Birmania: sognare ad occhi aperti…
Questa frase rispecchia fedelmente quanto provato e quanto ci è rimasto nel cuore del nostro viaggio in Myanmar. Mio marito ed io siamo partiti l’8 agosto da Fiumicino e siamo rientrati il 22.
Abbiamo scelto un viaggio non di gruppo ma individuale: a Yangon abbiamo trovato ad attenerci all’aeroporto Rita, la nostra guida birmana (parlava italiano), che si è dimostrata molto carina e competente e ci ha “coccolato” per tutto il viaggio! Anche gli autisti che si sono succeduti si sono dimostri attenti e prudenti nella guida e le macchine utilizzate sempre di buon livello.
Per quanto riguarda il clima, pur essendo agosto, e quindi periodo di monsoni, abbiamo avuto pochissimi giorni di pioggia (3 su 15 giorni) e per lo più di pomeriggio o sera.
Il clima è stato caldo ma piacevole e non ha mai superato i 30°: in particolare sul lago Inle abbiamo avuto temperature che si aggiravano sui 25°. Solo a Jangon, la capitale, il clima era molto umido e quindi un po’ faticoso.
Il nostro itinerario è stato a grandi linee Yangon, Bagan, Mandalay, lago Inle: due settimane indimenticabili per la bellezza dei luoghi e della gente. La profonda religiosità di questo popolo, nonostante i 60 anni di dittature, non è stata intaccata e questo ha fatto sì che il Paese riesca ancora a mostrare il suo carattere originale fatto di solarità e al contempo di discrezione, dignità e pacatezza. Il turismo di massa non è ancora arrivato e quindi si può girare tranquillamente senza essere assaliti e assillati da orde di venditori come capita ormai in quasi tutti i siti turistici orientali. Abbiamo viaggiato e potuto vistare i templi che a migliaia sorgono ovunque, nel silenzio e nella tranquillità.
È stato entusiasmante poter visitare la grotta di Pindaya, con le sue migliaia di Budda splendenti, avvertendo solo silenzio e una sensazione di pace, poter ammirare il tramonto sulla terrazza di uno stupa a Bagan senza dover fare a gomitate e pensare, condividendo a pieno e con profonda emozione, alle parole di Terzani: “Ci sono visite al mondo dinanzi alle quali uno si sente fiero di appartenere alla razza umana. Bagan all’alba, è una di queste. Nell’immensa pianura, segnata solo dal baluginare argenteo del grande fiume Irrawaddy, le sagome chiare di centinaia di pagode affiorano lentamente dal buio e dalla nebbia: eleganti, leggere; ognuna come un delicato inno a Buddha. Dall’alto del tempio di Ananda si sentono i galli cantare, i cavalli scalpicciare sulle strade ancora sterrate. È come se una qualche magia avesse fermato questa valle nell’attimo passato della sua grandezza”. (Tiziano Terzani, In Asia)
Ed è proprio vero: Bagan… che dire… va al di là dell’immaginazione. E’ un posto che ti fa sognare e fa sembrare che tutto possa risolversi in bene, nella pace e nell’armonia…
Oppure essere seduta nella terrazza della nostra camera/palafitta in mezzo al lago Inle, e guardare e ammirare un cielo indescrivibile: da azzurro e terso a carico di nuvole orlate di arancione, oppure bianche e dalle tonalità grigio-azzurre, ma anche nere e basse, che sembravano gonfie di pioggia e pronte ad esplodere da un momento all’altro in un acquazzone ma che spesso non arrivava… E sentire lo sciabordio dell’acqua dovuto al guizzo improvviso di un pesce o al rapido fruscio della canoa con il pescatore che rema, unico al mondo, reggendo il remo con un gamba per potere avere le mani libere e tendere la rete, oppure sta appollaiato in cima alla barca con un equilibrio perfetto tanto da sembrare quasi sospeso nel vuoto… Così come è bello vedere mio marito, seduto accanto a me, che disegna questo magnifico panorama ed è per me fonte di gioia vederlo fare le cose che ama di più e sentirlo così sereno e disteso…
Tutto ciò ci ha regalato emozioni intense e tanta serenità.
Grazie Birmania! Mingalabar!