Botswana, gemma nascosta dell’Africa

Un viaggio tra riserve, leoni e... un gruppo di boscimani, i più antichi abitanti dell'Africa australe
Scritto da: clabo
botswana, gemma nascosta dell'africa
Partenza il: 10/08/2011
Ritorno il: 28/08/2011
Viaggiatori: 4
Spesa: 4000 €
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E’ la notte del 20 agosto e siamo al Planet Baobab di Gweta, singolare resort con un bar tappezzato da curiosi manifesti d’epoca, sedie ricoperte di pelli di mucca e lampadari realizzati con bottiglie di birra. Sopra di noi la volta celeste regala uno spettacolo mozzafiato, con le stelle e la via lattea a disegnare una scenografia naturale di rara bellezza. Soltanto qualche ora prima la sosta a Nata per un rapido spuntino nel tragitto da Kasane appunto a Gweta ci aveva regalato l’immagine fino a quel punto più tenera e, insieme, più malinconica del viaggio: un gruppo di ragazzini si era avvicinato alla nostra Toyota 4×4. Era bastato guardarli negli occhi per capire che ognuno di loro voleva qualcosa da mangiare. Non importava cosa, se una tavoletta di cioccolato oppure soltanto una fetta di pane, o magari un po’ del nostro formaggio o un frutto. Quegli occhi dicevano più di ogni parola, più di ogni richiesta di aiuto.

Siamo in Africa da ormai dieci giorni e abbiamo già percorso centinaia di chilometri attraverso il Botswana, dopo aver toccato anche la Namibia (il pomeriggio dell’11 agosto eravamo atterrati all’aeroporto di Windhoek dopo aver fatto scalo a Johannesburg) e lo Zimbabwe. Il primo giorno avevamo raggiunto in auto Gobabis e pernottato alla Zelda guestfarm – una ventina di chilometri prima della frontiera con il Botswana – dopo avere assistito al pasto di alcuni ghepardi e di un leopardo allevati in cattività all’interno della fattoria. Il mattino dopo eravamo partiti alla volta di Maun, per poi raggiungere il delta dell’Okavango, nel nord-ovest del Botswana, e pernottare al Crocodile Camp. L’Okavango è il terzo fiume dell’Africa per lunghezza e il suo è il delta più grande del mondo. E’ descritto come il fiume le cui acque non riescono mai ad arrivare al mare perché assorbite dalle saline del Botswana centrale.

13 agosto

A mezzogiorno entriamo nella Moremi Game Reserve passando dal South Gate e dopo aver percorso una lunga pista sabbiosa. Campeggiamo al Third Bridge, con la luna piena a guidare i nostri incerti e più che altro timorosi passi dalla tenda fino all’edificio dove si trovano i bagni. Nella nostra tappa di avvicinamento alla Moremi Game Reserve avevamo avvistato i primi elefanti (in Botswana ne vivono oltre 130.000), oltre a numerose giraffe e ai simpatici ed eleganti impala, mentre nel pomeriggio un’uscita in barca ci aveva regalato l’inaspettato incontro con un piccolo coccodrillo seminascosto tra i papiri e le ninfee.

14 e 15 agosto

I due giorni successivi sono dedicati all’esplorazione della riserva, che occupa una superficie di ben 5.000 chilometri quadrati. Come dire, oltre un terzo dell’intera estensione del delta. Il momento più affascinante è certamente l’avvistamento di una coppia di leoni. Restare a osservarli mentre si sdraiano uno accanto all’altro o si muovono tra l’erba della savana e scattare loro decine di fotografie è uno spettacolo affascinante. E unico. Di lì a poco ecco altri elefanti (tutelati in Botswana e invece vulnerabili quando nei loro spostamenti raggiungono la Namibia, finendo spesso vittime di spietati bracconieri), poi un branco di gnu, alcuni facoceri e numerose zebre e kudu, oltre a coloratissimi uccelli. Quindi un ippopotamo, all’apparenza pacifico ma di cui è meglio diffidare, e alcuni babbuini.

16 agosto

Siamo a Mababe e il safari regala altri incontri ravvicinati. Per il giorno successivo il programma del nostro viaggio nel continente nero prevede altri safari, questa volta all’interno del Chobe National Park e nelle immediate vicinanze del Chobe river, che accoglie la più grande concentrazione di fauna del parco. Esplorare la zona è in effetti emozionante, anche perché il lungofiume è frequentato praticamente da tutti i mammiferi dell’Africa meridionale, fatta eccezione per i rinoceronti. Anche le specie di uccelli che vivono qui sono straordinariamente varie e le attese non vengono deluse. L’ultima immagine della nostra giornata sul Chobe è rappresentata da un incantato tramonto e dal volo di numerosi pied kingfisher (in tutto simili al nostro martin pescatore, ma bianchi e neri) a ridosso dei loro nidi. Affascinante, il mattino dopo, è entrare in Zimbabwe e visitare le Victoria falls, le cascate più maestose del pianeta, annoverate tra le meraviglie naturali del mondo. Bagnarsi è inevitabile, ma lo spettacolo cui assistiamo vale anche qualche doccia fuori programma.

Ad attenderci, al nostro ritorno in Botswana, sono un’altra mattina e un altro pomeriggio al Chobe Riverfront, prima di trasferirci nelle giornate successive alle Makgadikgadi Pans e attraversare spoglie saline dall’aspetto etereo, raggiungere Kubu Island (dove osserviamo rocce spettrali da cui emergono imponenti baobab) e poi addentrarsi nelle sabbie del deserto del Kalahari.

Proprio la sosta nel Kalahari ci riserva l’emozione più forte dei nostri ultimi giorni in terra africana: l’incontro con un gruppo di boscimani, i più antichi abitanti dell’Africa australe. In passato le comunità san hanno attraversato quasi tutto il continente e oggi vivono esclusivamente in Namibia e, appunto, in Botswana dopo essere state vittime di un’autentica campagna di sterminio durata almeno 200 anni. Apprendere il loro stile di vita e i loro metodi di caccia e conoscere le loro abitudini, le loro danze e i loro giochi vuol dire fare tesoro del patrimonio delle antiche culture e tradizioni africane. E quell’inchino e quelle mani giunte con cui i bushmen si congedano da noi sono una lezione di vita da ricordare.



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