Bonampak y bandidos

“State attente, non date confidenza agli sconosciuti che laggiù sono furbi e vi fregano” mi aveva detto quella dell’agenzia poco prima di partire per il Messico. Io e mia sorella Rossana, abbiamo fatto sì con la testa, quei sì che li fai per dare il contentino e tagliare corto ma intanto pensi alla ceretta che ti devi fare o al paio...
Scritto da: Marisa Grazioli
bonampak y bandidos
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
“State attente, non date confidenza agli sconosciuti che laggiù sono furbi e vi fregano” mi aveva detto quella dell’agenzia poco prima di partire per il Messico. Io e mia sorella Rossana, abbiamo fatto sì con la testa, quei sì che li fai per dare il contentino e tagliare corto ma intanto pensi alla ceretta che ti devi fare o al paio di infradito che non puoi non comprarti perché fondamentali più dell’Autan Extreme nella foresta amazzonica.

Ma noi non andavamo nella foresta amazzonica. Andavamo in Messico, Chiapas e Yucatan., la terra dei Maya per la miseria.

Così, fatta la ceretta e comprati gli infradito era arrivato il momento di partire. Da città del Messico partiamo e atterriamo in Chiapas a Villahermosa. L’aereo era un trabiccolo che dio solo sa come abbiamo fatto ad arrivare fin lassù. D’altra parte era il volo che costava meno e anche Rossana aveva pensato che forse conveniva risparmiare un pelino sul volo per poi scialare al massimo. Ed eccoci qui, quassù nel Chiapas con lo zaino in spalla. Bella Villahermosa con i suoi viali alberati. Così ci buttiamo nella prima pensione che troviamo in piazza e che dio ce la mandi buona. Che errore cosmico madornale. Prezzi cari ma cari che più cari non si può, stanze conciate da buttar via, e la mattina alle sette Dolores (la figlia del proprietario) che passa con la macchinina a pedali e fa un casino di inferno. Buona giornata, Dolores. A parte questo, gran bel posticino Villahermosa, straordinario il Parque Museo La Venta, pieno di chicche archeologiche che ci distraggono per l’intero pomeriggio. Gente simpatica quelli di questa città, bellissime cose da fare e vedere. Finchè poi il giorno dopo si prende il pulmann e si parte per Palenque.

Io e Rossana siamo tutte infervorate, vedremo il sito di Palenque, le piramidi Maya, immerse nella giungla, vedremo cose inaudite, ci diciamo mentre il pulman lascia Villahermosa.

Arriviamo a Palenque belle stravolte, ci mettiamo in una pensione che fa paura. Il caldo è allucinante, Rossana che c’ha la pressione bassa deve farsi un litro d’acqua con dieci bustine di zucchero. Il giorno dopo di mattina presto si va al sito. Una autentica meraviglia. Tutto adagiato nella foresta, le piramidi e le rovine sembrano spuntare dal nulla come funghi. Una bellezza rara. Rossana e io scaliamo il palazzo de las Inscripciones, arriviamo in cima e ci sembra di poter toccare il cielo con un dito. Ci sentiamo le padrone del mondo. Altro che Shakira whenever wherever, qui ci si sente delle vere regine della natura.

La nostra guida è bravissima e ci propone di andare avanti fino all’Arroyo otolum, un torrente dentro dentro la foresta. A un certo punto sento urlare e dico a Rossana di piantarla di lamentarsi ma ben presto mi accorgo che non è lei che strepita: sono le scimmie urlatrici. Minchia, che colpo! Proseguiamo fino al gruppo de Los Murcielagos e arriviamo su un ponte sospeso sul torrente: che spettacolo. Da qui si vedono anche delle cascate in lontananza! La natura qui trionfa di brutto. Dietro consiglio della guida decidiamo di fare un bagno : grazie Miguel, che dritta grandiosa che ci hai dato. Peccato che tra un po’ ce ne darai un’altra che se potessi adesso ti tirerei un bello schiaffone da giravolta.

Infatti Miguel poco dopo ci fa: “Senoritas ma perché non andate fino a Bonampak e Yaxchilàn? Io conosco uno che vi può portare con pulmino, sono circa 150 chilometri da qui, vicino confine col Guatemala. Bellissimo e meno turistico, perché non andate?” .

Rossana e io, ormai prese dal vortice dell’avventura gridiamo un sì corale e diamo il via a Miguel che tornato in città a Palenque ci organizza la partenza per Bonampak la mattina dopo.

La strada non è granchè, anzi, gli ultimi chilometri ce li dobbiamo fare a piedi sotto un caldo di inferno nonostante sia mattina presto.

Ma mi dico che vedrò cose incredibili e resisto impavida. Arriviamo alle rovine, praticamente non c’è nessun turista a parte noi. In una piazza rettangolare troviamo un edifico con affreschi maya bellissimi. Rossana è stregata da quella visione. Stiamo lì a guardare gli affreschi per un bel po’. Finchè a un certo punto sono distratta da un rumore di passi: è Miguel che improvvisamente si mette a correre verso la macchina, cosa starà facendo mi domandoo io. Ma non ho il tempo di dirlo ad alta voce che all’improvviso mi trovo davanti cinque uomini poco raccomandabili, quanto meno a vederli: vengono verso di noi e intanto parlottano tra loro a monosillabi.

Uno di loro tira fuori un coltellaccio enorme, di quelli che usano i macellai. “Che vogliono, che vogliono? “ mi chiede Rossana paralizzata. Vogliono i nostri soldi. Solo che se glieli diamo adesso la vacanza finisce qui. Okay, penso io, meglio una vacanza finita che finire sgozzate da un gruppo di bandidos. Ma mia sorella Rossana, forse un’insolazione, forse la sua anima da suffragetta, punta i piedi davanti a quei cinque omoni e dice NO. Si mette lì a braccia conserte e con faccia impertinente li sfida. In quel momento avrei voluto spaccarle la faccia e per un attimo penso che lo stia per fare uno dei cinque che allunga il braccio verso di lei minacciosamente. Ma uno degli altri quattro, quello più alto e meno spaventoso, lo ferma. Gli blocca il braccio in aria, come in un film. Questa scena non la dimenticherò finchè campo. Poi si gira verso Rossana e con un sorriso le dice: “senorita muy audaz ” . Non capiamo esattamente il senso, se sia una cosa bella o brutta per lui, ma lo prendiamo come complimento. Lui non ci tocca ma ci fa cenno di seguirlo, anzi, ci prende per il polso: lui chiappa su Rossana mentre quello sgarbato che voleva menarla prende me e ci portano verso la boscaglia. Io scoppio a piangere. Del nostro Miguel nemmeno l’ombra, se l’è data a gambe, quella mozzarella d’uomo.

Sono terrorizzata, avanzo inciampando qua e là, chissà cosa ci vogliono fare, chissà cosa ci faranno. Camminiamo per circa due ore, ormai saranno quasi le dodici. Arriviamo in una radura erbosa con dell’ombra. I cinque si fermano e ci dicono di sederci. Noi ubbidiamo terrorizzate. Maledetto Miguel continuo a pensare, quando mai ti abbiamo dato retta, che ti colpisse la Montezuma a vita! Così mentre due ci tengono d’occhio, gli altri scompaiono. Stiamo lì immobili per ore. Per fortuna abbiamo da bere acqua a volontà negli zainetti e qualche cracker. Ogni tanto apriamo timidamente lo zaino e beviamo acqua e mastichiamo cracker. I due centurioni se ne fottono, controllano solo che noi si stia lì buonine buonine. Io do un occhiata all’orologio: sono le sei del pomeriggio cazzo, le sei e siamo lì in mezzo alla giungla chissà dove, guardate a vista da due bandidos che hanno avuto ordine di non farci muovere di un millimetro. Se lo sapesse mia madre le verrebbe un infarto e se lo raccontassi ai miei amici non mi crederebbero nemmeno se gli portassi le foto. Naturalmente provo a scattarne una ai due guardiani ma loro mi fanno un gesto con il mento molto eloquente. Niente foto, ubbidisco.

Poco dopo ritornano gli altri tre: sono pieni di sacchi. Li appoggiano per terra e iniziano ad accendere un fuoco. Poi tirano fuori una pentola, dei fagioli neri, dei pezzi di pollo e del pomodoro. Rossana è incazzatissima: “ Ma che fanno, cucinano?” Io non credo ai miei occhi: stanno cucinando sul serio. Oh cazzo, mica saranno cannibali. Poi mi ricordo che hanno già il pollo e che poi siamo nel 2003, i sacrifici umani non si fanno più ormai, sono out da un pezzo.

Così mangiamo con loro, ci danno pollo piccante con pomodoro e fagioli neri e una roba da bere forte e alcolicissima. Non parlano molto ma il bandido gentile guarda Rossana come fosse una dea da rispettare. A me invece non mi guarda nessuno ma dopo tutto non è che smani dalla voglia di essere manomessa da un bandito. Quello gentile a questo punto si avvicina a Rossana e le chiede:” de donde eres” e fin lì ci arriviamo . Lei gli spiega che siamo italiane. Lui la guarda , sta un po’ in silenzio e poi sgagnando una coscia di pollo le dice “Italianas muy audazes y muy encantadoras” sembrano ancora due bei complimenti. Poi ha parlato al plurale, quindi mi sento coinvolta nella lisciata pure io. Andiamo avanti a bere e mangiare ormai è buio il fuoco scoppietta ancora. Rossana visibilmente alterata parla con il bandido gentile, gli altri quattro ridono tra loro e ammiccano, io rido per non sentirmi esclusa ma non è che me la goda molto. Però la situazione aveva dell’incredibile, tanto valeva ballare. Mi metto a guardare i due piccioncini e in effetti il bandido gentile è pure belloccio se non fosse per la barba incolta e i capelli arruffati e annodati probabilmente da mesi. Ma no, a dire il vero forse è anche quel suo essere un po’ rude e trascurato che lo rende più affascinante. Ha un gran bel sorriso bianco e due occhi neri come la pece che ti tagliano a metà come un coltello nel pane. Purtroppo tagliano a metà Rossana mica me. Cosa incredibile, la notte la passiamo lì , buttano giù delle stuoie e ci fanno dormire sotto gli alberi. Dormiamo tutti, pure i due che avevano fatto da guardia: tanto avevano capito che con quel buio in mezzo alla giungla non ci saremmo azzardate a muovere nemmeno un passo. Io non chiudo occhio mentre Rossana russa. Nessuno ci sfiora, nemmeno il galantuomo prova a toccare mia sorella, che secondo me in fondo in fondo un po’ ci sperava. Un vero signore fino alla fine. La mattina appena albeggia ci fanno alzare e ci incamminiamo per la direzione opposta da dove eravamo arrivati. Dopo un paio d’ore di camminata tra sterpi e foresta arriviamo sul ciglio di una strada. Sotto le frasche c’è nascosta una camionetta scalcagnata. Ci fanno salire. Due vanno in cabina alla guida mentre il galantuomo e quello che ci voleva menare più un altro piccoletto salgono dietro all’aperto con noi. Il galantuomo non dice nulla, sorride e guarda la sua Rossana che lo riguarda con occhio imbesuito. Intanto il nanerottolo e quello stronzo mi chiedono di dargli i soldi. Io guardo il galantuomo per vedere se mi difende ma sembra di no, i soldi glieli devo dare proprio. Voglio vedere la grazia che userà per chiederli a Rossana. Arriviamo alla periferia di Palenque e ci fanno scendere. Do un occhiata alla targa della camionetta ma non c’è. Ci salutano con un “Adiòs”. A Rossana non hanno portato via nulla, manco un soldino. Meno male, almeno con i suoi soldi abbiamo fatto la fame ma la vacanza siamo riuscite a finirla, abbiamo continuato il nostro giro del Chiapas e abbiamo fatto anche due bei giorni al mare giù nello Yucatan. Rossana c’ha messo un po’ a riprendersi, è rimasta imbambolata per parecchi giorni, vedeva il suo bandido dapperutto, sulla spiaggia di Cozumel o riflesso in un cenote. Ma in fondo la capisco, una cosa del genere quando mai ti ricapita?



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