Bosnia e Croazia 2009
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Nei primi giorni del mese di settembre, ricevo dal mio amico Tommaso un invito a partecipare insieme a lui e a qualche suo amico a un viaggio nei Balcani, viaggio che sarebbe stato percorso interamente in auto.
Inizialmente fui un po’ indeciso, ma riflettendoci su pensai che non capitano tutti i giorni inviti di questo genere, così promisi che a breve avrei dato una risposta.
In concomitanza col viaggio però, nei giorni seguenti, ricordai che avevo già un altro impegno, ma riuscii a trovare uno stratagemma per avere la possibilità di partire e attorno a metà settembre ufficializzai la mia presenza.
Non volevo perdere questa occasione per diversi motivi, uno di questi la possibilità di andare via di casa per un po’ e rilassarmi, l’altra per conoscere nuovi territori, ma soprattutto dato il mio spirito avventuriero, mi premeva visitare quei paesi e civiltà colpite di recente dalla guerra civile.
Partimmo in 3 io, Tommaso, Niko e la sua auto, una Punto 1.2 di cilindrata del 2001.
Dovevamo essere in 4 ma un ragazzo all’ultimo momento non e’ potuto partire per problemi di lavoro.
La tabella di marcia prevedeva la partenza attorno le 23.00 e l’arrivo in mattinata a Banja Luka, nei giorni seguenti poi avremo toccato le città di Sarajevo, Mostar, di passaggio al santuario di Medjugorje, Dubrovnik, Spalato e il ritorno in Italia ad Ancona col traghetto.
Ci troviamo a Scandiano 2 giorni prima per accordarci e prenotare su internet il traghetto e un hotel a Banja Luka.
24 SETTEMBRE – ORE 00.00 PARTENZA
A mezzanotte di ormai giovedì 24 settembre, Tommy e Niko si presentano a casa mia con un ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia.
Mi tenni il pomeriggio libero per poter dormire un po’, ma riposai poco perchè ero troppo agitato, cosa che per me rappresenta ormai una consuetudine alla vigilia di ogni lungo viaggio.
Fino a Bologna ero abbastanza vigile, poi non ce l’ho più fatta e ho cominciato a dormire.
Dato che in macchina non era molto comodo, dormivo a sprazzi, una volta mi sveglia nei pressi di Rovigo, un’altra volta dopo Venezia, fino a che non arrivammo alla frontiera con la Slovenia, dove abbiamo fatto provviste in un Autogrill.
Entrati in Slovenia, da quello che ho potuto osservare (dato che era buio e pure in quel tratto ho sonnecchiato), notai che il territorio era molto curato (nulla a che vedere con ciò che vidi dopo) e moderno a livello di rete stradale (sicuramente hanno ricevuto forti aiuti e finanziamenti dall’ Unione Europea) e chiacchierando a proposito di questi aspetti, i miei compagni di viaggio mi dissero che in Slovenia avevano capito in anticipo ciò che sarebbe accaduto negli anni’90 in Yugoslavia e hanno così chiesto la loro indipendenza prima dello scoppio della guerra vera e propria, senza subire grossi spargimenti di sangue.
Il territorio Sloveno lo visualizzai per mezz’ora circa, poi il sonno mi riprese fino al confine con la Croazia.
Circa alle 8.30 del mattino, facciamo una piccola sosta subito dopo aver passato la frontiera Croata per controllare un po’ la cartina e notai che il paesaggio era cambiato, più confusione, più disordine, terreni meno fertili e incolti, rifiuti sparsi lungo i cigli delle strade..…non me l’aspettavo!
La ripartenza ci avrebbe portato a Banja Luka senza più fermarci e pure in quell’occasione feci un pisolino per gran parte del viaggio, riuscendo però a vedere Zagabria dall’autostrada, città che inizialmente doveva essere una tappa del nostro viaggio.
All’arrivo alla frontiera Bosniaca ci meravigliamo del fatto che non fossero stati effettuati controlli sulle nostre valige, ma soltanto una veloce visione dei nostri documenti.
Entriamo in Bosnia, precisamente a Bosanska Gradiska, una cittadina che porta i segni della guerra e a mio giudizio e’ da considerare la zona più povera che abbia visto in questo viaggio.
Passato il centro di Bosanska Gradiska il territorio esprime stento e arretratezza.
Baracche, case dilaniate, addirittura avvistammo per la strada un carretto trainato da un cavallo, ma i miei due amici mi “rassicurarono” dicendomi che nei loro precedenti viaggi videro di peggio.
Si vedevano molte donne sui cigli delle strade, probabilmente aspettavano un bus che le portassero in città a fare compere.
Inizialmente mi sembrava di essere in un altro mondo, forse ero anche convinto di non ambientarmi del tutto a queste condizioni, ma una volta arrivati in città a Banja Luka le cose furono ben diverse.
In questa zona desolata di campagna comunque c’è chi aveva la sua attività, come piccole officine meccaniche, qualche negozietto, chi coltivava il proprio pezzo di terra, ma tutto questo in modo stentato e con pochi mezzi moderni a disposizione.
Da notare la notevole laboriosità delle donne, impegnate pure nelle fatiche dei campi e al contrario la non facenza degli uomini “impegnati” a bere dei drink in bar lungo la strada.
Arriviamo a Banja Luka attorno le 10.30 dopo una notte intera di viaggio e con solo Niko alla guida, che coraggiosamente non chiese cambi perciò gli feci i miei complimenti definendo la sua una vera e propria impresa.
Infatti guidare 10 ore di notte, dopo una precedente giornata di lavoro e con poche ore di sonno alle spalle, non sarebbe stato facile per nessuno.
Per far fronte alle spese ( Hotel, benzina e cene) ci accordammo costituendo una cassa comune dove sarebbe stato depositato denaro un po’ da tutti e tre ogni qualvolta ce ne fosse stato bisogno.
Per ogni città visitata, cercherò di fornire una breve introduzione storica.
Banja Luka e’ la seconda città più grande della Bosnia Erzegovina ed e’ la capitale della Repubblica Srpska ( zona separatista Serba in territorio Bosniaco).
Prenotammo all’Hotel Palas
In centro, un hotel moderno e storico nella città, molto curato e professionale e cosa di non poco conto, molto economico infatti pagammo 50 Marchi a testa (25 Euro) per una notte con colazione compresa,
Banja Luka, nella sua storia subì varie dominazioni, i Romani nei primi secoli d.c., gli Ottomani nel 1500 e successivamente gli Austriaci alla fine del XIX secolo, i quali portarono un processo di occidentalizzazione, con la costruzione di ferrovie, scuole, fabbriche e infrastrutture.
In questa città le etnie su così ripartite:
70% Serbi
8% Croati
20% Musulmani
2% Altri.
Tralasciando i cenni storici la prima cosa che ci ha lasciato sgomenti e piacevolmente sorpresi era il fatto che in città incontravi più giovani che adulti e di questi giovani, la maggioranza era di sesso femminile…..e aggiungerei “ e che femmine” tant’è che dopo una “visione” di queste meraviglie ci siamo divertiti a classificarle e risultò un 75% di ragazze bellissime, un 15% nella norma e un 10% non proprio carine.
Nonostante fossimo stanchissimi queste visioni ci tenevano letteralmente svegli.
Da buoni turisti comunque oltre che ammirare le bellezze locali, abbiamo dato uno sguardo anche ciò che ci si presentava in termini architettonici e storici, con Tommy sapiente guida per tutti i 7 giorni del nostro viaggio.
Nel centro di Banja Luka si possono ammirare la Piazza Krajina con la sua fontana, il centro commerciale Robna Kuca Boska, e il grattacielo Office Building sede amministrativa della città, e poco più lontano una appariscente Chiesa Serbo Ortodossa e il centro culturale Banski Dvor.
Arrivata l’ora di pranzo, ci mettiamo alla ricerca di un posto dove mangiare qualcosa, quando nel frattempo siamo stati avvicinati da due bambini zingari, uno del quale mi si e’ aggrappato e non voleva più mollarmi, mentre l’altro si mise a toccare una collanina che avevo al collo.
Cominciò a infastidirmi la cosa anche se ebbi reazioni educate nei loro confronti.
Poco dopo arrivo Tommaso e diede loro qualche moneta dato che lui era l’unico che aveva cambiato i soldi.
Un esperienza che sicuramente mi ha un po’ scioccato dato che ero io il bersaglio di quei bambini, ma che mi ha fatto capire che comunque stavano cercando solo un po’ di soldi, non di rubare, anche perché non ci voleva nulla a slacciarmi il marsupio che avevo attorno la vita.
Non so forse mi e’ andata bene, fosse successo l’irreparabile non so con quale spirito avrei affrontato i giorni seguenti.
Nel primo pomeriggio ci facciamo un meritato riposo in hotel, per poi fare visita al Castello di Banja Luka, una fortezza cinta da mura con all’interno un parco, con il fiume Vrbas che lo attraversa a fianco.
L’ingresso era libero, perciò lo possiamo considerare attualmente un luogo di incontro tranquillo a sfondo storico.
La sera andiamo a cenare in un ristorante vicino al fiume e belli carichi ordiniamo una specialità tipica Bosniaca nonché il piatto più costoso del ristorante.
Un vassoio ricco di carne di ogni tipo, funghi, patate fritte ecc., ma probabilmente c’e’ stata un incomprensione con le porzioni, che a nostro avviso non erano per 3 persone ma come minimo per 5.
Subito non abbiamo badato a questo e abbiamo più che apprezzato il piatto, facendogli pure una foto, ma quando alla fine, nonostante fossimo 3 di buona forchetta, lasciammo metà del cibo nel vassoio.
Rimanemmo tutti e 3 imbarazzatissimi vivendo tutto ciò come una clamorosa sconfitta.
Abbiamo speso circa 30 marchi a testa (15 euro), ma un piatto così ricco in un ristorante Italiano spendevi molto, ma molto di più.
In compenso vicino al nostro tavolo, si presentò una bellissima ragazza, mora, occhi azzurri e Tommy non le staccava gli occhi di dosso, perché le ricordava una sua conoscenza.
Aveva appresso la famiglia, madre, padre e supponiamo che l’altro fosse il fratello perchè se fosse stato il fidanzato sarebbe stata un “ingiustizia” ( termine che usavamo per definire le cosiddette strane coppie) dal tanto che era brutto, ma da quello che abbiamo potuto vedere nei giorni seguenti non c’era da stupirsi.
Ogni tanto da parte di tutti e tre, scattava qualche occhiata innocente, ma la evidente gelosia del padre, fermò un po’ le nostre intenzioni.
Dopo la pesante e imbarazzante sconfitta culinaria, ci incamminiamo a testa bassa consci di non essere riusciti, dopo gli iniziali apprezzamenti a terminare un piatto così ricco.
La notte e’ passata tranquilla, a parte il continuo e sonoro russare di Niko, che purtroppo ci avrebbe accompagnato anche nei giorni seguenti.
25 SETTEMBRE
Intorno le 8.00 del mattino, partiamo alla volta di Sarajevo, con Tommaso stavolta alla guida.
Nel nostro viaggio incontriamo un tratto di strada che costeggia il fiume Vrbas, un paesaggio stile grand canyon dove è spesso praticato il rafting.
Il territorio comunque è per lo più montuoso, con cittadine e piccoli villaggi in prevalenza agricoli, ma in condizioni leggermente migliori rispetto a ciò che avevamo visto nei pressi di Banja Luka.
Si notavano pascoli di vacche e pecore, piantagioni di granoturco e qualche filare di vite, ma la vera attrazione era rappresentata da botteghe con la carne di agnello cotta intera allo spiedo all’aperto, cosa insolita ma che avremo ritrovato più volte durante il tragitto. Lungo il percorso le due località di maggior rilievo che attraversiamo sono Jajce, dove si può ammirare la sua fortezza millenaria che domina su di un colle la città, scorgendo anche le prime moschee e minareti ( pressochè assenti in Repubblica Srpska) e Travnik, dove nei ristoranti di Sarajevo, avremo assaggiato negli antipasti il famoso formaggio locale. L’arrivo a Sarajevo ci accoglie tra le cicatrici della guerra, mentre attraversiamo la strada che conduce al centro, scattiamo alcune foto a palazzi colpiti. Sarajevo fu fondata nel 1461 per opera degli Ottomani che trasformarono un semplice villaggio in vera e propria capitale. Nel XVI secolo Sarajevo inizia a prosperare con la costruzione del suo attuale centro storico. Nel 1878 fu occupata dall’impero Austro-Ungarico con l’intento di ricostruirla come una moderna capitale europea, da li poi avvenne la fusione con parti della città, ancora in stile Ottomano. Questa città divenne famosa per l’uccisione dell’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando, il 28 giugno 1914, evento questo che scatenò lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Al suo interno presenta ben 4 diversi luoghi di preghiera: moschee Musulmane, chiese Cristiane e Cristiano Ortodosse e Sinagoghe Ebraiche, il tutto in uno spazio molto ravvicinato (100 metri circa) cosa assolutamente rara e non visibile in altre parti del mondo. Per 5 volte al giorno poi si udiva il richiamo alla preghiera del Muezzin dagli altoparlanti dei minareti delle Moschee Islamiche, cosa che avremo trovato anche a Mostar. A Sarajevo vi e’ stato il più lungo e sofferto assedio che la storia moderna conosca, in quanto partito il 5 Aprile 1992 e terminato il 29 Febbraio 1996. Si sono stimati circa 12.000 vittime e almeno 50.000 feriti, 85% dei quali erano civili. In breve, ma le cose da dire sarebbero tantissime, questa guerra fu combattuta tra le forze del governo Bosniaco, che aveva dichiarato l’indipendenza dalla Yugoslavia e l’Armata Popolare Yugoslava e e le forze Serbo- Bosniache che cercavano di distruggere il neo- indipendente stato della Bosnia-Erzegovina e creare al suo interno uno stato “puramente” Serbo. Il “puramente” non è messo a caso tra virgolette, significava eliminare i musulmani da quella zona. Alloggiamo nei pressi del quartiere di Skenderija, in una pensione nel quale il proprietario e’ un Musulmano. Nulla di particolare se non che una volta entrati, dovevamo toglierci le scarpe e percorrere obbligatoriamente l’interno dell’edificio in ciabatte. Egli e’ risultato particolarmente ospitale e simpatico nel suo modo di fare, sapeva parlare abbastanza bene l’Italiano perché una delle sue figlie ha sposato un nostro connazionale, bravissima persona pure la moglie, molto gentile e disponibile. Il quartiere Skenderija e’ luogo anche di manifestazioni, come concerti, varie rappresentazioni artistiche e feste locali. Ci incamminiamo verso il centro, a circa 15 minuti di cammino dalla Pansion Skend e facciamo due passi per le vie della Bascarsija, il centro storico della città, dove si possono ammirare le varie costruzioni in stile Ottomano, ristoranti e fast food, col profumo dei cevapcici e burek (piatti tipici della cucina Bosniaca) appena cotti, vari negozi di souvenir, botteghe con la vendita di vari oggetti in metallo, gioiellerie e ceramiche tutte a distanza ravvicinata tra loro e con la musica locale in sottofondo che creava un atmosfera particolare.All’interno del centro storico, possiamo trovare anche i diversi luoghi di culto che abbiamo precedentemente evidenziato.
Proseguendo si arriva fino alla Cattedrale Cattolica, che rappresenta la fine della Bascarsija e l’inizio di un altro quartiere più moderno, la Ferhadija cioè la principale strada pedonale di Sarajevo per lo shopping. Sembrava di entrare in un altro mondo e qui e’ evidente l’influenza occidentale con negozi che possiamo trovare anche nei centri delle nostre città. Al termine di questa strada si arriva a una biforcazione dove al centro di essa vi e’situata l’Eternal Flame (Fiamma Eterna), che e’ un monumento che ricorda i caduti Jugoslavi durante la Seconda Guerra Mondiale.
La sera ci ritroviamo a cenare in un ristorantino del centro storico e dopo l’esperienza di Banja Luka decidiamo di mangiare qualcosa di più leggero.
I miei due amici restano fedeli alla carne, io invece per cambiare un po’ opto per una cena a base di pesce.
La passeggiata serale per le vie del centro ci da ancora la certezza di notare una gioventù tranquilla, senza grossi eccessi e come a Banja Luka, la visione di bellissime ragazze.
A mio parere questa terra si sta riprendendo e i giovani, mai come da quelle parti, rappresentano il futuro, ma purtroppo abbiamo potuto osservare anche alcuni mutilati della recente guerra degli anni ’90, persone rimaste traumatizzate fisicamente e mentalmente e che difficilmente saranno importanti per una ripresa generale di tutto il paese.
Una volta rientrati nella Pensione, siamo entrati in argomento con il proprietario nel quale ci disse proprio che solo le nuove generazioni possono fare dimenticare quanto e’ accaduto in quegli anni.
Quando poi siamo entrati nello specifico, chiedendo informazioni su come si viveva in quei tristi momenti, egli ci chiese cortesemente che preferiva non parlarne.
Del resto, come dargli torto!
26 SETTEMBRE
Nel nostro giro mattutino percorriamo il famoso “Viale dei Cecchini” teatro dei macabri scontri dove persero la vita militari e soprattutto civili innocenti. Poco lontano sono ben visibile le Twin Towers di Sarajevo “MOMO’” e “UZEIR” che rappresentano il cuore finanziario della città e della Bosnia Erzegovina, in lontananza ma ben visibile l’Avaz Twist Tower, sede degli uffici dell’Informazione e dei Media, il Palazzo di vetro del Parlamento Bosniaco, danneggiato e prontamente ricostruito dopo la guerra, il famoso hotel “Holiday Inn”, l’unico albergo funzionante durante la guerra e rifugio dei giornalisti di tutto il mondo che documentarono il conflitto, il Museo d’Arte e il Museo Storico, quest’ultimo visitato all’interno.
In questo museo vi e’ una sala, nel quale attraverso fotografie e alcuni oggetti bellici e’ testimoniato ciò che accadde a Sarajevo in quegli anni terribili. Alcune immagini erano talmente crudeli e impressionanti per la sensibilità di un pubblico adulto e infatti rimanemmo di stucco quando poco dopo entrò nel museo una classe di giovanissimi studenti. Penso che in Italia non si aprirebbe mai al pubblico un museo fotografico riguardante un eventuale conflitto interno e nemmeno verrebbe esposto alla visione di scolaresche elementari o medie. All’uscita c’era un quadernetto dove ognuno poteva, se lo desiderava, lasciare un proprio pensiero. Io scrissi semplicemente “ SENZA PAROLE”. Successivamente salimmo verso le colline, precisamente verso il Centro Olimpico, infatti nel 1984 Sarajevo ha ospitato le Olimpiadi Invernali. Purtroppo la zona sportiva, sinonimo di forza e vitalità è stata in gran parte occupata dalle tombe di coloro che hanno perso la vita nel conflitto, ma poco più avanti sorgono 2 moderni campi da calcio in erba sintetica, vari campi da tennis, un Hochey Arena, una piscina olimpica, poco lontano sui colli che circondano la città , alcune piste da sci e lo “Stadio Kosevo” teatro degli incontri delle squadre di calcio locali. Subito dopo andammo a visitare una tipica casa Ottomana, dove gli interni hanno uno stile davvero particolare con i pavimenti in legno e coperti completamente da tappeti e con panche di legno che coprono per intero il perimetro della stanza. All’ora di pranzo andammo in centro a mangiare un Burek, (piatto tipico dei vari fast food in Bosnia e più in generale nei paesi Arabi) e a bere un caffè in un luogo tipicamente medio-orientale. Pure il caffè in Bosnia ha una sua particolarità, viene sorseggiato lentamente perché secondo la tradizione balcanica il caffè è un importante momento di incontro e socializzazione e pertanto non deve essere bevuto velocemente come avviene invece in Italia e nei paesi occidentali. La serata la passiamo in un ristorante del centro, dove per stare sempre sul leggero scelgo un menù di verdure, mentre gli altri due (testoni) continuano con cibi pesanti. Solita passeggiata serale per le vie del centro ammirando le ragazze che incrociavamo per poi verso mezzanotte entrare in un disco club sotterraneo, dove all’ingresso subimmo pure una perquisizione con tanto di metal detector. Stiamo li una mezz’oretta a bere qualcosa e dato che il luogo non ci affascinava più di tanto decidemmo di tornare in albergo.
27 SETTEMBRE
Lasciamo Sarajevo alle 8.00 del mattino salutando e ringraziando chi ci ha così gentilmente ospitato e partiamo alla volta di Mostar, stavolta con me al volante. L’itinerario Sarajevo – Mostar attraversa le cittadine di Konjic e Jablanica e poco dopo queste località , affianca per la quasi totalità la valle scavata dal fiume Neretva, in un paesaggio stile gran canyon molto suggestivo. Durante il tragitto Niko si accorse di essersi tenuto per sbaglio le chiavi della nostra stanza di Sarajevo. Fortunatamente avevamo il recapito della pensione e contattammo per telefono il proprietario, promettendogli che al più presto gli avremmo spedito le chiavi……speriamo piuttosto che gli siano arrivate! Arriviamo a Mostar dopo circa 3,5 ore di viaggio e questa città si presentò ancora più ferita, i bombardamenti saranno stati forse più violenti o forse la ricostruzione e’ stata più lenta che non a Sarajevo. Diversi edifici infatti non solo presentavano i fori delle mitragliatrici o le fratture dei bombardamenti, ma per gran parte di essi non si evidenziavano segni o tentativi di ricostruzione. Raggiungiamo subito Il Motel Kriva Cuprija dove al nostro ingresso rimango colpito dalla bellezza di una ragazza, impiegata in quell’hotel. Si chiama Zlata, non le ho chiesto l’età, ma sicuramente avrà più o meno 25 anni, capelli biondi raccolti, occhi verdi e altezza 1.70 circa, molto carina. Ci accoglie con bel sorriso e ci presentiamo mentre mi accompagna nel luogo dove parcheggeremo la macchina in questi due giorni. Un luogo questo sicuramente meno sicuro rispetto ai box chiusi che abbiamo incontrato nei precedenti hotel, infatti si trattava di un cortile sottostante una casa delimitato da una rete di recinzione e un vecchio cancello di accesso, dove l’auto avrebbe sostato incostudita e all’aperto. I primi passi nella città di Mostar non potevamo farli, anche per la sua vicinanza al motel, se non allo Stari Most, il ponte vecchio, la vera e propria attrazione e simbolo della città. Lo Stari Most e’ stato costruito nel XVI secolo ed e’ particolare per la sua forma ad arco, con una lunghezza di 30 metri e domina il fiume Neretva da un altezza di 24 metri. Presenta una pavimentazione antiscivolo ed e’ protetto da due torri. Il 9 novembre 1993 venne distrutto dalle forze Serbo-Croate in quanto lo consideravano un importante simbolo della cultura Bosniaca e pertanto da cancellare. Già nel 1992 fu mirato dai Serbi, ma il ponte rimase solo danneggiato. Alla fine delle ostilità vi fu un immediato progetto di ricostruzione che complessivamente e’ costato 12 milioni di Euro. Oggi questo ponte e’ riconosciuto come patrimonio dell’Unesco ed e’ stato riaperto al pubblico completamente ricostruito e rinnovato, il 22 luglio 2004, con cerimonie basate sulla riconciliazione tra le comunità bosniache dopo la guerra, anche se ancora oggi purtroppo restano rancori e diffidenze. Nelle vie della città vecchia vi e’ una presenza fissa di piccole botteghe ricche di souvenir e oggetti artigianali e vari ristoranti e fast food. Per poter ammirare la città da una postazione più alta decidemmo di salire sul minareto di una moschea, dove la salita era al quanto ripida su una stretta scala a chiocciola. Lo spettacolo fu meraviglioso e l’immagine del Ponte Vecchio vista dall’alto stupefacente. Scattamo alcune foto e proprio in quel momento avvenne il classico tuffo dal ponte. Quella del tuffo dallo Stari Most è un usanza tipica della città di Mostar. In passato lo si faceva per dimostrare il proprio coraggio e virilità, ora lo si fa per soldi, infatti il tuffatore si mette in mezzo alla folla di turisti e finchè non ha raggiunto una certa somma di denaro, non effettuerà il tuffo.
Ci fermiamo a mangiare un Burek in un fast food, categoricamente scelto da Tommaso, perché nelle vicinanze c’era il negozio di una bella ragazza. Ne e’ valsa la pena per rifarci gli occhi, ma per quanto riguarda il cibo, meglio lasciar perdere. Lasciamo il centro storico per tuffarci nella realtà della città “moderna” e li incontriamo un bambino che stava facendo qualche palleggio con un pallone. Non resistetti e feci qualche passaggio e palleggio con lui. Il pallone era molto danneggiato, con qualche pezza qua e là e non rimbalzava benissimo. Nelle vicinanze c’era un negozio di articoli sportivi, comprai un pallone nuovo e lo regalai al bimbo. Mi emozionai nel vedere quanto fu felice di quel regalo. Nel ritorno verso l’albergo e precisamente prima di attraversare il Ponte Vecchio mi fermo nella sala di una delle due torri per comprare una guida di Mostar e al suo interno vi era uno schermo nel quale girava continuamente il video del crollo dello Stari Most a causa dei bombardamenti e la sua opera di ricostruzione, per qualche minuto rimasi fermo e in silenzio a vedere quel video. Arriva ora di cena, ci incamminiamo per le vie del centro e una ragazza ci ferma per strada e ci raccomanda di cenare al ristorante Babylon…..senza esitazioni accettiamo anche perche’ casualmente in precedenza, consultando la guida, avevamo scelto proprio quello. La serata passa allegra, ci facciamo due risate al tavolo e scattiamo alcune foto sullo sfondo spettacolare del Ponte Vecchio illuminato. Rifacciamo la nostra solita passeggiata in centro e tra una risata e l’altra non sento più il cellulare in tasca, la mia riconosciuta sbadataggine aveva colpito anche stavolta. Erano se non sbaglio quasi le 23.00 e di corsa tornai al ristorante e per strada fortunatamente incrociai la cameriera e le chiesi in uno stentato inglese se il ristorante era ancora aperto. Avuto la risposta affermativa arrivai al ristorante ma il gestore non c’era più e il ristorante era chiuso. C’erano comunque altri addetti al locale e chiesi loro se avevano visto un cellulare in uno dei tavoli, ma mi dissero che non avevano visto nulla e di provare a passare domani. Torno dai miei amici e proviamo a fare squillare il telefonino…..squillava, buon segno! Dopo un po’ riproviamo e continuava a squillare, dopodiché pensammo che il gestore l’avesse messo da qualche parte aspettando che l’andassi a recuperare. L’indomani la prima cosa che feci fu quella di andare al ristorante, trovai il gestore e pure il telefonino. Intanto visualizzai almeno 10 chiamate di mia madre che non oso pensare che momenti avrà vissuto. E’ andata veramente bene!
28 SETTEMBRE
Dopo aver rischiato seriamente per la seconda volta di rovinarmi la vacanza, verso le 9.00 del mattino saliamo in macchina per dirigerci a Medjugorje, che dista soltanto 40 km da Mostar.
Inizialmente questa tappa doveva essere toccata il giorno dopo, nella strada che ci avrebbe portato a Dubrovnik, ma visto che non era lontanissimo, scegliemmo di andarci la mattina per poi visitare ciò che rimaneva di Mostar nel pomeriggio.
Medjugorje, come molti sapranno, e’ una piccola località della Bosnia-Erzegovina, famosa per l’apparizione della Madonna, il 24 giugno 1981 a 6 giovani ragazzi del luogo.
Durante il tragitto, nella mia mente vagheggiavano pensieri su cosa avrei visto, quali sensazioni avrei provato, se il pellegrinare in quel luogo avrebbe cambiato in positivo la mia vita, insomma pensieri del genere.
Lungo le strade nelle vicinanze della chiesa, vi sono diversi negozi, bazar e ristoranti, cosa che testimonia come questo avvenimento, abbia fatto crescere anche a livello economico questo piccolo villaggio e su questo argomento si possono aprire diversi dibattiti.
Il luogo, anche se era un lunedì mattina, era abbastanza affollato di fedeli da ogni parte d’Europa e del mondo, infatti ad ogni ora veniva celebrata nella Chiesa una messa in lingue diverse.
La chiesa era circondata da un vasto piazzale dove e’ presente una statua della Vergine, nella quale molti fedeli si fermano in momenti di preghiera e nei giardini adiacenti la grande chiesa vi erano postazioni isolate, dove pure li ci si riuniva a pregare.
Poco lontano, attraversando un piccolo viale, vi e’ una statua di Gesù Cristo, di dimensioni molto alte.
La sua particolarità sta nel fatto che se si appoggia un fazzoletto sul ginocchio, esso si bagnerà e questo fenomeno, secondo le testimonianze avviene dal giorno dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre.
Ci incamminiamo verso il luogo preciso dell’apparizione, la collina del Podbrdo, poco distante ma in forte pendenza e faticoso da raggiungere anche perché il fondo e’ quasi completamente ricoperto da pietre, senza un vero e proprio sentiero.
Molti fedeli, in segno di devozione, percorsero l’intera collina a piedi nudi.
Quasi sulla sommità vi e’ una statua della Madonna e già diversi pellegrini raccolti in preghiera e impegnati nella recita del rosario.
Ridiscesi in paese, ci fermiamo a mangiare una pizza e appena prima di tornare a Mostar, Niko spedì le chiavi della pensione di Sarajevo.
Il nostro ritorno a Mostar e’ dedicato alla visita della zona del fronte, la più martoriata della città, teatro di scontri feroci tra le fazioni serbo-croate e i musulmani di Bosnia.
Il percorso comincia dalla grande cattedrale cattolica con a fianco il campanile alto quasi 50 m costruito provocatoriamente con l’intento di superare in altezza i minareti delle moschee.
Poco più avanti scorgiamo una ragazzina zingara, per strada a piedi nudi che si muoveva in prossimità di un semaforo nel tentativo di elemosinare qualche soldo dalle auto in transito.
Avanzando lo scenario, come e’ facile intuire e già in precedenza descritto, riguarda edifici ancora in macerie, dilaniati dai colpi delle mitragliatrici e dei mortai.
Ma ciò che ci ha colpito, anche per le sue imponenti dimensioni, è un palazzo di vetro che rappresentava il cuore finanziario della città, con diverse banche al suo interno.
Ora il suo aspetto e’ tenebroso e non presenta il minimo tentativo di ricostruzione a 15 anni dalla fine del conflitto.
Per finire, nelle vicinanze andiamo a visitare una casa Musulmana.
Arriva ora di cena ed eravamo indecisi se trovarci un ristorante in centro oppure cenare nel ristorante del Motel, optiamo per la seconda.
Cena molto buona e servizio niente da dire, tutto eseguito con una professionalità da parte mia mai vista, infatti il cameriere ci ha riferito che ha lavorato per 8 anni in sardegna, nei più facoltosi ristoranti.
Sicuramente è stata la miglior cena, sin qui provata, ma anche la più costosa (ahimè i vizi si pagano) ed essendo gli ultimi giorni, i soldi cominciavano a scarseggiare e non potevo prelevare tramite bancomat.
La serata la passiamo in uno dei soliti bar lungo le strade del centro a bere qualcosa e fare due chiacchiere.
29 SETTEMBRE
Questi sono gli ultimi due giorni di vacanza e stiamo lasciando la Bosnia Erzegovina per dirigerci in Croazia, precisamente a Dubrovnik, penultima tappa del nostro viaggio.
Ci svegliamo attorno le 8.00 e dopo colazione ci dirigiamo verso la macchina, pronti per partire, quando ci troviamo a sorpresa una macchina mal parcheggiata che non ci dava la possibilità di uscire, pertanto abbiamo dovuto aspettare che il proprietario del mezzo si svegliasse e che venisse a spostare l’auto.
Questo episodio ci fece perdere mezz’ora, ma successivamente, durante il viaggio avremo avuto un altro contrattempo.
Nell’avvicinarci al confine Croato ritorniamo nella Repubblica Srpska e attraversiamo la cittadina di Ljubinje per poi addentrarci nelle montagne tra strade strettissime e villaggi dispersi.
Arrivati quasi al confine con la Croazia, in mezzo alle montagne, con qualche villaggio sparso e pochissimo movimento di persone o mezzi, consultando la cartina a Tommy gli e’ venuta la brillante idea di entrare in Croazia da un percorso alternativo e che sicuramente ci avrebbe fatto risparmiare un po’ di strada.
Arrivati però alla frontiera (posto isolatissimo) e dopo ben 1 ora di viaggio dal punto in cui avevamo deciso di svoltare, l’unico doganiere presente (che tra l’altro stava pure dormendo) ci disse che non potevamo passare perché era un passaggio riservato solo ai cittadini di Bosnia che si dovevano recare in Croazia e viceversa.
Amareggiati da questa sorpresa, tornammo indietro e riprendemmo la strada principale che ci avrebbe portato all’unico piccolo tratto di costa appartenente alla Bosnia, a precisamente alla citta’ di Neum.
Passiamo senza grossi problemi la frontiera e il paesaggio da montuoso passa a marino, con una costa semplicemente spettacolare, dove si possono ammirare alcune delle frastagliate isole della Dalmazia.
Arriviamo a Dubrovnik attorno le 14.00, ma la nostra pazienza e soprattutto quella di Tommy, che era al volante, fu messa a dura prova perchè non riuscivamo a trovare un parcheggio.
Dopo aver girato mezz’ora per la città riuscimmo a trovare una stanza per la notte, in un piccolo ostello a 2 passi dalla città vecchia, ma la macchina fu parcheggiata più lontano.
Scarichiamo i bagagli e facciamo un giro nella centro storico della città.
L’entrata della città vecchia assomiglia a quella di un castello medioevale, con una grande porta di entrata e il ponte che sovrasta un fossato.
Appena entrati ci si trova in un lungo viale, denominato “Stradun” che divide in due la città e che conduce alla torre dell’orologio
Dopo di che vi sono varie piazze, chiese e vicoli molto stretti, paragonabili a un labirinto.
La città la si può ammirare dall’alto delle torri difensive e dalle mura di cinta, percorribili a piedi e che circondano interamente tutto il perimetro della città, dove in alcuni punti possono raggiungere l’altezza di 25 m.
Percorrendo le mura vi e’ uscita che porta verso il mare e tra la scogliera vi e’ un bar dove potersi riposare, prendere il sole all’occorrenza fare un bagno ma anche trascorrere piacevoli momenti di intimità in dolce compagnia..
Sicuramente è un luogo suggestivo e romantico, con la possibilità di ammirare il mare, i tramonti e la costa.
La sera la passiamo in un ristorante del centro storico, in piazza e all’aperto, facendo una vera e propria abbuffata di pesce, tutto veramente ottimo, d’altronde cos’altro aspettarsi da una città di mare?
In seguito facciamo un giro per le vie del centro e ritorniamo a bere un cocktail alla scogliera.
30 SETTEMBRE
La mattina dopo siamo già in viaggio, direzione Spalato.
Ritorniamo in Bosnia – Erzegovina precisamente a Neum e per la prima volta alla frontiera ci vien chiesto di aprire il portabagagli e le valige.
Passato Neum, a pochi km di distanza, nuovo ritorno in Croazia
Il tragitto che porta a Spalato è quasi totalmente a ridosso della costa, perciò in lontananza si possono ammirare le varie isole della costa Dalmata.
Spalato insieme a Zara è la più grande città della Dalmazia e uno tra i più importanti porti dell’ex Jugoslavia.
La città fece parte della Repubblica di Venezia dal 1420 al 1797, per poi passare all’impero Austriaco.
Nella sua storia, come anche a Dubrovnik, vi fu l’influenza Italiana, persistente grazie a scambi commerciali dove la nostra lingua e il dialetto veneto, presero piede nella città.
Tuttavia però nella seconda metà dell’800 vi fu un forte sentimento nazionalista, dove la popolazione Croata fece regredire gradualmente l’influenza Italiana, ma che fino alla seconda guerra mondiale conserverà comunque un suo rilievo.
Riusciamo solo nel pomeriggio a visitare un po’ il centro storico, per poi sederci nel lungo mare, chiacchierando e bevendo qualcosa, nell’attesa della partenza del traghetto che ci avrebbe portato ad Ancona.
La partenza del traghetto era prevista alle 20.30 e prima di quell’ora andammo mangiare una pizza in un ristorantino del centro.
Sul luogo d’imbarco, vediamo una comitiva di Italiani del sud, probabilmente reduci da Medjugorje che si facevano notare un po’ folkloristicamente parlando, non davano eccessivamente fastidio, però bisogna ammettere che non passavano inosservati.
Saliti sul traghetto ci posizioniamo sul ponte e non possiamo fare a meno di fotografare le luci di Spalato.
Non avendo prenotato le cuccette, dovevamo dormire per terra, sicuramente una situazione scomoda, ma avevo provveduto a portarmi un sacco a pelo.
Prima che arrivasse l’ora di dormire faccio la conoscenza di Marilyn, una ragazza americana di Seattle.
Purtroppo il mio inglese non è perfetto e non è stato facile dialogare con lei, comunque si è rivelata una ragazza molto aperta, simpatica e dolce nel suo modo di fare.
Era in vacanza con il fratello e insieme avrebbero visitato diverse città in tutta Europa.
Ora restava di scegliere un posto su cui distendersi.
Inizialmente, fino a una certa ora ci sdraiammo sulle panchine del ponte, ma sentendo che l’umidità si faceva sempre più forte scendemmo all’interno del traghetto e nella sala caffè vedemmo diverse persone appisolate e senza fare rumore ci unimmo a loro.
Passai la notte dormendo per terra nel sacco a pelo, ma ci misi molto prima di prendere sonno.
1 OTTOBRE
Arriviamo ad Ancona attorno le 7.00 del mattino e prendemmo subito la strada verso il ritorno a casa.
Un viaggio sicuramente che ha lasciato un segno nella mia vita ed è anche per questo che ho scelto di raccontarlo.
Ho confrontato un modo di vivere diverso dal mio, da questo punto di vista più tranquillo, dove la maggior parte dei giovani vivono una vita senza grossi eccessi.
Il lusso esiste solo per pochi e le nuove generazioni sembrano vivere in armonia tra di loro, sembra ci sia integrazione tra le diverse etnie, ma negli adulti, come ci spiegò l’albergatore di Sarajevo questo è molto più difficile se non impossibile.
Sicuramente sono rimasto più favorevolmente colpito dalla gente Bosniaca che non da quella Croata.
In Bosnia, nonostante fossimo inizialmente osservati ( probabilmente non sono abituati ad accogliere turisti), una volta stretto un rapporto si sono rivelate persone gentilissime, in Croazia il rapporto era più freddo e basato sull’aspetto economico, come abbiamo constatato nell’ultima notte a Dubrovnik, dove chi gestiva l’appartamento dove abbiamo pernottato, è arrivato da noi, ha preso i soldi e se ne è andato.
Probabilmente però, a difesa di questi ultimi, per noi la Croazia e’ stato un territorio toccato per soli due giorni e in due città diverse, quindi e’ comprensibile non aver avuto grandi rapporti coi cittadini.
Nei precedenti hotel comunque, il rapporto è stato sicuramente più amichevole, soprattutto a Sarajevo e Mostar, dove siamo stati benissimo se pur non in Hotel di lusso.
Nelle zone di campagna purtroppo la vita è ancora difficile, con case forse da anni in costruzione e altre irrecuperabili a causa della guerra, piccole attività agricole e portate avanti con mezzi obsoleti e antichi.
Ritengo la Bosnia-Erzegovina un paese in lenta ripresa, dove però personalmente mi sento di fare un mio pensiero al governo Bosniaco affinchè cominci a pensare di più al mondo agricolo e alle zone di campagna, infatti non a caso prima del nostro arrivo, vidi in un telegiornale, una protesta degli agricoltori nelle strade di Sarajevo.
Speriamo che col tempo si possa anche risolvere questa situazione.
Tutto ciò che ho scritto non ha nulla di programmato, una sera mi è venuta la voglia di raccontare tutto ciò che ho vissuto in quella settimana, in maniera del tutto spontanea.
Invito coloro che lo vogliono a visitare quei luoghi, soprattutto città come Sarajevo, Mostar e Dubrovnik, piene di storia passata e soprattutto recente.