Beautiful down under
LUNEDI 7: sveglia all’alba, con Francesca non in perfetta forma, a causa di qualche disordine intestinale dopo i bagordi matrimoniali. Stonata da questo e dalla sveglia precoce, non riesce a evitare la porta del frigo, da lei stessa lasciata spalancata la sera prima allo scopo di disattivare l’elettrodomestico, procurandosi il primo bitorzolo cranico da signora. Transfer al Valerio Catullo di Villafranca di Verona ad opera dei genitori, dove un volo Meridiana ci porta a Fiumicino, dopo aver imbarcato i bagagli con destinazione Melbourne (non dovremo più preoccuparci di loro e li recupereremo, speriamo, direttamente là). Nelle quasi 3 ore di sosta a Fiumicino, mentre Francesca trangugia te caldi a ripetizione per placare l’intestino ribelle, abbiamo anche modo di avere uno scambio di SMS con la ragazza dell’agenzia per risistemare alcune cose: abbiamo avuto i documenti di viaggio all’immediata vigilia delle nozze e solo ora riusciamo a farle cancellare una prenotazione, mai richiesta, per 3 pernottamenti all’Ibis di Brisbane, dove invece noi intendiamo arrangiarci. Inoltre, una telefonata alla banca mi consente di rimediare all’unica dimenticanza: l’ampliamento del limite di spesa della carta di credito. Un immenso Boeing 747 della Qantas, dalle ali enormi, ci porterà fino ad Hong Kong. Rimaniamo in coda a bordo pista per un po’ prima di poter decollare, e quando finalmente tocca a noi abbiamo dietro una coda di oltre 10 velivoli! Ci vengono consegnate delle comode calze e un pratico mini-spazzolino da viaggio, mentre il sistema di intrattenimento (che dovrebbe consentire la visione sul proprio monitor individuale, con ascolto in cuffia, di film, canali Tv e radio, scheda del viaggio, ecc. Fa le bizze, ma viene presto sistemato. Il servizio è buono e anche il cibo decoroso. Una volta in quota, possiamo vedere sul monitor che viaggiamo a circa 10 Km di altitudine (temperatura esterna: fino a circa –60°C), lanciati fino a oltre 900 Km/h. Fuori c’è un favoloso oceano di nuvole candide, con qualche increspatura qua e là a mo’ di picco montuoso. 11 ore di volo ci permetteranno di raggiungere Hong Kong (+6 di fuso), dopo aver sorvolato Frosinone, Brindisi, Tessalonika, Alessandropoli, Sofia, Ankara, Mar Caspio, lago Aral, Kazakistan (al tramonto), altopiano del Tien Shien (di notte), Cina (sfiorando la Mongolia e il deserto dei Gobi). MARTEDI 8: l’alba è spettacolare. Quando cominciamo a scendere attraversiamo centinaia di metri di un grigio strato nuvoloso, terminato il quale ci appare Hong Kong, disseminata nelle sue varie isole, in una giornata decisamente brutta. Alle 6.30, il bestione atterra e frena morbidamente, così come era decollato. Nel grigiore, modernissimi e imponenti grattacieli svettano in riva al mare davanti ad uno sfondo dominato da isole montuose e boscose. Fin dalla pista, l’impatto visivo è di ordine e pulizia. Il terminal è ancora deserto e si rivela in tutta la sua immensità: si dispone su un totale di 8 livelli, di cui uno dedicato solo allo shopping e uno solo alla ristorazione. Dopo un altro te al “Cafe Deco” dell’aeroporto (il resto in HK$ ci mette intasca la terza valuta dopo € e AUS$), ci imbarchiamo per un altro volo Qantas, su un Boeing 767 della Cathay Pacific, per altro mezzo vuoto. Sorvoliamo le Filippine, il Borneo, la Micronesia, poi comincia, finalmente, la magica e irraggiungibile Terra Australis. Sorvoliamo il Northern Territory e poi l’Outback, leggendario ma allo stesso tempo realissimo: è davvero deserto e infinito! Alle 18 fa già buio e rarissime sono le luci che si distinguono in questo sterminato cuore arido dell’Australia. Facciamo scalo a Sydney, dove salutiamo due ragazzi del modenese (Oscar e Marika di Pavullo) partiti con noi da Verona. Nella mezzoretta che dobbiamo per forza passare all’aeroporto di Sydney possiamo già vedere koala e canguri in tutte le salse e dimensioni e soprattutto notare il rigore dei controlli, in particolare per quanto riguarda l’inflessibile “Quarantine”, l’autorità preposta ai severi controlli per chi entra ed esce dal continente: in entrata occorre dichiarare e dimostrare di non portare frutta, verdura, latticini, manufatti in legno e residui di terriccio esotici sotto le scarpe. Un simpatico ma efficientissimo beagle in divisa si accanisce contro il mio zaino a causa del persistente profumo lasciato da una squisita mela del Trentino divorata diverse ore prima in volo. Devo lasciarmi perquisire tutto il backpack per convincere gli ufficiali, cortesissimi e sorridenti, ma inflessibili, che non c’è nulla di ciò che loro non lascerebbero passare. Si riparte per Melbourne, dove atterriamo alle 22 ora australiana (+8 di fuso), in un clima decisamente fresco. Ci accoglie Pablo, per conto del nostro tour operator locale (Finesse Travel) cui si appoggia Alpitour: è un simpatico spagnolo emigrato laggiù, prodigo di consigli mentre ci fa accompagnare all’Hotel Ibis nientemeno che in limousine bianca con autista in livrea! MERCOLEDI 9: rimandiamo subito alle 14 il ritiro dell’auto presso la sede Hertz dietro l’angolo, per poter camminare un po’ per la città. Buona colazione extra in hotel (buffet da 15$ a testa), poi ci incamminiamo verso il centro, acquistando un ombrellino (ovviamente dimenticato) vista la pioggia insistente. Prendiamo anche il City Circle Tram (free) che percorre un anello nelle strade principali, toccando tra gli altri il Telstra Dome (stadio) e i docklands (moli odernati);poi a piedi raggiungiamo la Cattedrale di St.Patrick (che visitiamo) e il Parlamento. Numerosi e piacevoli i caffè e i ristoranti, per cui Melbourne è rinomata tra gli australiani (e forse solo per questo). Noi pranziamo al caffè La Stazione, presso Flinders Station, con un gran sandwich e un buon espresso. Con la Nissan Pulsar (inedita per i mercati d’auto occidentali) l’esordio è bagnato ma tutto sommato positivo. Una volta fissato di pagare un extra giornaliero per un’assicurazione “full” (qualcosa tipo la nostra casco), la presa di confidenza con la guida a sinistra non risulta traumatica, anche grazie agli spazi e alla segnaletica chiara che caratterizzano le strade nonché alla disciplina dei guidatori locali. Il traffico, prima in città e poi fuori, non è mai eccessivamente affollato. Seguiamo prima per St.Kilda poi puntiamo verso Phillip Island. La strada che vi si addentra per quasi 30 Km è magnifica, solcando un mare di pascoli dove abbondano a dismisura mucche (notiamo anche certe razze particolarmente pelose) e pecore; inoltre si possono osservare molti uccelli strani (per noi), emu e cavalli selvatici. Sfioriamo il noto circuito e raggiungiamo il parco che si trova quasi sulla punta dell’isola per assistere alla famosa Penguine Parade. Al costo di 16$ a testa, ci sistemiamo su una tribunetta in cemento costruita su una spiaggia a 30 m dalla battigia, dove, in compagnia di una guida, attendiamo al freddo e all’oscurità i pinguini più piccoli del mondo che abitano questa particolare zona. Sono decisamente abitudinari e tutte le mattine all’alba partono dai loro nidi sulla terra ferma per passare la giornata in mare. Puntualmente al tramonto fanno ritorno, dando vita ad uno spettacolo unico al mondo mentre escono dall’acqua e si dirigono a gruppi verso i vari nidi, spingendosi alcune centinaia di metri verso l’interno attraverso la vegetazione. Riprendiamo la marcia in direzione Wilson Promontory (caldamente consigliato dal mitico Pablo), ma guidare con il buio in questi spazi dilatati e poco abitati non è sempre consigliabile, pur trovandoci in un continente civilizzato. Decidiamo pertanto di fermarci nel primo centro che incontriamo, Leongatha. Ci accoglie il Pub Tabaret con tanto si sala giochi con slot machines e biliardi v.M.18 (nelle periferie australiane il “pub” offre sempre anche il pernottamento). Per 56$ ci gustiamo due superbi scottish fillet con due bicchieri di rosso del Victoria, poi prendiamo una camera al piano superiore per 40$. Il bagno è in corridoio e la pulizia appena sufficiente per i nostri standard da viziati; fa un freddo cane senza rimedio se non il piumone. Doccia e a letto presto. GIOVEDI 10: usciamo dal pub deserto nel mezzo del paese altrettanto deserto, facciamo colazione in una bakery di fronte (i forni quasi sempre fanno anche caffè e cappuccino) e alle 8 siamo in macchina diretti a Wilson attraverso Foster. Questa tappa inizialmente non prevista si rivela un gran bella sorpresa: si entra nel parco e con la macchina si percorrono altri 30 Km fino al punto più meridionale della nazione, guidando in mezzi agli animali che non raramente fanno la loro comparsa ai lati della strada se non proprio attraversandola. Guidiamo tra canguri di vario tipo e dimensioni, emu e wombat. Sterminati i pascoli, infinite le mucche e le pecore. Il promontorio vero e proprio offre viste mozzafiato. Il tempo purtroppo è variabile ma sprazzi di sole rendono ancora più godibile il paesaggio fatto di monti, boschi, spiagge e mare. Durante una pausa snack preso il centro informazioni del parco, siamo letteralmente circondati da numerosi esemplari di crimson rosella, un esemplare di pappagallo rosso e goloso, che salgono affamati e invadenti sulle spalle, sulle gambe, sulla testa e anche sulla macchina se scegli di ripararti dentro. Purtroppo ci fermiamo poco, ma giusto il tempo per ammirare la spiaggia più profonda che abbiamo mai visto: sabbia appiattita dalla bassa marea, spazi immensi delimitati da rocce granitiche e inoltre il Tidal River che sfocia in mare serpeggiando per la spiaggia. In tutto questo siamo solo noi due! Dobbiamo ripartire per la tirata che ci porterà a Sydney: prendiamo la Gippsland Highway, strada a tratti costiera di quest’omonima regione del Victoria. Oltrepassiamo Sale, dove prima ci fermano a un posto i blocco, sottoponendomi a un controllo con l’etilometro (sono circa le 16, tutto ok!) e poi tentiamo invano di chiamare casa con una scheda telefonica economica acquistata a Melbourne, pare che quaggiù, almeno per ora, non siamo capaci di usare un telefono pubblico. Quindi attraversiamo Bairnsdale e Lakes Entrance, centri abbastanza grandi e piacevoli, in particolare l’ultimo, veramente sul mare e ricco di posti per mangiare e dormire. Purtroppo la nostra tabella di marcia ci impone di fare ancora strada: punteremmo ad arrivare verso il confine con il New South Wales , dove la nostra guida e alcuni pieghevoli trovati lungo il percorso ci dicono trovarsi alcune belle guest houses situate in posizioni incantevoli. Telefoniamo ma sfortunatamente: no vacancy. Procediamo fino alla mezza sconosciuta Orbost e decidiamo di pernottare lì nel pub in centro: 40 $ per una doppia, ma stavolta c’è anche un piccolo termosifone elettrico che facciamo andare a pieno regime fino al rimbocco delle coperte. Il bagno è unico in tutto il corridoio, c’è una stanza con la tv e una piccola cucina con la possibilità di farsi caffè/ tè e anche un piccolo breakfast incluso nel prezzo. Mangiamo nel piccolo ristorantino a fianco: 31 $ totali per due zuppe del giorno (with chicken and vegetables and fusilli stracotti) e un fisherman basket (fritto di pesce). Ormai notiamo che il dinner time, in periferia, è rigorosamente tra 6 e le 8 p.M. E che qui usa ordinare al bancone, pagare poi sedersi e venire serviti (all’inglese). VENERDì 11: partiamo di buon’ora, direzione Canberra. Prima continuiamo per la costa (anche se il mare non si vede) fino a Cann River, poi prendiamo la Monaro Highway verso Canberra attraverso Bombala, dove la Fra fa colazione con una bella Beef Pie dimenticando che beef= manzo. Stomaco in rivolta fino a quando non troviamo la Coca Cola (versione aromatizzata al lime, altro inedito). Lungo la strada avvistiamo un paio di wallabies vivi ma soprattutto una trentina morti più un’altra decina di animali non meglio identificati tutti morti sulla strada o ai lati. Anche questa strada di bassa montagna scorre ampia e veloce, prima attraverso boschi poi dentro un paesaggio via via più secco e più brullo. Arriviamo nel cuore di Canberra dopo aver attraversato una fitta maglia di viali e circonvallazioni. E’ una bella giornata di sole e noleggiamo un tandem da Mr Spokes : il giro del lago è stupendo!!! Ottimo anche il sandwich di Mr Spokes poi in marcia verso Sidney, prima lungo la Federal Highway poi per la famosa Hume Highway che percorre 12.000 Km di terra australiana tagliandola orizzontalmente. E’ una super strada con uscite a destra e a sinistra e soprattutto con possibilità di inversione e di attraversamento della carreggiata opposta per raggiungere aree di sosta o servizio. Negli ultimi chilometri la super strada diventa Motorway con pedaggio fisso; prendiamo direzione centro e sbuchiamo in William Street, praticamente a nemmeno mezzo chilometro in linea d’aria dall’Opera House. Con la nostra preziosissima Lonely Planet alla mano, in un attimo siamo in Victoria Street e troviamo alloggio nella vittoriana e confortevole Victoria Court Hotel, guest house gestita da una cordiale coppia di mezz’età di origine andalusa, per ora per questa notte. Usciamo per cena dopo una doccia maiuscola. Attraversiamo Darlinghurst (red light district) e finiamo in un ristorante ceco: ottima la cena con manzo e maiale. Esordiamo con la City Rail raggiungendo Circular Quay, dove di notte la vista della baia illuminata è mozzafiato!!! Ci sono locali ovunque, molti aperti fino a tarda ora con gente di ogni tipo in giro. Dopo aver trovato un caffè decente proprio qui sul porto rientriamo nella confortevole guest house con la Rail. Con piacere notiamo che c’è gente comune in giro fino a mezzanotte e personale di guardia nelle stazioni.
SABATO 12: colazione all’inglese di buona qualità nel bellissimo patio (compresa nel prezzo). Dopo aver chiesto dritte ai padroni di casa andiamo a fare il pieno e a restituire la macchina poi camminiamo fino al porto passando per Hyde Park, Macquaire Street e infine i Royal Botanical Gardens. Immersi in una vegetazione spettacolare ci imbattiamo in un matrimonio e anche in un mare di pipistrelli (Flying Foxes) tutti appesi e litigiosi. Piacevole anche l’incontro con i Kookatooa per niente timidi e intenti a sgranocchiare cibo. Dopo esserci imbattuti in una parata militare con tanto di cannonate in mare (in città si parla di un lungo week-end, pare per il queen’s birthday lunedì prossimo). Acquistiamo il ticket per il tour guidato dell’Opera House, venendo a conoscenza dei suoi pregi e dei suoi difetti. Ci facciamo un’insalata in uno dei bar attigui prendiamo alcune informazioni e poi scegliamo l’abbonamento ai trasporti optando per il Daily Tripper da 15$. Attraversiamo a piede lo spettacolare Bridge, diamo una sbirciata a nord e poi rientriamo col traghetto. Passeggiamo attraverso The Rocks e poi attraverso la City (George St., Pitt St., Market Place e dintorni) tra altissimi grattacieli, hotel e appartamenti di lusso e negozi di firme. Rientriamo al porto con la Rail e ci imbarchiamo per una evening cruise: bella vista del porto illuminato tra le 20 e le 21, scopriamo quanto è grande e articolata la baia, ne ammiriamo varie prospettive e constatiamo la vastità delle superfici a vetro che vi si affacciano invidiandone gli abitanti. Facciamo la conoscenza, tra gli altri, del quartiere di Darling Harbour, ex docks riqualificati e convertiti alla vita notturna. Pizza (ebbene sì) in un ristorante italiano “Il Caminetto” a The Rocks e poi a nanna.
DOMENICA 13: breakfast, nuovo day tripper e poi Rail fino a Circular Quay. Dal wharf 3 prendiamo il Ferry per Manly: è una giornata di sole splendido con una temperatura più che primaverile (per noi), ci godiamo questo bel posto di mare con passeggiata di 10 Km sull’interno della baia e lungo mare con spiagge sull’oceano (Tasman Sea). Proviamo anche l’esperienza del super market, leggiamo The Sun Herald (tutti i quotidiani alla domenica hanno due chili di inserti) e mangiamo una gustosa baguette con beef e veggies comprata da “In The Grain”. Rientriamo a metà giornata quando in giro c’è già troppa gente e sul ferry si sta ancora al sole. Con la Rail raggiungiamo Oxford Street e la percorriamo praticamente tutta: è la via dello shopping giovane e informale ed è anche la via dove più facilmente si incontrano gay e lesbiche. Arriviamo fino a Moore Park, passiamo sotto gli stadi del football e del cricket e rifacciamo a ritroso un pezzo di Oxford Street, infilando poi Victoria Street e percorrendone tutta la parte che non conoscevamo: è decisamente la via dei caffè e dei ristoranti, numerosissimi quasi tutti carini e alla portata. Dopo una doccia ristoratrice sperimentiamo per la prima volta la Monorail in direzione Darling Harbour (peraltro gratis, poichè involontariamente scambiamo i gettoni per moneta e saliamo ignari mentre la bigliettaia è distratta): parchi, fontane e un mare di locali stupendi, anche su due piani, danno luce e colore a quello che era un vecchio molo in disuso e ora è un quartiere rinnovato e, di sera, animatissimo. Ceniamo da “Jordons”, rinomato e premiato (con merito) per il suo pesce, scegliamo il trionfale sea food platter, specialità di pesce veramente fresco in tutte le salse presentato su un vassoio a due piani: spettacolare e gustosissimo!!! Ritorniamo a piedi nella City lasciandoci alle spalle persone, luci, colori e rumori: a nanna!!! LUNEDI’ 14: giro completo della Monorail con i due tockens rimasti la sera prima, passaggio dal tour operator locale (chiuso per festività, troviamo comunque una gentilissima ragazza gravida in vena di straordinari prima della maternità imminente) poi con l’accoppiata Rail+Bus raggiungiamo le spiagge meridionali di Sidney. Da Bronte Beach, dopo un’insalata take away da “Jenny’s” passeggiamo lungo le scogliere fino a Tarama e poi Bondi, quindi di nuovo in Bus fino alla City. Camminiamo fino alla zona universitaria e Glebe, poi rientriamo in Ferry a Darling Harbour. Dopo la doccia cena da “Vic’s”, pizzeria sotto casa: la caprice ci farà bere fino a domani. Ormai notiamo che sono tipiche le cannucce sempre e comunque, anche nei bicchieri di acqua e sono particolari i formati di lattine e bottiglie di bibite (375 e 600 cc). Facciamo una capatina alla baia: deserta! E’ quasi tutto chiuso, chi è aperto alle 21.30 si prepara a chiudere: quando all’indomani si lavora, in giro non c’è nessuno, ma proprio nessuno!!!!! MARTEDI’ 15: sveglia alle 7, breakfast nel patio e saldo (per le tre notti supplementari otteniamo uno sconto del 10% dai 100 euro iniziali). Agile la Rail per l’aeroporto: 11 $, un cambio a Central Station e in 30’ siamo al terminal Domestic del Sydney airport. Personale carino come sempre anche se il tipo del check-in ci prende in giro per la partita dell’Italia agli europei e, inoltre, ad un controllo random per detenzione di esplosivi pescano proprio Andrea. (un simpatico ufficiale mi perquisisce con un vacuum cleaner per poi leggere un’apposita scheda con un gas-massa della General Electrics: interessante e, per fortuna, esito negativo). Si notano i rinnovamenti eseguiti in occasione del 2000: i negozi e i caffè sono molto belli. Su The Australian si parla di noi e dell’altro emisfero per le elezioni e per il calcio. Preleviamo 100 $ di savings da uno sportello ATM della National, usando il bancomat. Ci imbarchiamo su un Boeing 737, ci godiamo Stursky e Hutch mentre fuori dal finestrino c’è una vista stupenda della baia che poi lascia il posto ad un mare di nuvole. Dopo neanche un’ora di volo le nuvole si diradano svelando The Red Centre: la terra rossa, che sulla costa si scorge solo nelle frane e negli scavi, qui fa da padrona assoluta, solcata appena da alcune piste. Pensiamo che questa è la terra originaria degli Aborigeni, du cui qualcosa abbiamo letto (e leggeremo) e di cui abbiamo incontrato alcuni discendenti nelle strade di Sydney mentre elemosinavano tra i turisti suonando il didjeridoo su base tecno e vendendo i loro cd. Il rosso cede pian piano il passo al grigio sabbia, vediamo il bush, la tipica vegetazione dell’Outback fatta di arbusti secchi con rari specchi di acqua. L’atterraggio è magnifico in un mare di terra rossa, il carrello appoggia sulla terra battuta e non sull’asfalto…L’aeroporto di Ayers Rock sembra una nostra bifamigliare su un piano e non ci fanno nessun controllo. In pochi minuti di bus ci troviamo nell’Ayers Rock resort, comprensorio di tre hotel con shopping-center e ristoranti nel bel mezzo del deserto. Il nostro Lost Camel è molto carino: la camera ha il letto centrale e ogni genere di comfort (c’è anche il lettore di cd…). Il pomeriggio lo trascorriamo girando intorno a Uluru con tanto i vista al tramonto, accompagnati dal valido Henck. Cena al self-service White Gum in compagnia dei simpaticissimi milanesi Michele e Paola (218 $ in quattro), poi a nanna in vista della sveglia all’alba sotto un cielo meravigliosamente pieno zeppo di stelle (sopra alle nostre teste si vede chiarissimamente la Croce del Sud).
MERCOLEDI’ 16: sveglia alle 5, l’alba è fredda a Uluru. Come al tramonto assistiamo ad un rapido cambiamento di luce e di colori della roccia. Rotta sui monti Olgas (Kata-Tjuta), dove facciamo una passeggiata di circa sei chilometri all’interno di un paesaggio più vario di Uluru e sotto un cielo di un azzurro impagabile (ma con una guida insopportabile…). Un paio di scarni spuntini ci confortano appena per la mancata colazione. Questi posti sono davvero stupendi, tuttavia la nostra sensazione è quella di chi va a dissacrare un tempio, invadendo col turismo e col commercio tipicamente occidentali un luogo che per millenni ha rappresentato il punto d’incontro per varie comunità aborigene, provenienti da ogni parte di questo immenso continente e ora confinate altrove. Ritornati al Lost Camel per una doccia e un pranzo veloce, noi e la coppia milanese siamo alla reception meno di cinque minuti dopo l’orario stabilito per la partenza e…Non troviamo il pullman: “E’ già partito” ci dice la signorina della reception. Minuti di panico poi finalmente ci dicono che il pullman sta tornando indietro a riprenderci (gli australiani non perdonano nemmeno un minuto di ritardo…Meglio essere sempre in anticipo agli appuntamenti…). Sofferto transfer a Kings Canyon resort, carino ma non come il precedente. Da notare che nelle stanze, disposte in gruppi sparsi per la macchia, fa la sua comparsa per la prima volta lo spazzolone del wc. Nel viaggio abbiamo attraversato sterminati chilometri di terra rossa, intravedendo anche alcune cattle stations (fattorie che pagano un compenso allo stato per ottenere concessioni per l’allevamento in questa zona). Ci siamo fatti 200 Km e oltre di strada nel deserto prima verso est poi verso nord (percorrendo anche la Stuart Highway, l’arteria del deserto che parte da Adelaide e arriva a Darwin) con il nulla intorno a noi…Prima della cena ci godiamo due ore di relax sperimentando anche il servizio di laundry (lavanderia) a monete, quindi ci rechiamo all’Outback bbq per la cena: non facciamo in tempo ad entrare che subito Andrea viene accalappiato dall’animatrice e messo su un palco dove forma, con altri fortunati, un’improvvisata orchestrina con tanto di strumenti fatti in casa, seguendo le note e le voci che lei (che sembra la Laverne di “Laverne and Shirley”) e il compagno spargono per il salone pieno di tavoloni in legno. Il momento clou è il ballo in mezzo ai tavoli con tanto di campanaccio al collo, con tanto di votazioni finali del pubblico a suon di applausi. La carne è ottima (T-bone with pepper o mushrooms sauce); di là c’è il pub dove un pubblico accaldato, birra alla mano, segue Queensland contro New Southwales, mentre due ragazze giocano a stecca. Francesca, di ritorno dalla lavanderia con Paola, calcia nel buio qualcosa che scompare frusciando nel bush: non sapremo mai che animale era.
GIOVEDI’ 17: breakfast al Carmicheal’s (buffet più che buono, 35 $ totali). Durante il check-out Andrea si accorge che la carta di credito non funziona più: la classica strisciata del check-in l’aveva solcata e messa definitivamente fuori uso. Transfer in pullman e passeggiata nel Canyon: 6 Km di cui buona parte in cresta, viste spettacolari. Ritorno al resort per il pranzo, ottimo l’hamburger del Desert oak, poi transfer ad Alice Springs. Ci sorbiamo 500 Km di pullman su un cordone di asfalto diritto e con qualche saliscendi in un oceano di terra rossa e bush, appena interrotto dal punto di ristoro di Mount Ebenezer, dove si trovano, preziosissimi, acqua e carburante altrimenti inesistenti e dove non manca l’oramai abituale punto vendita di arte aborigena. Il pensiero va ogni tanto ai due ragazzi di Roma conosciuti durante il tour di Uluru e Kings Canyon che se la stanno facendo in macchina (gli stessi avventurosi che si erano fatti 5 Km a piedi di notte nel deserto per aver perso l’ultimo bus dell’hotel …)!!! La monotonia del paesaggio è ogni tanto interrotta dalla vista di qualche cattle station e dal passaggio dei tipici road train (tir con più rimorchi, ne abbiamo contati fino a quattro). La guida (Xavier) ci racconta che il paesaggio che stiamo attraversandolo si ritrova nel 75% dell’Australia: l’acqua è scarsa e il suolo è il peggiore del mondo. Vediamo mucche, cavalli selvatici, e purtroppo anche gruppi di Aborigeni a bordo delle loro macchine sgangherate, sempre in condizioni disadattate. Sugli stradoni del Northern Territory non esistono limiti di velocità, ma bisogna prestare attenzione agli animali, agevolare i sorpassi e rallentare quando si incontra qualcuno.Poco prima di Alice Springs a sud ovest della città si trova Point Gap: base strategica e missilistica USA, top secret e off limits. Passiamo sopra al fiume più vecchio del mondo (più di 200 milioni di anni) e ne vediamo altri che or sono torrenti di sabbia ma nella stagione delle piogge straripano. L’hotel Aurora Alice Springs non ha sul computer la nostra prenotazione poi per fortuna ci trovano una sistemazione un attimo prima di essere trasferiti in un altro albergo. Ceniamo nell’unico locale che alle 21.00 ci accoglie, “La Casalinga” un pizza bar a gestione italiana, (discrete la caprice e la romana = margherita). Decidiamo di non fare all’alba il giro in Balloon (mezz’ora= 200$ a cranio…).
VENERDI’18: dopo aver dormito in letti scomodi ci facciamo un giro per Todd Mall (il viale pedonale del centro) dedicandoci al breakfast (cornetto e cappuccino buoni) e allo shopping (compreso il tradizionalissimo gadget del planisfero rovesciato). Prendiamo il taxi per l’aeroporto ove in attesa del volo facciamo ancora shopping dopo che al metal detector fanno bere ad Andrea la borraccia per dimostrarne l’innocuità del contenuto (è proibito imbarcare prodotti chimici…). Durante il decollo è splendida la vista del deserto che si spande a perdita d’occhio ingoiando la Stuart e altre piste non asfaltate; a distanza si vedono le increspature create dal McDonnel Range e dai Finke Gorges. Nell’attesa ci imbattiamo anche nei due ragazzi di Pavullo entusiasti e prodighi di dritte per Darwin e il Kakadou. Una volta a Darwin raggiungiamo il Mirambeena salendo in 4 su un taxi per 20 $; per altro il tassista è una miniera di informazioni. Darwin è una cittadina giovane circondata dal mare su tre lati e molto verde. Favolosa Mindil Beach dalla quale si gode uno spettacolare tramonto. Dopo avere perlustrato la centralissima e affollatissima Mitchell Street, decidiamo di seguire il consiglio di gente del posto e andiamo a gustarci un gustosissimo e ricchissimo seafood buffet a Cunnan Bay per soli 27.5$ con drink a parte. Sul posto arriviamo in taxi: il taxista parla poco e quel poco che dice è incomprensibile a tutti. In compenso ha un bellissimo copri-sedile in morbido peluche VIOLA…Noi quattro ci sganasciamo dalle risate alle sue spalle… A cena quasi terminata la Fra esplode in un grido di dolore: qualcosa l’ha punta in una gamba sotto il tavolo…Sarà una scheggia? No: è un nido di vespe e la australian-bee ha scelto proprio le sue cosce per provare il suo veleno…Panico al ristorante con camerieri e gestore impegnati in un’opera di medicazione della cliente e di disinfestazione del tavolo.
SABATO 19: sveglia alle 5.15, colazione con una discreta breakfast box da 16$ prenotata la sera prima, check-out con sbeffeggio per il secondo pareggio dell’Italia…Partiamo per il Kakadou (senza l’oramai affezionata coppia di milanesi che abbiamo salutato), zona ricca di fiumi con allevamenti di bufali e una vegetazione più folta, ma che chiaramente denota che siamo nella stagione secca. Si vedono molti tipi di acacia e di eucalipti e molti nidi di termiti costruiti con fango, erba e altri residui (e tanta fatica…) Non è raro imbattersi in piccoli incendi: i rangers, continuando una tradizione antichissima degli aborigeni, fanno un uso controllato del fuoco all’inizio della stagione secca, per eliminare l’eccesso di erba infiammabile e favorirne la rinascita di nuova più fresca. Dopo aver visitato Nourlangie Rock (sito di arte rupestre) ce ne andiamo in crociera sulle Yellow Water, zona paludosa (billabong) dell’Alligator River che costituisce l’habitat del temibilissimo salty crock (coccodrillo d’acqua salata). Oltre a numerosissimi esemplari di uccelli tipici (si va da un piccolo uccellino dal collo rosso soprannominato Jesus perché sembra camminare sull’acqua, fino a certe razze di aquile), possiamo vedere da pochi metri almeno 7 o 8 coccodrilli di varia taglia e sesso, talvolta immobili sulla riva e talvolta appena affioranti con gli occhi a pelo d’acqua. Lo spettacolo, incorniciato da acacie, eucalipti mangrovie, bambù e fiori inimmaginabili, ripaga delle molte ore trascorse in pullman (il parco è veramente esteso). Dopo la visita ad un centro aborigeno nella zona Gagudju, arriviamo in albergo che c’è ancora il sole. L’Aurora Kakadou resort si articola su gruppi di casette sparse su un’area verde. La pulizia lascia desiderare ma intorno a casa abbiamo la compagnia di numerosi uccelli e addirittura di alcuni wallabies, oltre ad alcuni ospiti in camera (in particolare un curioso e gommoso ibrido di geco-rane, agilissimo al punto da sembrare semivolante). Cena a buffet nel ristorante dell’hotel.
DOMENICA 20: sveglia ore 6, breakfast a buffet 18$ poi partiamo per il secondo giorno di tour nel Kakadou. Facciamo una piacevole passeggiata tra le rocce a Ubirr per ammirare un pò di rock-art aborigena e godere di uno stupendo look-out sulle flood plains e sulla rain forest. Incontriamo una curiosa scuola di pittori di varia età che durante uno stage di 10 giorni si sparpagliano per intere giornate sulle rocce ad interpretare il magnifico landscape. Poi ci gustiamo una crociera con guida aborigena su Guluyambi (East Alligator River) godendoci ancora una volta lo spettacolo fatto di vegetazione, uccelli e crocks. Facciamo anche una sosta sulla riva del fiume in attesa di Erik (il coccodrillo re del fiume, lungo di più di 6 metri) che non arriverà e intanto ci vengono date delucidazioni su come i traditional owners (definizione di finto rispetto con cui qui hanno ribattezzato gli aborigeni) utilizzano alcune delle piante tipiche. Il guasto alla carta di credito e il poco contante a disposizione ci privano dell’opzione del volo a elica panoramico. Dopo aver divorato un lunch box nel Jabiru Airport passiamo al Bowali visitors centre, sfioriamo le miniere di uranio e facciamo un assaggio di bird-watching da un belvedere sui billabong. Sulla via di ritorno a Darwin facciamo una breve sosta all’Aurora dove ci imbattiamo in un gruppo di wallabies (tra cui una mamma con piccolo) e inoltre ci fermiamo ad osservare alcune termites mounds alte fino a 6 metri. Siamo di nuovo al Mirambeena, dopo la doccia facciamo una spesa rapida al Woolworth (fornitissimo, pulitissimo, conveniente e aperto 7 giorni su 7). Facciamo un bancomat urgente e quindi ceniamo al “Tree Tops”, ristorante dell’hotel a bordo piscina con terrazzo sotto un mare di palme. Squisiti sia l’eye fillet steak pocketed with bacon con contorno di spinaci e sformato di patate, sia il grilled chicken with steam rice and salad. Il vino è in omaggio (shiraz cabernet). LUNEDI’ 21: ci svegliamo alle 4.30, facciamo una colazione in stanza, sbrighiamo il check-out e partiamo alla volta dell’aeroporto con lo shuttle bus (minibus vecchiotto, con carrello portabagaglio stipato e traballante, ma in due è più comodo del taxi). Dopo il check-in il caffè è veramente infelice poi ci imbarchiamo su un piccolo Boeing che fa scalo intermedio nella Gove Peninsula ex aeroporto militare della seconda guerra mondiale (lo si nota dalle dimensioni dall’ubicazione e dalla struttura in lamiera del terminal). Nonostante tutto, ai controlli mi sequestrano le forbicine del kit pronto soccorso che a Darwin erano passate inosservate e inoltre mi sottopongono al secondo controllo esplosivi (random???). Arriviamo a Cairns, fuso orario di nuovo +8, tempo nuvoloso con vento. In attesa dello shuttle (6 $, più conveniente del taxi) ci rechiamo tranquilli al bancomat dell’aeroporto essendo a corto di contante ma dopo due tentativi scopriamo che non c’è nodo di aver cash: panico!!!! Dopo aver girovagato un pò per le vie di Cairns, che si rivela una cittadina giovane e colorata, con qualche bella via brulicante di gente e ricca di locali, lo shuttle ci scarica al wharf. I 40 minuti a disposizione li spendiamo in un centro commerciale vicino al molo dove cerchiamo subito un ATM: il bancomat non funziona ancora…Presi dalla disperazione tentiamo per la prima volta un prelievo con la carta di credito: funziona!!!! Perciò ripetiamo e preleviamo in totale 600$ per metterci un pò al riparo in vista di prezzi alti su Green Island (sarà così). Sandwich e poi traghetto: 50 minuti di mare mosso per poi mettere piede sul pontile di Green Island battuto da un forte vento. Ci accoglie Sandy, il gigantesco manager della reception che ci accompagna nella nostra confortevolissima suite n°14. Facciamo un assaggio di spiaggia, un giro per il “centro” (l’isola è larga si è no 500 m!), ci gustiamo il cocktail di benvenuto al tramonto e poi doccia. Cena all’”Emeralds”, unica e costosissima scelta: il pork fillet a 36.5$ e lo spatch cock da 29.5$ sono comunque squisiti e abbondanti. Passeggiata digestiva, muniti della torcia in dotazione in ogni camera, per vedere gli animali notturni (granchietti dorati e uccelli vari) e il cielo stellato (stupendo). Sull’isola paiono esserci soltanto gente dell’estremo oriente e italiani. Di giorno la folla dei gitanti giornalieri riempie l’isola, dopo le 16 rimangono soltanto i circa 50/60 ospiti dell’hotel.
MARTEDI’ 22: sveglia alle sette con tv satellitare (Euro 2004, Svizzera-Francia) che di solito ci tiene compagnia con movies, sport, CNN, tv australiana, canali radio etc…Non facciamo in tempo ad uscire per la colazione che la camera è già perfettamente in ordine (rigorosamente sempre con faretti e radio volutamente accesi…Che spreco!!! E poi la carta igienica con la piega…). All’”Emerald” scegliamo la continental breakfast da 20 $, praticamente un buffet freddo ma ci facciamo valere (ci dobbiamo sorbire anche la lunga scenata di una bambina isterica con tanto di bava schiumosa alla bocca, che la madre lascia legata al passeggino a sua volta ormeggiato fuori del ristorante). C’è ancora vento ma la spiaggia che avevamo saggiato ieri è abbastanza riparata. Il sole è intervallato dalle nuvole e non facciamo ancora il sospirato snorkeling. I pesci per ora li abbiamo visti solo nell’osservatorio subacqueo situato al termine del jetty. L’acqua dell’oceano è gelida anche solo per le caviglie. Per pranzo evitiamo il bar self service che sforna costosi hamburger e optiamo per un sandwich da 5.50 $ e una fruit salad da 4.50 $ nella piccola ice creamery. Mangiamo in spiaggia dove ci rilassiamo sotto un sole che solo ogni tanto fa capolino, caldissimo, tra le nuvole. Alle 16.00 puntualmente l’isola si svuota di turisti e di personale, le serrande si abbassano e i viottoli si svuotano e in pochi minuti tutto è deserto; anche il bagnino (life-guard) scompare dalla spiaggia lasciando incustodite le sue postazioni (trespolo e chiosco). Mancano i passatempi e ci sono ancora due ore di luce. Improvvisiamo una spettacolare partita a racchettoni con le ciabatte e un durissimo frutto legnoso rinvenuto sulla spiaggia (qualcosa tipo una noce). Assistiamo alla scenetta di un gruppo di ragazzi italiani, di varie provenienze, che, annoiati e osservati dalle mogli, si mettono a ricostruire la sagoma del bagnino dietro al banco del chiosco, utilizzando una sedia, una scopa, un secchiello, una maschera, un giubbotto di salvataggio etc.., nonché a caricare di zeri tutti i prezzi nel listino sulla lavagna. L’alternativa sarebbe vivere circondati dai numerosi rappresentanti del sol levante nei locali o nelle scarse animazioni dell’isola…Assistiamo al fish feeding delle 17, breve ma colorito show di pesciolini e pescioloni affamati che vengono cibati dal jetty, poi prima della doccia prenotiamo la cena (usanza quasi sempre d’obbligo in Australia). Poi cominciamo a telefonare per trovare un posto in vista di Brisbane, prossima e ultima tappa: per il 24 e 25 no problem, ma per sabato 26, giornata dell’attesissimo Australia-Inghilterra di rugby proprio a Brisbane, non si trova un posto in nessuna categoria di albergo nemmeno a pagarlo oro in centro, periferia, zona aeroporto o Sunshine Coast. Fissiamo 24 e 25 da Andy e Rosa (B&B da 80 $) poi decidiamo di affidarci al Brisbane Visitor Accomodation Centre che ci fa una ricerca nella Gold Coast a sud, l’unica con poche speranze. Cena con barramundi e prime rib (96$), dopo un antipasto a base di bread, oil and vinagre come usa qui. 10 minuti di contatto con l’Europa via mail e poi a nanna.
MERCOLEDI’ 23 La mattina si comincia bene: sveglia di buon’ora per sintonizzarsi su Fox Sport e vedere l’Italia mentre viene eliminata da Euro 2004. Piove dalla notte scorsa e sarà così fino alla prossima… E in un posto del genere quando piove è davvero una disgrazia…Dopo la continental breakfast ci passiamo mezz’oretta con lo scialbo spettacolo dei coccodrilli del parco Marineland Melanesia, dove vediamo anche foto di coccodrilli da guinness, di cacciatori di coccodrilli e di resti umani divorati e, inoltre, tanti reperti dalla Papua Nuova Guinea. La giornata si trascina tra televisione, due passi di quà, hamburger, due passi di là e un lunghissimo Monopoly a suon di dollari. Cena con barramundi e zuppetta di pesce. Incontriamo due italiani arrivati da poco che hanno visto, più insolitamente, la zona di Perth. Come antipasto, abbiamo dovuto reclamare alla reception perchè ci siamo visti addebitare sul conto una colazione già pagata in contanti.
GIOVEDI’ 24: sveglia alle 7, ci affacciamo subito: ancora nuvole e vento. Mesti prepariamo le valigie, ma ci cauteliamo tenendo da parte costume, ciabatte e telo (ci crediamo ancora). Dopo colazione decidiamo di imbarcarci sulla glass bottom boat (free for guests), che ci porta in un’osservazione guidata degli spettacolari fondali e dei coloratissimi pesci. Quando sbarchiamo il cielo si sta aprendo: ci precipitiamo al diving shop per prendere la maschera col boccaglio, le pinne, la muta e la macchina fotografica subacquea (per un totale di 55 $). Riusciamo a farci mezz’ora di snorkeling e dopo questo primo e ultimo bagno riusciamo anche ad asciugarci al sole…Doccia negli spogliatoi della piscina, alle 12.00 siamo sul traghetto, dopo aver incontrato la coppia di Pavullo e quella di Roma appena sbarcate. Lasciamo Green Island con molto rammarico per quanto il tempo ci ha impedito di gustare con più calma…Il posto è tale che senza il sole non si può far nulla se non pensare a quello che ti stai perdendo, per il resto la suite era confortevolissima e la cucina deliziosa, ma i prezzi non certo economici. Ci godiamo il sole anche nella traversata (ovviamente!) poi passeggiamo per Cairns con trolley al seguito, mangiando una buona caesar salad e comprando qualche gift. Le vie sul mare (Esplanade e dintorni) sono zeppe di negozi, ristoranti, agenzie per prenotazione escursioni (da qui si parte per la costa, per il reef, per Brisbane, per la savana interna, per Port Douglas, per Cape Tribulation…), hotel e ostelli. Gli edifici sono nuovi e moderni; é una città giovane e in crescita. Notiamo anche in riva la mare una piscina con acqua salata circondata da un patio in legno e da ampi prati al sole, tutto FREE!!! Dopo aver visitato un’incantevole galleria fotografica, con 14 $ raggiungiamo in taxi l’aeroporto, piccolo ma carino, con i vari gates disposti intorno ad una piazza circolare con negozi e bar. La partenza è puntuale per quello che forse rimane il decollo più bello: fuori dal finestrino vediamo il promontorio di Cairns fitto di vegetazione, estuari, spiagge e tanto mare, tutto sotto un bel sole. Poco al largo la Great Barrier Reef si staglia sull’oceano blu con un susseguirsi di aree turchesi dal contorno bianco spumeggiante. Con due ore di volo siamo a Brisbane puntuali: l’aeroporto è moderno e spazioso, prendiamo informazioni sullo shuttle ma poi decidiamo per il taxi: ci accodiamo in un’apposita corsia pedonale dietro una fila di almeno 50 persone ma di taxi ne arrivano in continuazione e in 15 minuti siamo a bordo. Guida allegra e in un’ora siamo al 125 di Hardgrave Road da Andy e Rosa. I proprietari non sono in casa, siamo accolti da un neozelandese effeminato, unico guest oltre a noi. Siamo davvero in casa di una tipica coppia di australiani medi: casetta a un piano giardinetto davanti e dietro, immancabile barbeque e addirittura piccola piscina, tutto in stile inglese. Dopo poco arrivano e facciamo la loro conoscenza: lui corpulento e simpatico, lei tradisce le chiare origini del sud Italia. Doccia e poi fuori per un boccone, fortunatamente nella via ci sono diversi ristoranti: tra cucine greche, thai e vietnamite scegliamo un ristorantino con cucina fusion, dove per meno di 50 $ ci mangiamo lamb e kangaroo decorosi e una mousse al cioccolato. Rientriamo nella casetta dove l’ampio salotto zeppo di foto di famiglia è illuminato da luce soffusa, mentre la saletta tv risplende solo per l’immagine del televisore attraverso la porta socchiusa. Ci ritiriamo nella nostra stanza con moquette e arredamento anni 50.
VENERDI’ 25: il mattino Andy è già pimpante e non ci fa mancare nulla per una bella continental breakfast, con tanto di newspaper e di preziosi consigli per l’indomani quando saremo costretti verso sud. Usciamo, prendiamo il bus verso il centro dove acquistiamo il ticket per andare verso il Lone Pine Koala Sanctuary. Siamo là in nemmeno mezz’ora e ci passiamo tre divertenti ore tre koala di varie età e dimensioni (con cui ci facciamo anche immortalare), canguri (cui diamo da mangiare), dingoes, wombat, echidna, possums, bats, uccelli, emu, pappagalli, diavoletti della tasmania e paledemoni (strani cangurini che tengono la coda in avanti appoggiandovisi sopra). Riprendiamo il bus per rientrare a Brisbane in tempo per raggiungere il transit centre in Roma Street: paghiamo l’acconto e ritiriamo il voucher per il Grand Mercure di Surfers Paradise, prendiamo mappa e depliants della Gold Coast e acquistiamo due viaggi in coach per raggiungerla e altri due per raggiungere poi l’aeroporto. Passeggiamo per il centro e prendiamo il City Cat andando e tornando silenziosamente sul fiume. Scendiamo al South River Bank, magnifica perla di verde nell’ampio lungo fiume con tanto di spiaggia artificiale, piscina con acqua salata, life guard…Tutto free!!! Attraversiamo il nuovissimo ponte pedonale che ci riporta nel quartiere centrale, passeggiamo per i Botanical Gardens e poi nelle vie centrali: Elisabeth Street, Albert Street, George Street e Queen Street Mall dove facciamo shopping, acquistiamo presents secondo i dettami dell’istinto del momento e ci gustiamo un magnifico juice acquistato da un coloratissimo chiosco pieno di frutta. Cena a base di pesce (85$ totali) al “Milano”, in pieno Mall, con sottofondo di Tozzi, Cutugno, Albano, Solo, Ricchi e Poveri… Rientriamo in bus; i padroni di casa sono fuori e il neozelandese si è ritirato in camera. Quando rientrano Andy e Rosa vado per saldare il mio conto e ne viene fuori una illuminante chiacchierata di un’ora e mezzo sull’Australia, gli australiani, gli aborigeni, etc..
SABATO 26: sveglia alle 7.Oo sveglia in compagnia di Andy e alle 8.00 ci incamminiamo, zaino in spalla e trolley al seguito, fino al Backpacker resort in Volture Street, luogo del pick up. Il minibus è puntuale e ci traghetta al transit centre dove poi ci imbarchiamo sulla coach. Raggiungiamo Broad Beach dopo quasi due ore, dopo alcune fermate intermedie (tra cui vari parchi a tema della Gold Coast, “Dream World”, ”Warner Bros Movie World” e “Wet’n Wild”). Dopo il check-in ci mettiamo in tenuta da spiaggia per approfittare subito del tempo splendido e del mare: la spiaggia di sabbia bianca finissima si stende a perdita d’occhio e il mare è di un azzurro da cartolina. Pranziamo in uno dei numerosi posti sul viale pedonale (sandwich e yoghurt) e acquistiamo qualcosa al Woolworths per il breakfast mattiniero dell’indomani. Passeggiamo lungo la spiaggia fino a Surfers Paradise, prendiamo un discreto caffè da un euro al “Platinum” e subito dopo un gelato discreto. Rientriamo in bus al tramonto dopo aver percorso i vialetti più affollati e le Esplanades. Dopo la doccia prepariamo tristemente la valigia e poi ceniamo al “Simply Beef”. Ottimi i filetti, con oven baked ciabatta bread and a glass of cabernet tutto a 58$!!! Raggiungiamo di nuovo Surfers Paradise in bus, giriamo per le varie vie tra cui Orchidea Avenue, dove tra i vari caffè e ristoranti si trovano diversi locali con “show girls” e negozi della catena Condom Kingdom (dove si vendono profilattici di ogni misura, forma, colore, aroma, sagomatura e finitura). Dopo uno spettacolo pirotecnico in spiaggia con base musicale, rientriamo in bus preparandoci a mettere la parola fine a questa stupenda avventura. DOMENICA 27: sveglia alle 6.00 e colazione a base di croissant (di gomma), yoghurt e juice. Check-out frettoloso in quanto il Coachtrans è già in attesa con 10 minuti di anticipo. Mentre preleviamo altre nove persone ammiriamo come gli spazi ampi qui consentano di avere un sacco di graziose casette a un piano, quasi mai in mattone, senza incontrare per chilometri condomini o palazzoni (se non sulla costa). Alle 8.30 siamo già nel moderno International Terminal del Brisbane airport. Un ottimo muffin e un decoroso cappuccino ci mettono in forze per affrontare il controllo alla customs, per cui dobbiamo compilare il modulino di dichiarazione (tra l’altro vogliono sapere se portiamo via più di 10.000 $…) e poi la sicurezza (dove questa volta ci fanno delle palle con la bomboletta di bagnoschiuma). Spendiamo gli ultimi spiccioli, tranne 25 centesimi, in cavolate da duty free, in attesa di imbarcarci sul QF97, il volo che ci fa lasciare l’Australia dopo venti stupendi giorni di viaggio. Quasi nove ore di volo ci portano a Hong Kong, sempre avvolta dai toni grigi di un tempo perennemente nuvoloso (oppure sarà l’inquinamento?). Tuttavia il panorama fatto di isole, boschi, mare e grattacieli modernissimi è piacevole. Con grande rammarico non riusciamo a mettere in pratica quanto programmato per le 6 ore di sosta: le formalità dell’immigrazione, della sicurezza e della sanità in entrata e in uscita ci inducono a non rischiare di uscire a prendere il treno veloce per le isole di Hong Kong e Kowloon (peraltro le informazioni sono poco chiare e incoerenti). L’alternativa consiste in sequenza di un hamburger, una passeggiata-shopping, un caffè e un bivacco finale. Il volo Cathay Pacific CX589 (servizio ottimo) ci riporta a Fiumicino in circa 12 ore: atterriamo alle 6.15 dopo un numero discreto di ore di sonno, due pasti e molte chiacchiere con i vicini di posto George (ingegnere in pensione) e signora. Sono due australiani di Melbourne che una volta in pensione si sono ritirati a Broad Beach e viaggiano spesso, in particolare in Europa (la figlia abita a Firenze). I toni bruschi, le code lunghe e il caldo afoso caratterizzano lo shock dei primi minuti a Roma. Colazione e quotidiano italiano in attesa del volo Meridiana per Verona (tra i compagni di viaggio un galeotto sorvegliato). I nostri genitori ci ritrovano al Valerio Catullo insieme alle nostre valigie tra un mare di cellulari squillanti: il silenzio e il cielo stellato del deserto australiano sono ormai lontani…Ma ben vivi e indelebili dentro di noi! Per qualsiasi informazione: drvecchi@katamail.Com