Bella, economica di ?, ma i servizi?

Ciao a tutti, voglio condividere la nostra esperienza croata di quest'estate. Due coppie... Isola di Hvar... Abbiamo visto posti incantevoli. Spesso ci sorprendevamo a sorridere nel vedere macchine vecchie di 30 anni, a volte senza targa, in alcuni momenti avevi la sensazione che lì il tempo si fosse fermato... Purtroppo questa arretratezza si...
Scritto da: kenzo
bella, economica di ?, ma i servizi?
Partenza il: 11/08/2006
Ritorno il: 18/08/2006
Viaggiatori: fino a 6
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Ciao a tutti, voglio condividere la nostra esperienza croata di quest’estate. Due coppie… Isola di Hvar… Abbiamo visto posti incantevoli. Spesso ci sorprendevamo a sorridere nel vedere macchine vecchie di 30 anni, a volte senza targa, in alcuni momenti avevi la sensazione che lì il tempo si fosse fermato… Purtroppo questa arretratezza si è manifestata in modo tanto evidente quanto doloroso, quando abbiamo avuto bisogno di assistenza… Vi giro il racconto della mia ragazza…

“Quest’estate sono stata in vacanza in Croazia, precisamente sull’isola di Hvar, insieme al mio ragazzo e ad una coppia di amici. Il giorno venerdì 18 agosto 2006, abbiamo organizzato una piccola gita su un’altra isola lì vicino, l’isola di Brač, in particolare nel paese di nome Bol, famoso per la spiaggia “Punta d’oro”, un promontorio sabbioso lungo 500 metri. Ci siamo fermati esattamente nei pressi dell’estremità di questo promontorio. A due passi da noi, un gruppo di ragazzi del posto intratteneva i bagnanti con dei giochi acquatici. Erano dotati di tre motoscafi, due più piccoli utilizzati per tirare con delle corde delle ciambelle di gomma, ognuna con a bordo una persona, ed uno più grande, usato per tirare o un paracadute con due persone, o un bananone di gomma con 5-6 persone a bordo. Quella mattina le richieste per paracadute e bananone scarseggiavano, per cui i responsabili hanno deciso di adoperare anche l’imbarcazione più grande per trainare le ciambelle, nonostante, molto probabilmente, quest’ultima fosse troppo potente per quel tipo di gioco. A conferma di questo i primi giri sono stati condotti in modo decisamente più lento, forse perché il conducente aveva paura di esagerare vista la potenza del motoscafo.

Intorno alle ore 14:00 io, il mio fidanzato ed il nostro amico abbiamo deciso di provare anche noi. La scelta è ricaduta sulle ciambelle. Ci siamo avvicinati agli organizzatori che ci hanno indicato di salire a bordo proprio di quelle trainate dal motoscafo più grande. Da subito abbiamo manifestato la nostra perplessità riguardo alla potenza del motore ed abbiamo chiesto di aspettare l’imbarcazione più piccola che stava rientrando dal suo giro, ma uno dei responsabili ha insistito perché montassimo proprio su quelle lì.

Così è cominciato questo giro, io mi sono sistemata al centro tra i due ragazzi. Il conducente è partito inizialmente ad una velocità moderata, portando le ciambelle a planare sull’acqua (in questo dovrebbe consistere il gioco). Una volta arrivati in mare più aperto, dopo pochi minuti dalla partenza, l’andatura è diventata più sostenuta, e di conseguenza sono aumentati gli sballottamenti, soprattutto della mia ciambella che al centro prendeva in pieno la scia del motoscafo. Ad un certo punto, la barca ha avuto un’accelerazione improvvisa, virando in modo brusco a sinistra. Questa manovra violenta ha causato il ribaltamento della mia ciambella, che dopo un salto mi ha scaraventata a grande velocità in acqua. L’impatto con l’acqua a quella velocità è stato devastante, tanto da provocarmi una frattura scomposta pluriframmentata III medio-distale dell’omero del braccio destro. La mia sensazione è stata di non avere più il braccio, perché lo sentivo penzolante come se fosse staccato. Ero terrorizzata ed ho cominciato ad urlare per il dolore. Il conducente, su segnalazione degli altri due, si è accorto che ero caduta, quindi ha virato per tornare indietro a riprendermi. Il mio fidanzato ed il nostro amico, rendendosi conto della gravità della situazione, si sono gettati in acqua immediatamente per aiutarmi. Il tipo del motoscafo invece, evidentemente spaventato per quello che l’incidente poteva determinare, era molto più preoccupato a parlare al telefonino con gli altri responsabili che erano a riva, che ad aiutare i due ragazzi ad issarmi sulla barca. Una volta a bordo, dopo pochi minuti, uno dei due motoscafi più piccoli ci ha raggiunti. Dopo un piccolo scambio di parole tra di loro in croato che noi naturalmente non abbiamo compreso, uno dei collaboratori è salito sulla nostra imbarcazione e con essa abbiamo raggiunto il pronto soccorso, o meglio dire ambulatorio di Bol. Il mio ragazzo è venuto con me, mentre il nostro amico è tornato con l’altra barca a riva per informare dell’accaduto la propria fidanzata che ci attendeva in spiaggia e per raccogliere le nostre cose. L’ambulatorio dove ci hanno portato era completamente sprovvisto del necessario per poter soccorrere un qualunque paziente con un problema ortopedico. Niente sala raggi, né sala gessi. Solo una puntura di voltaren e una sorta di fasciatura che avrebbe dovuto immobilizzare l’arto, ma che in realtà era un peso ulteriore da sostenere. L’unica cosa che potevamo fare (a detta loro) era di andare in un ospedale più grande in Croazia, il più vicino era quello di Split (Spalato). Il tipo del motoscafo che era venuto con noi in ambulatorio, resosi conto della brutta piega che stava prendendo la situazione, mentre mi fasciavano il braccio e mentre il mio ragazzo forniva le nostre generalità, si è dileguato tornando subito in spiaggia ad avvisare gli altri.

Frattanto il medico dell’ambulatorio ci diceva che l’unico modo per raggiungere questa città era prendere una “speed boat” (nave veloce) dall’altra parte dell’isola e che avremmo dovuto pagare noi il trasporto (2000 cune che sono circa 285 euro). Lui stesso avrebbe chiamato per far arrivare questa barca. Noi eravamo in costume, scalzi…Il mio fidanzato ha cercato di spiegare al medico che lui avrebbe pagato quello che c’era da pagare, ma che avevamo tutta la nostra roba in spiaggia, soldi, telefonini e documenti e che i nostri amici ce l’avrebbero portata appena possibile, ma che era necessario andare subito in ospedale. Ma il dottore era irremovibile. Ci ripeteva niente soldi, niente barca. Che non era un suo problema. Che per lui io potevo rimanere così. Che certe cose “non dovrebbero” succedere! Nel frattempo il mio braccio si gonfiava a vista d’occhio. Vista l’ostilità mostrata in ambulatorio, il mio fidanzato è tornato correndo in spiaggia a raccogliere la roba e quando è arrivato si è reso conto che non c’era più nemmeno l’ombra di uno dei tipi dei giochi acquatici. Erano tutti spariti, sia gli organizzatori, sia i conducenti che le imbarcazioni con tutto il materiale annesso. Purtroppo non c’erano nemmeno i nostri amici che nel frattempo ci stavano raggiungendo. Quindi è tornato in ambulatorio dove alla fine è riuscito a recuperare tutta la nostra roba. Intanto il tempo passava. Mentre i nostri amici se ne tornavano sulla “nostra” isola, attendendo nostri aggiornamenti, noi, insieme al medico dell’ambulatorio, e due infermieri, con un vecchio furgone allestito ad ambulanza, ci siamo diretti verso il paesino di Supetar, a circa 30 kilometri da Bol. Durante il tragitto ad ogni scossone della “ambulanza”, corrispondeva uno sfregamento delle parti di ossa rotte all’interno del mio braccio. Potete immaginare il dolore! Giunti a destinazione avremmo dovuto trovare la barca veloce per raggiungere Split. Ma così non è stato! Giunti al porto di Supetar la barca non c’era. Il medico ha telefonato a qualcuno. Dalla sua faccia si capiva che non erano buone notizie. Quando ha chiuso la comunicazione ci ha proposto di recarci all’ambulatorio del suddetto paesino, che dietro nostre precise domande ci veniva descritto come sprovvisto anch’esso di sala raggi o sala gessi, e comunque di tutto il necessario che serviva in quella situazione. Quell’ennesima prova di superficialità e inettitudine, ha portato momenti di tensione, il mio ragazzo ha attaccato verbalmente il medico, pretendendo che mi venissero destinate le cure che mi servivano, ma quest’ultimo da parte sua ha risposto con altrettanta vemenza che lui non aveva responsabilità, “che cazzo vuoi da me” (testuali parole, le poche in italiano che abbiamo sentito), ci ha rinfacciato che ha pagato di tasca sua la puntura di voltaren e che non erano problemi suoi. A quel punto abbiamo avuto davvero un crollo nervoso, abbiamo cominciato a pregare questa gente di aiutarci, che eravamo nelle loro mani e di mettersi nei nostri panni. Il medico ci ha detto che poteva chiamare il porto di Split e far arrivare un taxi boat da lì. Ci sarebbe costato qualcosa come 400/500 euro. Ci voleva mezzora almeno perchè arrivasse e altrettanto per tornare. I tempi insomma continuavano ad allungarsi. Fortunatamente (se si può parlare di fortuna in un giorno del genere), ci siamo accorti che stava partendo un traghetto, il mio ragazzo si è avvicinato e gli hanno confermato che era diretto a Split; sarebbe partito dopo 2 minuti e ci avrebbe messo 45 minuti ad arrivare. Avendo capito che potevamo contare poco sull’aiuto degli altri, siamo saliti su quel traghetto. Quanto meno avevamo la certezza che entro un’ora potevamo essere in ospedale. Il medico, naturalmente, si è rifiutato di venire con noi, abbandonandoci a noi stessi. Arrivati a Spalato, con un taxi abbiamo raggiunto finalmente l’ospedale.

Qui, dopo aver fatto le radiografie, i dottori ci hanno presentato la gravità della frattura, che non sarebbe bastato un gesso, ma che sarebbe stato necessario operare per poter mettere a posto l’osso frammentato in quattro parti, in modo scomposto.

Le tre ore appena trascorse, come è facile intuire, avevano frantumato la nostra fiducia nell’assistenza sanitaria croata. L’idea di farsi operare lì mi faceva venire i brividi. Ho chiamato un mio zio ortopedico in Italia, il quale mi ha consigliato di farmi immobilizzare il braccio, farmi fare una iniezione di Eparina per preservarmi dal rischio di embolo e di raggiungere l’ospedale italiano più vicino al confine, l’Ospedale Maggiore di Trieste. Ha insistito particolarmente sulla puntura di anticoagulante: un viaggio di 500 kilometri nelle mie condizioni, la richiedeva assolutamente per non correre rischi. Ma anche su questo non eravamo in sintonia con la gente del posto. I medici si rifiutavano di farmi l’iniezione, nonostante noi abbiamo pagato tutte le spese ospedaliere al momento, e ci mostravamo pronti a pagare anche quell’iniezione. Nel frattempo sono svenuta due volte. Dopo che il mio ragazzo ha litigato con tutti i medici del pronto soccorso, finalmente si sono convinti a somministrarmi quest’eparina che mi copriva per 24 ore (per sottolineare quanto si siano mostrati incompetenti, io ho continuato a ricevere iniezioni di eparina non solo in ospedale prima dell’operazione, ma anche nei 20 giorni successivi!). Quindi, intorno alle 21, con il braccio immobilizzato con una fasciatura di fortuna, definita poi a Trieste “da terzo mondo” (testuali parole), siamo usciti dall’ospedale ed abbiamo aspettato i nostri amici, che nel frattempo hanno raccolto tutta la roba dalla nostra casa, e ci hanno raggiunto a Spalato. Intorno a mezzanotte , finalmente siamo potuti partire e dopo sei ore di sofferenza, il 19 agosto 2006 alle ore 6:00, 16 ore dopo l’incidente, abbiamo raggiunto l’ospedale Maggiore di Trieste dove, finalmente, sono riuscita a ricevere le giuste cure. Il mio braccio, ormai gonfissimo e dolorante, è stato messo in trazione. Dopo 2 giorni, lunedì 21 agosto 2006, alle 8:30 sono stata operata. L’operazione, in anestesia totale, è durata due ore. Per rimettere insieme le varie parti di osso hanno dovuto inserirmi una placca LCP e 9 viti. Dopo 2 giorni sono stata dimessa. Dopo 4 settimane di tutore, ed un mese di fisioterapia, ho cominciato a riutilizzare il braccio, anche se ancora oggi non ho potuto recuperare a pieno la funzionalità.” Morale della favola… Alla bellezza di posti incontaminati, di un mare bellissimo si contrappone un livello dei servizi davvero da terzo mondo. Io credo che se in croazia vogliono fare turismo, ed ospitare le migliaia di turisti che negli ultimi anni la stanno invadendo per le vacanze, SONO TENUTI a garantire, all’occorrenza, un minimo di servizio e di assistenza. Purtroppo così non è. Mi pare vogliano la botte piena e la moglie ubriaca…



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