berlino capodanno 1989
La tentazione è forte e comincio a scrivere cercando nella memoria le sensazioni ed i ricordi più forti e cercando di rimanere fedele alla realtà di quei tempi..
LA PARTENZA L’equipaggio della Wolswagen golf prima serie, ma taroccata con motore nuovo a 5 marce e 1600 di cc, era del sottoscritto e di MG la ragazza di allora del sottoscritto appena maggiorenne.
La mia idea era di passare capodanno esattamente sotto la porta di brnadeburgo dove si diceva ci sarebbe stata una festa enorme dato che pochissimo tempo prima erano state aperte le frontiere tra le due germanie.
Un conoscente del paese mi aveva detto che lui era un abituè della germania orientale e che a Karl Marx Stad , vicino Dresda andava sempre in un hotel e che per le feste di capodanno sarebbe stato lì.. OK prima tappa Karl Marx Stad, mi sono detto. La sera della partenza dopo un lungo arrivederci fatto con gli amici in una birreria verso la mezzanotte indirizziamo il cofano dell’auto verso est.
Viaggiamo per 10 e più di ore senza sosta sconfinando finalmente in baviera dove in una piazzola di sosta cerchiamo di dormire un po’ in auto.
La mattina il primo spettacolo che ci riempie il cuore, nella notte aveva nevicato un po’ e al mattino il cielo era turchese ed il sole faceva brillare tutti i pini bianchi di neve fresca…
Ripartiamo subito pensando a tutti i km rimanenti prima del primo vero stop in qualche albergo.
LA DOGANA Arrivammo quindi in autostrada fino al confine tra le due Germanie.
Qui si doveva prendere una ardua decisione perché volendo andare a Berlino direttamente bisognava solo proseguire dritti lungo l’autostrada che senza uscite e praticamente blindata ti portava direttamente nella parte ovest della città senza fare assolutamente niente bastava una semplice carta d’identita, ma i miei piani erano ben diversi.
A parte che aveva già provato una ventina di km prima a deviare per una strada vista sulla cartina che in qualche modo sembrava abbreviare il percorso. La strada era piccolina e coperta di neve e mano mano una colonna di trabanat si dirigeva nella mia stessa direzione, Arrivammo ad un cancello con guardie armate della germania est i famosi vopos, io in fila con la altre auto.
Le trabant passavano quasi senza essere fermate ma noi no, il ragazzo giovane che ci fermo sembrava molto stupito ed incuriosito dalla nostra presenza e soprattutto dal fatto che volessimo passare di lì. Era il confine tra le due germanie quello e le auto che rientravano erano quelle dei lavoratori pendolari che di giorno andavano dall’altra parte a lavorare, lì non c’era una vera frontiera ci spiegò il ragazzo e per entrare in germania est dovevamo tornare sull’aostrada ed arrivare fino alla dogana che stava lì per fare i visti di ingresso e tutto il resto. Il ragazzo restò ammirato della vecchia golf e soprattutto della canon che avevo dietro chiedendomi delle sue qualità e dicendo che non aveva mia visto una fotocamera così bella. Era illuminato in viso, chissà forse era la prima volta che incontrava dei veri occidentali, gli si leggeva negli occhi. Con larghi sorrisi ci salutò mentre facevamo inversione di marcia ed ebbi così il primo contatto con i tedeschi orientali, un contatto molto emozionante devo dire.
Alla dogana arrivammo verso le 10 di sera e ci spiegarono che dovevamo andare in un ufficio ad espletare tutte le pratiche burocratiche che non erano diverse da prima di qual 9 novembre.
L’ufficietto era affollato di gente, soprattutto turchi che andavano a trovare parenti e bisognava fare una lughissima fila dietro uno sportello dove un’anziana signora in stile prettamente sovietico dietro una macchina da scrivere altrettanto in età batteva con triste lentezza per riempire i moduli e concedere visti.
Bisognava innanzitutto prenotare le notti che si volevano spendere di là, trovare direttamente lì l’albergo e pagare la permanenza direttamente li. La signora dopo aver chiesto in che albergo si volesse andare telefonava all’albergo chiedendo se c’erano posti e prenotando per voi.
Poipagavi direttamente le notti a quella signora che ti dava una ricevuta da dare all’albergo insieme a non ricordo quanti marchi orintale come una spesa di baget da spendere nella nazione.
Dopo più di due ore con MG che stava letteralmente gelando in auto toccò a me.
Io indicai l’albergo che mi era stato suggerito, la signora telefonò e tornata da me mi disse che era pieno, accidenti, allora gli dissi di trovarmene un altro in città e ci accordammo per il Kongress Hotel, e và bene solo per una notte, ma che mazzata… 130 marchi tedeschi per una notte, esagerato, ma che avreste fatto, fermi l’ì con la ragazza quasi ibernata in auto ed ancora 30 km da smaltire alle 12 di notte.
Proseguimmo ed invece di prendere la carreggiata al centro dell’autostrada ci dirigemmo verso quelle esterne quelle della germania est e proseguimmo… Seguivamo esattamente lo stesso percorso, solo che nella corsia centrale passavano BMW, Mercedes, Porche a velocità molto sostenuta mentre noi venivamo accompagnati da trabant e furgonette alla media dei 50 orari..
Potevamo però uscire dove e quando ci pareva eravamo in regola col visto e pensai ad un certo punto di uscire per cambiare qualche soldo in marchi orientali.
Uscimmo in un anonima uscita alla periferia di un anonima cittadina dai caseggiati tipici dell’economia ed industrializzazione sovietica, enormi caseggiati a molti piani destinati alla popolazione, ma per il resto non si vedeva ne un misero bar tanto meno qualche banca, solo strade gradi e vuote e qualche passante che rimaneva allibito a vederci passare da quelle parti..
Tornammo indietro e proseguimmo verso la nostra meta senza più fermarci.
KARL MARX STAD (ora ha cambiato nome in Chemnitz)
Deviammo poi lasciando l’autostrada per Karl Marx Stad per una strada molto stretta e abbastanza mal messa, viaggiare di notte era pericolosissimo, c’erano molte auto abbandonate ai bordi della strada e neanche un minimo di segnalazione, ne avrò schivate per un pelo tre o quattro, per non parlare delle voragini sulla strada che erano impossibili da evitare.
Notavo però sempre ad ogni cavalcavia grandi pannelli con scritte che inneggiavano alla libertà e alla riunificazione, per non parlare della gente che ci salutava per strada come se fossimo i primi occidentali a passare di lì, o forse lo eravamo? L’hotel Kongress non potevi non vederlo, architettura modernissima e struttura enorme, la nostra camera stava all’ottavo piano da cui si vedeva bene tutta la città.
La città non grande per la verità, era tagliata da strade a sei corsie dove le piccole e isolatissime trabant che circolavano parevano perdersi in mezzo a quegli enormi nastri d’asfalto. Tutto grigio e non solo per il cielo plumbeo ma perché era tutto coperto da uno strato grigio di smog attaccato praticamente a tutto, e a ricamare ancor di più l’arredo urbano delle statue di ghisa fusa.
Eravamo circondati da acciaierie di indubbio valore archeologico industriale ma altrettanto dicesi per la capacità inquinante. Qualcuna doveva ancora funzionare perché l’aria aveva un odore prossimo a quello del carbone bruciato male.
La piazza principale era un’espressione tipica dell’architettonica russa. Una statua della faccia di Karl Marx di marmo, che forse un tempo era molto più chiaro, dalle dimensioni eccessive sovrastava una grande piazza quadrata semicircondata da un palazzo in stile politk buro da dove spuntavano decine di grandiosi altoparlanti dalla forma di megafono il tutto ingentilito da bandiere della repubblica socialista tedesca.
Che devo dire, metteva grande soggezione quell’ aggregato di stili complice anche la piazza assolutamente vuota, non un cittadino, non un turista, ma già erano andati via tutti?? Tornammo in albergo a sera con la strana sensazione che la camera fosse piena di microfoni, era talmente insonorizzata che l’ovattamento che si percepiva dava fastidio.
L’indomani ripartimmo di buon ora, era l’ultimo dell’anno e dovevamo sbrigarci ad arrivare a Berlino per la sera.
BERLINO 31/12/1989 Sulla strada già si incontravano decine i autostoppisti tutti in direzione della medesima meta, della medesima festa.
Ne caricai due , un ragazzo magrissimo e bassissimo e la sua ragazza che lo sovrastava di una ventina di centimetri buoni, naturalmente parlavano solo tedesco e russo quindi niente comunicazione ma solo il loro sottofondo perpetuo e incomprensibile, un po’ la testa ce la presero. Entrammo in città dalla parte est, passando per enormi palazzoni di marmo e viali che rimandavano a lussi e bellezze passate ma ancora pieni di suggestivi squarci, Alexanderpaltz è immensa, sembra sconfinata, fa sembrare piccola perfino l’enorme torre della televisione sicuramente copiata a qualche fumettista fantascientifico russo. La oltrepassammo sfiorando le migliaia di ragazzi che a piedi si dirigevano verso la medesima direzione, la porta di Brandeburgo. La sera era di li che passava l’anno nuovo, la nuova vita, la libertà.
All’inizio del vialone con il mausoleo della porta quasi a portata di mano anche se era a qualche centinaia di metri di distanza parcheggiai l’auto.
I ragazzi erano isterici di gioia, scesero e presero le loro cose e ci convinsero ad andare di là, dall’altra parte del muro, dall’altra parte del mondo per loro. Così fù, si poteva previo un visto giornaliero di 3 marchi tedeschi passare per 24 ora a berlino ovest attraverso qualche passaggio consentito tra cui quello della metropolitana che prendemmo.
Praticamente quasi esattamente sotto il muro bisognava scendere e far dogana, presentare documenti e pagare il visto.
Uscimmo quasi alla prima fermata dopo, ed i ragazzi sembravano rapiti, ed anche noi già a vedere la differenza sostanziale anche se eravamo molto fuori dal centro in una zona piena di parchi.
Poi successe che alla fermata di un autobus un signore aniziannotto in frack, sciarpa bianca bastone e cappello a cilindro, una visione, chiamasse i ragazzi e regalandogli 50 marchi invitadoli a spenderli in una discoteca la notte stessa…
Loro non ci pensarono su due volte, ci invitarono ma noi eravamo decisi a passare la notte là, sotto quella porta, insieme ad un milione di persone festanti.
Tornammo indietro a piedi facendo tutto il vialone che porta alla piazza che però stava dall’altra parte del muro, perche questo la circondavava lasciadndo il monumento in zona franca , terra di nessuno.
Avvicinandosi si sentiva un rintocco, metodico, regolare di cui non si capiva l’origine, poi arrivando quasi al muro vidi che un uomo con una mazza colpiva con precisione un punto del muro, costantemente, senza fretta ma instancabilmente. E lo fece per tutta la notte!!!!! Passammo questa volta a piedi, in un varco consentito dovo esibendo il visto fatto qualche ora prima passammo senza problemi.
La piazza si era già riempita e ed molti ragazzi già facevano la fila per salire sopra il muro, alcuni si stavano arrampicando sopra il mausoleo, l’alcool cominciava a dare i suoi effetti e tra abbracci e baci, mancava ancora molto a mezzanotte, quei pazzi cominciavano a rompere le bottiglie per terra.
Nel giro di qualche ora tutto si sarebbe trasformato in un campo minato per chi perdeva equilibrio, non ho mai visto tanti feriti in un solo giorno e tutt’insieme tra l’altro.
Noi tenendoci quasi legati procedemmo verso un maxischermo posizionato non lontano dal muro e già abbordato in massa dai ragazzi, la fortuna volle che ci spostammo presto da lì per andare sotto al muro perché la struttura dello schermo cedette al peso dei ragazzi e capitolò sulla gente sottostante causando un morto ed alcuni feriti.
Noi ora stavamo sotto una parte di muso transennata, alla cui cima un gruppo di ragazzi stava cercando di far cadere la copertura circolare che stava lì sopra, non ci riuscirono fino a che non arrivò uno squadrone di vopos, che scanzandoli prese in mano la situazione, e paradossalmente in men che non si dica scaraventarono il pesante ombrello si sotto, questi si ruppe in più pezzi ed io senza pensarci due volte oltrepassai le transenne e mi accaparrai un bel pezzo piuttosto grande e ricurvo che si adattava perfettamente al mio bacino cosicchè portarlo con me in giro tutta la notte non fu difficoltoso. Avevo voglia di fare una passeggiata sopra anch’io, ed anche se era pericoloso per un momento volli salire aiutato da ragazzi napoletani che ho notato erano moltissimi, forse emigrati a berlino.
Il tempo passava la piazza era stracolma, la gente era serrata e si apriva solo quando qualcuno rompeva una bottiglia per terra, decidemmo di allontanarci un po’ per evitare qualsiasi conseguenza, bastava veramente poco per farsi male specie quando vicino alla mezzanotte cominciarono a spuntare i razzi che qualche volte invece di andare in alto viaggiavano ad altezza d’uomo.
Un poco più indietro la situazione era più sostenibile, il megaschermo ancora in piedi rimandava gli inizi dei conti alla rovescia di mezzo mondo ed anche immagini della piazza trasmesse dalla televisione, ed era impressionante vedere dall’alto la piazza stracolma.
All’ora precisa della fina dell’anno vecchio enormi fuochi artificiali salutarono quello nuovo illuminando le centinaia di persone che erano arroccate sopra il mausoleo della piazza, da notare che poterono scendere solo il mattino seguente grazie alle scale dei pompieri… Si tutto molto bello, ma faceva freddo fuori la cerchia e avevamo voglia di mangiare e bere qualcosa, il chiosco che qualcuno aveva fatto all’ingresso della piazza e che rimandava musica rock bandiere americane e coca cola fece al caso nostro.
Più tardi dovevamo andare ed oltrepassare il confine con l’auto non era semplicissimo, bisognava trovare il famoso Chek Point Carlie, il punto più vicino transitabile.
Mentre ci dirigevamo verso l’auto conoscemmo due ragazzi, anzi la tipa forse ci abbordò lei e al dire il vero non mi sembrava tanto in se, ma alla fine ci chiese un passaggio per andare a casa e quasi piangendo ci voleva spiegare una cosa che non riuscivo a comprendere, e cioè ci informava dell’accaduto in piazza con il crollo di quella struttura.
Seguendo le sue indicazioni arrivammo a casa sua, un appartamento occupato in un edificio che per 20 era stato requisito perché un suo lato dava esattamente verso il muro. Nella parte posteriore del palazzo passava infatti quella striscia di un cinquantina di metri di larghezza tenuta sempre a prato raso e verso ovest il muro. In questa striscia di terra di nessuno avevano lasciato tutte le speranze ed i sogni decine e decine di ragazzi non potendo evitare i fucili dei vopos appostati sulle torrette e con il semplice compito di colpirli una volta che mettevano piedi sull’erba, un gioco da ragazzi per tiratori scelti.
La tipa ci offri un te restammo un poco a casa sua sentendo le notizie della radio, penso che era da poco che ci era entrata perche di suo c’erano solo grandi pacchi di cartone.
Poi ci salutammo e ci facemmo spiegare suppergiù il modo di sconfinare.
IL CHECK POINT CARLIE Non fu per niente facile trovare il chek point cherlie, forse ci passai davanti come tre o quattro volte prima di beccarlo perche stava dietro ad un palazzo e dalla strada principale non si vedeva, anche disorientato dalla presenza di migliaia di giovani ubriachi, che chiedevano l’autostop lanciandosi quasi sotto le ruote dell’auto.
Alla fine, come una pellicola sull’argomento che si rispetti, dal piccolo bunker che fiancheggiava lo stretto passaggio per gli autoveicoli spuntò un militare di colore enorme ed in slang americano tipico ci chiese i documenti, dopo un po’ torno abbastanza arrabbiato dicendo che avevamo un solo giorno di visto ed invece rientrammo con un giorno e più di ritardo, nel mio inglese scolastico, cercai di fargli capire l’accaduto, la festa, la confusione, la fine dell’anno, ma come non era capo d’anno anche per lui, si và bene, stava lavorando in un “buco del culo del mondo” un posto tra l’altro che aveva le ore contate ma io che ci potevo fare adesso, non potevo mica tornare in germania est e poi pechè, gli chiesi. Lui alla fine soprassedette forse a qualche lunga procedura e ci diede il via alzando la sbarra, ma un’camion dell’immondizia si era fermato proprio lì davanti e mi impediva di uscire. Quando Charli, il frontaliere del che point charlie, torno fuori sbraitando , io mestamente lo invitai a guardare davanti alla’auto e lui ancora più nero di quel che era dovette rientrare nel bunker e prendersela in quel posto..
BERLINO OWEST Stava albeggiando quando entrammo a berlino owest, non avevo la minima idea di dove andare, da che parte girare , quale direzione prendere, ero in palla.
Per una piazzetta piccolina incontrai un’edicola aperta e ci entrai chiedendo lumi, il ragazzo tagliò secco il mio ragionamento, prese una mappa della città la apri e disse siamo qui.. O azzz, ma è gigantesca la cosa, e noi stavamo in un punticino fuori con un reticolo di strade inestricabili. Ma era intelligente però e ci consiglio di seguire un camion della nettezza urbana che sarebbe passato proprio nella piazza centrale della città, dietro il pachiderma che ogni tanto si fermava a raccogliere le cose per cui era stato concepito arrivammo dopo un’oretta buona in centro, con gli occhi accecati dagli immensi neon pubblicitari e pannelli luminosi. Che differenza totale.
Proprio sulla piazza che ospita i resti del campanile della basilica bombardata dagli americani nell’ultima guerra trovammo un locale molto accogliente dove con 6 marchi di entrata accedevi ad un’enorme buffet dove potevi rimpinzarti a piacere e senza spender altro. Era caldo e ci restammo a lungo quasi vinti dal sonno, ma dovevamo trovare un albergo e passamo per un ufficio turistico che pervio il pagamento di 3 marchi offriva gratuita assistenza.
Un alberghetto economico stava lì vicino a due passi ed andammo a prender l’auto.
Le gomme che avevo montato per il viaggio erano nuove di pacca ed andavano anche molto bene sul bagnato ma certamente non era previsto dal loro progettista affrontare un mare di cristalli infranti .
Tant’è cambiai la prima anteriore di sinistra con la ruota di scorta ed una volta rimesso a posto tutto faccio un giro per controllare le altre e tadan, quella di destra sempre anteriore era al tappeto anch’essa, due in un sol colpo, il 1 giorno dell’anno e mi sembra fosse anche domenica, in divieto di sosta, in germania, il top dei top! Pensai di fermare qualcuno per vedere il da farsi, c’erano un marea di spazzini in giro che raccoglievano vetri e razzi bruciati, anche qui ci era dati alla pazza gioia a quanto pare.
Si fermò un autista di camion della spazzatura che in un buon inglese mi spiegava che con la testa si può risolvere tutto e scese una chiave pensando che non riuscissi a smontare la ruota, lo capaciatai subito mostrandogli l’altra ruota nel bagagliaio stesa come la sorella. Testa o non testa qua ci voleva solo un gommista e mestamente se ne risali sull’auto dandomi un solo consiglio, chimi un taxi e si faccia portare da un gommista, cosa che puntualmente feci lasciando però la gomma appoggiata fuori, come qui da noi accidenti, perché era chiuso.
L’ alberghetto non era un granchè, l’unica cosa positiva era la sua economicità per il resto oltre all’aspetto anche la gestione non era raccomandabile, tanto che le seconda notte dovevamo cambiare camera perché c’era stato un disguido che poi si risolse mentre noi con tutte le valigie vagavamo per i corridoi per tornare alla camera di partenza.
Però stavamo in pieno centro, uscivamo a piedi e lo Zoo era a due passi, i ragazzi non c’erano più pero lì, forse si erano sposati in qualche altro posto dopo che erano stati abbondantemente sputtanati dal film.
Per era bello, interessantissimo anche il sottosuolo, quasi una città sotto la città, dove si stava al calduccio e dove c’era, e penso ci sia ancora un enorme orologio ad acqua, veramente mastodontico e bello da vedere soprattutto a mezzogiorno, quando si radunavano tantissime persone per assistere alle 12 in punto allo scarico di tutti i vasi, le ampolle che segnavano le ore e i minuti, praticamente una cascata d’acqua fragorosamente colorata..
C’era anche un ristorantino italiano che non cucinava neanche malaccio e aveva prezzi abbordabili, eletto punto fisso di ristoro rapido.
I negozi della soni e le esposizioni delle novità Mercedes e BMW facevano a cazzotti con la fila delle vecchine che saltando di qua e di là tra le due parti della città divise ancora dalla moneta riuscivano a guadagnare bei soldini, non so bene come, cambiando marchi orientali in occidente e marchi occidentali in oriente.. Prodigi della borsa…
DUE RAGAZZI E UNA RUOTA Bene arrivò lunedì e tutti i negozi riaprirono e la città divenne pulsante e frenetica e piena di vita.
Bisognava recuperare la ruota e l’auto che non stava più in divieto di sosta, praticamente non stava più!! Cacchio!! I tedeschi su queste cose non scherzano sapete no, me l’avevano caricata e chissà dive portata. Chiedendo informazioni mi indirizzano verso un ufficietto anch’esso ubicato vicino all’etnrata dello zoo, (sarà per caso ??) dove previo pagamento della pesante multa, da ricordare che siamo tra tedeschi, ti danno un bigliettino con l’indirizzo dove hanno spostato lauto, praticamente te la parcheggiano nascondendola e se vuoi ritrovarla devi pagare. C’era un signore be grosso, doveva essere polacco molto affaticato, era dal primo mattino che vagava in cerca della sua auto per non pagare la multa, ma alla fine ha ceduto anche lui, e con una risata mi ha detto “ma se la trovavo col cavolo che la pagavo la multa”.
Ok pago e prendo il bigliettino,chiedo informazioni e praticamente l’auto non era molto distante da li, stava lungo una strada con un marciapiedi larghissimo a circa un km da dove stava prima.
Ok accertato il posto ci dirigiamo a riprendere la gomma aggiustata, mi mancava qualche marco per pagare il gommista ma alla fine ci passò sopra e mi diede la gomma, tanto sarei presto tornato ad aggiustare l’altra.
Non eravamo molto lontani e decidemmo di andare all’auto a piedi, du ragazzi ed una ruota dis corta.
Il marciapiedi larghissimo comincio a tentarmi, lanciavo la ruota in avanti e questa faceva un semicerchio abbastanza largo. Dopo diversi lanci diventai esperto e precisa, questa la strategia: lanciavo avanti la ruota con forza ed angolazione giusta affinché camminando normalmente dopo un ventina di passi la ruota tornava direttamente da me, e vaiiiiiiiii…
e che scene con i passanti che si vedevano arrivare due ragazzi da una parte e la ruota che li oltrepassava dall’altra, se fermavano e si giravano a vedere come sarebbe andata a finire e qualche applauso penso di averlo sentito…
IL RIENTRO Avevamo tra discoteche e birrerie, incontri con connazionali e conoscenza varie finito sia i giorni di vacanza sia il sostentamento economico, dovevamo ripartire.
L’uscita della città non fu molto difficile e trovai subito l’autostrada che partiva quasi dal centro della città, la imbocca anche se sentivo un rumore costante e in crescendo, pensavo che la marmitta si fosse staccata e cominciava a rimbalzare sulla strada, ma non potevo fermarmi non c’era neanche in quel tratto cittadino la corsia d’ergenza. Ad un certo punto il rumore si fece molto più forte e l’auto cominciò ad oscillare, a suoceri, subito inchiodai e misi le 4 frecce. Era successo quello che non dovrebbe mai succedere, la ruota che avevo rimontato si era sitata e si era inclinata, il rumore era quello che faceva quando picchiava sul cerchione, accidenti, il giorno che l’avevo ripresa ci eravamo distratti tra wrustell e birra nel chiosco che stava proprio dietr all’auto e avevo dimenticato di serrare i dadi. Dovetti in mezzo al traffico sollevare l’auto e rimettere in posizione la ruote e serrare i dadi, con le auto che mi sfioravano il sedere…
La strada centrale era quella che andava dritto all’owest senza pagare dazio e mi fermai vinto dalla fame in un autogrill che inaspettatamente era di gestione orientale, al marchet per pochi spicci comprammo un infinità di cosette da magiare ma poi all’uscita un camionista italiano, uno di quelli alla gringo con tanto di anfibi norvegesi mi abbordò senza troppe storie e mi fece entrare in un lussuoso ristorante dove da una parte stavano in fila i tedeschi per entrare in quella parte più economica e di qua invecea i sigoroni veniva apparecchiata la tavola secondo il numero esatto dei commensali, MG non ne volle sapere di venire e rimase a sgranocchiare le cose che avevamo acquistato in auto, io invece con le di allora 7.000 lire feci un lauto pranzo a base di bisteccona crauti purè e qualt’altro lasciando anche una mancia al cameriere.
Alla frontiera un’altra sorpresa, praticamente al primo casello si lasciavano i documenti, la signora mi diceva di andare andare, ma come il passaporto i documenti dell’auto, andare andare.. Ma che… Sono avanzato di un centinaio di metri ed in un’altra stazione come per incanto sono riapparsi tutti i documenti controllati, prodigi della tecnica. In effetti un po’ di tecnica c’era perché cerano dei canali pressurizzati dove viaggiavano in capsule i documenti da un casello all’altro… Ma che bravi, ma a che pro??? Mi fermo un attimo lì una volta effettuate le operazioni di rientro ed un giovane dalla faccia orientale mi chiede un passaggio verso Monaco di Baviera, era un iraniano che studiava là e mi rimase subito simpatico, anche se la mia lei ne aveva già piene le scatole del viaggio e delle nuove conoscenze.
Questa però ci risultò molto utile perché il ragazzo dopo i 600 km che separano le due città, ci offri ospitalità nel suo alloggio nel villaggio studentesco. Scopri un mondo che non conoscevo ancora, le case per studenti tedeschi erano reggie, bellissime confortevoli e praticissime, piene di stranissimi soggetti che tutto sembravano tranne che studenti, per lo meno modelli.
La piacevole sosta allietata da un te scuro iraniano che non mi fece praticamente chiudere occhio fu conclusa con una bellissima colazione che il nostro amico preparò nel cucinino condiviso con gli altri, benissimo..
La mattinata si prestava ad una visita alla città che puntualmente facemmo girovagando fino all’ora di pranzo per poi sfamarci in un tipico localino della città.
Ripartimmo subito dopo per arrivare a valicare le alpi con un tempo che manco li caniiiii.!! Impiegammo molto più del previsto per rientrare, tra la partenza ritardata ed il tempo inclemente spendemmo l’ultima nostra notte in quel di Modena in un bell’albergo sitle antico vicino all’autostrada, eravamo arrivati sani e salvi e ce la volevamo prendere con calma prima di ritornare al paesino smorto e triste dell’inverno provinciale abruzzese.