Bordeaux e la Gironda
Per cena ci accontentiamo di un gustoso kebab e poi a letto presto perché la giornata sta diventando troppo lunga.
18 aprile Giorno dedicato interamente alla visita della città. Partiamo dal Museo delle Belle Arti che ha una piccola sezione dedicata al Trecento italiano, ma il museo risulta alquanto deludente, anche perché la parte degli impressionisti non è aperta, spostata nell’edificio di fronte che però troviamo chiuso. Sulla piazza della cattedrale Saint-André svetta la torre Pey-Berland in gotico fiammeggiante che ha subito un fresco restauro. Ci inoltriamo nel Quartier des Chartrons passando per l’Esplanade des Quinconces considerata la più grande piazza d’Europa e dominata dall’imponente e straordinario Monumento ai Girondini, con le sue copiose fontane, i bassorilievi ed i gruppi scultorei che vale la pena di interpretare leggendo il commento di una buona guida. La piazza, ombreggiata da alberi giganteschi ed in semplice terra battuta, ospita la grande festa annuale del vino che ora stanno allestendo con la lunga sfilata dei banconi di mescita. Ci inoltriamo nel Quartier des Chartrons, da sempre dedito al commercio del vino ed ora diventato una zona residenziale molto ambita con le sue eleganti échoppes bordelaises – le vecchie case operaie in pietra bianca delle Gironda – che caratterizzano tutto il profilo di questa città dandole una particolare luminosità che si accentua nell’ora del tramonto. Pranziamo al Bistrot des Anges, che si affaccia su una caratteristica piazzetta del Mercato, tra una confusione di lavoratori in pausa pranzo: il servizio è veloce ed il cibo non male. Al pomeriggio passeggiamo lungo la Garonna per ammirare il bel recupero che hanno fatto dei magazzini, che un tempo stoccavano le merci e che ospitano ora eleganti negozi, ristoranti e bar con veduta sulla Garonna, larga come un lago. Un’ampia zona di questa banchina è riservata ad un impianto di skate board per la gioia degli appassionati di questo sport spericolato. Al ritorno sostiamo invece in Place de la Bourse per ammirare questa meraviglia di eleganza e simmetria. L’ampia piazza si apre sulla Garonna quasi in un abbraccio, con la sua forma semicircolare definita da nobili palazzi in stile classico francese: un mirabile esempio di armonia che si riflette magicamente sullo specchio d’acqua creato appositamente sul selciato antistante. Una semplice pellicola d’acqua che scorre sul granito e che fa la gioia in particolare dei bambini che saltellano a piedi nudi tra sbuffi di vapore che ogni tanto escono a sorpresa.
19 aprile Finalmente un raggio di sole che rende tutto più splendente. La meta odierna è St. Emilion che raggiungiamo passando per i dintorni di Bordeaux caratterizzati da un ambiente collinare molto dolce con verde rigoglioso. Dalla “rocade” (il raccordo anulare) prendiamo l’uscita n. 26 in direzione Libourne est. Il paesaggio qui è tutto di basse colline punteggiate da viti a perdita d’occhio. Attraversiamo la Dordogna e pieghiamo per St. Emilion passando davanti ad innumerevoli tenute chiamate chateau, che dànno i nomi alle etichette dei vini più pregiati conosciuti in tutto il mondo. Improvvisamente compare St. Emilion con la sua cinta muraria. Presso l’ufficio del turismo prenotiamo la visita guidata che è senz’altro obbligatoria se si vuole entrare in posti altrimenti chiusi come la grotta dell’Eremita, la chiesa della Trinità, le catacombe e la chiesa monolite, una vera rarità in Europa. Finita la visita di un’ora e dopo una breve passeggiata intorno alla cittadina, sconfiniamo nel vicino Périgord perché contiamo di vedere la torre studio di Montaigne, dove l’illustre umanista scrisse i celebri Essais, ma la troviamo purtroppo chiusa perché ha orari di visita molto ristretti. Camminiamo un po’ nel parco adiacente (a pagamento) che troviamo peraltro molto trascurato. Rientriamo nella Gironda e facciamo tappa per pranzo a Sauveterre-de-Guyenne, un grazioso paese con una bella piazza ed una chiesa romanica circoscritte nella bastide, che conserva ancora le quattro porte medievali. Le campagne da queste parti sono molto rassicuranti, con le vaste distese di coltivazioni di colza gialla in contrasto con gli squarci azzurri del cielo, le mucche e pecore che costellano i prati. Minuscoli paesi che abbagliano con la pietra chiara di calcare della Gironda con cui sono edificati. La magia e l’incanto li ritroviamo a La Sauve-Majeure, l’imponente abbazia benedettina sorta sul cammino di Santiago de Compostela, di cui restano ancora importanti vestigia che si elevano maestose nel mezzo di prati di margherite. Il sentimento è di sacra reverenza quando ammiriamo gli stupendi capitelli romanici, uno differente dall’altro, con raffinatissime scene tratte dai bestiari dell’Antico Testamento.
20 aprile (una giornata speciale) Usciamo dalla città imboccando la N113 in direzione La Brède ed il paesaggio cambia con una rapidità impressionante. Il perfetto rettilineo della strada nazionale è fiancheggiato da alti pioppi, che creano una specie di tunnel tagliando una fitta foresta lasciata spontanea, che sembra custodire chissà quali misteri. Ogni tanto si intervallano piane verdeggianti dominate da piccoli chateau, centri di produzione dei grandi vini del Graves e del Sauternais. Attraversiamo Podensac, patria dell’aperitivo più famoso di Bordeaux, il Lillet, un vino bianco all’aroma di frutta e china, molto gradevole se gustato freddo, che compreremo come souvenir nella sua caratteristica bottiglia con l’etichetta originale. Ci fermiamo al Castello di Malagar dove ha vissuto il più giovane dei letterati per cui Bordeaux è famosa: lo scrittore e poeta François Mauriac. Facciamo la visita guidata delle 10: siamo soli, ma è un’esperienza coinvolgente anche per l’atmosfera che sa creare la signora che ci guida, certamente un’approfondita conoscitrice dell’opera di questo autore che si muove quasi in punta di piedi tra i ricordi originali lasciati in questa casa e con un filo di voce quasi per non disturbare qualcuno la cui presenza sembra essere ancora fisica. Gli oggetti si animano e raccontano storie di vita, rapporti familiari, eventi e curiosità che molto spesso si ritrovano esattamente così come sono rimasti in alcuni importanti romanzi di questo autore. Ci soffermiamo in particolare nel salone centrale che spezza in due la casa e proietta le sue grandi vetrate da una parte verso il parco e dall’altra guida lo sguardo attraverso un’alta siepe per perdersi poi in una veduta a tutto campo che spazia fino alla verde regione delle Landes. Una vera lezione di letteratura questa visita che ci ha presi emotivamente ed incuriositi a leggere qualcosa di Mauriac. A Verdelais che dista pochi chilometri da qui, rinomata pure per la bella chiesa mariana dove è in corso un pellegrinaggio della gente viaggiante, ci fermiamo per visitare la tomba del pittore Toulouse-Lautrec che era proprietario di una tenuta di vini in queste zone. Passiamo per Saint-Macaire, e qui la sosta è veramente d’obbligo in particolare per la piazza Mercadiou circondata dalle case dei ricchi mercanti, Saint-Sauveur un gioiello di chiesa romanica ed i possenti remparts, nell’insieme un vero tuffo nel medioevo più autentico. Si avvicina l’ora di pranzo e puntiamo giustamente verso Bazas che viene decantata come la patria della bistecca e sede dell’importante festival del bue grasso. Ma non c’è verso di trovare un ristorante in centro, tutto è chiuso, quindi ammiriamo con piacere l’imponente chiesa con triplo portale riccamente decorato e ce ne andiamo da questo posto. Sconfiniamo ora nella regione delle Landes, zona con meno insediamenti dove dominano ancora vaste foreste e sconfinate distese verdeggianti. Zona rurale ben coltivata che trasmette serenità alla vista delle numerose mandrie di mucche rossicce di Bazas al pascolo. Oggi è la giornata dei castelli e la seconda visita in programma è il Castello di Roquetaillade, considerato uno dei più affascinanti della Gironda. Nell’attesa della riapertura pomeridiana ci fermiamo a pranzo in un paesino lindo e tranquillo di quattro case dove mangiamo bene, come al solito, per un modico prezzo. Il castello di Roquetaillade ci ha purtroppo impressionato, ma in senso negativo: non ci è piaciuto il restauro un po’ troppo pesante eseguito nella seconda metà dell’800. L’impressione che abbiamo avuto è che si tratti di qualcosa rimesso in piedi forzatamente, ora per scopi turistici, con arredi molto cupi e locali dove arieggia uno sgradevole odore di muffa, il tutto in uno stile neo-gotico che ricorda il castello di Ludwig in Baviera. Senz’altro ci sono anche i cultori di questo stile ridondante, ma per noi le ore trascorse qui sono state un po’ una perdita di tempo a confronto con l’atmosfera intimista della casa di Mauriac. Per fortuna chiudiamo in bellezza con una vera perla qual è il castello di La Brède, casa natale del barone di Montesquieu che visse qui gran parte della sua vita dedicandosi ai suoi studi (vi scrisse L’esprit des Lois) e scritture, ma anche amministrando con grande avvedutezza le sue vaste tenute a vigneto. La costruzione è imponente ed austera e vi si accede dopo aver percorso un lungo vialone. E’ circondata da un fossato e l’insieme incute una certa reverenza per chi ha calpestato queste pietre. La visita guidata particolareggiata attraverso le sale ben arredate è veramente da non perdere. Dato che è una giornata speciale, perché ricorre un anniversario, ci concediamo una serata al Grand Théatre de Bordeaux con il balletto Gisèle in una vera bomboniera di ori e stucchi che ne fa uno dei più bei teatri d’opera del mondo.
21 aprile L’itinerario di oggi ci porterà verso nord lungo la riva sinistra della Gironda fino al suo incontro con l’oceano. Sempre prendendo la rocade, questa volta svoltiamo all‘uscita n. 7 in direzione Blanquefort e siamo subito nella zona dei vini più rinomati e costosi del mondo: il Médoc. Attraversiamo piccole cittadine anonime che hanno però il loro punto di forza negli innumerevoli chateau, spesso in pietra grigia ed imposte bianche sempre al centro di sterminati vigneti. A Macau ci fermiamo per vedere la Gironda scorrere impetuosa sulle cui rive si affaccia ancora qualche guinguette, specie di trattoria con balera, che ha così spesso ispirato i pittori impressionisti. Il paesino di Margaux che dà il suo nome agli omonimi vini, sembra avere più chateau che case. Tra i filari di viti spunta ogni tanto il nastro argenteo della Gironda con i suoi porticcioli. Man mano che ci avviciniamo verso la foce il paesaggio gradualmente cambia e le vigne lasciano spazio alle foreste di pini, dove di tanto in tanto spuntano modeste abitazioni sprofondate nel verde. Il percorso si snoda facile lungo la N 215, l’arteria principale che da Bordeaux porta verso l’estuario. Percepiamo ancor più l’avvicinarsi dell’oceano quando le terre incominciano a diventare incolte e si trasformano in brughiere adatte al pascolo di bestiame e cavalli. Ci fermiamo a Soulac-sur-Mer, rinomata località balneare e percorriamo tutta Rue de la Plage che sbocca sull’oceano con una vista impressionante sul cupo mare agitato in contrasto con l’enorme spiaggia bianca. Questa località che conserva ancora belle ville ottocentesche testimoni dei suoi albori non ci sembra ancora stravolta dal turismo di massa e dalle colate di cemento, ma ha un aspetto alquanto modesto e tranquillizzante. Nella ricerca di Pointe de Grave, da dove partono i traghetti per il celebre faro di Cordouan, chiamato anche il re dei fari ed il faro dei re, ci imbattiamo nel ristorante Les Terrasses a Le Verdon, una piacevole pausa a due passi dalla Gironda e soprattutto la scoperta culinaria di un posto che in tutta semplicità offre un ottimo menu di pesce, così abbondante che non si riesce a terminare, al prezzo ridicolo di 18 euro.
Rientriamo per la cosiddetta strada dei laghi che costeggia l’oceano. Sostiamo brevemente alla duna dell’Amélie e poi la strada diventa un rettilineo tra pini e ginestre in fiore. Si tratta di zone dove la natura fa da padrona e quindi adatte ad un turismo naturalistico, come testimoniano i numerosi campeggi che incontriamo, molti dei quali per naturisti.
22 aprile E’ il giorno del rientro, ma abbiamo ancora una mezza giornata a disposizione prima di riconsegnare l’auto in aeroporto. L’ultima tappa è il bacino di Arcachon che raggiungiamo ancora sotto la pioggia, e meditando lapalissianamente che, certo, con il sole tutto deve avere un aspetto ancora più bello. Puntiamo dapprima alla duna del Pilat, l’enorme massa di sabbia alta 118 metri e lunga 500, in continuo movimento che risulta essere la più alta d’Europa ed unico fenomeno di questo genere. Si sale su questa enorme gobba su per una scala di plastica con funi laterali per agevolare il percorso e poi una volta su si viene investiti dal vento forte dell’oceano ed è un’impresa tenersi in equilibrio tra le folate di vento che sollevano nuvole di sabbia e guardare giù il gioco impazzito delle onde. Per scendere, se ci si vuol divertire, basta buttarsi in picchiata e correre a salti e balzi che certamente, anche se si cade, la sabbia ammortizza ben bene. Un gruppetto di giovani monaci tibetani tenta invece, tra le risa divertite degli astanti, l’impossibile impresa di scivolare giù seduti quasi si trattasse delle nevi himalayane. Dedichiamo un po’ di tempo alla bella località di Arcachon, elegante centro di villeggiatura, costruito nell’800 come luogo di cura per le malattie polmonari per le sue arie benefiche. All’ufficio turistico ci facciamo dare una piantina con la passeggiata nella città d’inverno: così è chiamata la parte alte del paese in contrasto con la città d’estate che è quella bassa. Il percorso in lieve salita è molto interessante e merita di vagare alla ricerca delle belle dimore ottocentesche dei più svariati stili: ci sono quelle tipo chalet di montagna con strutture in legno, altre sono castelletti in pietra più o meno elaborati, ma in ogni caso hanno ospitato in passato sempre personaggi illustri, letterati o musicisti, teste coronate o imprenditori. Pranziamo in un’affollata taverna basca e poi facciamo una lunga passeggiata nella città d’estate che è dal punto di vista architettonico molto meno interessante. Nel pomeriggio ci resta ancora un po’ di tempo per fare una puntatina a Gujan-Mestras per vedere dal vivo gli allevamenti delle ostriche che fanno la fortuna del “Bassin”. Osserviamo l’andirivieni delle pinasses, le tipiche imbarcazioni dal fondo piatto per trasportare le griglie dove crescono le ostriche, c’è qualche capanno di degustazione di questo prezioso prodotto ittico ed è presente anche il Museo dell’Ostrica per chi si vuol documentare su questa attività. Ora è tempo di puntare verso l’aeroporto dove riconsegniamo l’auto ed attendiamo il rientro.