timorosi passi dalla tenda fino all’edificio dove si trovano i bagni. Nella nostra tappa di avvicinamento alla Moremi Game Reserve avevamo avvistato i primi elefanti (in Botswana ne vivono oltre 130.000), oltre a numerose giraffe e ai simpatici ed eleganti impala, mentre nel pomeriggio un’uscita in barca ci aveva regalato l’inaspettato incontro con un piccolo coccodrillo seminascosto tra i papiri e le ninfee.
14 e 15 agosto
I due giorni successivi sono dedicati all’esplorazione della riserva, che occupa una superficie di ben 5.000 chilometri quadrati. Come dire, oltre un terzo dell’intera estensione del delta. Il momento più affascinante è certamente l’avvistamento di una coppia di leoni. Restare a osservarli mentre si sdraiano uno accanto all’altro o si muovono tra l’erba della savana e scattare loro decine di fotografie è uno spettacolo affascinante. E unico. Di lì a poco ecco altri elefanti (tutelati in Botswana e invece vulnerabili quando nei loro spostamenti raggiungono la Namibia, finendo spesso vittime di spietati bracconieri), poi un branco di gnu, alcuni facoceri e numerose zebre e kudu, oltre a coloratissimi uccelli. Quindi un ippopotamo, all’apparenza pacifico ma di cui è meglio diffidare, e alcuni babbuini.
16 agosto
Siamo a Mababe e il safari regala altri incontri ravvicinati. Per il giorno successivo il programma del nostro viaggio nel continente nero prevede altri safari, questa volta all’interno del Chobe National Park e nelle immediate vicinanze del Chobe river, che accoglie la più grande concentrazione di fauna del parco. Esplorare la zona è in effetti emozionante, anche perché il lungofiume è frequentato praticamente da tutti i mammiferi dell’Africa meridionale, fatta eccezione per i rinoceronti. Anche le specie di uccelli che vivono qui sono straordinariamente varie e le attese non vengono deluse. L’ultima immagine della nostra giornata sul Chobe è rappresentata da un incantato tramonto e dal volo di numerosi pied kingfisher (in tutto simili al nostro martin pescatore, ma bianchi e neri) a ridosso dei loro nidi. Affascinante, il mattino dopo, è entrare in Zimbabwe e visitare le Victoria falls, le cascate più maestose del pianeta, annoverate tra le meraviglie naturali del mondo. Bagnarsi è inevitabile, ma lo spettacolo cui assistiamo vale anche qualche doccia fuori programma.
Ad attenderci, al nostro ritorno in Botswana, sono un’altra mattina e un altro pomeriggio al Chobe Riverfront, prima di trasferirci nelle giornate successive alle Makgadikgadi Pans e attraversare spoglie saline dall’aspetto etereo, raggiungere Kubu Island (dove osserviamo rocce spettrali da cui emergono imponenti baobab) e poi addentrarsi nelle sabbie del deserto del Kalahari.
Proprio la sosta nel Kalahari ci riserva l’emozione più forte dei nostri ultimi giorni in terra africana: l’incontro con un gruppo di boscimani, i più antichi abitanti dell’Africa australe. In passato le comunità san hanno attraversato quasi tutto il continente e oggi vivono esclusivamente in Namibia e, appunto, in Botswana dopo essere state vittime di un’autentica campagna di sterminio durata almeno 200 anni. Apprendere il loro stile di vita e i loro metodi di caccia e conoscere le loro abitudini, le loro danze e i loro giochi vuol dire fare tesoro del patrimonio delle antiche culture e tradizioni africane. E quell’inchino e quelle mani giunte con cui i bushmen si congedano da noi sono una lezione di vita da ricordare.